VOLONTARIA GIURISDIZIONE DI MASSIMO MASTRODONATO PARTE PRIMA 1 CAPITOLO PRIMO 1.NOZIONE E PRINCIPI GENERALI 1.1.DEFINIZIONE: il legislatore non dà una definizione di cosa debba intendersi per volontaria giurisdizione limitandosi a prevederne la disciplina negli artt.737 e seguenti del cpc ( rubricato “dei procedimenti in camera di consiglio”). E’ stato pertanto compito della dottrina provvedere alla sua individuazione; in particolare la nozione comunemente accolta è quella di “attività del giudice volta a gestire un negozio od affare di diritto privato per la cui realizzazione è necessario l’esame dello stesso da parte di un terzo imparziale.” 1.2.NATURA GIURIDICA: relativamente alla natura giuridica della volontaria giurisdizione tre sono le tesi che si contendono il campo: - Teoria dell’attività giurisdizionale: tale tesi si basa essenzialmente sulla qualità del soggetto che emana il provvedimento; essendo questo adottato dal giudice la relativa attività dallo stesso posta in essere non può che essere giurisdizionale (Carnelutti). Si tratterebbe di una giurisdizione di carattere preventivo volta a prevenire una violazione di legge, mentre quella contenziosa ha carattere successivo e sanzionatorio. - Teoria del tertium genus: tale tesi sostiene l’impossibilità di inserire la volontaria nell’ambito della giurisdizione ovvero nell’ambito dell’amministrazione e ciò in quanto essa si differenzierebbe: dalla giurisdizione: perché non presuppone una lesione di un diritto soggettivo e un conflitto tra parti dall’amministrazione: perché posta in essere da un organo giurisdizionale - Teoria dell’attività amministrativa anche se soggettivamente giurisdizionale: la maggioranza degli interpreti (Mazzacane, Santarcangelo, Jannuzzi) ritiene che la volontaria giurisdizione rientri nell’ambito dell’attività amministrativa ed in particolare dell’amministrazione pubblica del diritto privato. Nello specifico essa si caratterizza sia dal punto di vista oggettivo per la mancanza di controversie da dirimere sia da quello soggettivo perché affidata alla competenza dei giudici;esiste solo un’attività di controllo,di assistenza e integrazione dell’attività dei privati in cui si individua l’interesse generale da tutelare. 2.CARATTERI DISTINTIVI TRA GIURISDIZIONE CONTENZIOSA E VOLONTARIA: Le peculiarità della v.g. sono le seguenti: non contenziosità: il procedimento di v.g. non presuppone un conflitto tra parti essendo unico l’interesse da tutelare. non coattività: il provvedimento di v.g. non ha carattere sanzionatorio c)revocabilità: in base alle modificazioni delle condizioni esistenti al momento della pronuncia del provvedimento. La norma da prendere in considerazione è l’art.742 c.p.c. il quale prevede la revocabilità e la modificabilità dei decreti in “ogni tempo”;ciò significa che il provvedimento mentre passa in cosa giudicata formale non è suscettibile di acquisire l’efficacia di cosa giudicata in senso sostanziale come invece avviene nel procedimento contenzioso. d) Formalismo: la v.g. presenta un formalismo suo proprio tanto con riferimento al procedimento quanto in relazione all’istanza ed al relativo provvedimento;in particolare: - procedimento: Il procedimento è regolato dagli art.737 e seguenti cpc inserito nel capo VI riguardante le disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio. Essa è una forma d’udienza segreta con radicale esclusione di quella pubblica;è un semplice processo di istruzione nel quale manca il contraddittorio tra le parti. Si tratta di una procedura 2 più rapida e snella che non è destinata ad incorrere nelle lungaggini delle fasi del procedimento contenzioso. - istanza: l’atto introduttivo ha sempre la forma del ricorso - provvedimento: il provvedimento conclusivo assume generalmente la forma del decreto;talvolta può consistere in una ordinanza(es. fissazione dei termini art.481,ex art.749 cpc) o in una sentenza (si pensi alla pronuncia di interdizione o alla dichiarazione di assenza). In ogni caso provvedimenti del giudice tutelare sono emessi sempre per decreto. 3.PROCEDIMENTO: 3.1. INIZIATIVA: - definizione: l’iniziativa ( o legittimazione) può essere definita come il potere del soggetto di adire il giudice e di provocarne la decisione in ordine alla questione ad esso sottoposta. - titolarità: essa indica la spettanza del potere di iniziativa ad un determinato soggetto; può assumere diverse configurazioni: a)esclusiva: quando spetta ad un solo soggetto, la cui inerzia non è pertanto sanabile. (es.181/2/3) b)plurima: quando viene attribuita a più soggetti; essa va ulteriormente distinta in: b1) congiuntiva: quando il potere deve necessariamente essere esercitato da tutti i titolari congiuntamente (es.320) b2) alternativa: quando ciascun legittimato può agire individualmente (art.321) b3) successiva: quando è previsto un ordine di preferenza tra i legittimati d’ufficio: quando il giudice può iniziare il procedimento ed emettere il relativo provvedimento a prescindere da un’istanza di parte.(es.artt.336/346) Problema: la legittimazione spetta anche all’incapace? In genere no, in forza dell’art.75 c.p.c. poiché non ha il libero esercizio dei diritti richiesto dalla norma de qua; solo in casi particolari gli è riconosciuto il potere di adire il giudice, ad esempio nel caso contemplato dall’art.321 cod.civ. Vedi ora l’amministrazione di sostegno 3.1.1. Lo ius postulandi del notaio: L’art.1 della legge 13 febbraio 1913 n.89 (cd. legge notarile) prevede testualmente la facoltà per il notaio di sottoscrivere e presentare ricorsi relativi agli affari di volontaria giurisdizione riguardanti le stipulazioni a ciascuno di essi affidate dalle parti. Nonostante la chiara dizione legislativa sia nel senso della mera facoltatività, la dottrina prevalente (MSJ) ritiene che il notaio sia in realtà obbligato alla redazione e presentazione del ricorso e ciò alla luce del disposto dell’art.1708 cod.civ. relativo al mandato; pertanto qualora il notaio rifiuti la propria opera potrà incorrere nella sanzione prevista dall’art.27 legge notarile. Legittimazione: affinché il potere del notaio possa essere esercitato è necessario che questi riceva un incarico dalla parte; infatti il notaio, pur essendo titolare del relativo potere, non può tuttavia esercitarlo fintanto che non vi sia una richiesta dai soggetti interessati. Dalle considerazioni sopra svolte emerge pertanto che il notaio non abbisogni di alcuna procura( diversamente da quanto accade per l’avvocato) poiché esercente un proprio potere; sarà pertanto sufficiente la cd “autoattestazione” in principio del ricorso. Nella pratica tuttavia il notaio è solito far controfirmare il ricorso anche agli interessati in funzione di espressa accettazione della propria opera. Collegamento provvedimento-atto da stipulare:la legge richiede che tra provvedimento e atto da stipulare sussista un collegamento - diretto: il provvedimento deve essere strumentale alla stipula dell’atto 3 oggettivo: il collegamento deve sussistere tra atto e provvedimento e non tra quest’ultimo ed il notaio. Un collegamento di carattere soggettivo potrà sussistere esclusivamente nell’ipotesi in cui il giudice abbia disposto nel provvedimento che l’atto debba essere rogato esclusivamente dal notaio richiedente. Competenza territoriale: si discute in dottrina se il notaio possa presentare ricorsi di v.g. anche ad organi giudiziari siti al di fuori del proprio distretto di competenza; al riguardo le tesi che si contendono il campo sono due: t1) teoria affermativa: è questa la tesi sostenuta dalla dottrina prevalente la quale evidenzia soltanto la necessità che il ricorso sia formato e sottoscritto dal notaio nel proprio distretto. t2) teoria negatrice: la dottrina nettamente minoritaria(Carusi) ritiene invece che tale possibilità sia preclusa al notaio alla luce dell’art.27 l.not. - 3.2. COMPETENZA: - definizione: la competenza può essere definita come quella frazione di giurisdizione spettante ad un determinato giudice con riferimento ad una determinata questione sottoposta al suo esame.(Mandrioli) - ripartizione: la competenza viene normalmente ripartita attraverso i tre criteri della materia, del territorio e del valore; nell’ambito della volontaria giurisdizione il legislatore usa prevalentemente i primi due (materia e territorio)con la quasi radicale esclusione del terzo (valore). Vediamo in particolare come essa si determina: A) PER MATERIA: può accadere che essa sia: - espressamente prevista: in tal caso nessun tipo di problema si pone. - non espressamente indicata: in siffatta ipotesi soccorre la norma dell’art.38 d.att.cod.civ. il quale prevede la competenza del Tribunale ordinario ove non diversamente disposto. B) PER TERRITORIO: anche per essa può accadere che sia: - espressamente prevista:in tal caso nulla quaestio; - non espressamente indicata: in tale caso, non essendovi una norma di chiusura analoga all’art.38 d.att. la questione si complica. Al riguardo sono state formulate diverse teorie; esporremo le principali: t1) teoria della competenza concorrente o generalizzata: tale tesi sostiene che ove il legislatore nulla disponga sarà competente per territorio ogni giudice competente per materia. t2) teoria della competenza del luogo dove si trovano i beni(cd forum rei sitae) t3) teoria della competenza del giudice del domicilio o della residenza della persona nel cui interesse è richiesto il provvedimento: tale tesi, decisamente prevalente, applica per analogia l’art.18 c.p.c. relativo al procedimento contenzioso. Problema: cosa succede se domicilio e residenza sono entrambi ignoti o all’estero? Punto di partenza sul quale tutti concordano è che non si possa utilizzare il criterio della dimora perché mancante dei caratteri della stabilità e della permanenza; ciò detto, diverse sono state le soluzioni proposte: - la dottrina prevalente e la giurisprudenza ritengono che in tal caso la competenza spetti al giudice della residenza del ricorrente (ossia colui che propone l’istanza) in applicazione analogica dell’art.18 cpc che è norma generale e residuale integrante il sistema lacunoso della competenza territoriale nella volontaria giurisdizione. (Cass. n.1588/’62 e Cass.n.2030/’76) - altra dottrina (Capozzi)utilizza il sistema dell’elezione di domicilio con apposito atto scritto per il determinato atto o affare ex art.47 c.c. Es italiani emigrati che vogliono acquistare per il figlio minore un immobile in Italia, rilasciano procura e nella stessa procura eleggono domicilio speciale nel luogo di domicilio del rappresentante. 4 - - altri ancora ritengono competente il Tribunale di Roma, per analogia la legge fiscale (art.6 d.lgs 346/90) che per dichiarazione di successione statuisce la competenza dell’ufficio del Registro del luogo di ultima residenza de cuius ovvero, se all’estero, quello di Roma. altri infine utilizzano il criterio ultimo domicilio noto in Italia degli interessati, per analogia con legge su adozione, ex art.29 bis comma secondo Legge n.184/83. .4 LE IMPUGNAZIONI (artt.739-742 cpc) I decreti e le ordinanze sono solo reclamabili o revocabili; viceversa le sentenze sono soggette ai normali mezzi di impugnazione, ossia appello, cassazione, revocazione ed opposizione di terzo. .4.1 IL RECLAMO: .1 Definizione: il reclamo è procedimento di 2° grado con cui un altro giudice riesamina un provvedimento non ancora definitivo, sia nel merito che legittimità. Il provvedimento del giudice del reclamo non è sua volta reclamabile, ma solo revocabile. .2 Competenza: lo iudex ad quem (quello del reclamo) è normalmente quello immediatamente superiore allo iudex a quo, anche se alcune materie sono regolate da norme specifiche. .3 Norme di riferimento: artt.38 comma quarto e 45 d.att c.c.; artt.341, 747-750 comma terzo c.p.c. .4 Caratteristiche: - esame da parte di altro giudice; - solo se provvedimento non definitivo; - solo se provvedimento è reclamabile Ricorda: il provvedimento non è reclamabile nei seguenti casi: - decorsi 10 giorni dalla comunicazione o notifica dello stesso; - se trattasi di provvedimento emesso in sede di reclamo; - se le parti hanno fatto acquiescenza - se la reclamabilità è esclusa dalla legge, ad esempio ex art.35 comma secondo della legge fallimentare; .5 Lo ius postulandi del notaio Discusso è se il notaio abbia o meno la competenza a presentare il reclamo; - la dottrina e giurisprudenza prevalenti optano per la soluzione positiva, muovendo dalla considerazione che il reclamo altro non è che un ricorso anche se al giudice di secondo grado. - altri sostengono la negativa sulla base di interpretazione letterale degli artt.1 l. not e 739 c.p.c. .6 Formula: .. reclamo avverso decreto emesso in data .. da .. n. .. con il quale si respingeva il ricorso .. Ricorda: Non chiedere l’efficacia immediata ex art.741 comma secondo, perché il decreto che decide sul reclamo la acquista ex lege. .4.2 LA REVOCA .1 Definizione: la revoca è modifica totale o parziale del provvedimento operata dallo stesso giudice che lo ha emesso. 5 .2 Competenza: stesso giudice che ha emesso il decreto. .3 Legittimazione: legittimati a chiedere la revoca sono tutti coloro che avrebbero potuto presentare il ricorso per il rilascio del provvedimento che si vuole revocare. Anche il Pm se era parte; non invece il terzo che può agire solo in via contenziosa. .4 Termini: la revoca, a termine, essendo pertanto provvedimento. differenza del reclamo, non è soggetta ad alcun sempre possibile ricorrere per la revoca di un .5 Caratteristiche: - competente stesso giudice, e non quello superiore; - anche per decreti e ordinanze definitivi, non reclamabili( ad esempio i decreti del presidente del tribunale), e i decreti di 2 grado, emessi a seguito di reclamo. Ricorda: non revocabili le sentenze. .6 Motivi: mentre in diritto amministrativo si distingue tra revoca (per vizi di merito e fatti sopravvenuti) e annullamento (per vizi di legittimità), in volontaria giurisdizione tale suddivisione non è operante, potendo comprendere la revoca anche la nozione di annullamento. Quindi la revoca potrà aversi sia per sopravvenuti motivi di opportunità che di legittimità. Esempio: se è stata rilasciata autorizzazione ad affittare l’azienda a persona che poi è stata dichiarata fallita ed il contratto non è ancora stato concluso, si può chiedere la revoca del provvedimento, e magari l’autorizzazione a vendere l’azienda ad altra persona che ha fatto offerta favorevole. .7 Effetti: per la dottrina prevalete la revoca ha effetti ex tunc diritti dei terzi in buona fede ex 742 cpc salvi i IMPUGNAZIONE IN SEDE CONTENZIOSA Oltre che con reclamo e revoca, è possibile impugnare il provvedimento in sede contenziosa, in via incidentale, se il provvedimento di volontaria giurisdizione è collegato al negozio oggetto della causa. La legittimazione spetterà in tal caso solo i terzi, e non anche le parti del procedimento autorizzatorio (ossia ad esempio i rappresentanti degli incapaci) perché essi avranno normali mezzi di impugnazione di volontaria giurisdizione (reclamo e revoca). Il giudice in sede contenziosa effettuerà una valutazione solo di legittimità e non di merito. 5. AUTORIZZAZIONE: 5.1.Definizione: l’autorizzazione può definirsi come quel provvedimento volto a rimuovere un limite di validità od efficacia per l’esercizio di un potere di cui il soggetto è già titolare. Quando: necessariamente preventiva; non ammissibile quindi un atto non autorizzato sotto la condizione sospensiva dell’autorizzazione 5.2.Natura giuridica: secondo la dottrina dominante(Mazzacane, Jannuzzi, Santarcangelo) l’autorizzazione ha una funzione integrativa,e non certo quella di condicio iuris, perché il negozio non è subordinato al verificarsi di un evento futuro e incerto,bensì è un atto compiuto da un soggetto legittimato che ha il necessario potere che però nel caso concreto incontra dei limiti che sono rimossi proprio con l’autorizzazione(si è fuori dall’ambito del conferimento di nuovi poteri). 6 5.3. Sanzione per omessa autorizzazione: a) annullabilità: solo se espressamente prevista (vedi ad esempio artt.322,377,396,424). b) nullità: ove il legislatore nulla disponga; infatti, ex art.1423 la violazione di una norma imperativa,quale è quella richiedente la autorizzazione, comporta la sanzione della nullità. Un esempio è la mancata autorizzazione ai sensi dell’art.694 Secondo altra dottrina la sanzione sarebbe quella dell’annullabilità in analogia alle disposizione degli artt.322,377. Altri parlano infine di inopponibilità dell’atto(Jannuzzi)ai soggetti nel cui interesse è prevista l’autorizzazione (es. il sostituito). Per il caso di fallimento,la Cassazione ha stabilito che l’atto del curatore fallimentare senza la preventiva autorizzazione è solo annullabile,non certo nullo(ex artt.1425,1441 c.c.)essendo il curatore un soggetto legittimato all’azione. L’autorizzazione rappresenta l’elemento necessario al superamento di un limite. L’annullamento può esser richiesto su istanza del fallito,ossia del soggetto nel cui interesse l’autorizzazione è posta. 6. QUESTIONI PRATICHE: E’ necessario allegare il decreto autorizzativo all’atto autorizzato? Si alla luce dell’art.54 del regolamento notarile( R.D.n.1326/1914)il quale stabilisce che i notai non possono rogare contratti,nei quali intervengono persone che non siano assistite o autorizzate quando è espressamente stabilito dalla legge. Se le parti intendono stipulare subito l’atto per il quale è necessaria l’autorizzazione senza attendere il suo rilascio? Si pensi al caso dei genitori che vogliono urgentemente acquistare un bene per il figlio minore da Tizio, il quale ha una certa urgenza di concludere l’affare perché l’indomani partirà per l’Australia. Nell’esempio riportato non è pensabile un’autorizzazione successiva all’atto,neppure un acquisto sotto la condizione sospensiva della necessaria autorizzazione;questo perché il controllo sull’atto deve necessariamente esser fatto prima della produzione di tutti i suoi effetti. Le possibilità alternative al riguardo sono: - la concessione della procura di Tizio - contratto per persona da nominare(art.1401 ss)o a favore del terzo(art.1411),con successiva autorizzazione per l’accettazione dell’electio amicii o della liberalità. Se un genitore è in conflitto d’interessi: legittimato al ricorso per ottenere l’autorizzazione coniuge non stipulante. richiesta sarà l’altro Se entrambi i genitori sono in conflitto d’interessi: La regola è dettata dall’art.320 ultimo comma che prevede la nomina di un curatore speciale nel caso di conflitto d’interessi tra genitori e minore (analogamente vedi l’art.356 in caso di donazioni o disposizioni testamentarie e il 321 che è rubricato“nomina di un curatore speciale”). Quando al minore sotto potestà è stato nominato un curatore speciale si applicheranno le norme sulla tutela,e precisamente gli art. 374-375, e non il 320, perché curatore è un soggetto terzo; occorrerà pertanto da parte del giudice un controllo più penetrante. La stessa ratio si ritrova negli artt.394 terzo comma,356(questo richiama espressamente gli art.374-375 seppur si tratta di minore sotto potestà). 7. Differenza tra Parere - Audizione 7 Nei procedimenti di volontaria giurisdizione il giudice prima di emettere il provvedimento autorizzativo deve sentire con funzioni consultive a seconda dei casi: - un altro organo giudiziario,ad es. il giudice tutelare o il pubblico ministero(nel qual caso parleremo di PARERE,es. art.375 cc ultima parte,o 747cpc o 313 cc in tema di adozioni).Si tratta di un elemento necessario per la validità del provvedimento ma non vincolante,ossia il giudice può prendere una decisione difforme a quella del parere;in questo caso dovrà fornire le dovute spiegazioni. - soggetti estranei all’ ordinamento giudiziario (si parlerà di AUDIZIONE ad es. dei parenti),e potrà essere facoltativa o obbligatoria. CAPITOLO SECONDO Atti di ordinaria e straordinaria amministrazione 1.Definizione: è l’attività di cura di un patrimonio per conservarne l’integrità giuridica ed economica; essa afferisce alla fase interna. Diversamente, la rappresentanza è il potere di stipulare l’atto con i terzi, quindi essa ha rilevanza esterna. 2.Caratteri distintivi: l’amministrazione si distingue in ordinaria e straordinaria, anche se nel codice nulla è detto in ordine ai criteri distintivi dell’una o dell’altra; è stato pertanto compito della dottrina individuare i criteri discretivi. Diverse sono state le teorie formulate; vediamo quali: t1) teoria normativa: La dottrina prevalente (Capozzi,Jannuzzi,Santarcangelo) sostiene la cd teoria normativa in base alla quale sono atti di straordinaria amministrazione quelli che necessitano di autorizzazione, atti di ordinaria tutti gli altri. t2)Teoria eclettica: pone come base la teoria normativa ma la integra col criterio sussidiario del reddito e capitale (spesso usato dalla giurisprudenza)e precisamente: secondo questo elemento si individuano gli atti di ordinaria amministrazione in quelli che incidono solo sul reddito,viceversa saranno di straordinaria amministrazione quelli che incidono sul patrimonio. T3) teoria del reddito e capitale: tale tesi(Cicu) utilizza come parametri di riferimento il reddito-capitale;essa considera atti di ordinaria amministrazione quelli il cui oggetto di riferimento è la rendita,così non intaccando il capitale. Si prevede per essi la libera disponibilità in quanto rientrano nell’usufrutto legale ex art.324 che compete ai genitori. Gli atti di straordinaria amministrazione riguardano invece il capitale ossia tutti quegli atti che importino diminuzione,trasformazione,soggezione a rischio del patrimonio. T4) Teoria della funzione:tale tesi (Azzariti-Martinez) utilizza come elemento distintivo la funzione dell’atto e cioè qualifica atti di ordinaria amministrazione quelli aventi funzione di conservazione fruttificazione e miglioramento;tutti gli altri saranno invece di straordinaria amministrazione. T5) teoria economica:tale teoria considera di straordinaria amministrazione l’atto che in concreto produce effetti decrementativi sul patrimonio; di ordinaria amministrazione quello che lo incrementa. t6) Teoria del rischio: tale tesi (Mirabelli)individua la differenza non nel negozio posto in essere,valutato in astratto,ma nelle conseguenze che esso potrà produrre sul patrimonio di un determinato soggetto. Per ciò i negozi potranno considerarsi appartenenti all’una o altra categoria a seconda del valore economico che essi avranno sul patrimonio sul quale sono destinati ad aver degli effetti. 8 Le ultime due tesi sopra esposte risultano avvolte da troppe incertezze soprattutto perché comportano l’inconveniente di non tutelare sufficientemente i terzi i quali non essendo in grado di poter conoscere il valore giuridico dell’atto potrebbero esporsi ad una pronuncia di invalidità perché l’atto apparentemente di normale amministrazione in realtà potrebbe presentare notevoli rischi per quel patrimonio. Problema: gli atti dovuti devono essere autorizzati? La dottrina preferibile dà al quesito risposta negativa; l’esempio è quello del pagamento eseguito dall’incapace,anche da solo,senza la dovuta autorizzazione,il quale non è impugnabile ex art.1191. Problema: si applicano le norme degli artt.374/375 anche ai minori in potestà? Si, ove più favorevoli per i genitori; questi infatti non possono soggiacere ad una normativa più rigorosa di quella prevista in materia di tutela ove il tutore è un estraneo. Ad esempio: 1)acquisto mobiliare: non si richiede l’autorizzazione quando si tratta di acquisti di mobili necessari per l’uso del minore:art.374 n.1 anche nel caso di minore soggetto a potestà. 2) assunzione di obbligazioni: l’art.374 n.2 richiede l’autorizzazione per poter assumere obbligazioni salvo che riguardino le spese necessarie per il mantenimento del minore; espressione non ripetuta dal 320 perché il genitore esercente la potestà è usufruttuario ex lege. Non dimentichiamo che le spese per il mantenimento del minore fan parte degli atti di ordinaria amministrazione e per ciò sono poste a suo carico. RICORDA: L’elencazione degli atti per i quali si richiede l’autorizzazione ai sensi dell’art.374 è meramente esemplificativa;mentre è tassativa per gli atti per i quali non è richiesta l’autorizzazione(vedi Cassazione ‘71/71) CASISTICA Vendite e acquisti Nell’autorizzare la vendita il giudice deve: - fissare il prezzo minimo: a tal fine allega al ricorso una perizia giurata di stima - stabilire le relative modalità: all’incanto o trattativa privata.(art.733 c.p.c.) - stabilire il reimpiego del prezzo.(art.376 c.c.) Nell’autorizzare l’acquisto il giudice deve: - fissare il prezzo massimo - autorizzare la riscossione della somma necessaria Se il pagamento è eseguito con cambiali o assegni bancari occorre l’autorizzazione del giudice tutelare ex. art. 10 r.d. 1669/33 e art.13 r.d. 1736/33. Se occorre effettuare la riscossione di capitali, depositati o investiti,è necessario ricorrere con l’autorizzazione ai sensi dell’artt.320 4 comma,374 n. 2. Quindi in definitiva, nello stesso ricorso si chiederà al giudice tutelare: 1) l’autorizzazione alla riscossione o all’obbligazione cambiaria. 2) l’autorizzazione all’acquisto. Formula: “…previa la riscossione(320 comma 4,374 n.2)della somma di .. depositata in libretto di deposito nominativo (con vincolo pupillare se è minore)intestato a .. (l’incapace) n. .. presso la banca .. filiale n. .. in .. via ..,la somma “pervenuta all’incapace a seguito di varie liberalità manuali di modico valore da parenti e amici in occasione di festività e ricorrenze” (non parlare mai di donazioni che richiedono sempre l’atto pubblico). Acquisto di immobile con denaro dato dai genitori: diverse sono le fattispecie che nel caso concreto possono prospettarsi: 9 1) donazione diretta del denaro e successivo acquisto immobiliare: - per la donazione: accetta e richiede l’autorizzazione il curatore speciale debitamente nominato dal Giudice Tutelare (c’è infatti secondo Cass. conflitto d’interessi); l’autorizzazione sarà rilasciata dal Giudice tutelare ai sensi dell’art.374 cod.civ e non 320 cod.civ. - per l’atto di acquisto: l’autorizzazione sarà richiesta dai genitori secondo le regole ordinarie dell’art.320 c.c. e quindi rilasciata dal Giudice tutelare 2)donazione indiretta dell’immobile tramite intestazione del bene al figlio. In tal caso sembra preferibile aderire alla tesi dell’unica autorizzazione richiesta dai genitori al Giudice tutelare; la norma infatti che richiede l’autorizzazione ad accettare le donazioni dovrebbe ritenersi applicabile esclusivamente a quelle dirette. 3)contratto a favore del terzo (il figlio) ex art.1411 c.c.: anche in tal caso l’autorizzazione è unica e potrà essere richiesta direttamente dai genitori non essendo configurabile alcun conflitto d’interessi; ovviamente il provvedimento che si richiederà sarà volto ad assentire alla dichiarazione di voler profittare ex art.1411 c.c. Reimpiego: - definizione: riutilizzo dei proventi economici derivanti da un precedente atto giuridico. - ambito applicativo: soprattutto in materia di vendita; in tal caso la relativa disciplina prevede il deposito del prezzo presso una banca,oppure semplicemente il reimpiego del ricavato ai sensi dell’art.376 cc con responsabilità a carico di colui che è stato incaricato alla vendita dal tribunale. - norme di riferimento: artt.54,320,372,376,394,694 c.c., e 748 cpc. - modalità: - per tutela/interdizione: stabilite dall’art.372 ( non si tratta peraltro di modalità tassative, in quanto vi è la possibilità per il giudice di disporre diversamente ex u.c. di detta norma); - per minori sotto potestà:manca al riguardo una norma specifica. La dottrina prevalente ritiene che il giudice possa in tal caso stabilire qualsiasi modalità di reimpiego non essendo applicabile la predetta disposizione per analogia, anche se nel caso concreto il giudice farà riferimento a quanto ivi previsto. ATTENZIONE: Non bisogna confondere l’obbligo posto a carico del rappresentante legale di depositare il prezzo ricevuto in un libretto di deposito nominativo,o comunque presso un istituto di credito,con il “reimpiego” ex art.372 (collegato agli artt.37 cc e 748 cpc);qui non siamo nella fattispecie per la quale è richiesta l’autorizzazione. Si tratta semplicemente di un atto di conservazione,ovvero di un atto di ordinaria amministrazione(ad esempio vedi l’art.369 deposito di titoli e valori). - soggetti obbligati: il giudice può far gravare l’obbligo del reimpiego sia sull’acquirente, sia sul legale rappresentante che infine sul notaio; potrà disporre altresì il rispetto del reimpiego quale condizione sospensiva dell’atto o di efficacia del pagamento. Quindi: - se soggetto sul quale incombe l’obbligo non vi adempie sarà responsabile verso l’incapace per il risarcimento del danno secondo le regole ordinarie. - Se il reimpiego sia stato indicato come condizione sospensiva dell’atto quest’ultimo non produrrà effetto fintanto che tale obbligo non sia stato adempiuto; Se infine il reimpiego è stato posto quale condizione di efficacia del pagamento,in caso di mancato rispetto dell’obbligo il solvens può essere costretto ad effettuare un nuovo atto di adempimento. Formula: - ....... - autorizzare…(il signor...) a riscuotere il prezzo della vendita e obbligare il medesimo al reimpiego della somma per…(es. l’acquisto di…, la ristrutturazione di…, il pagamento di…) ordinando che temporaneamente la somma venga depositata presso la Banca…di…filiale… in un libretto nominativo con vincolo pupillare. 10 Contratto preliminare In relazione al contratto preliminare bisogna distinguere quello in genere da quello di vendita; in particolare: - preliminare in genere: l’autorizzazione sarà data sempre dal giudice tutelare poiché esso comporta esclusivamente assunzione di obbligazioni (artt.320,374). - Preliminare di vendita: in relazione ad esso le cose si complicano un poco; sono presenti due teorie: t1)parte della dottrina ritiene comunque applicabile l’art.374 n.2 con competenza quindi del giudice tutelare. T2)la dottrina prevalente e preferibile ritiene invece applicabile l’art. 375 n.1(alienazione dei beni)perché il preliminare di vendita, quale atto di 2°grado, accessorio, comporta il rischio di una sentenza costitutiva che produca il trasferimento del bene. (art.2932). Permuta Parte della dottrina sostiene che sia necessaria una sola autorizzazione ex art.375 poiché prevarrebbe l’aspetto alienativo. Secondo altri sarebbe necessaria una doppia autorizzazione in quanto trattasi ad un tempo sia alienazione che acquisto. Si pensi al minore proprietario di un terreno,il quale vuole permutare in toto i millesimi del medesimo in cambio di un appartamento da costruire mediante un contratto di appalto(permuta di dare contro facere)e divisione(perché il fabbricato da costruirsi oggetto del contratto sarà in comproprietà). Nella pratica alla bozza del contratto si allegheranno i seguenti documenti: a) l’ultimo bilancio di esercizio della società costruttrice al fine di garantire la massima serietà; b) lettera alla banca con tutte le modalità e i termini della fideiussione da rilasciare;oppure c) bozza dell’atto di concessione d’ipoteca da iscriversi entrambi, in regime di alternatività, a garanzia della puntuale esecuzione dei lavori di costruzione Ricorda: ora per gli immobili da costruire( D.lgs.122/05) sussiste la necessità di determinare quando l’edificio s’intende venuto ad esistenza; in particolare fai coincidere tale momento con il rilascio dell’abitabilità. Mutuo: Il contratto di mutuo è sempre un atto di straordinaria amministrazione; in particolare: a) ATTIVO: - gratuito: non consentito; è atto di alienazione senza corrispettivo (gli interessi) oneroso: è richiesta l’autorizzazione ex. art.372 n.3(investimento di capitali); b) PASSIVO: - gratuito: autorizzazione per gli acquisti di atti gratuiti - oneroso: si applicherà l’art.374,perché vi è sempre il rischio dell’impiego non razionale del denaro,e l’obbligo di restituzione. Problema:è obbligatoria l’autorizzazione anche quando il mutuo è richiesto per spese necessarie per il mantenimento del minore? La dottrina prevalente sostiene la negativa tanto in materia di tutela quanto in materia di potestà poiché trova applicazione l’art.374 n.2. Altri ritengono invece necessaria l’autorizzazione in ogni caso poiché la norma de qua potrebbe essere applicata solo nel caso in cui l’obbligazione da contrarre avesse essa stessa la funzione di assolvere direttamente ai bisogni dell’incapace e non fosse invece funzionale a procurare i mezzi per soddisfare i bisogni stessi; sarebbe cioè necessario un nesso diretto tra atto e bisogno. Altri infine ritengono evitabile l’autorizzazione nel solo caso in cui l’obbligazione sia destinata ad essere soddisfatta mediante l’impiego delle sole rendite. 11 Problema: in caso di mutuo ipotecario quante e quali autorizzazioni sono richieste? La dottrina prevalente ritiene siano necessarie DUE separate autorizzazioni e cioè una per il mutuo ( ex art.374) ed una per l’ipoteca (ex art.375 n.2); non dobbiamo dimenticare infatti che- come sopra ricordato- la competenza in volontaria giurisdizione è inderogabile(art.28 cpc) Secondo l’opinione del Santarcangelo siamo di fronte invece a due negozi tra loro collegati essendo l’affare unico e pertanto l’esame dello stesso dovrà essere necessariamente unitario e quindi affidato al giudice superiore cioè il Tribunale ordinario). Nella pratica in atto verranno menzionati tutti una serie di elementi tra i quali si ricorda il tasso d’interesse fisso in termini percentuali ,il numero delle rate semestrali etc... Problema: in caso di mutuo per dei lavori di appalto,ad es. per restaurare una casa,l’autorizzazione è quella prevista dall’art.374 n.2;in particolare l’autorizzazione è rilasciata dal giudice tutelare,che dispone circa le modalità del reimpiego ex art.372 n.4(è lo stesso giudice tutelare), quindi si avrà un unico ricorso ex art.374 n.2 per il mutuo e ex art.372 n.4 per l’appalto. IPOTECA Bisogna distinguere: a) concessione: è sempre atto di straordinaria amministrazione e quindi sempre autorizzato; b) acquisto: è atto di ordinaria amm.ne (rafforza il credito) salvo che sia dato un corrispettivo; c) rinuncia all’ipoteca legale: è possibile solo se il prezzo è stato interamente pagato,altrimenti è possibile solo se onerosa. d) consenso alla cancellazione,anche se il debito è estinto,è sempre un atto di straordinaria amministrazione. Se la causa estintiva è dichiarata nulla o non sussiste ovvero è nulla la rinuncia del creditore,si può procedere a nuova iscrizione la quale prenderà grado dalla sua nuova data d’iscrizione(art.2881),es. assegno scoperto. e) atti dispositivi del grado: sono di ordinaria amm.ne se l’incapace si avvantaggia e sono a titolo gratuito; in ogni altro caso si considerano di straordinaria amm.ne. OBBLIGAZIONI CAMBIARIE: Per le obbligazioni cambiarie è sempre necessaria l’autorizzazione per i rischi che comporta il rilascio stesso delle cambiali(salvo che non siano rilasciate per l’esercizio di un’impresa);competente è il giudice tutelare ex art. 10 legge cambiaria. DIVISIONE: Bisogna distinguere: a) negoziale: è sempre di straordinaria amministrazione;il rischio è quello di un errore nella conversione della pars quota in pars quanta. b) giudiziale: è di straordinaria amministrazione solo se è promossa dall’incapace (art.374 n.5),altrimenti è di ordinaria amministrazione. Conguagli: poiché essi sono considerati,ai fini fiscali,dei trasferimenti ovvero atti privi di natura dichiarativa anche se sono di minima rilevanza sarà necessaria l’autorizzazione sia per la divisione,che per l’alienazione(artt.747 cpc o 320 cc); ricorda di fare molta attenzione all’art.323 c.c. “atti vietati ai genitori”. Si ricorda la sentenza 165/90. Deferimento operazioni divisionali al notaio: Nel caso di divisione convenzionale esso avverrà col necessario consenso di tutti i coeredi ex art.730 c.c., mentre qualora si tratti di divisione giudiziale il notaio sarà delegato a norma dell’art.786 e ss cpc. In particolare il notaio dovrà redigere un progetto di divisione con l’assistenza di un esperto ex.art.194 disp. di att.cpc. che verrà trasmesso al giudice istruttore che potrà poi dichiararlo esecutivo. 12 Ricorda che non si avrà conflitto di interessi se i condividenti riceveranno il bene che rimarrà in comunione pro-indiviso tra loro(es. padre e figlio,nella divisione di beni del nonno);si avrà semplicemente convergenza di interessi. Iter procedimentale in caso di divisione ereditaria: 1)redazione dell’inventario: da esso risultano chiaramente le attività e le passività ereditarie,immobili,mobili,titoli e valori 2)redazione delle perizie (attuali)sui singoli beni oggetto di divisione 3)redazione del progetto di divisione dal quale emerga la corrispondenza della pars quota alla pars quanta 4)redazione del ricorso di volontaria giurisdizione volto ad ottenere la relativa autorizzazione 5)allegazione dei documenti 1+2+3 al redatto ricorso In caso di divisione ordinaria l’iter sarà lo stesso con la sola esclusione della redazione dell’inventario e della sua relativa allegazione (p.ti 1+5). In ogni caso è comunque importante far emergere dal ricorso i seguenti elementi: - il valore globale del patrimonio da dividere; - la corrispondenza della pars quota alla pars quanta - la necessità o la evidente utilità: in tal caso è per tutti(una più facile circolazione dei beni,art.1111,anche per creditori e legatari). Appalto: è un’assunzione di obbligazione n.2 e andrà quindi autorizzato ex artt.320 e 374 Locazione: Bisogna distinguere tra: - infranovennale: è un atto di ordinaria amministrazione,ma è concluso congiuntamente da entrambi i coniugi,art.320 comma 1. - ultranovennale: è atto di straordinaria amministrazione (art.320 co3 e 374 n4); è altresì di straordinaria amm.ne se si prolunga oltre un anno dopo la maggiore età del figlio,(374 n.4) Problema: l’art.374 n.4, nella parte relativa alla locazione che si prolunga oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore età,si applica anche in materia di potestà? Autorevole dottrina(Capozzi) sostiene la positiva;si propende viceversa per l’inapplicabilità della detta disposizione e ciò per la specificità della norma dettata in materia di potestà, ove si fa esclusivo riferimento alla locazione ultranovennale. Problema: l’autorizzazione è richiesta anche per le locazioni infranovennali con proroga automatica oltre il novennio? Parte della dottrina sostiene di si adducendo in caso contrario una facile elusione della normativa. La dottrina prevalente e la giurisprudenza della Cassazione sostengono invece la negativa; illuminante è a tal proposito Cass.30 gennaio 1982 n.599:”.....locazioni ultranovennali sono soltanto quelle stipulate inizialmente per un periodo superiore ai nove anni......(omissis)..occorre aver riguardo alla volontà originaria delle parti e non alla potenziale maggior durata del contratto.....(omissis)” Affitto d’azienda: è sempre atto di straordinaria amministrazione anche se infranovennale, perché ricorrono i rischi di riduzione dell’avviamento,la possibile vendita dei beni aziendali. Quanto al giudice competente,la tesi prevalente ritiene sia il Tribunale ex art.375, mentre altra tesi ritiene sufficiente l’autorizzazione del giudice tutelare ex art.374 n.4,oppure 371 n.3. Riscossione dei capitali L’autorizzazione è data sempre dal giudice tutelare ex artt.320 comma quarto e 374 n.2.;esempio classico è quello della liquidazione di una quota o di azioni societarie. 13 L’accettazione di donazioni o legati: bisogna distinguere: - soggetti a pesi o condizioni: nulla quaestio, sarà necessaria in ogni caso (potestà e tutela)l’autorizzazione; - non soggetti a pesi e condizioni: parte della dottrina sostiene che in tal caso l’autorizzazione sia obbligatoria solo in materia di potestà e non di tutela stante il fatto che l’art.374 ne limita la necessità ai soli casi di eredità e legati gravati da pesi e condizioni. La dottrina nettamente prevalente ritiene al contrario che sia sempre necessaria l’autorizzazione anche se legittimato all’accettazione sia il tutore; ciò in quanto sussisterebbe un difetto di coordinamento tra l’art.320 e l’art.374 dovuto alla modifica solo del primo apportata con la riforma del diritto di famiglia(lex.151/75). Legittimazione processuale Bisogna distinguere: - passiva: è di ordinaria amministrazione - attiva: è di straordinaria amministrazione e quindi necessita di una autorizzazione art. 374 n.5 per evitare eventuali liti pretestuose o infondate. Compromessi e transazioni: bisogna distinguere: potestà: l’autorizzazione è richiesta solo in caso di transazione relativa ad atti di straordinaria amm.ne essendo essa negozio accessorio e di 2°grado (art.320 dice testualmente”......transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti (di straordinaria amm.ne).....” Alcuni autori tuttavia, svalutando il dato letterale, sostengono che anche in materia di potestà l’autorizzazione sia sempre necessaria per gli effetti che essa produce. Altri infine sostengono la necessità di valutare non solo la natura del rapporto coinvolto ma anche il contenuto della transazione, sicchè anche qualora essa sia relativa ad un atto di ordinaria amm.ne dovrà richiedersi ugualmente l’autorizzazione qualora il rapporto traente origine dalla stessa rientri nella straordinaria amm.ne. tutela: l’art.375 n.4 richiede l’autorizzazione in ogni caso senza distinguere l’oggetto della transazione; stessa regola vale anche per emancipati ed inabilitati (artt.394 e 424). Problema: cosa succede se si tratta di transazione complessa o novativa? In tal caso sarà necessaria l’autorizzazione se è lo stesso rapporto prodotto richiederlo, e ciò anche qualora ci si trovi in materia di potestà. a Problema: cosa succede se si deve inserire una clausola compromissoria in atto? Trattasi di clausole con le quali si deferiscono le liti future ad arbitri. In tali casi è sempre necessaria l‘autorizzazione poiché l’atto è molto rischioso; infatti si tratta di sottrazione di cause alla competenza del tribunale.( artt.320 comma 3 e 375 n.4) CAPITOLO TERZO 14 Il conflitto interessi 1. Definizione: situazione che si determina quando il rappresentante (legale o volontario) è portatore di un interesse duplice e contrastante con quello del rappresentato; DUPLICE: cioè da un lato quello del rappresentato e dall’altro quello proprio o di terzi CONTRASTANTE: di modo che non possa realizzare l’uno senza ledere l’altro. 2. Caratteristiche: - incompatibilità: come sopra evidenziato gli interessi devono, per essere rilevanti, tra loro confliggenti. - Attualità: il conflitto deve essere presente al momento del compimento dell’atto, essendo irrilevante che esso sopraggiunga successivamente; deve tuttavia evidenziarsi come parte della dottrina abbia sostenuto la rilevanza di un conflitto meramente potenziale. Patrimonialità: dopo la riforma del diritto di famiglia si è aggiunta all’art.320 ultimo comma l’espressione “interessi patrimoniali”;non rileva più quindi il conflitto semplicemente morale(si pensi alla divisione tra un figlio maggiorenne ed un figlio sotto potestà,qui i genitori non saranno in conflitto). - Pregiudizio: può essere sia attuale (sussistente quindi al momento dell’atto) sia potenziale (cioè in itinere). 3. Effetti: Il titolare dell’ufficio deve astenersi dal compimento dell’atto. L’atto eventualmente compiuto è annullabile(v. artt.322-3777-396 c.c. in relazione all’art. 320 u.c.-360-394 c.c.) Se il conflitto riguarda uno dei titolari dell’ufficio la legittimazione sarà data: - al titolare non in conflitto - all’organo vicario(protutore nel caso di tutela) in mancanza si provvederà alla nomina di un CURATORE SPECIALE, che sarà: - RAPPRESENTANTE:se il conflitto sorge tra rappresentante legale e rappresentato - ASSISTENTE:se sorge tra curatore e assistito parzialmente capace(emancipato/ inabilitato) 4. Tipologie: - - - diretto: quando sussiste tra rappresentante e rappresentato; tipico è il caso della divisione di un bene in comunione tra genitori e figli. Indiretto: quando sussiste tra rappresentato e persona diversa dal rappresentante al quale però quest’ultimo sia legato da vincoli di affezione o di affari tali da far presumere una sua parzialità. Tipico caso di conflitto indiretto si ha quando il padre è socio ed amministratore di una società e vuole vendere un bene della stessa al proprio figlio minore;in tal caso interverrà in atto solo la madre. Patrimoniale: è ormai l’unico espressamente riconosciuto e ritenuto rilevante dal legislatore (art.320 c.c. nella parte in cui parla espressamente di conflitto di interessi patrimoniali. Morale: mentre prima della riforma del diritto di famiglia si riteneva rilevante anche tale tipologia di conflitto, dopo tale innovazione, come sopra evidenziato, tale fattispecie può ritenersi totalmente espunta dal nostro ordinamento. 15 Problema: chi concede l’autorizzazione al curatore speciale nominato in caso di conflitto di interessi in luogo dei genitori? Parte minoritaria della dottrina sostiene che si applichi pur sempre l’art.320 in quanto il curatore sarebbe un sostituto dei genitori. La dottrina prevalente e preferibile sostiene l’applicabilità delle norme sulla tutela ex artt.374-375 e non sulla potestà,perché queste si utilizzano solo quando il rappresentante è un soggetto legato con il rappresentato da vincoli di sangue(conferma ne sono gli artt.356 e 394 c.c.). Problema: in caso di divisione beni in comunione tra genitori e figli c’è conflitto di interessi? Bisogna distinguere due ipotesi: a) il bene è in comunione tra genitori figli e terzi: in tale ipotesi bisogna ulteriormente distinguere a seconda che: - il bene rimanga in comunione tra i figli e genitori( vi sia cioè uno stralcio divisionale a favore del terzo): in tal caso vi è convergenza e non divergenza di interessi - il bene venga diviso anche relativamente alle quote dei genitori e figli: in tal caso il conflitto è in re ipsa in quanto la divisione potrebbe essere iniqua. b) il bene è in comunione solo tra genitori e figli: anche in tal caso il conflitto è in re ipsa. Problema: in caso di conflitto di interessi di un solo genitore chi è legittimato a presentare il ricorso di volontaria giurisdizione? Ad esempio,nell’ipotesi in cui un bene si trovi in comunione padre-figlio perché è stato donato dal nonno,il bene è di tipo personale ex art. 179 lett. b),quindi sarà in conflitto di interessi solo il padre. Ci si chiede chi sia il soggetto legittimato a chiedere il ricorso per la divisione:questo potrà esser presentato solo dalla madre;poi il ricorso per una successiva vendita potrà esser richiesto da entrambi i genitori. Problema: nel caso entrambi i rappresentanti legali siano in conflitto d’interessi? La soluzione è offerta dall’ultimo comma dell’art.320 cod.civ.; i genitori ( e non il notaio)chiederanno al giudice Tutelare la nomina di un curatore speciale e poi quest’ultimo, valutata la necessità od utilità evidente dell’operazione, chiederà la necessaria autorizzazione al giudice competente(ricorda che si applicano gli artt.374/5 e non l’art.320 cod.civ.) Il curatore speciale può assumere la duplice configurazione di: a)curatore rappresentante: se si tratta di minori o interdetti; b) curatore assistente: se si tratta di emancipati o inabilitati. 