catechismo per tutti i sacri segni: la mano ull’ultimo numero di ROSARIUM è apparso un utile articolo riguardante il “segno della Croce”, per farne conoscere tutta la profondità e l’importanza. Su questo argomento e su altri consimili esiste da tempo (1927) un famoso libretto di Romano Guardini, Edizioni Morcelliana, intitolato “Lo spirito della liturgia. I santi segni”. Romano Guardini, nato in Italia ma sempre vissuto in Germania, fu una personalità di grande spicco ed un insigne professore nelle facoltà universitarie tedesche (prima a Berlino poi a Monaco) oltre che un grande animatore del mondo giovanile. Morì nel 1968, dopo aver dato un notevole contributo alle discussioni conciliari, soprattutto nel campo della Liturgia. Joseph Ratzinger lo conobbe bene e fu anche suo allievo. Egli soleva dire: il guaio dei teologi tedeschi del postconcilio è stato quello di non aver seguito le orme di Romano Guardini. “Lo spirito della liturgia. I santi segni” è un piccolo ma prezioso libretto che prende in esame i principali segni e gesti liturgici. È un’opera che ha sempre avuto una grande diffusione ed ha contribuito molto ad insegnare il vero atteggiamento per una più profonda vita liturgica. Esso comincia esaminando il segno della Croce, ma noi sorvoliamo su questo argomento perché, come si è detto, se ne è già parlato nel numero precedente. Vediamo adesso di esaminare altri di questi segni e gesti e oggetti liturgici. Il testo base sarà quello di Romano Guardini, ma qua e là vi sarà anche qualche inserzione per chiarire il dettato guardiniano, che sia per natura sua, sia per la traduzione dal tedesco, non è sempre facilissimo capire. La mano Dice il nostro autore: “L’intero corpo è strumento ed espressione dell’anima (...). Essa parla da ogni lineamento, da ogni forma e moto del corpo. Però dell’anima sono strumento e specchio specialmente il viso e la mano”. “Ma osserva una persona – o anche te stesso – e nota come ogni moto dell’animo – gioia, stupore, attesa – si manifestino contemporaneamente anche nella mano. Un suo repentino alzarsi, oppure una sua lieve mossa non dice spesso più che la stessa parola? La parola espressa 11 catechismo per tutti. I sacri segni: la mano S catechismo per tutti. I sacri segni: la mano non appare talvolta grossolana accanto al linguaggio delicato e significativo della mano? Essa è, dopo il viso, la parte più spirituale del corpo, se così si può dire”. Segue una fine descrizione delle sue caratteristiche: “È salda e vigorosa quale strumento di lavoro, quale arma di offesa e difesa, ma pur tuttavia è anche una cosa finemente costruita, ben articolata, mobile, percorsa da nervi delicatamente sensibili. Quindi veramente uno strumento per cui l’uomo può rivelare la propria anima,ed insieme accogliere l’anima altrui. Anche questo egli fa con la mano. Non è accogliere l’anima altrui lo stringere le mani che uno ti tende? Con tutto quanto esse esprimono di fiducia, di gioia, di approvazione, di dolore?”. Considerata in questo modo, la mano può essere vista come uno strumento di linguaggio. Per cui Guardini prosegue: “Così non può non avvenire che la mano abbia il suo linguaggio anche là dove l’anima parla e riceve in modo tutto particolare, vale a dire dinanzi a Dio. Dove l’anima vuol dare se stessa e ricevere Dio: vale a dire nella preghiera”. Ecco alcuni esempi di questo muto parlare con Dio: “Quando uno si raccoglie tutto in se stesso ed è nella sua anima solo con Dio, allora una mano si stringe saldamente con l’altra, un dito si incrocia con l’altro dito. Come se il flusso interiore che vorrebbe dilagare dovesse venir condotto da una mano nell’altra e riportato nell’interno, affinché tutto rimanga dentro, come per custodire il Dio nascosto. E così parla: Dio è mio, e io sono suo, e noi siamo soli, l’uno con l’altro nell’intimità. Ma se uno sta dinanzi a Dio in atteggiamento interiormente umile e riverente, allora la mano aperta aderisce pianamente all’altra, palmo e palmo. Il che parla di severa disciplina, di contenuta riverenza”. Dopo aver considerato altri atteggiamenti l’Autore prosegue: “Infine può capitare che uno si raccolga in se stesso con tutto quanto egli è e possiede, per offrirsi in pura dedizione a Dio, conscio di accedere a un sacrificio. E allora stringe mani e braccia sul petto, nel segno della Croce. Bello e grande è il linguaggio della mano. Di essa la Chiesa dice che ci è data affinché vi portiamo l’anima”. Alla fine c’è un velato avvertimento: “Prendi sul serio la mano, questo santo linguaggio... la mano può anche parlare di pigrizia, di cuore, di dissipazione, e di altre cose poco belle (...). Fa sì che essa esprima sempre davanti a Dio, in schietta veracità, ciò che l’anima intende”. P. Roberto Coggi o.p. 12