VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:15 Pagina 1 VITAOSPEDALIERA Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana GIUGNO 2015 POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA ANNO LXX - N° 06 29 GIUGNO: FESTA DI SAN PIETRO APOSTOLO VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:15 Pagina 2 VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:15 Pagina 3 EDITORIALE S O M M A R I O RUBRICHE 4 Ospitare Dio, Ospitare l’uomo Cap. 1 - b) L’ospitalità nel mondo greco e latino Cap. 1 - c) L’ospitalità nella Bibbia 5 Papa Francesco sale in cattedra 6 Il medico di fronte alla sofferenza: una riflessione bioetica 7 Le malattie cistiche del rene 8 Bronchiolite: prevenire e assistere il neonato/bambino 9 Le ulcere agli arti inferiori e le medicazioni avanzate 10 Una diversa natura e immagine dell’uomo di cui non esistono precedenti nella storia Cap. LV – Il “libretto d’istruzioni” per l’uomo; dall’evoluzione all’‹eugenetica› della specie. 11 Schegge Giandidiane N. 51b Quando S. Benedetto Menni tentò di fondare a Manila 15 Leader: identità e ruolo 16-17 18 Il Pascal incontra il Fatebenefratelli Famiglia e nuovo umanesimo LE PORTE DELLA MISERICORDIA DALLE NOSTRE CASE 19 Istituto san Giovanni di Dio - Genzano Un camper a servizio degli immigrati bisognosi del territorio 20-21 Ospedale Buon Consiglio - Napoli I Fatebenefratelli e la Madonna dell’Ospedale Buon Consiglio a Napoli 22-23 Newsletter - Filippine VITA OSPEDALIERA Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana ANNO LXX Sped.abb.postale Gr. III-70%- Reg.Trib. Roma: n. 537/2000 del 13/12/2000 Via Cassia 600 - 00189 Roma Tel. 0633553570 - 0633554417 Fax 0633269794 - 0633253502 e-mail: [email protected] [email protected] Direttore responsabile: fra Angelico Bellino o.h. Redazione: Franco Piredda Collaboratori: fra Elia Tripaldi, sac. o.h., fra Giuseppe Magliozzi o.h., fra Massimo Scribano o.h., Mariangela Roccu, Raffaele Sinno, Carlo Alberto Acernese, Alfredo Salzano, Cettina Sorrenti, Simone Bocchetta, Fabio Liguori, Raffaele Villanacci, Bruno Villari, Antonio Piscopo, Franco Luigi Spampinato Archivio fotografico: Fabio Fatello Orsini Segreteria di redazione: Marina Stizza, Katia Di Camillo Amministrazione: Cinzia Santinelli Grafica e impaginazione: Duemme grafica srl Stampa: Fotolito Moggio Strada Galli s.n.c. - 00010 Villa Adriana - Tivoli (RM) Abbonamenti: Ordinario 15,00 Euro Sostenitore 26,00 Euro IBAN: IT 58 S 01005 03340 000000072909 Finito di stampare: giugno 2015 In copertina: L'investitura di san Pietro Apostolo (dipinto dell'architetto Fernando Michelini per l'Ospedale "san Pietro" in Roma) Roma la festa di san Pietro Apostolo viene celebrata con particolare solennità nel nostro Ospedale san Pietro perché è la festa titolare non solo della Casa, ma anche della Provincia Romana dei Fatebenefratelli che, tra l’altro, giusto in giugno celebra anche il 75° della propria equiparazione canonica a tutte le altre Province dell’Ordine: pur essendo la più antica di tutte, fino al 1940 era infatti un Ente piuttosto simbolico che reale, nel senso che in pratica era direttamente il Superiore Generale a gestirla e per questo le Costituzioni prevedevano che il Definitorio della Provincia Romana avesse solo due Consiglieri invece degli usuali quattro, come invece li ha ora, dopo ottenuta l’equiparazione. A Più che però su queste quisquiglie storiche, credo che quest’anno meriti focalizzare la nostra attenzione sulla personalità dell’Apostolo san Pietro. Quando pensiamo a lui, la prima cosa che ci viene in mente è il primato conferitogli da Gesù, tanto è vero che quando fu chiesto al compianto arch. Fernando Michelini di dipingere un quadro di san Pietro per il nostro Ospedale che ne porta il nome, egli senza esitazione dipinse quello che qui riproduciamo e che ci mostra Gesù che consegna all’Apostolo le chiavi del Cielo e della Terra. Ma abbiamo mai riflettuto sulle vicende che precedettero quella nomina a primo Papa? Nel Getsemani Gesù alle spavalde affermazioni di fedeltà di Pietro rispose preannunciandogli il triplice rinnegamento, che avvenne davvero, ma Gesù non smise d’amarlo e continuò a volerlo come guida del suo gregge, mirando con misericordia alla viltà di quella notte e chiedendogli, come unica condizione per la sua responsabilità di supremo pastore, di lasciarsi pervadere totalmente dall’Amore di Cristo, ricambiandolo con tutte le forze, fino a divenirne tramite tra i fedeli. Per questo l’unica misericordiosa reazione al triplice rinnegamento fu il dire per tre volte a Pietro: “Mi ami tu? E allora pasci i miei agnelli!” Pietro non è dunque solo il primo Papa, ma è anche il primo paradigma di quel rapporto di misericordia divina e di risposta nostra infuocata d’amore, che dovrebbe caratterizzare l’itinerario interiore di ogni cristiano e contagiare ogni persona in cui egli si imbatte. Questo è il messaggio che Papa Francesco desidera trasmetterci con l’indizione di un Giubileo straordinario della Misericordia, sicché il riflettere sull’avventura umana di Pietro può aiutarci a varcare in modo fruttuoso qualcuna delle tante Porte Sante che si apriranno in Cattedrali e Santuari di tutto il mondo a partire dall’8 dicembre. VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:15 Pagina 4 CHIESA E SALUTE OSPITARE DIO, OSPITARE L’UOMO Cap. 1 - b) L’ospitalità nel mondo greco e latino - Cap. 1 - c) L’ospitalità nella Bibbia narrazione capace di generare cristiani ancora oggi”24. La Bibbia, dunque, il libro più diffuso nel mondo, da sempre, affonda le sue radici nei grandi archetipi della tradizione dei popoli antichi. Fra Elia Tripaldi o.h. 3) La coppia ospitale: Filemone e Bauci questo punto gli dèi invitano Filemone e Bauci a lasciare la loro casa e li accompagnano in cima a un monte da dove, stupiti, vedono al posto della loro città, un’immensa palude, tranne la loro povera dimora trasformata in un tempio con il tetto dai riflessi d’oro. A “O buon vecchio e tu, donna degna del tuo buon marito, esprimete un desiderio”. Consultatosi un po’ con Bauci, Filemone partecipa agli dèi la loro scelta: “Chiediamo d’essere sacerdoti e di custodire il vostro tempio; e poiché in dolce armonia abbiamo trascorso i nostri anni, vorremmo andarcene nello stesso istante, ch’io mai non veda la tomba di mia moglie e mai lei debba seppellirmi”… “Addio, amore mio” dissero insieme e insieme la corteccia come un velo suggellò la loro bocca. Ancor oggi gli abitanti della Frigia mostrano l’uno accanto all’altro quei tronchi nati dai loro corpi… Divino sia chi fu caro agli dèi e abbia onore chi li onorò”. Terminato il racconto, il narratore aggiunge che queste cose le furono raccontate da persone degne di fede ed egli stesso ha visto le corone votive appese agli alberi. E mentre egli stesso ne appendeva altre fresche, disse: “Divino sia chi fu caro agli dèi e abbia onore chi li onorò”. Ovidio termina questo edificante e tenero racconto lasciandoci anche la morale: gli uomini pii sono cari agli dèi e chi li onora vengono da essi onorati e ricompensati. La ricompensa per l’ospitalità offerta, è palese sia nei racconti mitologici che nella storia dell’umanità che ha volu- 4 Nell’Antico Testamento to fare un parallelo anche tra l’episodio della visita di Dio ad Abramo o dell’angelo a Lot e la venuta di Cristo sulla terra, per premiare i buoni (“A quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”), e punire i cattivi (“Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”). c) Ospitalità nella Bibbia Analogamente a quanto è presente nel codice dell’Alleanza circa le leggi civili, penali, cultuali e norme morali da osservare, troviamo nella Bibbia una specie di codice dell’ospitalità in cui il popolo di Dio diventava capace di ospitare una presenza di Dio nell’uomo. Enzo Bianchi scrive che la stessa Bibbia può considerarsi un luogo di accoglienza perché ospita l’altro nella sua composizione. Essa infatti “è caratterizzata da molteplici aspetti di “ospitalità”, a cominciare dall’accoglienza della diversità in unico testo: la Bibbia – tà biblía, i libri – è infatti una piccola biblioteca che raccoglie 73 libretti, di autori ancor più numerosi; sono libri scritti in tre lingue, ebraico, aramaico e greco; redatti nell’arco di tempo di circa un millennio e nell’ambito di un’area che va da Babilonia (l’attuale Iraq) a Roma; libri diversi come genere letterario, perché alcuni sono storici, altri poetici, altri sapienziali, altri giuridici. “Sì, la Bibbia – continua l’autore - è un libro plurale, frutto dell’accoglienza da parte di un popolo di Scritture che risentono di apporti culturali diversi: la sapienza dell’Egitto, di Babilonia, dell’Assiria, delle genti di Canaan e del deserto, dell’ellenismo. L’identità della Bibbia è data da una pluralità, una molteplicità, una diversità, e da questo si dovrebbe dedurre l’impossibilità di letture fondamentalistiche e uniche. Basti pensare ai vangeli: c’è un solo Vangelo, ma quattro sono i ritratti di Gesù e – va confessato – così diversi, a volte in contraddizione tra di loro; eppure sono capaci di consegnarci, nel loro insieme, un Gesù che ha fatto per noi l’esegesi di Dio, una “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gn 1,1) All’inizio della grande storia del mondo, alcuni elementi del testo della Genesi sulla creazione si richiamano alle concezioni che erano diffuse nell’ambiente culturale circostante a Israele, e quindi ai miti dei popoli orientali sulla creazione. Questi elementi nella Bibbia perdono ogni aspetto politeistico, anche perché Israele vuole sempre salvare la trascendenza e l’unicità di Dio: cosa impensabile per i popoli antichi. Gli elementi mitologici non sono favole; è un modo simbolico con cui gli antichi cercavano di rappresentare le grandi verità. La verità che il narratore biblico vuole insegnarci è questa: il mondo dipende da Dio e nel suo piano originario esso è organico, ordinato, bello e perfetto. La narrazione dell’Antico Testamento, in particolare il libro della Genesi 1-11, usa il linguaggio mitico dei miti mesopotamici di Gilgameh, dell’Enuma elish e del poema Erra25, conosciuti dagli autori biblici perché vissuti nella medesima terra e nello stesso contesto culturale. Nel racconto biblico, però, vi è un’evoluzione del linguaggio mitico e “l’inizio in cui è proiettato non è più pensato come tempo mitologico animato da dèi ed eroi, bensì come tempo che è parte dell’umano”26 e inizio del racconto della storia della salvezza. Dal mythos al logos, dalla fantasia alla realtà, ossia dal racconto fantastico alla Parola creatrice del Dio d’Israele. _________________ 24 Monastero di Bose, Bibbia: il codice dell’ospitalità, in “Avvenire”, 23 maggio, 2010 25 Il Poema di Erra è una composizione babilonese dell’VIII sec. a. C. attribuito allo scriba Kabiti-ilani-Marduk. 