5. Donazione dal padre al figlio minore. La fattispecie è quella del genitore che dona un proprio bene personale al figlio; bisogna vedere in tal caso chi si il soggetto legittimato all’accettazione e quali siano le autorizzazioni da richiedere. Al riguardo diverse sono state le teorie formulate: 1) teoria dell’auto-contratto: una dottrina, muovendo dalla considerazione che nella donazione non sussiste conflitto d’interessi bensì convergenza degli stessi, sostiene che nella fattispecie de qua la donazione possa essere accettata dallo stesso genitore donante; infatti secondo tale tesi sarebbe applicabile l’art.1395 cod.civ. nella parte in cui esclude l’annullabilità dell’atto nel caso di autocontratto concluso in assenza di conflitto d’interessi. 2) Teoria dell’impedimento giuridico: altra parte della dottrina(Mazzacane,Januzzi,Santarcangelo)sostiene che nel caso prospettato sussista- in relazione al genitore donante- non un conflitto d’interessi bensì un impedimento di carattere giuridico 16 3) 4) derivante dall’imprescindibile dualismo dei centri d’interesse in materia contrattuale; nel caso specifico pertanto accetterà soltanto la madre, mentre il padre ne sarebbe impedito(art.317), Teoria del conflitto d’interessi del donante: altri sostengono la sussistenza nel caso in esame di una situazione di conflitto d’interessi relativamente al padre; l’atto di accettazione spetterà pertanto alla madre ai sensi dell’ultimo comma dell’art.320 cod.civ. Teoria del conflitto d’interessi di entrambi i genitori: tale tesi è stata autorevolmente sostenuta da una non recente sentenza della Cassazione (Cass.19 gennaio 1981 n.439); in detta decisione il Supremo Collegio ritiene vi sia conflitto di interessi anche nei confronti del genitore non donante(nel nostro caso la madre) richiedendo conseguentemente la nomina di un curatore speciale ex art.320 ultimo comma. La ratio è evidente:il donante gode del diritto agli alimenti a cui è tenuto il donatario in primis ex. art. 437, per ciò anche il genitore non donante è in conflitto d’interesse perché è persona obbligata a prestare gli alimenti ex. 433. Quindi per entrambi c’è un conflitto d’interesse. Invero,bisogna ricordare che da un lato gli alimenti sono concessi solo se c’è uno stato di bisogno e dall’altro che detto stato è meramente futuro ed incerto sicché il pregiudizio al momento del compimento dell’atto è solo potenziale; il conflitto invece è attuale,perché stante queste premesse la valutazione dell’altro coniuge non potrà essere imparziale e obiettiva. Problema:cosa succede nel caso di atto compiuto da entrambi i genitori, ma solo uno di essi era in conflitto interessi? La dottrina prevalente applica l’art.1394 ritenendo l’atto annullabile entro 5 anni su sola domanda del rappresentato(il minore)ed a condizione che il conflitto fosse conosciuto o conoscibile dal terzo. Altra dottrina (Santarcangelo)ritiene applicabile nel caso de quo l’art.742 c.p.c. e quindi fa salvi i diritti dei terzi acquistati in buona fede. Problema: cosa succede se l’atto è stato compiuto dal curatore,nel caso in cui mancasse il conflitto? La dottrina prevalente ritiene l’atto inefficace,ex art.1398,salvo l’eventuale ratifica,perché siamo di fronte ad un difetto di legittimazione. Per Santarcangelo opera invece l’art.742 cpc. CAPITOLO QUARTO 17 Gli incapaci Prima di addentrarci nell’esame della complessa materia degli incapaci è bene chiarire cosa debba intendersi per capacità; al riguardo essa può distinguersi in: a) capacità giuridica: è la capacità di essere titolare di situazioni giuridiche attive e passive; essa, ai sensi dell’art.1 cod.civ., si acquista con la nascita e si perde esclusivamente con la morte. b) capacità di agire: è la idoneità del soggetto a porre in essere validamente atti dispositivi della propria sfera giuridica e cioè a compiere negozi giuridici; essa si acquista, ai sensi dell’art.2 cod.civ. con la maggiore età(diciotto anni);è tuttavia possibile un acquisto anticipato per effetto dell’emancipazione. Dal punto di vista qualitativo, la capacità di agire può essere: - piena: nel caso di soggetto maggiore di età non interdetto od inabilitato; - parziale: nel caso di maggiore di età inabilitato o minore emancipato (anche se autorizzato all’esercizio dell’impresa) L’incapacità di agire, quale inidoneità del soggetto all’attività negoziale, si distingue in: - legale: quella del minore d’età non emancipato - giudiziale: quella del maggiore d’età che sia stato interdetto od inabilitato - naturale: quella del maggiore d’età che, pur non essendo stato interdetto od inabilitato, sia comunque incapace di intendere e volere. Il codice civile prende in considerazione maggiormente le prime due ipotesi, lasciando alla terza una rilevanza tutto sommato residuale; l’incapacità naturale rileva infatti solo in pochi e determinati casi, quali ad esempio l’art.591 comma 1 n.3, l’art.428(è prevista l’annullabilità se vi è grave pregiudizio e malafede), e l’art.1425 c.c. Le norme che il codice detta per l’incapacità legale non sono poi applicabili a quella naturale; si pensi alla possibilità di una donazione con nomina di un curatore ex art.356,se trattasi di minore,o di un interdetto stante il richiamo dell’art.424;la stessa disciplina non è prevista se trattasi di incapace naturale,perché non può essere privato dei poteri di amministrazione un soggetto legalmente capace. Potestà genitoria 1. Definizione: complesso dei poteri-doveri spettanti ai coniugi per la cura degli interessi morali e materiali dei propri figli minori. 2. Natura giuridica: ufficio di diritto privato (rappresentativo). E’ un officium ex lege con connotati pubblicistici regolato, come la tutela, da norme inderogabili di diritto pubblico. Il potere conferito è destinato all’assolvimento di un dovere generale. E’certamente una fattispecie complessa,caratterizzata allo stesso tempo da poteri-diritti e doveri-obblighi nei confronti dei figli imposti dalla stessa legge (cosi il pensiero di Bucciante),ma i poteri-diritti sono conferiti dalla legge proprio al fine di consentire l’adempimento dei doveri. Ricordiamo che le caratteristiche dell’ufficio di diritto privato sono: - doverosità della funzione - derivazione dei poteri direttamente dalla legge - esercizio in nome proprio - esercizio nell’interesse altrui 18 3. Titolarità: indica la spettanza della potestà; riguarda l’aspetto cd”statico”. Essa è attribuita ex lege ad entrambi i genitori, salvo che vi sia stato un provvedimento di decadenza ex artt.330 e seguenti cod.civ. Con la riforma del diritto di famiglia è stato infatti introdotto il c.d.”sistema diarchico” (art.316 comma2) e correlativamente soppresso l’istituto della patria potestà,ossia la potestà riconosciuta solo al padre,la cui ratio era quella di dare un indirizzo unitario alla famiglia. L’unico retaggio del detto istituto è rinvenibile nell’art.316 comma 4, mentre l’art.643 comma 2 è stato implicitamente abrogato. 4. Esercizio: indica l’effettiva possibilità di attuare concretamente la potestà; riguarda l’aspetto che potremmo definire “dinamico”. Normalmente l’esercizio spetta ad entrambi i genitori; tuttavia vi sono dei casi nei quali la legge prevede che, pur permanendo la titolarità comune, esso spetti ad uno solo e precisamente: - nel caso di contrasto insanabile dei genitori ex art.316 u.c. cod.civ - nel caso di atti urgenti ex art.316 quarto comma cod.civ. - nel caso di impedimento dell’altro genitore fino a che questo non sia cessato ex art.317 cod.civ. - nel caso di genitori separati legalmente ex art.155 comma terzo cod.civ - nel caso di genitori naturali non conviventi ex art.317 bis cod.civ. L’esercizio sarà poi esclusivo anche qualora la titolarità assuma la stessa connotazione, ad esempio per il caso di decadenza dalla potestà. In relazione alle modalità operative della potestà bisogna distinguere tra due momenti: a) la fase deliberativa: essa riguarda la decisione dei genitori di compiere l’atto nell’interesse del figlio; trattasi di fase ”interna” alla quale debbono necessariamente partecipare entrambi i genitori. b) la fase esecutiva: essa riguarda la concreta attuazione della potestà e cioè il compimento dell’atto precedentemente concordato; essa rappresenta la cd “fase esterna” e spetta disgiuntamente a ciascun genitore nel caso di atti di ordinaria amministrazione e congiuntamente per quelli di straordinaria. Problema: il mancato rispetto della fase deliberativa può incidere sulla validità od efficacia dell’atto compiuto? No, in quanto l’eventuale contrasto ha carattere meramente interno. Trattasi di questione esaminata dalla dottrina soprattutto in relazione ai genitori separati e naturali, per il cui approfondimento si rinvia oltre al par. 5. Caratteri distintivi rispetto alla rappresentanza volontaria: diversi sono gli elementi caratteristici che contribuiscono ad una differenziazione tra le due forme di rappresentanza e precisamente: a) fonte: la legge per quella legale, la volontà privata (procura) nper quella negoziale b) funzione: garantire gli interessi dell’incapace per quella legale, ampliare la sfera giudica del soggetto per quella negoziale c) contenuto: limitata ai soli interessi patrimoniali quella volontaria, estesa anche a quelli non patrimoniali quella legale d) durata: fino al permanere dell’incapacità quella legale, fino a revoca modifica o conclusione dell’affare quella volontaria e) contemplatio domini: obbligatoria nel caso di rappresentanza volontaria, non necessaria in quella legale; essendo infatti quest’ultima in forza di legge e non di procura, non è richiesta la dichiarazione di agire in nome altrui ma solo per conto:in atto basterà dire .. in qualità di genitore(o tutore) esercente potestà sul minore .. Nonostante le l’applicazione succitate differenze, la dottrina prevalente propende per alla rappresentanza legale delle norme sulla rappresentanza 19 volontaria in quanto compatibili;ad es. la possibilità di ratificare l’atto compiuto da un soggetto diverso dal rappresentante legale. Problema: può il rappresentante legale conferire procura a terzi? Diverse sono state le tesi in merito alla possibilità del rappresentante legale di conferire procura ad altri per il compimento di atti di amministrazione relativi ai beni dell’incapace tutelato: 1) teoria negativa: parte della dottrina risolve negativamente il problema muovendo dalla considerazione che diversamente ragionando si finirebbe per ammettere la possibilità di una delega delle funzioni da parte del rappresentante legale, cosa non ammissibile essendo la potestà un obbligo irrinunciabile. 2) Teoria positiva: altra parte della dottrina ammette invece che il rappresentante legale possa conferire procura a terzi per il compimento di atti di amministrazione sui beni dell’incapace; ciò in quanto essa non costituirebbe un’inammissibile delega ma solo una modalità di esercizio del potere dovere conferito. D’altra parte soggetto rappresentato sarebbe non il rappresentante legale bensì l’incapace il quale, tramite i propri genitori può compiere qualsiasi tipo di atto esclusi soltanto quelli espressamente vietati. Quanto al tipo di procura diverse sono state le soluzioni prospettate e si va da chi ritiene ammissibile ogni tipo compresa quella generale a chi la ammette solo per gli atti di ordinaria amministrazione ed a chi infine ritiene percorribile la strada della sola procura speciale; tale ultima tesi sembra decisamente preferibile e prevalente nella più recente dottrina. Quanto poi alle autorizzazioni,esse saranno necessarie soltanto qualora la procura sia relativa al compimento di un negozio di straordinaria amministrazione; al riguardo si dovrà operare come segue:a) il rappresentante legale dovrà chiedere l’autorizzazione al conferimento della procura c) il nominato procuratore oppure il rappresentante legale dovrà chiedere l’autorizzazione all’atto gestorio (ricorda che si applicano gliartt.374/5 e non l’art.320 cod.civ) In ogni caso, anche qualora si ritenga di aderire alla teoria negatrice, potrà ugualmente utilizzarsi l’istituto dell’ambasceria o nunciatio; infatti il nuncius non rientra nella figura del rappresentante poiché mentre quest’ultimo manifesta una volontà propria con un margine più o meno ampio di discrezionalità, il primo si limita a trasmettere ad altri la volontà del dichiarante non avendo al riguardo alcuna discrezionalità. Manca in sostanza relativamente a tale soggetto una vera e propria sostituzione nella fase decisoria, tipica invece della rappresentanza. Problema: è applicabile l’art.1395 alla rappresentanza legale? Bisogna distinguere: a) rappresentanza legale: - specifica autorizzazione: no,il rappresentato è incapace - contenuto predeterminato: si b) rappresentanza volontaria conferita da genitori: - specifica autorizzazione: si, è data dai genitori che soggetti capaci - contenuto predeterminato:si Problema: chi esercita la potestà in caso di genitori incapaci? Bisogna distinguere: a) uno solo è incapace: si applica l’art.317 cod.civ l’esercizio spetterà in via esclusiva all’altro. e sono pertanto 20 b) Entrambi incapaci: bisogna distinguere a seconda che siano o meno emancipati e cioè: - minori non emancipati: non possono esercitare la potestà e quindi ciò determinerà l’apertura della tutela ex art.343 cod.civ. - minori emancipati od inabilitati: gli atti di ordinaria amministrazione saranno compiuti direttamente da loro, mentre per quelli di straordinaria sarà necessario l’intervento di un curatore speciale nominato ed autorizzato ai sensi dell’art.321 cod.civ. ART.165 (Capacità del minore)- Il minore ammesso a contrarre matrimonio è pure capace di prestare il consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali, le quali sono valide se egli è assistito dai genitori esercenti la potestà su di lui o dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma dell’articolo 90. ART.166 (Capacità dell’inabilitato)- Per la validità delle stipulazioni e delle donazioni fatte nel contratto di matrimonio dall’inabilitato o da colui contro il quale è stato promosso giudizio di inabilitazione è necessaria l’assistenza del curatore già nominato. Se questi non è ancora stato nominato, si provvede alla nomina di un curatore speciale. ART.774 (Capacità di donare)- Non possono fare donazione coloro che non hanno la pienà capacità di disporre dei propri beni. E’ tuttavia valida la donazione fatta dal minore e dall’inabilitato nel loro contratto di matrimonio a norma degli articoli 165 e 166. Le disposizioni precedenti si applicano anche al minore emancipato autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale. Convenzioni matrimoniali Principio: “habilis ad nuptias, habilis ad pacta nuptialia”. Art.165:sono valide le genitori o dal curatore I poteri sul minore non fatto che il soggetto è convenzioni matrimoniali se il minore è assistito dai speciale. sono di rappresentanza, ma di ASSISTENZA, considerato il limitatamente capace(JANNUZZI). Non è consentita la stipulazione delle convenzioni matrimoniali senza la necessaria assistenza(sarebbero annullabili ex art.1425);se invece sono poste in essere solo dai genitori, sono NULLE. PRESUPPOSTI PER LA LORO VALIDITA’: - l’autorizzazione, per contrarre matrimonio, del tribunale dei minorenni - l’assistenza per il minore Non è necessario, una volta ottenuta l’autorizzazione a contrarre matrimonio, alcuna autorizzazione ad negozia (JANNUZZI). I soggetti tenuti a prestare assistenza sono: - i genitori esercenti la potestà - il tutore - il curatore speciale ex art.90 cc L’assistenza è attività integrativa della volontà di un altro soggetto richiesta per la validità della convenzione stessa. Due volontà si fondono in un unico atto complesso ineguale perché le volontà non sono equivalenti ma quella del minore è prevalente mentre quella del curatore è secondaria. L’orientamento della prassi(a proposito di donazioni obnunziali e fondo patrimoniale)è quello di ritenere sufficiente l’intervento in atto del minore, debitamente assistito dai genitori costituenti, ma in realtà non è accettabile 21 perché i genitori non possono essere costituenti e assistenti del minore costituito; le posizioni giuridiche sono contrapposte poiché l’assistenza non è una mera presenza o cooperazione, ma una integrazione della volontà altrui. Né vale obiettare per la donazione obnunziale che si perfezioni senza l’accettazione, perché ciò non esclude un possibile intervento in atto del minore incapace. RIFIUTO DEI GENITORI: se dopo l’autorizzazione i genitori si rifiutano di assistere il minore, chi nominerà il curatore? Sarà sempre il tribunale che ha autorizzato il matrimonio chiedendo l’integrazione determinata dalla nomina del curatore ex art.90. ART.315 (Doveri del figlio verso i genitori)- Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze ed al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa. L’obbligo di contribuzione previsto dalla presente disposizione per l’istruzione,educazione e mantenimento del figlio,è giustificato dalla convivenza con i genitori,in caso contrario non è dovuto. Trattasi di un vero e proprio obbligo giuridico che dura oltre la minore età del figlio fintanto che continui la propria coabitazione con i genitori. Il figlio contribuisce ai carichi della famiglia anche attraverso l’usufrutto legale di cui all’art.324 cod.civ che i genitori hanno sui suoi beni esclusi quelli rientranti nelle categorie indicate; ed è proprio in relazione ad essi che assume rilevanza la disposizione in commento poiché su tutti gli altri il vincolo di destinazione è già impresso dall’art.324 citato. Unica differenza è che l’usufrutto legale è riconosciuto indipendentemente dalla convivenza. ART.316 (Esercizio della potestà dei genitori)- Il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all’età maggiore o all’emancipazione. La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori. In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori........ Se sussiste............ Il giudice, sentiti i genitori ed il figlio....... Il secondo comma: la potestà deve essere esercitata di comune accordo da entrambi i genitori, il che significa che il compimento dell’atto deve necessariamente essere preceduto da una preventiva fase consultiva tra gli stessi. Abbiamo visto sopra che il mancato rispetto della previa consultazione non incide sulla validità dell’atto compiuto, essendo la consultazione una fase a rilevanza esclusivamente interna; tale rilievo vale ovviamente solo per gli atti che possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore e non per quelli di straordinaria amministrazione che richiedono la presenza di entrambi, poiché per quest’ultimi vale l’annullabilità ex art.322 cod.civ. Il terzo comma: in caso di contrasto su questioni particolarmente importanti ciascun genitore può adire il giudice (Tribunale per i minorenni ex art.38 d.att.cod.civ.) indicando i provvedimenti che egli ritiene più idonei. Presupposti applicativi della disposizione sono: a) esercizio congiunto della potestà: non avrebbe infatti ragione d’essere qualora le decisioni dovessero essere prese esclusivamente da un solo genitore 22 b) sussistenza di disaccordo tra i genitori c) questioni particolarmente importanti d) questioni specifiche: la norma de qua non potrà trovare applicazione qualora il disaccordo investa l’intera impostazione e regolamentazione dell’esercizio della potestà.(Trib.Min.Milano 19 aprile 1977) Il quarto comma: in caso di stretta necessità (incombente pericolo per il figlio) il padre può adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili. Trattasi di una norma di carattere eccezionale costituente l’ultimo retaggio della patria potestà;secondo la dottrina prevalente (J,Fin) il provvedimento così adottato ha carattere definitivo, pur restando impregiudicata la facoltà della madre di adire il Tribunale per far accertare l’insussistenza dei presupposti richiesti dalla norma. Il quinto comma: Qualora sia investito della questione il giudice opererà come segue: a) anzitutto proverà a tentare una composizione del dissidio mediante il suggerimento ai genitori delle determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare; a tal fine dovrà sentire i genitori ed il figlio se maggiore di quattordici anni. Trattasi di una soluzione “proposta” dal giudice e non dallo stesso “imposta”. b) qualora la conciliazione non riesca il giudice con decreto conferirà il potere decisionale per lo specifico affare,al genitore ritenuto più idoneo. Ai fini pubblicitari si deve annotare in un capitolo speciale del registro delle tutele i provvedimenti emanati dal tribunale per i minorenni(art.51 disp.att. c.c.) E’ importante notare che il Tribunale si limita solo a designare il genitore più idoneo attribuendogli la rappresentanza esclusiva e non lo autorizza al compimento dell’atto. Pertanto il genitore una volta designato prima del compimento dell’atto dovrà provvedere a chiedere le necessarie autorizzazioni pena l’annullabilità ex art.322 cod.civ. Si tratta in sostanza di una fattispecie diversa da quella prevista dall’art.321. All’art.316 vi è solo il conferimento di poteri al genitore ritenuto più idoneo per l’atto da compiere;quindi il ricorso ex art.316 non potrà esser esperito dal notaio,il quale non ha certo la legittimazione. Tanto nel ricorso per chiedere l’autorizzazione quanto all’atto da stipulare dovrà essere allegato anche il decreto ex 316 cod.civ. ART.317 (Impedimento di uno dei genitori)Nel caso di lontananza, di incapacità......... La potestà comune dei genitori non cessa quando, a seguito di separazione, di scioglimento............. La norma in commento disciplina il caso di impedimento di uno dei genitori nell’esercizio della potestà; in siffatta ipotesi quest’ultima, pur permanendone la titolarità in capo ad entrambi,verrà esercitata esclusivamente dal genitore non impedito. L’attribuzione dell’esercizio esclusivo avviene ipso iure al verificarsi dell’evento, non essendo a tal fine necessario alcun provvedimento giudiziale; parimenti in maniera automatica avviene il ritorno dell’esercizio congiunto nell’istante in cui l’impedimento cessa. Vediamo ora le singole ipotesi: a)impedimento materiale: è il caso della lontananza,della grave infermità, della detenzione inferiore ai 5 anni(se è maggiore ovvero se trattasi di ergastolo si ritiene vi sia la perdita della titolarità). 23 b)impedimento giuridico:è il caso dell’ “incapacità” da intendersi sia parziale che totale ovvero: - emancipati e inabilitati: il genitore parzialmente capace ha la potestà solo per atti di ordinaria amministrazione del figlio,mentre per quelli di straordinaria è impedito con conseguente applicazione dell’ art.317; - interdetto o minore non emancipato: in tali ipotesi viene a mancare non solo l’esercizio ma la stessa titolarità della potestà; ne consegue l’esercizio esclusivo in capo all’altro genitore. E’importante rilevare che anche l’incapacità naturale può operare come impedimento di fatto,ma se è duratura e riguarda entrambi i genitori questo determinerà l’apertura della tutela; Oltre che giuridico e materiale, l’impedimento può essere: - temporaneo: in tal caso le conseguenze sono diverse a seconda che esso colpisca: un solo genitore:in siffatta ipotesi trova applicazione la norma in esame e pertanto l’esercizio della potestà spetterà in via esclusiva all’altro genitore. Entrambi i genitori: in tal caso si applicherà l’art.321 cod.civ. con conseguente nomina di curatore speciale e relativa autorizzazione da parte del Tribunale ordinario. - definitivo o stabile: anche in tale ipotesi le conseguenze sono differenti a seconda che esso riguardi: un solo genitore:anche qui trova applicazione l’art.317 e pertanto l’esercizio della potestà spetterà in via esclusiva all’altro genitore entrambi i genitori:in tal caso si ritiene che sussistano i presupposti per l’apertura della tutela ex art.343 cod.civ. Ne consegue in definitiva che: Art.317 disciplina l’impedimento di uno dei genitori sia temporaneo che definitivo. Art.321 disciplina l’impedimento di entrambi di tipo temporaneo o occasionale. Art.343 disciplina l’impedimento di entrambi di tipo stabile o con un termine finale incerto. Dal punto di vista redazionale,nel ricorso per far constare l’impedimento si può allegare il certificato medico che attesta la grave malattia,o una lettera del datore di lavoro che dà prova della lontananza per mesi all’estero .. c)separazione,l’annullamento o il divorzio: in tal caso la norma dispone che, pur permanendo la titolarità in capo ad entrambi i genitori, l’esercizio è tuttavia regolato dalla disposizione dell’art.155 cod.civ. d)assenza o morte presunta: non si tratta di un vero e proprio impedimento ma semplicemente di una causa di estinzione temporanea o definitiva della potestà. ART.155 (Provvedimenti riguardo ai figli) – Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i 24 tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole. La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi». ART. 155-bis (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso) – Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore. Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile. ART.155-ter (Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli) – I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo. ART.155-quater 25 (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza) – Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643. Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio, l’altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le modalità dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici. ART.155-quinquies (Disposizioni in favore dei figli maggiorenni) – Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto. Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori. ART.155-sexies (Poteri del giudice e ascolto del minore) – Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli». .1 Il sistema previgente: l’art.155 cod.civ., nella sua originaria formulazione, prevedeva che, salva diversa disposizione del giudice,il coniuge affidatario avesse l’esercizio esclusivo della potestà sulla prole; disponeva altresì che le decisioni di maggiore interesse per i figli fossero adottate da entrambi i coniugi. Autorevole dottrina (Giorgianni) parlava in tal caso di esercizio differenziato della potestà,svolta in forma ridotta e affievolita dal genitore non affidatario. La norma non brillava per chiarezza e ciò aveva dato luogo ad un copioso dibattito dottrinario in ordine alla necessità o meno, in relazione agli atti di straordinaria amministrazione (”decisioni di maggiore interesse” secondo la formulazione codicistica)della rappresentanza congiunta di entrambi i genitori. a) teoria della rappresentanza congiunta: secondo tale tesi gli atti de quo devono essere necessariamente compiuti da entrambi,perché in relazione ad essi tornerebbero applicabili le regole generali previste dall’art.320 cod.civ.; i suoi sostenitori ritengono conseguentemente che l’esercizio esclusivo da parte del coniuge affidatario riguardi 26 soltanto gli atti della vita quotidiana e quindi riconducibili all’ordinaria amministrazione. b) Teoria della rappresentanza esclusiva con decisione comune: la dottrina prevalente (Jannuzzi) ritiene che l’atto possa essere compiuto esclusivamente dal genitore affidatario perché solo lui possiede la rappresentanza(fase esterna)del minore, mentre il potere di decidere sull’attività da compiersi spetta ad entrambi(amministrazione nel suo aspetto interno);quindi sarà opportuno allegare una lettera di consenso del genitore non affidatario, o una sua sottoscrizione del ricorso,se questo non è redatto dal notaio. c) Teoria della rappresentanza esclusiva senza preventivo obbligo di deliberazione comune: altra tesi infine ritiene che il genitore affidatario sia libero di chiedere da solo l’autorizzazione e così conseguentemente stipulare l’atto,perché la rappresentanza spetta solo a lui. Egli pertanto ha soltanto un onere e non certo un obbligo di interpellare l’altro genitore per le decisioni più importanti; se non lo fa o non si attiene a quanto concordato, l’altro genitore potrà chiedere la revisione delle disposizioni circa l’affidamento(ex art.155 ultimo comma). Si tratta peraltro di un aspetto che ha rilevanza solo interna e non certo esterna, e quindi con nessuna conseguenza per i terzi. Dal punto di vista redazionale ed a fini cautelari e tuzioristici, si era soliti allegare una lettera dalla quale risulti il consenso del coniuge non affidatario oppure far constare nel ricorso e nell’atto il comune consenso. Diversi i problemi che nella pratica si erano posti in relazione a determinate fattispecie; vediamo i principali: Problema: cosa succede se manca il consenso del coniuge non affidatario? In tal caso si ritiene doversi applicare l’art.155 comma 3 nella parte in cui prevede la possibilità per il genitore non affidatario di ricorrere al giudice qualora ritenga che siano state adottate decisioni pregiudizievoli per il figlio; non troverà invece applicazione l’art.316. Quindi la competenza è del tribunale ordinario e non di quello minorile perché il tribunale ordinario è il giudice della separazione o del divorzio. Chiara è al riguardo Cass. ‘14360/00: Problema: cosa succede se il coniuge affidatario decede? In tal caso l’altro genitore potrà chiedere, ai sensi dell’u.c. dell’art.155 cod.civ, la revisione delle disposizioni circa l’affidamento ed eventualmente ottenere lui l’esercizio della potestà e dell’amministrazione. E’ evidente che non ci può essere un automatico “passaggio dei poteri” da un genitore all’altro. Problema: cosa succede se il coniuge affidatario è in conflitto di interessi? Anche in questo caso, analogamente a quanto sopra, si esclude il passaggio automatico all’altro genitore perché questi non ha più l’esercizio della potestà,essendone stato privato a suo tempo. E’ bene pertanto chiedere la nomina del curatore speciale ex art.320 comma 6,che potrà anche essere l’altro coniuge. Problema: se il minore vive con i nonni,ma è stato affidato alla madre,la quale è separata,qual è il suo domicilio? La dottrina prevalente ritiene che in tal caso il domicilio del minore sia quello della madre;altra dottrina,minoritaria, ritiene invece che il minore abbia in tale ipotesi il domicilio dei nonni perché l’art.45 comma 2 richiede espressamente la convivenza,e non l’affidamento. 27 .2 Il sistema attuale: il panorama legislativo è notevolmente mutato a seguito dell’approvazione in data 26 gennaio 2006 del disegno di legge n.3537 con il quale si modifica l’art.155 e si introducono cinque nuovi articoli (155 bissexies). Con tale innovazione viene capovolto il previgente sistema in materia di affidamento in base al quale i figli sono affidati o all'uno o all'altro dei genitori secondo il prudente apprezzamento del presidente del tribunale o del giudice o secondo le intese raggiunte dai coniugi. La nuova disciplina attua il cosiddetto principio della bigenitorialità; principio peraltro non nuovo in quanto affermatosi da tempo in diversi ordinamenti europei e soprattutto presente nella Convenzione sui diritti del fanciullo sottoscritta a New York il 20 novembre 1989, e resa esecutiva in Italia con la legge n. 176 del 1991. Conseguentemente, in caso di separazione, i figli saranno affidati come regola ad entrambi i genitori e, soltanto come eccezione, ad uno di essi quando in tal senso spinga l'interesse del minore e l'affidamento condiviso determini una situazione di pregiudizio per il minore stesso. Quindi, esemplificando: a) regola base: affidamento condiviso. In tal caso l’esercizio della potestà spetterà ad entrambi i genitori, in maniera non dissimile da quanto avviene in caso di genitori non separati; bisogna distinguere però gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione: - atti di straordinaria amministrazione: - deliberazione: congiunta; l’art.155 comma terzo parla di “decisioni assunte di comune accordo” - esercizio: congiunto (comma terzo prima parte) - atti di ordinaria amministrazione: in relazione a tale tipologia di atti la formulazione della norma pare decisamente infelice stabilendo essa testualmente che “ limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente”. La disposizione sembrerebbe pertanto sancire una disciplina più rigorosa rispetto a quella prevista dall’art.320 c.c. per i genitori non separati; questi ultimi possono infatti compiere singolarmente atti di ordinaria amministrazione sui beni del figlio minore, essendo la rappresentanza congiunta richiesta solo per quelli di straordinaria amministrazione (salva in ogni caso la deliberazione congiunta: la cd.fase deliberativa interna). In caso di separazione sembrerebbe invece che anche gli atti di ordinaria amministrazione richiedano necessariamente la rappresentanza congiunta di entrambi i genitori, salva diversa volontà del giudice. Ad avviso di chi scrive, pare preferibile ritenere che il legislatore con la disposizione de qua si sia voluto riferire non tanto al compimento dell’atto (fase esterna) quanto alla sua decisione (fase interna), nel senso che – ferma restando la possibilità per il singolo genitore di compiere disgiuntamente l’atto di ordinaria amministrazione – il giudice può attribuire allo stesso anche il potere di decidere da solo sull’opportunità dello stesso. Riassumendo: - deliberazione: congiunta, salvo che il giudice disponga diversamente - esercizio: disgiunto b) affidamento ad un solo genitore (art.155 bis) il giudice disporrà l’affidamento esclusivo nell’ipotesi in cui quello condiviso risulti contrario all’interesse del minore. Tale provvedimento potrà essere emanato: - in sede di separazione - successivamente alla separazione: quando uno od entrambi i genitori ricorrano al giudice allegando la sussistenza di un pregiudizio per il minore causato dalla sussistenza dell’affidamento congiunto. 28 In tal caso l’esercizio della potestà spetterà esclusivamente al coniuge affidatario; valgono qui le considerazioni ed i risultati raggiunti dalla dottrina sotto la vigenza della precedente normativa in merito alla fase deliberativa ed a quella esecutiva. In particolare: - ordinaria amministrazione: deliberazione ed esecuzione esclusive del genitore affidatario. - straordinaria amministrazione: deliberazione congiunta esecuzione al solo genitore affidatario ART.317 bis (Esercizio della potestà)- Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà su di lui. Se il riconoscimento è fatto............. Si applicano le disposizioni dell’articolo 316. Se i genitori non convivono............ Il genitore che non esercita la potestà ha il potere di vigilare sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore. Il primo comma: .1 Definizione: figli naturali riconosciuti sono quelli nati da genitori non uniti in matrimonio e che acquistano tale loro qualità mediante un atto volontario di riconoscimento da parte di uno od entrambi i genitori ex art.250 cod.civ ovvero per dichiarazione giudiziale ex art.269 cod.civ. La loro posizione è pressoché parificata a quella dei figli legittimi se si eccettua la facoltà di commutazione ex artt.537 e 566 cod.civ.; .2 Natura giuridica: molto discussa è in dottrina la qualificazione giuridica dell’atto di riconoscimento; alcuni propendono per la natura negoziale, ma sembra decisamente prevalere la considerazione dello stesso come un atto giuridico in senso stretto e precisamente una dichiarazione di scienza. .3 Effetti: si discute se il riconoscimento abbia effetto ex nunc o ex tunc, ossia dalla nascita; decisamente preferibile pare la tesi della retroattività stante il fatto che esso si limita ad accertare o dichiarare un fatto già preesistente e cioè la procreazione. In ogni caso non bisogna dimenticare che il riconoscimento produce effetti solo per chi lo effettua. .4 Pubblicità: la pubblicità del riconoscimento è data dall’annotazione nei registri dello stato civile ex art.258 comma terzo. Il secondo comma: .1 Titolarità della potestà: se il riconoscimento è fatto da un solo genitore la potestà spetta solo a lui, mentre se è fatto da entrambi spetta a tutti e due. .2 Esercizio: bisogna distinguere diverse ipotesi a seconda che il figlio sia stato riconosciuto da entrambi o da uno solo dei genitori; a)da entrambi: - conviventi: l’esercizio spetta congiuntamente ad entrambi e si applicherà l’art.316 cod.civ. - non conviventi : l’esercizio spetta al genitore con il quale il minore convive; se non convive con alcuno dei genitori l’esercizio spetta al genitore che per primo ha fatto il riconoscimento. - da uno solo: l’esercizio e la titolarità della potestà spettano esclusivamente al genitore che ha fatto il riconoscimento. 29 ATTENZIONE: è importante non confondere il caso di genitori separati(art.317 comma 2 e art.155)con la fattispecie dei genitori naturali(art.317 bis e 316 comma 2). Nel primo caso (separati) è necessario il consenso del coniuge non affidatario per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione, tanto nel caso di affidamento congiunto, quanto in quello di affidamento esclusivo. Nel secondo caso (figli naturali)invece il consenso del genitore non convivente non è necessario. La differenza tra l’art.155 e il 317 bis si individua precisamente nel fatto che l’art.317 bis ultimo comma riconosce i soli poteri di vigilanza al genitore non affidatario, ma non è anche richiesto il consenso per le decisioni di maggiore interesse. Ne consegue quindi che per il genitore naturale non convivente minori sono i diritti rispetto al genitore separato non affidatario. Tutto questo sempre se non vi sia una diversa volontà del giudice,che ad es. può disporre l’esercizio congiunto della potestà. I figli incestuosi non sono riconoscibili per legge:i genitori non potranno esercitare la potestà ma avranno solo un dovere di assistenza anche di tipo economico. In tal caso dovrà essere nominato un tutore, salvo che si verifichino gli effetti del matrimonio putativo tra i genitori incestuosi in buona fede(art.128). ART:320 (Rappresentanza ed amministrazione)- I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi quelli........... Si applicano in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizioni dell’articolo 316. I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno.............se non per necessità od utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare. I capitali non possono essere riscossi........... L’esercizio di una impresa commerciale.......... Se sorge conflitto di interessi patrimoniali......... Per il primo ed il secondo comma si rinvia a quanto detto sopra ai punti...... Il terzo comma: è opinione pacifica in dottrina che l’elenco di atti per i quali è necessaria l’autorizzazione abbia carattere non tassativo ma meramente esemplificativo; la norma parla infatti di ”altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione ”. La disposizione richiede la presenza del requisito della: - necessità: si riferisce agli atti conservativi del patrimonio,es. ristrutturazione di una casa;oppure della - utilità evidente: si riferisce all’esistenza di un incremento qualitativo o quantitativo del patrimonio,ad es. la vendita di un bene ad un prezzo molto alto. Competenza: diversamente da quanto accade in materia di tutela, l’autorizzazione è data qui sempre dal giudice tutelare. Problema: quale è il giudice competente ad autorizzare l’alienazione di beni ereditari del minore sotto potestà? La questione nasce a seguito della riforma del diritto di famiglia intervenuta con l.151/75 la quale, modificando il comma terzo dell’art.320 ha aggiunto ad 30 esso l’inciso “anche a causa di morte” relativamente agli atti alienativi di beni dei minori a qualsiasi titolo ad essi pervenuti. Sinteticamente si può dire che le tesi formatesi al riguardo sono le seguenti: - teoria della competenza del giudice tutelare: tale tesi sostiene che la riforma abbia da un lato implicitamente abrogato l’art.747 c.p.c. per quanto riguarda i minori sotto potestà e dall’altro unificato la normativa in materia di alienazione dei loro beni. Problema: non tutela creditori e legatari. - teoria della doppia autorizzazione: tale tesi muove dalla considerazione dell’esistenza nella fattispecie de qua di due interessi contrapposti ed incompatibili destinati ad essere conosciuti e tutelati da giudici differenti; da un lato quelli dei creditori e legatari che saranno valutati dal Tribunale ex art.747 c.p.c. e dall’altro quelli del minore che saranno esaminati dal giudice tutelare. Problema:aggravio di procedura e possibilità di provvedimenti contrastanti. - teoria dell’unica autorizzazione su parere del giudice tutelare: è questa la teoria più seguita in dottrina e dalla più recente giurisprudenza. L’unica autorizzazione verrà rilasciata dal Tribunale delle successioni ex art.747 c.p.c. su parere del giudice tutelare (del luogo di domicilio del minore). Vantaggi: consente l’esame di tutti gli interessi coinvolti nella fattispecie evitando un aggravio della procedura. L’art.320 cod.civ. troverà applicazione nel momento in cui potrà dirsi chiusa la cd ”fase ereditaria”. Chiara è al riguardo è la giurisprudenza: “La competenza ad autorizzare la vendita di beni immobili ereditati dal minore soggetto alla patria potesta' appartiene al giudice tutelare del luogo di residenza del minore stesso unicamente per i beni che si possono considerare acquisiti definitivamente al patrimonio di questi; mentre appartiene al Tribunale del luogo dell'apertura della successione allorche' l'acquisto "iure hereditatis" non sia ancora perfezionato, come quando penda procedura di accettazione con beneficio di inventario - il cui esaurimento non puo' desumersi esclusivamente dalla circostanza che, al momento della richiesta di autorizzazione, non sono ancora avanzate pretese ereditarie sull'asse ereditario poiche', in tal caso, l'indagine del giudice adito, non e' limitata alla tutela del minore, ma si estende a quella degli altri soggetti interessati alla liquidazione dell'eredita'. (Cassazione civile sez. II, 27 marzo 1993, n. 3715; in Giust. civ. Mass. 1993, 565) Problema: è necessaria l’autorizzazione per accettare legati o donazioni non soggetti a pesi e condizioni a favore di minori sotto potestà? La questione nasce anche qui a causa della riforma intervenuta con la legge 151/75 cit. poiché mentre essa ha novellato il disposto dell’art.320 comma terzo eliminando ogni riferimento ai pesi e condizioni relativi ai legati e donazioni a favore dei minori in potestate, in relazione ai minori sotto tutela ciò non è avvenuto permanendo pertanto inalterata la formula dell’art.374 n.3 cod.civ. richiedente l’autorizzazione giudiziale solo in caso di pesi e condizioni alla liberalità. Sicché si è venuta a creare una disarmonia nel sistema, in quanto limitandosi al dato letterale emergerebbe che: a) per i minori in potestate: l’autorizzazione sarebbe sempre richiesta a prescindere dal fatto che i lasciti siano sottoposti a pesi e condizioni; b) per i minori sotto tutela: l’autorizzazione sarebbe necessaria solo per i legati e donazioni gravati da pesi e condizioni. In relazione ad essa due sono state le tesi proposte: - teoria dell’applicazione letterale: tale tesi sostiene in buona sostanza che di fronte ad un dato letterale così chiaro l’interprete non può che adeguarsi ad esso. - teoria dell’interpretazione estensiva: tale tesi sostiene che l’innovazione introdotta nell’art.320 debba valere anche per l’art.374 31 sicché anche per i minori sotto potestà sarà necessaria l’autorizzazione giudiziale a prescindere dalla sussistenza di pesi e condizioni. I suoi sostenitori muovono dalla considerazione che per il tutore non si può certo prevedere una disciplina più favorevole rispetto a quella prevista per i genitori e ciò proprio per la mancanza del vincolo di sangue;conferma ne sarebbe data dagli artt.394 comma terzo e 356 cod.civ. Il sesto comma: disciplina l’ipotesi del conflitto d’interessi ed è già stato esaminato in precedenza al punto........ ART.321 (Nomina di un curatore speciale)- In tutti i casi in cui i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la potestà, non possono o non vogliono compiere uno o più atti nell’interesse del figlio, eccedente l’ordinaria amministrazione, il giudice, su richiesta del figlio stesso, del pubblico ministero, o di uno dei parenti che vi abbia interesse, sentiti i genitori, può nominare al figlio un curatore speciale autorizzandolo al compimento di tali atti. Mentre la norma in esame risulta di generalizzata applicazione in tutti i casi di impedimento dei genitori al compimento di un determinato atto nell’interesse del figlio, l’art.320 u.c. trova al contrario utilizzo nell’esclusiva ipotesi di conflitto di interessi tra genitori e figli; ne risulta quindi la specialità della seconda rispetto alla prima. Quindi, differenze tra art.320 u.c. e art.321 cod.civ.: - specialità dell’art.320 rispetto all’art.321 - nell’art.321 il curatore speciale viene contestualmente autorizzato al compimento dell’atto, mentre nell’art.320 si ha soltanto la nomina del curatore e poi sarà quest’ultimo a dover chiedere l’autorizzazione al compimento dell’atto. - competenza: nell’art.320 spetta al giudice tutelare, mentre nell’art.321 al Tribunale ordinario(secondo la teoria preferibile) - ius postulandi del notaio: solo nell’art.321, mentre non sussiste nel caso di applicazione dell’art.320 cod.civ. Competenza: la norma de qua presenta, in relazione alla competenza, una formulazione generica limitandosi a parlare di “giudice“; bisogna pertanto fare riferimento all’art.38 d.att. il quale prevede espressamente la competenza del Tribunale ordinario ove non sia testualmente indicata una diversa autorità giudiziaria. Deve tuttavia menzionarsi anche la disposizione dell’art.45 d.att. c.c. il qual prevede che “il Tribunale ordinario sia competente per il reclamo avverso i decreti del giudice tutelare emessi ai sensi degli articoli...321..” Sembrerebbe pertanto sussistere un conflitto tra norme; in realtà ciò non avviene in quanto la disposizione da ultimo citata deve ritenersi tacitamente abrogata per la parte che qui interessa a seguito della riforma introdotta con la L.151/75 cit. La competenza spetterà quindi sicuramente al Tribunale Ordinario. Nello stesso senso è anche la giurisprudenza della Cassazione; si veda in particolare Cass.13 marzo 1992 n.3079 + Cass.’81 Ricordiamo che se un genitore è in conflitto di interessi e l’altro è impedito,sarà applicato l’art.321 se l’impedimento è successivo al conflitto di interessi altrimenti l’art.320 ultimo comma;solo se l’impedimento è temporaneo,parziale o occasionale,ed è certo il quando della fine dell’impedimento stesso,altrimenti si aprirà la tutela ex art.343. Alcune eccezioni ai principi generali: 32 - legittimato al ricorso può esser anche il minore non emancipato;c’è legittimazione plurima disgiunta. Discusso se sia necessario che sappia esprimersi,o abbia almeno compiuto i 14 anni,per analogia con l’art.316 comma 5. 