Problematiche igienico sanitarie HACCP e Aspetti principali della sicurezza nei magazzini ortofrutticoli A cura del Gruppo Dipartimentale Agricoltura Coordinatore del Gruppo: Dr.ssa Maria Francesca Pandolfini Medici Igienisti: Dr.ssa Roberta Cecchetti Dr.ssa Marina Fridel Tecnici della Prevenzione: Barbara Branzanti Vincenzo D’Altri Marco Iavarone Arcangela Sampaoli Oscar Tani Paride Tisselli Gabriele Titi Manuela Zavalloni Con la collaborazione per la stesura dei testi e dei grafici: Tecnico della Prevenzione Tecnico della Prevenzione Tecnico della Prevenzione Tecnologo Alimentare Giovanni Assirelli Alessandra De Sandoli Giuseppina Paoloni Flavio Farnedi Ing. Franco Cacchi Dr. Claudio Venturelli MAGGIO 2002 Problematiche igienico sanitarie HACCP nei magazzini ortofrutticoli Indice 1. Il problema della perdita di peso dei prodotti ortofrutticoli pag. 2. Gli accorgimenti per conservare bene pag. 3. Conservazione dei prodotti pag. 4. Post-raccolta: una fase delicata pag. 5. Cenni introduttivi sul settore pag. 6. Descrizione del prodotto pag. 7. Il diagramma di flusso pag. 8. Analisi dei rischi per il consumatore pag. a) Materia prima pag. b) Imballaggi pag. c) Mezzi di trasporto pag. d) Celle frigorifere pag. e) Attrezzature pag. f) Acqua pag. g) Personale pag. h) Edifici pag. 1. IL PROBLEMA DELLA PERDITA DI PESO DEI PRODOTTI ORTOFRUTTICOLI L’elevato contenuto di acqua dei prodotti ortofrutticoli li espone a perdite di peso dovute alla traspirazione. Inoltre anche la senescenza, il germogliamento ed alcune alterazioni fitopatologiche possono diminuire il livello qualitativo della merce senza comportarne la perdita totale. Non si dimentichi infine che il limite di tolleranza in base al quale un prodotto sia ritenuto inaccettabile varia, tra l’altro, a seconda della comunità e dei suoi diversi gradi sociali. Qualsiasi cambiamento riguardante la disponibilità, la commestibilità, lo stato sanitario o la qualità di un alimento che ne impedisca il consumo, è secondo la FAO, da considerarsi scarto. Non esistono dati ufficiali e completi sull’entità degli scarti nel settore ortofrutticolo: si stima che le perdite possano oscillare tra il 2% e l’8% per la frutta fresca e tra il 4% ed il 12% per gli ortaggi. (vedi tabella) ENTITA’ DEGLI SCARTI NELLA DISTRIBUZIONE Grande distribuzione Negozi tradizionali Frutta fresca 2% 5% Agrumi 4% 8% Ortaggi a foglia 5% 12% Altri ortaggi 4% 10% Le cause tecniche che provocano degli scarti sono diverse. Nel caso dei prodotti ortofrutticoli gli agenti che determinano scarti possono essere di natura fisica, di natura fisiologica e di natura fitopatologia. 1) Gli agenti fisici – Tra gli agenti fisici hanno grande importanza le lesioni prodotte da cause meccaniche, che insorgono in tutti gli stadi di post-raccolta: lavorazione, imballaggio, stoccaggio, trasporto, esposizione nel punto vendita. Questi danni, derivanti dall’inappropriato trattamento dei prodotti dopo la raccolta, sono in genere aggravati dal concorso di agenti fisiologici o fitopatologici. La temperatura, l’umidità o la ventilazione sono altri fattori fisici che, se non mantenuti nelle condizioni appropriate, possono determinare gravi danni al prodotto in fase di conservazione. 2) Gli agenti fisiologici – Le perdite provocate da agenti di natura fisiologica si determinano durante la conservazione del prodotto, nel corso della quale l’ortofrutticolo continua i suoi processi metabolici, in particolare, il calo di peso è dovuto all’effetto combinato della respirazione e della traspirazione. L’avanzamento del processo di maturazione può determinare alterazioni tali da portare alla perdita totale del prodotto. 3) Gli agenti fitopatogeni – Gli agenti fitopatogeni costituiscono probabilmente la più importante causa di perdite nella fase di post-raccolta. I danni arrecati possono essere superficiali, e quindi portare solo ad un deprezzamento commerciale del prodotto, oppure profondi, con danni anche gravi al prodotto fino a renderlo non commestibile. 2. GLI ACCORGIMENTI PER CONSERVARE BENE Scopo della conservazione è il prolungamento della vita commerciale dei prodotti evitando l’insorgere di alterazioni patologiche e minimizzando l’entità degli scarti. Nell’ortofrutta la conservazione assume caratteristiche che, a seconda dei casi, possono essere tattiche o strategiche. La conservazione, pertanto, può aiutare a risolvere problemi: a) Straordinari, di breve periodo, legati ad esempio alla sovrabbondanza momentanea del prodotto; b) Organizzativi, di maggiore rilevanza, attraverso la costante programmazione della disponibilità del prodotto. Il primo caso è tipico della funzione terminale di vendita al consumatore finale mentre il secondo è caratteristico della funzione di grossisti, in cui è fondamentale programmare il lavoro e la vendita su lunghe basi temporali. I principali parametri da considerare nella conservazione dei prodotti ortofrutticoli sono: • Temperatura; • Umidità relativa; • Ventilazione. 3. CONSERVAZIONE DEI PRODOTTI PRODOTTO TEMPERATURA °C UMIDITA RELATIVA % Frutta 4-7 80-85 Ortaggi 0-10 75-95 Patate 5 85 Agrumi 5-10 90 Gli ortaggi sono il gruppo più eterogeneo e, di conseguenza, quello che rappresenta la maggior variabilità in entrambi i parametri. Al contrario la frutta presenta le condizioni di conservazione più omogenee. La durata media della conservazione degli ortofrutticoli dipende dalle caratteristiche fisiologiche ed anatomiche di ogni prodotto. Altrettanto dipendente dalle caratteristiche fisiologiche e anatomiche dei prodotti è la loro sensibilità ai danni da freddo e da congelamento. Infatti l’abbassamento della temperatura comporta una riduzione dell’attività metabolica ma non il suo annullamento, per cui il prodotto, anche a bassa temperatura, subisce trasformazioni che ne fanno invecchiare i tessuti, portandolo alla morte. Dal punto di vista gestionale gli interventi principali riguardante la conservazione dei prodotti vanno fatti: a) in cella di conservazione; b) sui banchi di vendita. Nel primo caso la disomogeneità dei numerosi prodotti rende difficoltoso garantire ad ognuno le condizioni ottimali di conservazione. Ci si accontenterà di riservare ad ogni gruppo omogeneo di prodotto una parte della cella, mantenendo la temperatura media ad un livello tipo cantina (9-10°C) che garantisce una minima conservazione dei prodotti più esigenti in termini di freddo ( per esempio actinidia, mele, pere) e che , nel contempo, non determini alterazioni in quelli più sensibili alle basse temperature (agrumi, ortaggi, pomodori, frutta esotica, ecc.). Con vari accorgimenti si cercherà di ottenere poi, all’interno della cella, aree a temperatura e ventilazione differenziate in modo da assecondare quanto più possibile le diverse esigenze e si controllerà attentamente il tasso di umidità relativa. Gli interventi principali in questo senso riguarderanno: • la disposizione dei prodotti sia in orizzontale sia in verticale • la copertura dei prodotti più soggetti alla disidratazione. Al momento della vendita invece è opportuno differenziare l’esposizione: i prodotti secchi o duri possono essere collocati fuori frigo, i prodotti deperibili nelle vetrine, mentre i prodotti molto deperibili in vasca refrigerata. 4. POST RACCOLTA: UNA FASE DELICATA I concetti di “disciplinari di filiera” si sviluppano attraverso la stretta integrazione e complementarietà tra le diverse fasi del processo produttivo che si esauriscono con l’acquisto del prodotto da parte del consumatore sempre più attento ai suoi requisiti qualitativi. Questi ultimi, intesi come la risultante della combinazione fra caratteri apparenti (colore, forma, pezzatura), organolettici (sapore, aroma, consistenza), nutrizionali (contenuto in vitamine, fibre, carboidrati) e igienico-sanitari (residui fitofarmaci e altre sostanze inquinanti). Pertanto, pur nella consapevolezza che la qualità del prodotto dipende in massima parte dalle tecniche adottate nella fase di produzione, è nella fase cosiddetta di post-raccolta che si possono verificare i più gravi problemi di dequalificazione, imputabili sia a processi fisiologici che patologici e traumatici (abrasioni, contusioni, ferite conseguenti alla raccolta, alla lavorazione e movimentazione nel magazzino, inadeguato confezionamento, al trasporto). Alla luce di questo si possono individuare una serie di parametri tecnici e biologici in grado di garantire, dalla raccolta al consumo, il mantenimento della qualità del prodotto. La difesa post-raccolta si attua con mezzi di diversa natura, fra i quali i mezzi alternativi a quelli chimici sono, da sempre, decisamente prevalenti in un contesto di lotta integrata ante litteram. Ci si basa sostanzialmente sull’effetto della temperatura, della igrometria ambientale, della pressione atmosferica, della composizione gassosa, ecc. Effetti, questi, che si esplicano direttamente e , soprattutto, indirettamente, mantenendo uno stato di resistenza naturale assai rilevante. Tuttavia, la prevenzione di non poche malattie infettive, di importanti malattie fisiologiche e di alcune attività fisiologiche e vegetative deve essere attuata con il ricorso a trattamenti chimici post-raccolta. A proposito di questo, i trattamenti, secondo la loro funzione prevalente, possono così articolarsi: 1. trattamenti anticrittogamici (muffe, marciume); 2. trattamenti contro le fisiopatie (riscaldo comune, butteratura amara delle mele e stress da freddo, tipo di disfacimento interno e riscaldo molle delle pomacee; 3. trattamenti rallentanti le attività vegetative; 4. trattamenti antitraspiranti; 5. trattamenti cosmetici; 6. trattamenti di bonifica dei residui dei fitofarmaci; 7. trattamenti detergenti. Nella tabella seguente è riassunta la situazione tecnico-legale dei trattamenti postraccolta in Italia. I principi attivi autorizzati sono pochissimi (circa 15). Ancor meno sono le specie sulle quali è autorizzato il trattamento post-raccolta: arance, banane, limoni, pere, ecc. Presidi sanitari e additivi alimentari autorizzati in post-raccolta in Italia. TRATTAMENTO SPECIE, RESIDUO, TEMPO DI CARENZA Antifungini: anidride solforosa Uva da tavola, 10 ppm carbendazim Mele, pere, 1 ppm, 15 gg cloro Non regolamentato difenile Agrumi, 70 ppm iprodione Mele, 3 ppm, 10 gg; pere, 5 ppm, 10 gg; limoni, 1 ppm, 30 gg ortofenilfenolo (OPP) Agrumi, 12 ppm ortofenilfenato sodico (SOPP) Agrumi, 12 ppm tiabendazolo (TBZ) Mele, pere, 3 ppm, 30 gg; patate, 4 ppm, 30 gg; agrumi, 6 ppm; banane, 3 ppm tiofanate metile Mele, pere, 1 ppm, 15 gg Antifisiopatie: difenilamina (DPA) Mele, pere, 3 ppm, 30 gg etossichina Mele, 3 ppm, 90 gg compresi 7 a T°c sali di calcio ambiente Non regolamentati Cosmetici-antitraspiranti: cera carnauba Agrumi, 100 ppm cumarone indene Agrumi, 50 ppm gomma lacca Agrumi 800 ppm Antigermoglianti: profan (IPC) Patate, IPC + cloroprofan (CIPC) sbucciati), 30 gg CIPC 0,5 ppm (tuberi I trattamenti anticrittogamici Analizzando la tabella si evidenzia carenza di principi attivi e, nel contempo, la finalizzazione assai spinta delle attività dei p.a. autorizzati. In sostanza, in post-raccolta è consentita la lotta a: Botrytis spp., Monilia spp., Penicillium spp., Fusarium spp., Gloeosporium spp., Alternaria spp. A fronte degli innumerevoli patogeni che insidiano i prodotti, le possibilità di un’efficace chemioprofilassi sono assai ridotte. Ma ciò non basta; si aggiunga che le applicazioni consentite solo su alcune specie riducono ancora di più le chances della difesa e per di più sono all’origine di incongruenze. Per esempio, è consentita la prevenzione da Monilia spp. su pomacee, la cui incidenza è ridotta, mentre è proibita la stessa operazione sulle drupacee che, notoriamente, sono