26 BORGONOVO G. (a cura di), Genesi, in La Bibbia, “Introduzione”, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1995 p.60 continua VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:15 Pagina 5 PAPA FRANCESCO SALE IN CATTEDRA Il Sannita hi da studente non si è cimentato con il Cantico delle Creature di san Francesco di Assisi? Ce lo facevano studiare ed era spiegato, a noi scolari di un tempo, come un esempio di componimento in lingua vulgare e un osanna al Signore per averci dato tutto quello che aveva creato al fine di farci vivere in un pianeta ricco di risorse nel quale attingere quello che serve, senza sperperare, per conservare l’ambiente per le future generazioni. Ma è andata così? E san Francesco si immaginava che un Papa avrebbe utilizzato il suo scritto per emanare una enciclica? Se l’uomo, in senso lato (ma dovremmo forse dire i potenti della terra), ha deviato da tale mandato trasformando, violentando, sfruttando, devastando la natura, bene ha fatto il Papa a scrivere l’enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune (il pianeta terra.) Questo documento, che ha fatto e farà tanto rumore scuotendo le coscienze di tutti (colpevoli e innocenti), è stato presentato alle 12 del 18 giugno in Vaticano in “forma condivisa”: da un cardinale, Peter Turkson, da un rappresentante del patriarcato ortodosso di Costantinopoli, Giovanni Zizioulas, e da uno scienziato estremamente autorevole sui temi trattati, John Schellenhuber. Dall’inizio del suo pontificato Francesco ha sempre messo in atto il criterio della condivisione e il camminare insieme e da uomo saggio e di grande cultura ha scelto di esprimersi in simbiosi con altre religioni, nel rigore scientifico su temi così scottanti, su questioni che toccano equilibri politici e interessi economici importanti e decisi, nella gran parte dei casi, dai potenti della terra che praticano “questa economia che uccide”. Nell’enciclica la sua denuncia va nella stessa direzione e nel farlo non poteva prescindere dalla condivisione di obiettivi comuni che è un impegno che deve riguardare tutti. È un richiamo e una responsabilizzazione che C è e deve essere più forte di ogni barriera, avulso da qualsiasi dogma, attinente all’uomo in quanto tale, che deve guardare in maniera oculata ai suoi bisogni, inneggiare alla natura messa a disposizione di tutti, utilizzare le risorse nel rispetto di una condivisione equa del loro sfruttamento (nemmeno un granello in più di quanto serve e in meno del necessario). È quindi un appello accorato agli uomini perché non disperdano il patrimonio che è stato loro affidato, perché ne abbiano cura e lo preservino per tutte le popolazioni e per le generazioni future. Il Papa indica anche le possibili soluzioni. Bisogna cambiare strategia, cambiare modello di sviluppo, per i “poveri”, e “per uno sviluppo sostenibile e integrale” e nel mentre prende parte attiva nella protezione dei più deboli sferza e biasima il fatto che i popoli hanno “pagato il prezzo del salvataggio delle banche”.Il mercato - dice ancora Papa Francesco - “crea un meccanismo consumistico compulsivo per piazzare i suoi prodotti”. Il messaggio è chiaro: serve un cambiamento di “stile di vita” anche perché se tutti gli uomini sono uguali al cospetto di Dio il degrado ambientale colpisce soprattutto gli “esclusi” che sono gli indigenti, quelli che non hanno accesso alle risorse. Pertanto l’approccio è anche politico. Certo è politica ecologica che non può che essere anche sociale. L’esaurimento di alcune risorse crea uno scenario favorevole agli esodi biblici degli affamati, diseredati, perseguitati (basta vedere quello che succede con i migranti che a centinaia di migliaia fuggono da morte sicura per approdare nella ricca Europa accettando soluzioni terribili nei barconi della speranza con tutto quello che ci sta dietro: morte, sfruttamento, violenze, stupri, schiavitù). La fame e i cambiamenti climatici indot- ti dallo sfruttamento intensivo delle risorse vanno a braccetto. In alcune aree geografiche non c’è l’una se non c’è l’altra. E la guerra, spesso, incide in tali aree. Assistiamo a un paradigma ove un venti per cento della popolazione mondiale consuma risorse in misura tale da rubare alle nazioni povere e alle future generazioni ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere. Lo scrive il Papa nella enciclica, citando un documento dei vescovi della Nuova Zelanda. Le risposte non si sono fatte attendere. Il presidente Barack Obama, in una nota diffusa dalla Casa Bianca, scrive: “Dò il benvenuto all’enciclica di sua santità Papa Francesco e ammiro profondamente la decisione del Papa di sollevare il caso - con chiarezza e potenza e con l’autorità morale della sua posizione - per un’azione globale sui cambiamenti climatici”. L’enciclica «Laudato si’» di Papa Francesco, 246 paragrafi divisi in sei capitoli, aggiunge un nuovo contributo alla dottrina sociale della Chiesa mettendo l’umanità di fronte alle sue responsabilità e invitando a riflettere sulla «inequità planetaria». È uno dei più forti documenti e testamenti del bene sociale che si sia mai potuto leggere. Lo dobbiamo condividere e attuarlo. È la sola strada di salvezza esistente: adottare un stile comportamentale perseguendo una spiritualità ecologica. 5 VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:15 Pagina 6 BIOETICA IL MEDICO DI FRONTE ALLA SOFFERENZA: UNA RIFLESSIONE BIOETICA Raffaele Sinno Se un membro della comunità soffre tutti gli altri soffrono con lui (Paolo di Tarso, 1 Cor 12,16). l compito del medico è stato, e continuerà a essere, quello di curare, alleviare, combattere il dolore e motivare le sofferenze che inevitabilmente incontra nel suo percorso umano e professionale. Le profonde trasformazioni dell’arte medica dei nostri tempi, a motivo di una tecnoscienza sempre più invasiva dell’agire e del destino umano, hanno determinato un approccio nei confronti della sofferenza più consapevole, in un sistema globale di evidenti difficoltà relazionali. Nonostante il passaggio da un modello paternalistico, a quello definito dell’autonomia, il comportamento professionale medico ha dimostrato la perenne vocazione di rispondere al mistero della sofferenza umana, non solo con mezzi sempre più validi e personalizzati, nel frattempo, recuperando e rinnovando la presenza etica di questa professione nello scenario dei rapporti sociali, comunitari, civili. nibile per l’assistenza dei pazienti. È l’uomo della compassione, che prova sofferenza per quelle altrui e vi pone a servizio tutte le competenze per la guarigione o almeno per alleviare il dolore. È un uomo che merita rispetto, perché è il modello nella sua persona di ciò che il sacro veramente é1». Nelle difficoltà, e spesso nelle sconfitte, si riesce a comunicare quell’identità di vicinanza umana che è connaturata alla scelta professionale medica. In un tempo storico, in cui la sofferenza è marginalizzata, annullata, annichilita, fa notizia che un medico pianga di fronte a una sconfitta professionale, quasi che si fosse smarrita la sua missione prioritaria. A tal proposito è opportuno riflettere sul seguente pensiero del bioeticista G. Russo che scrive a tal proposito: «Il medico è l’uomo di tutti, pronto a ricevere e conservare le confidenze dei pazienti. È l’uomo della conoscenza dell’intimo, dei segreti, della storia più personale. È alleato fedele, che non può tradire, che non ha interessi personali che possano porsi al di sopra dei pazienti. È l’uomo dell’aiuto, sempre dispo- Le risposte sono ovviamente complesse, interdipendenti, e coinvolgono un disagio esistenziale diffuso, che ha colpito sia le persone che necessitano d’aiuto, sia gli operatori professionali, e in primo luogo i medici. Non vi è una crisi di un vecchio modello d’interpretazione della medicina che non riesce a trovarne nuovi capaci di rispondere alle mutate esigenze contemporanee. Si tratta invece di comprendere che la medicina, pur nelle trasformazioni contemporanee, non debba perdere il suo ruolo dialogico e comprensivo delle necessità umane. Essa deve tornare a parlare all’uomo, abbandonando l’onnipotenza tecnocratica, e in ciò i medici sono chiamati a un importante opera di rifondazione, che in verità è in atto. Tralasciare la burocrazia, tornare al dialogo I 6 La lettura di questo passo induce a una duplice riflessione: in primo luogo quali sono le cause perché la conoscenza dell’uomo, l’alleanza terapeutica, la vicinanza, il rispetto, e la considerazione non sono così trasparenti, oppure appaiono assenti da un operato sempre più tecno-burocratico? In secondo luogo, quali sono le cause che hanno determinato una trasformazione radicale dell’arte medica, per cui la sofferenza è un semplice parametro tra gli altri, da misurare, catalogare, contrastare o eliminare? tra le diverse discipline, ritrovare la persona nella sua interezza, non significa affidare questo compito all’etica, alla bioetica, alla psicologia, in altre parole alle “scienze umane”, ma far riaffiorare i segnali operativi etici che sono nella quotidianità. Dobbiamo testimoniare, oltre il continuo improduttivo vittimismo, che: «La medicina è una sintesi tra scienza e arte, tra sapere rigoroso e applicazione pratica, che tenta, attraverso il travaglio dell’interpretazione e dell’intuito di intervenire sulla natura umana fragile. È una vocazione a lottare per la vita, contro la sofferenza e a promuovere l’identità della dignità della vita. Un’ identità che con Jasper si può definire ethos umano, un’abilità tecnica ma fondamentalmente umana»2. La sofferenza sia rispettata e compresa, facendolo in pieno si recuperano il rispetto e la comprensione dell’arte medica. Le risposte alla scissione che essa provoca nell’uomo, ossia la biomedicalizzazione del corpo, la solitudine esistenziale, e i dubbi che ne scaturiscono, sono possibili solo in una rinnovata fiducia nei valori condivisibili e da condividere.3 È evidente che le sfide comporteranno nuovi travagli, incomprensioni, tuttavia mai l’azione del medico potrà sottrarsi alla legge morale, poiché: «Egli porta in sé una vocazione, (Evangelium vitae 96, 1.3), e un orientamento basilare, una vera e propria opzione fondamentale, che sorregge e guida la realizzazione pratica della vita morale della persona che deve ritrovarsi pienamente nel dono sincero di sé».4 _________________ 1 Cfr. Giovanni Russo, Il medico. Identità e ruoli nella società di oggi, Elle Di Ci, Roma 2004, 131 2 Cfr. Marianna Gensabella Furnari, Il paziente, il medico, e l’arte della cura, Rubettino Editore, Catanzaro 2005, 6 3 Cfr. Raffaele Sinno, La famiglia e il nuovo