2)lo ius postulandi: per il ricorso alla nomina del curatore in postulandi ex art.1 legge notarile,perché non con l’atto da stipulare,salvo che nel caso nomina del curatore speciale e l’autorizzazione genere,il notaio non ha lo ius c’è nessun collegamento diretto dell’art’art.321 c.c.(perché la sono contestuali). Eccezioni di Volontaria Giurisdizione: l’eccezione più rilevante è quella dello spostamento della competenza del giudice per connessione. Infatti normalmente è il giudice tutelare a nominare il curatore speciale e poi quest’ultimo provvede a chiedere l’autorizzazione al Tribunale; qui invece la competenza viene attratta tutta nelle mani del giudice superiore. Trattasi peraltro di fattispecie non nuova, sol che si prenda in considerazione la disposizione dell’art.376 nella parte relativa al reimpiego; anche qui si ha un’attrazione della competenza, normalmente spettante al giudice tutelare a vantaggio del Tribunale in ordine alla fissazione delle modalità del reimpiego stesso. Modalità operative: In ogni ricorso per la nomina di un curatore o tutore, oltre a chiedere la loro nomina è preferibile anche che si indichi un nome da proporre al giudice. (Es. ART.321,320 ultimo comma): “che la S.V Ill.ma voglia nominare un curatore speciale che rappresenti il minore .. nell’atto di acquisto del bene .. .Si propone la nomina del signor .. nato a .. il .. e domiciliato a ..” La norma prevede che obbligatoriamente siano sentiti i genitori: durante l’istruttoria,art.738 cpc, vi deve essere l’audizione dei genitori;se manca si ritiene nullo il provvedimento analogamente a quanto avviene in assenza di parere obbligatorio e non vincolante (ad es. ex art.747 c.p.c.) Tuttavia se l’autorizzazione risulta nulla,opera l’art.742 cpc, per ciò che attiene all’apparenza titolata. Problema: cosa succede se l’impedimento non sussiste e tuttavia è stato nominato un curatore speciale per la stipula dell’atto? Parte della dottrina ritiene che in tal caso si applichi l’art.742 cpc (apparenza titolata);altri(Capozzi)ritengono che l’atto sia annullabile ex art.322,perché il curatore sarebbe privo del potere di legittimazione. Come in precedenza già evidenziato, bisogna distinguere tra l’impedimento parziale e totale, provvisorio o prolungato o incerto. Impedimento parziale e provvisorio:si applica l’art.321;per quello totale e prolungato o di durata incerta si applicherà l’art.343. Se i genitori sono entrambi emancipati,si avrà un unico curatore Tizio. Quindi in definitiva, come è stato autorevolmente sostenuto (Capozzi) se si tratta di incapacità totale,es. dei genitori interdetti si applicherà l’art. 343;se l’incapacità è parziale,trattasi di soggetti emancipati o inabilitati per i quali si applicherà l’art.321. Ma l’applicazione della norma di cui sopra (art.321)è solo per gli atti di straordinaria amministrazione sui beni del loro figlio,mentre per quelli di ordinaria amministrazione i poteri sono di competenza degli emancipati stessi senza l’assistenza del curatore,art.394 comma 1. Se trattasi di minori di 17 anni i quali sono gia genitori ma non sono uniti dal vincolo del matrimonio siamo nella fattispecie di minori non emancipati 33 (applicazione dell’art.343)perché l’incapacità è totale e l’impedimento di tipo stabile e duraturo. Problema: in caso di un genitore morto e l’altro interdetto? In tale ipotesi si applica l’art.343,ossia si provvederà alla nomina del tutore. Problema: in caso di assenza o morte presunta di entrambi i genitori? Si applica l’art.343 ma se l’assente ritorna riacquista ipso iure la potestà genitoria senza necessità di alcun provvedimento;e se il tutore era già stato autorizzato alla vendita, occorrerà una nuova autorizzazione per il genitore assente perché trattasi di un soggetto diverso,così come diverso sarà il giudice. L’art.322 (Inosservanza delle disposizioni precedenti)- Gli atti compiuti senza osservare le disposizioni dei precedenti articoli del presente titolo possono essere annullati su istanza dei genitori esercenti la potestà o del figlio o dei suoi eredi od aventi causa. La norma in esame rappresenta un’eccezione ai principi generali in quanto deroga all’art.1418 cod.civ. il quale prevede quale sanzione generale in caso di violazione di norme imperative (tali sono quelle in materia di protezione di incapaci)la nullità dell’atto compiuto. Qui al contrario viene testualmente prevista la sola annullabilità del negozio non autorizzato; la ratio di tale scelta legislativa deve essere ravvisata nel favor per l’incapace perchè l’atto, anche se irregolare, potrebbe essere per lui vantaggioso. Pertanto egli od il suo rappresentante legale potranno chiedere: - l’annullamento dell’atto: in tal caso per la proposizione dell’azione occorre l’autorizzazione del giudice tutelare; oppure - l’autorizzazione alla convalida: giudice competente sarà la stessa autorità che avrebbe dovuto autorizzare ab origine l’atto compiuto. Rapporto tra art.322 cod.civ – art.1445 cod.civ –art.742 c.p.c: l’art.322 cod.civ. come visto sancisce l’annullabilità dell’atto compiuto in violazione delle regole prescritte; l’art.1445 cod.civ prevede (argomentando a contrario)che l’annullamento derivante da incapacità legale travolga i diritti acquistati dai terzi anche se a titolo oneroso ed in buona fede; l’art.742 c.p.c fa salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede in forza di convenzioni anteriori (ed onerose secondo dottrina e giurisprudenza) Sembrerebbe pertanto sussistere un conflitto tra le due ultime norme citate; tuttavia tale non è perchè esse trovano un campo di applicazione assolutamente diverso e precisamente: - l’art.1445 c.c. opera nel caso in cui l’atto sia inficiato da un vizio indipendente dal provvedimento, ad esempio nell’ipotesi di negozio compiuto personalmente dall’incapace; - l’art.742 c.p.c riguarda invece i vizi relativi al procedimento ed alla autorizzazione (invalidità o successiva revoca)che inevitabilmente vanno a ripercuotersi sull’atto. 34 Problema: è valida ed ammissibile la stipula di un atto non previamente autorizzato e sotto la condizione sospensiva del successivo rilascio di quest’ultima? La dottrina prevalente e preferibile propende per la soluzione negativa in quanto la valutazione dell’atto da parte del giudice non può che avvenire precedentemente rispetto al suo compimento. Anche la giurisprudenza si è mostrata incline ad accogliere la soluzione testè prospettata; si veda al riguardo: L'autorizzazione del giudice tutelare richiesta dall'art. 320 c.c. per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione riguardanti i minori di eta', non e' diretta a conferire efficacia ad un negozio giuridico gia' formato, ma rappresenta un elemento costitutivo dello stesso, e pertanto deve sussistere al momento della sua conclusione e non puo' essere supplito da un'autorizzazione successiva, ancorche' il negozio sfornito di quel requisito di validita' sia affetto da sola annullabilita', che puo' essere fatta valere solamente dal genitore o dal figlio o dai suoi eredi o aventi causa. (Cassazione civile, sez. III, 17 marzo 1990 n. 2235, in Giust. civ. Mass. 1990, fasc. 3) Collegamenti: art.377,396,427,1445. ART.323 (Atti vietati ai genitori)- I genitori esercenti la potestà sui figli non possono, neppure all’asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti dl minore. Gli atti compiuti in violazione del divieto previsto nel comma precedente possono essere annullati su istanza del figlio o dei suoi eredi od aventi causa. I genitori esercenti la potestà non possono diventare cessionari di alcuna ragione o credito verso il minore. Il primo comma: Il divieto sancito all’art.323 è assoluto ed insuperabile; esso trova il proprio fondamento in una situazione particolarmente grave di conflitto di interessi tra il minore ed i propri genitori. Il conflitto di interessi è preso in considerazione anche dall’art.320 u.c. cod.civ. onde appare necessario un raffronto tra le due disposizioni: a) art.320: - conflitto superabile mediante rappresentanza dell’altro genitore ovvero nomina di un curatore speciale non c’è un divieto assoluto di compiere l’atto b) art.323: - conflitto insuperabile nemmeno con un curatore oppure con autorizzazione giudiziale - divieto assoluto di stipulare l’atto; si parla al riguardo di “incapacità relativa” del genitore verso i figli. Il terzo comma: Per “ragione”, secondo la prevalente dottrina, si deve intendere un diritto litigioso. Quanto ai crediti non possono essere ceduti singolarmente, mentre si ritiene ammissibile la cessione di contratti. Problema: è ammissibile una divisione tra genitori e figli con conguaglio a favore di questi ultimi? Il tribunale di Torino con sentenza in data... 1993 ha dato al quesito risposta negativa, sostenendo che sia vietata la divisione stragiudiziale con conguaglio,se i conguagli sono fatti a favore del minore. 35 E’ il caso ad es. di una comunione ereditaria avente ad oggetto degli immobili e un’azienda, beni da dividere tra la madre ed il figlio; nel caso in cui l’azienda valesse più degli immobili,non sarà possibile attribuire l’intera azienda alla madre e i beni immobili al minore più eventuali conguagli. Come fare quindi in tal caso? Le soluzioni concretamente utilizzabili possono essere le seguenti: a) attribuire gli immobili più un ramo d’azienda al figlio e contestuale affitto di quest’ultimo alla madre; b) creare una s.a.s tra madre e figlio; c) vendere a terzi l’azienda e divisione del denaro così ricavato; d) operare una divisione a stralcio dei soli immobili e far permanere una situazione di comunione relativa all’azienda, la quale verrà poi affittata a terzi estranei. ART.324 (Usufrutto legale)- I genitori esercenti la potestà hanno in comune l’usufrutto dei beni del figlio. I frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia e all’istruzione ed educazione dei figli. Non sono soggetti ad usufrutto legale: 1)i beni........ 2)i beni donati o lasciati....... 3)i beni donati o lasciati....... 4)i beni pervenuti al figlio per eredità legato o donazione ed accettati nell’interesse del figlio contro dei genitori esercenti nla potestà. Se solo uno di essi era favorevole all’accettazione, l’usufrutto legale spetta solo a lui. Il primo comma: .1 Definizione: l’usufrutto legale può essere definito come una forma di contribuzione del figlio al mantenimento della famiglia, basata sul cd.”dovere di solidarietà familiare” L’art.324 si ricollega pertanto pienamente all’art.315 ”doveri di contribuzione del figlio”. .2 Natura giuridica del diritto: diverse sono state le teorie formulate in relazione alla natura giuridica dell’istituto in esame. - Teoria dualista: tale tesi sostiene che dal lato “interno” l’istituto dovrebbe considerarsi un ufficio di diritto privato, mentre da quello “esterno” un vero e proprio diritto di usufrutto. - Teoria del diritto reale: tale tesi non opera la distinzione testè menzionata e propende per la natura unitaria di diritto reale di usufrutto sia pur con le particolarità che si evidenzieranno tra breve. - Teoria del diritto personale di godimento. - Teoria del potere-dovere: sarebbe cioè uno dei poteri-doveri facenti parte della situazione complessiva derivante dalla potestà; in particolare un officium di amministrazione dei beni dei figli destinando i frutti al mantenimento della famiglia e all’istruzione dei figli. .3 Natura giuridica dei frutti: essi costituiscono un patrimonio separato,con vincolo di destinazione familiare,simile al fondo patrimoniale, specie ex art.324 comma2 e art.326 anche se diversa è la fonte(Pelosi). Trattasi in particolare di un patrimonio non suscettibile di esecuzione da parte creditori personali dei genitori,se riguardano scopi estranei alla famiglia(analogia dell’art.326 con l’art.170). 36 .4 Titolarità: ex lege ad entrambi i genitori esercenti la potestà. In caso di esercizio esclusivo della potestà da parte di un solo genitore quest’ultimo sarà l’unico titolare dell’usufrutto legale secondo quanto previsto dall’art.327 cod.civ. Il terzo comma: contempla le deroghe all’usufrutto legale dal punto di vista oggettivo e cioè in relazione a determinate categorie di beni; tali deroghe devono ritenersi tassative. E’ importante evidenziare che anche sui beni non oggetto di usufrutto legale sussisterà comunque l’amministrazione ad opera dei genitori. - il n.1 (beni acquistati con proventi del lavoro del minore): si devono ritenere esclusi non solo i beni così acquistati, ma anche i proventi stessi - il n.2 (beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera): è il caso ad esempio di una donazione o lascito con modus ovvero sotto condizione risolutiva di quella specifica carriera. La ratio dell’esclusione è rinvenibile da un lato nell’esigenza di favorire la libera attività del minore e dall’altro nel fatto che si tratta di beni destinati a ad essere consumati ovvero liquidati al fine di consentire il raggiungimento dello scopo voluto dal beneficiante. - il n.3(beni lasciati a condizione che genitori non ne abbiano l’usufrutto legale): La ratio è quella di evitare che il disponente si astenga dal beneficiare il figlio per avversione contro i genitori. La dottrina ritiene che i genitori esclusi dall’usufrutto legale non siano esclusi anche dall’amministrazione se non vi è stata espressa disposizione del disponente in tal senso(art.356). In sostanza gli articoli 356 e 324 n.3 sono tra loro indipendenti, nel senso che l’esclusione dall’usufrutto legale non implica necessariamente quella dall’amministrazione, così come l’esclusione da quest’ultima non implica quella dall’usufrutto legale. Ad esempio, i genitori anche se esclusi dall’usufrutto legale potranno vendere i frutti di un fondo,e poiché la vendita in questo caso è atto di ordinaria amministrazione(art.375 n.1 che essendo più favorevole si applica anche ai minori sotto potestà),non vi sarà necessità dell’autorizzazione e la vendita potrà essere eseguita anche disgiuntamente dai genitori. - il n.4(beni donati o lasciati,accettati da uno dei due genitori senza il consenso dell’altro): la ratio della disposizione è incerta; alcuni ritengono trattarsi di una sorta di sanzione per un atto potenzialmente dannoso(il voler rinunziare) nell’interesse figlio, altri propendono per la qualificazione in termini di rinuncia tacita, altri infine sostengono la sussistenza nella fattispecie de qua di una parziale decadenza della potestà per abuso. La tesi della sanzione non è accoglibile in quanto l’usufrutto in esame è attribuito nell’interesse della famiglia e non certo del genitore; del pari inaccoglibile è la teoria della rinuncia tacita, posto che trattasi di usufrutto indisponibile ed irrinunciabile. Non resta quindi che aderire alla teoria della decadenza parziale(Cicu). Altra deroga all’usufrutto legale è prevista dall’art.465 cod.civ. disciplinante l’indegnità del genitore; tale norma dispone testualmente che “colui che è escluso per indegnità dalla successione non ha sui beni della medesima, che siano devoluti ai suoi figli,i diritti di usufrutto o di amministrazione che la legge accorda ai genitori”. A differenza di quanto previsto dall’art.324 qui si ha l’esclusione non solo dall’usufrutto ma anche dall’amministrazione dei beni; ma ciò nonostante è a lui che compete accettare o meno la disposizione testamentaria(analogamente a quanto accade nell’art.356). 37 Problema: cosa accade se il minore succede per rappresentazione al padre dichiarato indegno verso il nonno che è morto, qualora sia deceduta anche la madre? In tal caso, ai sensi dell’art.465 cod.civ. il padre non avrà l’usufrutto legale,e quindi neppure l’amministrazione sui beni devoluti al figlio;tuttavia sarà lui a dover accettare l’eredità per il figlio, previa autorizzazione. Quanto all’amministrazione dei beni così pervenuti al figlio, qualora egli intenda alienarli il padre non potrà agire non avendo alcun poter di amministrazione;si renderà pertanto necessaria la nomina di un curatore speciale. Secondo alcuni si applica l’art.334,per analogia, perché si tratta di curatoreamministratore a tempo indeterminato;secondo altri trova applicazione l’art.321,perché non c’è cattiva amministrazione,anche se l’art.321 si applica quando vi è un impedimento che ha carattere temporaneo o occasionale. Problema: a chi spettano i frutti in surplus, dopo aver soddisfatto le esigenze della famiglia? La questione che si pone è se tali frutti eccedenti le esigenze della famiglia debbano essere accantonati o possano essere liberamente utilizzati dai genitori. La cass.’57/58 ha dichiarato che il genitore può far proprio il supero dei frutti dopo aver soddisfatto l’obbligo del mantenimento della famiglia,compreso l’obbligo di educazione e istruzione dei figli. Secondo altra tesi l’usufrutto legale è un potere attribuito nell’interesse della famiglia;per ciò il genitore ha un obbligo di capitalizzare i frutti esorbitanti del patrimonio del figlio. Così, ad esempio, se dopo qualche anno le rendite del minore siano consistenti,e i genitori con quelle rendite vogliono acquistare una casa,da intestare a loro e all’altro figlio(art.1411 o art.1180)possono farlo,perché un vero e proprio obbligo si ha solo per il coniuge passato a nuove nozze,che secondo l’art.328 “deve accantonare in favore del figlio per ciò che eccede i bisogni famiglia”. In buona sostanza: la libera disponibilità è la regola (art.324)mentre l’obbligo di accantonamento è l’eccezione Collegamenti: artt.144,315,327. La ratio dell’istituto è quello di tutelare il preminente interesse della famiglia(art.144). Si individua un contributo del figlio per il mantenimento della famiglia ma mentre nell’art.315 è fatto obbligo ai figli,se e perché convivono con i genitori,all’art.324 spetta ai genitori indipendentemente dalla convivenza(opinione dottrinaria). .4 Differenze con l’usufrutto ordinario(art.978 c.c.): - ACCESSORIETA’: rispetto alla potestà,manca una propria autonomia, infatti segue le vicende della prima. - INSEPARABILITA’:rispetto al bene cui inerisce. L’acquisto avviene automaticamente per effetto dello stesso da parte del minore della proprietà di un bene o di altro diritto suscettibile di usufrutto. Con l’acquisto ex lege non è possibile l’estinzione volontaria dell’usufrutto su di un bene del figlio finché il bene resta di proprietà del figlio stesso. - INDISPONIBILITA’ ex art.326:è un preciso vincolo di destinazione. - INESPROPRIABILITA’: l’esecuzione è prevista solo sui frutti e non sui beni(art.326). Problema: è necessaria l’autorizzazione soggetti ad usufrutto legale? per disporre dei frutti dei beni 38 No, in quanto le rendite del minore,ad es. gli interessi sul capitale,i canoni di locazione,spettano ai genitori e non al minore; sono i primi ad essere usufruttuari ex lege e possono per ciò disporne senza alcuna autorizzazione, perché è denaro loro con la particolarità del vincolo di destinazione. Quindi eventuali atti di disposizione dei frutti sono stipulati in nome e per conto dei genitori,e non del minore,e ripetesi senza che occorra alcuna autorizzazione. “..(omissis)....il genitore....ha potestà di compiere in piena autonomia, in nome proprio e non quale rappresentante del minore, tutti gli atti negoziali i cui effetti economici siano tali da non incidere sulla consistenza del patrimonio e da diminuirne il valore...(omissis)” (Cass.16 maggio 1956 n.1628) “Gli interessi sul capitale del figlio minore, come in genere i frutti dei beni del medesimo, spettano al genitore esercente la potestà....(omissis)” (Cass.8 novembre 1984 n.5649) ART.327 (Usufrutto legale di uno dei genitori)- Il genitore che esercita esclusivo la potestà è il solo titolare dell’usufrutto legale. in modo L’usufrutto legale spetta al genitore il quale esercita in pieno la potestà(e non in modo affievolito o ridotto);quindi non spetta al genitore separato non affidatario, o al genitore naturale non convivente. Spetta invece ai genitori adottivi,qualora si tratti di adozione piena o legittimante(lex.183/84). ART.330 (Decadenza dalla potestà sui figli)- Il giudice può pronunziare la decadenza dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. In tale caso,per gravi motivi, il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore. ART.332 (Reintegrazione nella potestà)- Il giudice può reintegrare nella potestà il genitore che ne è decaduto quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio. ART.333 (Condotta del genitore pregiudizievole ai figli)- Quando la condotta di uno od entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall’articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l’allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore. Tali provvedimenti sono revocabili il qualsiasi momento. Le tre norme sopra riportate devono necessariamente essere oggetto di esame congiunto. Esse prevedono una graduale reazione dell’ordinamento nel caso di condotta dei genitori che risulti pregiudizievole per i figli. 39 L’art.333 disciplina la fattispecie del comportamento del genitore che non sia talmente grave da consentire una pronuncia di decadenza ma che comunque sia fonte di pregiudizio per il figlio. In tal caso il giudice può dare i “provvedimenti convenienti” ed arrivare al massimo all’allontanamento del figlio dalla residenza familiare; quest’ultimo è il provvedimento più grave consentito dalla norma, oltre il quale è necessario adottare la pronuncia di decadenza di cui all’art.330 cod.civ. Condotta pregiudizievole è per la giurisprudenza qualsiasi comportamento del genitore che, pur inconsciamente e senza colpa, nel suo porsi in rapporto con il figlio e nello svolgere la funzione educativa, ne turbi l’equilibrato sviluppo fisico e/o psichico(così Trib.min.Milano 17 luglio 1974) Qualora il comportamento dei genitori integri la fattispecie indicata dall’art.330 cod.civ. il giudice potrà pronunciare il più grave dei provvedimenti e cioè quello della decadenza di uno od entrambi dalla potestà. Affinché ciò avvenga la norma richiede che: a)la condotta si estrinsechi nella: - violazione dei doveri: si riferisce ad un comportamento “attivo” quale ad esempio i maltrattamenti fisici - trascuranza dei doveri: riguarda comportamenti “omissivi” come nel caso di mancato adempimento dell’obbligo di mantenimento - abuso dei poteri: si ha quando il potere è utilizzato per compiere un atto la cui finalità contrasta con l’interesse del figlio. - il pregiudizio per il figlio sia grave: la gravità del pregiudizio è il discrimine che consente al giudice l’adozione del provvedimento di decadenza rispetto a quello ex art.333 c.c.; esso può essere sia fisico che morale, ma è importante che sussista al momento della pronuncia. Problema: è necessario ai fini della decadenza che il comportamento del genitore sia quantomeno colposo? La dottrina prevalente ritiene di no; sarebbe cioè sufficiente che il comportamento integri la fattispecie di legge. Altri invece ritengono invece necessaria addirittura la presenza del dolo (Pelosi). Nonostante il codice parli di decadenza, la dottrina prevalente ritiene che si tratti di una vera e propria sospensione della potestà; ciò alla luce del disposto dell’art.332 c.c. che ne consente il reintegro. La decadenza può verificarsi anche solo nei confronti di un solo figlio,se solo nei suoi confronti sono stati violati i doveri inerenti all’esercizio della potestà; in tal caso troverà applicazione l’art.317 c.c. per cui la potestà sarà esercitata dall’altro;se invece la decadenza è pronunciata nei confronti di entrambi i genitori,si aprirà la tutela in quanto trattasi di impedimento duraturo(art.343 c.c.) Competenza: per tutti i provvedimenti sopra indicati, nonché per quello di cui all’art.334 c.c.(rimozione dall’amministrazione) competente per materia in via esclusiva è il Tribunale per i minorenni ai sensi dell’art.38 d.att. del codice civile. Quanto alla competenza per territorio la giurisprudenza ritiene che giudice abilitato a conoscere della relativa domanda non sia quello del luogo di residenza del genitore, bensì quello del luogo in cui risiede il minore (in tal senso Appello min. Torino 11 novembre 1986). Collegamento: è evidente quello con l’art.327 l’usufrutto legale del genitore decaduto. c.c.; viene infatti meno ART.334 40 (Rimozione dall’amministrazione)- Quando il patrimonio del minore è male amministrato, il tribunale può stabilire le condizioni a cui i genitori devono attenersi nell’amministrazione o può rimuovere entrambi o uno solo di essi dall’amministrazione stessa, e privarli, in tutto od in parte dell’usufrutto legale. L’amministrazione è affidata ad un curatore se è disposta la rimozione di entrambi i genitori. La norma in esame disciplina il caso della rimozione per la cattiva amministrazione del patrimonio del minore. Diversamente dall’art.330 c.c., qui non c’è la sospensione dall’esercizio dell’intera potestà,ma solo dal potere-dovere di amministrazione ovvero solo per la sfera patrimoniale e non personale. La rimozione può riguardare: entrambi i genitori: non si avrà l’apertura della tutela come nella fattispecie dell’art.330 c.c., ma la nomina del curatore speciale(curatoreamministratore)analogamente a quanto previsto all’art.356,finchè i genitori non siano nuovamente riammessi nei poteri di amministrazione. a) un solo genitore: in tal caso l’amministrazione spetterà all’altro ipso iure ex art.317 c.c.(non occorrerà alcun provvedimento del giudice); b) il genitore esercente la potestà in via esclusiva: in siffatta ipotesi si avrà la nomina del curatore speciale(curatore-amministratore),e non l’apertura della tutela,perché si tratta di privazione dell’amministrazione. c) il genitore separato affidatario, o naturale convivente: in entrambi i casi l’esclusione non comporterà l’automatico passaggio dell’amministrazione in capo all’altro genitore, ma si avrà una pronuncia del giudice,del tipo dell’art. 155 ultimo comma(revisione delle disposizioni riguardanti l’affidamento dei figli,l’attribuzione dell’esercizio della potestà e le misure circa le modalità del contributo). ART.356 (Donazione o disposizione testamentaria a favore del minore)- Chi fa una donazione o dispone per testamento a favore di un minore, anche se questo è soggetto alla potestà dei genitori, può nominargli un curatore speciale per l’amministrazione dei beni donati o lasciati. Se il donante o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore speciale deve osservare le forme stabilite dagli articoli 374 e 375 per il compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Si applica in ogni caso al curatore speciale l’articolo 384. Il primo comma: La norma de qua rappresenta una disposizione eccezionale poiché deroga alla disciplina della potestà e della tutela; la nomina del curatore è infatti direttamente operata dal disponente, e non dal giudice tutelare con decreto. Rivestendo tale qualità essa di certo non sarà, secondo dottrina e giurisprudenza prevalenti, applicabile alle donazioni indirette. “Introducendo una deroga alla regola generale per cui la rappresentanza dei minori e l’amministrazione dei loro beni competono al genitore esercente la potestà, l’art.356 c.c. integra una norma eccezionale e di stretta interpretazione e non è pertanto applicabile alle donazioni indirette, riguardo alle quali le norme sulle donazioni dirette sono applicabili unicamente nei limiti di cui all’art.809 c.c.........(omissis)- Cassazione 5 febbraio 1975 n.423, in RFI voce Tutela, 2891) Sempre per la stessa ragione,è esclusa l’applicazione dell’art.356 a favore del nascituro,perché la norma si riferisce agli incapaci già nati. 41 Ratio: interesse dell’incapace a ricevere la liberalità per testamento o donazione,posto che in caso contrario essa non avverrebbe stante la presunta sfiducia che il disponente nutre verso il tutore o i genitori dell’incapace. Soggetto nominato: il donante può nominare anche se stesso quale curatore,vista la sua libertà di scelta; egli potrà altresì auto-esonerarsi dal chiedere autorizzazioni. In ogni caso il curatore così nominato sarà soggetto all’obbligo dell’inventario e del rendiconto ex art.366 c.c. Ambito applicativo: solo per il minore sotto potestà, pupillus e interdetto. Le norme sull’incapacità riferite solo a quella di tipo legale o giudiziale;non valgono per quella naturale. Quindi è possibile la donazione con nomina di un curatore ex. Art.356,se è minore o interdetto stante il richiamo ex art.424;non si ha la stessa disciplina se è un incapace naturale,perché non può essere privato dei poteri di amministrazione un soggetto legalmente capace. Com’è noto,l’incapacità naturale rileva solo in pochi e determinati casi ad esempio negli artt.591 comma 1 n.3,art.428,art. 1425. La dottrina prevalente (Mazzacane,Jannuzzi,Capozzi) concorda nel ritenere che non si applichi l’art.356 per gli inabilitati e gli emancipati perché trattasi di soggetti parzialmente capaci; infatti il curatore è un curatore-assistente e non rappresentante. Significherebbe quindi non fidarsi nemmeno degli stessi beneficiari,e spogliarli dei loro poteri. SANTARCANGELO ritiene che se è stato nominato un curatore speciale ex. Art.356,questi cesserà dalle sue funzioni a seguito del matrimonio del minore(infatti curatore diverrà il coniuge). Quando: per la donazione la nomina è possibile solo con dichiarazione contestuale all’atto,trattandosi di disposizione accessoria; qualora intervenisse dopo sarebbe una modifica della liberalità. Per il testamento è possibile una nomina anche con un testamento successivo. Accettazione della liberalità: in ogni caso il diritto di accettare rimane ha chi è titolare della potestà e non certo al curatore così nominato. Natura giuridica: è un peso; quindi sarà sempre necessaria l’autorizzazione ad accettare la liberalità ex art.374 n3 cod.civ. Il secondo comma: Il disponente può dispensare il curatore dal richiedere autorizzazioni ex art.374-375. Non potrà invece escludere l’applicazione delle autorizzazioni richieste dagli articoli 747 c.p.c., 371c.c., 320 comma 6 c.c., 378c.c. perchè vengono in tali casi coinvolti interessi di terzi (ad es. quelli di creditori e legatari); una eventuale dispensa sarebbe nulla o comunque inefficace. Pur se l’autorizzazione è richiesta dal curatore ex art.356,il domicilio di riferimento è quello dell’incapace che coincide in genere con quello dei genitori o del tutore. Problema: disponente può essere anche chi esercita la potestà? La risposta è positiva se il genitore od il tutore dispongono per testamento(es. perché il testatore non si fida dell’altro coniuge); la risposta è invece necessariamente negativa in caso di donazione e ciò in quanto la nomina di un curatore costituirebbe spoglio da parte del rappresentante legale dei propri poteri di amministrazione sia pur se soltanto in relazione al bene donato. 42 Problema: la nomina di un curatore ex art.356 c.c. costituisce un peso ex art.549 sulla legittima? Per Capozzi e la dottrina prevalente no; ciò perchè con la nomina non si priva il beneficiario dei poteri di amministrazione(che non possiede essendo un incapace) ma si sostituisce al suo rappresentante legale una persona di fiducia del disponente. Quindi non si ha sottrazione ma sostituzione dell’amministratore. La fattispecie de qua è quindi notevolmente diversa da quella contemplata dall’art.167 c.c. in materia di fondo patrimoniale, poiché in quest’ultima è facile individuare un peso,in quanto si priva il legittimario della libera disponibilità dei beni. Problema: cosa succede se il curatore nominato dal de cuius non può o non vuole assumere l’ufficio? E’ il caso ad esempio del curatore premorto, rinunziante od impedito; in tali ipotesi, se è stato previsto un sostituto nulla quaestio. Se al contrario nulla sia stato previsto, diverse sono state le soluzioni proposte in dottrina: - secondo una tesi i poteri saranno esercitati dal rappresentante legale(genitori o dal tutore)perché non ha senso sostituire un curatore nominato dal de cuius con un altro nominato dal giudice. - secondo altra tesi(Capozzi)si avrà la nomina giudiziale di un altro curatore speciale(curatore-amministratore),per un’interpretazione estensiva dell’art.384,richiamato dall’art.356 comma 3 (tipo l’art.334),perché altrimenti verrebbe sacrificata la volontà del disponente che ha dimostrato di nutrire sfiducia verso i rappresentanti legali dell’incapace; la nomina è effettuata dal giudice tutelare. Quindi per Capozzi il problema si supera attraverso la nomina di altro curatore da parte del giudice tutelare,anche su istanza dei genitori o del tutore,ex art.384. Per contro Jannuzzi ritiene che l’istanza alla nomina non possa farsi ad opera dei genitori o del tutore poiché il disponente li ha espressamente esclusi dall’amministrazione. Al fine di evitare il sorgere dei problemi sopra indicati è preferibile prevedere in atto eventuali sostituti del curatore in caso questi non accetti,o venga meno,o sia in conflitto di interessi;si ricollega l’art.356 a all’art.688,al fine di risolvere il problema. Problema: cosa succede se il curatore nominato dal de cuius è temporaneamente impedito ovvero in conflitto d’interessi? E’ il caso ad esempio di una divisione tra curatore e incapace; in tale ipotesi, secondo la dottrina preferibile troverà applicazione la norma dell’art.321 c.c. con conseguente nomina ed autorizzazione di un curatore speciale. Non potranno invece intervenire i rappresentanti legali (genitori o il tutore)in quanto esclusi dall’amministrazione da parte del disponente. Una volta compiuto l’atto di divisione ad opera del curatore speciale ex art.321,i poteri ritorneranno al curatore ex art.356,ad es. per vendere il bene dopo la divisione. Problema: cosa succede se il padre è indegno verso il nonno,ed il figlio succede per rappresentazione del padre al nonno e la madre è premorta? Ai sensi dell’art.465 il padre non ha l’usufrutto,né i poteri di amministrazione sui beni lasciati; tuttavia l’indegno potrà accettare l’eredità per il figlio,ma poi i problemi nascono in relazione agli atti di disposizione e di amministrazione in genere: - alcuni ritengono si applichi l’art.321,ma solo per atti episodici,posto che non si tratta di amministrazione continuata(la competenza è del tribunale ordinario); 43 - altri sostengono l’applicabilità delll’art.334,per analogia,trattandosi di amministrazione continuata e la nomina del curatore è fatta dal giudice,anche se manca il presupposto della cattiva amministrazione(la competenza è del tribunale dei minorenni); - secondo la tesi preferibile si applica l’art.356,per analogia,trattandosi di gestione continuata,ma la nomina è fatta dal de cuius e non dal tribunale(tribunale ordinario ex art.38 disp.att. c.c.). L’applicazione dell’art.356 è senz’altro preferibile, perché non si può riscontrare una crisi della famiglia; la gestione è di tipo continuativa(la competenza non è certo del tribunale dei minorenni). Riassumendo avremo la nomina del curatore ex art. 356 in via analogica e poi l’autorizzazione ex art.747 c.p.c. o ex artt.374-375. Problema: se il bene x soggetto ad amministrazione ex art.356 c.c. viene alienato ed il prezzo è reimpiegato per l’acquisto di un altro bene y, il curatore conserva i poteri di amministrazione anche su tale bene? Parte della dottrina dà al quesito risposta affermativa sulla base delle seguenti argomentazioni: - perché pretium succedit in locum rei; - perché altrimenti verrebbe sacrificato lo spirito della norma e la volontà del de cuius o donante. Secondo altra tesi si avrebbe un ritorno di poteri ai genitori,perché l’art.356 è norma eccezionale,e quindi è inammissibile una surrogazione nell’oggetto. CAPITOLO QUINTO I NASCITURI .1 Definizione: nascituro è colui che, concepito o meno, non è ancora nato. La nascita si verifica nel momento del distacco del feto dall’alvo materno; tale istante è importante perchè è in tale momento che il soggetto acquista la capacità giuridica, intesa quale idoneità giuridica del soggetto ad essere titolare di diritti ed obblighi. .2: la capacità giuridica del nascituro: leggendo gli articoli 462 e 784 cod.civ. sembrerebbe che il legislatore abbia voluto attribuire in tali casi una capacità giuridica in via anticipata a favore dei nascituri. Esaminando invece la lettera dell’art.1 comma primo del cod.civ. emerge chiaramente che la capacità giuridica si acquista esclusivamente con la nascita. In realtà il contrasto tra le due disposizioni non ha ragione d’essere sol che prenda in considerazione il secondo comma dell’art.1 cod.civ. ove testualmente si prevede che”i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita”; il che vuol dire in buona sostanza che fintanto che il soggetto non nasce non acquista la capacità ma la legge consente, al fine di tutelarne gli interessi, una cautela in via provvisoria ed anticipata e comunque sotto la condizione sospensiva della nascita. Non esiste quindi una capacità giuridica prenatale; gli artt.462 e 784 consentono di attribuir diritti ai nascituri,ma pur sempre condizionati all’evento nascita,che ne rappresenta la condicio iuris. .3 La ratio: il legislatore, attraverso la previsione dell’art.462 comma 3 vuole consentire al testatore di beneficiare tutti i figli di quella persona vivente al tempo della sua morte,siano essi nati o nascituri. Problema: è ammissibile un lascito a favore di chi sarà adottato? Il caso è discusso; la dottrina prevalente e preferibile (Capozzi) opta per la soluzione negativa sulla base di due argomentazioni: 44 1)l’art.462 fa letteralmente riferimento solo al fatto naturale del concepimento. 2)si avrebbe una determinazione dell’erede ad opera del terzo, fattispecie vietata dall’art.631 cod.civ. poiché lesiva del cd “principio di personalità” ivi previsto. E’tuttavia possibile un escamotage,ovvero se è in corso il procedimento di adozione si può nominare erede l’adottato con nome e cognome(quindi non si avrà la determinazione ad opera del terzo 631),sotto condizione sospensiva dell’adozione. .4 Atti dispositivi: non avendo i nascituri la capacità giuridica,non possono disporre dei loro diritti liberamente,ad es. art.1357(atti di disposizione in pendenza della condizione);bensì sono possibili solo alcuni atti,ad es. artt.643 e 715,per fini conservativi e cautelativi della loro aspettativa e per i fini divisionali. .5 Delazione: per la dottrina tradizionale il nascituro non ha una delazione immediata ma differita,gode solo di un’aspettativa di delazione; egli pertanto non potrà accettare o rinunciare all’eredità e qualora tali atti siano posti in essere saranno inefficaci. Il nascituro è altresì privo dei poteri ex art.460 cod.civ. Autorevole dottrina (Capozzi)suggerisce un parallelismo con l’art.2331 cod.civ. relativo alla s.p.a. non ancora iscritta. Secondo una tesi recente il nascituro avrebbe invece una delazione immediata ancorché condizionale e potrebbe conseguentemente procedere subito all’accettazione dell’eredità in qualità di chiamato. .6 Amministrazione e rappresentanza: bisogna distinguere a seconda che si tratti di bene donato o di istituzione ereditaria; in ogni caso non bisogna dimenticare che chi agisce per il nascituro è rappresentante di un soggetto futuro. a) istituzione ereditaria: bisogna ulteriormente distinguere i concepiti dai non concepiti: - concepiti: amministrazione e rappresentanza spettano entrambe ai futuri genitori ex art.643 c.c. (maggiore probabilità della nascita). Ricorda che i genitori amministrano con poteri previsti dall’art.644 cod.civ. e non ai sensi dell’art.320 cod.civ; pertanto essi dovranno chiedere le autorizzazioni ai sensi dell’artt.782-783 c.p.c. richiamati dall’art.528 c.c. richiamato a sua volta dall’art.644 (disposizioni comuni ai curatori dell’eredità giacente). In ogni caso non sarà necessario il parere del giudice tutelare in quanto trattasi di patrimonio privo di titolare con esigenza di tutelare creditori e legatari. - non concepiti: in tale ipotesi si avrà la seguente distinzione: amministrazione beni: ai soggetti indicati nell’art.642 c.c. (sostituti, coeredi in accrescimento, presunti eredi legittimi) con poteri ex 528 c.c. ed autorizzazioni ex 782-783 c.p.c. rappresentanza del nascituro per tutela diritti successori: alla persona vivente indicata dal testatore quale futuro genitore; ad esempio, se la disposizione è a favore dei nascituri non concepiti di Tizio,la rappresentanza sarà solo di Tizio e non anche alla moglie,perché la disposizione sui nascituri potrebbe riferirsi anche a figli che potrà avere con altre donne. Una coincidenza di entrambi i poteri in capo allo stesso soggetto potrà aversi in tali casi soltanto qualora il futuro genitore rientri in una delle categorie di soggetti indicate nell’art.642 c.c. La ratio della differente disciplina si giustifica sul presupposto che è più probabile che nasca un concepito, pertanto i suoi interessi dovranno esser i primi ad esser tutelati;diversamente per il non concepito l’amministrazione spetta a colui che beneficerà della mancata nascita. 45 Ma in ogni caso siamo sempre di fronte ad un patrimonio senza titolare,ecco perché l’amministrazione segue le regole della curatela dell’eredità giacente,e non quelle disciplinate dall’art.320. Il concetto di rappresentanza: discusso in dottrina è il concetto stesso della rappresentanza ex art.643 comma1 c.c. Secondo la tesi prevalente essa significa solo attività di vigilanza e tutela dei diritti del concepturus da parte dei futuri genitori, con un semplice parere da richiedere al tribunale in caso di atti di straordinaria amministrazione. Altra tesi minoritaria ritiene che i futuri genitori debbano partecipare all’atto insieme agli amministratori,ad es. nella vendita di beni ereditari(e se sono allo stesso tempo rappresentanti e amministratori,ad es. perché si tratta di eredi con diritto di accrescimento,occorrerà la nomina di un curatore speciale,perché l’amministratore deve essere sorvegliato dal rappresentante,che dovrà essere persona diversa). Gli amministratori ex art.642 sono amministratori di diritto,ma possono rifiutare,perché non sono obbligati ad accettare l’incarico;il rifiuto non è al contrario possibile se l’amministrazione è esercitata dai genitori,perché rientra tra gli obblighi compresi nella potestà,anche se ad essi non si applicherà l’art.320 ma l’art.644 c.c. Trattandosi di investitura ex lege non occorrerà quindi alcun provvedimento giudiziale di nomina. E’ tuttavia possibile prevedere una fattispecie simile a quella contemplata dall’art.356 c.c. con conseguente nomina da parte del testatore. Una nomina di carattere giudiziale si ha invece nel solo ed esclusivo caso in cui ricorrano i “giusti motivi” ex art.642 comma 3 che consiglino al giudice di incaricare dell’amministrazione un soggetto diverso da quelli indicati nel primo comma della detta disposizione. Tali giusti motivi sono principalmente da ravvisarsi nel caso dell’amministratore incapace od impedito. Agli amministratori in esame si riconoscono gli stessi poteri, gli stessi doveri(inventario e rendiconto) e le stesse autorizzazioni previste per il curatore dell’eredità giacente(art.644). Come sopra evidenziato, per gli atti di straordinaria amministrazione,l’autorizzazione sarà richiesta al giudice delle successioni ai sensi dell’art. 783 cpc richiamato dall’art.644 c.c.; ricorda che non è richiesto il parere del giudice tutelare,perché i diritti non appartengono ancora al nascituro(come nell’art. 460) In caso di mancanza dell’autorizzazione, l’atto così compiuto sarà affetto da nullità assoluta. Problema: a chi spetta la rappresentanza del concepturus se i genitori sono entrambi incapaci(ad es. minori)? Secondo una tesi spetterebbe al rappresentante legale del genitore incapace,perché essa non è configurabile come un diritto di amministrazione ma solo come cura dell’aspettativa. In altri termini si tratta di un’attività conservativa e cautelare,soprattutto per ciò che attiene alle azioni giudiziali,per le quali serve eventualmente solo l’autorizzazione art.320(ad evitare eventuali azioni pretestuose se è attore). Altra tesi ritiene che la rappresentanza spetti agli stessi genitori se maggiori degli anni 14,argomentando ai sensi dell’art.316 ultimo comma. Un’ulteriore tesi infine sostiene che la rappresentanza spetterebbe al tutore ex art.343 oppure al curatore ex art.321 o art.334 per chi sostiene si abbia l’apertura della tutela o la necessità della curatela per il minore,figlio di genitori entrambi incapaci. b)beni donati: l’amministrazione dei beni spetta, salva diversa disposizione del donante, spetta al donante stesso od ai suoi eredi. 46 Si ricordi che l’accettazione della donazione è sottoposta alla condicio iuris della nascita e va fatta in vita del donante. Problema: in caso di donazione a nascituri, chi è proprietario dei beni donati in pendenza della nascita? Parte della dottrina sostiene che i beni donati spettino ai nascituri, sia pur sotto la condizione risolutiva della mancata nascita. Altra parte della dottrina, preferibile, ritiene che la proprietà medio tempore e fino a che la condicio iuris non si sia verificata spetti al donante o suoi eredi, sia pur sotto la condizione risolutiva della nascita del donatario; ciò in quanto non essendo ancora esistente il soggetto che dovrà acquistare il diritto attribuito, questo non potrà dirsi allo stesso trasferito. Problema: in caso di donazione a nascituri, chi è legittimato a compiere atti dispositivi dei beni donati in pendenza della nascita? Al quesito sono state date in dottrina diverse soluzioni: - secondo la teoria prevalente(Capozzi)la legittimazione spetterebbe al donante o suoi eredi. Ciò in quanto, alla luce dell’art.784 c.c., tali soggetti possono compiere tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione non facendo la norma citata alcuna distinzione. Quindi il donante può agire senza l’autorizzazione e senza il consenso dei genitori,ma ha senz’altro l’obbligo del reimpiego del prezzo: “pretium succedit in locum rei”. - altra dottrina (Lorefice),muovendo dal fatto che il donante ha una proprietà risolubile,ritiene che egli potrà bensì alienare i beni donati, ma tale alienazione sarà sottoposta ex art.1357 c.c. alla medesima condizione - altri ancora (Santarcangelo e parte della dottrina minoritaria) ritengono che il donante possa agire solo con il consenso dei genitori autorizzati ai sensi dell’art.320 c.c.; secondo l’autore si tutelerebbe così l’interesse del nascituro. Problemi particolari non sorgono invece qualora il donante intenda alienare non la piena proprietà, ma solo il suo diritto risolutivamente condizionato sui beni donati; in tal caso infatti egli potrà disporne ai sensi dell’art.1357, anche senza il reimpiego del prezzo a favore del donatario. Il nascituro ,invece, avendo un diritto sotto condicio iuris, o meglio una aspettativa del diritto,ma non può disporne perché non possiede ancora la capacità giuridica,art.1 cc. Problema: l’art.643 si applica solo per i beni ereditari o anche per i legati? La dottrina prevalente e preferibile ritiene che i legati a favore di nascituri rientrino nella previsione dell’art.640 c.c., ossia si considerino alla stregua di legati sotto condizione sospensiva (della nascita). Di conseguenza l’amministrazione spetterà all’onerato(erede o legatario)che darà un’idonea garanzia,ma potrà disporre senza l’autorizzazione di cui agli artt. 782-783 e 747 cpc. Ad esempio, se i beni sono stati legati ai nati e nascituri con diritto di accrescimento,per la vendita del bene legato,nell’atto interverranno: - per la quota dei nascituri: gli onerati, perché la condizione non si è ancora verificata; - per la quota dei nati: i nati stessi od i loro rappresentanti legali. Divisione con coeredi nascituri: 47 Art.713 c.c. (Facoltà di domandare la divisione)- I coeredi possono sempre domandare la divisione.....