suscettibili agli attacchi di questo patogeno. Per completare il quadro problematico dei trattamenti anticrittogamici, occorre richiamare l’attenzione su altri due aspetti: l’entità dei residui autorizzati e la mancanza di chiarezza sull’impiego di disinfettanti generici come il cloro. Sull’entità dei residui autorizzati va detto che, talora, il rispetto del disposto legislativo costringerebbe all’impiego di concentrazioni di p.a. praticamente inefficace. E’ il caso, per esempio, del Benomyl, Carbendazim, Tiofanate metile, e – situazione, quanto mai sintomatica di una legislazione incongruente – della anidride solforosa per la quale si autorizzano 10 ppm sull’uva da tavola a fronte di 200 mg/l nel vino bianco. Quanto mai equivoco è, poi, l’impiego di disinfettanti generici, come il cloro, per l’abbattimento della microflora. Il loro uso non sembra regolamentato, salvo per gli agrumi. Se ne dovrebbe dedurre che, secondo il principio che è vietato tutto ciò che non è autorizzato, sulle altre specie non è consentito l’impiego. Tuttavia, questi disinfettanti trovano ampia applicazione quotidiana nella pratica di potabilizzazione dell’acqua. I trattamenti contro le fisiopatie Le malattie fisiologiche che possono insorgere dopo la raccolta sono numerose. Analizzando la tabella precedente si può notare che viene autorizzata la prevenzione del riscaldo comune delle mele e mele con difenilammina (DPA) ed etossichina. Occorre evidenziare però che l’impiego di etossichina è quanto mai ridotto a seguito del fatto che i residui, inspiegabilmente, spesso aumentano, superando il limite legale. Venendo poi alla prevenzione degli stress da freddo (disfacimento interno e riscaldo molle delle pomacee), e alla lotta contro la butteratura amara delle mele, effettuata con sali di calcio (cloruro di calcio), si deve evidenziare lo stato di incertezza giuridico legislativa sulla possibilità di attuarla in post-raccolta, in quanto normalmente il calcio entra nel ciclo biologico attraverso la concimazione e quindi non si potrebbe stabilire l’esatta misura dei residui, a meno che non si regolamenti la concimazione. I trattamenti anti-vegetativi Nel corso della conservazione di alcune specie orticole (patate, cipolle, agli, carote, ecc.) le attività vegetative, anche se rallentate, procedono, per cui si verificano fenomeni di germogliazione ed emissioni delle radici. Il fenomeno è particolarmente evidente nelle specie che, al fine di evitare i danni da stress da freddo, debbono essere conservate a temperature relativamente elevate (per esempio, patate +5°C, batate 13-15°C). Le attività vegetative sono quanto mai dannose poiché ne abbassano il contenuto nutritivo e a volte producono sostanze tossiche. Nel nostro paese l’unico trattamento consentito è quello antigermogliamento sulle patate con IPC e CIPC. I trattamenti cosmetici e antitraspiranti Da tempo è invalso l’uso di sostanze che rivestendo con una sottile pellicola la superficie dei prodotti ortofrutticoli, conferisce brillantezza (cosmesi) e, talora, rallentano la traspirazione riducendo, di conseguenza, l’avvizzimento del prodotto (antitraspiranti). Vengono comunemente indicate, sia pure impropriamente, cere. Si distinguono cere a solvente, cere idrosolubili, cere solide in barre, pasta cera o cera oleosa. Le prime sono composte da idrocarburi alifatici e aromatici più un solvente (acetone, acetato d’etile) contenente resine naturali o sintetiche più un plasticizzante. Le cere idrosolubili comprendono resine alcali-solubili o resine simili (gomme, resine di alberi) e le cere emulsionabili naturali (carnauba, paraffina) o sintetiche (emulsione di polietilene). Le cer solide, in barra, sono costituite in larga misura da paraffina integrata ad altre cere con diversi punti di fusione. Questi trattamenti hanno trovato largo consumo sugli agrumi, mele, pomodoro, peperoni, cetrioli, meloni, patate, ecc. Lavaggio, trattamenti detergenti e di bonifica dei residui di fitofarmaci Dopo la raccolta, per numerosi prodotti, soprattutto orticoli, si rende necessario procedere al lavaggio con acqua per asportare eventuali residui terrosi, polveri, ecc. Il lavaggio è ormai generalizzato sulle specie per le quali è previsto un trattamento chimico post-raccolta, in considerazione della necessità di mantenere pulita la soluzione di fitofarmaco. Il lavaggio viene, poi, effettuato ogni qualvolta si ricorre alla prerefrigerazione in acqua. Il lavaggio può essere effettuato solo con acqua oppure con l’aggiunta di detersivi ionici o non ionici. Un altro aspetto dei trattamenti di post-raccolta è rappresentato dalla possibilità di eliminare o, quanto meno, ridurre i residui fitofarmaci prima della fase di commercializzazione e di consumo. Si tratta di una operazione che può essere indirizzata alla rimozione dei residui dei fitofarmaci impiegati in pre-raccolta ed anche di quelli che, utilizzati in post-raccolta durante la conservazione, al momento della commercializzazione hanno esaurito la loro funzione (es. antiriscaldo). E’ evidente che tale azione di bonifica riguarda essenzialmente i soli residui di superficie. In questo contesto si può operare con risultati variabili indipendentemente dai p.a., con acqua, ipoclorito di sodio (0,1%), detergenti, silicato di sodio, ecc. Le tecniche del trattamento di post-raccolta si differenziano non solo in rapporto alle categorie dei p.a. utilizzati, ma anche in relazione alla potenzialità operativa dei singoli sistemi. In altre parole, le stesse categorie di p.a. possono essere somministrate con sistemi che consentono il trattamento, per unità di tempo, di basse o elevate quantità di prodotto. La scelta del sistema è correlata alle esigenze del magazzino ortofrutticolo. I principali sistemi di trattamento sono di seguito elencati. Pioggia, goccia, spruzzo, schiuma Si tratta di un sistema in linea, attuato su prodotto sfuso, la cui potenzialità è ridotta. I frutti vengono trasportati su rulli massi da un movimento di rotazione-traslazione, spesso sostituiti o integrati con spazzole che uniformano meglio la distribuzione del p.a. somministrato dall’alto a pressione atmosferica (goccia, pioggia, schiuma) o sotto pressione (spruzzo). Il formulato attivo è veicolato in acqua (soluzione, emulsione, sospensione) e può essere distribuito con sistemi diversi (a perdere, a dosaggio, a recupero continuo, ecc.). Possono essere distribuiti fungicidi, antiriscaldo e simili, sostanze cosmetiche e antitraspiranti. In quest’ultimo caso, dopo la ceratura, il prodotto entra in un tunnel di essicamento. Immersione E’ assai diffuso che consente il trattamento di grandi quantità. Il prodotto viene trattato in casse pallettizzate o in pallet-box immergendolo per circa 15-20 secondi in formulati veicolati in acqua. Gassoso Il trattamento è limitato all’utilizzo della anidride solforosa nella lotta antibotritica dell’uva da tavola ed all’impiego di anidride carbonica nella prevenzione di infezioni da Botrytis spp., Monilia spp., Ciboria spp.. Il trattamento può essere realizzato, con l’ausilio di bombole, in apposite camere ermetiche, oppure impiegando generatori di SO2 (sali alcalini di metabisolfito) da includere entro le confezioni. Il trattamento con CO2 può essere effettuato in cella o nel mezzo di trasporto resi impermeabili ai gas, oppure sulle casse pallettizzate avvolte da films plastici termoresitsenti o no. Nebulizzazione e aerosolizzazione E’ utilizzata per il trattamento di grandi masse di ortofrutticoli. Trova grande impiego nella somministrazione degli antigermoglianti sulle patate. Occorre molta attenzione affinché non si creino delle sacche di accumulo di p.a. che favoriscono la disformità del residuo. Occorre, pertanto, procedere alla copertura (teli, cartoni) degli strati superiori dell’accatastato ed alla ventilazione forzata. 5. CENNI INTRODUTTIVI SUL SETTORE La commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli è regolata dalla regolamentazione comunitaria ed, in particolare, dal Regolamento CE dei Mercati nel settore degli ortofrutti (O.C.M.), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. L. 297 del 21/11/1996 che ha sostituito il Regolamento CE n. 1935/72 del Consiglio del 18 maggio 1972. Tale prodotti destinati ad essere forniti al consumatore allo stato fresco sono classificati in base ad un sistema di norme di qualità che attualmente sono previste per taluni prodotti e che, in base all’art. 2 comma 3 del citato regolamento n. 2200/96, la Commissione Europea può modificare, aggiornare ed inserirne per nuovi prodotti. Attualmente i prodotti che sono oggetto di norme di qualità sono i seguenti: ORTAGGI RIFERIMENTO NORMATIVO AGLI Reg. CE 2288/97 e succ. modifiche ASPARAGI Reg. CE 454/92 e succ. modifiche CARCIOFI Reg. CE 58 e succ. modifiche CAROTE Reg. CE 920/89 e succ. modifiche CAVOLFIORI Reg. CE 23/62 e succ. modifiche CAVOLI DI BRUXELLES Reg. CE 1591/87 e succ. modifiche CAVOLI CAPPUCCI E VERZOTTI Reg. CE 1591/87 e succ. modifiche CETRIOLI Reg. CE 1677/88 e succ. modifiche CICORIA WITLOOF Reg. CE 2213/83 e succ. modifiche CIPOLLE Reg. CE 2213/83 e succ. modifiche FAGIOLINI Reg. CE 58 e succ. modifiche LATTUGHE, INVIDIE RICCE E SCAROLE Reg. CE 79/88 e succ. modifiche MELANZANE Reg. CE 1292/81 e succ. modifiche PIMENTI O PEPERONI DOLCI Reg. CE 79/88 e succ. modifiche PISELLI DA SGRANARE Reg. CE 58 e succ. modifiche POMODORI Reg. CE 778/83 e succ. modifiche PORRI Reg. CE 1076/89 e succ. modifiche SEDANI A COSTE Reg. CE 1591/87 e succ. modifiche SPINACI Reg. CE 1591/87 e succ. modifiche ZUCCHINE Reg. CE 1292/81 e succ. modifiche MELONI Reg. CE 1093/97 e succ. modifiche COCOMERI Reg. CE 1093/97 e succ. modifiche FRUTTA ALBICOCCHE Reg. CE 1108/91 e succ. modifiche BANANE Reg. CE 2257/94 e succ. modifiche CILIEGIE Reg. CE 899/87 e succ. modifiche FRAGOLE Reg. CE 899/87 e succ. modifiche MELE DA TAVOLA Reg. CE 920/89 e succ. modifiche PERE DA TAVOLA Reg. CE 920/89 e succ. modifiche PESCHE E NETTARINE Reg. CE 3596/90 e succ. modifiche SUSINE Reg. CE 1591/87 e succ. modifiche UVA DA TAVOLA Reg. CE 1730/87 e succ. modifiche KIWI Reg. CE 410/90 e succ. modifiche AGRUMI ARANCE Reg. CE 920/80 e succ. modifiche LIMONI Reg. CE 920/80 e succ. modifiche MANDARINI Reg. CE 920/80 e succ. modifiche 5. DESCRIZIONE DEL PRODOTTO La descrizione deve comprendere tutti gli aspetti che possono concorrere a determinare un danno per la salute del consumatore e a valutarne la gravità. Ad esempio: Caratteristiche del prodotto ¾ Parametri chimico/fisici (pH, conservanti, temperatura di conservazione); ¾ Descrizione fisica (fasi componenti e loro stato fisico); ¾ Confezionamento (forma, tipo di materiale, atmosfera modificata); ¾ Modalità di stoccaggio e distribuzione; ¾ Shelf-life; Modalità di impiego ¾ Destinatari diretti (consumatori, industrie alimentari, catering); ¾ Categorie di consumatori finali; ¾ Preparazione all’utilizzo e/o consumo (taglio, cottura, ecc.) 6. IL DIAGRAMMA DI FLUSSO Ogni azienda deve redigere il proprio diagramma di flusso e considerare nei dettagli tutte le fasi del processo produttivo individuando i punti critici. Nell’elaborazione del diagramma di flusso l’azienda dovrà tenere in considerazione i dati tecnici riguardanti i propri processi produttivi, per esempio: Sequenza fasi; Tempi/temperature di trattamento e/o di conservazione della materia prima; Procedure di disinfezione, igiene del personale; Condizioni di stoccaggio e distribuzione. Il diagramma di flusso qui schematizzato rappresenta un ciclo ideale, contenente tutte le fasi di lavorazione dei prodotti ortofrutticoli, nelle quali è possibile individuare un CCP e un GMP. Diagramma di flusso generale per il settore ortofrutticolo Trattamento post-raccolta