umanesimo. La conquista della vulnerabilità, PassionEducativa, Benevento 2015, 89-90 4 Cfr. Elio Sgreccia, Manuale di Bioetica, Vita e Pensiero, Milano 1994, I, 160 VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:15 Pagina 7 PAGINE DI MEDICINA LE MALATTIE CISTICHE DEL RENE Franco Luigi Spampinato e Malattie Cistiche Renali raggruppano una vasta serie di situazioni patologiche, diverse fra loro per età di insorgenza, evoluzione clinica, gravità. Nei principali quadri clinici di interesse pediatrico, il Rene Multicistico del neonato è usualmente unilaterale, non ereditario. Il rene è alterato da irregolari e lobulati agglomerati cistici, con uretere assente o privo di lume ed è causato da un anormale sviluppo embriologico dell’organo. Un’altra forma di Malattia Cistica Renale è quella associata a ostruzione ureterale da ureterocele congenito. Tale lesione generalmente interessa il polo superiore del rene. La Malattia Policistica del neonato è molto più grave di quella dell’adulto ed è anch’essa ereditaria genetica. L Il Rene Policistico dell’adulto, nella sua forma più grave, è una malattia ereditaria genetica, bilaterale in circa il 95% dei casi. Spesso, in tali pazienti, sono presenti cisti del fegato, del pancreas, della milza. I sintomi generalmente compaiono dopo i 40 anni. Microscopicamente i reni colpiti sono notevolmente ingranditi e deformati da cisti di vario volume. La malattia è progressiva, grave. Le cisti, infatti, tendono a crescere, comprimendo e atrofizzando il parenchima renale circostante. Il Paziente dovrà ricorrere, con il peggioramento dell’Insufficienza Renale, alle opzioni disponibili per tale situazione: terapia medica conservativa, dialisi peritoneale qualora tecnicamente possibile, emodialisi, trapianto renale. Il trattamento chirurgico è attualmente indicato nelle complicanze, quali raccolte purulente endocistiche, gravi emorragie, rottura dell’organo, o contestualmente al trapianto renale, asportazione dell’organo, per poter avere più spazio addominale in caso di reni molto voluminosi, per facilitare le manovre chirurgiche e prevenire eventuali future complicanze. La sintomatologia è generalmente relazionata al volume e al grado di deterioramento raggiunto dai reni displasici e alle eventuali complicanze. Il paziente può riferire dolore in sede renale e addominale, con presenza di stato febbrile qualora insorgessero infezioni. Il quadro successivo e progressivo di insufficienza renale complicherà ulteriormente lo stato clinico. La diagnosi, oltre che sui parametri clinici soggettivi e oggettivi, deve essere supportata da un accurato studio genetico ed ematochimico e da uno studio con diagnostica d’immagine, in primo luogo l’ecografia e quindi TAC e Risonanza magnetica. Le Cisti Renali semplici, attualmente di frequente osservazione, non risultano al momento essere sicuramente di natura ereditaria genetica. L’orientamento attuale sembra voler ammettere peraltro un’eziopatologia mista di tipo acquisito su base genetica. La grande diffusione dell’ecografia, eseguita spesso oggi nell’adulto come metodica di “check up diagnostico generale“ ha portato indiscutibilmente a un aumento della frequenza della diagnosi, come del resto conseguentemente e fortunatamente è successo anche nei tumori del rene. Le Cisti semplici sono generalmente unilaterali, ma possono essere anche multiple, bilaterali e multiloculate. Tali lesioni sono lentamente progressive e in moltissimi casi asintomatiche e di diagnosi casuale. Nella comune esperienza clinica le com- plicanze non sono frequenti. Esse possono essere la comparsa di dolore locale in caso di loro voluminose dimensioni, emorragie endocistiche, calcolosi urinaria, rottura, con comparsa di stato febbrile in caso di Infezione. Dal punto di vista della comune pratica clinica, ogni cisti renale deve essere meticolosamente studiata con ecografia in primo luogo, seguita eventualmente da TAC, Risonanza magnetica, Angiografia. Oltre alle dimensioni, alla posizione e alle caratteristiche del contenuto endocistico, è molto importante studiare la struttura delle pareti, per rilevare la presenza di ispessimenti e sepimenti con aumentata vascolarizzazione, per distinguere una Cisti benigna da un Carcinoma renale cistico, anche se quest’ultimo non è di frequente osservazione. La terapia delle Cisti benigne è attualmente riservata a Cisti voluminose che creano problemi morfofunzionali al rene coinvolto o in caso di complicanze. La puntura percutanea della Cisti con aspirazione del suo contenuto e sclerotizzazione con sostanze varie delle sue pareti, per l’alto tasso di recidive, è riservata a lesioni non altrimenti trattabili per la situazione clinica del paziente. Il trattamento chirurgico attualmente praticato è l’asportazione laparoscopica della parete cistica affiorante sulla superficie renale, con sua conseguente marsupializzazione. Qualora si abbia il sospetto che la Cisti possa essere un Carcinoma Cistico, la terapia dovrà essere a intento oncologico-radicale e, conseguentemente, più aggressiva. La Malattia Cistica Renale, soprattutto nell’adulto, può avere quindi eziopatogenesi, evolutività, gravità e situazioni cliniche molto diverse. Non dobbiamo però dimenticare che le lesioni Cistiche benigne dell’adulto sono molto frequenti, e che, spesso, il paziente allarmato dalla scoperta di una di esse si presenta preoccupato alla visita. Se la Cisti non ha effettivamente indicazioni chirurgiche, è opportuno tranquillizzarlo e consigliarlo a evitare eccessivi “ calvari “ diagnostico-terapeutici. 7 VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:16 Pagina 8 SANITÀ BRONCHIOLITE: PREVENIRE E ASSISTERE IL NEONATO/BAMBINO Mariangela Roccu a Bronchiolite costituisce la patologia più importante, per prevalenza e per severità, che colpisce i lattanti e bambini sotto un anno di età. L Gli infermieri dovranno monitorare e valutare la funzionalità respiratoria, attraverso lo stato di ossigenazione con pulsossimetria; la risposta del bambino all’O2terapia con cannula nasale, campana o maschera; favorire la posizione semiprona, evitando l’iperestensione del collo; rilevare lo stato di idratazione, il bilancio idrico e il peso specifico delle urine; controllare quotidianamente il peso; monitorare le infusioni endovenose e lo stato dell’accesso venoso. È un’infezione virale acuta dei bronchioli che determina edema, formazione di muco e danno a carico dell’epitelio bronchiolare. Il principale elemento eziopatologico responsabile della bronchiolite è il Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), ma la malattia è correlata anche a ulteriori fattori di rischio, che incidono in forma più o meno grave in funzione della sensibilità del soggetto e dell’età d’insorgenza. Tra i fattori di rischio più preoccupanti, gli studiosi hanno individuato il fumo da sigaretta, soprattutto per i nati da madri fumatrici. Ancora, sono fattori di rischio i luoghi affollati, le malattie polmonari, le patologie cardiache, la prematurità del parto, l’allattamento artificiale. La prima fase della malattia è caratterizzata da raffreddore, muco, tosse e febbre. Possono presentarsi anche altri sintomi quali tachipnea, sibili, talvolta brevi apnee. Con l’aumentare delle problematiche respiratorie può insorgere una difficoltà ad assumere il latte al seno o dal biberon, con conseguente contrazione della diuresi. Nella maggioranza dei casi i sintomi durano circa 3-7 giorni. Gran parte dei neonati/bambini ha manifestazioni lievi gestibili a domicilio. In tal caso è fondamentale l’educazione ai genitori, perché sappiano riconoscere il peggioramento del neonato/bambino e sappiano attivarsi in caso si verifichi l’evenienza. Il ricovero ospedaliero è dispo- 8 con gel alcolico prima e dopo il contatto con i pazienti infetti. Per i contatti diretti con il neonato/bambino, ricoverato quando possibile in stanza singola, devono essere usati guanti e camici monouso. Le visite di parenti e/o amici devono essere limitate, ma in particolare devono essere evitate le persone con sintomi di infezione respiratoria. sto generalmente per avviare, in particolare, l’ossigenazione, la nutrizione e l’aspirazione, ma anche se il neonato\bambino presenta letargia, episodi di apnea, sibili, cianosi. In ospedale deve essere rilevata la saturazione di ossigeno nel sangue (SpO2). Il neonato/bambino con SpO2<92% necessita di ricovero; se SpO2>92% il ricovero dipenderà dalle condizioni cliniche generali, dalla fase della malattia, da fattori geografici, sociali e da altre patologie compresenti o da fattori di rischio per la patologia (es. bambini nati pre-termine, problemi cardiaci congeniti o problemi respiratori nei prematuri). Le indicazioni per l’invio di un neonato/bambino in terapia intensiva riguardano: incapacità di mantenere SpO2>92% nonostante l’aumento dell’O2 terapia, segni di aumento del distress respiratorio, di apnee ricorrenti. Il VRS si trasmette facilmente da persona a persona attraverso i contatti diretti o indiretti, tramite le secrezioni respiratorie. Gli operatori sanitari devono lavarsi le mani accuratamente con sapone o Un controllo costante dovrà riguardare la risposta del neonato/bambino alla terapia. È necessario favorire l’alimentazione, incoraggiando e mantenendo la routine alimentare di casa; incoraggiare l’allattamento al seno, se il bambino non è divezzato. Favorire le attività ludiche non stancanti e la distrazione, non dimenticando di garantire il comfort dei familiari, anche attraverso la riduzione dell’ansia e l’incremento delle conoscenze educative circa la gestione del neonato/bambino malato. È importante, altresì, segnalare ai genitori, che il neonato/bambino che ha manifestato una bronchiolite potrà presentare una maggiore frequenza di episodi recidivanti di bronchite asmatica. La dimissione potrà avvenire non appena il neonato/bambino respirerà bene e riuscirà ad alimentarsi senza difficoltà. Potrebbe avere ancora la tosse o presentare un respiro rumoroso per qualche settimana, ma gradualmente la sua condizione andrà migliorando, se saranno osservate le indicazioni medico-infermieristiche. VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:16 Pagina 9 LE ULCERE AGLI ARTI INFERIORI E LE MEDICAZIONI AVANZATE La collaborazione tra tutti gli autori della guarigione di un’ulcera degli arti inferiori (chirurgo vascolare, geriatra, diabetologo, infermiere, fisiatra ecc.) ha portato alla nascita e allo sviluppo della vulnologia che è la branca della medicina che riunisce tutte le professionalità dedite alla guarigione delle ulcere. Acernese Carlo Alberto a cute è il più vasto organo del corpo umano, ha la funzione di barriera rispetto alle infezioni e agli stress meccanici, provvede