(omissis) Art.1111 c.c. (Scioglimento della comunione)- Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione........(omissis) Art.715 c.c. (Casi di impedimento alla divisione)- Se tra i chiamati alla successione vi è un concepito, la divisione non può aver luogo prima della nascita del medesimo......(omissis) L’autorità giudiziaria può tuttavia autorizzare la divisione fissando le opportune cautele. La disposizione del comma precedente si applica anche se tra i chiamati alla successione vi sono nascituri non concepiti. Se i nascituri non concepiti sono istituiti senza determinazione di quote, l’autorità giudiziaria può attribuire agli altri coeredi tutti i beni ereditari o parte di essi, secondo le circostanze, disponendo le opportune cautele nell’interesse dei nascituri. Com’è agevole notare dalla lettura delle norme sopra indicate, principio generale nel nostro ordinamento è quello del favor divisionis; l’art.715 c.c. rappresenta quindi un’eccezione a detto principio. Trattasi di eccezione dovuta al fatto che vi sono dei nascituri e conseguentemente una situazione di incertezza circa il numero dei condividenti, giacché potrebbe anche non verificarsi l’evento nascita. Diversa è peraltro la situazione a seconda che tra i chiamati vi siano concepiti o non concepiti: - per i concepiti è incertus solo l’an, ma è prevedibile approssimativamente il quando, e quindi maggiori risultano esser le probabilità della nascita; si tende pertanto ad aspettare la loro nascita,salvo la possibilità di richiedere l’autorizzazione alla divisione(o stralcio divisionale anche oggettivo)se ricorre l’urgenza. - per i concepturi invece,è incerto sia l’an che il quando; essendo quindi meno probabile l’evento della loro nascita,si è maggiormente propensi ad autorizzare la divisione con più facilità. Se i concepturi sono stati istituiti in quota determinata,ad es. 1/3,sarà effettuata la divisione con accantonamento di tale quota a loro devoluta. Se la quota è indeterminata,ad es. si nominano eredi Tizio,Caio e i nascituri di Mevio, allora occorrerà un provvedimento di esclusione dalla divisione,che però non ha carattere definitivo ma per la dottrina si ritiene trattarsi di condizione risolutiva allo stesso evento della nascita dei concepturi. Modalità operative: Concepturi con quote determinate: - chi interviene: amministratori ex art.642 c.c. (sostituto, coerede in accrescimento, presunto erede legittimo); è atto di amministrazione e come tale non spetta ai genitori. Ricorda che il diritto di accettare l’eredità è certamente riconosciuto ai genitori dei nascituri(come all’art.356) Ai genitori spettano altresì i poteri cautelari e conservativi (cd “rappresentanza per tutela diritti successori”). - chi domanda l’autorizzazione: gli amministratori testé menzionati ex art. 642 cod.civ. 48 - qual è il giudice competente: la dottrina prevalente(Capozzi,Jannuzzi) ritiene che la competenza spetti al Tribunale delle successioni ex art.782 c.p.c. stante il richiamo operato dall’art.644 c.c. alle norme sul curatore dell’eredità giacente (art.528 c.c.). La giurisprudenza costante della Cassazione ritiene invece operante l’art.747 c.p.c. perchè il curatore non può fare divisioni e quindi la norma di richiamo non può in tal caso trovare applicazione. Concepturi senza quote determinate: - chi interviene: i genitori ex art.643 c.c.; non è atto di amministrazione ma provvedimento di esclusione. - chi domanda l’autorizzazione: i genitori del nascituro,i quali hanno poteri conservativi e cautelari,oppure i condividenti purché vi sia il consenso espresso dei genitori del nascituro stesso. Per Jannuzzi è un atto di amministrazione,i poteri saranno attribuiti ai soggetti dell’art.642,e l’autorizzazione sarà quella dell’art.782 cpc(a cui rinvia lo stesso art. 644). Secondo Trinchillo saranno i condividenti nati,e non i genitori o l’amministratore ex art.642 del nascituro, perché sono loro le persone interessate al provvedimento,ma il giudice sentirà,mediante audizione i genitori(o il genitore)del nascituro per la tutela dei suoi eventuali diritti successori(aspettativa di delazione). Altra tesi ancora invece riconosce la legittimazione congiuntiva dei genitori del nascituro e dei condividenti. - qual è il giudice competente: in tal caso dottrina prevalente e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che la competenza spetti al Tribunale delle successioni ex art.747 c.p.c. anche se non vi sono coeredi beneficiati; ciò in quanto vi sono comunque dei nascituri,e sebbene non intervenga il curatore ex art.642,tuttavia si applica l’art.644 che rinvia all’art.781cpc,eredità giacente,e quindi art.747 c.p.c. Altra parte della dottrina distingue invece a seconda che tra i condividenti vi siano o meno coeredi beneficiati; nel primo caso l’autorizzazione sarà data dal Tribunale ex art.747 c.p.c., mentre nel secondo essa verrà rilasciata ex art.38 disp. di att. dal tribunale del domicilio di Caia perché i nascituri avranno il domicilio della madre. Ricorda che in ogni caso non sarà necessario il parere del giudice tutelare perché i beni non appartengono ancora al nascituro(come invece all’art.460,782 ..) Esempio: Tizio istituisce eredi un figlio maggiore degli anni 18, un altro minore e tutti i nascituri di Caia. Qui non vi è una divisione,perché i nati vorranno dividersi tra loro l’eredità,chiedendo solo un provvedimento di esclusione degli eventuali ulteriori figli di Caia. Qui il ricorso sarà presentato dai due figli nati,con il consenso espresso di Caia perché lei rappresenta gli interessi dei non concepiti; quindi nel ricorso del minore si riprodurrà il consenso scritto di Caia. Non ci sarà conflitto d’interessi tra il minore e nascituri di Caia, perché i nascituri non sono ancora nati,e qui si chiederà un provvedimento di esclusione. Se non c’è il consenso di Caia( ad esempio perché può avere ancora dei figli)ci sarà un giudizio contenzioso. A tutela dei nascituri esclusi, i nati rilasceranno ad esempio una garanzia fideiussoria o ipoteche sui beni propri non ereditari(“opportune cautele”). 49 Problema: se amministratori sono i coeredi con diritto di accrescimento? In tal caso sussiste conflitto di interessi essendo in presenza di un atto di divisione; pertanto qui l’amministrazione sarà data a persona diversa da quelle elencate all’art.642 ultimo comma,ricorrendo i “giusti motivi”. Nascituri concepiti: - chi interviene: genitori ex art.643 c.c.; è atto di amministrazione e come tale spetta a loro. - chi domanda l’autorizzazione: i genitori ex art.643 c.c. - qual è il giudice competente: la dottrina prevalente(Capozzi,Jannuzzi) ritiene che la competenza spetti al Tribunale delle successioni ex art.782 c.p.c. stante il richiamo operato dall’art.644 c.c. alle norme sul curatore dell’eredità giacente (art.528 c.c.). La giurisprudenza costante della Cassazione ritiene invece operante l’art.747 c.p.c. perchè il curatore non può fare divisioni e quindi la norma di richiamo non può in tal caso trovare applicazione. Ricorda: non rileva la distinzione tra istituzione con o senza determinazione di quote. Divisione di beni donati a nascituri: Il codice non prevede una norma espressa in materia; tuttavia la dottrina dominante ritiene che possa applicarsi, con gli adattamenti del caso, l’art.715 c.c. in forza del richiamo operato dall’art.1116 cod.civ. Anche qui bisogna pertanto distinguere tra concepiti e non concepiti(con o senza quote determinate). Se il soggetto è concepito predominerà l’esigenza di lasciare inalterata la situazione sino alla futura nascita;se è concepturus vi sarà senz’altro un maggior margine di incertezza circa la nascita,e prevarrà l’esigenza di anticipare la successione(il bene sarà diviso più facilmente agevolandone così la circolazione (art.1111). Se la donazione è a favore del nascituro non concepito di Tizio maggiore degli anni 18,soltanto Tizio dovrà accettare ex art.320,anche se sposato con Tizia,perché potrebbe il bambino averlo da altra donna. Se la donazione è fatta nei riguardi di un nascituro di .. e, ove non vi siano figli,al nascituro di ..è certamente un chiaro esempio di sostituzione ordinaria;vi sono due donazioni,la prima pura,la seconda condizionata. Entrambe dovranno essere accettate in vita del donante. Problema: è ammissibile una donazione a favore di colui il quale sarà adottato? La dottrina prevalente dà al quesito risposta negativa alla luce delle seguenti considerazioni: - l’art.784 si riferisce testualmente ai soli figli concepiti e non anche adottati; - la donazione sarebbe nulla ex art.778 c.c. perché la scelta del donatario sarebbe rimessa all’arbitrio di un terzo,ovvero il futuro adottante. Modalità operative: Non concepiti senza determinazione di quote: 50 - chi interviene: il futuro genitore;non essendo atto di amministrazione non si prevede nessuna legittimazione del donante ex art.784. - chi domanda l’autorizzazione: il genitore ed i figli già nati. - Quale è il giudice competente: il Tribunale del domicilio del genitore ex artt.715 ultimo comma e art.38 disp. di att. Cc. Esempio: Tizio dona il fondo Tuscolano a tutti i nascituri di Caia, e dopo anni vi è solo un figlio di Caia ormai anziana, Caietto. Qui non c’è la divisione,perché c’è un solo figlio, Caietto ma ci vorrà un provvedimento di esclusione degli eventuali ulteriori figli di Caia; si applica il 715 ultimo comma. Vi sarà un ricorso ex art.715 ultimo comma e art.38 disp. di att. c.c., al tribunale in cui vi è il domicilio di Caia(perché i nascituri avranno il suo stesso domicilio)e non di Caietto. Il ricorso sarà presentato da Caia e Caietto insieme, perché Caia rappresenta gli interessi dei non concepiti. Se non c’è il consenso di Caia(ad es. perchè può avere ancora dei figli)ci sarà un giudizio contenzioso. A tutela dei nascituri esclusi, Caietto rilascerà una garanzia fideiussoria(“opportune cautele”). Non concepiti con determinazione di quote: - chi interviene: il donante; trattandosi di atto di amministrazione la legittimazione spetterà a lui ex art.784. - chi domanda l’autorizzazione: nessuno, non è necessaria. Concepiti (con o senza quote): - chi interviene: il donante; trattandosi di atto di amministrazione la legittimazione spetterà a lui ex art.784. - chi domanda l’autorizzazione: nessuno, non è necessaria. Problema: se la donazione è fatta nei riguardi di un figlio nascituro di un minore? Si ritiene occorra la nomina di un curatore speciale ex art.321,perché il minore non può accettare e l’altro genitore è ignoto. Competente è il tribunale in cui si trova il domicilio del minore,perché il nascituro avrà il domicilio del genitore,anche se minore(quindi artt.45, 144 cc). Ai sensi dell’art.321 il genitore,deve “essere sentito”. Per la dottrina il minore “genitore” sarà sentito solo se maggiore degli anni 14 anni,per analogia con l’art. 316 comma5(dall’art.316 comma5 la dottrina evince un principio generale). CAPITOLO SESTO L’ADOZIONE 51 .1 Definizione: rapporto di filiazione giuridica che si costituisce tra soggetti non legati da filiazione di sangue (Capozzi) .2 Tipologie: a)l’adozione dei maggiori di età: è la cosiddetta adozione civile nata per attribuire un successore a chi è senza eredi; disciplinata interamente dal codice civile (artt.291 e seguenti) L’adottato non acquista diritti verso la famiglia adottante, né perde diritti verso la sua famiglia di origine. b)l’adozione di minori piena o legittimante: disciplinata dagli artt.6-28 l. adozione. Il minore stesso acquista lo stato di figlio legittimo, ed è eliminato ogni legame con famiglia di origine dal giudice, con il decreto di adozione. Gli adottanti esercitano la potestà e godono dell’usufrutto legale; non si prevede l’obbligo della cauzione e dell’inventario. Gli adottanti chiederanno le autorizzazioni ex art.320 c.c. Durante lo stato di adottabilità, ossia prima che il decreto di adozione sia efficace, il tribunale dei minorenni nomina un tutore che chiederà l’autorizzazione al tribunale ordinario per gli atti di straordinaria amministrazione; l’esercizio della potestà dei genitori naturali è sospesa. c)l’adozione internazionale disciplinata agli artt.29-43 legge n.184/83 e legge n.476/98 d)l’adozione in casi particolari: si applicano gli artt.44-57 l. adozione E’ il caso ad esempio dell’adozione chiesta da un coniuge per il figlio dell’altro. L’adottante può essere anche una sola persona, ad esempio la nonna. Trattasi di adozione non legittimante; l’adottante/i avrà solo la potestà ma non l’usufrutto legale, né i diritti successori verso l’adottato e nessun legame con la sua famiglia d’origine. L’adottato a sua volta non avrà alcun diritto successorio verso la famiglia adottante, ma solo verso l’adottante, e conserverà diritti successori verso la sua famiglia d’origine, perché il legame con essa non verrà meno; avrà in sostanza una duplice successione. Se c’è un genitore legittimo, o naturale e l’altro è adottante, il cosiddetto patrigno o matrigna, l’amministrazione spetterà ad entrambi, secondo la norma dell’art.320. Mentre se entrambi sono adottanti “in casi particolari”, ad esempio parenti entro il sesto grado di minori orfani, non essendo entrambi genitori, si applicheranno le norme sulla tutela(artt.374-375). L’adottante dovrà fare l’inventario, ex art.49 l.ad. così come il tutore, ma per gli atti di straordinaria amministrazione si applicherà l’art.320 e non il 374. Se cessa l’adozione per qualsiasi causa, non si avrà ipso iure il passaggio della potestà verso la famiglia di origine ma occorre un provvedimento. e)l’affidamento temporaneo o familiare: è disciplinato agli artt.1-5 legge n.184/83;la potestà rimane ai genitori o al tutore mentre per gli affidatari sono solo previsti doveri di mantenimento, istruzione, educazione. Gli affidatari non godono dell’usufrutto legale, non hanno né l’amministrazione del patrimonio, né la rappresentanza dei minori, perché la potestà rimane dei genitori d’origine; tuttavia se i genitori decadono dalla potestà, o sono irreperibili, si applica l’art.316 cc e si verifica in capo agli affidatari(art.5)il contestuale esercizio della stessa, ma non ne divengono titolari. 52 Si verifica quindi un’ipotesi sena dubbio eccezionale di esercizio senza titolarità. CAPITOLO SETTIMO LA TULELA .1 Definizione: insieme dei poteri-doveri che un soggetto capace assume per la cura di un altro soggetto incapace di agire (Santarcangelo). .2 Finalità: Lo scopo della tutela non è solo quello di conservazione del patrimonio del pupillus o dell’interdetto, ma anche di miglioramento e di incremento, ossia di uno sfruttamento razionale. .3 Presupposti: se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potestà. Esempi: - orfano; - genitori colpiti da un impedimento totale e definitivo, e quindi non si applica l’art.321: ad es. entrambi ignoti, oppure si pensi al caso in cui non sia possibile il riconoscimento né la dichiarazione giudiziale di riconoscimento(figli incestuosi);assenza o morte presunta; decadenza di entrambi(art.330);pubblicazione della sentenza di interdizione art.421;passaggio in giudicato della sentenza di condanna(art.32 cp);revoca dell’adozione .. - figli irriconoscibili art.279. .4 Natura giuridica: ufficio di diritto privato, con connotati pubblicistici; è un ufficio obbligatorio e gratuito disciplinato da norme inderogabili. E’ caratterizzato da: - irrinunziabilità salvo l’incapacità del tutore o la dispensa - impossibilità di delega delle funzioni salvo procure speciali. Il tutore agisce in nome proprio ma per conto altrui (incapace). .5: Apertura e costituzione dell’ufficio: L’apertura della tutela si verifica ipso iure nel momento in cui si verificano i suoi presupposti; essa avviene presso il tribunale del circondario del luogo di domicilio dell’incapace, anche se la residenza è stabilita altrove. La costituzione dell’ufficio si ha a seguito della nomina del tutore e protutore da parte del giudice e dal successivo esperimento di tutte le formalità di legge (giuramento, inventario ed eventuale cauzione). Competente è il giudice tutelare(del luogo di apertura della tutela e non del domicilio del tutore)ex art.346 cod.civ; unica eccezione è data dall’art.19 legge di adozione, per il minore in stato di adattabilità, poiché in tal caso la competenza è del tribunale dei minorenni. Il tutore prima poteva essere nominato anche per via testamentaria, o per consiglio di famiglia; oggi invece la nomina è di competenza esclusiva del giudice tutelare. Problema: cosa succede se minore e tutore hanno domicilii diversi? Ad esempio se il minore ha domicilio a Bari e il tutore è invece domiciliato a Napoli; in tal caso, si avrà l’apertura della tutela a Bari, e il trasferimento della stessa a Napoli solo se vi è un decreto del tribunale ex art.343 comma2. Finché non vi sarà tale decreto, competente sarà il giudice di Bari. 53 .6: Formalità: - accettazione: non necessaria perché è un munus obbligatorio (salvo incapacità o dispensa) - giuramento del tutore e per la dottrina anche del protutore 349 c.c. - inventario: è atto d’obbligo del tutore art.362(si richiede solo l’assistenza del protutore - cauzione: è obbligo solo eventuale; può essere disposto dal giudice nel provvedimento di nomina (art.381 c.c.) Prima del giuramento, il tutore non ha nessun potere non avendo ancora “assunto le proprie funzioni” secondo quanto previsto dall’art.361 c.c. Sempre ai sensi della disposizione da ultimo citata, il giudice tutelare potrà, qualora siano necessari, prendere provvedimenti urgenti nell’interesse dell’incapace; nell’ambito di detti provvedimenti il giudice potrà anche procedere alla nomina di un curatore speciale autorizzandolo contestualmente al compimento dell’atto (ponendo pertanto in essere una fattispecie analoga a quella prevista dall’art.321 cod.civ) Santarcangelo sostiene che l’art.361 si applichi a tutte le ipotesi di vacanza dell’ufficio del tutore e del protutore, ad es. perché non ha ancora effettuato il giuramento, anche se vi sia un conflitto di interessi di entrambi, o un impedimento. Prima dell’inventario possono invece concludersi solo atti che non ammettono alcuna dilazione di tempo (art.370 c.c.) Problema: cosa succede se il tutore agisce prima del giuramento? In tal caso saremo di fronte ad un’ipotesi di falsus procurator ex art.1398 c.c.; l’atto sarà pertanto inefficace ma suscettibile di ratifica ex art.1399. Il tutore dovrà pertanto: - prestare giuramento - chiedere l’autorizzazione alla ratifica: giudice competente sarà quello che sarebbe stato competente ad autorizzare l’atto da ratificare(la ratifica è infatti negozio di 2° grado) Ricorda: non c’è conflitto d’interessi in capo al tutore, posto che non è applicabile alla rappresentanza legale l’art.1398 c.c. nella parte relativa alla responsabilità del falsus procurator. Ricorda: in tutti i casi di urgenza, il rappresentante legale potrà ricorrere ad uno dei seguenti escamotages: - rilasciare una procura a terzi ,se ci si deve allontanare, oppure eleggere il domicilio in Italia presso un procuratore ex art.47,se si è residenti all’estero; - stipulare una proposta irrevocabile di contratto ex art.1329 c.c.(anche nel caso si tratti di donazione)se il disponente teme di morire nel breve periodo. .7: Autorizzazioni: a differenza della potestà genitoria, quella tutoria è caratterizzata da un controllo dell’autorità giudiziaria più penetrante e rigoroso(es. competenza del tribunale ordinario e non del giudice tutelare per i casi di cui all’art.375,e poi obblighi di inventario, cauzione, depositi ..)essendo assente qualsiasi legame di sangue. Il tutore ha poteri di ordinaria amministrazione, ed è legittimato a richiedere l’autorizzazione al giudice per gli atti di straordinaria amministrazione. Tuttavia anche in caso di autorizzazione, egli può non eseguirla, se ricorrono circostanze sopravvenute o se queste ultime siano mutate, chiedendo così al giudice la revoca o la modifica del provvedimento. Come sostenuto da dottrina e giurisprudenza, l'elencazione degli atti per cui è necessaria l’autorizzazione ex artt.374-375 è meramente esemplificativa mentre è tassativa per gli atti per cui non è richiesta l’autorizzazione. 54 In tal senso anche la giurisprudenza: “L’enumerazione degli atti che il tutore può compiere senza l’autorizzazione del giudice tutelare, contenuta nell’art.374 c.c., ha carattere tassativo” (Cassazione 14 gennaio 1971 n.71, in FI,1971,I,1309). Analogamente si ritiene che l’elenco ex art.375 sia esemplificativo e non tassativo. Ricorda che: - si applica il criterio necessità od utilità evidente ex art.320 c.c. anche se non testualmente previsto. - il parere del giudice tutelare, è obbligatorio ma non vincolante, come dispone lo stesso art.747 cpc. - per gli atti alienativi ex art.375 c.c. si applica anche l’art.376 (“nell’autorizzazione alla vendita, il tribunale determina se essa debba farsi all’incanto o a mezzo di trattativa privata, fissandone comunque il prezzo minimo”) Problema: è necessaria l’autorizzazione per gli atti dovuti? La dottrina prevalente risponde negativamente al quesito; è il caso ad es. del pagamento dei debiti liquidi ed esigibili. .8 Pubblicità: le vicende relative alla tutela devono essere pubblicizzate nel registro delle tutele art.389 cc e artt.47-51 disp.att. c.c.; trattasi di un esempio di pubblicità notizia. .9 Il protutore: - disciplina: analoga a quella per il tutore. - inventario: non necessario; deve obbligatoriamente assistere a quello del tutore. - Funzioni: Sorveglianza (artt.380, 386 c.c.) Collaborazione: ad esempio ex art.371 comma1,art.372 n.4,art.379 comma2(“sentito il protutore”) Si può allegare il parere favorevole del protutore anche quando questo non è obbligatorio(artt.374-375). Ai sensi dell’art.44 disp. di att. può essere sentito in qualsiasi momento dal giudice tutelare per informazioni o chiarimenti. Sostituzione: quando vi è un impedimento temporaneo del tutore o un conflitto d’interessi con il minore. In tal caso è prevista la sostituzione automatica, e non occorre alcun decreto, perché i poteri sono già stati riconosciuti ex lege. Ricorda: le ipotesi di sostituzione sono tassative; il protutore non ha funzioni vicarie generali. Ricorda: il protutore non viene nominato se la tutela è affidata ad enti di assistenza (art.354) .10 Il curatore speciale: E’ organo eventuale della tutela; esso viene nominato in casi tassativi e precisamente: se sia il tutore o il protutore nel caso di conflitto di interesse(art.360); - se più sono gli incapaci sotto la stessa tutela(art.347). Ricorda: se il tutore è in conflitto di interessi, e manca il protutore, non si avrà la nomina di un curatore speciale ex art.360,bensì la nomina del protutore. “Nell'ipotesi in cui per il compimento di un atto sussista conflitto di interessi fra tutore ed incapace e manchi il protutore, per morte o altra causa, 55 occorre promuovere la nomina di un nuovo protutore non essendo consentita la nomina di un curatore speciale”. (Corte appello Palermo 7 dicembre 1987, in Vita notarile 1990, 655). .11 Modalità di investimento dei capitali: la norma da prendere in considerazione è l’art.372 c.c.; essa trova applicazione non solo nella fase iniziale della tutela, ma anche in quella successiva, indicando essa le modalità di investimento e anche di reimpiego(art.376). L’elencazione ivi prevista non ha carattere tassativo, né presenta un ordine di tipo preferenziale; l’ultimo comma prevede infatti che il giudice possa, per particolari motivi, autorizzare un investimento diverso. E’ comunque una norma che manca nell’istituto della potestà; al riguardo abbiamo visto (pag.7)che la dottrina prevalente ritiene che essa non sia applicabile per analogia in subiecta materia. Problema: può il tutore rilasciare procura a terzi per amministrare beni del pupillus? E’ lo stesso problema che si pone in materia di potestà e la soluzione cui è giunta la dottrina prevalente in tale ambito può ritenersi valida anche qui. Vediamo brevemente quali sono le tesi proposte: - teoria positiva limitatamente alla procura speciale: tale tesi, prevalente e preferibile, ritiene che il tutore possa rilasciare solo(mandato con)una procura speciale, perché ciò verrebbe a costituire di fatto uno spoglio di poteri. - Teoria positiva per ogni tipo di procura: tale tesi, decisamente liberale, ritiene che sia ammissibile ogni forma di procura, anche generale, perché non si tratterebbe in tal caso di spoglio di poteri, in quanto essi permarrebbero anche in capo al tutore come poteri concorrenti e prevalenti - teoria negatrice: tale tesi più rigorosa ritiene che il curatore possa solo esser coadiuvato sotto la sua personale responsabilità da persone stipendiate art.379;non sarebbe invece ammissibile alcun tipo di procura, nemmeno speciale. Autorevole dottrina (Capozzi) critica tale tesi perché la ratio dell’art.379 non è quella di escludere altre forme di cooperazione per il tutore, ma di permettere comunque un aiuto da parte di persone stipendiate, essendo l’ufficio tutelare un ufficio gratuito. Le persone sono stipendiate con i soldi dell’incapace. Nessuna autorizzazione se i collaboratori sono stipendiati con i soldi del tutore, o se collaborano gratuitamente. Ricorda: l’art.379 non prevede nessun riferimento ai genitori, per cui non possibile per loro nominare dei coadiutori a spese del minore. Ricorda: la procura è rilasciata dal tutore, ma in nome dell’incapace; è l’incapace(e non il tutore)il rappresentato. e per conto Autorizzazioni occorrenti: Capozzi ritiene siano necessarie 3 autorizzazioni e precisamente: 1)tutore per compiere l’atto 2)tutore per rilasciare la procura 3)procuratore per compiere l’atto Problema: come fare se i genitori del minore, da tempo non danno più loro notizie, ed il nonno ormai vecchio vuol donare un bene al minore? Poiché nel caso de quo si tratta di un impedimento di durata imprevedibile, non vi sarà l’applicazione dell’art.321, ma dell’art.343,ossia si avrà l’apertura della tutela. 56 Ma poiché la nomina del tutore può avere tempi lunghi, è preferibile che il nonno faccia una proposta irrevocabile di donazione, ad es. per un anno, di modo che anche se dovesse morire, questa conserverà la sua validità. L’art.1329 c.c. in quanto norma di applicazione generale deve ritenersi utilizzabile anche per la donazione essendo la stessa un contratto. Problema: cosa succede se l’incapace scompare? Nulla, permane certamente la tutela; non si procederà alla nomina del curatore dello scomparso(art.48)perché siamo già in presenza di un soggetto(il tutore) che si prende cura degli interessi e del patrimonio dello scomparso. Se invece viene dichiarata l’assenza cesserà la tutela e vi sarà l’immissione temporanea nei beni ex art.50 c.c. CAPITOLO OTTAVO L’INTERDIZIONE .1 Definizione: interdetto è il soggetto (maggiore d’età o minore emancipato)che, affetto da abituale infermità di mente, viene giudizialmente dichiarato incapace di provvedere ai propri interessi. .2 Normativa applicabile: quella prevista per la tutela in forza del richiamo operato dall’art.424 c.c. .3 Procedimento: durante il procedimento di interdizione, dopo l’esame dell’interdicendo, qualora lo ritenga opportuno il Giudice Istruttore può nominare un tutore provvisorio. Il tutore definitivo è nominato con sentenza, mentre quello provvisorio con un decreto ex art.419 comma3 cc e 717 cpc. Gli atti compiuti dall’interdicendo dopo la nomina del tutore provvisorio ex art.427 comma1 sono annullabili se segue la sentenza di interdizione. Quella di interdizione è una sentenza costitutiva; la sua pronuncia determina l’apertura della tutela, con conseguente nomina del tutore mediante decreto ex art.419 comma terzo c.c. La sentenza può essere revocata(termine atecnico, perché l’art.742 cpc la prevede solo per i decreti e le ordinanze)con altra sentenza soggetta anch’essa alla doppia annotazione(art.429 cc). .4 Pubblicità: la sentenza di interdizione è soggetta alla doppia annotazione ex art.423 ossia nel registro delle tutele e a margine dell’atto di nascita. E’ solo una forma di pubblicità notizia; la sentenza ha infatti un’efficacia immediata subito dopo la sua pubblicazione ex art.421 c.c. (e non con il suo passaggio in giudicato),salvo il disposto dell’art.416 se si tratta di un minore. .5 Differenze tra interdetto e pupillus: a)l’interdetto è eccezionalmente ammesso a fare DONAZIONI a favore dei discendenti in occasione delle nozze di questi, con la necessaria autorizzazione del Tribunale(art.777 2comma e art.375 n.2) b)non si applica all’interdetto l’art.374 n.4 (solo al minore) 57 c)la competenza spetta in genere al tribunale ordinario e non quella del tribunale dei minorenni; spetterà a quest’ultimo se l’istanza per l’interdizione riguarda un emancipato art.414 o un minore nell’ultimo anno della sua minor età art.416(ex art.40 delle disp. di att.) Quindi per esempio l’autorizzazione ex art.371 è richiesta al tribunale ordinario. .6 Annullabilità atti: a)prima della nomina del tutore provvisorio: solo se si prova l’incapacità naturale ai sensi dell’art.427 comma terzo c.c. b)dopo la nomina del tutore provvisorio: solo se segue l’interdizione (art.427 comma secondo c.c.) c)dopo la pronuncia d’interdizione: sempre d)tra la revoca dell’interdizione e la revoca della revoca: solo quelli posti in essere dopo la pubblicazione della sentenza di revoca dell’interdizione ( e quindi prima del passaggio in giudicato) e qualora quest’ultima sia seguita da altra sentenza di revoca della revoca dell’interdizione passata ormai in giudicato (art.431 c.c.). Problema: l’art.427 c.c. si applica anche agli atti mortis causa? La dottrina prevalente dà al quesito risposta negativa; ciò in quanto l’incapacità di testare si ha solo dopo che vi è stata la pubblicazione della sentenza di interdizione, o se è stata provata l’incapacità naturale ai sensi dell’art.591 n3. In sostanza, i casi di incapacità di testare sono tassativi e tra questi non è compresa quella dell’interdicendo ma solo quella dell’interdetto. . 7 Il tutore provvisorio: è nominato con decreto del giudice istruttore(ossia uno dei giudici del collegio del tribunale)ex art.717 cpc. Ha gli stessi poteri di quello definitivo. Per alcuni(Mazzaccane)trattandosi di una situazione temporanea, è preferibile il compimento dei soli atti che non ammettono dilazione, in applicazione analogica dell’art.370. Ai sensi dell’art.422 il tutore provvisorio resterà in carica fino al passaggio in giudicato della sentenza che rigetterà l’istanza di interdizione. Idem se il tribunale che ha nominato il tutore provvisorio dichiara la propria incompetenza, il tutore provvisorio rimarrà in carica fino alla nomina dell’altro tutore provvisorio o definitivo. La ratio è chiara: se il giudice che lo ha nominato ha poi dichiarato la sua incompetenza(ad es. incompetenza territoriale perché è diverso il domicilio dell’interdicendo),non significa che vi sia stato il rigetto dell’istanza per l’interdizione, ma soltanto che ricorrono gli elementi che determinano l’improcedibilità del procedimento per ragioni riguardanti il rito; ecco che occorrerà ancora assicurare la tutela all’interdicendo. Problema: cosa succede dopo la sentenza di interdizione se il Tribunale non nomina immediatamente il tutore? Ci sarà una prorogatio dei poteri del tutore provvisorio finché non si avrà la nomina del tutore definitivo. Problema: cosa succede se il tutore diventa incapace? In tal caso non ci sarà la decadenza dall’ufficio, ma una prorogatio fino alla nomina del nuovo tutore. “La persona investita dell’ufficio di tutore, se diviene incapace all’esercizio di tale ufficio per una causa sopraggiunta alla nomina (nella specie per fallimento), non decade automaticamente dall’ufficio stesso, ma deve in ogni 58 caso conservare l’incarico sino al momento della sua sostituzione da parte del giudice competente” (Cassazione 6 marzo 1970 n.554 in Diritto e famiglia 1970, II, 752) Interdetto legale E’ una misura accessoria ad una pena( ergastolo o reclusione superiore ai 5 anni ex artt.32 e 98 cp). Trattasi di istituto previsto non nell’interesse dell’incapace, come quella di tipo giudiziario, bensì avente carattere sanzionatorio. Differenze con l’interdetto giudiziale: - l’incapacità è solo relativa alla sfera patrimoniale, e non anche a quella personale: si pensi ad es. alla capacità di contrarre matrimonio, di fare testamento art.591 n.2,e per taluni di stipulare convenzioni matrimoniali (sebbene sia un aspetto di tipo patrimoniale, e trattasi di negozio personalissimo) -l’annullabilità è assoluta: chiunque ne abbia interesse,art.1441,e non certo relativa come quella giudiziale art.427. CAPITOLO NONO LA CURATELA .1 Definizione: situazione giuridica del soggetto ( minore emancipato o maggiorenne inabilitato) al quale viene riconosciuta una limitata capacità di agire. .2 Il curatore: a differenza dei genitori e del tutore, il curatore di un soggetto emancipato o inabilitato non ha la sua rappresentanza legale, bensì svolge la funzione di mero assistente, proprio perché si tratta di soggetti parzialmente capaci, che intervengono personalmente in atto, ma sempre con l’“assistenza” del curatore(si individua infatti un atto complesso diseguale). Anche per la richiesta dell’autorizzazione si prevede un ricorso sottoscritto dall’emancipato e non dal curatore. .3 Il curatore speciale: accanto alla figura del curatore dell’emancipato e dell’inabilitato, ritroviamo quelle dei curatori speciali: 1) curatore speciale rappresentante: es. ex art.320 ultimo comma,artt.321,347,360 ossia esser sostituiti i genitori o il tutore; nei casi in cui vengono ad 2) curatore speciale assistente: es. art.394 ultimo comma,art.395,165,166 quando si agisce in sostituzione del curatore dell’emancipato e dell’inabilitato; 3) curatore speciale amministratore: es. artt.356,334,nominati per aver cura di un patrimonio. La nomina del curatore, compete sempre al giudice tutelare, salvo la fattispecie dell’art.321 in cui è competente il tribunale(ma ricordiamo l’art.45 delle disp. di att.)e dell’art.356. 59 Anche quando il curatore sostituisce il genitore, es. ex art.320 ultimo comma, si applicano le norme più rigorose previste per la tutela, perché manca il rapporto di filiazione, quel vinculum sanguinis con l’incapace, come è facilmente deducibile dall’art.356. CAPITOLO DECIMO L’EMANCIPAZIONE .1 Definizione: emancipato è il minore d’età al quale l’ordinamento riconosce una parziale ed anticipata capacità di agire a seguito di matrimonio. . 2 Modalità: prima l’emancipazione era anche giudiziale, oggi è solo di DIRITTO, ossia si verifica ipso iure con il matrimonio del minore di almeno sedici anni previamente autorizzato dal tribunale ex art.84 c.c. .3 Ratio: la ratio dell’istituto risiede nell’accertamento della maturità psichica del minore nei cui confronti poi, a seguito dell’autorizzazione del tribunale a contrarre matrimonio, vige una presunzione di maturità. .4 Apertura della curatela: avviene ipso iure senza alcun provvedimento giudiziale; celebrate le nozze, infatti, cessa immediatamente la potestà dei genitori o la tutela. Non si parlerà più pertanto né di potestà, né di usufrutto legale, e il domicilio sarà quello proprio dell’emancipato, e non più quello dei genitori o del tutore(di fatto si viene a formare una nuova famiglia). La potestà cessa altresì nel periodo intertemporale tra la celebrazione delle nozze e la nomina del curatore(si veda in merito App.Napoli 29.5.1957 RFI 1958 1634) Fino a che non vi sarà la nomina del curatore, non è concessa nessuna prorogatio dell’officium dei genitori, poichè come sopra detto questa si estingue immediatamente con l’emancipazione; è prevista tuttavia l’“assistenza” per gli atti conservativi e urgenti, ex art.360 comma3(per analogia). Se si verifica il successivo annullamento del matrimonio, o il decesso dell’altro coniuge, non si avrà un ritorno della potestà, ma si avrà la nomina di un altro curatore, se questo era il coniuge. .5 Il curatore: il curatore, al pari del tutore, è un ufficio gratuito, irrifiutabile ed indelegabile. Si tratta di un curatore assistente, perché non possiede certo alcuna potestà sull’emancipato e sull’inabilitato, ma svolge solo attività di assistenza nel compimento di certi atti, e un controllo preventivo, stante la necessarietà del suo consenso per gli atti di straordinaria amministrazione,art.394,e di vigilanza ex art.397 comma2. Chiara è in tal senso anche la giurisprudenza; si veda ad esempio Cass.20.03.1962 n.554:”il curatore del minore emancipato non ha la rappresentanza legale del soggetto parzialmente incapace, ma lo assiste nel compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione”. .5.1 Investitura: - LEGALE:art.392 nel caso di CONIUGE minore di ETA’ - GIUDIZIALE: quando non ha luogo la curatela legale; è nominato dal tutelare con decreto. giudice 60 .5.2. Gli atti di straordinaria amministrazione: l’atto di straordinaria amministrazione è certamente una fattispecie complessa e diseguale; occorre sempre la volontà dell’emancipato e quella del curatore. Queste volontà non hanno però lo stesso peso, in quanto se manca la volontà dell’emancipato ci ritroviamo nella fattispecie dell’art.1398 ovvero in quella del curatore falsus procurator(per alcuni l’atto sarebbe nullo ex art.1325 n.1,e art.1418 perché manca la volontà);se manca la volontà del curatore, l’atto è solamente annullabile ex art.396. La ratio è quella di considerare che l’emancipato è un soggetto parzialmente capace. Il curatore non ha i poteri di amministrazione, ma si limita a cooperare con l’emancipato in quell’attività, nelle decisioni che l’emancipato prende. In atto ci sarà l’emancipato assistito dal curatore. Il consenso del curatore è una sorta di autorizzazione di tipo privato. L’art.394 comma2 parla di “assistenza”, ritenuta dalla dottrina materiale come presenza in atto; mentre l’art.394 comma3 parla di “consenso”, anche scritto, da allegare al ricorso per l’autorizzazione. Preferibile chi ritiene sia sempre meglio che il curatore intervenga personalmente all’atto. Non possono farsi donazioni ex art.774,mentre l’eredità può solo accertarsi con il beneficio d’inventario(art.472). Bisogna prestare particolare attenzione all’acquisto fatto con cambiali o assegni; è richiesta l’assistenza del curatore per la sottoscrizione di cambiali o assegni, ex artt.9 legge cambiaria e 12 legge assegno. .5.3 Il rifiuto del consenso del curatore: abbiamo visto che per il compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (ad esempio una vendita) occorre il consenso del curatore più l’autorizzazione giudiziale ex art.394 c.c. Se vi è il rifiuto del curatore di prestare il proprio consenso al compimento dell’atto e tale diniego appare ingiustificato, il giudice tutelare potrà nominare un curatore speciale assistente per il singolo atto ex art.395 c.c.; tale soggetto richiederà poi l’autorizzazione ex art.375 al tribunale, ma senza il necessario parere del giudice tutelare ex art.375 comma2,perché di fatto c’è già stato. .5.4 Gli atti di ordinaria amministrazione: per atti di ordinaria amministrazione l’emancipato interviene da solo, perché in subiecta materia è considerato soggetto pienamente capace. Problema: nel caso di genitori entrambi emancipati, con curatore Tizio, i quali vogliono vendere un immobile del loro figlio chi è legittimato al compimento dell’atto? - una tesi minoritaria sostiene che la legittimazione spetti ai genitori assistiti dal curatore; non vi sarebbe, in altre parole, distinzione tra atti relativi al patrimonio degli emancipati, e quelli dei loro figli. - secondo altra tesi si applicherà l’art.334,per analogia, perché il curatore-amministratore svolge la sua funzione a tempo prolungato e non temporaneo; - secondo altri ,infine(Capozzi),si applica l’art.321,perché non si ha cattiva amministrazione, e l’impedimento seppur prolungato, è causato da un’incapacità parziale e non totale. 61 Problema: può il nonno donare un bene al nipote, figlio di due emancipati, con la nomina del curatore ai sensi dell’art.356 c.c.? Si, potrà farlo, perché il curatore art.356 si riferisce ai beni del minore non emancipato(si tratta infatti di figlio di emancipati);ma per l’accettazione della donazione occorrerà la nomina di un curatore speciale ex art.321(o art.334). .5.5. Esercizio dell’impresa: ai sensi dell’art.397 c.c. ,l’emancipato “può” esercitare un’impresa anche di nuova costituzione, senza l’assistenza del curatore se debitamente autorizzato dal tribunale previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore. A seguito dell’autorizzazione in esame l’emancipato acquisisce di fatto la piena capacità di agire, eccezion fatta per: - le donazioni art.774 comma2; - il testamento art.591 n.1; - l’esercizio della potestà genitoria e tutoria(è un impedimento ex art.321 oppure ex art.334 per i genitori;art.350 n.1 per il tutore); - l’accettazione dell’eredità che potrà essere effettuata solo con il beneficio d’inventario ex art.472 c.c.(saranno quindi necessarie poi le autorizzazioni per gli atti dispositivi dei beni ereditari ex art.493 c.c.e747 c.p.c.). In ogni caso il curatore non cessa dalle sue funzioni, conservando infatti il potere di vigilanza e potendo richiedere la revoca dell’autorizzazione ex art.397 c.c., e quello di assistenza ex artt.774 e 165 c.c. La dottrina prevalente ritiene poi che il Tribunale possa autorizzare l’esercizio dell’impresa da parte dell’emancipato non da solo ma con l’assistenza del curatore in tutti i casi in cui non ritenga idoneo l’incapace ad un esercizio esclusivo dell’attività commerciale. CAPITOLO UNDICESIMO L’INABILITAZIONE .1 Definizione: è la situazione del maggiore di età al quale, a seguito di sentenza giudiziale, viene limitata la capacità di agire. In sostanza, si restringe la capacità di agire del maggiorenne. .2 Ratio: proteggere gli interessi patrimoniali del soggetto un’infermità tale da non dare luogo a pronuncia d’interdizione. affetto da .3 Apertura: a seguito di sentenza(costitutiva) di inabilitazione data dal tribunale del luogo di domicilio o residenza dell’inabilitando(art.712 c.p.c.) Durante il procedimento il giudice istruttore può nominare un curatore provvisorio con gli stessi poteri di quello definitivo; tuttavia, poiché l’istanza di inabilitazione potrebbe essere rigettata è preferibile che questo soggetto limiti la propria amministrazione al compimento degli atti che non ammettono dilazione. 62 .4 Pubblicità: duplice annotazione nel registro delle curatele ex art.48 d.att. c.c. e nei registri dello stato civile a margine dell’atto di nascita ex art.423 c.c. .5 Il curatore: a parte l’investitura, che qui è solo giudiziale, valgono per il curatore dell’inabilitato le stesse considerazioni sopra esposte per quello dell’emancipato. .6 Esercizio dell’impresa: a differenza dell’emancipato per l’inabilitato valgono le seguenti regole: - è consentita solo la continuazione dell’impresa, e non la costituzione di una nuova; - agire solo con l’assistenza del curatore, perché a differenza dell’art.397,l’art.425 non esclude l’assistenza; - l’eventuale nomina dell’institore(anche su designazione dell’inabilitato). Non si può interpretare nei riguardi dell’inabilitato in via analogica l’art.397,perché è norma di tipo eccezionale. Problema: può il cieco compiere atti giuridici quando non vi sia stata sentenza di inabilitazione? Si, se il soggetto non è un incapace naturale. Prima i ciechi erano inabilitati di diritto insieme ai sordomuti; oggi invece sono pienamente capaci salvo la disposizione di cui all’art.428. Problema: può il genitore donare con sostituzione fedecommissaria un bene al proprio figlio inabilitato? No, l’art.692 ammette la sostituzione fedecommissaria solo se i soggetti sono interdetti. Escamotage: il genitore potrà effettuare una duplice donazione: - donazione modale della nuda proprietà a colui che dovrà assistere l’inabilitato, con un tale onere di assistenza e con espressa clausola risolutiva ex art.793 comma4 per il caso di inadempimento; - donazione incondizionata di usufrutto all’inabilitato. Se si segue la tesi della Cassazione n.431/98 occorrerà poi provvedere alla nomina del curatore speciale per accettare la donazione. CAPITOLO DODICESIMO INCAPACI E BENI EREDITARI .1 La c.d. “fase ereditaria”: con tale termine s’intende l’arco temporale che va dall’apertura della successione fino al momento del totale esaurimento della procedura di liquidazione. Stabilire quando può dirsi chiusa la suddetta fase è importante soprattutto in relazione ai beni devoluti a minori in potestate poichè da tale momento muta, come più avanti si vedrà, il regime autorizzatorio in relazione agli atti di straordinaria amministrazione coinvolgenti beni ereditari. Al riguardo è necessario distinguere tra: - liquidazione individuale ex art.495 c.c.: è la cosiddetta liquidazione alla spicciolata poiché l’erede paga i creditori e i legatari quando si presentano, salvi i loro diritti di poziorità. 63 Per tale fase il codice non prevede espressamente un termine di durata; parte della dottrina ha cercato di ovviare al problema sostenendo che la fase verrebbe in tal caso a chiudersi con lo scadere del termine di 10 anni dall’apertura della successione (termine ordinario di prescrizione dei crediti ex art.2946). La dottrina preferibile è invece di contrario avviso poiché essa sostiene la possibilità che vi siano sconosciuti creditori a termine iniziale o sotto condizione sospensiva; essa pertanto ritiene che i beni immobili saranno virtualmente sempre ereditari, mentre i mobili lo resteranno solo nei 5 anni a partire dalla dichiarazione di accettazione con il beneficio d’inventario art.493 2°comma. - liquidazione concorsuale art.498 c.c.: trattasi di una procedura liquidativa esperita dall’erede in base allo stato di graduazione che esso all’uopo deve predisporre. A differenza di quella individuale qui il legislatore prevede espressamente un termine finale della fase ereditaria e precisamente quello di 3 anni a decorrere dal giorno in cui lo stato di graduazione è diventato definitivo ex art.502 3°comma Problema: quando potrà dirsi terminata la fase ereditaria in caso di sostituzione fedecommissaria? - secondo una teoria la tutela del sostituito è data dall’art.747 c.p.c., quindi anche se siamo nella fase della liquidazione concorsuale, la fase ereditaria non termina finché non opera la sostituzione. - secondo altri l’art.747 c.p.c. non sarebbe applicabile nel caso de quo, ciò in quanto il sostituito non è un creditore o un legatario, ma un erede sotto la tripla condizione sospensiva(mancata revoca dell’interdizione, premorienza dell’istituito, e adempimento dell’onere di assistenza); quest’ultimo pertanto sarebbe tutelato dall’art.38 delle disp. di att. cc, e non dall’art.747,cosicchè la fase ereditaria seguirà il suo corso normale. In ogni caso serve almeno un’autorizzazione ex art.694 (ovvero art.747 se trattasi di fase ereditaria)del tribunale delle successioni, con il parere del giudice tutelare del domicilio dell’istituito(in primis sempre l’interesse dell’istituito)disponendo così anche circa il reimpiego,art.748 cpc (376) Poi forse anche un’autorizzazione ex art.38 disp. di att.