CCP Ritiro Stoccaggio refrigerato e non (GMP) Lavorazione Stoccaggio refrigerato e non (GMP) Carico/spedizione Raffreddamento (GMP) 7. ANALISI DEI RISCHI PER IL CONSUMATORE a) Materia prima Gli ortofrutti possono essere consumati crudi o dopo una veloce cottura da parte di ogni fascia di consumatori, comprese quelle deboli ed a rischio. Per questo motivo si rende indispensabile garantire la salubrità dei prodotti commercializzati. Il pericolo di contaminazione degli ortaggi può essere di tipo biologico, chimico e fisico. Pericolo Biologico Il prodotto può contaminarsi con: ¾ Bacillus cereus ¾ Campylobacter spp. ¾ Clostridium botulinum ¾ Clostridium perfringens ¾ Escherichia coli ¾ Listeria monocytogenes ¾ Salmonella spp. ¾ Shigella s. ¾ Staficococcus aureus ¾ Toxoplasma gondii ¾ Vibrio cholerae ¾ Vibrio paraaemoliticus ¾ Yersinea enterocolitica ¾ Taenia saginata ¾ Taenia solium ¾ Aspergillum spp. ¾ Bothrytis spp. ¾ Fusarium spp. ¾ Penicillum spp. ¾ Virus Epatite A ¾ Parassiti umani Tali microrganismi rappresentano i più comuni pericoli di contaminazione degli ortaggi e sono la causa di tossinfezioni e parassitosi. Pericolo Chimico Tale contaminazione è causata da: ¾ Residui di fitofarmaci da trattamenti in campo a causa del mancato rispetto del tempo di carenza (periodo di tempo che deve intercorrere dalla somministrazione del principio attivo alla raccolta); ¾ Residui di fitofarmaci da trattamenti in campo a causa di somministrazione sulla coltura di principi attivi non ammessi per legge; ¾ Residui di fitofarmaci per deriva di prodotti fitosanitari distribuiti sulle colture limitrofe; ¾ Eventuali contaminazioni di metalli pesanti da inquinamento atmosferico. La presenza di sostanze chimiche può causare intossicazione acuta o cronica del consumatore. Pericolo Fisico Tale contaminazione è causata dalla presenza sulla coltura di: ¾ Polvere ¾ Terra ¾ Corpi estranei La terra e la polvere possono essere causa di contaminazione di tipo microbico (clostridium e microrganismi fecali), la presenza di corpi estranei possono causare lesioni all’apparato digestivo del consumatore. b) Imballaggi Gli imballaggi utilizzati sia in fase di raccolta che in fase di confezionamento possono rischiare di incorrere in inquinamenti di tipo biologico e fisico. Pericolo Biologico I principali organismi causa della contaminazione degli imballaggi sono: ¾ Bacillus cereus ¾ Campylobacter spp. ¾ Clostridium botulinum ¾ Clostridium perfringens ¾ Escherichia coli ¾ Listeria monocytogenes ¾ Salmonella spp. ¾ Shigella s. ¾ Staficococcus aureus ¾ Yersinea enterocolitica ¾ Aspergillum spp. ¾ Bothrytis spp. ¾ Fusarium spp. ¾ Penicillum spp. ¾ Norwalk virus ¾ Virus Epatite A ¾ Parassiti umani Gli imballi possono essere veicolo di contaminazione degli ortaggi e quindi essere la causa di tossinfezioni o parassitosi. Pericolo Fisico La causa di tale contaminazione è data dalla presenza all’interno dell’imballaggio di: ¾ Terra ¾ Pietre ¾ Corpi estranei ¾ Residui dall’utilizzo precedente dell’imballaggio La contaminazione di tipo fisica dell’imballaggio può essere trasmessa alla materia prima in essi contenuta. c) Mezzi di trasporto I mezzi di trasporto possono rischiare contaminazioni di tipo biologico e fisico. Pericolo Biologico I mezzi di trasporto ed in particolare i pianali di carico possono subire contaminazioni di tipo microbico da: ¾ Clostridi ¾ Coliformi ¾ Salmonella spp. ¾ Insetti ¾ Muffe tossigene La presenza di organismi sul pianale di carico può causare la contaminazione degli imballaggi e delle materie prime. Pericolo Fisico La contaminazione dei pianali di carico è dovuta ai seguenti fattori: ¾ Terra sul pianale di carico ¾ Polvere sul pianale di carico ¾ Corpi estranei sul pianale di carico ¾ Temperatura ambientale durante il trasporto La contaminazione fisica degli imballaggi può essere trasmessa agli imballaggi ed alla materia prima trasportata. Le alte temperature durante il trasporto possono favorire lo sviluppo di microrganismi. d) Celle Frigorifere Le celle frigorifere durante l’arco dell’anno possono rischiare contaminazioni di tipo biologico e fisico. Pericolo Biologico Le celle frigorifere possono subire contaminazione microbica da parte di: ¾ Listeria monocytogenes ¾ Bacillus cereus ¾ Muffe tossigene Nelle celle frigorifere possono riprodursi alcuni microrganismi psicrofili e quindi possono essere la causa di contaminazione delle materie prime stoccate al loro interno. Pericolo Fisico La temperatura all’interno delle celle frigorifere può divenire più alta del previsto a causa del cattivo funzionamento del sistema di raffreddamento. L’innalzamento di temperatura può causare un elevato sviluppo microbico all’interno delle celle e del prodotto in esse stoccato. e) Attrezzature Le attrezzature a rischio per la contaminazione degli alimenti sono quelle che entrano in contatto diretto con essi e cioè: ¾ macchina in acciaio inox per cernita e taglio insalata ¾ macchina in acciaio inox per cernita e confezionamento del fagiolino ¾ lavatrice in acciaio inox dei prodotti in cassette ¾ vasca di lavaggio in acciaio inox ¾ coltelli Questi attrezzi possono rischiare contaminazione di tipo chimico, fisico e microbiologico. Pericolo Biologico Le attrezzature si possono inquinare con microrganismi ed in particolare con: ¾ Salmonella spp. ¾ Colifermi ¾ Parassiti ¾ Muffe tossigene Tali microrganismi possono essere trasmessi agli alimenti ed essere quindi la causa di tossinfezioni e di parassitosi. Pericolo Chimico Sugli attrezzi possono rimanere residui di sostanze utilizzate per detergere e disinfettare durante le operazioni di pulizia. Queste sostanze poi vengono trasferite agli ortaggi e quindi possono essere la causa di intossicazione del consumatore. Pericolo Fisico Sulle apparecchiature ci può essere la presenza di corpi estranei o di terra che possono essere trasferiti alla materia prima inquinandola. f) Acqua L’acqua può subire inquinamento di tipo biologico e chimico. Pericolo Biologico La contaminazione dell’acqua può avvenire a causa dei seguenti microrganismi: ¾ Clostridium spp. ¾ Coliformi ¾ Salmonella spp. ¾ Shighella spp. ¾ Vibrio spp. ¾ Yersinia spp. L’acqua una volta contaminata veicola questi microrganismi sui prodotti alimentari durante la fase di lavaggio, e quindi può essere la causa di tossinfezioni. Pericolo Chimico L’inquinamento dell’acqua da parte di sostanze chimiche nocive all’uomo può avvenire in diversi modi: ¾ Infiltrazione nelle falde acquifere di fitofarmaci utilizzati in agricoltura; ¾ Contaminazione con fitofarmaci durante il lavaggio degli alimenti; ¾ Inquinamento con metalli pesanti. Le sostanze chimiche presenti nell’acqua possono essere assorbite dagli alimenti con cui entra in contatto durante il lavaggio e quindi essere la causa di intossicazioni acute o croniche. g) Personale Il personale può essere la causa d’inquinamento degli alimenti di tipo biologico. I principali microrganismi patogeni veicolati dal personale sono: ¾ Coliformi ¾ Salmonella spp. ¾ Enterobatteri ¾ Stafilococcus aureus Tali contaminazioni avvengono a causa del non corretto rispetto delle norme igieniche previste per il personale che entra in contatto con gli alimenti. h) Edifici Gli edifici in cui avvengono le lavorazioni delle materie prime possono ospitare agenti biologici indesiderati come roditori e scarafaggi, i quali possono essere veicoli di germi patogeni. PIANO AUTOCONTROLLO SETTORE ORTOFRUTTICOLO Procedure di pulizia e disinfezione SI NO Il piano comprende: cosa pulire ed eventualmente disinfettare tipo di detergente e/o disinfettante Esistono schede di Non Conformità o di monitoraggio Procedure di disinfestazione SI NO Esiste un piano di lotta contro i parassiti Esiste la mappa con la disposizione e tipo di trappole/esche Indicazione del tipo di prodotti (schede tecniche) Frequenza degli interventi Schede di monitoraggio Convenzione con ditta esterna Esiste una procedura di igiene del personale E’ stato costituito un gruppo HACCP Descrizione del prodotto SI NO SI NO Esiste un controllo del prodotto alla consegna Se si quali: parametri chimico/fisici (pH, T°C, conservanti) parametri microbiologici eventuali residui di fitofarmaci Esiste un controllo delle condizioni di trasporto (disposizione, T°C) Esiste una valutazione del fornitore Esiste la rintracciabilità del prodotto in entrata in uscita Diagramma di flusso Esiste un diagramma di flusso Esiste la planimetria dei locali Esiste una documentazione relativa agli interventi di manutenzione, taratura, controllo delle apparecchiature Individuazione dei pericoli SI NO Sono valutati i pericoli per il consumatore Se si quali: mezzi di trasporto celle frigorifere attrezzature personale edifici acqua In quest’ultimo caso l’approvvigionamento idrico è di derivazione: pozzo Punti critici di controllo (CCP):Trattamenti post-raccolta SI NO La zona di lavorazione è circoscritta e accessibile solo dal lavoratore che effettua il trattamento Il datore di lavoro ha dato le adeguate istruzioni sul rischio specifico del trattamento Sono state lette attentamente le etichette dei prodotti fitosanitari utilizzati Si ricorda che: il titolare del patentino assume la responsabilità della idonea conservazione e dell’impiego del prodotto fitosanitario Sono forniti al lavoratore addetto al trattamento i dispositivi di protezione adeguati (guanti, stivali, grembiule, maschera facciale intero con filtro combinato per polveri e vapori organici) La miscela utilizzata viene preparata in luogo aperto in prossimità della zona in cui si effettua il trattamento Il residuo del trattamento viene raccolto in appositi contenitori, facilmente identificabili Questi sono stoccati in luoghi non accessibili a persone estranee Lo smaltimento avviene tramite ditte specializzate TRATTAMENTO POST-RACCOLTA AUTORIZZAZIONE………………………….N°………………………del………………………... Prodotti ortofrutticoli trattati:…………………………………………………………………………... Presidi sanitari utilizzati:………………………………………………………………………………... Modalità operative e attrezzature utilizzate:…………………………………………………………….. Periodo in cui si effettua il trattamento:………………………………………………………………... Luogo dove avviene il trattamento:…………………………………………………………………….. Tipo di macchina utilizzata per il trattamento:………………………………………………………….. Aspetti principali della sicurezza nei magazzini ortofrutticoli Indice IMPIANTI FRIGORIFERI FUNZIONANTI AD AMMONIACA ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ Ammoniaca, caratteri generali Dispositivi di protezione individuale (D.P.I.) Responsabilità Documentazione minima richiesta Componenti dell’impianto frigorifero relativi alla sicurezza Impianti elettrici Prescrizioni particolari per la sala macchine Prescrizioni particolari per le camere fredde con riguardo ai rischi delle basse temperature Indicazione per la manutenzione Carrelli elevatori Dispositivi di protezione per i carrelli elevatori Il carrello e l’ambiente in cui opera Manutenzione dei carrelli elevatori Locali per la ricarica delle batterie pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. IL DECRETO LEGISLATIVO 626/94 ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ Introduzione e le figure coinvolte Il servizio di protezione e prevenzione ed il responsabile alla sicurezza Il medico competente Lavoratori ed il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) La riunione aziendale sulla sicurezza L’informazione dei lavoratori La formazione e l’addestramento dei lavoratori Documento di valutazione dei rischi Salute e sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici ALLEGATI ¾ ¾ Scheda di sopralluogo del gruppo agricoltura Scheda 1 Documentazione per le attività in sicurezza pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. ¾ ¾ ¾ ¾ Scheda 6 Scheda 2 Sicurezza frigoriferi ad ammoniaca Scheda 3 Deposi dei prodotti fitosanitari Scheda 4 Carrelli elevatori Scheda 5 Elenco documentazione da allegare alla domanda di autorizzazione alla detenzione di gas tossici R.D. 147/27 “Commissione Gas Tossici” - Diagramma di flusso IMPIANTI FRIGORIFERI FUNZIONANTI AD AMMONIACA AMMONIACA, CARATTERI GENERALI L'ammoniaca è un gas incolore, di odore pungente caratteristico, molto solubile nei principali solventi organici e solubile in acqua sino al 33,1 % in peso a 20 °C. E’ esplosiva a concentrazioni in aria tra il 15% in volume (limite inferiore di esplosività) e il 28% in volume (limite superiore di esplosività), qualora però vi sia un innesco (sorgente di calore) che determini una temperatura di 630 °C (temperatura di auto-accensione). E’ corrosiva in presenza di umidità e liquefa a 15 °C alla pressione di 7,4 atmosfere. Può reagire pericolosamente ed esplodere a contatto con iodio, cloro, bromo, fluoro, ipocloriti ed acetaldeide. Forma altresì composti esplosivi con argento, mercurio e oro. Miscelata anche con poca acqua, attacca rame, zinco e argento, nonché molte leghe, specie quelle contenenti rame. L'ammoniaca è inoltre un gas soffocante e/o irritante le cui vie di penetrazione nell'organismo umano possono essere: inalazione, ingestione e contatto. L'esposizione professionale avviene per inalazione e/o contatto TLV = 25 ppm (TLV valore limite di soglia media misurata nel tempo per 8 ore al giorno e 40 ore settimanali). Dal punto di vista tossicologico è un severo irritante degli occhi, dell'apparato respiratorio e della pelle; concentrazioni dei gas comprese tra 2500 e 6500 ppm possono provocare importanti fenomeni irritativi corneali, bronchiali, sintomatologia dispnoica, dolore toracico, respiro sibilante, sino all'edema polmonare che può essere mortale. 1 DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI (D.P.I.) I mezzi normalmente usati per la difesa delle vie respiratorie sono: 1) maschera a filtro: serve a purificare dal gas nocivo l'aria inspirata. La maschera a filtro è costituita da facciale, schermo od occhiali, valvola di espirazione (scarico), valvola di inspirazione, tiranti elastici, filtro antigas. Prima di indossarla occorre controllare che sia pulita, che i tiranti siano efficienti e che sia a perfetta tenuta. Si indossa poi introducendo profondamente il mento e portando la maschera sulla nuca, a mezzo di tiranti. La maschera deve essere mantenuta in buono stato, lontana da sorgenti di calore, vapori di benzina, solventi organici e simili. Dopo l'uso occorre pulirla bene e disinfettarla, lavandola con acqua e sapone o soluzioni specifiche di lisoformio o formaldeide, inserirla in un contenitore pulito e porre quest'ultimo in un apposito armadietto al riparo dalla polvere e da altri agenti esterni. Anzichè riportare per esteso il nome del gas nocivo, sui filtri antigas si può trovare anche solo una lettera ed un colore che li identifica secondo la classificazione DIN 3181, UNI e CEN. Secondo questa classificazione unificata, il filtro per la protezione da vapori ammoniacali viene identificato dalla lettera K e dal colore verde. Oltre poi alla lettera o al colore distintivi, i vari filtri sono contrassegnati con i numeri 1, 2 e 3 che ne indicano la classe di protezione (al numero più alto corrisponde un più alto grado di protezione). La maschera a filtro comunque può essere utilizzata solo nel caso in cui l'ossigeno nell'ambiente sia presente in quantità non inferiori al 16% e l'ammoniaca non superi il 3%; in caso contrario si deve fare uso dell'autoprotettore o della maschera a presa d'aria dall'esterno. 2) autoprotettore: serve ad escludere l'operatore dall'ambiente inquinato rifornendolo d'aria. I tipi di autoprotettore più usati sono: • autoprotettore a ciclo chiuso con riserva di ossigeno; • autoprotettore a ciclo aperto con riserva di aria o di ossigeno; 2 In generale l'autonomia dell'autoprotettore a ciclo aperto è inferiore a quella dell'autoprotettore a ciclo chiuso. Quanto detto sopra è una semplice introduzione sull'uso degli autoprotettori; resta comunque chiara una regola generale e cioè che l'uso dell'autoprotettore richiede una perfetta conoscenza del suo funzionamento, un adeguato allenamento, nonché calma e attenzione. 3) maschera a presa d'aria dall'esterno: serve a rifornire d'aria l'operatore prelevandola dall'ambiente esterno non inquinato. Quando si deve permanere in un ambiente inquinato dove non c'è ossigeno sufficiente per la respirazione (% inferiore al 16%) a sostituzione dell'autoprotettore si può collegare la maschera con un tubo a presa d'aria dall'esterno. In generale viene scelta questa soluzione quando l'operatore non ha bisogno di ampia libertà di movimenti. Negli impianti frigoriferi, utilizzanti gas ammoniaca come fluido frigorigeno, assume grande importanza, per la gestione dei suddetti impianti, il possesso, il corretto utilizzo e l'idonea conservazione dei mezzi di protezione delle vie respiratorie. Concludendo, gli addetti alla manipolazione dell'ammoniaca nei magazzini frigoriferi devono essere in possesso dei seguenti mezzi di protezione delle vie respiratorie: a) per interventi in zone a cielo aperto o ben ventilate (percentuale di ossigeno non inferiore al 16%): - maschera a facciale completo munita di filtro specifico in dotazione individuale; b) per interventi in zone non aerate o comunque in casi di gravi fuoriuscite di ammoniaca: - autoprotettore. 3 Per impianti che utilizzano un quantitativo di ammoniaca compreso tra 10 e 500 Kg. deve essere tenuto in azienda un autoprotettore, mentre per quantitativi superiori di ammoniaca devono essere tenuti in azienda due autoprotettori. Per la protezione delle altre parti del corpo, gli addetti alla manipolazione dell'ammoniaca nei magazzini frigoriferi devono essere in possesso dei seguenti mezzi di protezione: a) MANI: guanti in gomma (neoprene o PVC) in dotazione individuale; b) GAMBE E PIEDI: scarpe di gomma o stivali di gomma in dotazione individuale; c) CORPO: tuta in plastica impermeabile ai gas in dotazione individuale; d) TESTA: cappuccio in PVC in dotazione individuale. Gli indumenti contaminati da ammoniaca dovranno essere immediatamente tolti e sottoposti ad abbondanti lavaggi con acqua. Tutti i mezzi di protezione individuale dovranno essere conservati con cura, in modo da non poter essere manomessi e posti in luogo pulito e riparato (armadietto) in prossimità dell'impianto, ma fuori delle zone esposte ai rischi. Infine deve essere fornita agli addetti una adeguata istruzione sull'utilizzo dei mezzi di protezione. Inoltre in luogo facilmente accessibile si dovrà disporre di una doccia di emergenza e lava occhi. N.B.: Si fa presente che la manipolazione dell'ammoniaca e gli eventuali interventi di emergenza sono di inderogabile ed esclusiva competenza del personale munito di apposito patentino. 4 RESPONSABILITÀ In ogni impianto frigorifero dove venga utilizzato gas ammoniaca, devono essere individuabili le seguenti figure: a) il titolare dell'autorizzazione all'utilizzo di gas tossico ammoniaca; b) il direttore tecnico dei servizi relativi all'impiego del gas tossico; c) il personale provvisto di patente di abilitazione all'impiego del gas tossico ammoniaca. Secondo quanto indicato dal R.D. 147/27 è necessario che un laureato in chimica, in farmacia, in chimica industriale o in ingegneria chimica dichiari di assumere la direzione tecnica dei servizi relativi alla utilizzazione del gas tossico ammoniaca. Non è da escludere la possibilità di servirsi, per l'acquisizione del laureato di cui sopra, di una figura a contratto libero-professionale. DOCUMENTAZIONE MINIMA RICHIESTA Presso tutti gli impianti interessati, deve essere sempre presente e messa a disposizione degli organi di controllo la seguente documentazione: a) documento di valutazione del rischio ai fini del DLgs. 626/94; b) schema del sistema frigorifero (compressore, separatore, valvola di espansione, evaporatore, organi di intercettazione, ecc.); c) scheda mod. B di denuncia dell'impianto di messa a terra vidimata dall'Ente preposto Azienda Unità Sanitaria Locale (AUSL) – Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza Lavoro(ISPESL) di Forlì, per gli impianti realizzati prima del 23.01.2002; d) dichiarazione di conformità, spedita entro 30 giorni dalla messa in esercizio dell’impianto, all’ISPESL ed alla A.U.S.L di Forlì.- Unità Operativa Impiantistica ed Antinfortunistica (UOIA), per gli impianti realizzati dopo il 23.01.02; e) verbali delle verifiche periodiche; 5 f) dichiarazione di conformità rilasciata dall'impresa abilitata che ha realizzato, ovvero ha sottoposto a manutenzione straordinaria, gli impianti elettrici dopo il 13/03/90, data di entrata in vigore della Legge 46/90; g) scheda mod. C - denuncia di installazioni elettriche in luoghi con pericolo di esplosione e incendio - vidimata dall’AUSL di Forlì per impianti con quantitativi di ammoniaca superiori a 200 kg. e per gli impianti realizzati prima del 23.01.2002; h) dichiarazione di conformità, spedita entro 30 giorni dalla messa in esercizio dell’impianto, alla A.U.S.L di Forlì.- U.O.I.A., per gli impianti in luoghi con pericolo di esplosione, realizzati dopo il 23.01.02; i) verbali delle verifiche periodiche; j) copie dei libretti matricolari ANCC/ISPESL comprensivo delle copie degli ultimi verbali di verifica per gli apparecchi a pressione inseriti in impianti dove vi sia almeno un apparecchio con volume superiore a 1000 litri, l’apparecchio di dimensioni superiori è generalmente il separatore; k) autorizzazione all'utilizzo dell'ammoniaca, per quantitativi superiori ai 75 kg., rilasciata dal Sindaco del Comune ove è ubicato l'impianto; Il Sindaco per l’espressione del parere si avvale, così come stabilito dal Regio Decreto n° 147 del 09/01/1927, di una Commissione Provinciale Gas Tossici composta anche dagli ingegneri e dai tecnici del Dipartimento di Prevenzione dell’AUSL di Cesena (* vedi nota). l) certificato di prevenzione incendi o nulla osta provvisorio, rilasciato dal Comando Provinciale dei VV.FF, per i magazzini che hanno superficie superiore a1000 mq; m) piano per la gestione dell’emergenza in caso di incendio per le aziende con almeno 10 addetti 1 ; n) registro infortuni. * La domanda di autorizzazione all’utilizzo dell’ammoniaca (Vedi punto K ) va inoltrata al Sindaco del comune in cui è ubicato l’impianto in oggetto. La domanda deve essere corredata dalla documentazione indicata in apposito elenco allegato (vedi scheda n.5). La verifica della documentazione viene effettuata ai sensi del Regio Decreto n° 147 da apposita commissione Provinciale. Tenuto conto delle esigenze e problematiche tecniche 1 I criteri generali di sicurezza ai fini Dl 626/94 sono specificati dal Decreto 10/3/98, in cui si specifica che il datore di lavoro dovrà provvedere a: ridurre la probabilità di incendio, garantire l’efficienza dei mezzi di protezione, fornire adeguata formazione e informazione, redigere il piano di emergenza in conformità dell’allegato 8 dello stesso decreto. 