07.05.69 In vista dell'arrivo dei nuovi preti. Proposta di assemblea al Vingone BA029 (Interventi di: Enzo Mazzi, Urbano Cipriani, Carlo Consigli, Sergio Rusich, Giovanni Cipani, p. Alberto Simoni o.p., Mira Furlani, Sergio Gomiti, Enrrico Manuelli, Donatello Gerbi, Vittorio Tabacchini, d. Remo Collini, p. Tony Sansone, altre voci non identificate) Enzo M.: Allora incominciamo la nostra assemblea. Innanzitutto devo mettervi al corrente che alcuni di noi sono stati dai carabinieri, dalla polizia giudiziaria, nei giorni scorsi, a causa del Notiziario. Siamo stati chiamati anche noi tre preti e poi altri tre o quatto laici. Volevano sapere chi faceva questo Notiziario. Noi gli si è detto che non è che ci fosse una persona o un gruppo che fosse particolarmente incaricato di questo. Il Notiziario corrispondeva un po' alle idee, alle indicazioni che emergevano dalla assemblee: lì c'era un fatto comunitario come tutti i fatti che si svolgono all'Isolotto. In pratica questo Notiziario è stato sotto osservazione della Questura perché non aveva, ah! era fatto come notiziario parrocchiale e come tale non aveva autorizzazione mentre invece sembra che debba avere l'autorizzazione e noi questa autorizzazione la si chiederà regolarmente e si spera con questo i sistemare la faccenda altrimenti dovremmo pagare una contravvenzione. Si vedrà un po'. E' una cosa che non ha un grande rilievo questa. L'ho comunicata così perché era accaduta nei giorni scorsi. Ho saputo che ci sono altre persone che sono state chiamate dai carabinieri e queste persone dovranno andare non si sa di preciso perché, se sia ancora per questo Notiziario o se sia per altre cose. Comunque per qualsiasi cosa siano l'affronteremo. Ad ogni modo se fosse per il Notiziario il discorso è questo: questo Notiziario è frutto di tutta la Comunità , non c'è nessuno che in particolare se ne occupa. Ad ogni modo se ci fossero qui delle persone che sono state chiamate dopo si fermano e se ne parla un momentino. Voce maschile: E' un Paese libero veramente questo! Enzo M.: Sì. Poi alcune altre notizie. In questi giorni è uscito un libretto, una rivista pubblicata da una editrice milanese Jaka Book, che riporta dei documenti, delle lettere scritte all'Isolotto da persone o gruppi italiani. Sono lettere molto belle e se c'è un po' di tempo una o due si leggono prima di andare via. Poi c'è arrivata una rivista francese, la rivista intitolata catechistes. Questa rivista francese pubblica l'introduzione e alcune schede del nostro catechismo. Ci hanno mandato la rivista e alcuni fascicoli. Chi volesse, sono tre o quattro qui, chi ne volesse uno, magari per metterlo se qualcuno di voi fa una documentazione a casa può mettere insieme anche questo qui, ecco lo può prendere dopo. Questa introduzione del nostro catechismo viene presentata in maniera estremamente positiva ed è, diciamo così, la premessa della pubblicazione in francese del nostro catechismo. Forse, il mese prossimo o quest'altro mese uscirà in francese ed è una cosa piuttosto seria e grossa che il nostro catechismo venga pubblicato una lingua che poi va in tutto il mondo, poi verrà pubblicato anche in altre lingue, in tedesco, in inglese, eccetera. Voce maschile: Alla televisione hanno presentato il libro nostro. Enzo M.: Alla televisione hanno presentato il nostro libro? Urbano C.: Quando? Carlo C.: [lontano dal microfono]: Ieri l'altro, mi hanno detto. Presentarono il libro dell'Isolotto dicendo che era all'avanguardia di certi problemi. Carlo C: [si avvicina al microfono e ripete]: L'hanno presentato alla televisione - me l'hanno raccontato perché hanno detto appunto che il libro era all'avanguardia su certe problematiche e che era l'inizio di un nuovo discorso. A me lo hanno riportato. Comunque è stato tre o quattro giorni fa. Enzo M: Evidentemente è il libro pubblicato da Laterza su l'Isolotto. E poi dovrebbero venire a parlare dei preti. Siamo in attesa che vengano. Comunque è un momento questo in cui noi siamo un po' in attesa evidentemente, in attesa che aprano questa chiesa e