(si considera sempre il domicilio del sostituito). Problema: la disarmonia tra l’art.320 e l’art.374 c.c.: come detto a suo tempo, la dottrina preferibile estende la necessità di autorizzazione giudiziale anche agli emancipati ex art.394 comma2,agli inabilitati ex art.424,agli interdetti e minori sotto tutela ex art.374 n.3,anche se trattasi di legati senza pesi o condizioni. Problema: il difetto di coordinamento tra l’art.320 c.c. e l’art.747 c.p.c.: Mentre nessuno dubita sulla prevalenza dell’art.747 sul 375, 394, 424 ad un ampio dibattito ha dato luogo la nuova formulazione, a seguito della riforma del diritto di famiglia, dell’art.320 c.c. nella parte relativa all’alienazione di beni pervenuti al minore “anche a causa di morte”; trattasi di questione risolta dalla dottrina prevalente e dalla più recente giurisprudenza della Cassazione nel senso della necessità dell’unicità dell’autorizzazione rilasciata dal giudice delle successioni su parere del giudice tutelare ex art.747 c.p.c.( per una più ampia trattazione vedi supra pag.30) E’ discusso se vi sia una surrogazione oggettiva, ossia il bene acquistato con il prezzo della vendita di un bene ereditario rimanga comunque ereditario, e occorra ancora l’autorizzazione ex art.747. 64 CAPITOLO TREDICESIMO IL FEDECOMMESSO .1 Definizione: disposizione testamentaria o donativa con la quale il disponente impone al beneficiario l’obbligo di conservare e restituire alla sua morte i beni allo stesso attribuiti a favore della persona o dell'ente che, sotto la vigilanza del tutore, si è presa cura di lui. .2 Ambito applicativo: testamento(eredità e legato) e donazione (artt.692-795 cod.civ.) .3 Finalità: prevalentemente assistenziale (cura dell’incapace);stante tale finalità si avrà una prevalenza dell’art.692 anche sulle norme di cui agli artt.549 e 692 comma1,perché l’interesse prevalente non è assicurare la legittima priva di pesi o condizioni, ma assicurare la cura dell’incapace. .4 Fedecommesso successorio: .4.1 Elementi costitutivi: duplice la delazione(una immediata, l’altra differita); ordine successivo(il sostituito succede all’istituito, testatore e non dell’istituito) l’obbligo di conservare e di restituire. 4) obbligo dI cura dell’incapace istituito. ma è erede del .4.2 Natura giuridica: trattasi di un’ipotesi di delazione successiva, poiché alla morte dell’istituito la delazione si rinnova in capo al sostituito con efficacia ex nunc. .4.3. L’istituito: a) natura del suo diritto: o alcuni, argomentando ex art.693 comma secondo c.c., ritengono sia un diritto di usufrutto; o altri vi individuano un’ipotesi di proprietà temporanea o la teoria preferibile sostiene trattarsi di un caso di proprietà risolubile.; in altri termini, l’istituito è un vero e proprio erede, sottoposto alla triplice condizione risolutiva della mancata revoca dell’interdizione, della sua premorienza rispetto al sostituito e dell’adempimento da parte di quest’ultimo dell’onere di cura. b) poteri: in quanto erede, l’istituito potrà mutare la destinazione economica dei beni e alienarli se a ciò è stato autorizzato. I poteri di amministrazione ordinaria sono disciplinati all’art.693. Quelli di straordinaria amministrazione trovano regolamentazione nell’art.694 c.c.; gli atti relativi dovranno essere sempre autorizzati ai sensi della predetta norma (l’elenco non ha carattere tassativo)nel caso di “utilità evidente” del patrimonio, ma anche in quello di necessità per esigenze dell’istituito, perché l’art.692 persegue finalità di tipo assistenziali. Discusso se sia necessaria solo una autorizzazione ex art.747 c.p.c. o anche una ulteriore ai sensi dell’art.38 disp.att. c.c.(perché il sostituito non è un creditore o un legatario, ma semplicemente un delato). c) obblighi: garanzia e inventario ex artt.1002,693 comma2. 65 .4.4. Il sostituito: posizione giuridica: al riguardo bisogna distinguere tra: o prima della morte dell’istituito: aspettativa di delazione giuridicamente tutelata; posizione peraltro non alienabile non essendoci delazione attuale a suo favore (sarebbe patto successorio dispositivo ex art.458 c.c.). Il sostituito potrà conseguentemente compiere solo atti conservativi. o dopo la morte dell’istituito: la delazione diventa attuale ed egli acquisisce la qualità di chiamato con i relativi poteri ( possessori, accettazione eredità,...) La delazione è peraltro subordinata alla triplice condizione sospensiva sopra indicata (premorienza, no revoca interdizione, adempimento obblighi di cura); trattasi di condicio iuris non retroattive, poiché come detto, il sostituito subentra nei diritti dell’istituito al momento della sua morte e non da quella del testatore(art.696). b)obblighi(o meglio oneri): cura materiale e morale dell’incapace. Problema: può il tutore assumere la veste di sostituito? Parte della dottrina propende per la negativa sulla base del fatto che diversamente ragionando si determinerebbe una coincidenza tra controllore e controllato La dottrina prevalente dà al quesito risposta affermativa evidenziando che in tal caso il controllo sarà svolto dal protutore. .5 Fedecommesso donativo: .5.1 Natura giuridica: - per una tesi minoritaria è da costruirsi come una duplice donazione, ossia per l’incapace sotto condizione risolutiva, e per il sostituito sotto condizione sospensiva; - per la tesi prevalente(Capozzi)è un caso di donazione modale, in cui il modus è quello proprio di conservare e restituire, modus sotto condizione sospensiva(della premorienza, della mancata revoca dell’interdizione e dell’adempimento dell’onere di cura) Non può costruirsi come duplice donazione, perché in tal caso il sostituito dovrebbe accettare necessariamente in vita donante, ex art.1329 comma2 posto che la proposta perde efficacia con la morte e per l’incapacità sopravvenuta, e non potrebbe essere fatta nei confronti di persona indeterminata. Al contrario con la donazione modale, chi si prende effettivamente cura dell’incapace, anche dopo la morte donante, avrà il diritto, qualora le altre condizioni si verifichino, ad accettare i beni donati. E’ un modus, a favore di persona incerta. Quindi è possibile anche la donazione ad in incertam personam, con accettazione anche dopo la morte del donante. Problema: quali autorizzazioni sono necessarie se l’interdetto beneficiato vuol vendere un bene donato, oppure legato ex art.697 c.c.? Deve dirsi anzitutto che nel caso de quo non potrà trovare applicazione l’art.747 c.p.c. poiché trattasi di donazione o legato e non di beni ereditari. 66 Ciò posto, al quesito vengono date in dottrina soluzioni differenti e precisamente: - secondo alcuni sarà sufficiente un’unica autorizzazione ex art.694-375 n.1,autorizzazione data dal tribunale su parere del giudice tutelare del luogo del domicilio dell’istituito,(il giudice valuterà anche gli interessi del sostituito); qualora si scelga tale soluzione, si evidenzieranno nel ricorso gli interessi o il mancato pregiudizio del sostituito. - secondo altri (Capozzi) saranno necessarie due autorizzazioni, ovvero una ai sensi dell’art.375 e l’altra ai sensi dell’art.38 comma secondo disp.att. (il domicilio è quello del sostituito; si tutelano qui i suoi interessi) - per altri ancora si userebbe lo schema dell’art.747 c.p.c., ossia il tribunale del luogo del domicilio dell’interdetto con parere del giudice tutelare del luogo di domicilio del sostituito. Problema: come predisporre un meccanismo analogo al fedecommesso in caso di beneficiari inabilitati? Secondo una prima tesi si potrebbero fare due donazioni: una di usufrutto a favore dell’inabilitato, e l’altra della nuda proprietà a favore di chi ha avuto cura dell’incapace con l’onere delle cure e l’eventuale risoluzione nel caso di inadempimento dell’onere(art.793 comma4); oppure sotto la condizione sospensiva delle cure. Altra tesi propende per un’unica donazione della piena proprietà a favore dell’inabilitato con l’onere di conservare e restituire a chi si sarà preso cura di lui, sotto le tre condizioni sospensive dell’istituto in esame; ciò renderà possibile la sostituzione anche a favore di persona incerta. Problema: cosa succede se viene posto in essere un atto senza la necessaria autorizzazione ex art.694 c.c.? - la dottrina prevalente propende per la nullità dell’atto(si tratterebbe di nullità virtuale); ciò in ragione della necessità di una più incisiva tutela del sostituito, dei creditori e dei legatari del de cuius. Se infatti l’atto fosse semplicemente annullabile potrebbe agire solo chi è parte del contratto e non certo i terzi, come è il sostituito. Non è conseguentemente possibile prevedere una qualche forma di sanatoria ma solo la rinnovazione dell’atto(art.28 legge notarile), ovviamente previa autorizzazione e con effetti ex nunc. - altra tesi sostiene l’annullabilità con applicazione analogica degli articoli 322, 377 cod.civ. - infine c’è chi ritiene che l’atto sia solamente inefficace. Problema: cosa succede se viene posto in essere un atto senza la necessaria autorizzazione ex art.747 c.p.c.? In primis è necessario porre in rilievo che tale atto non potrà comportare accettazione tacita, essendo tale forma preclusa all’incapace, dovendo quest’ultimo accettare col beneficio d’inventario e quindi espressamente. Venendo ora allo specifico problema, deve dirsi che diverse sono state le soluzioni proposte in dottrina e giurisprudenza: - per parte della dottrina(Jannuzzi, Mazzacane) e la giurisprudenza della Cassazione l’atto de quo è annullabile su istanza dei creditori, legatari, e dell’incapace, entro 1 anno ex art.489); ciò in base alle disposizioni di cui agli artt.322, 377, 396 c.c.; - altra dottrina (Capozzi) è di contrario avviso sostenendo la nullità dell’atto non autorizzato; ciò in quanto essa è la sanzione generale per eccellenza, anche virtuale, mentre l’annullabilità è solo testuale; - altri ancora (Azzariti) considerano l’atto valido, perché gli artt.747 e 493 come unica sanzione prevedono la decadenza dal beneficio. 67 Ricorda: se l’erede beneficiato non è un incapace l’atto di disposizione sarà valido, perché l’unica conseguenza è la decadenza dal beneficio ai sensi dell’art493. Pertanto appare inutile richiederla se si è certi che non vi siano più creditori insoddisfatti. Problema: è necessario il parere del giudice tutelare nel caso di autorizzazione ex 747 c.p.c. rilasciata al rappresentante legale dell’incapace che sia solo chiamato non ancora accettante? - alcuni ritengono di no, non essendo coinvolto nella fattispecie de qua alcun attuale interesse dell’incapace essendo quest’ultimo un mero chiamato;l’art.747 comma2 (“sentito il giudice tutelare se i beni appartengono all’incapace”)si applica infatti solo quando i beni appartengono all’incapace, mentre qui tale requisito difetta in toto. - altri(Capozzi)ritengono debba esserci il parere del giudice tutelare, per l’evidente tutela degli interessi del chiamato incapace, che potrebbe accettare. Ricorda: il parere del giudice tutelare non è richiesto nei casi di alienazione di beni ereditari da parte dei seguenti soggetti: - esecutore testamentario - curatore dell’eredità giacente - chiamato non incapace - chiamato incapace ( per la dottrina preferibile) CAPITOLO QUATTORDICESIMO AMMINISTRAZIONE DELL’EREDITA’PRIMA DELL’ACCETTAZIONE .1 Natura giuridica: prima dell’accettazione l’eredità si configura come un patrimonio senza soggetto o meglio di destinazione . Tra il momento dell’apertura della successione e la sua accettazione si verifica una fase più o meno lunga ma necessariamente temporanea comunemente chiamata di “pendenza ereditaria” dovuta alla presenza di un chiamato, alla sua mancata accettazione; essa si distingue da: - giacenza ereditaria: caratterizzata dalla presenza dei summenzionati requisiti ed in più dal mancato possesso dei beni ereditari e dalla nomina del curatore - vacanza ereditaria: quando manca il chiamato; in tal caso vi sarà l’automatica acquisizione dell’eredità da parte dello Stato ex art.586 cod.civ. Non manca chi, tuttavia, sostiene che non vi è mai vacanza e ciò alla luce della retroattività dell’accettazione stessa(ma la retroattività è una fictio iuris). .2 Finalità: provvedere alla conservazione dell’integrità giuridica ed economica del patrimonio ereditario. .3 Strumenti: il codice prevede una serie di mezzi allo scopo di perseguire la predetta finalità; essi sono precisamente: - amministrazione del chiamato ex art.460 c.c. - curatela dell’eredità giacente ex art.528 c.c. - esecutore testamentario ex art.706 c.c. 68 .3.1 Amministrazione del chiamato: Anzitutto è importante evidenziare che i poteri indicati dall’art.460 cod.civ. spettano solo al delato e non al semplice chiamato privo di delazione ( quali ad es. il nascituro, il chiamato sotto condizione sospensiva, o in sostituzione. Al vocato spetteranno invece le facoltà contemplate dagli artt.481 e 642 c.c., ossia la richiesta di provvedimenti cautelari, quella di formazione dell’inventario, quella di apposizione dei sigilli e quella della nomina del curatore ex art.528. .3.1.1. Obbligo o facoltà? La dottrina prevalente ritiene che quelli dell’art.460 siano semplici poteri, diritti di amministrazione, e non certo obblighi (la norma utilizza infatti l’espressione “può” e non “deve”) Il chiamato, possessore o meno, amministra nel proprio interesse e non è pertanto titolare di un ufficio di diritto privato, diversamente da quanto accade nel caso del curatore dell’eredità giacente o dell’esecutore testamentario; l’amministrazione infatti è una facoltà e non un dovere. Altra autorevole dottrina(Jannuzzi) distingue invece l’ipotesi del chiamato possessore da quello non possessore; nel primo caso incomberebbe sul soggetto non una facoltà bensì l’obbligo(art.486),perché la sua presenza non renderebbe possibile procedere alla nomina del curatore dell’eredità giacente,art.528(contra mazzacane). .3.1.2 Titolarità: se c’è un chiamato possessore, l’amministrazione spetta solo a lui, e non anche agli altri chiamati non possessori. Il possesso può riguardare anche un solo bene purché sia di valore rilevante. Se i chiamati sono due o più, si avrà un’amministrazione congiunta, ossia occorrerà il consenso di tutti, salvo che vi sia l’urgenza dell’atto, per analogia con l’art.700 comma2. In tal caso l’autorizzazione può esser richiesta anche solo da uno dei chiamati. .3.1.3 Ampiezza: i poteri ex art.460 sono previsti solo per gli atti indifferibili, urgenti, perché è sempre un tipo di amministrazione temporanea,(vendere i beni deteriorabili o la cui conservazione comporta un grave dispendio)e/o con scopo conservativo del patrimonio ereditario. Quanto al tipo di atto che può essere concretamente posto in essere dal chiamato, due sono le tesi proposte: - teoria restrittiva: tale tesi fa leva su di una interpretazione restrittiva del secondo comma della citata disposizione e limita conseguentemente gli atti autorizzabili solo la vendita dei beni che non si possono conservare o la cui conservazione comporta grave dispendio(Grosso-Burdese) - teoria estensiva: la dottrina prevalente ritiene che la norma vada interpretata in modo estensivo; ogni atto di straordinaria amministrazione potrà cioè essere autorizzato purché abbia finalità conservativa o vi sia l’urgenza, ad es. il mutuo o le obbligazioni cambiarie(non vi è carattere tassativo nell’elenco degli atti). Quanto poi alla natura giuridica dell’atto posto in essere, esso può configurarsi come contratto per conto di chi spetta essendo la rappresentanza svolta in incertam personam, ossia del futuro erede; di conseguenza la trascrizione andrà effettuata contro il de cuius ed a favore di chi spetta non essendovi ancora l’erede accettante. 69 Problema: quali autorizzazioni sono necessarie nel caso di mutuo richiesto dal minore per restaurare un bene ereditario? - parte della dottrina ritiene operante in quest’ambito l’autorizzazione ex art.320 c.c. e quindi il giudice tutelare del luogo del domicilio del minore; ciò in quanto l’obbligo della restituzione graverebbe personalmente sul minore, salvo poi il diritto di questi al rimborso ex 461 cod.civ. - altra parte della dottrina, prevalente e preferibile, applica nel caso de quo l’art.747 c.p.c. poiché è vero che l’obbligo grava direttamente sul minore, ma è altrettanto vero che esso grava altresì indirettamente sull’eredità tenuta alla restituzione ex art.461 c.c.; l’autorizzazione sarà data quindi dal giudice delle successioni (sentito il parere del giudice tutelare se il minore ha già accettato). .4.1. Eredità giacente: .1 Definizione: situazione dei beni ereditari tra l’apertura della successione e l’accettazione dell’eredità. .2 Presupposti: - esistenza di un chiamato all’eredità mancato possesso beni ereditari mancata accettazione nomina del curatore Problema: è ammissibile la giacenza pro quota? La dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate sulla possibilità della nomina di un curatore dell’eredità giacente qualora, di fronte ad una pluralità di chiamati, solo alcuni di essi abbiano accettato o siano nel possesso dei beni ereditari. Diverse al riguardo sono state le tesi: - parte della dottrina ritiene configurabile una giacenza pro quota nella sola ed esclusiva ipotesi di divisione dei beni ereditari da parte del testatore mediante una divisione vera e propria (art.734 c.c.) ovvero una institutio ex re certa (art.588 comma secondo c.c.) - altra dottrina ammette la figura de qua solo qualora tra i vari eredi istituiti non operi il diritto di accrescimento. - altra tesi ammette senza riserve la giacenza pro quota argomentando come segue: - esigenze di tutela dei chiamati non accettanti o non possessori - l’art.528 si riferisce all’ipotesi dell’unico chiamato e non a quella di più chiamati - possessore ha solo la facoltà e non l’obbligo di amministrare; potrebbe quindi disinteressarsene con possibile grave pregiudizio degli altri chiamati. - altra parte della dottrina, infine, propende per la soluzione negativa sulla base delle seguenti considerazioni: - impossibilità di amministrare una quota senza amministrare il tutto - possesso/accettazione di anche uno solo dei chiamati esclude uno dei requisiti ex art.528 c.c. - la funzione dell’istituto è la cura/amministrazione dell’intero patrimonio e non di una sua quota. Tale tesi è condivisa anche dalla più recente giurisprudenza; si vedano al riguardo Cass.19 aprile 2000 n.5113 e Cass.22 febbraio 2001 n.2611 70 Problema: cosa succede se piuttosto che un’accettazione “parziale”, di uno solo dei chiamati, si ha il “possesso parziale”, ossia il possesso solo su singoli beni? In tal caso non vi è cessazione dell’ufficio, perché ex art.528 la cessazione si verifica solo se vi è stata l’”accettazione”; il fatto che non vi siano delati possessori è solo un presupposto per l’apertura della curatela, e non è un elemento che deve anche persistere. Avendo poi il possessore una semplice facoltà, e non un obbligo di amministrare, si aderisce alla dottrina che ammette la mancata cessazione dell’ufficio e la “giacenza pro quota”, ossia l’amministrazione sui beni su cui non vi è un possesso del delato. .3 Natura giuridica: la dottrina prevalente (Capozzi) e la giurisprudenza della Cassazione configurano l’eredità giacente come un patrimonio separato, perché distinto da quello del curatore e dei chiamati, e non è un soggetto di diritto. Come tale, l’eventuale richiesta dei creditori e legatari di separazione dei beni ex art.512 avrà effetto solo dopo l’accettazione dell’erede. .4 Ampiezza: - teoria estensiva: alcuni autori (Azzariti)ritengono che possa configurarsi un’eredità giacente in tutte quelle ipotesi in cui l’eredità non è stata ancora accettata, anche se c’è un chiamato possessore(art.485),o degli amministratori ex art.643 (che sarebbero quindi dei curatori del tipo previsto dall’art.528); ciò alla luce del richiamo operato dall’art.644 c.c. alle norme sulla curatela dell’eredità giacente. - teoria restrittiva: la dottrina prevalente e preferibile propende per un’interpretazione restrittiva dell’istituto , limitandolo alla sola fattispecie contemplata dall’art.528 c.c.; il richiamo operato dall’art.644 starebbe proprio ad indicare un’estensione di disciplina ad istituti tra loro differenti, non avendo in caso contrario alcuna ragione d’essere. D’altra parte, mentre il curatore ha un’investitura di carattere giudiziale, gli amministratori ex art.641 e seguenti sono tali ex lege a prescindere da una nomina operata dal giudice (unica eccezione è quella dell’ultimo comma dell’art.642 c.c. “giusti motivi”). .5 Posizione del curatore: titolare di un ufficio di diritto privato così come l’esecutore testamentario(art.700). E’ un amministratore di un patrimonio separato (l’eredità giacente),amministrato nell’interesse altrui(eredi, creditori e legatari) e non è certo un rappresentante di delati o eredi, né un amministratore portatore di propri interessi come il delato ex art.460 cod.civ. Proprio perché è amministratore nell’interesse altrui, gli si applicano le norme sull’erede beneficiato ex art.531 c.c., con l’eccezione dell’art.491 c.c.; tale ultima norma, disciplinante la responsabilità dell’erede beneficiato e limitandola al solo caso di (dolo)o colpa grave, non è applicabile al curatore dell’eredità giacente poiché questi, data l’altruità dell’interesse tutelato, deve prestare una maggiore diligenza. Per la giurisprudenza il curatore è da annoverare tra gli ausiliari del giudice(art.68cpc)perché svolge una pubblica funzione. “Il curatore dell'eredita' giacente.....va annoverato fra gli ausiliari del giudice, dovendo intendersi per tale secondo la definizione datane dall'art. 68 c.p.c. ...... il privato esperto in una determinata arte o professione ed in generale idoneo al compimento di atti che il giudice non puo' compiere da solo, temporaneamente incaricato di una pubblica funzione, il quale sulla base della nomina effettuata da un organo giurisdizionale ..... presti la sua attivita' in occasione di un processo in guisa da renderne possibile lo svolgimento o consentire la realizzazione delle particolari finalita' (caratteristiche tutte riunite nella figura del curatore dell'eredita', ove si considerino l'impossibilita' del giudice di provvedere da solo ai compiti di conservazione del patrimonio ereditario affidatigli dalla legge; la conseguente strumentalita' delle funzioni del curatore, tenuto sotto giuramento, ex art. 193 disp. att. c.p.c., 71 a custodire e amministrare fedelmente i beni dell'eredita', sotto l'attivita' di direzione e sorveglianza del giudice, da esplicarsi mediante appositi provvedimenti giudiziari; il provvedimento finale di chiusura della procedura, cui conseguono l'approvazione del rendiconto e la consegna all'erede del patrimonio convenientemente gestito)...... omissis..” (Cassazione civile sez. un., 21 novembre 1997, n. 11619, in Giust. civ. Mass. 1997,2239) .6 Nomina del curatore: Il curatore è nominato con decreto del tribunale(e non del giudice tutelare ex art.528 comma1)delle successioni. L’accettazione dell’incarico da parte del curatore è necessaria perché può certamente rifiutarsi non trattandosi di un munus publicum. .7 Attività del curatore: - preliminare: giuramento, inventario(art.529 c.c.) e deposito somme; il giuramento (art.193 d.att. c.p.c.) è indispensabile affinché questi possa avere pieni poteri, cosi come accade per il tutore. Prima del perfezionamento dell’inventario possono compiersi solo gli atti indifferibili, urgenti. L’obbligo di cui all’art.529 di depositare il denaro presso le casse postali sottolinea che se si decide di effettuarlo presso una banca, occorrerà l’autorizzazione del giudice che darà le opportune indicazioni circa l’istituto di credito. - processuale: sia attiva che passiva - liquidativa: individuale o concorsuale La liquidazione ex art.530 potrà effettuarsi solo dopo l’autorizzazione del giudice (Tribunale delle successioni) che stabilisce se essa debba esser individuale o concorsuale. L’autorizzazione agli atti liquidativi è concessa per ogni singolo caso, salvo non sia liquidazione concorsuale. In ogni caso il curatore deve rispettare l’ordine dei diritti di prelazione(privilegi, ipoteche, pegni). - amministrativa: con scopo prevalentemente liquidativo e conservativo. Diversamente dal delato ex art.art.460, dopo l’accettazione dell’incarico la sua amministrazione è obbligatoria e non certo facoltativa. La conservazione non va intesa in senso fisico, ossia mantenere inalterato e integro il patrimonio ereditario, ma in termini economici, ossia preservarne le potenzialità economiche senza permettere che si possano deprimere. Quindi possono compiersi anche gli atti non urgenti purché abbiano un fine conservativo,art.782-783 cpc(se ricorrono necessità o utilità evidenti). Le locazioni ultranovennali non sono possibili(troppo impegnative, e non bisogna scordare che qui siamo nel campo dell’amministrazione temporanea). .8 L’amministrazione: a) ordinaria: libera e senza necessità di alcuna autorizzazione. b) straordinaria: è sempre necessario il controllo giudiziale preventivo sull’atto attraverso il rilascio della necessaria autorizzazione. Quanto alla competenza è necessario distinguere tra: - atti di straordinaria amministrazione in genere: in tal caso il provvedimento sarà emesso dal Tribunale (monocratico) delle successioni ex art.782 c.p.c. - vendita beni mobili: Tribunale (monocratico) delle successioni ex art.783 c.p.c.; l’art.531 richiama infatti l’art.493 che richiede appunto l’autorizzazione giudiziale. 72 Deve peraltro segnalarsi che parte della dottrina ritiene che essendo la vendita di beni mobili obbligatoria, essa non necessiterebbe di autorizzazione. - vendita di immobili: Tribunale (collegiale)delle successioni ex art.783 comma secondo c.c. nei soli casi di necessità od utilità evidente. Problema: cosa succede se l’atto viene compiuto dal curatore senza la necessaria autorizzazione? - parte della dottrina sostiene che essi siano annullabili in applicazione analogica degli artt.322, 377 c.c. - la dottrina preferibile ritiene invece che la sanzione sia quella della nullità (virtuale) in quanto meglio tutelante l’interesse della pluralità dei soggetti legittimati all’azione stessa. Problema: può il curatore accettare, previa autorizzazione ex art.782c.p.c.,l’eredità con beneficio d’inventario o i legati devoluti al de cuius e da questi non accettati o rifiutati? La dottrina prevalente(Jannuzzi) dà al quesito risposta negativa, potendo l’atto di accettazione essere fatto solo dall’erede; ciò in quanto la trasmissione ex art.479 opera solo in favore degli eredi, ossia di chi accettando ha acquistato tale status e non prima. .9 Rapporti con gli altri amministratori: Appena nominato il curatore ex art.528,non si esercitano più i poteri ex art.460 c.c.; tuttavia se il delato compie un atto dispositivo questo sarà valido perché si ritiene così ugualmente realizzata ugualmente l’accettazione(accettazione tacita per mezzo di fatti concludenti). D’altronde sarebbe incompatibile una simile attività con il disinteresse nei riguardi del patrimonio ereditario. Non si nomina il curatore ai sensi dell’art.528 se vi sono già gli amministratori ex art.643;idem se il delato è assente, perché vi saranno i soggetti di cui all’art.70 o nel caso dello scomparso(curatore ex art.48). Compatibile il curatore ex art.528 con l’esecutore testamentario art.700 solo se quest’ultimo ha poteri limitati ad una parte dei beni, altrimenti l’istituto risulta incompatibile, perché il curatore ex art.528 è nominato solo se manca un amministratore. Con l’accettazione dell’eredità da parte del chiamato, tacita od espressa che sia, si ha la decadenza del curatore dall’ufficio; controverso è se questa avvenga automaticamente ovvero sia necessario un espresso provvedimento del tribunale che lo ha nominato. Esecutore testamentario .1 Definizione: l’esecutore testamentario è il soggetto nominato dal testatore al fine di una corretta e puntuale attuazione delle proprie volontà. .2 Funzioni: - curare l’esatta esecuzione delle disposizioni testamentarie: ad es. chiedere l’adempimento degli oneri, formare l’inventario, apporre i sigilli art.705 se vi sono degli incapaci, altrimenti sta alla discrezionalità dell’esecutore fare oppure no l’inventario. Discusso se possa anche provvedere al pagamento dei legati e dei debiti se ciò non è stato previsto nel testamento, trattandosi di compiti degli eredi. - amministrare la massa ereditaria, salvo espresso divieto del testatore. 73 .3 Elementi costitutivi: - nomina in un valido testamento - accettazione formale (art.702 c.c.) Nomina ed accettazione sono negozi unilaterali, formali, personali; la nomina è altresì mortis causa e revocabile. Anche se vi è stata accettazione, è possibile una rinunzia successiva. Può esser nominato anche un emancipato autorizzato all’esercizio dell’impresa art.397 e il fallito(perché quest’ultimo non ha la disponibilità solo dei propri beni),art.701. Ricorda: non è richiesto il giuramento. .4 Natura giuridica: - parte della dottrina ritiene trattarsi di un mandato post mortem; in contrario è stato osservato che il mandato è un contratto, mentre qui nomina ed accettazione sono negozi unilaterali. - altri autori lo configurano come una procura; in contrario si è osservato che l’esecutore agisce in nome proprio e non altrui - la dottrina prevalente e preferibile ritiene sussistente in questo caso la figura dell’ufficio di diritto privato non rappresentativo. .5 Amministrazione: - - - presupposto: prendere possesso dei beni ereditari: trattasi in realtà di detenzione, poiché l’esecutore detiene nomine alieno durata: un anno, salvo ulteriore proroga di un altro anno concessa dal Tribunale. La giurisprudenza ha stabilito che l’anno di attività dell’esecutore decorre da quando si consegue il possesso, se l’erede si rifiuta di consegnare i beni. “ ...ove l’esecutore testamentario non sia in grado di entrare in possesso dei beni ereditari- avvenga ciò per il rifiuto dell’erede di procedere alla consegna dei beni stessi o per contestazioni dell’erede sollevate circa la validità del testamento o la nomina dell’esecutore- ......in tal caso il termine di un anno previsto dall’art.703 c.c. non potrà cominciare a decorrere se non dal momento in cui sarà cessata la causa dell’impedimento.”(Cass.4 giugno 1974 n.1619) natura: strumentale rispetto all’attuazione delle volontà del de cuius. Sostanzialmente quindi il possesso è strumentale all’amministrazione e quest’ultima lo è in relazione alla corretta esecuzione delle disposizioni testamentarie. obblighi: rendiconto (al termine della gestione o annuale se questa è prolungata) e risarcimento dei danni, in caso di colpa, nei confronti di eredi e legatari(art.709 c.c.) .5.1 ordinaria: libera e senza alcuna autorizzazione. .5.2 straordinaria: ammessa per gli atti necessari(art.703 comma 4 “atti occorrenti”),non certo quelli che sono solo utili; sarà comunque necessaria l’autorizzazione giudiziale. Competenza: - parte della dottrina distingue: - la vendita: autorizzata dal Tribunale collegiale ex 747 c.p.c. - gli atti di straordinaria amministrazione in genere: autorizzati dal Tribunale monocratico ex art.782 c.p.c. - la dottrina preferibile ritiene sussistere la competenza sempre e comunque del Tribunale collegiale ex art.747 c.p.c. In ogni caso l’autorizzazione sarà rilasciata sentiti gli eredi, a pena di nullità. 74 Problema: è necessaria l’autorizzazione se gli atti sono già stati previsti e autorizzati dal testatore? - parte della dottrina ritiene di si (Azzariti), - la dottrina prevalente e la giurisprudenza della Cassazione propendono per la negativa; ciò in quanto tali atti sono espressione della volontà del testatore e non il frutto di un’autonoma determinazione dell’esecutore. (si veda al riguardo: Cass. n.1386/’53) .6 La divisione(art.706): l’esecutore, qualora sia stato incaricato dal testatore e non sia un erede o legatario, può provvedere alla divisione dei beni tra gli eredi. La dottrina prevalente ritiene che tale divisione abbia effetti reali, come confermato dall’art.734(solo che qui vi è una comunione da sciogliere, mentre nel 734 la comunione è solo un antecedente logico e non cronologico). Altri sostengono che si tratti di un progetto di divisione con effetti obbligatori ex art.733 c.c. che poi dovrà essere accettato e seguito dagli eredi in un atto successivo di divisione. In ogni caso gli eredi possono accordarsi preventivamente tra loro con una divisione amichevole. .7 Rapporti con altri amministratori: l’attività dell’esecutore prevale su quella dei chiamati (possessori e non) e sull’esecutore testamentario ex art.528 c.c.; cede invece di fronte all’erede beneficiato, in quanto la funzione liquidativa spetta a quest’ultimo e non al primo in virtù della volontà espressa del testatore. CAPITOLO QUINDICESIMO L’ACCETTAZIONE DELL’EREDITA’ CON BENEFICIO D’INVENTARIO .1 Definizione: forma di accettazione che evita la confusione dei patrimoni dell’erede e del de cuius. .2 Natura giuridica del beneficio: la dottrina prevalente parla di “patrimoni separati” ossia quelli del de cuius e dell’erede. .3 Natura giuridica dell’atto di accettazione beneficiata: - la Cassazione e la dottrina prevalente ritengono che sia un unico negozio con un onere accessorio; basta la sola dichiarazione di accettare con beneficio affinché si produca l’acquisto. - altra tesi(Lorefice) ritiene l’accettazione beneficiata sia fattispecie complessa composta di due negozi collegati, in cui si richiede oltre alla dichiarazione di accettazione anche la redazione dell’inventario. Se essa non è tempestiva, tutt’al più vi può essere una conversione formale ex lege, in accettazione pura e semplice. In ogni caso si tratta di un atto unilaterale, non recettizio, formale, non personale ed irrevocabile. .4 Effetti: con il beneficio si evita la confusione dei patrimoni, e conseguentemente la responsabilità ultra vires dell’erede; quest’ultimo, in buona sostanza, risponderà dei debiti ereditari intra vires hereditatis (entro i limiti di valore dell’eredità) et cum viribus hereditatis ( solo con beni ereditari) 75 .5 Soggetti: mentre per la generalità dei soggetti l’accettazione con beneficio d’inventario è una semplice facoltà, gli incapaci al contrario vi sono testualmente obbligati ex artt.471 e 472 c.c. .6 Amministrazione: L’amministrazione dell’erede beneficiato ha una funzione prevalentemente liquidativa (ex art.495)e conservativa, così come quella del curatore ex art.528 c.c. e diversamente da quella del chiamato ex art.art.460 c.c. .6.1 ordinaria: libera e senza autorizzazioni. .6.2 straordinaria: solo per necessità od utilità evidente del patrimonio ereditario e previa autorizzazione giudiziale. Essa è disciplinata dall’art.493 c.c.; l’elencazione ivi prevista non ha carattere tassativo, ma meramente esemplificativo, al pari di quello dell’art.747 c.p.c.. Di conseguenza, ogni atto di straordinaria amministrazione, purché abbia scopo conservativo o liquidativo potrà ottenere l’autorizzazione giudiziale. Ricorda: l’acquisto di beni è alienazione di denaro che è bene mobile, quindi è competente il tribunale in sede monocratica, e il bene acquistato diventa ereditario, perché si tratta di surrogazione oggettiva art.748 cpc. .7 La liquidazione: può essere di tre tipi: a) individuale (art.495 c.c.): è la c.d. liquidazione alla spicciolata; il pagamento avviene in base all’ordine delle richieste, salvi i legittimi diritti di preferenza. b) concorsuale(art.498 c.c.): è fatta solo alla presenza di un notaio, il pagamento di tutti i creditori e legatari viene fatto proporzionalmente, e non secondo l’ordine delle richieste ma rispettando le cause di prelazione. Si individuano 4 fasi ossia si ha la verifica dello stato passivo, ovvero del quantum dei debiti; la liquidazione dei beni ereditari per avere un attivo, fatta con pubblico incanto o trattativa privata art.748 cpc; la formazione dello stato di graduazione ed il pagamento dei creditori e legatari. c) cessione dei beni ai creditori e legatari(art.507): è un trasferimento dei poteri di amministrazione ma non della titolarità sui beni. .8 Formalità: l’atto di accettazione beneficiata è ricevuto dal Notaio o dal Cancelliere del Tribunale della successione o dall’ambasciata o Consolato Italiano se all’eredità è chiamato un soggetto residente all’estero. L’inventario(ex artt.484 comma3 e 769 cpc)è eseguito dal cancelliere del Tribunale delle successioni, o da un notaio designato dallo stesso de cuius, o ancora nominato dal giudice; esso deve esser fatto nei termini brevi di cui agli artt.485 e 487. La redazione dell’inventario è un onere e non un elemento perfezionativo della fattispecie. Chi non adempie tempestivamente alla redazione dell’inventario(artt.485 1° e 2° comma,487 2°comma), decade dal beneficio(interpretazione estensiva art.505 il cui ultimo comma prevede che la decadenza non opera ope legis ma si verifica se è eccepita giudizialmente). .9 L’accettazione non rituale degli incapaci: a) accettazione pura e semplice: - la tesi nettamente prevalente ritiene l’accettazione radicalmente nulla, in quanto posta in essere in violazione di una norma imperativa (artt.471 o 472 c.c.). Anche la giurisprudenza è orientata in tale senso; si veda la seguente massima: “L'eredita' devoluta ai minori puo' essere accettata soltanto con il 76 beneficio dell'inventario, mentre ogni altra forma di accettazione espressa o tacita, e' nulla e improduttiva di effetti non conferendo al minore la qualita' di erede. Pertanto, mancando la accettazione dell'eredita' con il beneficio dell'inventario, il minore rimane nella posizione di chiamato alla eredita', e, nel termine di prescrizione di cui all'art. 480 c.c., il suo rappresentante legale potra' accettare la eredita' con il beneficio d'inventario, mentre, lo stesso minore, una volta divenuto maggiorenne, potra' accettare senza il detto beneficio ovvero rinunciare alla eredita'. (Cassazione civile, sez. II, 27 febbraio 1986 n. 1267, in Giust. civ. Mass. 1986, fasc. 2, Vita not. 1986, 292.) L’incapace rimarrà pertanto nella posizione di delato. - altri la ritengono valida ed efficace ma con termine di un anno dal cessare dell’incapacità ex art.489 c.c. per potersi avvalere del beneficio d’inventario. altra tesi sostiene invece la totale inefficacia. b) accettazione beneficiata senza redazione inventario: - la dottrina prevalente e la giurisprudenza della Cassazione ritengono che non potendo essere l’incapace un erede puro e semplice, né essere considerato un erede beneficiato(manca l’inventario che rappresenta la garanzia essenziale per l’erede stesso ma soprattutto per i creditori ereditari),allora si considera come se non avesse mai accettato per ciò rimarrà nella veste di semplice chiamato. - altra parte della dottrina distingue tra: - chiamato un non possessore (art.487):questo resterà un semplice chiamato che potrà accettare entro un anno art.489,salvo la prescrizione (art.480) o la decadenza (art.481); - chiamato possessore (art.485) diventa un erede beneficiato, ma decadrà se entro un anno dal cessare dello stato d’incapacità non redigerà l’inventario (art.489 c.c.) Riteniamo preferibile la tesi prevalente ,ossia se manca l’inventario non c’è accettazione e si resta semplicemente delati; ciò risponde ad esigenze di tutela di una duplice categoria di soggetti: - l’incapace: egli rimarrà nella semplice posizione di chiamato non avendo pertanto alcuna responsabilità per i debiti ereditari - i creditori e legatari: perché l’amministrazione avrà in tal caso finalità eminentemente conservativa(art.460 c.c.) c) inventario senza accettazione beneficiata: in tal caso l’incapace rimane nella semplice posizione di delato sia nell’ipotesi contemplata dall’art.485 ultimo comma, che in quella prevista dall’art.487 ultimo comma. Tale soggetto avrà pertanto tempo un anno per accettare ex art.489,altrimenti resterà erede puro e semplice. .10 - Pubblicità: l’accettazione beneficiata va: trascritta nel luogo di apertura della successione(art.484 2°comma è pubblicità notizia) e presso tutte le Conservatorie in cui si trovano gli immobili ottenuti a titolo di successione. Il titolo per la trascrizione è l’atto stesso di accettazione, ovvero la sentenza di accertamento se l’accettazione è stata tacita. Per il principio della continuità delle trascrizioni (art.2650),se l’accettazione non è trascritta è pur sempre efficace, ma le trascrizioni e iscrizioni posteriori da aventi causa dell’erede saranno efficaci ex tunc, ossia solo al momento della trascrizione dell’accettazione dell’erede. Inoltre la trascrizione dell’accettazione serve anche ad eliminare la “buona fede” del terzo acquirente nell’acquisto dall’erede apparente ex art.534 3°comma. 77 - Prima della trascrizione ex 484 comma2,non è possibile procedere a liquidazione ex art.495. annotata nel registro delle successioni: il mancato adempimento di tale formalità determina l’inefficacia dell’accettazione ex art.1 comma secondo n.3 legge notarile. .11 Legati ad incapaci: - parte della dottrina ritiene applicabile l’art.747 c.p.c. anche nel caso di beni pervenuti all’incapace a titolo di legato; ciò in base alla considerazione che, diversamente ragionando, tale norma potrebbe essere facilmente e legalmente elusa, qualora il testatore disponga dei suoi beni solo mediante legati, con evidente pregiudizio per le ragioni dei creditori, che non sarebbero affatto tutelate. D’altronde, poi, prevedendo l’art.747 c.p.c. anche il previo parere del giudice tutelare si tiene conto anche degli interessi dell’incapace stesso. - la dottrina prevalente e preferibile(Capozzi) propende per la soluzione negativa sulla base del fatto che la responsabilità per i debiti ereditari riguarda solo gli eredi (art.752 c.c.)e non i legatari (art.756). In altri termini, i creditori ereditari hanno come loro debitori solo gli eredi mentre i legatari possono essere solo accollanti interni, ex lege, nelle ipotesi degli artt.art.668 1°comma e 1010 1°comma (obbligazioni solidali improprie dal lato passivo, in quanto manca l’unità del titolo e la comunione di interessi tipiche di ogni obbligazione soggettivamente complessa). L’erede è ,esternamente, l’unico responsabile verso i creditori ereditari, ma ha diritto all’azione di regresso ex art.1299 c.c. verso i legatari, sulla base del principio dell’indebito arricchimento, in quanto il legatario è stato liberato da un’obbligazione senza avervi adempiuto(cosiddetto “arricchimento negativo”). Per tutto quanto sopra detto, ne risulta che sarebbe assolutamente inutile un’autorizzazione per l’alienazione del bene legato, essendo questa preposta a tutela di creditori e legatari nei confronti degli eredi che, ripetesi, sono gli unici obbligati. D’altra parte, la responsabilità(interna) del legatario è sempre intra vires legati. .11.1 Acquisto del legato: l’art.649 c.c. dispone che il legato si acquista senza bisogno di accettazione e salva la facoltà di rinunciare; eccezioni a tale effetto acquisitivo immediato sono considerati: - l’art.499 ultimo comma c.c.: in base al principio che i creditori “certant de damno vitando” rispetto ai legatari che “certant de lucro captando” - 320 3° comma c.c.: per Jannuzzi infatti l’acquisto del legato a favore di incapaci avverrebbe solo a seguito di accettazione necessariamente autorizzata; mentre per Capozzi non si tratta di accettazione ma di un atto confermativo che rende irrevocabile l’acquisto. Problema: si applica l’rt.747 c.p.c. ai beni oggetto di collazione(ex art.737)? Alcuni ritengono di si, ponendo l’accento sulla considerazione che essi di fatto siano beni ereditari perché si individuerebbe una “successione anticipata”, e partecipano alla divisione ereditaria; gli immobili saranno imputati in natura ma possono essere assegnati anche diversamente. 78 CAPITOLO SEDICESIMO SCOMPARSA, ASSENZA E MORTE PRESUNTA Sono tre istituti in progressione in funzione della maggiore o minore probabilità che sia in vita l’interessato; non è tuttavia necessario che l’una preceda l’altra, ad es. non è indispensabile che la nomina del curatore dello scomparso preceda la dichiarazione di assenza. Il soggetto deve essere irreperibile, e deve esserci incertezza sull’“ubi sit et sull’an sit”. Sinteticamente, ed anticipando le conclusioni che seguono in ordine alla disamina degli istituti de quo, si possono individuare tra gli stessi i seguenti tratti differenziali: scomparsa: - situazione di fatto e provvisoria - tutela i soli interessi patrimoniali dello scomparso assenza: - situazione di diritto e provvisoria - tutela i soli interessi patrimoniali dello scomparso e dei suoi presunti eredi c) morte presunta: - situazione di diritto e definitiva - tutela interessi patrimoniali e personali dei presunti eredi Pertanto: - la scomparsa ha in comune con l’assenza di essere una situazione provvisoria e prevista a tutela di soli interessi patrimoniali; se ne differenzia perché è una situazione di fatto anziché di diritto. - l’assenza ha in comune con la morte presunta di essere una situazione di diritto; se ne differenzia in relazione alla temporaneità ed al profilo non solo patrimoniale degli interessi tutelati. Scomparsa .1 Definizione: situazione di fatto derivante dall’allontanamento del soggetto dal suo ultimo domicilio o residenza (incertezza ubi sit) e dalla contemporanea assenza di notizie(incertezza an sit) .2 Natura giuridica: la scomparsa è una situazione di fatto. A differenza dell’assenza e della morte presunta non vi è una sentenza di “scomparsa”, ma solo la nomina di un curatore, se il tribunale ne ha accertato i presupposti. Ricorda: nel ricorso per la nomina del curatore allega la “denunzia di scomparsa all’ufficio di polizia del comune di .. in ..” .3 Il curatore: il curatore dello scomparso rientra nella categoria dei curatori rappresentanti. E’ titolare di un ufficio di diritto privato rappresentativo e la sua funzione è limitata alla cura dei soli interessi patrimoniali dello scomparso. 