6 sempre più particolari in relazione al progresso tecnologico che si è avuto in tali tipi di impianti, la commissione Provinciale di Forlì è stata integrata da tecnici del settore dell’ Unità Operativa Impiantistica Antinfortunistica (U.O.I.A.) e dell’ Unità Operativa Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (U.O.P.S.A.L.). Quindi prima che la pratica venga esaminata dalla commissione si procede alla istruzione della pratica mediante un sopralluogo congiunto da parte di tecnici dei due Servizi sopracitati. All’atto della visita ispettiva si procede sia al controllo della parte amministrativa dei documenti inseriti nella domanda e dei piani di emergenza ed evacuazione, in accordo con le pratiche di protezione antincendio dei VVFF, sia alla verifica oggettiva sullo stato dell’ impianto e della sua manutenzione. In particolare dovrà essere presente debitamente compilato e aggiornato il registro dei controlli, si verificheranno le modalità di accesso in sicurezza ai locali tecnici nonchè alle varie valvole di intercettazione e/o regolazione, le modalità di controllo dell’acqua nella vasca di neutralizzazione. Possono essere impartite opportune disposizioni per rientrare negli standard di sicurezza voluti dalla commissione oppure se nulla osta, viene trasmesso il parere favorevole alla commissione per la preparazione della pratica nella seduta plenaria. COMPONENTI DELL'IMPIANTO FRIGORIFERO RELATIVI ALLA SICUREZZA I compressori e i recipienti a pressione dell'impianto frigorifero (in alta e bassa pressione) devono essere dotati di dispositivi: 1- di misura (manometri, termometri); 2- di regolazione (termostati, pressostati, flussostati, ecc.); 3- sicurezza. Il getto di scarico dei dispositivi di sicurezza deve essere dislocato in modo da non costituire pregiudizio per la sicurezza delle persone. Qualora lo scarico venga abbattuto in vasca contenente acqua pura, questa deve essere destinata a questo solo uso, deve essere sottratta alla possibilità di congelamento senza aggiunta di sostanze estranee, deve avere capacità cinque volte superiore a quella 7 dell'intero ciclo (650 kg. di ammoniaca necessitano di cinque metri cubi di acqua) ed essere dotata di controllo di livello del liquido. I pressostati ad alta pressione, i termostati e in genere i dispositivi di regolazione, di controllo e di misura, devono essere "a sicurezza positiva" ossia devono garantire le condizioni di sicurezza anche in condizioni di guasto. Il sistema frigorifero deve essere provvisto di un adeguato numero di organi di intercettazione (valvole, rubinetti) facilmente identificabili, tali da consentire agevoli e sicure operazioni di manutenzione, riparazione ed emergenza . E’ raccomandato l'impiego di tubi d'acciaio non saldati, oppure saldati di resistenza equivalente. Le tubazioni devono essere verniciate con differenti colori, in base alla sostanza che vi circola. I tubi contenenti ammoniaca devono recare bande di colore viola oppure l'indicazione "ammoniaca" e devono essere contrassegnati con il verso di flusso. Devono essere previste tabelle facilmente consultabili, da cui risulti la codifica dei colori utilizzati nelle tubazioni in stabilimento. IMPIANTI ELETTRICI 1) Negli impianti frigoriferi, con più di 200 Kg di ammoniaca in ciclo, gli ambienti di lavoro devono essere classificati in base a quanto previsto dalle Norme CEI 64-2, per gli impianti nuovi devono essere utilizzate le norme CEI 31/30. Per gli impianti in luoghi con pericolo di esplosione ed incendio, realizzati prima del 23.01.02, dovrà essere conservata presso l’attività la denuncia per impianti con pericolo di esplosione ed incendio, “Mod. C”, mentre per gli impianti realizzati dopo il 23.01.02 dovrà essere inviata la Dichiarazione di Conformità entro 30 giorni dalla messa in esercizio dell’impianto all’A.U.S.L. di Forlì U.O.I.A. 8 2) In base al risultato della classificazione gli impianti elettrici devono essere realizzati: a) nelle zone AD, (zona con pericolo esplosione ed incendio) secondo l'esecuzione richiesta dalla Tab. IV della Norma CEI 64-2, CEI 31-33. b) Negli ambienti classificati non AD deve essere applicata la norma generale CEI 64-8. 3) Deve essere prevista un'illuminazione sussidiaria sufficiente a permettere, in caso di necessità, le manovre di emergenza e l'evacuazione del personale. Per gli impianti frigoriferi costruiti e/o adeguati prima del 01/05/87, data di entrata in vigore della norma CEI 64-2, fascicolo 807, si potrà fare riferimento al D.M. 10/6/80 e di conseguenza accettare sistemi di controllo di esplosività dell'atmosfera con rilevatori che: 1) siano sensibili alla presenza del 2% di ammoniaca nell'aria; 2) nel caso di presenza di ammoniaca nell'aria, nella percentuale suddetta, interrompano l'erogazione di energia elettrica agli impianti interessati attivando sistemi acustici e luminosi di allarme situati in luoghi presidiati; 3) ripristinino l'erogazione di energia, mediante intervento manuale, soltanto quando sia stato eseguito il risanamento ambientale. La collocazione dei sensori ed i requisiti degli stessi dovranno essere quelli previsti dalle Norme CEI 64-2, vigenti all'atto della realizzazione dell'impianto. L'impianto elettrico deve essere adeguatamente sezionato. Deve essere previsto un interruttore onnipolare oppure un pulsante, che azioni la bobina di sgancio di tale interruttore all'esterno della zona AD determinata in assenza di ventilazione artificiale, secondo il procedimento generale. PRESCRIZIONI PARTICOLARI PER LA SALA MACCHINE a) La sala macchine serve a contenere le macchine frigorifere e non può essere destinata ad altro uso. 9 b) La sala macchine deve anche avere le caratteristiche generali stabilite al p.to 6. 1.1 della Norma UNI 8011. c) La sala macchine, nel caso in cui l'ammoniaca in ciclo sia superiore a 500 kg., deve anche avere le caratteristiche supplementari stabilite dal p.to 6.1.2.1 della Norma UNI 8011. d) La sala macchine deve essere chiaramente contrassegnata con un cartello affisso sulla porta, indicante anche il divieto di ingresso alle persone non autorizzate. e) In sala macchine, qualora manchi una ventilazione artificiale continua, che assicuri aria fisiologicamente pura anche per quantitativi di ammoniaca in ciclo inferiore a 200 kg., devono essere installati dispositivi rilevatori di ammoniaca, in relazione alla tossicità dello stesso gas. Tali dispositivi devono essere ubicati nella parte alta del locale o al massimo alla distanza di 0,5 mt. dal soffitto al di sopra degli elementi non statici dell'impianto (ad es. compressori) dai quali si può verificare una fuga di ammoniaca. l rilevatori devono essere a doppia soglia di intervento: una soglia di pre-allarme (pari al massimo allo 0, 1 % di ammoniaca in aria) che fa scattare un dispositivo di allarme visivo e sonoro in un posto presidiato e una soglia di allarme (pari al max. al 2% di ammoniaca nell'aria) che fa scattare un allarme sonoro udibile in tutti i punti dello stabilimento e mette fuori tensione tutte le apparecchiature elettriche, ad eccezione dell'impianto di ventilazione meccanica e degli altri servizi di sicurezza. PRESCRIZIONI PARTICOLARI PER LE CAMERE FREDDE CON RIGUARDO AI RISCHI DELLE BASSE TEMPERATURE Occorre adottare una serie di misure atte a garantire condizioni di sicurezza per lavoratori nelle camere fredde (in particolare in quelle in cui la temp. è minore di 0 °C). a) In una camera fredda una persona non deve mai lavorare sola. Se ciò è inevitabile, la sicurezza di queste persone deve essere verificata almeno ogni ora. 10 b) In caso di interruzione dell'illuminazione, i passaggi che conducono ai dispositivi di chiamata di soccorso devono essere riconoscibili, sia per mezzo di illuminazione indipendente, sia per mezzo di segnali luminosi, sia con altri mezzi appositi. c) Alcuni minuti dopo la fine del lavoro, una persona responsabile deve effettuare una ricognizione in modo da assicurarsi che nessuna persona resti nelle camere fredde e deve chiuderle dopo essersi assicurata che nei locali non vi siano persone. d) In qualsiasi momento deve essere possibile uscire dalle camere fredde. Ci si deve assicurare che le persone, che vi siano rimaste eventualmente chiuse, possano attirare l’attenzione di altre persone all'esterno o uscirne da sole. e) Tutte le uscite di soccorso devono essere mantenute in buono stato di funzionamento, periodicamente controllate e devono essere facilmente accessibili in ogni momento. f) Le camere fredde devono essere contrassegnate con un cartello affisso sulle porte, indicante anche il divieto di ingresso alle persone non autorizzate. INDICAZIONI PER LA MANUTENZIONE E’ indispensabile la nomina formale di chi effettua le operazioni di manutenzione. In pratica, ogni titolare dell'Azienda, o meglio ogni responsabile tecnico, deve indicare per iscritto se la manutenzione viene effettuata da personale interno oppure da ditte specializzate esterne. Naturalmente, se la manutenzione viene effettuata da personale interno (le cui generalità dovranno comunque apparire per iscritto) questo dovrà avere un sufficiente grado di preparazione e conoscenza dell'impianto. 11 CARRELLI ELEVATORI Il carrello elevatore, nelle sue varie forme, ha raggiunto un notevole impiego nel comparto ortofrutticolo. La diffusione di questo mezzo ha creato una serie di problemi che vanno oltre la semplice dotazione di idonei mezzi di protezione, ma riguardano sia l'ambiente in cui il carrello opera, sia il binomio operatore-macchina. I carrelli oggi commercializzati sono alimentati: - con motore a combustione interna (p.es. diesel); - con motore a trazione elettrica. Quelli utilizzati all'interno dei magazzini ortofrutticoli devono essere azionati mediante motore elettrico in quanto, se così non fosse, sorgerebbero seri problemi di inquinamento dovuto ai gas combusti. Sotto l'aspetto della sicurezza di esercizio, si può dire che le probabili cause di infortunio possono riferirsi: - al mezzo utilizzato; - alla viabilità; - al carrellista. Per evitare l’evento infortunistico è necessario valutare attentamente in azienda il livello di sicurezza in relazione seguenti aspetti: - adeguatezza dei dispositivi di protezione del carrello; - inserimento del carrello nell’ambiente di lavoro; - manutenzione del carrello elevatore. 12 DISPOSITIVI DI PROTEZIONE PER I CARRELLI ELEVATORI I principali dispositivi di sicurezza che devono possedere i carrelli elevatori sono i seguenti: 1) Rete o lastra anticesoiamento, fissata sui montanti di sollevamento del carico o sulla parte frontale della cabina. Ciò se i montanti sono accessibili da parte dell'operatore seduto. 2) Tettuccio di protezione del posto di guida, contro le cadute di materiale dall'alto. Questa protezione nei carrelli con uomo a terra è sostituibile con una griglia reggicarico, installata sul tallone delle forche e sollevabile con essa. 3) Dispositivi contro la discesa del carico, in caso di improvvisa mancanza della forza- motrice. 4) Dispositivi di arresto a chiave estraibile su tutti i tipi di carrello, che non consentano la possibilità di messa in moto, se non mediante il reinserimento e la rotazione della chiave stessa. 5) Comandi dotati di protezione contro l'azionamento accidentale e con il ritorno automatico della leva di comando in posizione neutra. 6) Per i carrelli messi a disposizione dei lavoratori prima del 05/12/98 è previsto l’adeguamento entro il 05/12/02 per prevenire i rischi di schiacciamento in caso di ribaltamento. I carrelli elevatori devono essere sistemati o attrezzati in modo da limitare i rischi di ribaltamento ad esempio: installando una cabina per il conducente, mediante una struttura atta ad impedire il ribaltamento, mediante una struttura concepita in modo da lasciare in caso di ribaltamento uno spazio tra il suolo e le parti della macchina, mediante una struttura che trattenga il lavoratore sul sedile (D.L.vo 359/99). 13 IL CARRELLO E L'AMBIENTE IN CUI OPERA Nel considerare l'inserimento di un carrello in un determinato ambiente si dovranno quindi valutare: 1) Rispondenza del mezzo alle necessità operative: portata adeguata al carico e uso di mezzi a trazione elettrica in locali chiusi. 2) Efficacia del programma di manutenzione. 3) Adeguata formazione del personale. 4) Condizioni di sicurezza dei percorsi. 