che possiamo rientrare dentro e fare il nostro discorso. E come tutti i momenti di attesa è un momento anche di difficoltà per noi. E' un po' una guerra di nervi e insomma bisogna reggere. A proposito di questo c'era Rusich che voleva dire qualche cosa e forse è bene che venga. Voleva parlare a proposito del momento grave che viviamo. Voce femminile: Allora stamattina c'era una suora che m'ha detto che voleva le firme per mandare via don Mazzi e gli altri preti e poi riaprire la chiesa. Se no la chiesa ha detto che non la riaprono. [Reazione e protesta rumorosa da parte dell'assemblea] Sergio R.: Buona sera. E' da parecchio tempo che non ci sentiamo e io ho meditato a lungo e credo che stasera debba proprio dire due parole di circostanza. Come aveva già accennato Enzo l'esperienza dell'Isolotto è dilagata a macchia d'olio. Abbiamo appreso questa sera che verrà pubblicato anche in Francia il catechismo quindi, anche a prescindere da questi fatti, noi vediamo anche in generale che nel nostro Paese c'è qualcosa che si muove. Mi sia consentito di essere franco anche dal punto di vista politico. Effettivamente, a una mente sensibile, appare evidente in questa circostanza che tante cose hanno preso una dinamica più spedita. Non è vero? Io penso, sia nel campo della Chiesa sia nel campo anche in generale politico questa esperienza originale, nata qui nella nostra Comunità, abbia dato innegabilmente dei frutti, perché è nata interpretando una circostanza storica effettivamente matura. Ecco, non è nata per stravaganza di alcuni uomini che volevano fare delle originalità ma era il tempo maturo. Sono stati gli uomini anche, e i nostri preti in prima persona, che hanno sentito la necessità impellente di rompere gli indugi. Quindi noi sappiamo che (ci sono) esperienze molteplici. Anche a me, che sono diciamo così alla periferia, che non sono nell'epicentro della organizzazione, tante volte si sono rivolti amici della Toscana e di altre parti (per sapere)anche come si potrebbero avere i vostri preti, dobbiamo discutere, parlare. Quindi è una cosa risaputa che questa situazione dell'Isolotto si è divulgata. Io vorrei questa sera richiamare la vostra attenzione su un fatto, sul fatto della Comunità vera e propria dell'Isolotto, della Comunità matrice, di quella che è stata a fianco di don Mazzi e che ha aiutato i nostri preti a fare questa azione che, siamo pienamente convinti, è stata fatta a fine di bene dal punto di vista religioso e dal punto di vista sociale. Io penso che, mentre da un lato si sviluppa questa azione collaterale ed estensiva sia in campo nazionale che nel campo internazionale, bisognerebbe guardarci in faccia noi e vedere se possiamo tirare le fila, se possiamo in certo qual modo disporre di quella Comunità dell'Isolotto che sembra in questi ultimi tempi, non per motivi fondati, ma per un senso di stanchezza, per un senso di disorientamento, per un senso anche di sfiducia, non sfiducia nella nostra idea, ma sapendo che tutte le cause, tante cause sono concomitanti a far sì che non si potrà ottenere quello che si voleva noi, ossia che i preti non abbandonassero la chiesa, c'è una fase di allentamento, forse. Forse, dico, è una fase di allentamento e forse non è nemmeno una fase di allentamento; forse, come diceva Urbano, dandoci un fischio, possiamo ritrovarci tutti. Ora sapete, amici dell'Isolotto, Enzo diceva noi siamo in questa attesa che riaprano la chiesa. Io so, per esperienza vissuta, che nella lotta i momenti di attesa sono i più logoranti e i più difficili. Perché dopo il momento di attesa e di apparente calma subentra la fase di lotta rinnovata e acuta e non si sa come organizzata, verso quali fini rivolta. Quindi io dico in questa fase di attesa noi non dobbiamo essere sprovveduti. E' necessario elaborare anche noi una tattica , perché noi non possiamo assolutamente pensare che i nostri avversari, e quando dico gli avversari penso alla Curia e penso a don Panerai, stiano assolutamente dormendo su gli allori. Loro stanno tramando qualche cosa. Noi nel nostro momento