al mantenimento dell’isolamento termico del corpo, impedisce che si perdano fluidi organici con il loro importante contenuto. L Le soluzioni di continuo possono interessare i vari strati di cui la cute è composta fino alla perdita a tutto spessore della cute stessa e al coinvolgimento delle strutture sottostanti (sottocute, fasce muscolari, tendini e muscoli Fig. 1). Le ulcere degli arti inferiori più frequenti riconoscono nella malattia vascolare (insufficienza venosa, arteriosa e/o miste) la causa più frequente; seguono le ulcere da pressione e le ulcere neuropatiche (nei pazienti diabetici Fig. 2). tenacemente legato al proprio “segreto” trattamento per tutte le ulcere. La collaborazione di più professionalità ha portato a mettere in comune esperienze diverse (scomparse le medicazioni con farmaci …segreti!) portando alla fine della medicazione UNICA per tutte le ulcere e per tutte le FASI di guarigione dell’ulcera. L’ulcera per guarire ha necessità di un ambiente “umido” e di medicazioni diverse per ogni fase della sua guarigione, è una regola ormai universalmente condivisa nell’ambiente vulnologico, e la comparsa di medicazioni avanzate (Fig. 3), cioè medicazioni che interagendo con i tessuti dell’ulcera ne favoriscono la guarigione, ha rivoluzionato ulteriormente la terapia delle ulcere. Fig. 2 Ulcera piede diabetico te e relativi alle caratteristiche dell’ulcera stessa, entrambi i fattori vanno tenuti presenti per impostare un trattamento appropriato e per evitare la cronicizzazione dell’ulcera. Negli ultimi decenni il trattamento delle ulcere Le medicazioni avanzate, migliorando il confort dei pazienti piagati e riducendo il numero delle medicazioni settimanali, necessitano di una precisa conoscenza delle loro caratteristiche sia da parte del medico prescrittore che dell’infermiere che le applica; l’uso non corretto di queste medicazioni non contribuisce alla guarigione delle ulcere facendo aumentare ulteriormente la spesa sanitaria. Fig. 1 Ulcera venosa gamba Qualunque sia la causa delle ulcere, esse rappresentano un costo notevole per il servizio sanitario in termini di tempo di guarigione e di risorse economiche necessarie per il loro trattamento, sia per le complicanze cui possono andare incontro i pazienti che ne sono affetti. La guarigione di qualsiasi ulcera degli arti inferiori, conseguente a una lesione della cute, dipende da una serie di fattori relativi alle condizioni generali del pazien- ha avuto un suo inquadramento diagnostico e soprattutto terapeutico che ha fatto uscire la terapia delle ulcere da secoli di oscurantismo, legato alle abilità di operatori sanitari (medici e infermieri) che non dialogavano tra loro, e ognuno Fig. 3 Alcune medicazioni avanzate 9 VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:16 Pagina 10 IL CAMMINO DELLA MEDICINA UNA DIVERSA NATURA E IMMAGINE DELL’UOMO DI CUI NON ESISTONO PRECEDENTI NELLA STORIA Cap. LV – Il “libretto d’istruzioni” per l’uomo; dall’evoluzione all’‹eugenetica› della specie. Fabio Liguori ino ai primi decenni del sec. XX la scienza della vita era quasi esclusivamente basata sull’osservazione dei fenomeni naturali. Con il progredire dal macro al microscopico, e dal molecolare all’atomico e sub-atomico, dalla semplice osservazione si è passati all’interpretazione dei fenomeni stessi. S miliardi di “lettere” chimiche. Trascritte, riempirebbero duecento volumi di mille pagine ciascuno; e leggendo dieci lettere al secondo, s’impiegherebbero nove anni! Ecco perché sul funzionamento del DNA, e su quali geni giochino un ruolo essenziale nella fisiologia dell’organismo, e quali un ruolo più marginale, quanto poco sappiamo ancora! Nessuna realizzazione apporterà una rivoluzione sulla conoscenza dei meccanismi che regolano il nostro organismo come con l’avvenuta decodificazione dei circa 35.000 geni del nostro genoma (2003). Ingegneria genetica La conoscenza della struttura e della funzione dei geni rende oggi possibile intervenire su fenomeni naturali, scavalcando i procedimenti d’interscambio genico che avvengono in natura per agire direttamente sul DNA degli esseri viventi (ingegneria genetica). Si è così aperta la strada alla creazione in laboratorio di nuove e inedite combinazioni, dalla promettente terapia genica alla sconvolgente clonazione: negazione di quella fisiologica, straordinaria, misteriosa “roulette biologica” capace di armonizzare due diverse ricchezze geniche (come avviene nell’incontro tra i gameti maschili e femminili). Il DNA può essere paragonato a un “libretto d’istruzioni” per l’essere uomo. Non facilmente consultabile, però, perché ogni cellula contiene nel suo nucleo due metri di DNA raggomitolato in più di tre 10 la presunzione che difficoltà tipiche delle società contemporanee possano essere risolte migliorando la “qualità” dei soggetti. Ma, chi sarà legittimato a determinarlo? E in base a quali criteri? In questo dualismo la posta in gioco non sta tanto nella contesa tra ciò che è eticamente lecito e quanto giuridicamente permesso, bensì nell’incognita di una diversa natura e immagine dell’uomo di cui non esistono precedenti nella Storia. Poiché, per diritto naturale, la ricchezza genica non è un materiale aperto a esperienze per dividerlo, selezionarlo o commercializzarlo: ma il patrimonio di un individuo che non è mai “mezzo”, essendo sempre un fine (Kant) nell’arco della sua esistenza biologica e spirituale. Di fatto, per protagonismo o interessi economici il rischio sta nella “scorciatoia” apparentemente più pulita dell’eugenetica della specie (con il termine eugenetica, nel 1883 l’antropologo inglese Francis Galton, cugino di Darwin, intendeva: “possedere un patrimonio genico capace di conferire eccellenza fisica e mentale”). Come avviene per tecniche produttive in agricoltura o allevamento di bestiame, laddove è nella diversità e fallibilità la natura umana, non la perfezione. Questa fondamentale acquisizione suscita, tuttavia, da un lato eccessivi entuNon sempre il gene è tutto. La maggior siasmi basati sulla semplicistica concezione che esista un gene per ogni nostra caratte- parte degli aspetti del nostro organismo deristica, un codice biochimico responsabi- riva infatti da complesse interazioni tra i geni le di ogni aspetto dei nostri tratti fisiologici e l’ambiente cellulare (proteine e DNA) in o patologici: il che condurrebbe all‘inevi- cui i geni agiscono. E più che a base motabile tentazione di modificare o elimina- nogenica, le malattie sono la conseguenza re (all’occorrenza) caratteri considerati di complessi disordini poligenici. negativi per la specie, e selezionare quelli ritenuti invece positivi. E dall’altro, giustificati timori d’imprevedibili conseguenze per l’umanità: per il ruolo di cui la scienza può “autoinvestirsi” di programmare gli DNA: miliardi di lettere chimiche individui, nel- VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:16 Pagina 11 Schegge Giandidiane N. 51b Quando S. Benedetto Menni tentò di fondare a Manila alle Filippine la rifioritura del Ramo Spagnolo dei Fatebenefratelli. Oltre a una foto di tale lettera, ne do qui la traduzione: N Foto giovanile di fra Emanuele Peña Tale iniziale missiva non fu conservata, poiché solo dopo la fine della Guerra Civile, durante la quale fu impegnato al fronte come membro della Croce Rossa, Menni ebbe infine l’agio di organizzare un Archivio, in cui c’è invece una successiva lettera di fra Emanuele, inviata nel 1886 e che fu già pubblicata nel 1982 da fra Luigi Ortega Lázaro nella rivista Hermanos Hospitalarios. Fu tale seconda lettera, pervenuta in circostanze più favorevoli, che spinse Menni a verificare se c’era modo d’estendere Molto Reverendi Padri e Fratelli: colui che si firma, unico religioso Ospedaliero che esiste nelle Filippine, che si trova nell’Ospedale di San Giovanni di Dio di Cavite, svolgendo il compito di Priore del medesimo, d’età avanzata; dopo salutarvi tutti, fratelli miei di Religione, supplico che, come in quelle che sono le mie preghiere, al tempo stesso si allunghi la mia vita e permanga sempre la Religione, affinché in qualche momento alcuni Religiosi del nostro Ordine possano arrivare in quest’angolo di mondo e che possano stabilirvisi come prima, e parimenti desidero che le Vostre Reverenze chiedano nelle loro preghiere che io faccia una buona morte, come io desidero per tutta la Religione. Altra cosa di cui informo le Vostre Reverenze è che già da quattro anni quest’Ospedale è governato da una Giunta [designata] dalle Autorità di Cavite ed è amministrato da un Amministratore laico; io sto come Capo lo- F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 51b – Quando S. Benedetto Menni tentò di fondare a Manila Menni inizia la sua lettera per lui ricordando che, molti anni prima, gli era pervenuto un suo appello d’inviare frati a Cavite, nel cui Ospedale non ve n’erano rimasti ormai altri che lui, ma che l’appello rimase inascoltato perché in quei primissimi tempi della Rinascita del nostro Ordine in Spagna, non v’era alcun modo di esaudirlo. “Molto Reverendo Padre Superiore e restanti Religiosi dell’Ospedale di San Giovanni di Dio in Granada. 269 ella prima puntata iniziai a rievocare il tentativo di San Benedetto Menni di far rifiorire nelle Filippine la presenza dei Fatebenefratelli e come il suo primo passo fu di scrivere a Manila al Provinciale dei Domenicani per conoscere quali possibilità ci fossero e, allo stesso scopo, gli allegò lettere per l’arcivescovo di Manila, che dal 1876 era il domenicano fra Pietro Payo Piñeiro, e della quale ho già dato la traduzione, e per fra Emanuele Peña, della quale darò più in là la traduzione, preferendo prima accennare ad alcuni dati su codesto nostro confratello di etnia locale, del quale ho recuperato anche una foto giovanile, dei tempi in cui era stato assegnato a San Rafael de Bulacan, dove strinse rapporti con una famiglia della zona, i cui discendenti serbano ancor oggi il ritratto riprodotto qui accanto. VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:16 Pagina 12 cale dell’Ente con l’assegnazione di 34 pesos mensili ed ora ultimamente ho qui da tre mesi tre Figlie della Carità, messevi dalla Giunta Ispettiva con l’assegnazione parimenti di 20 pesos. nella Religione, che bacia le vostre mani Fra Emanuele Peña Pertanto auspico che le Vostre Reverenze, se parrà loro bene prenderlo in considerazione, possano cercare di chiedere al Governo di sua Maestà che in questo Ospedale ritornino come prima a venire alcuni della Religione, sempre che esso risulti come Ospedale della Religione di San Giovanni di Dio. P.S. Spero che le Vostre Reverenze mi rispondano e pongano nella busta Frattanto riferisco alle Vostre Reverenze che l’Ospedale di Manila e quello della Convalescenza sono affidati alle Figlie della Carità e parimenti sono retti da una Giunta Ispettiva [designata] dal Governo Generale di queste Isole. Per ultimo, ripeto e desidero sempre che il nostro Ordine torni come prima e prosperi qui e in ogni parte. 