5) Norme ben definite di comportamento per gli operatori. 6) Procedure di sicurezza per l'espletamento di tutte le operazioni necessarie all'uso dei carrelli: carica delle batterie, manipolazione dell'acido solforico ecc.. Il percorso dei carrelli dovrà avere una circolazione regolamentata; gli ostacoli, le buche, le chiazze d'olio e le inclinazioni eccessive o brusche dovranno essere eliminate per quanto possibile dai percorsi. La viabilità deve prevedere una serie di norme di circolazione, studiate e predisposte secondo il numero dei mezzi presenti; inoltre dovranno essere estese agli ambienti di lavoro tutte le norme del codice della strada fissando, ad esempio, una velocità massima nei punti pericolosi, mettendo segnali di pericolo, di avviso, di divieto di trasporto di persone. Particolare attenzione dovrà essere prestata per le curve cieche, facendo uso di specchi, con l'obbligo di segnali acustici e velocità moderata; tutti i passaggi (anche grigliati e passerelle e pozzetti) devono avere i necessari requisiti di portata. Gli incroci devono essere regolamentati istituendo regole di precedenza, basate, secondo i casi, sull’importanza dei percorsi e/o dei mezzi. Si puntualizza inoltre che l'uso "saltuario" di carrelli elevatori per il sollevamento delle persone, solo per i lavori di manutenzione e/o riparazione, può essere consentito a 14 condizione che siano rispettate le prescrizioni dell’Art. 184 del DPR 547/55 come integrato e modificato dal D.Lvo 4/8/99 n. 359 ed in particolare: 1) che la piattaforma di lavoro sia delimitata da una gabbia di protezione laterale avente un'altezza superiore ad un metro, misurata dal punto di calpestio; 2) che la piattaforma sia accessibile da terra mediante cancello avente chiusura di sicurezza ed apribile verso l'interno; 3) che i lati della gabbia verso i montanti dell'apparecchio di sollevamento siano adeguatamente estesi, in modo da impedire il contatto di parti del corpo del lavoratore trasportato con elementi in movimento; 4) che le forche del carrello vengano inserite nella base della piattaforma di lavoro in posizioni vincolate e stabili per quanto riguarda la distanza fra loro (corsie fisse), in relazione alla necessità di ottenere una stabilità assoluta della piattaforma nelle varie fasi di lavoro. Dovrà essere assolutamente vietato lo spostamento del carrello con l'operatore sulla piattaforma in posizione elevata. Nel caso di impiego di carrelli aventi la possibilità di inclinazione in avanti e verso il basso dei montanti, anche lieve, dovranno essere adottati idonei dispositivi atti ad impedire, in modo dei tutto affidabile, lo sfilamento della piattaforma dalle forche medesime. MANUTENZIONE DEI CARRELLI ELEVATORI La manutenzione di un carrello elevatore è, come quella di tutte le apparecchiature, fondamentale per mantenere inalterate nel tempo le originarie caratteristiche funzionali e i requisiti di sicurezza. 15 I costruttori raccomandano, a tal fine, interventi periodici di manutenzione preventiva, mentre precisi riferimenti legislativi obbligano i datori di lavoro ed il personale preposto in genere, a mantenere in perfetta efficienza il mezzo e le sue protezioni. Anche i lavoratori che utilizzano il carrello hanno il dovere e l'interesse di verificare continuamente il buon funzionamento del mezzo e di segnalare immediatamente ai responsabili le deficienze dei dispositivi dei mezzi di sicurezza e protezione, nonchè le altre eventuali anomalie che possono essere causa diretta o indiretta di pericolo. LOCALI PER LA RICARICA DELLE BATTERIE La necessità di impiegare, per spostare le merci all'interno dei magazzini, carrelli elevatori mossi da batterie elettriche richiede anche la dotazione di luoghi in cui effettuare la carica e la manutenzione (rabbocco periodico) delle batterie. Premesso che la carica delle batterie deve avvenire solo in ambienti separati dagli ordinari ambienti di lavoro, le norme generali di prevenzione infortuni si occupano di accumulatori elettrici. I locali contenenti accumulatori devono essere ben ventilati e all’ingresso deve essere esposto un avviso chiaramente visibile per richiamare il divieto di fumare e di introdurre lampade a fiamma libera. Gli operatori addetti alla manutenzione delle batterie dovranno essere adeguatamente formati sulle procedure di sicurezza, inoltre dovranno essere dotati di adeguati dispositivi di sicurezza (occhiali, guanti e schermo facciale). 16 IL DECRETO LEGISLATIVO 626/94 INTRODUZIONE E LE FIGURE COINVOLTE Il decreto legislativo 626/94 tende ad istituire in azienda un sistema di gestione permanente ed organico diretto alla individuazione, valutazione, riduzione e controllo costante dei fattori di rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori mediante: • la programmazione delle attività di prevenzione; • l'informazione, la formazione e la consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti; • l'organizzazione di un servizio di prevenzione e protezione. In tale quadro assumono particolare rilievo alcune nuove figure quali il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il rappresentante dei lavoratori della sicurezza e il medico competente. Nel settore agricolo, il DLgs. 626/94, si applica alle aziende dove sono presenti: • lavoratori a tempo indeterminato; • lavoratori a tempo determinato; • soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto. IL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE ED IL RESPONSABILE DELLA SICUREZZA Il servizio di prevenzione e protezione partecipa attivamente alle varie fasi di organizzazione e gestione della sicurezza, individuando: • i fattori di rischio presenti in azienda; • le misure di sicurezza da adottare. Inoltre, supporta il datore di lavoro: • ad elaborare il documento relativo alla valutazione dei rischi; • a programmare l'informazione e la formazione dei lavoratori. 17 Il datore di lavoro, nell'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione può far ricorso a dipendenti dell'azienda o a persone e servizi esterni alla stessa. Inoltre, deve nominare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (responsabile della sicurezza) che può essere o un dipendente dell'azienda o un tecnico esterno alla stessa, in ambedue i casi il responsabile del servizio deve possedere attitudini e capacità adeguate ed il nominativo deve essere comunicato all'Ispettorato del lavoro e al Dipartimento di Sanità Pubblica dell'Azienda Sanitaria Locale competente per territorio. Inoltre, il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti del servizio di protezione e prevenzione, nel caso in cui sia titolare di azienda agricola fino a 10 dipendenti a tempo indeterminato. Si sottolinea, inoltre, che è richiesta anche un'attestazione di frequenza ad un corso di formazione in tema di sicurezza, che sarà obbligatoria solo per i datori di lavoro che hanno assunto in proprio i compiti del servizio di prevenzione e protezione dopo il 1.1.97. IL MEDICO COMPETENTE Il compito del medico competente è principalmente quello di effettuare la sorveglianza sanitaria prevista dalla normativa; il datore di lavoro quindi deve nominare il medico competente, con specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori o altre specializzazioni individuate con apposito decreto del Ministero della Sanità. La nomina del medico competente non deve essere comunicata agli organi di vigilanza. Il medico competente può essere: • dipendente da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con il datore di lavoro; • libero professionista; • dipendente del datore di lavoro. 18 LAVORATORI ED IL RAPPRESENTANTE DELLA SICUREZZA (RLS) Il rappresentante per la sicurezza deve essere eletto o designato dai lavoratori in tutte le aziende, egli deve ricevere una formazione adeguata ed i suoi principali compiti sono propositivi e consultivi. Egli “non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della sua attività”. La normativa non attribuisce responsabilità e sanzioni, a carico del datore di lavoro, circa la mancata nomina di questa figura; ciò nonostante è opportuno che il datore di lavoro formalizzi una nota interna, a firma sua e dei lavoratori, in cui gli stessi sono informati di quanto previsto dagli articoli n°18 e n°19 del DLgs. 626/94 circa le attribuzioni del Rappresentante per la Sicurezza e nella quale prende atto dell'eventuale mancata nomina. LA RIUNIONE AZIENDALE SULLA SICUREZZA E’ un momento di incontro tra tutti quelli che debbono occuparsi di sicurezza in azienda. Lo scopo è di approvare: • il Documento di valutazione dei rischi; • i dispositivi di protezione individuale (DPI); • i programmi di informazione e formazione dei lavoratori (eseguiti e previsti per il futuro). Devono parteciparvi: • il datore di lavoro o un suo rappresentante; • il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione; • il Rappresentante dei Lavoratori; • il Medico Competente (ove nominato). Nelle aziende che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro è obbligato a indire, almeno una volta all'anno, la riunione sulla sicurezza, ed inoltre, è tenuto a scrivere il verbale della riunione ed allegarlo al Documento di valutazione dei rischi. 19 L'INFORMAZIONE DEI LAVORATORI L'informazione deve raggiungere ciascun lavoratore in misura adeguata alla sua mansione, alla sua cultura, alla sua capacità di comprensione. L'obiettivo è che il lavoratore abbia consapevolezza dei rischi legati alla mansione specifica e all'intero ciclo produttivo dell'impresa, in modo da migliorare le condizioni generali di sicurezza. Ecco perché l'informazione dei lavoratori è richiamata dalla legislazione in tutti i passaggi importanti e delicati: a proposito delle attrezzature di lavoro, della movimentazione dei carichi, del rumore, degli agenti cancerogeni e biologici, ecc. LA FORMAZIONE E L'ADDESTRAMENTO DEI LAVORATORI La formazione deve essere assicurata a tutti i lavoratori in modo sufficiente e adeguato in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni. Deve essere effettuata, inoltre: • all'assunzione; • in occasione di trasferimento o cambiamento di mansioni; • in caso di introduzione di nuove attrezzature di lavoro o nuove tecnologie e nuove sostanze e preparati tali da cambiare il panorama del rischio; • in caso di utilizzo di dispositivi di protezione individuale classificati di terza categoria, cioè quelli di progettazione complessa destinati a salvaguardare da rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente (art. 4 del D.Lgs n.475/92). C'è, inoltre, una formazione riservata agli addetti incaricati del pronto soccorso, della lotta antincendio e dell'evacuazione (per i contenuti e l'organizzazione della quale va consultato il rappresentante della sicurezza). La formazione, in questo caso, assume valore di vero e proprio addestramento, con l'attuazione di periodiche prove pratiche di intervento sul campo. 