79 Essendo la scomparsa un istituto residuale, la nomina del curatore sarà fatta solo se non c’è altra persona, ossia un rappresentante volontario o legale che curi già gli interessi dell’incapace. Di conseguenza, tale nomina non si avrà se lo scomparso è un incapace, perché vi è già il legale rappresentante il quale continuerà pertanto ad esercitare la potestà o la tutela. Del pari se esiste una procura speciale essa non si estingue per la scomparsa; tuttavia la nomina del curatore si avrà solo per gli atti non contemplati dalla procura. Si nominerà il curatore se è scomparso un emancipato o un inabilitato, perché qui si tratta di curatori-assistenti e non rappresentanti. Il curatore può restare in carica anche dopo 2 anni, finché non c’è stata la dichiarazione di assenza. .4 Legittimazione al ricorso: legittimati all’istanza per la nomina del curatore,(e non anche per l’accertamento della scomparsa)sono solo gli eredi legittimi, non quelli testamentari(art.48 comma1). La ratio è che trattasi semplicemente di scomparsa non di assenza o morte presunta: non si creano diritti all’apertura del testamento. .5 Competenza alla nomina: la nomina è fatta con decreto dal tribunale ordinario. La competenza per territorio è individuata con riferimento all’ultimo domicilio ed all’ultima residenza dello scomparso; trattasi di fori successivi e non alternativi, ossia ci si riferirà alla residenza, solo se risulterà ignoto il domicilio. Nel caso in cui domicilio o residenza siano entrambi ignoti, non ci si riferirà alla dimora perché per essa manca il requisito della stabilità; in tal caso si potrà eventualmente considerare la residenza dell’istante ex art.18 cpc. .6 Amministrazione: il curatore può compiere atti di ordinaria e straordinaria amministrazione; in particolare: a) ordinaria: libera e senza autorizzazioni b) straordinaria: purché abbiano scopo conservativo e previa autorizzazione ex artt.721 e 737 c.p.c. Scopo conservativo hanno ad esempio le divisioni citate nell’art.48, così come i mutui o le vendite ai fini di conservazione del patrimonio. Secondo alcuni per gli atti con scopo conservativo anche se di straordinaria amministrazione non si richiederà alcuna autorizzazione; mentre questa è richiesta se lo scopo non sia di tipo conservativo, ma ad es. incrementativo, o per ragioni di convenienza, utilità. Altra parte della dottrina (Mazzacane) e la giurisprudenza ritengono che l’autorizzazione possa essere richiesta e rilasciata solo per gli atti necessari o conservativi, ad esempio per il pagamento dei debiti, la vendita dei beni deteriorabili(non sarebbero pertanto possibili atti di straordinaria amministrazione giustificati da altri scopi). Altri ancora (Jannuzzi e Santarcangelo) considerano ammissibile e necessaria l’autorizzazione anche per gli atti utili e indifferibili e cioè per gli affari improrogabili. La tesi da ultimo citata pare meritevole di accoglimento ,e comunque l’autorizzazione si richiede in ogni caso quando vi è un atto di straordinaria amministrazione. Ricorda: l’autorizzazione potrebbe essere già contenuta nel decreto di nomina del curatore da parte del giudice per i singoli specifici atti, ponendo in essere una fattispecie analoga a quella contemplata dall’art.321 c.c. Problema: cosa succede in caso di scomparsa dei genitori? Se ne scompare solo uno la potestà verrà esercitata dall’altro(art.317);viceversa se scompaiono entrambi, si avrà l’apertura della tutela(art.343). 80 Problema: cosa succede se scompare un coniuge in regime di comunione legale dei beni? - parte della dottrina sostiene che in tal caso si rientri nell’ipotesi di cui all’art.182 c.c.; la scomparsa costituirebbe cioè un impedimento che comporterebbe l’amministrazione esclusiva del coniuge non impedito (salva l’eventuale autorizzazione giudiziale). Tale tesi muove dalla considerazione che per gli atti di amministrazione dei beni in comunione legale tra lo scomparso e il coniuge, il curatore ex art.48 non possa sostituirsi a quest’ultimo e questo in quanto ciò verrebbe a costituire un’intollerabile intromissione di un terzo nell’amministrazione ex art.180 c.c. - altra parte della dottrina tende ad ammettere la nomina in tal caso di un curatore ex art.48 c.c.; ciò alla luce della possibilità per il singolo coniuge di lasciare una procura all’altro ad amministrare ex art.182 c.c. ed eventualmente anche a terzi. .7 Redazione atto: - interviene il curatore dello scomparso - allegare copia autentica del decreto di nomina del curatore; tale formalità è importante perché nel provvedimento il tribunale può ampliare o ridurre i poteri del curatore. - allegare copia autentica dell’autorizzazione ex artt.721 e 737 c.p.c. Assenza .1 Definizione: situazione di diritto dichiarata con sentenza idonea a passare in giudicato. .2 Presupposti: - scomparsa da oltre due anni - incertezza sulla sorte - provvedimento dichiarativo del giudice .3 Competenza: - per materia: Tribunale ordinario Collegiale ex art.38 d.att.cod.civ - per territorio: luogo di domicilio o residenza dell’assente od, subordine, residenza dell’istante. in .4 Interessi tutelati: quelli patrimoniali dell’assente e dei presunti eredi. .5 Effetti: - apertura testamento - esercizio temporaneo dei diritti - esonero temporaneo dagli obblighi - immissione nel possesso temporaneo Ai sensi degli artt.50 comma secondo c.c. e 725 cpc, per l’apertura del testamento e per l’immissione nel possesso temporaneo dei beni si richiede un decreto del tribunale(emesso in camera di consiglio)se l’istanza è stata proposta dagli eredi legittimi o dal pubblico ministero; sarà una sentenza del tribunale(in sede contenziosa, ovvero in contraddittorio tra le parti)se 81 l’istanza è presentata da altri interessati, testamentari, i creditori o i legatari. ad es. i presunti eredi Ricorda: l’assenza non scioglie il matrimonio, ma si avrà lo scioglimento della comunione legale(art.191)così come la scioglimento del fondo patrimoniale se non vi sono figli(art.171). 5.1. Immissione nel possesso temporaneo: - soggetti: eredi legittimi e testamentari - natura immissione: fatto giuridico autonomo con propri effetti; alcuni (Bianca) parlano di successione provvisoria, mentre altri di fase preliminare di successione o successione sui generis. In ogni caso, non essendoci l’apertura della successione non si può assimilare la fattispecie de qua a quella del curatore dell’eredità giacente. - posizione dell’immesso: l’immesso ha una duplice posizione giuridica poiché da un lato amministra i beni nell’interesse dell’assente, ma dall’altro gode le rendite nell’interesse proprio; altra dottrina parla invece di diritto di usufrutto o di un generico diritto di godimento su beni altrui(dell’assente). Il diritto di cui all’art.53 c.c. è simile a quello dell’usufrutto, ma è certamente più ampio perché sono previsti anche i poteri per mutare la destinazione economica dei beni, l’alienazione degli stessi se è debitamente autorizzata. - obblighi dell’immesso: - cauzione: ex artt.50 comma quinto c.c. e 725 c.p.c. - inventario: ex art.52 c.c. Prima dell’inventario, l’immesso non ha alcun potere(art.52). Se gli atti sono urgenti, saranno compiuti dal curatore dello scomparso nel caso in cui sia stato nominato (Lorefice) - amministrazione: trattasi di amministrazione nell’interesse proprio e dell’assente perché, come detto, l’immesso ha diritti di godimento sui beni dell’assente(art.53 c.c.). In particolare: - ordinaria: libera - straordinaria: solo per necessità od utilità evidente e previa autorizzazione del giudice. Discussa è la competenza a rilasciare la detta autorizzazione: la dottrina prevalente (Mazzacane)e la giurisprudenza sostengono che questa spetti al Tribunale dell’ultimo domicilio o residenza dell’assente. Per altra dottrina(Jannuzzi) lo schema è quello dell’art.747 in cui è richiesto il parere del giudice tutelare del domicilio dell’immesso. Altri ancora(Santarcangelo)ritengono competente il tribunale del domicilio dell’immesso e dell’assente, quindi si dovrebbero richiedere due autorizzazioni. La doppia autorizzazione si giustifica perché sono due gli interessi da tutelare ossia quelli dell’assente che potrebbe tornare e quindi si tutela la conseguente conservazione del patrimonio e quelli dell’immesso che ha diritti simili a quelli dell’istituto dell’usufrutto art.53 che ben potrebbe divenire erede. Per parte della dottrina, non si richiede l’autorizzazione se trattasi di mutui non ipotecari indispensabili per la manutenzione del patrimonio e per gli stessi atti dovuti. - difetto di autorizzazione: l’art.54 non prevede alcuna sanzione, sicché si pone anche qui come altrove la necessità di andare ad individuare quale sia l’effetto che tale assenza comporta sull’atto compiuto in violazione. 82 La dottrina prevalente propende per la nullità (virtuale); altri parlano di annullabilità per analogia con gli artt.322,377 c.c. oppure di inefficacia per difetto nel potere di legittimazione ex art.1398 c.c. - cessazione dei poteri dell’immesso: nel caso in cui torni l’assente o si accerti la sua esistenza (art.56)l’immissione nel possesso cessa ipso iure non occorrendo a tal fine alcuna sentenza di revoca; qualora al contrario si accertasse la sua morte si aprirà la successione, e diverranno attuali i poteri dei delati ex art.460. Se delato è l’immesso, occorrerà una sua specifica accettazione di eredità, perché prima si trattava di semplice amministrazione. Problema: qual è il giudice competente per l’autorizzazione ex art.54 c.c. in caso di assente incapace? La dottrina prevalente ritiene sufficiente in tale ipotesi una sola autorizzazione ex art.54 del tribunale ordinario indipendentemente dall’atto; ciò in quanto i rappresentanti legali agiscono non come tali ma in proprio nella loro qualità di immessi. Problema: qual è il giudice competente per l’autorizzazione ex art.54 c.c. in caso di immesso incapace? - alcuni (Mazzacane)ritengono necessaria e sufficiente una sola autorizzazione ex art.54 del tribunale prevalendo l’interesse dell’assente; - altri(Jannuzzi)optano per una sola autorizzazione simile a quella dell’art.747 c.p.c., ossia del tribunale(art.54)ma sentito anche lo stesso giudice tutelare, per la tutela di entrambi gli interessi ovvero del minore immesso e dell’assente. - altri(De rosa) ritengono occorrano due autorizzazioni ex artt.54 ( a tutela dell’assente) e 320 comma terzo (a tutela dell’incapace). Tale tesi sembra meritevole di accoglimento poiché tiene in debito conto e tutela gli interessi di tutti i soggetti coinvolti nella fattispecie. Nel caso poi di continuazione dell’azienda dell’assente, si ritiene opportuna sempre una seconda autorizzazione ex art.320 ultimo comma o ex art.371. Problema: cosa succede se dichiarata l’assenza, nessuno chiede l’immissione dei beni? E’ il caso ad esempio dell’insussistenza di eredi legittimi o testamentari; in tale evenienza si avrà l’applicazione analogica dell’art.48(scomparsa),ossia la nomina del curatore per tutelare le ragioni dell’assente. Problema: cosa succede se il delato è dichiarato assente? In tal caso in primis opererà la rappresentazione, ma qualora ciò non sia possibile, la delazione andrà a favore dei soggetti a cui spetterebbe l’eredità in mancanza dell’assente(art.70 c.c.). Ma se si prova che l’assente è morto dopo il de cuius, ci sarà la trasmissione della delazione art.479 (che prevale sulla rappresentazione). Problema: che effetto ha il ritorno dell’assente sugli atti compiuti e sulle autorizzazioni già rilasciate ma non ancora utilizzate? Quanto agli atti bisogna distinguere: - ordinaria amministrazione: gli atti rimangono irrevocabili - straordinaria amministrazione: - autorizzata: atti irrevocabili -non autorizzata od autorizzazione invalida: atti revocabili Quanto alle autorizzazioni: perdono efficacia. 83 Problema: chi amministra i beni in caso di pluralità di immessi? Il problema trova una diversa soluzione a seconda che l’assente abbia o meno redatto un testamento. a) testamento: - con divisione dei beni: nessun problema; ciascun immesso amministra i beni a lui attribuiti - senza divisione dei beni: si applicano le norme sull’amministrazione della cosa comune (art.1105); altra dottrina propende per l’applicazione della norma sul mandato congiuntivo (art.1716 c.c.) b) senza testamento: si applicano le norme sull’amministrazione della cosa comune (art.1105); altra dottrina propende per l’applicazione della norma sul mandato congiuntivo (art.1716 c.c.) .6 Pubblicità: la sentenza passata in giudicato dovrà essere annotata ex artt.50 c.c. e 730 c.p.c. .7 Norme di riferimento: artt.49-57 c.c., artt.69-71 c.c. e artt.722-725 cpc Morte presunta .1 Definizione: accertamento giudiziale della morte di un soggetto fondato su di una presunzione legale. .2 Natura giuridica: situazione di diritto accertata con sentenza dichiarativa emessa in camera di consiglio. .3 Caratteri: - definitività - estensione a diritti patrimoniali e personali .4 Presupposti: scomparsa da almeno dieci anni ( 3 se operazioni belliche e 2 se infortunio) In ogni caso devono essere trascorsi nove anni dopo la maggiore età della persona di cui si chiede la morte presunta. .5 Competenza: - materia: Tribunale ordinario collegiale sentito il Pubblico Ministero(artt.70 n.5 cpc e 728 cpc). - territorio: luogo dell’ultimo domicilio o residenza dell’assente o in subordine quello di residenza dell’istante. .6 Effetti: la morte presunta determina effetti uguali a quelli della morte naturale. In particolare: - decorrenza: dal passaggio in giudicato della sentenza e dalla rispettiva annotazione(art.730 cpc). E’ da questo momento che corrono i termini ex art.480(dello stesso avviso la Cassazione e la dottrina prevalente) - apertura della successione: al momento della data accertata quale data di morte ( effetto retroattivo); altra dottrina invece sostiene che la successione si apra quando passa in giudicato la sentenza. 84 Ricorda: la morte è fatta risalire al giorno dell’ultima notizia, ma la prescrizione ex art.480,decorre dal giorno in cui la sentenza è diventata eseguibile ex art.2935 e non certo dal giorno della morte. .7 Amministrazione dei beni: libera, tanto quella ordinaria che quella straordinaria; sono ormai beni degli eredi e non del morto presunto. Sono ovviamente fatte salve le disposizioni sugli incapaci e quelle sull’eredità beneficiata in genere; a tal proposito la giurisprudenza ha stabilito che, verificandosi nella fattispecie de qua gli stessi effetti della morte naturale, se si tratta di erede incapace o beneficiato, l’autorizzazione richiesta è quella degli artt.493 c.c. e 747 c.p.c. “La dichiarazione di morte presunta determina una vera e propria successione "mortis causa" dei presunti eredi del dichiarato morto, come si evince dalle norme dettate in ordine alla devoluzione degli elementi attivi del patrimonio di quest'ultimo ai suoi presunti eredi e legatari (art. 63, 64, 69, 73 c.c.) e dal contrapposto silenzio sulla sorte degli elementi passivi di detto patrimonio, spiegabile solo con la sottintesa applicabilita' della disciplina delle successioni "mortis causa". Tale successione si apre, ai sensi degli art. 58 e 61 c.c. al momento a cui e' fatta risalire la morte presunta, al quale, in base al successivo art. 459 retroagiscono gli effetti dell'accettazione dell'eredita', sebbene la delazione ereditaria abbia luogo quando diviene eseguibile la sentenza dichiarativa della morte presunta (art. ex art. 63 e 64 citati). (Cassazione civile, sez. I, 24 gennaio 1981 n. 536, in Giust. civ. Mass. 1981, fasc. 1) .8 Ritorno del morto presunto: se il morto presunto ritorna, gli effetti della sentenza cessano ex nunc ex art.73 c.c.; di conseguenza: - gli atti di amministrazione rimangono fermi - il nuovo matrimonio eventualmente contratto dal coniuge del morto presunto è nullo - rivivono le obbligazioni, salvi gli effetti della prescrizione od usucapione. .9 Norme di riferimento: artt.58-68 c.c., artt.72-73 c.c. ed artt.726-731 cpc Problema: cosa succede se la sentenza di morte presunta è stata pronunciata dopo l’assenza e gli immessi sono anche delati? In tal caso gli immessi-delati potranno accettare l’eredità, senza alcun obbligo di redigere l’inventario ex art.72 c.c. perché già fatto ai sensi dell’art.52(non sarà più un diritto ex art.53 ma si tratterà di proprietà). 85 CAPITOLO DICIASETTESIMO La giurisdizione volontaria nei rapporti patrimoniali della famiglia Il regime patrimoniale .1 Definizione: complesso di norme legali o convenzionali che disciplinano la titolarità e l’amministrazione dei beni dei coniugi. .2 Tipi: a) b) c) d) comunione legale: è il regime legale comunione convenzionale: separazione dei beni fondo patrimoniale I regimi patrimoniali derogatori a quello legale ( sub b,c,d,) possono adottarsi attraverso la stipula da parte dei coniugi di apposita convenzione matrimoniale. Le convenzioni matrimoniali .1 Definizione: negozio giuridico col quale contraria all'operatività del regime legale. le parti manifestano volontà .2 Funzione: derogare al regime della comunione legale. .3 Natura giuridica: anche se il legislatore utilizza il termine “convenzioni” anziché quello di contratti, la dottrina prevalente ritiene che l’istituto de quo debba ricomprendersi in questa seconda categoria; trattasi infatti di negozio giuridico diretto a regolare un rapporto giuridico patrimoniale secondo la definizione che l’art.1321 cod.civ. dà del contratto. .4 Quando: le convenzioni possono essere stipulate in ogni tempo, secondo le previsioni dell’art.162 comma terzo c.c. .5 Forma: atto pubblico (art.162 comma primo c.c.) con la necessaria presenza di due testimoni(art.48 l.not.) .6 Pubblicità: - annotazione a margine dell’atto di matrimonio (art.162 comma quarto c.c.): trattasi di pubblicità “dichiarativa” ai fini dell’opponibilità della convenzione ai terzi. - trascrizione nei Registri Immobiliari (ora Agenzia del Territorio) ex art.2647 c.c. ove la convenzione abbia ad oggetto beni immobili o mobili registrati. Discussa in dottrina e giurisprudenza è la funzione di tale adempimento pubblicitario; - alcuni ritengono trattarsi pur sempre di pubblicità dichiarativa analoga a quella dell’art.162 c.c.; ciò in quanto la prima disposizione riguarderebbe la conoscibilità da parte dei terzi del regime adottato, mentre la seconda informerebbe i terzi delle vicende relative al singolo bene. - la dottrina prevalente e la giurisprudenza ritengono invece che questa seconda forma di pubblicità svolga una semplice funzione di pubblicità notizia. Si veda al riguardo la seguente decisione, in materia di fondo patrimoniale: “In tema di regime patrimoniale della famiglia, nella disciplina introdotta dalla l. 19 maggio 1975 n. 151, la costituzione del fondo 86 patrimoniale prevista dall'art. 167 c.c. e comportante un limite alla disponibilita' di determinati beni con vincolo di destinazione per fronteggiare i bisogni familiari, va compresa fra le convenzioni matrimoniali e, pertanto, e' soggetta alle disposizioni dell'art. 162 c.c., circa le forme delle convenzioni medesime, ivi incluso il comma 3, che ne condiziona l'opponibilita' ai terzi all'annotazione del relativo contratto a margine dell'atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo stesso, per gli immobili, di cui all'art. 2647 c.c., resta degradata a mera pubblicita'-notizia, inidonea ad assicurare detta opponibilita'. (Cassazione civile, sez. I, 27 novembre 1987 n. 8824, in Giur. it. 1989, I,1,330,1766- Riv. notar. 1988, 719- Giust. civ. Mass. 1987, fasc. 11) Da quanto sopra consegue che: - se manca l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio, la convenzione matrimoniale non sarà opponibile, quantunque sia avvenuta la sua trascrizione - se manca la trascrizione ma è presente l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio, la convenzione sarà opponibile ai terzi, quantunque non trascritta .7 Capacità di stipula: trattandosi di atto di autonomia negoziale, i coniugi devono essere legalmente capaci di agire; tuttavia, in deroga al principio generale sancito dall’art.2 c.c. (per il quale la capacità si agire si acquista con il compimento del diciottesimo anno di età) gli artt.165 e 166 c.c. consentono la stipula delle convenzioni anche al minore emancipato ed all’inabilitato. Tali soggetti interverranno personalmente all’atto, assistiti dai propri genitori (se minore) ovvero dal curatore (se inabilitato). Problema: è necessaria l’autorizzazione per la stipula delle convenzioni matrimoniali da parte di soggetti limitatamente capaci di agire? Bisogna distinguere: - prima o in sede di matrimonio: la dottrina è pressoché unanime nel senso della negativa - dopo il matrimonio: anche se alcuni sostengono la positiva, la dottrina prevalente opta per la negativa, facendo leva soprattutto sull’arbitraria disparità di trattamento che si verrebbe così a creare; d’altra parte dagli artt.165 e 166 c.c. non emerge espressamente alcuna necessità di autorizzazione, sicché si può ben dire che da tale punto di vista dette norme derogano ai principi generali sanciti in materia dagli artt.394 e 424 c.c. per gli atti di straordinaria amministrazione di questi soggetti. .7.2 L’interdetto e minore non emancipato Discusso è se l’interdetto possa o meno stipulare convenzioni matrimoniali; al riguardo: - parte della dottrina opta per la soluzione negativa basandosi sulla considerazione che gli interdetti non possono contrarre matrimonio (art.85 c.c.); il problema sarebbe pertanto risolto “a monte”. - altra parte della dottrina evidenzia invece il difetto di prospettiva del predetto orientamento, ben potendo l’interdetto essere già sposato al momento della pronuncia di interdizione; in tal caso la convenzione matrimoniale potrà essere stipulata dal tutore con l’autorizzazione del tribunale ordinario collegiale ex art.38 d.att. cod.civ oppure secondo altri ex art.375 c.c. trattandosi di un atto assimilabile ad una divisione. Quanto al minore non emancipato, egli non matrimoniali non potendo contrarre matrimonio. potrà stipulare convenzioni 87 .8 La tipicità: discusso è se le convenzioni matrimoniali siano tipiche o meno; in altri termini, ci si è chiesti se i coniugi possano stipulare convenzioni non previste dalla legge. Prima di dare una risposta al quesito è necessario porre in rilievo che il discorso deve necessariamente essere limitato al contenuto dell’atto e non alla sua forma, dato che l’art.162 cod.civ. è in questo senso tassativo nel richiedere l’atto pubblico. Ciò posto, si sono formati in relazione al problema che ci occupa, due orientamenti contrapposti: - alcuni optano per la tassatività sostenendo che gli unici casi in cui si può derogare al regime legale sono soltanto quelli testualmente indicati dal legislatore. - altri sostengono al contrario l’atipicità argomentando soprattutto dall’assenza di un divieto normativo espresso e dall’applicazione anche nell’ambito in esame del principio generale dell’autonomia negoziale sancito dall’art.1322 c.c. Coloro i quali aderiscono alla tesi dell’atipicità (contenutistica) individuano peraltro dei limiti legali non travalicabili, e precisamente quelli sanciti da: - art.161 c.c.: le pattuizioni devono essere specifiche e non generiche - art.180 c.c.: l’amministrazione deve comunque spettare ad entrambi i coniugi - art.210 c.c.: le quote devono in ogni caso essere uguali La Comunione legale .1 Definizione: regime patrimoniale della famiglia operante ex lege in assenza di diversa volontà dei coniugi manifestata nelle forme previste. .2 Natura giuridica: - teoria soggettiva: secondo i suoi sostenitori la comunione legale sarebbe un ente personificato dotato di una propria soggettività giuridica; ciò alla luce del disposto dell’art.180 c.c. dove si parla di “amministrazione e rappresentanza della comunione” - teoria oggettiva: secondo tale tesi l’istituto de quo rientra nella comunione ordinaria sia pur con peculiarità sue proprie, quale ad esempio la necessaria uguaglianza delle quote ex art.194 c.c. .3 Fondamento: la dottrina prevalente ravvisa la ragione fondante dell’istituto nella parità morale e giuridica dei coniugi alla luce dell’art.29 della Costituzione. .4 Caratteri: - esclusività: non è infatti possibile la sua contestuale presenza con altri regimi generali della famiglia; ammissibile invece la concorrenza con il fondo patrimoniale. - inderogabilità della disciplina: ai sensi del combinato disposto dagli artt.160 e 210 cod.civ. - generalità: si applica infatti a tutti gli acquisti effettuati dai coniugi dopo il matrimonio, salva la residuale categoria dei beni personali ( non è quindi universale) - vincolatività: ciascuno dei coniugi non può, in relazione ai beni oggetto della comunione, disporne da solo ovvero alienare la propria quota. .5 Oggetto: la norma da prendere in considerazione è quella dell’art.177 c.c. il quale indica quali beni siano ricompresi nella comunione legale; essi sono: gli acquisti compiuti insieme o separatamente dai coniugi durante il matrimonio ad eccezione di quelli relativi a beni personali. 88 Diverse sono le questioni che si pongono in relazione agli acquisti operati dai coniugi; vediamole brevemente: - l’atto di acquisto deve essere compiuto da entrambi i coniugi congiuntamente oppure è sufficiente la presenza di uno solo? Alcuni sostengono sia necessaria l’azione congiunta ai sensi dell’art.180 c.c. disciplinante gli atti di straordinaria amministrazione; la dottrina prevalente e preferibile ritiene invece, proprio alla luce del dettato della disposizione in commento (“insieme o separatamente”), che sia sufficiente l’agire del singolo coniuge, essendo l’art.180 c.c. riferibile ai soli atti di amministrazione relativi a beni già facenti parte della comunione legale e non quelli attraverso i quali tale appartenenza si realizza. - in caso di acquisto da parte di un solo coniuge, la trascrizione a favore di chi è effettuata? Alcuni ritengono che essa debba essere fatta a favore di entrambi i coniugi in ottemperanza al principio di continuità delle trascrizioni ex art.2650 c.c. La dottrina prevalente e preferibile sostiene invece la sufficienza della formalità ad esclusivo favore del coniuge interveniente all’atto; ciò in quanto l’acquisto si comunica ex lege a favore dell’altro coniuge a prescindere dalla esistenza o meno della trascrizione a suo favore. - i beni acquistati a titolo originario rientrano in comunione? Alcuni sostengono la tesi positiva argomentando dal fatto che l’art.177 non distingue il titolo acquisitivo. Altri optano per la soluzione negativa, sostenendo che dalla lettera della norma si evincerebbe la ricaduta in comunione soltanto di quei beni che sono stati acquistati quale frutto di attività negoziale compiuta dai coniugi; si richiederebbe pertanto la presenza di un negozio traslativo. La dottrina preferibile distingue invece a seconda della fattispecie che concretamente viene a configurarsi, e precisamente: - accessione, unione e commistione: in tali casi il bene acquistato non rientra in comunione, essendo frutto dell’espansione dell’originario diritto spettante al coniuge. - usucapione: in siffatto caso il bene rientrerà in comunione se al momento dello spirare del termine utile per l’usucapione i coniugi si trovano in regime di comunione legale; questo anche nel caso in cui il possesso ad usucapionem fosse iniziato prima del matrimonio. - i diritti La dottrina da un lato inesistenza di credito rientrano in comunione? prevalente e preferibile opta per la soluzione negativa argomentando dalla natura relativa e personale di tali beni e dall’altro dalla nel nostro ordinamento della figura della comunione di crediti - le partecipazioni sociali rientrano in comunione? La dottrina preferibile opera una distinzione tra: - società di persone: la relativa partecipazione non sarà oggetto di comunione immediata ma soltanto di quella de residuo. - società di capitali: la partecipazione cadrà in comunione immediata; bisogna peraltro distinguere a seconda che essa sia trasferibile o meno: nel primo caso (trasferibile) oggetto della comunione sarà la partecipazione stessa nel secondo caso ( intrasferibilità) oggetto della comunione sarà il suo valore, con conseguente diritto del coniuge non acquirente a ricevere dall’altro una somma di denaro pari alla metà del valore della partecipazione acquistata. I frutti dei beni personali di ciascun coniuge percepiti e non consumati al momento dello scioglimento della comunione I proventi di attività separata non consumati e quindi esistenti al momento dello scioglimento Le aziende gestite da entrambi e costituite dopo il matrimonio 89 .6 I beni personali .6.1.La non universalità della comunione legale è ben evidenziata dalla presenza dell’art.179 c.c. il quale indica – in maniera tassativa- quali beni, nonostante la presenza del regime della comunione legale, rimangano comunque personali di ciascun coniuge. .6.2.Ratio: la dottrina ritiene che la ragione giustificatrice della norma in oggetto sia da rinvenire da un lato nel voler consentire ai coniugi una più o meno ampia e vicendevole indipendenza economica, e dall’altro, nella mancanza di qualche apporto da parte dell’altro coniuge nell’acquisto delle sotto indicate categorie di beni. .6.3. Vediamo allora quali sono questi beni personali: beni di cui il coniuge era proprietario prima del matrimonio o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento beni acquistati successivamente per donazione o successione , salva diversa volontà del donante o del de cuius. Quanto alle donazioni, dottrina e giurisprudenza ritengono che la norma si applichi anche a quelle indirette; si vedano al riguardo: “Il tenore letterale dell'art. 179 lett. b), c.c. che parla di "liberalita'" e non di "donazione" non consente di limitarne la portata alle sole liberalita' previste dall'art. 769 c.c. Consegue che la peculiare struttura della donazione indiretta non è assolutamente incompatibile con l'applicazione dell'art. 179 lett. b c.c. (Cassazione civile sez. I, 15 novembre 1997, n. 11327, in Giust. civ. Mass. 1997,2183) “La donazione indiretta consiste nell'elargizione di una liberalita' che viene attuata, anziche' con il negozio tipico dell'art. 769 c.c., mediante un negozio oneroso che produce, in concomitanza con l'effetto diretto che gli e' proprio ed in collegamento con altro negozio, l'arricchimento animo donandi del destinatario della liberalita' medesima. Ne deriva che non sussiste un'ontologica incompatibilita' della donazione indiretta con la norma dell'art. 179 lett. b) c.c., sicche' il bene oggetto di essa non deve necessariamente rientrare nella comunione legale”. (Cassazione civile sez. I, 8 maggio 1998, n.4680 in Giust. civ. Mass. 1998, 984) Quanto alla successione mortis causa, discusso è il caso del lascito effettuato dal testatore a favore di entrambi i coniugi ma senza fare alcun riferimento alla comunione tra gli stessi esistente; in tale ipotesi si ritiene giustamente che i beni vadano attribuiti ai coniugi in regime di comunione ordinaria, mancando la “specificazione” richiesta dalla legge. c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori: La stretta personalità deve essere intesa: - anzitutto in senso oggettivo: cioè quale naturale destinazione del bene all’uso esclusivo del solo coniuge e, qualora tale criterio non sia sufficiente a chiarire la natura personale del bene, - in senso soggettivo: cioè in relazione all’effettivo utilizzo del bene programmato dai coniugi. d) i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge. .1 Anzitutto è necessario distinguere tra: - beni professionali: sono quei beni che servono all’esercizio di una professione liberale; - beni aziendali: sono quei beni destinati all’esercizio di un’impresa. Mentre i primi sono totalmente esclusi dalla comunione legale, i secondi – come vedremo più avanti- cadono in comunione de residuo. 90 Ai fini dell’esclusione rileva l’effettiva destinazione e non quanto dichiarato in atto dal coniuge acquirente. .2 Diverse questioni si sono poste in relazione a siffatta tipologia di beni: - i beni immobili possono essere considerati beni professionali? Parte della dottrina risponde negativamente ritenendo rientranti nella categoria solo quelli che stricto sensu servono all’esercizio della professione (ad esempio: apparecchiature mediche, computer,...) La dottrina prevalente sostiene invece la tesi positiva argomentando dalla mancanza di una distinzione operata in tal senso dal legislatore e quindi dall’arbitrarietà di una esclusione di siffatti beni dalla categoria di quelli professionali. - cosa succede se cessa l’uso al quale il bene era destinato? Alcuni (Morelli) ritengono che il bene entri a far parte della comunione. La dottrina preferibile sostiene invece la permanenza della qualità personale del bene, non incidendo sulla stessa il mutamento di destinazione. .3 Formalità: al fine di evitare la caduta in comunione è necessaria una espressa dichiarazione: del coniuge professionista acquirente: necessariamente in atto dell’altro coniuge: anche successivamente e)i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno o pensione. L’esclusione deve essere contenuta nei limiti indicati dalla norma; in particolare, con riferimento alle pensione, rientrano trai beni personali solo quelli ottenuti in virtù di un rapporto assicurativo per la perdita totale o parziale della capacità lavorativa, con esclusione di ogni altra indennità percepita dal lavoratore. Di conseguenza, rientreranno in comunione de residuo ex art.177 lett.c) ad esempio il tfr od il sussidio di disoccupazione, quali diverse forme di retribuzione. f) i beni acquistati col prezzo o lo scambio di beni personali. Al fine di escludere dalla comunione la presente categoria di beni, si rendono necessari determinati requisiti; in particolare è necessario distinguere a seconda del tipo di bene che viene acquistato: - bene mobile non registrato: - la natura personale del bene utilizzato per l’acquisto - la dichiarazione del coniuge acquirente: necessariamente in atto - bene immobile o mobile registrato: - la natura personale del bene utilizzato per l’acquisto - la dichiarazione del coniuge acquirente: necessariamente in atto - la dichiarazione del coniuge non acquirente: in atto o successivamente; possibile anche ottenere una sentenza di accertamento in caso di rifiuto del coniuge di effettuarla. Ricorda: la Cassazione, in una nota sentenza, ha ritenuto sufficiente, al fine dell’esclusione, la obbiettiva natura personale del corrispettivo: “La obiettiva certezza del carattere personale del bene corrispettivo, trasferito da uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, a titolo di permuta (nella specie terreno edificabile, avuto in donazione dalla madre, con due appartamenti da realizzare sullo stesso), esclude la necessita' che il coniuge acquirente debba rendere espressamente, all'atto dell'acquisto, la dichiarazione prevista dall'art. 179 comma 1, lett. f) c.c., prevista a tutela dei terzi, onde garantirsi la personalita' (per "surrogazione")dell'acquisto medesimo. Nella fattispecie, detta obiettiva certezza esclude, inoltre, che ai fini della personalita' dell'acquisto sia necessaria la partecipazione dell'altro coniuge; ragion per cui non e' richiesta dichiarazione alcuna, da parte di quest'ultimo, a norma dell'art. 179 comma ultimo c.c., prevista a tutela dei terzi. Tale dichiarazione non avrebbe comunque natura dispositiva, ma tutt'al piu' ricognitiva. (Cassazione civile sez. II, 8 febbraio 1993, n. 1556 in Riv. notar. 1995, 233) 91 .6 Pubblicità: la comunione legale soggiace ad una pubblicità negativa, nel senso che la sua presenza risulta dalla mancanza di annotazioni a margine dell’atto di matrimonio. .7 Amministrazione: nell’ambito dell’amministrazione dei beni della comunione legale, il legislatore ha utilizzato il cosiddetto “sistema diarchico” attribuendo ad entrambi i coniugi il potere - dovere di amministrare; in particolare tale potere potrà essere esercitato con diverse modalità a seconda del tipo di atto da compiere e cioè: - ordinaria amministrazione: ciascun coniuge potrà porre in essere da solo il relativo atto - straordinaria amministrazione e diritti personali di godimento: compiuto da entrambi i coniugi congiuntamente. Problema: è possibile da parte di uno dei coniugi conferire procura ad amministrare i beni della comunione legale? Parte della dottrina sostiene la negativa argomentando dal carattere personale dell’amministrazione. La dottrina prevalente ammette invece tale possibilità sulla base dell’assenza di qualsivoglia divieto espresso del legislatore. Quanto al tipo di procura, sembra preferibile aderire alla tesi che ammette il conferimento della sola procura speciale. Quanto infine ai soggetti, la dottrina preferibile ammette il conferimento esclusivamente tra coniugi, con esclusione quindi dall’amministrazione di persone estranee. Ricorda: in ogni caso, ove non si ritenga ammissibile la procura, si potrà utilizzare la figura del nuncius (cd “procura specifica”). .8 Ipotesi di amministrazione esclusiva di un solo coniuge .8.1 Rifiuto del consenso L’art.181 c.c. dispone che, nel caso di rifiuto di un coniuge al compimento di un atto di straordinaria amministrazione nell’interesse della famiglia o dell’azienda, l’altro possa adire il giudice onde ottenere l’autorizzazione alla stipula da solo dell’atto. Tale disposizione introduce pertanto una deroga al principio del doppio consenso per gli atti di straordinaria amministrazione, consentendone il compimento ad un solo coniuge previamente autorizzato. Presupposti: - rifiuto immotivato del coniuge - atto necessario (e non soltanto utile) - atto singolo ( e non contrasto sull’intera amministrazione) Competenza: Tribunale ordinario (ex art.38 d.att) del luogo di residenza della famiglia, sentito il pubblico ministero. Ricorda: il coniuge viene autorizzato al compimento dell’atto, ma non ha l’obbligo di farlo, potendo astenersi ovvero porre in essere un diverso atto congiuntamente all’altro. Ricorda: l’illegittimo rifiuto può costituire ipotesi di cattiva amministrazione e legittimare la domanda di separazione giudiziale dei beni ex art.193 c.c. Problema: cosa succede nel caso in cui uno dei coniugi sia minore emancipato? Bisogna distinguere a seconda che il rifiuto provenga dall’emancipato o dal maggiorenne: - nel primo caso (dall’emancipato): troverà applicazione la procedura di cui al descritto art.181 c.c. - nel secondo (dal maggiorenne): in tal caso si utilizzerà non l’art.181 ma l’art.395 con conseguente nomina di un curatore speciale da parte del giudice tutelare e salva l’eventuale ulteriore autorizzazione del tribunale. 92 Problema: cosa succede nel caso in cui entrambi i coniugi siano minori emancipati? In tal caso troverà applicazione la procedura di cui all’art.181 c.c. con la sola variante che il relativo ricorso sarà presentato dal minore debitamente assistito dal proprio curatore. .8.2 Impedimento L’art.182 c.c. dispone che, in caso di lontananza od altro impedimento di uno dei coniugi, l’altro possa compiere da solo un atto per il quale è richiesto il consenso di entrambi, qualora si tratti di un atto necessario e sia stato autorizzato dal giudice ovvero il coniuge impedito abbia rilasciato previamente procura ad amministrare. Presupposti applicativi: - impedimento rilevante: può essere sia materiale che giuridico, ma in ogni caso deve avere il requisito della temporaneità; qualora si trattasse di impedimento definitivo si applicherebbe il successivo art.183 c.c. con conseguente esclusione dall’amministrazione del coniuge impedito - assenza di procura - necessità dell’atto: vengono pertanto esclusi gli atti soltanto utili. Ricorda: analogamente alla fattispecie di cui all’art.181 c.c., anche qui il coniuge viene autorizzato al compimento dell’atto, ma non ha l’obbligo di farlo, potendo pertanto astenersi; non potrà invece porre in essere un atto diverso da quello autorizzato. Competenza: Tribunale ordinario (ex art.38 d.att) del luogo di residenza della famiglia, sentito il pubblico ministero. .8.3 Esclusione L’art.183 c.c. disciplina il caso dell’esclusione di uno dei coniugi dall’amministrazione dei beni comuni; essa può essere: a) facoltativa (primo comma): essa può essere richiesta dal coniuge non impedito nei seguenti casi: - coniuge minore (ovviamente emancipato) - coniuge ha male amministrato - coniuge non può amministrare b) di diritto( ultimo comma): nel caso di coniuge interdetto Come precedentemente detto, l’impedimento legittimante una pronuncia di esclusione deve avere il carattere della stabilità od essere comunque di lunga durata. Competenza: Tribunale ordinario (ex art.38 d.att) del luogo di residenza della famiglia, sentito il pubblico ministero. Problema: può l’inabilitato essere escluso dall’amministrazione? Parte della dottrina sostiene la negativa, ritenendo applicabile in tal caso la disposizione dell’art.182 c.c. con conseguente autorizzazione ad acta del coniuge non inabilitato. Altra parte della dottrina ritiene invece estensibile la normativa dll’art.183 anche al caso dell’inabilitato facendolo rientrare nella categoria di coloro i quali non possono amministrare. Problema: cosa succede nel caso di coniuge inabilitato non escluso? Al riguardo bisogna distinguere tra: ordinaria amministrazione: per tali atti il minore avrà piena capacità straordinaria amministrazione: in tal caso diverse sono state le soluzioni adottate dalla dottrina: - alcuni ritengono che, non essendo stato escluso, egli abbia la piena capacità al compimento dell’atto - altri sostengono la necessità, oltre alla volontà dell’emancipato, anche del consenso del curatore e la necessità dell’autorizzazione ex art.394 c.c.; essendo, almeno normalmente, il curatore l’altro coniuge, 93 - si esclude la sussistenza di un conflitto d’interessi, essendo gli stessi convergenti. altra dottrina infine ritiene operante in tali casi la previsione dell’art.182, considerandosi l’emancipazione alla stregua di un impedimento temporaneo. .9 La violazione delle regole sull’amministrazione: Il mancato rispetto delle regole sancite dal codice in materia di straordinaria amministrazione dei beni della comunione legale comporta una reazione differenziata dell’ordinamento a seconda del tipo di bene coinvolto nell’atto concretamente posto in essere; l’art.184 c.c. distingue infatti tra: - bene mobile non registrato: l’atto compiuto sarà valido, ma il coniuge è obbligato alla ricostituzione della comunione nello stato in cui era prima del compimento dell’atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell’equivalente secondo i valori correnti all’epoca della ricostituzione . - beni immobili o mobili registrati: l’atto compiuto e non convalidato dall’altro coniuge sarà annullabile su istanza di quest’ultimo entro il termine di un anno dalla sua conoscenza e comunque entro un anno dalla sua trascrizione. Problema: la norma dell’art.184 si applica ai soli contratti dispositivi con effetti reali oppure anche a quelli con effetti obbligatori? Il problema si è posto soprattutto in relazione al contratto preliminare immobiliare, relativamente al quale sussiste difformità di vedute in dottrina e giurisprudenza. La giurisprudenza pressoché costante ritiene operante l’art.184 c.c. anche in questo caso, muovendo dalla considerazione che, essendo possibile un’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare, la sua stipula dovrebbe essere equiparata a quella di un definitivo traslativo. “Il contratto preliminare di vendita di un bene immobile della comunione legale tra coniugi, stipulato da un coniuge senza la partecipazione od il consenso dell'altro, e' soggetto alla disciplina dell'art. 184 c.c.; esso quindi non e' assolutamente inefficace nei confronti della comunione, ma soggetto all'azione di annullamento da parte del coniuge non consenziente.” (Cassazione civile sez. I, 17 dicembre 1994, n. 10872 in Riv. notar. 1996, 550) La dottrina dal canto suo opta per una diversa soluzione argomentando dall’erroneità del presupposto cui fa riferimento la giurisprudenza e cioè quello della possibile esecuzione ex art.2932; tale ultima norma invero trova applicazione esclusivamente “qualora sia possibile e non esclusa dal titolo”. Ebbene qui ciò che manca è proprio la possibilità, poiché il trasferimento coattivo del bene non potrà avvenire né pro quota (essendo essa indisponibile) né per l’intero (mancando il consenso dell’altro coniuge). L’atto sarà quindi valido ma inefficace per difetto di legittimazione del contraente. Problema: l’art.184 si applica anche agli atti di acquisto compiuti da un solo coniuge? La dottrina prevalente e la giurisprudenza danno al quesito risposta negativa, ritenendo che le norme degli artt.180-184 c.c. trovino applicazione esclusivamente a beni già facenti parte della comunione. Conferma di ciò è data dalla disposizione dell’art.177 lett.a) dove si parla di acquisti compiuti dai coniugi “insieme o separatamente” A maggior ragione la predetta disposizione non si applicherà al preliminare di acquisto. Si veda al riguardo: “L’art.184 c.c. non è applicabile al contratto preliminare di acquisto di un bene immobile compiuto da uno dei coniugi senza il consenso dell’altro, perché da esso sorgono solo diritti di obbligazione, per loro natura estranei alla comunione legale dei beni” (Cass.civ. sez. II 14 novembre 2003 n.17216, in Riv.not. 2004, 476) 94 .10 Scioglimento: Le cause di scioglimento della comunione legale sono tassativamente indicate nell’art.191 c.c.; esse possono essere distinte in tre gruppi: a) legali: operano di diritto al verificarsi dei presupposti; esse possono attenere: - al vincolo: scioglimento, annullamento, separazione personale - alla persona: morte, assenza, fallimento b) giudiziali: è il caso della separazione giudiziale dei beni ex art.193 c.c. volontarie: attraverso la stipula delle convenzioni matrimoniali della comunione convenzionale o della separazione dei beni ex art.162 c.c. .10.1 La situazione dopo lo scioglimento: Discussa è la situazione giuridica nella quale si vengono a trovare i beni già oggetto di comunione legale al momento dello scioglimento della stessa. Varie sono state le opinioni in dottrina; esporremo le principali: - la dottrina prevalente e la giurisprudenza meno recente della Cassazione ritengono che i beni cadano immediatamente in comunione ordinaria. - altra parte della dottrina sostiene che i beni si trovino in una situazione analoga a quella nella quale versano i beni sociali durante la fase della liquidazione - altri parlano di situazione analoga alla comunione ereditaria - altra ancora ritengono sussistere una comunione atipica di carattere transitorio - la giurisprudenza più recente della Cassazione individua nella fattispecie de qua una ultrattività della comunione legale fintanto che i coniugi non abbiano provveduto alla divisione. Si veda al riguardo: “La divisione dei beni oggetto della comunione legale fra coniugi, conseguente allo scioglimento di essa.......si effettua in parti uguali......