270 F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 51b – Quando S. Benedetto Menni tentò di fondare a Manila Senza che aggiunga altre cose, disponete ciò che riteniate utile, questo vostro affezionatissimo e umile Fratello Reverendo Padre Superiore dei nostri Frati di San Giovanni di Dio in Cavite. ebbi la soddisfazione di ricevere una lettera da lei, ossia del Superiore che c’era allora in codesto ospedale, nella quale lettera mi manifestava il desiderio che venissimo in esso a prestare i nostri servizi; poiché però in quel tempo stava appena nascendo in Spagna codesta restaurazione del nostro Ordine Ospedaliero, non potevo disporre di personale ed elementi per esso; oggi, grazie a Dio, la nostra corporazione è stata ristabilita, e oltre a gestire vari istituzioni benefiche, che già abbiamo in differenti luoghi, possiamo disporre di personale per realizzare quanto lei mi indicava, e che parimenti era mio desiderio portare a compimento; pertanto, aspetto che a tale scopo mi dica quanto crede opportuno sull’argomento, descrivendomi la situazione di queste Isole e di questo ospedale, e che dobbiamo fare per ottenere dal Governo l’ingresso e restanti cose necessarie. Credo che con ciò proverete una gioia speciale nel veder ristabilito, in perfetta osservanza di vita religiosa ospedaliera, l’Ordine del nostro glorioso Padre San Giovanni di Dio”. Mio stimato Fratello in Gesù Cristo: È passato molto tempo da quando Fra Emanuele rispose con una lettera del 31 giugno 1886, della Cavite, 24 Febbraio 1886 Isole Filippine M. R. P. Fra Emanuele Peña Priore dell’Ospedale San Giovanni di Dio. Cavite”. Come ho già accennato, Menni invece d’inviare la sua risposta all’indirizzo segnalatogli da fra Emanuele, preferì incaricare il Provinciale dei Domenicani di smistargli la propria missiva, la cui minuta è riportata nel citato Epistolario di Menni e questa ne è la traduzione: “16 aprile 1886. Fu questo secondo messaggio di fra Emanuele Peña a far scattare il tentativo di Menni di fondare a Manila VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:16 Pagina 13 quale furono pubblicati stralci nel citato articolo di fra Luigi Ortega e che non fornisce dati di rilievo, tranne la precisazione che da un paio d’anni l’edificio ospedaliero intitolato a San Giuseppe e in cui aveva vissuto l’ultima nostra Comunità, era stato chiuso dal Governo e sostituito da un nuovo edificio, sito nel rione Cañacao, ossia fuori del recinto murario della città, e intitolato a San Giovanni di Dio; in esso erano state trasferite le Figlie della Carità, ma non il nostro ormai anziano frate, cui pertanto fu sospeso lo stipendio. Antica veduta della Baia di Manila: Cavite è a destra e Manila in fondo “Reverendo Padre Provinciale Fra Benedetto Menni Ciempozuelos Manila Luglio 1886 Mio stimato Padre Provinciale: è in mio potere la sua ponderata e rispettosa lettera in data dello scorso 19 Aprile, nella quale, dopo di descrivere i risultati ottenuti lavorando per la restaurazione in Spagna del benemerito e caritatevole Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, mi sollecita appoggio e protezione per venire in queste Isole a prestare i servizi del suo Istituto specialmente in questa Diocesi di Manila. Però trattandosi di venirlo a realizzare in queste Isole, ritengo doveroso farLe presente due cose. La prima è che in questo paese non restano altre persone del suo Ordine che un indigeno settantenne e giubilato, che vive di una pensione vitalizia datagli dal Governo Generale delle Isole. La seconda è che non esistono nelle Filippine altri Ospedali di carità, che quelli di San Giovanni di Dio di Manila e Cavite. E comunque, sono già abbastanza anni che il Vice Real Patronato governa e amministra tali due Istituti tramite Giunte Ispettive e Amministrative, da esso a tal fine nominate, con i loro rispettivi Sindaci: e comunque anche, che entrambi gli Ospedali attualmente sono stati consegnati dal Vice Real Patronato alle Figlie della Carità, col che vien detto che tanto il pubblico come il Governo sono soddisfatti della situazione di prosperità, in cui si trova- no; credo molto difficile, se non impossibile, l’ottenere che il Governo consegni a Voi questi Istituti, ai quali ritengo che Voi non dobbiate pensare, al decidersi, se si decidono, di venire in queste Isole. Con quanto detto credo aver soddisfatto e risposto in modo sufficiente alla sua menzionata lettera. Chiedo a Dio di benedire i suoi sforzi e sacrifici per la completa restaurazione del suo Ordine. La ringrazio per le espressioni di rispetto e considerazione di codesta rispettabile Comunità nei riguardi della mia umile persona e di cui Lei si fa interprete. E come prova del mio gradimento, vi invio a tutti con molto piacere e di cuore la benedizione paterna, che Lei sollecita. Che Dio li conservi nella sua santa grazia e nel fervore religioso necessario per compiere, con bravura, gli obblighi e mete della loro professione. Veda lei in quale altra cosa le può essere utile colui che si raccomanda alle preghiere di Lei e della sua Comunità, e si offre come affezionatissimo Fidato Servitore suo e della Comunità”. Anche se, dopo aver raccolto in alcune settimane informazioni concrete sui due nostri Ospedali Generali di Manila e di Cavite, il F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 51b – Quando S. Benedetto Menni tentò di fondare a Manila Molto più utile per Menni fu invece la risposta che gli inviò l’arcivescovo di Manila, della quale ho trovato nell’Archivio Diocesano la minuta, che qui traduco: Elogio, come doveroso, il suo zelo per la restaurazione nella Penisola di un Ordine che tanti e così buoni servizi ha prestato ed è chiamata a prestare ancora all’umanità dolente in tempi nei quali tanto raffreddata si ritrova, per disgrazia, la carità cristiana, e non sarà l’Arcivescovo di Manila chi le neghi l’appoggio e la protezione che è in grado di offrirle, affinché consegua i suoi caritatevoli intenti. 271 Egli però non si perse d’animo e ricorse al Governatore delle Filippine, che lo reintegrò come Priore del nuovo Ospedale. Ora, facendo tesoro di tale sua amara esperienza, suggeriva a Menni che i frati nel tornare a Cavite si munissero di un Decreto Reale di autorizzazione che menzionasse non l’attuale Ospedale di San Giovanni di Dio, ma l’antico di San Giuseppe. VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:16 Pagina 14 vescovo, che era ammirato da tutti per il suo notevole senso pratico, si vide costretto a ritener impossibile il ritorno in essi dei nostri frati, tuttavia egli chiuse la sua lettera manifestando il vivo desiderio d’offrire ogni possibile appoggio per altri progetti che consentissero l’auspicato ritorno dei Fatebenefratelli. A tali parole, seguirono i fatti, come dimostra questa lettera che egli alla fine di quell’anno inviò al Governatore delle Filippine e che qui traduco dalla minuta che ho rintracciato nell’Archivio Diocesano: “22 Dicembre [1886] 272 F.G.M.: Schegge Giandidiane. N. 51b – Quando S. Benedetto Menni tentò di fondare a Manila Eccellentissimo Signor Governatore Generale di queste Isole. Eccellentissimo Signore. Il Reverendo Provinciale dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, con lettera privata, con data dello scorso 15 settembre da Ciempozuelos, provincia di Madrid, mi dice tra le altre cose la seguente. Nel tenere l’onore di trascrivere per sua Eccellenza il paragrafo anteriore, lo faccio colpito dalla imperiosa necessità di un manicomio di cui ha bisogno questo paese che conta più di sei milioni di anime. Alla illuminata sagacia di Sua Eccellenza non sfuggirà che il Reale Ospizio di San Giuseppe, donde oggi sono alloggiati i dementi, non è adatto ai bisogni di un manicomio, né fu fondato con tale intento, né pare conveniente che rimangano in esso quei disgraziati. Per quanto esposto sottopongo all’alta considerazione di Sua Eccellenza le proposte del Reverendo Padre Superiore dell’Ordine Ospedaliero, e spero che, come assai amante dei progressi di questo paese, accoglierà benigno quel progetto, trasmettendolo col suo valido appoggio al Governo di Sua Maestà, e impetrando dell’Isola della Convalescenza, sita nel fiume Pasig, e dal 1853 prese ad accogliere anche i dementi. Ospizio di S. Giuseppe: ingresso attuale dal medesimo l’esenzione dal servizio militare per i religiosi che vengano destinati a un servizio di tanto beneficio per il paese. All’ottenersi, come non dubito, la favorevole accoglienza del Governo di Sua Maestà al progetto che ci interessa, si potrebbe destinar provvisoriamente a tal fine in Malalabon la dirupata fabbrica di tabacchi della Principessa. Dio dia molti anni a Sua Eccellentissima Signoria. Fra Pietro Arcivescovo”. Da questa lettera si evince che Menni si era reso conto che non v’era speranza di poter riprendere la gestione dei nostri antichi due Ospedali Generali dell’Ordine e non v’era richiesta di aprirne di nuovi, ma che conveniva invece proporsi di colmare, esattamente come aveva fatto in Spagna, la lacuna assistenziale che esisteva in campo psichiatrico, poiché su una popolazione nazionale di ben sei milioni persone, l’unico punto di ricovero per i malati di mente era un reparto del Reale Ospizio di San Giuseppe, che era stato istituito a Manila nel 1810 per togliere dalle strade i mendicanti, ma che per problemi economici nei primi decenni funzionò a singhiozzo, più volte venendo chiuso per anni e cambiando di sede, finché nel 1847 trovò sede definitiva in un angolo Credo vada ricordato che una buona fetta di quest’Isola, ivi compreso un solido edificio in muratura al pianterreno e in legno nel piano rialzato, per meglio resistere ai terremoti, nonché dotato di un buon tetto in tegole, era stata donata al nostro Ospedale di Manila il 18 marzo 1754 per lascito testamentario del Sergente Maggiore don Andrea Blanco Vermudez, morto a Manila il 9 ottobre 1753 e che nel testamento specificò che la proprietà doveva essere utilizzata come Convalescenziario dei malati che erano stati dimessi perché guariti, ma ancora troppo deboli per lavorare, sicché per inedia rischiavano delle ricadute, rendendo vana la carità con cui i frati li avevano curati. Questo Convalescenziario fu approvato dal Governo come un annesso dell’Ospedale e prosperò finché ne ebbero cura i nostri frati, tanto che l’Isola, prima chiamata di Balete, prese e ha ancora il nome di Isola della Convalescenza. Quanto all’Ospizio di San Giuseppe, anche