20 La formazione del lavoratore è a carico del datore di lavoro e va effettuata durante l’orario di lavoro e finalizzata al miglioramento continuo dell’organizzazione dei processi lavorativi e di sicurezza. DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI Cosa deve essere compreso nel documento valutazione? ⇒ una relazione sulla valutazione dei rischi, effettuata nei vari ambienti o posti di lavoro, comprendente i criteri adottati per la sua definizione; ⇒ descrizione delle misure di prevenzione e protezione individuate, in coerenza con i risultati della valutazione dei rischi; ⇒ la programmazione di interventi integrati di prevenzione e protezione (tecnica, organizzativa, sanitaria), che si intende eventualmente attuare al fine di completare e/o ottimizzare la tutela della sicurezza e della salute. Tutto ciò viene raccolto in una relazione (Documento di valutazione dei rischi), che seppur semplice ed essenziale, deve permettere: 1. al datore di lavoro una corretta gestione nel tempo dei problemi evidenziati e delle soluzioni individuate; 2. agli organi di controllo di verificare il lavoro di valutazione svolto, quindi di avere un quadro di come l'azienda tutela la salute e la sicurezza dei propri lavoratori. Il documento di valutazione deve essere predisposto dal datore di lavoro, con la collaborazione del Servizio di Prevenzione e Protezione del Medico competente se previsto, e con il coinvolgimento del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Il Documento della Sicurezza è una relazione scritta che deve contenere quantomeno: • l'identificazione dell'azienda o della unità produttiva; • la descrizione del ciclo lavorativo ed il numero degli addetti alle lavorazioni svolte; 21 • l'identificazione delle sorgenti di rischio e l'individuazione dei rischi di esposizione; • le misure di sicurezza adottate; • il programma degli interventi migliorativi. In particolare il programma degli interventi migliorativi dovrà prevedere: • le misure di sicurezza e protezione da porre in atto; • le azioni di formazione e informazione da realizzare; • un piano per la revisione periodica del processo di valutazione dei rischi in relazione alla variazione dei cicli lavorativi o all'azione di controllo (registro). Il "Documento" deve rimanere nella sede dell'Azienda, a disposizione degli enti pubblici incaricati dei controlli in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonché del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza e del Medico competente (ove previsto). Il datore di lavoro delle aziende che occupano fino a 10 addetti, in alternativa al documento di valutazione, può autocertificare per iscritto l'avvenuta valutazione dei rischi presenti in azienda e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati. SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI CONTRO I RISCHI DERIVANTI DA AGENTI CHIMICI Il D.Lgs 02/02/02 n.25 recepisce una norma comunitaria europea, che stabilisce i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori dai rischi chimici presenti sul luogo di lavoro. Le nuove norme valgono in tutti i luoghi dove sono presenti agenti chimici pericolosi, ai sensi dei decreti n.52/97 (sostanze) e n.285/98 (preparati). In sostanza al titolo VII del D.Lgs 626/94 viene aggiunto un apposito “Titolo VII-bis Protezione da Agenti Chimici”. Sono compresi negli agenti chimici: - Quelli classificati come sostanze pericolose (D.Lgs 03/02/1997 n.52), escluse le sostanze pericolose solo per l’ambiente; - Quelli classificati come preparati pericolosi (D.Lgs 16/07/1998 n. 285); - Tutti gli agenti chimici che, pur non classificati pericolosi, possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimiche, chimico-fisiche o tossicologiche e di modalità di utilizzo o presenza sul luogo di 22 lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione. Le attività rientranti nel decreto sono tutte quelle in cui gli agenti chimici sono utilizzati, o in cui se ne preveda l’utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compreso la produzione, la manipolazione, l’immagazzinamento, il trasporto o l’eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino dall’attività lavorativa. Effettuando la valutazione prevista dall’ art. n.4 del D.Lgs 626/94, il datore di lavoro preliminarmente, determina l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro ed i relativi rischi connessi per la sicurezza e salute dei lavoratori prendendo in considerazione: la pericolosità e tossicità, ulteriori informazioni fornite dalla scheda tecnica di sicurezza allegata al prodotto dal produttore o fornitore, il tipo e la durata dell’esposizione e il quantitativo di prodotto utilizzato. Verranno altresì tenuti in considerazione, i valori limite di esposizione o i valori limite biologici (vedi all. n.VIII° ter e VIII° quater del D.Lgs n. 25 del 02/02/02), eventuali riferimenti di sorveglianze sanitarie già intraprese e gli effetti delle misure preventive e protettive da adottare. Nella valutazione dei rischi derivanti dall’uso degli agenti chimici, il datore di lavoro deve indicare le misure generali per la prevenzione degli stessi (vedi elenco riportato nel D.Lgs n. 25 del 02/02/02) e determinare conseguentemente il livello di rischio della sua attività lavorativa. Le attività possono essere divise in due grandi classi “A” e “B”. - Classe “B”: presenza di rischi considerabili “Moderati” - Classe “A”: presenza di rischi superiori a quelli considerati “Moderati”. Agli artt. 72-quinquies (ex 60-quinquies), comma 2 e 72-octies (ex 60-octies), viene riportato il concetto di rischio “moderato”; entro tre mesi lo stesso dovrà essere definito da un decreto ministeriale aggiuntivo. Se il rischio risulta essere “moderato” (non si applicano gli articoli successivi riguardanti misure specifiche di protezione e prevenzione. Se necessario queste ultime saranno invece applicate con il seguente ordine di priorità: - adozione di processi lavorativi e materiali adeguati - protezione collettiva alla fonte del rischio - uso dei dispositivi di protezione individuale - sorveglianza sanitaria In ogni caso rimane comunque l’obbligo di informare e formare i lavoratori con modalità proporzionate alla natura e pericolosità dell’agente chimico utilizzato. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 12 e 13 del D.Lgs 626/94 e dal D.M. 10.03.98, il datore di lavoro predispone procedure di intervento in caso di incidenti o di 23 emergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, comprendendo esercitazioni di sicurezza. Il Ministero del Lavoro emanerà alcuni Decreti al fine di agevolare le fasi della valutazione del rischio di livello moderato; il datore di lavoro dovrà in ogni caso effettuare la valutazione, se, trascorsi n.45 gg dalla pubblicazione del presente Decreto, non faranno seguito gli approfondimenti sopra citati. Il D.Lgs n. 25 del 02/02/02 già in vigore, pone in capo ai datori di lavoro l’obbligo di adeguarsi entro il 23 giugno 2002 . 24 Schema funzionale del sistema di valutazione del rischio nei depositi frigoriferi Identificazione pericoli Figure professionali Ambienti Valutazione di esposizione dei rischi Altri rischi Rischio Infortunistico antiparassitari Macchine agricole altri agenti chimici attrezzature varie agenti biologici strutture fisse rumore impianti elettrici vibrazione microclima movimentazione carichi DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI Scheda individuale di rischio Registro esposti Programma Programma sorveglianza di accertamenti ambientali sanitaria Interventi riduzione rischi uso D.P.I. programma informazione e formazione 25 Operatori: TIPO DI ATTIVITA’ Intervento piano mirato di comparto Chimico Data sopralluogo: COMMITTENZA Iniziativa di servizio Fisico Industria Agricoltura RISCHI PRESENTI Biologico SETTORE Artigianato Commercio Infortunistico Altro VERBALI Con prescrizioni Con disposizioni Notizie di reato Violazioni data data data numero Ragione sociale timbro Sede legale dell’azienda Luogo ispezionato Numero di dipendenti (OTI;OTD stag.) Datore di Lavoro • Tipo di attività 1) Magazzino ortofrutticolo 2) Stabilimento di trasformazione 3) Altro ………………………………………. • Prodotto stoccato ………………………………………………………………… • Viene eseguito stoccaggio di materiale con utilizzo di tecnica del freddo ? SI NO • Quale fluido frigorifero viene utilizzato • In azienda viene stoccato del prodotto fitosanitario? • E’ presente un deposito fitosanitario autorizzato? • Se non è presente un deposito autorizzato, i prodotti fitosanitari (MT, T, N o altri ) sono mantenuti e separati mediante vetrinette o scaffalature chiuse a chiave, lontano da generi alimentari o mangimi? SI NO • Vengono eseguiti trattamenti Post-raccolta? AMMONIACA ALTRO (VEDI SCHEDE 1-2) (VEDI SCHEDA 1) SI NO SI (VEDI SCHEDA 3) SI NO (VEDI SCHEDA 3) 26 Servizi OBBLIGHI GENERALI AL DL626/94 • E’ tenuto un registro infortuni ? SI NO • E’ stato formalmente organizzato il SPP? SI NO totalmente esterno? • totalmente interno? SI E’ stato designato il RSPP? Nominativo ……………………………………………….. esterno? • Misto? NO in data ……………………. interno a tempo pieno ? datore di lavoro? Con quale procedura si informa, i lavoratori, sui rischi che si possono avere all’interno nell’azienda ? ………………………………………………………………………………… • E’ stato fatto un documento di valutazione dei rischi ? Autocertificazione SI NO SI NO SI NO Tale documento viene aggiornato ? • Sono stati frequentati dei corsi sul DL626/94? • Quali …………………………………………………………………………………………… • E’ stato formalmente nominato RLS? SI NO • Mansione del RLS ……………………………………………………………………………. • E’ stato formalmente nominato il medico competente? SI NO • Per l’attività vengono utilizzati dei carrelli elevatori? SI NO (VEDI SCHEDA 4) • Quanti ? ………… elettrici………….. • Vengono disposte e fatte rispettare regole di circolazione per le attrezzature che manovrano in una zona di lavoro? (D.L.vo 359/99 art. 2 ) SI NO • Vengono adottate misure organizzative e tecniche atte ad evitare che i lavoratori a piedi subiscano danni, qualora si trovino in zone di attività di attrezzature semoventi? (D.L.vo 359/99 art. 2 ) SI NO a combustione interna ………….. • Il trasporto e la commercializzazione del prodotto lavorato e non, come viene realizzato? ……………………………………………………………………………………………….……… ……………………………………………………………………………………………………… • Sono distinte le zone di carico e scarico? SI NO 27 SCHEDA 1 Documentazione per le attività in sicurezza Presso gli stabilimenti deve essere sempre presente la seguente documentazione completa di allegati tecnici. Impianto elettrico Documento Riferimento legislativo E’ stata presentata, all’A.U.S.L. / ISPESL di D.P.R. 547/55 art. 328 Forlì, denuncia dell’impianto di messa a terra Mod.B? E’ stata presentata la Dichiarazione di D.P.R. 462/02 Art. 2 conformità all’ISPESL e all’A.U.S.L. di Forlì (U.O.I.A.) entro 30 giorni dalla messa in esercizio dell’impianto? Vengono eseguite le verifiche periodiche D.P.R. 547/55 Art.328 dell’impianto di messa a terra da parte dell’ D.P.R. 462/02 A.U.S.L. di Forlì o altri Organismi? Art. 4 L’installatore ha rilasciato la Dichiarazione Legge 46/90 di Conformità dell’impianto elettrico? Limite di applicabilità attività soggetta a controllo D.Lgs 626/94 Per impianti realizzati prima del 23.01.02 attività soggetta a controllo D.Lgs 626/94 Per impianti realizzati dopo il 23.01.02 attività soggetta a controllo D.Lgs 626/94 SI NO Non applicabile Limite di applicabilità superficie magazzino >1000 mq azienda con > 10 addetti SI NO Non applicabile Riferimento legislativo D.Lgs 626/94 SI NO Non applicabile impianti realizzati dopo il 13/3/90 Prevenzione incendi Documento E’ stato rilasciato dal Comando dei Vigili del Fuoco il certificato prevenzione incendi? E’ stato elaborato il piano per la gestione dell’emergenza in caso di incendio? Riferimento legislativo D.M. 16/2/82 D.M. 10/3/98 All.8 Dispositivi di protezione individuale Dispositivo Sono a disposizione dei lavoratori mezzi di protezione individuali idonei, in relazione al tipo di attività svolta? 28 SCHEDA 2 Sicurezza frigoriferi ad ammoniaca Documentazione Presso gli impianti funzionanti ad ammoniaca deve essere sempre presente la seguente documentazione completa di allegati tecnici. Documento Riferimento legislativo E’ stata rilasciata dal Sindaco R.D. 9/1/1927 N°147 l’autorizzazione all’utilizzo dell’ammoniaca? Limite di applicabilità per quantità di ammoniaca > 75 Kg. Sono disponibili in azienda i libretti ANCCR.D. almeno un apparecchio con ISPESL per gli apparecchi a pressione? 