(omissis)..non potendosi applicare in questo caso la disciplina della comunione ordinaria” (Cass.civ. sez.I 24 luglio 2003 n.11467, in Riv.not. 2004, 152) .10.2 La ricostituzione della comunione Questione ampiamente dibattuta in dottrina e giurisprudenza è quella della ricostituzione della comunione dopo il suo scioglimento, in particolar modo in relazione alla fattispecie della separazione personale e successiva riconciliazione dei coniugi. Mentre in generale si può sostenere che venuta meno la causa di scioglimento, la comunione si ricostituisca automaticamente, notevoli perplessità suscita proprio il caso della separazione personale; in relazione ad essa diverse sono state le tesi proposte: - alcuni ritengono che la riconciliazione non faccia venire meno gli effetti prodotti dalla separazione sulla comunione legale; sicché ove i coniugi, a seguito della riconciliazione intendano farla rivivere, dovranno stipulare un’apposita convenzione matrimoniale. In questo senso anche la giurisprudenza di merito; si veda: “La riconciliazione avvenuta tra i coniugi gia' consensualmente separati non determina automaticamente il ripristino dell'antecedente regime di comunione legale, ostandovi esigenze di tutela dei terzi, i quali non possono certamente acquisire contezza certa di un fatto cosi' personale ed intimo qual'e' la riconciliazione; tuttavia, qualora in seno ad un atto d'acquisto concluso dopo la riconciliazione il coniuge stipulante dichiari espressamente di trovarsi in regime di comunione legale, regime da lui voluto, non v'e' ragione per escludere che tale regime sia stato reinstaurato.” (Tribunale Catania 31 luglio 1990, in Dir. famiglia 1991, 640) - altri ritengono che la comunione si ricostituisca automaticamente con effetti retroattivi en tunc. 95 - - altri ancora distinguono a seconda che la separazione sia stata o meno pubblicizzata; nel primo caso la ricostituzione sarà automatica, mentre nel secondo si renderà necessaria un’apposita convenzione. la giurisprudenza pressoché costante della Cassazione propende invece per la ricostituzione automatica della comunione con effetti non retroattivi; essa muove dalla considerazione che venuta meno la causa di scioglimento non possono che esserne eliminati gli effetti prodottisi. Si vedano in merito: “Posto che, ai sensi dell’art.191 c.c., la separazione personale dei coniugi costituisce causa di scioglimento della comunione dei beni, una volta rimossa con la riconciliazione tale causa, si ripristina automaticamente tra le parti il regime originariamente adottato, con esclusione di quegli acquisti effettuati durante il periodo della separazione” (Cass.civ. sez.I, 12 novembre 1998 n.11418) “La riconciliazione dei coniugi separati, già in regime di comunione legale, comporta il ripristinarsi tra gli stessi, con efficacia ex nunc, del regime patrimoniale della comunione legale. Peraltro, in mancanza di una adeguata forma di pubblicità, la ricostituzione del regime patrimoniale della comunione legale non è opponibile ai terzi di buona fede che abbiano acquistato a titolo oneroso da uno dei coniugi che, in atto, si sia dichiarato separato dall’altro coniuge e in regime di separazione dei beni ” (Cass.civ. sez.I, 5 dicembre 2003 n.18619, in Riv.not. 2004, 996) La tesi della ricostituzione automatica della comunione lascia spazio ad un ulteriore problema: quello della sua pubblicità e della sua opponibilità ai terzi. Al riguardo è necessario distinguere le due ipotesi di riconciliazione: a) con dichiarazione espressa: in tal caso l’opponibilità deriverà dall’annotazione della dichiarazione a margine dell’atto di matrimonio ex art.69 del D.P.R. n.396/00 b) con dichiarazione tacita (o comportamento concludente o riconciliazione di fatto): in tal caso sarà necessaria un’apposita dichiarazione in atto dei coniugi di essere in comunione legale; la Cassazione sostiene infatti l’inopponibilità della ricostituzione ai terzi di buona fede che la ignorassero. Problema: che natura giuridica ha l’eventuale convenzione di ricostituzione della comunione legale? Alcuni ritengono che si tratti di una vera e propria comunione convenzionale di cui all’art.210 c.c. Altri invece sostengono trattarsi di una vera e propria convenzione atipica; la comunione convenzionale infatti altro non sarebbe (secondo la dottrina preferibile) se non una comunione legale modificata, ma qui la comunione non sussiste più e quindi nulla vi sarebbe da mutare. .11 La comunione de residuo .11.1 Definizione: la comunione de residuo può essere definita come quella particolare forma di comunione che si instaura su determinate categorie di beni al momento dello scioglimento della comunione legale. .11.2 Ratio: contemperare le esigenze della vita familiare con quelle del singolo coniuge. .11.3 Oggetto: costituiscono oggetto di questa anomala figura di comunione 96 - - i frutti dei beni personali di ciascun coniuge percepiti e non consumati al momento dello scioglimento della comunione (art.177 lett.b) i proventi di attività separata non consumati e quindi esistenti al momento dello scioglimento (art.177 lett.c) i beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi di quella costituita precedentemente se sussistono al momento dello scioglimento. .11.4 Natura giuridica: discussa è la natura giuridica del diritto che viene attribuito al coniuge al momento dell’instaurazione della comunione de qua; al riguardo due sono le tesi principalmente proposte: - alcuni ritengono che essa comporti l’automatico instaurarsi di una situazione di comproprietà relativamente ai beni che ne sono oggetto - la dottrina preferibile sostiene invece che la comunione de residuo determini soltanto il sorgere di un diritto di credito del coniuge non proprietario alla corresponsione di una somma di denaro pari alla metà del valore dei beni che ne sono oggetto La comunione convenzionale .1 Definizione: regime patrimoniale della famiglia alternativo a quello della comunione legale. .2 Natura giuridica: discussa è la qualificazione giuridica dell’istituto in esame; al riguardo si contendono il campo tre teorie: - teoria del regime autonomo: i suoi sostenitori ritengono che la comunione convenzionale costituisca un regime patrimoniale del tutto svincolato dallo schema della comunione legale ed ad esso alternativo. - teoria della comunione legale modificata: altri autori ragionano nel senso di una mera modificazione della comunione legale; ciò alla luce della rubrica dell’art.210 c.c. che parla testualmente di” modifiche convenzionali alla comunione legale dei beni” - teoria dualista: altri infine riconoscono all’istituto de quo una duplice natura giuridica, a seconda della fattispecie concretamente posta in essere dai coniugi; se essi introducono mere modificazioni non si potrà parlare di regime autonomo, mentre diversamente dovrà dirsi nel caso in cui i coniugi introducano un regime comunitario volto a disciplinare il complessivo assetto dei loro rapporti patrimoniali. .3 Limiti: le limitazioni all’autonomia dei coniugi sono ben evidenziate dalla norma dell’art.210 c.c. e precisamente: - pattuizioni specifiche: il primo comma della norma dispone infatti che i patti dei coniugi non debbono essere in contrasto con l’art.161 c.c. il quale testualmente prevede il divieto di pattuizioni generiche in ordine ai propri rapporti patrimoniali. - limiti oggettivi: il comma secondo della norma in oggetto dispone che non possono formare oggetto di comunione convenzionale i beni di cui alle lettere c), d), e) dell’art.179 c.c.; trattasi dei beni: - di uso strettamente personale - professionali - ottenuti quale risarcimento del danno o quale pensione attinente alla perdita totale o parziale della capacità lavorativa. - amministrazione beni ed uguaglianza quote: ai sensi dell’ultimo comma, non sono derogabili le disposizioni relative all’amministrazione dei beni della comunione (artt.180 e ss c.c.) e quelle circa l’uguaglianza delle quote (art.194 c.c.) 97 .4 Forma: trattandosi di una vera e propria convenzione matrimoniale sarà necessaria la stipula a mezzo di atto pubblico (art.162 c.c.) con l’assistenza di testimoni (art.48 l.not.) .5 Pubblicità annotazione a margine dell’atto di matrimonio ex art.162 c.c. trascrizione nei registri immobiliari: - della convenzione: ex art.2643 n.3 se ampliativa ex art.2647 se restringe - dell’atto di trasferimento immobiliare successivo alla stipula della convenzione. Chiara al riguardo è la seguente sentenza del Supremo Collegio: L'art. 2647 c.c. - che prescrive la trascrizione delle convenzioni matrimoniali, relative ad immobili, che escludono i beni medesimi dalla comunione tra i coniugi impone la trascrizione di dette convenzioni insieme con gli acquisti di singoli beni effettuati a titolo personale a parziale deroga di un preesistente regime generale di comunione patrimoniale.......(omissis)...” (Cassazione civile, sez. I, 22 gennaio 1986 n. 397, in Giust. civ. Mass. 1986, fasc. 1 - Giust. civ. 1986, I,989. - Vita not. 1986, 263 - Dir. famiglia 1986, 492) La separazione dei beni .1 Definizione: analogamente a quanto detto per la comunione convenzionale, anche la separazione dei beni può essere definita come un regime patrimoniale della famiglia alternativo a quello della comunione legale. .2 Caratteri: - titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio (art.215 c.c.) - completa autonomia gestionale (art.217 comma primo c.c.) .3 Fonte: - convenzionale: a mezzo di stipula da parte dei coniugi di convenzione matrimoniale. - legale: in caso di assenza, fallimento, separazione personale coniugi. - giudiziale: nell’ipotesi contemplata dall’art.193 c.c. una dei .4 Forma: trattandosi anche in tal caso di una vera e propria convenzione matrimoniale sarà necessaria la stipula a mezzo di atto pubblico (art.162 c.c.) con l’assistenza di testimoni (art.48 l.not.) .5 Pubblicità: annotazione a margine dell’atto di matrimonio ex art.162 c.c. trascrizione nei registri immobiliari ex art.2647 e 2685 c.c.: tale pubblicità dovrà essere effettuata subito qualora nella comunione legale siano compresi beni immobili o mobili registrati; in caso contrario sarà effettuata successivamente, nel momento in cui sia posto in essere da parte di uno dei coniugi un atto di natura immobiliare. Ricorda: dopo la trascrizione della convenzione, in sede di acquisto immobiliare sarà sufficiente una sola trascrizione ex art.2643 c.c., non essendo più necessaria anche quella ex art.2647 c.c. Si veda al riguardo: “.......(omissis)...una volta adottato il regime di separazione patrimoniale, restano esclusi dall'obbligo di trascrizione previsto dall'art. 2647 c.c. gli acquisti immobiliari operati successivamente in via esclusiva da 98 uno dei due coniugi ancorche' sia richiamato il prescelto regime (generale) di separazione.” (Cassazione civile, sez. I, 22 gennaio 1986 n. 397, cit.) CAPITOLO DICIOTTESIMO IL FONDO PATRIMONIALE .1 Definizione: complesso di beni destinati dal loro titolare a far fronte ai bisogni di una determinata famiglia. .2 Norme di riferimento: artt.167-171 cod.civ. .3 Natura giuridica: - è patrimonio separato con le seguenti caratteristiche: - di destinazione: i beni sono destinati a soddisfare i bisogni della famiglia (art.168 c.c.) - permane fino allo scioglimento del matrimonio o comunque sino alla maggiore età dell’ultimo figlio - l’amministrazione è regolata dalle norme sulla comunione legale (artt.180 seguenti richiamati dall’art.168 ultimo comma) - è convenzione matrimoniale: sia pur se complementare; il fondo infatti, a differenza delle altre convenzioni matrimoniali che hanno un regime di esclusività, può sussistere congiuntamente ad un regime generale dei rapporti tra coniugi, sia esso la comunione legale, la separazione dei beni o la comunione convenzionale. - non ha soggettività giuridica: i beni rimangono in proprietà del costituente o del/i coniugi; ciò differenzia l’istituto in esame dalla fondazione: quest’ultima infatti è dotata di una sua soggettività ed i beni entrano a far parte del suo patrimonio. .4 Oggetto: l’art.167 c.c. prevede testualmente che oggetto del fondo possano essere soltanto determinati beni immobili, mobili registrati e titoli di credito. .4.1. ipotesi discusse: - azienda: no, in quanto l’art.167 parla di beni determinati; al limite conferibili solo beni aziendali determinati - pertinenze: si, qualora si tratti di pertinenze immobiliari - titoli di credito infruttiferi: alcuni sostengono la tesi negativa, considerato che l’art.168 parla di frutti e quindi sembrerebbe ammettere solo i titoli fruttiferi; la dottrina prevalente è al contrario possibilista ben potendo tali titoli assolvere allo scopo di mantenere la famiglia, ad esempio mediante una loro alienazione e successivo reimpiego del prezzo. - beni della comunione legale: alcuni ritengono di no argomentando dal fatto che si verrebbe a modificare l’inderogabile regime della comunione legale in relazione a tali beni; la dottrina prevalente ammette invece tali beni quale oggetto di fondo patrimoniale facendo leva sulla considerazione che essi non sarebbero più assoggettati al regime della comunione legale, ma ne verrebbero estromessi per essere sottoposti al regime proprio dell’istituto in esame. - diritti reali limitati: alcuni ritengono di no, stante la loro temporaneità poco congeniale agli interessi della famiglia; la dottrina prevalente, al contrario, li ammette eccezion fatta per l’enfiteusi (in 99 quanto contratto a prestazioni corrispettive) e la servitù (stante la sua incedibilità separata) .5 Costituzione: il fondo patrimoniale può essere costituito per testamento o per atto inter vivos, da terzi ovvero da uno od entrambi i coniugi (art.167 primo comma); vediamo nel dettaglio le singole ipotesi: a) per testamento: solo il terzo e non il coniuge, perché il matrimonio si scioglie per la morte di uno di essi. - mezzo: - costituzione reale dal testatore - legato reale ai coniugi con onere di costituire i beni in fondo -istituzione ereditaria/legato ad un terzo con onere di costituzione del fondo - accettazione: secondo alcuni la costituzione per testamento non dovrebbe essere oggetto di accettazione, essendo quest’ultima prevista solo per l’atto inter vivos; la dottrina prevalente sostiene invece la necessità di un’accettazione espressa del fondo anche quando costituito per testamento e ciò in quanto esso costituisce una convenzione matrimoniale, la quale com’è noto richiede il necessario il consenso di entrambi i coniugi ex art.163 c.c. b) con atto inter vivos: b1) da un terzo: - prima del matrimonio: in tal caso la costituzione è sottoposta alla condizione sospensiva legale della celebrazione del matrimonio; è meglio pertanto che il costituente indichi un termine massimo entro il quale essa deve verificarsi. L’accettazione dei coniugi potrà intervenire sia prima del matrimonio che dopo di esso; in ogni caso è meglio farla prima in modo da rendere irrevocabile per il costituente l’atto dispositivo. - durante il matrimonio: anche in tal caso sarà necessaria l’accettazione dei coniugi, essendo la fattispecie de qua ben distinta dalla donazione obnuziale (art.785 c.c). Si discute solo se l’accettazione debba essere notificata al costituente: parte della dottrina propende per la negativa stante il silenzio sul punto serbato dall’art.167 c.c.; la dottrina prevalente, al contrario, opta per la soluzione positiva, ritenendo applicabile in tal caso l’art.782 comma secondo c.c. In ogni caso è meglio, ove possibile, far intervenire il costituente nell’atto pubblico di accettazione, così da eliminare ogni genere di contrasto sul punto. b2) da entrambi i coniugi: in tal caso l’accettazione non sarà necessaria in quanto trattasi di convenzione matrimoniale stipulata direttamente dagli interessati b3) da un solo coniuge: l’unico problema che si pone in tal caso è se l’atto di costituzione sia subordinato all’accettazione dell’altro coniuge; al riguardo: - parte della dottrina ritiene di no, basandosi sul fatto che da un lato l’accettazione è testualmente prevista per la sola costituzione ad opera del terzo e che dall’altro il fondo comporta solo poteri e non doveri per i coniugi(produrrebbe cioè solo effetti favorevoli) - la dottrina prevalente ritiene di si, basandosi sulla più volte menzionata considerazione che trattasi comunque di convenzione matrimoniale. .6 La proprietà dei beni: essa può essere dal costituente attribuita ad entrambi i coniugi, ad uno solo od essere riservata a se stesso od a terzi. 100 Vediamo separatamente le singole ipotesi: - ad ENTRAMBI i coniugi: è l’ipotesi normale costitutivo se nulla è detto nell’atto - ad UN SOLO coniuge: se espressamente indicato nell’atto costitutivo; in tal caso sarà comunque necessaria l’accettazione di entrambi i coniugi in quanto, da un lato, trattasi di convenzione matrimoniale e, dall’altro, comunque il godimento e l’amministrazione vengono attribuiti ad entrambi. Ricorda: è necessario tenere distinti l’atto di costituzione del fondo ( che dovrà essere accettato da entrambi) e l’atto di attribuzione della proprietà (che sarà accettato dal solo coniuge beneficiario) - ad un TERZO ( costituente o terzo in genere): in tal caso oggetto del fondo sarà esclusivamente il godimento del bene, diritto qualificabile come un usufrutto sui generis. .7 L’alienazione dei beni del fondo: l’art.169 c.c. distingue a seconda che vi siano o meno figli minori e che vi sia o meno una diversa previsione dell’atto costitutivo; nello specifico: - no figli minori: alienazione libera con il consenso di entrambi i coniugi - si figli minori: necessario il consenso congiunto di entrambi i coniugi unitamente all’autorizzazione del giudice. .7.1 Competenza: - in genere: Tribunale ordinario ex art.38 d.att. del luogo di domicilio o residenza dell’interessato e cioè dei figli minori ex artt.45-43 c.c. - in caso di scioglimento del fondo e permanenza dello stesso per la presenza di figli minori: Tribunale per i minorenni ex art.171 comma secondo c.c. (“il giudice può dettare......norme per l’amministrazione del fondo). .7.2 deroghe all’art.169 c.c.: - la dottrina prevalente sostiene sia ammissibile escludere solo il consenso congiunto: tale tesi muove dalla considerazione che l’autorizzazione giudiziale sia inderogabile in quanto funzionale alla tutela da un lato dei creditori del fondo e dall’altro a quelli della famiglia nel suo complesso. - altri ritengono derogabile la sola autorizzazione: il consenso congiunto sarebbe per tale tesi imprescindibile alla luce delle norme sulla comunione legale ex artt.180 e seguenti c.c. - altri infine ritengono possibile escludere entrambi i requisiti: tale teoria muove dall’ampia portata letterale della norma (“se non è stato espressamente consentito nell’atto di costituzione”) che sembra non porre limiti alla derogabilità Ricorda: se c’è la deroga al consenso congiunto bisogna tenere presente la spettanza del diritto di proprietà, e precisamente: - proprietà ad un solo coniuge: soltanto lui può alienare - proprietà ad entrambi i coniugi: il singolo coniuge potrà alienare soltanto la quota di un mezzo e non l’intero. .7.3 Sanzione per l’alienazione senza rispettare le regole previste dall’art.169 c.c.: - alcuni ritengono l’atto non nullo ma soltanto inefficace - la dottrina preferibile propende invece per la nullità dell’atto, in quanto posto in essere in violazione di una norma imperativa (cd. nullità virtuale) Ricorda: per la dottrina prevalente non si applica la convalida ex art.184 c.c. 101 .8 Cessazione del fondo: il primo comma dell’art.171 cod.civ. indica quali cause di estinzione l’annullamento, lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio. E’ discusso se l’elencazione fatta dalla predetta norma sia tassativa o meramente esemplificativa, soprattutto in relazione alla nota questione dello scioglimento convenzionale; al riguardo diverse sono state in dottrina le tesi proposte: - alcuni sostengono la teoria negativa facendo leva sulla pretesa tassatività dell’elencazione dell’art.171 c.c. - altri propendono per la positiva sostenendo al contrario la non tassatività della norma - altri ancora sostengono la tassatività dei casi indicati nell’art.171, ma al contempo ammettono lo scioglimento convenzionale del fondo alla luce della libera modificabilità delle convenzioni matrimoniali ex artt.162-169 c.c. - altri distinguono: - se non ci sono figli: non ammesso lo scioglimento convenzionale a causa della indisponibilità del vincolo che verrebbe appunto a cessare - se ci sono figli: ammesso lo scioglimento perché il fondo comunque durerà fino alla maggiore età dell’ultimo figlio - la dottrina prevalente infine distingue tra: - presenza di figli: ammesso lo scioglimento ma solo se a termine iniziale coincidente con la maggiore età dell’ultimo di essi - assenza di figli: ammesso senza limiti .9 Pubblicità: - annotazione a margine dell’atto di matrimonio ex art.162 c.c. - trascrizione dell’atto di trasferimento ai coniugi ex art.2643: sia che si tratti di piena proprietà che di semplice diritto di godimento(usufrutto sui generis); è comunque un diritto reale - trascrizione dell’atto costitutivo del fondo ex artt.2647 e 2685 cod.civ. Ricorda: ovviamente la trascrizione vale solo se oggetto del fondo sono beni immobili o mobili registrati. CAPITOLO DICIANNOVESIMO ESERCIZIO DELL’IMPRESA DA PARTE DI INCAPACI .1 Il legislatore da un lato ammette che anche gli incapaci possano svolgere attività imprenditoriale ma dall’altro circonda tale fattispecie di una serie di cautele volte ad evitare, per quanto possibile, un pregiudizio per il patrimonio dello stesso. La disciplina codicistica che andremo ad esaminare si applica esclusivamente all’esercizio, in forma individuale o collettiva, di un’impresa commerciale, mentre per quella non avente tale requisito(es. impresa agricola) vigeranno le norme generali in materia di autorizzazione agli atti di straordinaria amministrazione. .2 Norme di riferimento: - impresa individuale: artt.320 comma 5,371 comma 3,397,424 e 425 102 - - impresa collettiva: art.2294 (per le s.n.c ma anche per le s.a.s stante il rinvio ex art.2315) che richiama le norme per l’impresa individuale nonché gli artt.38 e 208 disp.att.c.c. art.2198: regola la pubblicità dell’autorizzazione nel registro delle imprese sia per l’impresa individuale che per quella collettiva. .3 Fondamento norme: si cerca il giusto equilibrio tra due opposte esigenze ovvero: c) tutelare gli incapaci data l’aleatorietà dell’attività imprenditoriale e soprattutto il rischio di fallimento a cui potrebbero esser assoggettati; d) salvaguardare la libertà di iniziativa economica e le esigenze dei traffici commerciali .4 Ambito applicativo: - imprese commerciali piccole e non piccole: parte della dottrina esclude l’applicazione delle citate norme in caso di piccola impresa stante il fatto che esse, ex art.1 l.fall. sono sottratte al fallimento; la dottrina prevalente e preferibile ritiene errata tale tesi in virtù ,da un lato, della facilità con la quale la piccola impresa può trasformarsi in impresa mediogrande e quindi essere soggetto fallibile, e dall’altro, alla luce del fatto che gli articoli in esame non operano alcuna distinzione al riguardo. - Imprese agricole: per espressa previsione normativa le disposizioni in commento operano solo in caso di impresa commerciale; sicché, in relazione a quelle agricole, gli atti di straordinaria amministrazione dovranno essere autorizzati secondo le regole ordinarie. .5 Presupposto: il codice richiede due imprescindibili presupposti al fine dell’autorizzazione giudiziale all’esercizio dell’impresa, e precisamente: - che l’impresa preesista - che l’azienda ad essa relativa faccia già parte del patrimonio dell’incapace. .5.1 La preesistenza dell’attività di impresa: il legislatore ha testualmente escluso la possibilità per l’incapace di intraprendere ex novo un’attività d’impresa; ciò in quanto il giudice non avrebbe in tal caso un parametro per valutare la convenienza ed i rischi per il patrimonio dello stesso. Dispongono infatti gli artt.320, 371, 425 cod.civ che l’incapace può solo “continuare” l’esercizio dell’impresa commerciale, con divieto pertanto di costituire un’impresa ex novo. Eccezioni al predetto presupposto sono: - l’art.397 c.c. che in materia di emancipati consente a tali soggetti anche la costituzione ex novo e non solo la continuazione - l’impresa non commerciale: ignorata dal legislatore per i minori rischi cui assoggetta l’imprenditore (no fallimento) - i casi in cui pur essendosi in presenza di attività oggettivamente commerciale, non sussiste tuttavia responsabilità illimitata (es.spa, srl, accomandante di sas o sapa) .5.2 L’appartenenza dell’azienda all’incapace: l’azienda può essere in titolarità dell’incapace per averla questi acquistata prima o dopo l’insorgere di tale situazione; in particolare: a)prima della pronuncia di incapacità: si pensi ad esempio al caso dell’imprenditore pienamente capace che venga successivamente interdetto. b)durante lo stato di incapacità: l’azienda in tal caso può essere acquistata: - a titolo gratuito(per successione mortis causa o donazione) - a titolo oneroso: secondo qualcuno non sarebbe possibile per l’incapace acquistare a titolo oneroso un’azienda commerciale essendo possibile per questi solo l’acquisto gratuito; ciò alla luce sia della pretesa tassatività delle forme di investimento ex art.372 c.c. e sia soprattutto dell’art.371 n.3 ove si parla solo di “aziende che si trovano nel patrimonio”. Secondo la tesi prevalente invece non può precludersi all’incapace una tale possibilità poiché si tratterebbe da un lato di un investimento di capitali ex art.372(sarebbe un “investimento diverso”) che potrebbe essere anche molto 103 produttivo, e dall’altro non deve sottovalutarsi il fatto che l’art.371 n.3 non poteva esprimersi diversamente; esso afferisce infatti alla fase iniziale della tutela(Jannuzzi). Se così fosse si dovrebbe escludere ogni azienda acquistata successivamente anche per successione e donazione. .5.3 Il regime autorizzatorio per l’acquisto dell’azienda: azienda ereditaria: tre autorizzazioni - accettare eredità: dal giudice tutelare; valuta interessi dell’incapace - esercizio dell’impresa: dal tribunale ordinario ( o per i minorenni in caso di tutela); abilita l’incapace all’attività commerciale - utilizzo beni ereditari: dal tribunale delle successioni ex art.747 c.p.c. su parere del giudice tutelare. azienda per donazione o legato: due autorizzazioni - accettare liberalità: dal giudice tutelare - esercizio dell’impresa: dal tribunale ordinario ( o per i minorenni in caso di tutela); abilita l’incapace all’attività commerciale azienda a titolo oneroso: due autorizzazioni - all’acquisto oneroso: dal giudice tutelare - all’esercizio dell’impresa: dal tribunale ordinario ( o per i minorenni in caso di tutela); abilita l’incapace all’attività commerciale .6 Destinazione dell’azienda: a) chi decide: bisogna distinguere le diverse ipotesi a seconda della tipologia di soggetto incapace coinvolto: - minore in potestà: i genitori congiuntamente ex art.320 - tutela(minori ed interdetti): giudice tutelare ex art.371 - emancipato ed inabilitato: gli incapaci assistiti dal curatore ex artt.397 e 425 c.c. b) modalità di destinazione: ai sensi dell’art.371 n.3 il giudice(o la persona a cui spetta) può optare su tre scelte anche se realmente le soluzioni possibili risultano esser quattro ossia: - continuare l’impresa; - alienare la stessa; - liquidarla; - affittare l’azienda. c)regime autorizzatorio: dipende dal tipo di scelta operata in ordine alla destinazione, e precisamente: - continuazione: sempre il tribunale(ordinario o per i minorenni) - alienazione e liquidazione: regolata secondo le normali competenze in materia di atti di straordinaria amministrazione (artt.320,375,394 c.c.); tale ultima conclusione vale anche per il caso di interdetti e minori sotto tutela, relativamente ai quali la questione è in realtà controversa: - la dottrina preferibile ritiene appunto che, oltre al decreto col quale il giudice tutelare stimi preferibile alienare l’azienda ex art.371 n.3,occorrerà l’autorizzazione del tribunale ex art.375 perché è sempre un’alienazione di beni; - altri(Capozzi e Santarcangelo) ritengono sufficiente il decreto del giudice tutelare. affitto: secondo la teoria prevalente sarà necessaria per l’autorizzazione per gli atti dispositivi(artt.320,375,394 c.c);per altra tesi competente sarà il giudice tutelare ex art.374 c.c. in quanto l’affitto verrebbe considerato alla stregua di una locazione. La tesi prevalente muove dalla considerazione che l’affitto d’azienda, anche se infranovennale, è sempre un atto di straordinaria 104 amministrazione, perché l’affittuario ha diritto anche di alienare i beni, le merci consumabili, sostituire macchinari(art.375). Il rischio è quello della dispersione dei beni, soprattutto per ciò che riguarda l’avviamento e l’ampio potere di gestione nonché il potere stesso di disposizione dei beni merce e di sostituzione di quelli fissi. In sintesi, come emerge da quanto sopra, le differenze tra gli artt.320 comma 5 e 371 sono evidenti; è facile osservare infatti che l’art.320 comma 5 indica competente il tribunale ordinario, e sono i genitori a decidere se continuare, affittare. L’art.371 invece dice esser competente il tribunale dei minorenni, ed è il giudice tutelare a decidere quale strada sia più giusto prendere. In ogni caso, l’art.371 al n.3 parla di “convenienza”, da intendersi come utilità evidente. .7 L’autorizzazione all’esercizio in particolare: - ha carattere generale: riguarda infatti tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione pertinenti l’impresa che pertanto non dovranno essere successivamente nuovamente autorizzati. - deve essere pubblicizzata nel Registro Imprese ex art.2198 c.c. - imprenditore: tale qualità viene assunta esclusivamente dall’incapace. Si verifica, in buona sostanza, una dissociazione tra titolarità ed esercizio dell’impresa, spettando quest’ultimo al legale rappresentante dell’incapace, il quale assumerà una posizione analoga a quella dell’institore. - rilasciata solo per la continuazione(salvo il caso del minore emancipato): - competenza: per territorio competente è il giudice del domicilio o residenza dell’incapace, essendo questi il soggetto nel cui interesse è richiesto il provvedimento. Per materia, bisogna distinguere a seconda del tipo di soggetto incapace: - minori sotto potestà: Tribunale ordinario ex 320 comma 5 su parere del giudice tutelare - minori sotto tutela: Tribunale per i minorenni ex art.371 comma terzo c.c.; ricorda che il parere del giudice tutelare qui è già stato rilasciato nella sua decisione di continuare l’azienda spettante all’incapace. - emancipati ed inabilitati: Tribunale ordinario ex artt.397 e 425 c.c. su parere del giudice tutelare - interdetti: la dottrina prevalente ritiene che la competenza spetti al Tribunale ordinario ex art.38 d.att. non essendo il tribunale per i minorenni deputato a curare gli interessi dei maggiori di età, sia pur se interdetti; in sostanza vi sarebbe un difetto di coordinamento tra gli artt.371,424 e 38 d.att. c.c. Altra dottrina ritiene invece sussistere la competenza del Tribunale dei minori, non potendosi da parte dell’interprete svalutare il dato normativo che applica ad entrambi gli incapaci la medesima disciplina. In ogni caso ricorda che il parere del giudice tutelare qui è già stato rilasciato nella sua decisione di continuare l’azienda spettante all’incapace. .8 L’esercizio da parte dell’emancipato e dell’inabilitato in particolare: - gli emancipati (art.397 c.c.): tali soggetti gestiscono direttamente l’impresa anche senza l’assistenza del curatore; l’impresa potrà altresì essere costituita ex novo. E’ opinione comune che l’art.397 c.c. costituisca norma eccezionale, la cui ratio si riferisce solo al precoce sviluppo del minore; non sarebbe quindi applicabile alla categoria degli inabilitati. 105 La dottrina prevalente (Mazzacane) ritiene che il giudice possa in ogni caso autorizzare l’esercizio dell’impresa con l’assistenza del curatore, e anche nominare un institore come nell’art.425,al fine di evitare ad es. la liquidazione l’alienazione o l’affitto d’azienda. - gli inabilitati (art.425 c.c.): tali soggetti svolgono l’attività d’impresa sempre con l’assistenza del curatore per tutti gli atti ad essa relativi siano essi di ordinaria o straordinaria amministrazione; in più si renderà necessaria l’autorizzazione del giudice se l’atto non rientra nell’oggetto sociale o non è pertinente all’attività svolta. Conseguentemente, per evitare ritardi e inconvenienti, il giudice può prevedere la nomina di un institore, ai fini di una direzione unitaria e rapida dell’impresa; tale nomina dovrà essere fatta direttamente dall’inabilitato con l’assistenza del curatore, ma si discute se sia necessaria o meno l’autorizzazione giudiziale: - parte della dottrina sostiene che l’inabilitato debba necessariamente munirsi dell’autorizzazione del giudice tutelare essendo la nomina un atto di straordinaria amministrazione; - la dottrina prevalente e preferibile sostiene la non necessità dell’autorizzazione giudiziale, poiché la nomina rappresenta atto pertinente l'impresa e quindi ricompreso nella generale autorizzazione del Tribunale. L’institore ha poteri generali, salvo i limiti di cui all’art.2204 c.c.; per citare qualche esempio si può pensare all’alienazione e alla dazione di ipoteca che spetta solo all’inabilitato con il suo curatore, previa autorizzazione del tribunale ordinario ex art.394 comma.3. Per parte della dottrina l’institore non può essere il curatore, perché il curatore ha poteri di controllo e vigilanza sull’attività dell’institore. Ricorda: per l’impresa non rileva la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione perché essa è attività dinamica, diversamente dall’amministrazione in senso stretto del patrimonio che riguarda una concezione statica dello stesso. Di conseguenza: - per l’esercizio collettivo dell’impresa (società)l’unico distinguo è quello tra atti rientranti o meno nell’oggetto sociale e l’autorizzazione sarà data una tantum per gli atti ricompresi nell’oggetto sociale; - per l’impresa individuale, il limite non riguarda l’oggetto sociale, ma gli “atti pertinenti all’esercizio dell’attività d’impresa”. Ma una nuova autorizzazione sarà necessaria se cambiano le condizioni di rischio, ad es. per il trasferimento della sede sociale ovvero per il mutamento del tipo di attività effettivamente svolta. .9 L’esercizio provvisorio: - finalità: evitare un pregiudizio per l’impresa nelle more del procedimento di autorizzazione - competenza: sempre il giudice tutelare ex artt.320 e 371 c.c. - ammesso per: minori (in potestate o sotto tutela) ovvero interdetti; non consentito per emancipati ed inabilitati .10 Il fallimento dell’incapace: qualora l’incapace assuma la qualifica di imprenditore commerciale egli sarà ovviamente assoggettabile alle eventuali procedure concorsuali ed al fallimento. Com’è noto il fallimento produce sia effetti personali che patrimoniali; al riguardo, la dottrina prevalente ritiene che: - quelli patrimoniali vadano attribuiti all’incapace - quelli personali, con fine sanzionatorio, gravino sul rappresentante legale; è il caso ad esempio della temporanea incapacità all’elettorato(art.2 della legge n.223/67),all’assunzione di impieghi statali (art.2 comma quinto della legge n.3/57) Secondo parte della dottrina (Galgano),le conclusioni cui giunge la dottrina prevalente sarebbero ingiuste perché i minori non emancipati e gli interdetti, a 106 differenza degli emancipati e inabilitati, non esercitano personalmente l’impresa essendo l’esercizio stesso svolto solo tramite i propri rappresentanti legali; ecco perché tali autori preferiscono assoggettare al fallimento non l’incapace ma il suo rappresentante legale. .11 Mancanza od inefficacia dell’autorizzazione: la carenza od improduttività di effetti del provvedimento autorizzatorio produce conseguenze diverse a seconda del tipo di incapace coinvolto nella fattispecie, e precisamente: - totalmente incapace (interdetto, minore in potestate, pupillus): in tal caso l’esercizio avviene tramite il rappresentante legale e la carenza di autorizzazione comporterà l'assunzione della qualità di imprenditore esclusivamente in capo ad esso - parzialmente capace (emancipato, inabilitato): in tal caso la dottrina prevalente ritiene che gli atti d’impresa compiuti dall’incapace siano invalidi in virtù della prevalenza della tutela degli interessi di quest’ultimo ex art.1445 c.c.; eccezione a tale principio sono: l’art.1426 c.c.(occultamento di età) e l’art.742 c.p.c. (tutela dei terzi in buona fede) Esempio: società di fatto tra più fratelli, di cui uno è un minore; anche se percepisce degli utili, non è certo imprenditore (e se i soci sono solo due, non c’è alcuna società),perché l’incapace è un imprenditore solo se autorizzato. Idem se l’autorizzazione è invalida o inefficace; il soggetto non è certamente un imprenditore. Ma se l’attività d’impresa è esercitata da un rappresentante legale senza la dovuta autorizzazione, è possibile configurare una società di fatto tra il rappresentante legale e gli altri soci, ma non con il minore. .12 L’impresa non commerciale: si definisce non commerciale quell’attività di impresa non rientrante in una delle categorie indicate dall’art.2195 cod.civ. (es. impresa agricola) - per alcuni si richiede l’autorizzazione perché ogni impresa presenta dei rischi. - per la tesi nettamente prevalente non occorre nessuna autorizzazione; ciò in quanto gli artt.320 comma 5 e art.371 c.c. la limitano testualmente alle sole imprese commerciali. D’altra parte ci sono in tal caso minori rischi, non correndosi il rischio di fallimento(art.1 Legge fallimentare). Comunque prevarranno qui gli atti di ordinaria amministrazione (sfruttamento del suolo al fine della percezione e vendita dei frutti); l’autorizzazione si renderà necessaria solo per i singoli atti di straordinaria amministrazione. La conseguenza più evidente è che l’attività non commerciale potrà essere continuata e intrapresa senza alcuna autorizzazione. .12.1 L’impresa agricola industrializzata: per la dottrina prevalente essa rientra tra le imprese commerciali ex art.2195 n.1 e quindi soggetta alle medesime autorizzazioni ex art.2294 c.c. Problema: per la s.n.c con attività agricola occorre l’autorizzazione ex art.2294? La dottrina prevalente risponde negativamente al quesito a condizione però che l’imprenditore trasformi ed alieni i beni da lui stesso coltivati, ossia che si tratti di un coltivatore diretto; in caso contrario sarà da considerarsi al pari delle società commerciali. Problema: è compatibile la responsabilità limitata conseguente ad una accettazione beneficiata con la responsabilità illimitata ed il rischio di fallimento dell’attività di impresa? 107 diverse e contrastanti sono state in dottrina le risposte a tale quesito: - teoria negativa: i suoi sostenitori muovono dalla considerazione che scopo principale dell’accettazione con beneficio è la liquidazione del patrimonio ereditario al fine di pagare creditori e legatari; - teoria positiva: per la dottrina prevalente e la giurisprudenza si rintraccerebbe una certa compatibilità perché scopo dell’accettazione non è la liquidazione dei beni ereditari, ma il soddisfacimento dei legatari e dei creditori intra vires, a cui si può ottemperare anche con beni diversi dall’azienda, beni ereditari o personali dell’erede. Lo svolgimento di un’attività conservativa di tipo imprenditoriale può anche tutelare meglio le loro ragioni, piuttosto che una brusca interruzione dell’attività. In sostanza, l’amministrazione dell’eredità beneficiata (artt.493 c.c. e 747 c.p.c.) non ha solo uno scopo liquidativo, ma anche conservativo, per tutelare razionalmente i diritti dei creditori e legatari. E’ quindi possibile che si reputi più conveniente la prosecuzione di una attività di impresa (ad es. per non correre il rischio di svalutazione in caso di inattività) anche se ciò possa comportare responsabilità illimitata per l’incapace, con l’evidente vantaggio non solo per l’incapace stesso ma anche per i creditori e legatari. L’adesione alla teoria positiva comporta però la necessità di risolvere un ulteriore problema, legato al fatto che l’incapace, pur essendo erede beneficiato assume responsabilità illimitata; al riguardo: - alcuni sostengono l’automatica decadenza dal beneficio d’inventario, proprio perché vi è responsabilità illimitata; - altri(Capozzi) ritengono operi la distinzione tra le varie figure dei creditori ossia: creditori del de cuius: siano essi personali o d’azienda, i quali potranno rifarsi sui beni ereditari, compresa l’azienda ex art.490 n.3,e nel caso in cui dovesse risultare incapiente, si avrebbe responsabilità illimitata dell’erede ex art.491(interpretazione estensiva),ma senza alcuna decadenza dal beneficio; creditori personali dell’erede: che potranno soddisfarsi sui beni personali dell’erede e sui beni ereditari solo dopo i creditori e legatari ex art.490 n.3; nuovi creditori aziendali: i quali potranno soddisfarsi su tutti i beni dell’incapace che risulta un imprenditore ex art.2740 c.c. ed eventualmente anche su quelli ereditari(interpretazione larga un po’ forzata dell’art.511 c.c.). Quindi per Capozzi non si ha decadenza dal beneficio, ma di fatto c’è una responsabilità illimitata dell’incapace, in quanto imprenditore. In ogni caso, prima si chiederà l’autorizzazione ai sensi dell’art.320 comma 5,per la valutazione dell’an della prosecuzione, e poi quella dell’art.747,cosicchè il tribunale delle successioni possa soppesare e confrontare l’interesse dell’incapace con quello dei creditori e legatari. Nel caso dovesse chiedersi solo la prosecuzione dell’attività d’impresa, es. impresa individuale, non vi è lo ius postulandi del notaio perché non c’è alcun conferimento. Ma in ogni caso occorrerà anche l’autorizzazione ex art.747 c.p.c. perché trattasi di atto pericoloso per gli interessi dei creditori e legatari. Problema: possono i genitori o il tutore, conferire procura “institoria” ad un TERZO? - secondo alcuni no a causa della indelegabilità della funzione. - la dottrina prevalente sostiene la positiva perché non si ha una delega della funzione, nessuna abdicazione o spoglio, ma si è di fronte ad una modalità di esercizio dell’impresa, e i poteri sono concorrenti e prevalenti. 108 Problema: può uno dei genitori conferire procura “institoria” all’altro? - secondo una tesi la risposta è negativa stante sempre l’indelegabilità della funzione. - per la teoria prevalente(Jannuzzi, Vadalà)la risposta deve essere in senso affermativo essendo la procura de qua espressamente ammessa in tema di comunione legale ex art.182 comma secondo c.c. CAPITOLO VENTESIMO PARTECIPAZIONE DI INCAPACI A SOCIETA’ .1 La partecipazione di incapaci a società riceve una disciplina differenziata in base al tipo sociale adottato, alla natura dell’attività esercitata ed al regime di responsabilità che investe la persona dell’incapace stesso. La norma fondamentale in materia è l’art.2294 c.c. il quale richiede, per la partecipazione di incapaci a società in nome collettivo, le stesse autorizzazioni che abbiamo esaminato per l’impresa commerciale individuale. La limitazione a tale tipo societario ( nonché a quello dell’accomandita semplice per l’accomandatario, in virtù del richiamo ex artt.2315 e 208 d.att.cod.civ.) è dovuto al fatto che solo partecipando ad esso si ha un’acquisizione da parte dell’incapace di una responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, mentre in ogni altro caso essa risulterà circoscritta al solo apporto del socio. Conseguentemente, le norme degli artt.2294,2315 e 208 d.att.cod.civ. troveranno applicazione qualora congiuntamente sussistano i seguenti requisiti: - società di tipo commerciale (snc,saa,srl,spa,saa) - natura commerciale dell’attività esercitata - responsabilità illimitata dell’incapace quale socio In tal caso, l’autorizzazione non sarà solo relativa al conferimento, ma anche alla prosecuzione dell’impresa stante la responsabilità illimitata(es. artt.320 comma 5 e 320 comma 3 se il conferimento ha ad oggetto un bene, ovvero art.747 se è conferito un bene ereditario). La norma in commento non troverà pertanto applicazione qualora venga a difettare anche uno solo dei detti requisiti, ad esempio nel caso di società semplice. .2 Le autorizzazioni: come sopra detto, qualora ricorrano le condizioni indicate, il rappresentante legale o il soggetto parzialmente capace (debitamente assistito)dovranno chiedere: a)l’autorizzazione prevista dagli artt.320,371,397,425 per la continuazione dell’impresa commerciale, questa volta in forma collettiva. b)l’autorizzazione all’atto attraverso il quale l’incapace diviene socio: potrà essere un acquisto di quota sociale, così come una costituzione di una società ex novo. E’ opportuno al riguardo chiarire cosa debba intendersi per continuazione: tale termine deve essere interpretato nel senso che sia possibile per l’incapace non solo l’acquisizione di una partecipazione in una società già operante, ma altresì la costituzione di una società nuova purché l’azienda in essa conferita e quindi la relativa impresa sia preesistente. 109 Esemplificando, è il caso della continuazione in forma societaria di un’impresa individuale, che può accadere nel caso in cui muoia l’imprenditore individuale lasciando eredi i propri figli dei quali alcuni minori o comunque incapaci; in tal ipotesi si avrà: - società di nuova costituzione, ma - impresa non nuova, bensì preesistente; e sarà proprio tale qualità temporale che consentirà al giudice di valutare la convenienza o meno per il patrimonio del minore. Concludendo sul punto: la preesistenza si riferisce all’attività d’impresa, non importa se esercitata in forma individuale o collettiva; la ratio della sola prosecuzione si riferisce ad una valutazione più attendibile circa la convenienza sull’attività d’impresa, sulla base dei bilanci, costi, guadagni e rischi. Normalmente basterà, per l’esercizio dell’impresa, una sola autorizzazione(stante la cosiddetta “dinamicità”);occorrerà tuttavia una nuova autorizzazione se l’atto da compiere non rientra nell’oggetto sociale, così come nel caso di cambiamento delle condizioni di rischio con le quali essa è stata rilasciata ( ad es. per le delibere di modifica dello statuto, per il trasferimento delle sede sociale, per le modifiche dell’oggetto sociale, per l’ingresso di nuovi soci, o vecchi che recedono o muoiono) In tali casi è necessaria una nuova valutazione del giudice per la continuazione o la liquidazione. .2.1 L’acquisto della qualità di socio in particolare: abbiamo visto che, a prescindere dal tipo societario adottato, è sempre necessaria un’autorizzazione per l’atto attraverso il quale l’incapace assume la posizione di socio; esso può essere rappresentato da una costituzione ex novo(con impresa commerciale preesistente) ovvero dall’acquisto della altrui partecipazione. Vediamo nel dettaglio le varie ipotesi: a) stipula del contratto sociale: è considerato un normale atto di straordinaria amministrazione per l’autorizzazione del quale sarà necessario rifarsi alla natura del bene conferito; in particolare: trasferimento beni: artt.320,375,394 c.c. - assunzione di obblighi (es. socio d’opera): artt.320,374 c.c. - conferimento di denaro: è investimento di capitali ex artt.320,374 - prestazioni accessorie: è assunzione di obbligazioni ex artt.320,374 - bene ereditario: Tribunale delle successioni su parere del giudice tutelare ex art.747 c.p.c. b) continuazione società con altri eredi (art.2284 c.c.): in tal caso saranno necessarie due autorizzazioni e precisamente: - ad accettare l’eredità/legato: oggetto degli stessi è il diritto alla liquidazione della quota; sarà sempre un legato sottoposto a pesi e condizioni (artt.320,374 n.3,394,424 c.c.) - all’atto dispositivo del diritto predetto (e cioè a conferirlo in società): nel caso di eredità l’autorizzazione sarà rilasciata dal Tribunale delle successioni su parere del giudice tutelare ex art.747 c.p.c.; nel caso di legato saranno applicabili i normali criteri per gli atti di straordinaria amministrazione(artt.320,375 c.c.) c) acquisto della altrui partecipazione: saranno necessarie le normali autorizzazioni per gli atti di straordinaria amministrazione rapportate al tipo di atto concretamente posto in essere, come ad esempio alienazione di beni, investimento di capitali, etc.