nell’Isola ebbe vita grama, finché nel 1865, per iniziativa di Margherita Roxas de Ayala, fu affidato alle Figlie della Carità, che vi accolsero soprattutto i bimbi abbandonati, ma anche gli anziani e i dementi. Poco alla volta l’Ospizio finì per occupare anche tutti gli spazi del Convalescenziario, ma rimase sempre superaffollato, finché nel 1916 i dementi furono trasferiti a Cavite. In un prossimo Inserto mi soffermerò sul perché il vescovo di Manila suggerì, purtroppo invano, di trasferirli a Malabon. (Segue) VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:16 Pagina 15 LEADERSHIP SOLIDALE LEADER: IDENTITÀ E RUOLO di identità e ruolo, senza giungere a un dualismo conflittuale. Luigi Rugiero ella quasi totalità dei casi – fatte salve alcune residuali situazioni di diritto ereditario – il leader nasce individuo, con una “identità” che si va via via conformando, e solo successivamente diviene attore sociale, con l’acquisizione del suo “ruolo”. - auspicati, teorici, progettati; - oggettivi, generali, standardizzati; - funzionali, organizzativi, condivisi; - pubblici, espliciti, strutturati; N Identità e ruolo sono pertanto due aspetti distinti e correlati del leader in quanto attore sociale con uno status definito dalla posizione occupata. L’identità appartiene alla dimensione psicologica-comportamentale del leader. È caratterizzata dai tratti intrinseci della personalità qualificati come - posseduti, reali, verificabili; - soggettivi, specifici, distintivi; - personali, proprietari, esclusivi; - privati, impliciti, informali; Il ruolo appartiene alla dimensione sociale-operativa del leader. È caratterizzato dai tratti estrinseci della sua architettura (in termini di obiettivi, risorse, competenze) qualificati come R A. Intersezione di I, R In base alla natura e varietà dei tratti che compongono rispettivamente le identità e i ruoli di leader diversi, possono sussistere diversi tipi di correlazione: - corrispondenza biunivoca (ciascuna identità è compatibile con un solo ruolo e viceversa); - corrispondenza univoca (ciascuna identità è compatibile con un solo ruolo ma non viceversa); ed è rappresentata nelle componenti cognitive ed emotive dell’“immagine di sé”, percepita consciamente-inconsciamente a livello di razionalità soggettiva. I ed è rappresentato nelle componenti prescritte e discrezionali del suo “profilo formale”, percepito nell’ambiente internoesterno dell’organizzazione di riferimento a livello di razionalità oggettiva. A tale riguardo, problematiche più complesse si prospettano al leader se si confrontano situazioni connesse alle “aree di ricoprimento” nella dinamica relazionale di differenziazione-integrazione tra immagine di sé dell’identità (I) e profilo formale del ruolo (R) (Fig.1): Situazione A. (Intersezione di I,R) È una situazione di compatibilità parziale tra I e R. Il leader gestisce un equilibrio dinamico tra le aree differenziate di I,R nonché lo sviluppo della loro area integrata, giacché l’eccessiva contrazione di quest’ultima comporta instabilità. Situazione B. (Inclusione di R in I , I in R) È una situazione di compatibilità “risolta” di R in I o I in R. Il leader gestisce un equilibrio stabile ma non esente da potenziali opposte criticità: culto della personalità (annullamento di R in I) ; alienazione (annullamento di I in R). - corrispondenza plurivoca (ciascuna identità è compatibile con più ruoli e viceversa). Situazione C. (Coincidenza di I e R) È una situazione di sovrapposizione/compatibilità totale tra I e R. Il leader gestisce un equilibrio che da stabile può divenire statico, generando chiusura al cambiamento in caso di necessità. La compatibilità non esclude comunque la possibilità di un certo grado di dicotomia tra progetto individuale e azione sociale: è una dualità positiva se ammette forme solidali di coesistenza e conciliazione tra i tratti differenti, e talora contrastanti, Situazione D. (Separazione di I,R) È una situazione di reciproca esclusione/incompatibilità. Il leader gestisce un equilibrio instabile tendente alla conflittualità, quale effetto di una interpretazione forzata ed estraniata del ruolo. R I I R B. Inclusione di R in I, I in R IR C. Coincidenza di I e R I R D. Separazione di I e R Fig.1 Alternative nella dinamica relazionale tra I (individuo, identità, immagine di sé) ed R (attore sociale, ruolo, profilo formale) 15 VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:16 Pagina 16 ANIMAZIONE GIOVANILE IL PASCAL INCONTRA IL FATEBENEFRATELLI to speciale va a don Cimini, a fra Massimo e a suor Federica che ci hanno permesso di svolgere questo servizio e di scoprire una realtà che ci ha riempito il cuore e ci ha fatto sicuramente crescere”. Don Marco Cimini, Fra Massimo Scribano o.h. l 30 maggio 2015 una piccola delegazione di studenti del Liceo Classico e Scientifico Blaise Pascal di Pomezia si è recata all’l’Istituto “san Giovanni di Dio – Fatebenefratelli” di Genzano, che dal 1956 si occupa di assistenza e riabilitazione psichiatrica nel nostro territorio, allo scopo di svolgere attività di volontariato. Ecco due testimonianze degli studenti: I “Il gruppo composto da 15 ragazzi, accompagnati da don Marco Cimini e da suor Federica delle Suore Apostoline di Castel Gandolfo, si è suddiviso in quattro sottogruppi che sono stati assegnati a degli educatori della struttura per prendere parte ai laboratori svolti dagli ospiti. Un gruppo ha preso parte alle attività del laboratorio ar- Lavori di gruppo 16 tistico, non solo disegnando e lavorando con la creta, ma anche osservando le opere degli ospiti; un secondo gruppo si è occupato dell’attività dell’orto; gli ospiti hanno spiegato ai ragazzi la loro attività e il modo in cui svolgerla. Un terzo gruppo invece ha svolto un laboratorio sportivo, i ragazzi con loro grande sorpresa si sono ritrovati a scontrarsi con un campione di bocce! Inutile sottolineare che sono stati sconfitti; un quarto e ultimo gruppo ha preso parte invece alle attività del Centro educatori. Tutti i giovani sono stati a contatto con gli ospiti della struttura durante le attività della mattina vedendo come, anche solo fare un disegno o piantare un piccolo seme li distoglie dai loro problemi di salute e permette loro di esprimere ciò che hanno di più nascosto. Un ringraziamen- Isabella Trotto IV B sezione scientifico “Quando ti viene proposta un’attività di volontariato in un ospedale psichiatrico ti immagini di dover fare un giro per l’istituto, vedere i pazienti nelle loro stanze o al massimo fornire loro assistenza aiutandoli a mangiare o scambiandoci qualche chiacchiera. Mai previsione fu più sbagliata. Che sarebbe stato diverso da qualsiasi altra esperienza lo capimmo nel modo stesso con cui un ospite ci accolse: con disarmante dolcezza e la gioia dipinta sul viso ci venne incontro porgendoci una meravigliosa margherita di campo gialla. A braccetto ci guidò da fra Massimo dove tanti altri ospiti ci aspettavano, curiosi e impazienti di conoscerci. Terminate le presentazioni Un momento della giornata VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:16 Pagina 17 ta e una piantina interrata ebbi l’opportunità di relazionarmi con loro scoprendo una realtà totalmente diversa da qualsiasi mia aspettativa iniziale, talmente “ normale” da destabilizzare ogni mia certezza. Non poAttività durante una dinamica trò mai didi rito, rapidamente ci indirizzarono nei vari menticare la lunga chiacchierata fatta con laboratori. A me toccò quello di giardi- un anziano ospite amante del giardinaggio. naggio e devo ammettere che è stata sen- Tra consigli, racconti d’infanzia e sgridaza dubbio l’esperienza più significativa del- te (ebbene sì, sono stata anche ripresa per l’intera giornata. Lo smarrimento e l’iniziale il mio troppo ciarlare) ebbi subito l’impaura di non essere all’altezza della situa- pressione di parlare con un vecchio zio. zione lasciarono presto il posto all’allegria Uno di quelli che vai a trovare ogni tanto e alla semplicità con cui gli ospiti illustra- d’estate ma che, nonostante tutto, ha la rarono a me e al mio gruppo l’attività che sa- rissima abilità di lasciarti un pezzo della sua remmo andati a svolgere. Tra un’innaffia- storia: quella parte integrante del suo vis- suto diviene così una componente per costruire le tue esperienze future. L’atmosfera di sospensione che respirammo contribuì certamente a rendere il tutto più suggestivo: in questo luogo dove il tempo sembrò essersi fermato tutto era a “misura d’ospite”. Dopo esserci riuniti tutti per il pranzo, terminammo la giornata con una serie di attività volte a riflettere e metabolizzare quanto accaduto: l’esperienza di volontariato si era trasformata in una vera e propria esperienza di vita. Allegri salutammo i nostri ospiti, certi di rivederli in un futuro non tanto lontano: da settembre, infatti, questa attività verrà suddivisa in differenti incontri nell’arco dell’anno scolastico”. Arianna Vignetti II B sezione classico Per informazioni sulle attività e le Esperienze di Servizio contattate il Centro di Pastorale Giovanile dei Fatebenefratelli allo 06.93738200 o scrivete una mail all’indirizzo [email protected]. Il Centro inoltre è a disposizione per eventuale discernimento vocazionale. Gruppo di partecipanti 17 VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:16 Pagina 18 INVITO ALLA LETTURA FAMIGLIA E NUOVO UMANESIMO dovervi fare ricorso sia per sostegno economico che per aiuto di nonni-sitter. Salvino Leone La conquista della vulnerabilità PassionEducativa edizioni, Benevento 2015 p.130, € 12 a generale tematica del prossimo convegno nazionale della Chiesa Italiana (“In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”) sta dando spunto a un vivace dibattito culturale in cui convegni, corsi, pubblicazioni e studi vari hanno come fondo o come cornice il tema del “nuovo umanesimo”. L Il testo di Raffaele Sinno si colloca, proprio in questo filone con una pubblicazione che lo tematizza in riferimento alla famiglia e, in modo particolare, alla sua vulnerabilità. Anche il sinodo approccia il problema della famiglia e delle famiglie “ferite” in modo particolare. Con questa definizione si è identificato essenzialmente il problema dei divorziati risposati. Problema importantissimo, scottante, oggetto di attenzione pastorale e di sofferenza risolutiva ma pur sempre problema limitato. La prospettiva che Sinno ci offre, invece, riallacciandosi a mio avviso a un più genuino sentire dello stesso pontefice, vuol cogliere la sfida della vulnerabilità a cui la famiglia di oggi è esposta. Dopo alcuni capitoli che, di tale vulnerabilità, delineano la genesi socio-culturale, l’autore descrive magistralmente le quattro direttrici dell’attuale vulnerabilità