12/5/1927 N° 824 vol. > 1000 litri Vengono eseguite le verifiche periodiche R.D. almeno un apparecchio con degli apparecchi a pressione.da parte 12/5/1927 N° 824 vol. > 1000 litri * dell’A.U.S.L. di Forlì? E’ stata presentata all’A.U.S.L. di Forlì la Norma CEI quantitativi di 64/2 denuncia delle installazioni elettriche in ammoniaca D.M. 10/6/80 > 200 Kg. luoghi con pericolo di esplosione Mod.C.? e per impianti realizzati prima del 23.01.02 E’ stata presentata la Dichiarazione di D.P.R. 462/02 attività soggetta Art. 5 Conformità all’A.U.S.L. di Forlì (U.O.I.A.) a controllo D.Lgs 626/94 entro 30 giorni dalla messa in esercizio Per impianti dell’impianto? realizzati dopo il 23.01.02 Sono eseguite le verifiche periodiche delle D.P.R. 547/55 quantitativi di art. 336 installazioni elettriche in luoghi con pericolo ammoniaca > 200 Kg di esplosione.da parte dell’A.U.S.L. di Forlì D.P.R. 462/02 Art.6 o altri Organismi? SI NO Non applicabile * l’apparecchio di dimensioni maggiori è generalmente il separatore. Responsabili Figure che debbono essere individuate presso ogni impianto Figura da individuare Riferimento Titolare dell’autorizzazione ad utilizzare il gas tossico ammoniaca. R.D. 9/1/1927 N°147 Nominativo Direttore tecnico dei servizi relativi all’impiego come sopra art.6 del gas tossico. laureato in chimica Personale provvisto di patente di abilitazione R.D. 9/1/1927 N° patentati: N°147 all’impiego del gas tossico. Manutenzione Documento E’ stato stipulato un contratto di manutenzione con una ditta specializzata con reperibilità in caso di guasto? Riferimento legislativo disposizione commissione gas tossici Limite di applicabilità per attività con meno di 3 patentati SI NO Non applicabile 29 Mezzi di protezione Dispositivi generici per addetti alla manipolazione dell’NH3 Sono disponibili dispositivi di protezione individuali per il corpo, mani, piedi , testa? Riferimento legislativo DLgs. 626 art. 45 Sono presenti in azienda delle docce di emergenza e lava occhi in caso di investimento da NH3? DPR 547/55 art. 367 Dispositivi di protezione per le vie respiratorie Sono disponibili maschere a facciale con filtro specifico? Riferimento legislativo DLgs 626 UNI 8011 Sono disponibili dispositivi autoprotettori delle vie respiratorie da utilizzare in caso di emergenza? Dlgs 626 UNI 8011 SI Limite di applicabilità concentrazione di NH3 < 2% in volume N°app X Kg NH3 n°1 se <500 Kg n°2 se >500 Kg NO SI Non applicabile NO Requisiti minimi impianto frigorifero Dispositivi E’ prevista un’idonea illuminazione di emergenza che consenta l’evacuazione del personale e le manovre di emergenza? L’impianto è dotato di un numero adeguato di valvole di intercettazione atte ad isolare determinati tratti di impianto? Esiste uno schema dell’impianto frigorifero con indicati i dispositivi di intercettazione della NH3? I dispositivi di contrassegnati? intercettazione della NH3 sono Riferimento legislativo Dlgs 626 art 33 UNI 8011 DPR 547/55 art. 245 SI NO Non applicabile SI NO Non applicabile UNI 8011 7.1.1.2 UNI 8011 5.4.5.4 Gli evaporatori sono dotati dei necessari requisiti di resistenza e stabilità se installati a sbalzo? DPR 547/55 art. 374 Le valvole di intercettazione dell’ NH3 sono accessibili in sicurezza in caso di emergenza? DM 10/3/98 all. 8° Gestione emergenze Adempimento Sono state impartite delle istruzioni per la messa in sicurezza degli impianti? Riferimento legislativo DM 10/3/98 Sono apposte delle planimetrie che indichino le vie di evacuazione? DM 10/3/98 Sono apposte delle planimetrie di dettaglio con l’indicazione delle intercettazioni principali degli impianti? (elettrici, NH3, ecc.) DM 10/3/98 30 SCHEDA 3 DEPOSITI DEI PRODOTTI FITOSANITARI PARTE A DEPOSITI DEI PRODOTTI FITOSANITARI AUTORIZZAZIONE (DPR 1255/68 art. 9 -D.P.R. 290/01 art. 21) N° …….. del …………… • I prodotti fitosanitari autorizzati sono conservati ed impiegati correttamente dagli utilizzatori in conformità a tutte le indicazioni e le prescrizioni riportate in etichetta? ( D.L.vo 194/95 art. 3 comma 3, lettera C.) SI NO • Nominativo dei preposti al deposito e alla vendita : ………………………………………… • Il deposito è provvisto di Certificato di Prevenzione Incendi? SI NO • Oltre 500 ql. di prodotto fitosanitario e concime stoccato è OBBLIGATORIO il Certificato di Prevenzione Incendi (DM16/2/82, punto 60) PARTE B Caratteristiche dei locali (Circolare n. 15 del 30/4/93 ) I locali sono situati a piano terra o comunque in un area con accesso diretto SI all’esterno? Il locale dei prodotti fitosanitari e coadiuvanti classificati MT –T-N ( ex I°-II°) è distinto e chiuso a chiave dal locale da altri prodotti (ex III°-IV°) ; Nei piccoli locali di vendita la separazione può essere realizzata anche mediante vetrinette chiuse a chiave L’altezza minima è di 3m Le pareti sono trattate con pittura idrorepellente fino ad un altezza massima di stoccaggio Il pavimento è impermeabile e privo di fessurazioni ed è provvisto di un sistema a tenuta per la raccolta delle acque Vi è un adeguato sistema di areazione naturale? Vi è un adeguato sistema di areazione artificilale atto a garantire 4/6 ricambi ora del volume totale dell’aria? Vi è un punto dove viene erogata dell’acqua e sono presenti prodotti assorbenti per la bonifica (sabbia, segatura, farina fossile, bentonite) E’ vietato l’uso di stufe elettriche e bruciatori a gas, la temperatura dei locali deve essere tale da non compromettere la sicurezza dei prodotti immagazzinati? Le confezioni dei presidi sanitari sono tenute su appositi scaffali, non a contatto diretto con pareti e pavimenti? NO 31 PARTE C Mezzi di protezione individuale Gli addetti alla manipolazione dei prodotti fitosanitari sono dotati di DPI (occhiali, guanti ,stivali, grembiule o tuta gommata, maschera a facciale intero con filtro combinato per polveri e vapori organici)? E’ formalizzato un programma di intervento in caso di rottura di contenitori o di spandimento di preparati pericolosi? (NB) L’addetto deve indossare idonei DPI (maschera facciale, guanti, stivali, grembiuli, ecc) in relazione al concreto pericolo e procedere alle operazioni di bonifica. 1) In caso di fuoriuscita di liquidi occorre assorbire su inerte (farina fossile o bentonite) e raccogliere in un contenitore adeguato. 2) In caso di spandimento di polvere occorre raccogliere direttamente e travasare in un contenitore adeguato. In entrambi i casi il materiale raccolto, essendo considerato rifiuto speciale o tossico o nocivo, deve essere stoccato e smaltito secondo quanto previsto dalle vigenti legislazioni. I mezzi di protezione individuale sono conservati in appositi armadietti, posti in prossimità del deposito? E’ presente nelle immediate vicinanze una doccia lavaocchi, doccia e lavandino con comando a pedale? E’ stata data informazione sulle misure di emergenza sui rischi inerenti alla seguente attività ? E’ presente una cassetta di pronto soccorso? In prossimità dell’apparecchio telefonico sono tenuti affissi i numeri telefonici del centro antiveleni e guardia medica e presidio ospedaliero più prossimo? PARTE D SI NO SI NO Stoccaggio e movimentazione I prodotti contenuti nei sacchi devono essere stoccati in scaffalature oppure pile ad altezza limitata Deve essere prevista una segnaletica che identifichi la natura dei rischi connessi ai prodotti stoccati Devono essere presenti informazioni e le norme comportamentali attinenti alla movimentazione, allo stoccaggio e alle procedure adottate in caso di emergenza Gli imballaggi deteriorati o danneggiati devono essere stoccati, prima dello smaltimento, in recipienti a tenuta idoneamente etichettati 32 SCHEDA 4 Sicurezza carrelli elevatori Requisiti minimi Dispositivi La portata del carrello elevatore è adeguata al tipo di lavoro da eseguire Riferimento legislativo DPR 547/55 art. 168 Il carrello è dotato di rete o lastra anticesoiamento fissata sui montanti di sollevamento del carico o sulla parte frontale della cabina DPR 547/55 art. 182 Il carrello è dotato di tettuccio di protezione del posto di guida, contro le cadute di materiale dall’alto DPR 547/55 art. 182 Il carrello è dotato di dispositivo contro la discesa del carico, in caso di mancanza della forza motrice DPR 547/55 art. 174 I comandi del carrello sono protetti contro l’azionamento accidentale DPR 547/55 art. 183 Il sedile del posto di guida è fissato saldamente al telaio del carrello* DPR 547/55 art. 374 SI NO * nel caso che il sedile sia fissato al cofano di copertura del vano motore o batterie quest’ultimo dovrà essere fissato saldamente al telaio del carrello. Manutenzione ed adeguamenti Procedura I mezzi sono sottoposti a regolare manutenzione al fine di garantirne l’efficienza nel tempo in particolare dei dispositivi di sicurezza Riferimento legislativo DPR 547/55 art. 374 SI NO Se i carrelli sono utilizzati per il sollevamento di persone, questo avviene solamente utilizzando idonei accessori I lavoratori provvedono a segnalare al responsabile delle manutenzione ogni eventuale anomalia riscontrata nell’utilizzo del mezzo D.Lgs 626/94 art. 39 Per i carrelli messi a disposizione dei lavoratori prima del 5/12/98 è previsto l’adeguamento entro il 05/12/2002 per prevenire i rischi di schiacciamento in caso di ribaltamento D.Lgs 626/94 art. 36 ** modificato da D.Lgs 359/99 ** I carrelli elevatori devono essere sistemati o attrezzati in modo da limitare i rischi di ribaltamento ad esempio: installando una cabina per il conducente, mediante una struttura atta ad impedire il ribaltamento, mediante una struttura concepita in modo da lasciare in caso di ribaltamento uno spazio tra il suolo e le parti della macchina, mediante una struttura che trattenga il lavoratore sul sedile. 33 Utilizzo dei carrelli elevatori Uso del carrello Gli operatori addetti all’uso del carrello hanno ricevuto una formazione ed un addestramento specifico che li metta in grado di utilizzare tale mezzo in modo idoneo e sicuro Vie di circolazione Sono disposte e sono fatte rispettare regole di circolazione per carrelli che manovrano in zone di lavoro? Nelle vie di circolazione è previsto uno spazio sufficiente per il passaggio dei pedoni? Carrelli con motore diesel Se sono utilizzati in locali chiusi, lo scarico è dotato di un dispositivo ossidante dei prodotti della combustione? Nei locali chiusi, dove vengono utilizzati questi mezzi, sono garantiti sufficienti ricambi d’aria tali da garantire la salute dei lavoratori? Ricarica batterie Riferimento legislativo D.Lgs 626/94 art. 38 Riferimento legislativo D.Lgs 626/94 art. 35 mdif. da D.Lgs 359/99 D.Lgs 626/94 art. 33 Riferimento legislativo Dlgs 626/94 I locali, dove avviene la ricarica delle batterie dei carrelli a trazione elettrica, sono ben ventilati? Gli operatori, addetti alla ricarica delle batterie, hanno ricevuto una formazione ed un addestramento specifico? D.Lgs 626/94 art. 38 Gli operatori, addetti alla ricarica delle batterie, hanno in dotazione idonei dispositivi di protezione personale? (guanti e occhiali anti acido) DLgs 626/94 Se, eccezionalmente, i carrelli sono utilizzati per il sollevamento di persone, sono utilizzati mezzi e/o attrezzature idonee tali da garantire un adeguato livello di sicurezza della persona sollevata? SI NO NO SI NO non applicabile SI NO non applicabile SI NO non applicabile DLgs 626/94 modificato da DLgs 359/99 Riferimento legislativo DPR 547/55 art. 303 Sollevamento persone SI Riferimento legislativo DPR 547/55 art. 184 modificato da DLgs 359/99 34 AZIENDA U.S.L. di CESENA DIPARTIMENTO DI SANITA’ PUBBLICA Via M. Moretti, 99 – 47023 CESENA Tel. 0547/352052 – Fax 0547/304719 e-mail: [email protected] REGIONE EMILIA ROMAGNA SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE 35