(artt.320,374,375,394 c.c.) Ricorda: fai sempre attenzione se si tratta di bene ereditario; in tal caso applica l’art.747 c.p.c. 110 Ricorda: oltre alle predette autorizzazioni, sarà necessaria quella ex art.2294 c.c. qualora ricorrano le menzionate condizioni di applicabilità della norma (tipo sociale commerciale, attività commerciale, responsabilità illimitata) .3 Le diverse fattispecie: a) Società di tipo non commerciale: - ambito: solo società semplice - attività: necessariamente non commerciale - autorizzazioni: necessaria quella per l’atto attraverso il l’incapace diviene socio; non necessaria quella ex art.2294 c.c. - possibile anche costituzione ex novo con impresa non preesistente - fallimento: no quale b) Società di tipo commerciale senza attività commerciale: - ambito: snc,sas,srl,spa,saa con oggetto non commerciale - attività: non commerciale per scelta dei soci - autorizzazioni: necessaria quella per l’atto attraverso il l’incapace diviene socio; non necessaria quella ex art.2294 c.c. - possibile anche costituzione ex novo con impresa non preesistente - fallimento: no quale c) Società di tipo commerciale con attività commerciale e responsabilità illimitata: - ambito: snc, accomandatario di sas, con oggetto commerciale - attività: commerciale - autorizzazioni: necessaria sia quella ex art.2294 c.c. per l’esercizio dell’impresa commerciale, sia quella per l’atto attraverso il quale l’incapace partecipa alla società - solo continuazione ovvero costituzione ex novo con azienda preesistente - fallimento: si, tanto della società quanto dei soci d) Società di tipo commerciale con attività commerciale e responsabilità limitata: - ambito: accomandante di sas, srl ,spa ,saa ,cooperative con oggetto commerciale - attività: commerciale - autorizzazioni: necessaria quella per l’atto attraverso il quale l’incapace diviene socio; non necessaria quella ex art.2294 c.c. - possibile anche costituzione ex novo con impresa non preesistente - fallimento: si della società, no dei singoli soci .4 Lo scioglimento: .4.1. del singolo rapporto sociale: la partecipazione del socio alla società può venire meno per due ordini di motivi e precisamente: - recesso: essendo questo un caso di dismissione volontaria della partecipazione sociale, si applicheranno le norme sulle alienazioni onerose (artt.320,375,394 c.c.) - esclusione: trattasi di evento derivante dalla volontà degli altri soci e quindi del tutto indipendente da quella dell’incapace; in tal caso il diritto del socio escluso è quello alla corresponsione di una somma di denaro pari al valore della sua quota. Troveranno pertanto applicazione le norme sulla riscossione di capitali e precisamente: artt.320/374 per minori ed interdetti ed art.394 c.c. per emancipati ed inabilitati. .4.2. della società: - parte della dottrina sostiene che sia necessaria una specifica autorizzazione giudiziale affinché l’incapace possa manifestare il suo assenso allo scioglimento della società 111 - la dottrina preferibile (Capozzi)ritiene invece non richiesto tale ulteriore provvedimento, poiché lo scioglimento della società costituisce atto di straordinaria amministrazione già ricompreso nell’originaria autorizzazione e non incidente sul patrimonio individuale del singolo socio. Nel caso sussista un residuo attivo, bisogna distinguere a seconda che al socio vengano attribuiti denaro o beni in natura; nel primo caso si tratterà e dovrà essere autorizzata una riscossione di capitali, nel secondo si configurerà una divisione di beni in natura con i relativi provvedimenti autorizzatori. Qualora emergessero delle passività residue ed occorressero quindi dei versamenti dei soci, non si richiederà alcuna autorizzazione per effettuare tale apporto; dovranno invece essere autorizzati quegli atti che hanno la funzione di reperire il denaro necessario all’operazione (normalmente una vendita). .5 Le modifiche del contratto sociale la dottrina preferibile ritiene che ogni modificazione del contratto sociale necessiti di specifica autorizzazione affinché il legale rappresentante possa partecipare alla relativa deliberazione; ciò in quanto si vengono a modificare le condizioni che hanno portato il giudice a ritenere proficua per l’incapace la partecipazione alla società. Il provvedimento sarà rilasciato dal giudice che ha originariamente autorizzato l’ingresso dell’incapace nella compagine sociale; quindi: - se società commerciale con responsabilità illimitata: si applicherà l’art.2294 c.c. - se altro tipo di società: troveranno applicazione le normali autorizzazioni in materia di atti di straordinaria amministrazione. .6.1 L’emancipato e il suo rapporto con la s.n.c: in tal caso troverà sempre applicazione l’art.397 c.c. ed anche l’art.747 c.p.c. se il bene da conferire è ereditario; potrà applicarsi per analogia l’art.425 relativo alla nomina di un institore. Qualora l’institore non sia stato nominato, l’incapace parteciperà da solo alla gestione della società senza l’assistenza del curatore e senza che siano necessarie ulteriori autorizzazioni. .6.2 L’inabilitato e il suo rapporto con la s.n.c: in siffatta ipotesi , a prescindere dalla natura del titolo acquisitivo (oneroso o gratuito) ,occorrerà l’autorizzazione ex art.425(richiamato dall’art.2294). Si discute poi se sia necessaria l’assistenza del curatore: - parte della dottrina ritiene che il curatore debba intervenire per i soli atti di straordinaria amministrazione. - altra dottrina (Santarcangelo, Jannuzzi) ritiene che tutti gli atti d’impresa siano da considerarsi di straordinaria amministrazione per i rischi che comportano, e quindi che sia sempre richiesto il consenso del curatore, salva la nomina di un institore(lo stesso Jannuzzi sottolinea come non possa esser lo stesso curatore). In realtà, l’assistenza del curatore si renderà sempre necessaria per ogni atto pertinente all’impresa non perché essi costituiscono atti di straordinaria amministrazione, ma perché la discriminazione non è fatta tra gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, ma tra gli atti che rientrano nell’oggetto sociale oppure no. Problema: può l’incapace essere amministratore della società? La questione deve essere esaminata separatamente distinguendo le società di capitali da quelle di persone. a) società di persone: la dottrina prevalente dà in tal caso risposta affermativa al quesito, muovendo dalla considerazione che se l’incapace può assumere la qualifica di imprenditore individuale non vi è motivo per escludere 112 che egli possa svolgere la funzione di amministratore, ovviamente debitamente rappresentato o assistito. Ma in tal caso per rivestire tale qualità egli deve essere autorizzato? - la dottrina prevalente(Capozzi) propende per la negativa poiché l’autorizzazione all’acquisto di una quota consente il compimento di tutti gli atti inerenti alla posizione di socio ivi inclusi quelli di amministrazione. - altri autori risultano invece di contrario avviso ponendo l’accento soprattutto sulla responsabilità illimitata e solidale con la società di chi agisce per le obbligazioni sociali ex art.2267. b) società di capitali: la risposta è testualmente negativa trovando applicazione in tal caso l’art.2382 c.c. ove si dice che “non può essere nominato amministratore a pena di decadenza l’interdetto, l’inabilitato....(omissis)”;tale norma, estensibile anche ai minori sotto potestà e tutela, richiede implicitamente la piena capacità di agire. Sarà invece possibile l’amministrazione da parte dell’emancipato autorizzato all’esercizio dell’impresa ex art.397 c.c. Problema: l’art.2294 c.c. si applica anche alla società in accomandita semplice? Per dare risposta alla questione è necessario scindere la posizione delle due categorie di soci: - accomandatari: la risposta è testualmente positiva in forza del richiamo operato dall’art.208 d.att. c.c. - accomandanti: alcuni sostengono la tesi positiva argomentando soprattutto dal fatto che l’accomandante potrebbe essere chiamato a rispondere illimitatamente nei casi di cui all’art.2320 c.c. La dottrina prevalente e preferibile sostiene giustamente la negativa sulla base del fatto che l’art.208 citato estende la detta disciplina esclusivamente all’accomandatario e che gli atti compiuti ex art.2320 non esporrebbero l’incapace ad alcuna responsabilità essendo annullabili in quanto non autorizzati (e non autorizzabili) Problema: cosa succede se l’incapace diventa socio unico di una s.p.a? - la dottrina prevalente (Capozzi) sostiene che non occorra alcuna autorizzazione ex art.2294 c.c., perché è un evento patologico, eccezionale della sua partecipazione alla società(non è un fenomeno fisiologico); d’altra parte l’art.208 d.att. limita testualmente l’autorizzazione alle sole ipotesi di snc e accomandatario di sas. - altri(Mazzacane)richiedono l’autorizzazione art.2294 perché l’incapace verrebbe ad assumere responsabilità illimitata sussistendo le condizioni di cui agli artt.2325 e 2362 cod.civ. Problema: è necessaria l’autorizzazione per l’espressione del voto in assemblea da parte dei soci incapaci? La questione ha trovato soluzioni contrastanti in dottrina e giurisprudenza; si sono formate al riguardo tre tesi: - teoria negatrice: tale tesi muove dalla considerazione che l’originaria autorizzazione relativa alla partecipazione dell’incapace alla società ricomprenda ogni vicenda sociale, ivi compreso l’esercizio del diritto di voto - teoria della natura dell’assemblea: tale tesi sostiene in buona sostanza che l’autorizzazione sia necessaria per la partecipazione all’assemblea straordinaria e non per quella ordinaria - teoria dell’interesse: tale tesi ritiene necessaria l’autorizzazione se ad essere coinvolti nella delibera sono interessi del socio(cd “diritti individuali”), mentre essa non sarà necessaria qualora la delibera riguardi i soli interessi della società. 113 Problema: cosa succede se il socio è un soggetto capace, e solo successivamente viene inabilitato o interdetto? La dottrina prevalente e preferibile ritiene che non occorra in tal caso alcuna autorizzazione per poter proseguire l’impresa, perché il consenso da parte dell’incapace è già stato validamente manifestato quando ancora non versava in tale stato. Problema: se lo strumento societario è troppo rischioso, quali altri mezzi esistono per consentire all’incapace di partecipare alla vita economica e produttiva? - l’associazione in partecipazione ex art.2549 c.c.: l’associato conferisce ,infatti, beni o denaro in cambio di utili senza dover essere imprenditore e conseguentemente responsabile; - la comunione ordinaria a scopo di godimento ex art.2248(es. affitto d’azienda ai terzi). CAPITOLO VENTUNESIMO L’IMPRESA FAMILIARE .1 Definizione: l’impresa familiare può essere definita come quella fattispecie che si verifica quando, non essendo configurabile un diverso rapporto, determinate persone(coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo) partecipano all’attività d’impresa svolta da un soggetto a loro legato da vincoli di parentela od affinità. .2 Natura giuridica: discusso è se l’impresa in esame abbia natura individuale o collettiva; - parte della dottrina ne sostiene la natura collettiva, ritenendola un’associazione ovvero una società di fatto - la dottrina prevalente sostiene trattarsi di impresa individuale sulla base del fatto che è lo stesso legislatore a distinguere nella norma de qua le due posizioni dell’imprenditore e del partecipe (collaboratore) .3 Fonte: alcuni ritengono che l’impresa familiare tragga origine da un contratto ed in particolare da una manifestazione tacita di volontà; la dottrina prevalente e preferibile sostiene al contrario che fonte della figura in esame sia esclusivamente il fatto giuridico della prestazione continuativa del proprio lavoro. .4 Diritti dei partecipanti: - mantenimento: in base alle condizioni della famiglia; trattasi di fattispecie ben distinta da quella degli artt.143/7 c.c., poiché mentre nel primo caso il mantenimento spetta solo ove sia svolta attività nell’impresa di famiglia ed a titolo di controprestazione, nel secondo se ne prescinde totalmente. - utili ed incrementi: in base alla quantità e qualità del lavoro prestato; trattasi di diritto di credito del partecipe nei confronti dell'imprenditore. - gestione: solo quella avente carattere straordinario e con rilevanza esclusivamente interna; le decisioni relative agli atti di ordinaria amministrazione sono prese direttamente ed autonomamente dal titolare, mentre per quelle di straordinaria l’imprenditore dovrà previamente consultare i suoi collaboratori. Il voto dovrà essere computato per capi (una testa un voto) non essendo previamente determinabile la quota spettante a ciascun partecipe; per l’incapace il relativo diritto è esercitato dal rappresentante legale, il quale non dovrà munirsi di alcuna autorizzazione. 114 Il provvedimento giudiziale sarà invece necessario qualora l’incapace chieda la liquidazione della sua quota; si tratterà in particolare di autorizzazione alla riscossione di capitali ex art.320 comma quarto c.c. Ricorda: nessuna autorizzazione si rende necessaria per la semplice partecipazione di un incapace, perché i diritti nascono dal solo fatto di prestare la propria attività. In altri termini, l’incapace non assume la qualifica di imprenditore, per ciò non corre alcun rischio; semplicemente svolge una semplice collaborazione interna che dovrà essere tutelata e retribuita. .5 Cessione della partecipazione: bisogna al riguardo distinguere diverse ipotesi a seconda della persona del cessionario; in particolare: - estraneo: cessione non possibile e radicalmente nulla - familiare non partecipe: - valida se autorizzata dagli altri partecipi - inefficace se manca l’autorizzazione - familiare già partecipe: non possibile, perché la partecipazione si determina in base alla quantità e qualità del lavoro prestato. Ricorda: in tutti i casi in cui non è possibile cedere la partecipazione, si potrà comunque trasferire il diritto di credito alla liquidazione della stessa. CAPITOLO VENTIDUESIMO L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO .1 L’istituto dell’amministrazione di sostegno è stato introdotto dalla Legge 9 gennaio 2004 n.6, la quale con l’art.2 ha modificato alcuni articoli del codice civile ed in particolare quelli del capo primo del titolo XII del libro primo (artt.404-413) nonché alcune disposizioni in materia di interdizione ed inabilitazione(artt.414-429, in particolare l’art.427). Trattasi di una forma di tutela di soggetti incapaci, o in condizioni di disagio anche temporanee, meno penalizzante per l’incapace stesso, e soprattutto più flessibile. Questa disciplina contiene in modo implicito la possibilità di rendere marginale il ricorso all’interdizione e all’inabilitazione, offrendo nuove possibilità ai disabili negate invece dalla disciplina della tutela e della curatela. .2 Lo scopo: finalità della nuova legge è quella di riconoscere tutti gli stati di incapacità e di disagio, apprestando strumenti coi quali sopperirvi, e limitando al minimo possibile la capacità d’agire. La visione di politica legislativa è quindi quella di considerare in modo negativo le restrizioni all’incapacità d’agire, che debbono essere introdotte solo quando siano inevitabili. L’amministrazione di sostegno, applicabile nei riguardi di ogni forma di disabilità, anche gravissima, espunge dal suo ambito l’incapacità assoluta. In altri termini la capacità di agire è la regola e l’incapacità è l’eccezione (art.409); nell’interdizione od inabilitazione, invece, vige il principio contrario e cioè l’incapacità è la regola e la capacità è l’eccezione (art.427 comma secondo). 115 .3 Flessibilità dell’intervento: il provvedimento di nomina viene adottato caso per caso in relazione alle esigenze di volta in volta emergenti in relazione al soggetto beneficiario; siamo di fronte a quelle che vengono chiamate le “tailored measures”, i provvedimenti su misura della persona disabile. Questa è una differenza di sostanza con interdizione e inabilitazione, dove si ragiona sulla base dell’ordinaria e della straordinaria amministrazione come attività globali anziché puntuali, in quanto si consente o meno lo svolgimento dell’una (ordinaria amministrazione) oppure di nessuna delle due. Da quanto sopra esposto consegue: a) che l’incapacità assoluta viene meno, b) che l’incapacità di compiere determinati atti è l’eccezione e la capacità d’agire è la regola. Beninteso, la capacità d’agire può essere ristretta entro limiti minimi, però non può più essere espunta dalla sfera giuridica del soggetto, c) che per prima volta si mira ad evitare situazioni traumatiche, perché si deve tenere conto dello stile di vita anche precedente alla disabilità, evitando una frattura che turbi e mortifichi il soggetto, il quale avrà diritto di conservare per quanto possibile gli oggetti ai quali era affezionato, le frequentazioni precedenti, le ritualità religiose, e così via. Si dispone infatti: a) che il beneficiario conservi la capacità d’agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno; b) che il beneficiario possa in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana; c) che nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore di sostegno tenga conto dei bisogni ed aspirazioni del beneficiario. .4 Rapporti tra interdizione ed amministrazione di sostegno: la creazione da parte del legislatore dell’istituto de quo ha comportato la necessità di individuarne il rapporto con l’istituto dell’interdizione; al riguardo diverse sono state le tesi proposte in relazione al discrimine tra le due figure: - alcuni ritengono che esso vada individuato nel diverso grado di infermità: nel caso essa sia più grave dovrà procedersi ad interdizione, mentre qualora sia meno grave si nominerà un amministratore di sostegno - altri fanno leva sulla complessità del patrimonio del beneficiario: se esso sarà rilevante si procederà ad interdizione, in caso contrario ad amministrazione di sostegno - in realtà deve dirsi che gli istituti de quo COESISTONO, dovendosi solo distinguere in ordine alla presumibile durata dell’impedimento: - impedimento temporaneo: si potrà nominare solo l’amministratore di sostegno - impedimento stabile: il giudice potrà scegliere tra amministratore di sostegno od interdizione/inabilitazione qualora ciò sia necessario per assicurare al beneficiario “adeguata protezione”. In ogni caso, per non far scomparire del tutto interdizione e inabilitazione, importanti modifiche sono state introdotte anche nella rispettiva disciplina, laddove si dispone che nella sentenza che pronuncia l’interdizione o l’inabilitazione, o in successivi provvedimenti, possa disporsi che l’interdetto possa compiere da solo taluni atti d’ordinaria amministrazione e che l’inabilitato possa compiere da solo taluni atti di straordinaria amministrazione. .5 Ambito applicativo: a) menomazioni fisiche: - alcuni ritengono che tale caso non sia ricompreso nell’ambito dell’istituto de quo non potendo il privato rinunciare volontariamente alla propria capacità - preferibile ritenere che anche tali fattispecie consentano la nomina di un amministratore di sostegno; d’altra parte esse sono espressamente contemplate nell’art.404 c.c. 116 b) menomazioni psichiche: bisogna distinguere tra - stabili e permanenti: come detto il giudice può scegliere tra interdizione/inabilitazione od amministratore di sostegno; l’interdizione è stata infatti resa facoltativa. - transitorie: solo amministratore di sostegno Problema: l’età avanzata consente la nomina di un amministratore di sostegno? Pur se dai lavori preparatori sembrerebbe tale fattispecie una di quelle che hanno mosso il legislatore nell’emanazione della presente legge, nel testo definitivo non vi è alcun cenno in ordine all’età avanzata quale presupposto giustificativo di per se stesso della nomina di un amministratore di sostegno. Di conseguenza, il versare del soggetto in età avanzata non giustifica tale nomina, essendo invece necessario che l’età comporti una sua incapacità fisica o psichica. Problema: cosa succede se il beneficiario aveva rilasciato procura a terzi prima della nomina dell’amministratore di sostegno? Bisogna distinguere a seconda che vi sia coincidenza o meno di funzioni e cioè che l’amministratore sia stato nominato per il compimento degli stessi atti: - stessi atti: alcuni applicano analogicamente l’art.1722 c.c. ritenendo pertanto che il mandato/procura cessi perchè il conferente/mandatario diviene incapace; altri optano per la diversa soluzione dell’applicabilità dell’art.1724, costituendo la nomina un’ipotesi di revoca tacita. Tale secondo orientamento sembra essere meritevole di accoglimento, sol che si consideri che la prima tesi parte dell’erroneo convincimento che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno perda la propria capacità. - atti diversi: in tal caso si ritiene che l’amministratore di sostegno possa concorrere con il rappresentante volontario. .6 La capacità del beneficiario: la norma dalla quale partire è quella del primo comma dell’art.409 c.c.:” il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno ”. Quindi, in linea di principio, il beneficiario è soggetto capace, la cui capacità potrà essere limitata in relazione a specifici atti per i quali si stabilisce la rappresentanza o l’assistenza di altra persona; se non che i primi provvedimenti in materia mostrano, come si dirà, una certa inclinazione dei giudici a non indicare effettivamente quali atti richiedano la rappresentanza o l’assistenza, ma ad utilizzare i concetti onnicomprensivi della ordinaria e straordinaria amministrazione venendo di fatto a vanificare su tale punto l’opera del legislatore. Quid iuris quando ciò accade? Se ad esempio il giudice ha stabilito che gli atti di straordinaria amministrazione debbano essere compiuti solo dall’amministratore di sostegno, il beneficiario conserverà la capacità o no? E’ giocoforza in tali casi ritenere che il beneficiario abbia perso in relazione a tali atti la propria capacità, con buona pace della riforma che tale effetto ha cercato in ogni caso di limitare attraverso le predette “tailored measures” Che l’orientamento della nuova legge fosse in questo senso risulta d’altronde anche dal comma quarto dell’art.411 c.c. laddove si prevede che “il giudice tutelare......può disporre che determinati effetti limitazioni o decadenze previsti da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato si estendano anche al beneficiario dell’amministrazione di sostegno....(omissis)”; in altri termini, il legislatore ha voluto, per quanto possibile, evitare al massimo 117 l’applicazione di un criterio rigido e penalizzante qual è quello della ordinaria e straordinaria amministrazione. Qualora il giudice adempia compiutamente il compito affidatogli ed indichi pertanto specifici atti, solo in relazione ad essi il beneficiario perderà la propria capacità. Le conseguenze cui si è giunti consentiranno, come si vedrà, di risolvere questioni dubbie e non disciplinate espressamente dal legislatore. .7 Competenza: - per materia: l’intera procedura è di esclusiva competenza del Giudice Tutelare; è infatti tale organo che provvede a nominare l’amministratore di sostegno entro 60 giorni dalla presentazione ricorso, con decreto immediatamente esecutivo. - per territorio: giudice del luogo di residenza o domicilio dell’interessato; si discute se tali fori siano alternativi o successivi: - alcuni sostengono l’alternatività, non essendoci prevalenza dell’uno o dell’altro - altri ritengono debba prevalere il domicilio, quale foro generale delle persone fisiche ex art.18 c.p.c. - altri infine propendono per la prevalenza del criterio della residenza, essendo centrale nell’istituto in esame la cura della persona complessivamente intesa e non solo del suo patrimonio (preso in considerazione dal solo domicilio). .7.1 Il decreto di nomina (art.405 c.c.): nel provvedimento di nomina dell’amministratore il giudice tutelare deve indicare in particolare: - gli atti che l’amministratore di sostegno può compiere in nome e per conto del beneficiario: trattasi in questo caso di amministratore- rappresentante come il tutore(primo elenco ex comma quinto nn. 3 e 4,) - gli atti per i quali l’amministratore di sostegno deve solo assistere il beneficiario: trattasi in tale ipotesi di amministratore- assistente come il curatore (secondo elenco) - gli atti, anche compresi nei due precedenti elenchi, che necessitano di autorizzazione ex artt. 374-376 (terzo elenco). In genere però (come si evince anche dai primi decreti del Tribunale di Roma e di Parma) il giudice non fa mai un elenco dettagliato degli atti per i quali l’amministratore è rappresentante o assistente del beneficiario, bensì richiama i concetti di ordinaria e straordinaria amministrazione, tanto cari a tutela e curatela(concetti che non sono previsti dal cod.civ per l’istituto de quo),prevedendo la rappresentanza per quelli di straordinaria e l’assistenza per quelli di ordinaria, e nulla disponendo circa le autorizzazioni. Oppure prevedendo che per tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione vi sia la rappresentanza (o l’assistenza) dell’amministratore di sostegno. In tali casi tutti gli atti che rientrano in quelli indicati dagli artt. 374-376 c.c. necessiteranno di autorizzazione giudiziale ex art 411 comma primo. Ricorda: per tutti gli altri atti, non compresi in questi elenchi, il beneficiario ha la piena capacità di agire. .7.2 Formalità successive alla nomina: l’amministratore deve prestare giuramento ai sensi dell’art.349 c.c. richiamato dall’art.411 c.c.; non dovrà invece effettuare l’inventario non essendo l’art.362 c.c. inserito nella predetta disposizione di richiamo(salva diversa volontà del giudice). Il giuramento solitamente avviene nello stesso decreto di nomina od in un’udienza successiva appositamente convocata. .8 Le autorizzazioni: bisogna distinguere a seconda della posizione giuridica assunta dall’amministratore di sostegno, e cioè se egli sia: - rappresentante: in tal caso troveranno applicazione gli artt.374-376 espressamente richiamati dall’art.411 c.c., con la precisazione che in ogni 118 caso l’autorizzazione sarà rilasciata dal giudice tutelare anche per gli atti di cui all’art.375 c.c.(normalmente di competenza del tribunale) - assistente: qui la questione è complicata perché l’art.411 non fa nessun espresso richiamo all’art.394 in materia di soggetti limitatamente capaci di agire (inabilitato od emancipato), sicché ci si è chiesti se sia necessario un provvedimento autorizzatorio qualora l’amministratore e il beneficiario debbano compiere uno degli atti rientranti nella previsione normativa; al riguardo si sono formati due orientamenti: - alcuni ritengono sufficiente la sola assistenza sulla base da un lato del predetto mancato richiamo normativo e dall’altro che l’art.405 n4 cod.civ parla solo di assistenza senza fare alcun cenno ad eventuali autorizzazioni - altri propendono invece per la necessità dell’autorizzazione ove il giudice non abbia diversamente disposto; l’applicazione delle norme sull’inabilitato sarebbe giustificato dalla limitata capacità di agire del beneficiario dell’amministrazione. Pur ritenendo maggiormente condivisibile la teoria per prima esposta, al fine di fugare ogni dubbio in materia è preferibile chiedere nel ricorso che il giudice tutelare si pronunci anche in subiecta materia ai sensi dell’ultimo comma dell’art.411 c.c. .8.1. Competenza: - per materia: esclusiva del giudice tutelare - per territorio: domicilio o residenza dell’interessato od, in via successiva, residenza dell’istante. .9 Lo ius postulandi del notaio: - - per la nomina dell’amministratore: ai sensi dell’art.406 c.c. legittimati a presentare istanza per la nomina dell’amministratore di sostegno sono lo stesso beneficiario (anche se minore, interdetto o inabilitato), il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il 4° grado, gli affini entro il 2°, il tutore, il curatore ed il pubblico ministero. Come risulta dalla predetta elencazione è quindi esclusa in linea generale la legittimazione del notaio. Si ritiene tuttavia che essa sussista nell’ipotesi di nomina con contestuale autorizzazione per il singolo affare ai sensi del comma quarto dell’art.405 cod.civ; tale norma riconosce infatti al Giudice tutelare il potere di nominare un amministratore provvisorio autorizzandolo contestualmente al compimento degli atti indicati nel decreto. In altri termini, al fine di economizzare i tempi, altrimenti troppo lunghi in caso di attesa prima della nomina e poi dell’autorizzazione, e che farebbero sfumare un eventuale affare, si ritiene possibile un ricorso per nomina e contestuale autorizzazione. Pur ritenendo sussistente in tal caso lo ius postulandi del notaio, ragioni di prudenza consigliano di far sottoscrivere il ricorso anche ad uno dei soggetti che, ex art.406 c.c., può richiedere la nomina. per il compimento di atti che devono essere autorizzati: in tal caso è pacifico che il notaio possa presentare il relativo ricorso di volontaria giurisdizione sussistendo tutte le condizioni richieste dall’art.1 della legge notarile (collegamento diretto ed oggettivo tra atto e provvedimento). .10 Misure provvisorie: ai sensi del quarto comma dell’art.405 c.c., il giudice tutelare può anche d’ufficio: a) adottare provvedimenti urgenti, b) nominare un amministratore di sostegno provvisorio. Al riguardo si noti che: - l’incarico può essere a tempo determinato - sono qui previsti provvedimenti provvisori 119 i poteri incidono non solo sull’aspetto patrimoniale ma anche sulla persona del beneficiario. Dall’insieme di questi dati potrebbe in teoria conseguire anche un uso dell’istituto in guisa di direttive avanzate (advance directives) per la parte che riguarda la legittimazione al consenso per il trattamento medico. (come nel caso del Tribunale di Roma 19/3/2004) - .11 La scelta dell’amministratore: la designazione dell’amministratore può essere effettuata anche dallo stesso interessato, in previsione della propria incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, ex art.408 c.c. Il Tribunale di Parma (decreto 536 del 2/4/2004) ha ammesso la designazione dello stesso beneficiario, anziché in precedente atto pubblico, nello stesso ricorso per la nomina dell’amministratore. In mancanza decide il Giudice tutelare preferendo il coniuge, persona stabilmente convivente, genitori, fratelli, parenti entro il quarto grado. Può scegliere anche i legali rappresentanti di fondazioni e associazioni, riconosciute e non, ad esempio di volontariato, ex art.408 ultimo comma; non a caso si stanno diffondendo corsi di formazione per aspiranti al compito volontario e gratuito di amministratore di sostegno. Non possono invece essere nominati amministratori gli operatori di servizi pubblici o privati che hanno in cura il beneficiario, per evitare conflitti di interesse tra chi si prende cura e chi deve vigilare. Problema: se il beneficiario è già “incapace”, in una situazione di disagio, può procedere comunque alla designazione? Sembra preferibile dare al quesito, almeno dal punto di vista notarile, risposta negativa per il rischio di ricevere un negozio di un incapace “naturale”, con conseguenti sanzioni ex art.54 del regolamento notarile. Quindi di fronte ad una richiesta di ricevere un atto pubblico o di autenticazione di una scrittura privata relativi alla designazione di un amministratore di sostegno il notaio dovrà prestare massima attenzione e verificare nel modo più completo possibile che il comparente sia persona capace di intendere e di volere. .12 Pubblicità: (artt.405 comma 7 e 8, e 47 e ss d.att. c.c.) I decreti di apertura e chiusura dell’amministrazione di sostegno, e ogni altro provvedimento del giudice tutelare nel corso dell’amministrazione (ad esempio il decreto modificativo dei poteri dell’amministratore), dovranno essere pubblicizzati mediante: - annotazione in margine all’atto di nascita del beneficiario - annotazione nel registro delle amministrazioni di sostegno (che si affianca al registro delle tutele e a quello delle curatele) presso l’ufficio del giudice tutelare. Trattasi di pubblicità necessaria ai fini di informazione dei terzi, i quali attraverso tali registri potranno sapere: - se il soggetto è pienamente capace o meno - i poteri ed i limiti dell’amministratore di sostegno qualora nominato; se cioè quest’ultimo sia legittimato al compimento dell’atto e se siano necessarie eventuali autorizzazioni. Tale pubblicità è tuttavia vista con sfavore da parte di taluna dottrina (Bianca) che ha sostenuto come essa tradisca lo spirito della legge, in quanto si iscrivono i beneficiari in “una lista degli incapaci”, di fatto sfavorendo gli stessi e il loro diritto alla riservatezza, ed emarginandoli ancor più dalla società. .13 Invalidità degli atti: Dal dettato normativo dell’art.412 c.c. si evince che: 120 - gli atti compiuti dal beneficiario sono annullabili solo se posti in essere in violazione delle norme di legge (es.art.374-376 c.c.) gli atti compiuti dall’amministratore di sostegno sono annullabili se: - posti in essere in violazione di legge - compiuti in eccesso ai poteri conferiti; in tal caso deve rilevarsi come la disposizione deroghi alla disciplina generale sancita nell’art.1398 laddove si ritiene che l’eccesso/difetto di rappresentanza determini soltanto l'inefficacia dell'atto e non la sua invalidità. .14 Modifica della disciplina dell’interdizione ed inabilitazione: Nel quadro di una rivisitazione critica degli istituti a protezione degli incapaci, volta ad una maggior attenzione delle esigenze degli stessi, il legislatore ha provveduto a creare la nuova figura dell’amministratore di sostegno e ad introdurre rilevanti modificazioni agli istituti dell’interdizione ed dell’inabilitazione. Tali innovazioni, da un lato, costituiscono un tentativo di rendere meno penalizzante la tutela o la curatela per l’incapace evitando un suo totale isolamento dalla vita quotidiana, e dall’altro cercano di rendere ancora attraenti questi due istituti altrimenti destinati a scomparire con quello più moderno dell’amministratore di sostegno. Dette modifiche consistono sinteticamente in: - facoltatività della relativa pronuncia: mentre in passato l’infermità di mente comportava la necessaria pronuncia d’interdizione od inabilitazione, la nuova formula degli articoli 414 e 415 cod.civ. prevede in tali casi la semplice facoltà del giudice di addivenire ad un siffatto provvedimento e solo qualora ciò sia necessario per assicurare al soggetto un’adeguata protezione. - attribuzione all’incapace di determinate facoltà (art.427 c.c): il giudice può infatti prevedere nella sentenza di interdizione che taluni atti di ordinaria amministrazione possano compiuti da solo dall’interdetto; così come nella sentenza di inabilitazione può stabilirsi che taluni atti di straordinaria amministrazione siano posti in essere da solo dall’inabilitato. .15 Ipotesi controverse: .15.1 Il conflitto di interessi: diversamente da quanto accade in materia di tutela, potestà, inabilitazione ed emancipazione ove è dettata un’espressa disciplina del conflitto d’interessi tra il legale rappresentante od assistente e la persona tutelata od assistita (artt.320, 360, 394 c.c.), nell’ambito dell’amministrazione di sostegno nessuna norma sembra prendere in considerazione l’ipotesi de qua; ciò ha portato alcuni a ritenere che in subiecta materia la rilevanza di tale conflitto debba essere esclusa a priori. In realtà sembra preferibile optare per la diversa soluzione della ammissibilità anche qui del conflitto di interessi; ciò in quanto la sua previsione può rilevarsi nel disposto del secondo comma dell’art.410 c.c. ove è previsto il “contrasto nell’interesse... ” e la conseguente adozione da parte del giudice tutelare di “opportuni provvedimenti” tra i quali rientra sicuramente la nomina di un curatore speciale. L’atto eventualmente compiuto dall’amministratore di sostegno in conflitto di interessi sarà annullabile ai sensi dell’art.422 c.c. a prescindere dalla sua riconoscibilità da parte del terzo. .15.2 L’accettazione dell’eredità: anche in tal caso nulla è espressamente detto dalla nuova normativa, sicché ci si è domandati se l’accettazione debba essere effettuata con beneficio d’inventario e con l’autorizzazione giudiziale. Quanto al modo di accettazione, due sono le tesi proposte: 121 alcuni ritengono non sussistere alcuna limitazione stante il mancato richiamo degli artt.471 e 472 c.c., sicché il beneficiario potrà accettare nel modo che riterrà più opportuno - altri sostengono invece che l’accettazione debba avvenire sempre e comunque con il beneficio d’inventario, essendo il beneficiario soggetto non totalmente capace di agire. Ad avviso di chi scrive pare preferibile distinguere a seconda del contenuto del decreto di nomina da parte del giudice tutelare e cioè: - se questi ha dettato regole puntuali e specifiche (tailored measures), il beneficiario conserva la piena capacità per gli atti non indicati, sicché potrà accettare nel modo che riterrà più opportuno, salvo che il giudice abbia testualmente previsto la necessità di un’accettazione beneficiata. - se al contrario il giudice si sia avvalso dei criteri dell’ordinaria/straordinaria amministrazione formulando quindi un provvedimento generico, la posizione del beneficiario sarà, come sopra detto, assimilabile a quella dell’interdetto o dell’inabilitato con conseguente applicazione analogica degli artt.471 e 472 e relativa accettazione beneficiata. Quanto all’autorizzazione giudiziale: - alcuni ritengono che l’accettazione, a prescindere dal modo, debba essere sempre autorizzata, in virtù del richiamo operato dallart.411 all’art.374 c.c. - altri invece sostengono la non necessità del provvedimento giudiziale, salvo che il giudice tutelare: - l’abbia espressamente prevista nel decreto di nomina si sia avvalso dei criteri dell’ordinaria/straordinaria amministrazione (vedi sopra) - .15.3 Il testamento: la norma da prendere in considerazione è l’art.591 il quale prevede espressamente che siano incapaci di testare: - i minori d’età - gli interdetti per infermità di mente - gli incapaci naturali La dottrina prevalente considera tassativa la suddetta elencazione, sicché la capacità di testare è la regola e l’incapacità l’eccezione; ne consegue che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno, non essendo contemplato in detto elenco, potrà testare, salva in ogni caso la possibilità: - per il giudice tutelare di estendere detta norma anche al beneficiario ex art.411 c.c. - per gli interessati di impugnare il testamento per incapacità naturale (art.591 n.3) .15.4 La donazione: la regola base sancita in materia è quella prevista dall’art.774 c.c.: “non possono fare donazioni coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei propri beni”. Dalla considerazione sopra svolta che il beneficiario è soggetto pienamente capace, salvo che per gli atti espressamente indicati nel decreto del giudice tutelare, ne consegue come principio generale che detto soggetto può fare donazioni; eccezioni a detto principio sono: - che il giudice abbia esteso l’incapacità di donare anche al beneficiario ex art.411 c.c. - che il giudice abbia dettato un provvedimento generico del tipo ordinaria/straordinaria amministrazione. Un problema che potrebbe nascere è quello del caso in cui il giudice abbia previsto il divieto di alienazione di determinati beni senza la rappresentanza o l’assistenza necessaria dell’amministratore; in tali casi bisogna distinguere: per quei beni: sussiste divieto di donare; essendo preclusa l’alienazione onerosa, a maggior ragione deve ritenersi infatti vietata quella priva di corrispettivo 122 - per gli altri beni: il beneficiario potrà donare, avendo piena capacità in relazione ad essi. .15.5 Negozi di diritto familiare: è il caso ad esempio del riconoscimento del figlio naturale o del matrimonio. Si ritiene che il beneficiario possa compierli senza alcuna limitazione, salvo che il giudice tutelare abbia nel decreto di nomina esteso allo stesso le relative incapacità ai sensi dell’art.411 c.c. .15.6 Esercizio d’impresa: anche in tal caso la nuova legge nulla dispone. Si ritiene che il beneficiario possa sia continuare che intraprendere ex novo un’impresa commerciale, non essendo le norme degli artt.371 e 397 espressamente richiamate. Eccezione al detto principio sono le solite e cioè: - che il giudice abbia disposto l’estensione delle predette disposizioni ai sensi del più volte citato art.411 c.c. - che il giudice abbia dettato un provvedimento generico del tipo ordinaria/straordinaria amministrazione, rientrando l’esercizio d’impresa sicuramente nell’ambito della seconda. .16 Rassegna giurisprudenziale: .16.1 Tribunale di Roma 19 marzo 2004 (giorno di entrata in vigore della legge 6/04): - fattispecie: donna anziana con cancrena alle gambe che preferiva morire anziché amputarle. - provvedimenti adottati: - con un primo decreto il giudice tutelare ha nominato l’amministratore di sostegno (la nipote dell’anziana paziente) avendo ritenuto a seguito di accertamenti medici che la paziente non era più in grado di provvedere a se stessa e quindi di essere in condizione di esprimere validamente la propria volontà circa l’operazione; con un secondo provvedimento il giudice ha autorizzato l’amministratore a prestare consenso per tutte le operazioni chirurgiche che si sarebbero rese necessarie .16.2 Tribunale di Parma 2 aprile 2004 - fattispecie: mamma vedova e con problemi di salute e unico figlio psicolabile - provvedimenti adottati: in tal caso il giudice tutelare ha nominato un amministratore di sostegno designato dai due soggetti, comune per entrambi, disponendo: - la rappresentanza non esclusiva ma concorrente dell’amministratore di sostegno e dei due beneficiari (ossia l’amministratore è rappresentante per tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione che può compiere da solo (previa autorizzazione ex 374-6 se necessaria), ma anche i beneficiari conservano il potere di compiere da soli tali atti; - limiti di spese mensili di .. per gli atti dell’amministratore di sostegno - l’obbligo di riferire davanti al giudice ogni 6 mesi dell’attività svolta Questo provvedimento è estremamente significativo essendo stato l’amministratore nominato con riferimento ad un evento futuro sostanziantesi in una semplice menomazione fisica, come tale non eliminativa della capacità di intendere o di volere del beneficiario; la madre, infatti, totalmente capace di intendere e di volere, doveva solo sottoporsi ad un importante intervento chirurgico per una menomazione fisica e non psichica. In questo senso l'istituto parrebbe esser stato utilizzato in maniera alternativa rispetto al conferimento di poteri rappresentativi volontari come la procura (notaio Minassi). 123 .16.3 Tribunale di Modena 15 settembre 2004 - fattispecie: persona affetta da disturbo delirante cronico nonché da una grave forma di diabete che si rifiutava di prestare il necessario consenso al trattamento terapeutico. Presenza di un cospicuo e mal gestito patrimonio del soggetto. - provvedimenti adottati: il Giudice Tutelare ha in un primo provvedimento provveduto a nominare un amministratore di sostegno e successivamente, con il decreto in esame: - ha autorizzato il nominato amministratore ad esprimere il consenso al trattamento medico - si è riservato di demandare all’amministratore il compito di provvedere all’amministrazione del patrimonio del beneficiario. Il provvedimento è interessante perché il Giudice ha limitato le funzioni dell’amministratore esclusivamente alla cura della persona del beneficiario e non del suo patrimonio, facendo però riserva di mutare tale suo intendimento nel senso di estendere i poteri dello stesso anche al patrimonio, per gli atti che dovessero apparire necessari. .16.4 Tribunale di Catania 26 ottobre 2004 - fattispecie: donna anziana incapace di parlare, leggere o firmare, ma che comprende perfettamente quanto le accade intorno e partecipa pienamente ad ogni profilo della conversazione con i terzi. - provvedimenti adottati: il Giudice ha rigettato l’istanza di nomina dell’amministratore di sostegno e trasmesso gli atti al pubblico ministero, valutando la sussistenza in tale ipotesi dei presupposti dell’interdizione. Il provvedimento de quo si segnala perché prende in considerazione i criteri discretivi tra gli istituti dell’interdizione/inabilitazione e la figura in esame; in particolare evidenzia che: - interdizione: in caso di persona totalmente incapace di provvedere alla cura dei propri interessi - inabilitazione: per il caso di persona incapace di provvedere da sola alla cura dei propri interessi ma capace di farlo con l’assistenza di altri - amministratore di sostegno: per l’ipotesi di soggetto tendenzialmente capace di compiere da sola le scelte relative alla cura dei propri interessi, ma bisognosa di un’assistenza o supporto esclusivamente materiale. .16.5 Tribunale di Roma 7 gennaio 2005 - fattispecie: donna affetta da demenza senile ed unica amministratrice di società in nome collettivo - provvedimenti adottati: nomina di amministratore di sostegno provvisorio con contestuale autorizzazione alla stipula di atto notarile volto alla sostituzione dell’amministratore della società. .16.6 Tribunale di Modena 24 febbraio 2005 - fattispecie: persona anziana di 86 anni non affetta da alcuna patologia mentale, ma che presenta un indebolimento delle facoltà intellettive ed in particolare della memoria; indebolimento che le impedisce di ricordare le scadenze ed i pagamenti in genere. - provvedimenti adottati: nomina di amministratore di sostegno “assistente” e con funzioni limitate a determinate categorie di atti. Il provvedimento si segnala perché prende in considerazione una fattispecie assai controversa nei lavori parlamentari della legge e cioè se l’età avanzata sia da sola presupposto sufficiente per la nomina di un amministratore di sostegno; il Giudice conclude negativamente evidenziando la necessità a tal fine della sussistenza di ulteriori elementi che si accompagnino alla tarda età. 124 In altri termini non sussiste biunivocità tra amministrazione di sostegno ed età avanzata, ben potendo sussistere i presupposti dell’istituto in relazione a persona di giovane età e non in riferimento ad un anziano. 125