nell’oikos familiare. La prima riguarda la sofferenza maschile nel quale si sta consumando un vero e proprio “lutto del ruolo” come lo definisce. In effetti il vissuto di perdita di un ruolo tradizionalmente forte, dominante, direttivo, e in qualche modo in sé esaustivo del “prendere” in moglie e dell’essere “capo”-famiglia ha messo in crisi profondamente il ruolo maschile rendendolo fragile, incerto, da ricostruire e ricostituire. Gli fa eco il ruolo femminile che, nonostante le grandi conquiste storiche dell’emancipazione stenta a trovare un suo equilibrio tra l’essere “madre di fa- 18 miglia o angelo del focolare” e quello che oggi la società le chiede e a cui le stesse battaglie per la parità dei sessi l’hanno portata. Di fatto una vera e totale parità è e si sta rivelando impossibile. Poi ancora la sofferenza giovanile in un contesto reso ancora più acuto dalla crisi occupazionale, dalla necessità di rimanere a lungo nel contesto familiare d’origine e la necessità (al di là dei legami affettivi) di Infine gli anziani, la cui longevità si protrae sempre di più e con essa le malattie, la necessità di far affidamento sui (pochi) figli, l’abbandono in case di riposo o al proprio domicilio affidato alle badanti, figure a volte eroiche di cui troppo spesso ci dimentichiamo o che non valutiamo adeguatamente. Quando si parla di immigrazione occorre ricordarsi che sono proprio loro a “salvare” i nostri anziani da un totale abbandono. Ecco a grandi linee delineate la stimolanti analisi di Sinno che ci conduce attraverso queste problematiche col suo consueto stile piano, leggibile ma al tempo steso profondo, documentato e coinvolgente. VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:17 Pagina 19 ISTITUTO SAN GIOVANNI DI DIO - GENZANO UN CAMPER A SERVIZIO DEGLI IMMIGRATI BISOGNOSI DEL TERRITORIO Gabriele D'Annibale n queste ultime settimane capita di veder circolare sulle strade della nostra diocesi un camper con scritto “Oasi della salute”. I Non si tratta di una macchina pubblicitaria per un centro benessere, ma di un servizio con lo scopo di tutelare la salute degli uomini e delle donne che non godono, per varie ragioni, di assistenza sanitaria nel nostro paese. Il progetto, nato dalla passione e dalla volontà dei religiosi del Fatebenefratelli di Genzano e in collaborazione con la Caritas diocesana, si propone di offrire ai più bisognosi delle visite mediche e specialistiche di cui, altrimenti, non potrebbero usufruire. A partire dal 2 maggio, l’ambulanza “Oasi della salute” ha stazionato presso alcune parrocchie della zona mediana e mare della diocesi (san Giovanni Battista a Campoleone, san Pietro in Formis a Campoverde, Spirito Santo ad Aprilia e santi Anna e Gioacchino a Lavinio) e grazie alla disponibilità professionale di un team di medici, infermieri e psicologi e al buon coordinamento dei Centri d’ascolto Caritas sono state effettuate più di cinquanta visite mediche. Di quali visite può usufruire il “malato di periferia?” Ha a disposizione specialità come la medicina generale, la cardiologia, la chirurgia, la neurologia, la derma- Équipe in partenza, diretta alla Parrocchia dello Spirito Santo ad Aprilia tologia, la pediatria, l’ortopedia e la podologia. Oltre ad assicurare le cure mediche, l’iniziativa desidera interessare la comunità locale perché l’attenzione a queste persone non sia solo di alcuni, ma possa coinvolgere e creare una rete con più soggetti così da permettere un reinserimento sociale dei destinatari della proposta. Nel prossimo mese di settembre l’ambulanza raggiungerà altri contesti diocesani perché possa essere avvicinata e tutelata l’umanità povera e sofferente garantendo loro le cure mediche necessarie per vivere in modo dignitoso. Perché, come ha sostenuto don Luigi Di Liegro «Noi tutti abbiamo bisogno dell’altro e dobbiamo incontrarci nell’altro, perché è nell’altro che si realizza la completezza della mia esistenza. Io ho bisogno dell’altro come l’altro ha bisogno di me. Il vero problema è andare a vedere i luoghi e le situazioni dove gli altri hanno bisogno di me». 19 VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:17 Pagina 20 OSPEDALE BUON CONSIGLIO - NAPOLI I FATEBENEFRATELLI E LA MADONNA DELL’OSPEDALE BUON CONSIGLIO A NAPOLI Don Raffaele Castiglione ffacciato sui due crinali della collina di Posillipo, sul golfo di Napoli a sud/est e su quello di Pozzuoli, a sud/ovest, non diviso, ma unito dalla Via Manzoni, proprio come cuore e polmoni, animato dai due maggiori precetti della nostra santa religione: Dio e il prossimo, palpita, più vitale di sempre, la stessa grande carità di san Giovanni di Dio, nell’ Ospedale Buon Consiglio. Già Casa di Formazione e Struttura ospedaliera, nel senso più stretto, sono lo spazio in cui dal 1936 a oggi operano i Fatebenefratelli. La loro storia e la loro presenza in Italia è un primato per Napoli, dove già dal 1572 i frati Pietro Soriano e Sebastiano Arias, nell’attuale quartiere Chiaia fondarono il piccolo ospedale Santa Maria della Vittoria, prima tappa di un per- A corso che vedrà sempre presenti e operanti questi frati religiosi nel capoluogo partenopeo. Nel 1587, infatti, nacque, in Via Tribunali l’Ospedale Santa Maria della Pace. Nel 1656 la loro presenza fu determinante per fronteggiare l’epidemia di peste che si abbatté sulla Città. Già dal 1853 i Fatebenefratelli caldeggiarono l’istituzione di una scuola teorico-pratica per medici, chirurghi e farmacisti e nel 1854 offrirono all’assistenza ai malati di colera una piccola casa di loro proprietà a Capodimonte. Nel 1867, come per tutti i religiosi, subirono la confisca dei loro beni da parte Foto di gruppo dopo la premiazione. 20 dello Stato, ma la “carità” evangelica, che non conosce limiti e confini, proseguì con essi il suo cammino e nel 1936 acquistarono l’ex Collegio di Via Manzoni dove nel 1937 inaugurarono l’ attuale Ospedale, intitolandolo alla Madonna del Buon Consiglio. È un titolo a cui i Fatebenefratelli, come del resto noi napoletani (basti pensare all’istituzione pontificia della basilica della Madonna del Buon Consiglio, a Capodimonte, nel secolo scorso) tengono molto: chi non ha sentito parlare del famoso dentista fra Giovanni Battista Orsenigo, gigante dal cuore buono? S’insediò a Roma, all’Isola Tiberina e lì aprì un ambulatorio gratuito. Questo frate dentista finì nel Guinness (e anche su vignette satiriche dei massoni) per aver estratto oltre 2 milioni di denti. Egli si adoprò, ri- VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:17 Pagina 21 uscendo nel proposito, per fare introdurre il titolo di “Madre del Buon Consiglio” nelle litanie lauretane. sima Cappella del Buon Consiglio in ospedale, punto di ansie e preghiere, dirottandola nella Sala teatro dell’ex Aspirantato. L’estensore del presente articoletto, in un modo o nell’altro, frequenta questa preziosa struttura di insostituibile carità, fin dal 1947 e ha avuto la fortuna, se pure occasionale, di conoscerne i vari Superiori e Frati, gli aspiranti e perfino qualche celebre loro P. Generale, che si sono succeduti nel tempo. All’Eucaristia, presieduta da don Claudio De Caro che ci ha regalato una dotta e apprezzata omelia: “Fate quello che vi dirà” (il consiglio/comando della Madonna ai Discepoli), hanno partecipato molti Confratelli: Gli è sembrata utile questa lunga premessa, convinto com’è, che niente si può stimare e amare se prima non si conosce. L’attuale superiore e consigliere della Provincia san Pietro, fra Alberto Angeletti, ha voluto solennizzare al meglio la ricorrenza di questo 2015 e per tempo ha inviato inviti e preziose locandine anche alle Parrocchie circostanti, corredandola di ricordi e premiazioni. I partecipanti erano talmente numerosi che si è stati costretti alla rinuncia della celebrazione nell’ornatis- - Fra Gerardo D’Auria, superiore provinciale con i Confratelli della Comunità locale, - P. Agostino, provinciale dei Frati Minori, con il cappellano P. Giacinto e l’artista, P.Giorgio, - Don Ciriaco, il cappellano padre Montesano dei Barnabiti, i padri Vittorio e Carlo dei Pallottini, don Castiglione, don Monaco e don Roberto dei Vocazionisti, le due Comunità religiose femminili operanti nell’Ospedale (Suore Indiane di santa Teresa del Bambino Gesù e Suo- re Polacche di Maria Assunta), lo staff al completo dei Dirigenti e Medici liberi dal servizio e tanti altri amici dei Fatebenefratelli. Durante la celebrazione ci sono state due “Affiliazioni”: partecipazione ai beni e ai meriti spirituali dell’Ordine ospedaliero, con diploma di benemerenza da parte del superiore generale, fra Jesús Etayo, il responsabile della contabilità, Gioacchino Ciampa, e don Raffaele Castiglione, superiore generale emerito dei Vocazionisti. È seguita la premiazione per 46 Dipendenti con 25 anni di servizio e alle 13,00, poiché “ubi missa, ibi mensa”, tutto è stato coronato con un generosissimo convivio, ben preparato e ben offerto dalle operatrici della cucina. La preghiera di ringraziamento del Padre Superiore dell’Ospedale Buon Consiglio” non ci ha diviso, ma ha restituito ciascuno ai propri impegni di lavoro. Concelebrazione Eucaristica presieduta da don Claudio De Caro 21 VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:17 Pagina 22 MISSIONI FILIPPINE NEWSLETTER XXV DI AMADEO Ad Amadeo il primo maggio la festa di San Riccardo Pampuri è stata celebrata quest’anno con un forte sentimento di gratitudine per codesto nostro Santo, cui abbiamo intitolato la Casa, nata primariamente quale sede del Noviziato delle Filippine e aperta nel 1990, ossia giusto 25 anni or sono, nel corso dei quali egli ha interceduto per noi dal Cielo continue grazie, sia nell’ambito dell’afflusso di alcune solide vocazioni ospedaliere e loro perseveranza, sia nell’ambito del progressivo estendersi e qualificarsi del nostro Centro di Riabilitazione per Disabili fisici e psichici, entrato in funzione fin dal giugno 1996. Per l’occasione abbiamo avuto la gioia d’avere con noi il nostro Padre Provinciale, fra Gerardo D’Auria, arrivato a Manila il 28 aprile insieme al dottor Raffaele Pilla e che s’è poi intrattenuto nelle Filippine fino al 4 maggio per dialogare con i confratelli e collaboratori. Altro ospite d’onore è stato il Padre Postulatore del nostro Ordine, fra Elia Tripaldi, che era accompagnato da suo fratello, padre Antonio Tripaldi, della Provincia Umbro-Picena del Terzo Ordine Regolare di San Francesco, nonché da fra Lorenzo Antonio E. Gamos, che è filippino, ma attualmente si trova di Comunità a Genzano e ha profittato dell’occasione per visitare la famiglia. Erano inoltre presenti vari nostri confratelli stranieri: per la Provincia dell’Oceania fra Giuseppe Smith e fra Terenzio Tehan; per quella Coreana, fra Giovanni Jung e fra Matteo Lee; per quella Vietnamita fra Domenico Maria Tran Van Hiep e fra Giovanni Battista Minh Tran; e per la Delegazione Provinciale della Papua Nuova Guinea fra Lorenzo Wamugl, fra Riccardo Tawamana, fra Nevol Anele e fra Tommaso Asei. La festa è iniziata già al mattino, quando fra Ildefonso L. De Castro, nostro primo confratello filippino asceso al sacerdozio, ha presieduto le Lodi, presenti anche i frati di Manila, e durante le quali il Padre Provinciale, avendo come testimoni i Priori di Manila e di Amadeo, ha ammesso in Noviziato tre giovani Postulanti: Jerome A. Cenera, cui ha imposto il nome in Religione di fra Giuseppe Maria Escrivá; Marlon U. Biason, cui ha imposto quello di fra Isidoro; e Roger H. Calipes, cui ha imposto quello di fra Giuseppe Lavoratore. Il Padre Provinciale, dopo aver fatto loro indossare la tonaca e la cintura da frati, li ha affidati al Maestro dei Novizi, fra Firmino O. Paniza che, per inciso, è stato poi per motivi organizzativi autorizzato il 25 maggio dal Definitorio Genera- Professione Religiosa di fra Rocco, fra Aroldo e fra Riccardo Le felicitazioni del Provinciale e del Delegato ai tre Novizi e la successiva foto ricordo con i frati presenti 22 VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:17 Pagina 23 ha concluso felicitandosi con i tre frati che si accingevano a emettere i Voti Solennii e incoraggiandoli a vivere con generosità la loro consacrazione definitiva al Signore. Dopo il canto delle Litanie il Padre Provinciale, avendo come testimoni i Priori di Manila e di Amadeo, ha ricevuto la Professione Solenne di fra Riccardo S. Quillo, fra Aroldo I. Alquicer e fra Rocco T. Jusay, ai quali, dopo una solenne articolatissima Benedizione impartita loro da mons. Buhain, ha consegnato il Crocifisso, il Breviario e il Rosario. Com’è tradizione, la festa si è conclusa con una gioiosa agape fraterna. L’ASSEMBLEA DI MAGGIO La nuova reliquia di San Riccardo Pampuri, donataci dal Postulatore le a trasferirsi provvisoriamente a Manila assieme ai Novizi per l’intera durata dell’anno canonico. Appena terminate le Lodi, il Priore di Manila è stato lieto di informare dall’ambone i Confratelli che a ricordo del XXV della Casa il Postulatore aveva offerto una davvero inconsueta reliquia di San Riccardo Pampuri, ossia un frammento incorrotto del cuore, sicché ora si potrà davvero dire che il Santo ha lasciato “un pezzetto del suo cuore” nella nostra Casa di Amadeo, a lui intitolata. Tale reliquia è stata racchiusa in un pregevole reliquiario, fatto eseguire dal Padre Provinciale, sicché sono saliti in Presbiterio sia il Postulatore, recando il reliquiario, sia il Provinciale che lo ha ricevuto da lui, sia il Priore della Casa, fra Romanito M. Salada, al quale è stato affidato in custodia. laboratori, vicini e benefattori, nonché le Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, le Suore Missionarie Clarettiane, le Suore di Santa Maria di Leuca, le Suore Salvatoriane e le Suore della Carità di San Carlo Borromeo. Un settore particolare era stato ovviamente riservato ai parenti e agli amici dei tre frati ammessi ai Voti Solenni. All’Omelia il vescovo ha voluto per prima cosa ringraziare il nostro Ordine per il compiersi di un quarto di secolo della sua assai apprezzata presenza ad Amadeo e per il prezioso prodigarsi nella riabilitazione di tanti disabili che vivevano emarginati; ha commentato poi il Vangelo del giorno e, infine, Dopo aver avuto dal 5 al 9 maggio il Ritiro Annuale a Tagaytay, le nostre due Comunità delle Filippine si sono riunite in Assemblea ad Amadeo il 10 maggio, sia per fare il punto sugli ultimi avvenimenti, tra cui in modo particolare i nuovi obiettivi del nostro apostolato a Manila, sia per aggiornare il Progetto di Vita delle due Comunità, sia per esaminare l’opportunità di elaborare un Codice Etico dei Confratelli, che riecheggi quello da poco adottato per i collaboratori. Sempre ad Amadeo, ha fatto seguito il giorno successivo un’Assemblea allargata a vari collaboratori, per ascoltarne l’opinione sul Regolamento Interno, sul Codice Etico e sulle nuove iniziative assistenziali in Manila. Tale reliquiario è rimasto esposto per tutto il giorno accanto alla statua del Santo, che era stata collocata nel presbiterio, ed è stato offerto al bacio dei fedeli sia subito, sia a fine mattina, al termine della Solenne Eucarestia, presieduta dall’ausiliare emerito di Manila e affiliato al nostro Ordine, mons. Teodoro J. Buhain. Con lui hanno concelebrato fra Ildefonso L. De Castro, fra Giovanni Jung e il Cappellano di Manila, don Paolo Tran Xuan Lam. Il coro della parrocchia di San Rocco ha animato il Rito, cui hanno assistito vari col- La foto ricordo col vescovo, dopo le tre Professioni Solenni 23 VO n° 06 giugno 2015_VO n° 06 giugno 2015 25/06/15 12:17 Pagina 24 I FATEBENEFRATELLI ITALIANI NEL MONDO I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere. I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri: CURIA GENERALIZIA www.ohsjd.org • ROMA Centro Internazionale Fatebenefratelli Curia Generale Via della Nocetta 263 - Cap 00164 Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102 E-mail: [email protected] Ospedale San Giovanni Calibita Isola Tiberina 39 - Cap 00186 Tel 06.68371 - Fax 06.6834001 E-mail: [email protected] Sede della Scuola Infermieri Professionali “Fatebenefratelli” Fondazione Internazionale Fatebenefratelli Via della Luce 15 - Cap 00153 Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308 E-mail: [email protected] Ufficio Stampa Fatebenefratelli Lungotevere de' Cenci, 5 - 00186 Roma Tel.: 06.6837301 - Fax: 06.68370924 E-mail: [email protected] • CITTÀ DEL VATICANO Farmacia Vaticana Cap 00120 Tel 06.69883422 Fax 06.69885361 • PALERMO Ospedale Buccheri-La Ferla Via M. Marine 197 - Cap 90123 Tel 091.479111 - Fax 091.477625 www.ospedalebuccherilaferla.it • MONGUZZO (CO) Centro Studi Fatebenefratelli Cap 22046 Tel 031.650118 - Fax 031.617948 E-mail: [email protected] • ALGHERO (SS) Soggiorno San Raffaele Via Asfodelo 55/b - Cap 07041 • ROMANO D’EZZELINO (VI) Casa di Riposo San Pio X Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060 Tel 042.433705 - Fax 042.4512153 E-mail: [email protected] MISSIONI • FILIPPINE St. John of God Social and Health Center 1126 R. Hidalgo Street - Quiapo - 1001 Manila Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918 E-mail: [email protected] http://ohpinoy.wix.com/phils Sede dello Scolasticato e del Noviziato della Delegazione Provinciale Filippina St. Richard Pampuri Rehabilitation Center 26 Bo. Salaban - Amadeo - 4119 Cavite Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.46.4131737 E-mail: [email protected] http://bahaysanrafael.weebly.com Sede dell'Aspirantato e del Postulantato della Delegazione Provinciale Filippina PROVINCIA ROMANA PROVINCIA LOMBARDO-VENETA www.provinciaromanafbf.it www.fatebenefratelli.it • ROMA Curia Provinciale Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794 E-mail: [email protected] Centro Studi e Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio” Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536 E-mail: [email protected] Sede dello Scolasticato della Provincia Centro Direzionale Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520 Ospedale San Pietro Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33581 - Fax 06.33251424 www.ospedalesanpietro.it • GENZANO DI ROMA Istituto San Giovanni di Dio Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045 Tel 06.937381 - Fax 06.9390052 www.istitutosangiovannididio.it E-mail: [email protected] Sede del Noviziato Interprovinciale • BRESCIA Centro San Giovanni di Dio Via Pilastroni 4 - Cap 25125 Tel 030.35011 - Fax 030.348255 [email protected] Sede del Centro Pastorale Provinciale Sede legale Via Pilastroni 4 - Cap 25125 e-mail: [email protected] Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico San Giovanni di Dio Via Pilastroni 4 - Cap 25125 Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513 E-mail: [email protected] Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli onlus Via Corsica 341 - Cap 25123 Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386 E-mail: [email protected] • CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI) Curia Provinciale Via Cavour 2 - Cap 20063 Tel 02.92761 - Fax 02.9241285 Sede del Centro Studi e Formazione Centro Sant’Ambrogio Via Cavour 22 - Cap 20063 Tel 02.924161 - Fax 02.92416332 E-mail:a [email protected] • SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI) Centro Sacro Cuore di Gesù Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078 Tel 037.12071 - Fax 037.1897384 E-mail: [email protected] • SAN MAURIZIO CANAVESE (TO) Beata Vergine della Consolata Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077 Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175 E-mail: [email protected] Comunità di accoglienza vocazionale • SOLBIATE (CO) Residenza Sanitaria Assistenziale San Carlo Borromeo Via Como 2 - Cap 22070 Tel 031.802211 - Fax 031.800434 E-mail: [email protected] Sede dello Scolasticato • TRIVOLZIO (PV) Residenza Sanitaria Assistenziale San Riccardo Pampuri Via Sesia 23 - Cap 27020 Tel 038.293671 - Fax 038.2920088 E-mail: [email protected] • VARAZZE (SV) Casa Religiosa di Ospitalità Beata Vergine della Guardia Largo Fatebenefratelli - Cap 17019 Tel 019.93511 - Fax 019.98735 E-mail: [email protected] • VENEZIA Ospedale San Raffaele Arcangelo Madonna dellʼOrto 3458 - Cap 30121 Tel 041.783111 - Fax 041.718063 E-mail: [email protected] Sede del Postulantato e dello Scolasticato della Provincia • CROAZIA Bolnica Sv. Rafael Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga Sumetlica 87 - 35404 Cernik E-mail: [email protected] MISSIONI • NAPOLI Ospedale Madonna del Buon Consiglio Via A. Manzoni 220 - Cap 80123 Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643 www.ospedalebuonconsiglio.it • ERBA (CO) Ospedale Sacra Famiglia Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036 Tel 031.638111 - Fax 031.640316 E-mail: [email protected] • ISRAELE - Holy Family Hospital P.O. Box 8 - 16100 Nazareth Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101 • BENEVENTO Ospedale Sacro Cuore di Gesù Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100 Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935 www.ospedalesacrocuore.it • GORIZIA Casa di Riposo Villa San Giusto Corso Italia 244 - Cap 34170 Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988 E-mail: [email protected] • TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu Afagnan - B.P. 1170 - Lomé Altri Fatebenefratelli italiani sono presenti in: • BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu Tanguiéta - B.P. 7