quando abbiamo potuto siamo entrati nella loro strategia e abbiamo cercato di sventare le loro azioni denunziandole come per quando riguardava qui la cappelletta della via del Palazzo dei Diavoli. Noi abbiamo degli elementi fondati per dire effettivamente che loro avevano fatto delle richieste per ampliare e per fare quasi una succursale o un'altra chiesa contestataria. Quindi si tratta di entrare nella loro strategia, si tratta di avere un programma vero e proprio. Io non vado tanto per le lunghe. A confermare quanto vi dico vi porto un esempio. E' successo proprio qui, oggi, a scuola dove il prete di religione, l'ispettore, si è rivolto a una insegnante anziana, insomma che ha dei figli molto grandi e che partecipa alla vita della Comunità pregandola vivamente di voler sollecitare la scolaresca e attraverso la scolaresca i genitori per appoggiare i nuovi preti [Voci e grida dissenzienti di reazione al fatto]. No, no, non c'è nulla, perché vedete, amici, noi dobbiamo assolutamente meditare e poi parlare perché questi urli possono anche disturbare, noi sappiamo che noi siamo tutti solidali e non è necessario. Quindi io vi ho portato un esempio, successo proprio questa mattina e mi è capitato proprio al momento opportuno per dimostrarvi come loro cercano in maniera capillare di organizzare questa azione per vedere se possono rompere, se possono smontare la situazione. Ora io avevo ancora prima pensato che noi non dobbiamo trascurare un fatto veramente importante: il fatto dei nostri ragazzi che vanno alla scuola elementare e il fatto dei genitori. Io, ancora prima che succedesse questo fatto che vi ho narrato, accaduto questa mattina, avevo pensato che una delle forze vive dell'Isolotto sono, è stato e dovrebbe essere ancora, i ragazzi della scuola e attraverso i ragazzi i loro genitori. La memorabile circostanza del 5 dicembre, con quella manifestazione nata improvvisamente, hanno dato una delle più fulgide manifestazioni di attaccamento a questo indirizzo comunitario religioso dato dai nostri figli. E' vero? Ecco. Io penso che non bisogna trascurare questo fatto. Io penso che in questo senso bisogna fare dei sondaggi per vedere se al momento opportuno si potrà ancora disporre di questa organizzazione, di questi genitori, di questi ragazzi per dimostrare ancora una volta che non siamo a terra ma che la nostra azione, anche se attenuata momentaneamente, è sempre pronta a rimbalzare per dimostrare in maniera chiara e lampante la solidarietà dell'Isolotto e la corsa comunitaria dell'Isolotto. Don Mazzi e i preti, secondo la mia valutazione, la loro forza è stata in questo che loro non si sono organizzati e non hanno organizzato la vita comunitaria. A me sembra che questa espressione che possa essere accettabile, né in maniera borghese e nemmeno tanto in maniera marxista. Intendo dire che nella vita comunitaria di don Mazzi non c'era un gruppo dirigente attivo e una grande massa passiva. Nel gruppo di don Mazzi che ha allevato, e specialmente dei giovani, lì c'erano tutti in fase attiva. In questo mondo della società consumistica dove c'è un gruppo che dirige sempre e un gruppo che sempre segue certe volte si sperde la forza. La forza di don Mazzi e dei preti era stata determinata dal fatto che si viveva una vita comunitaria pre-attiva dove nessuno era servo e nessuno era padrone. Ognuno era partecipe in maniera attiva, presente, le iniziative venivano prese dai giovani, anche quando mio figlio all'età di dodici tredici anni partecipava alla vita dei boyscout, c'era questa avvicendamento che è stato uno delle forze fondamentali, una forza di entusiasmo, una forza d'impeto, una forza però non organizzata. Io penso che nella fase in cui ci troviamo noi dobbiamo invece elaborare una strategia organizzata e ben ponderata. Io penso che nella fase in cui ci troviamo la Comunità dovrebbe esprimere un comitato. La mia proposta non ho detto che debba essere accettata, ma credo che noi dobbiamo entrare in una fase strettamente organizzativa. Non so se esiste, penso che possa anche esistere, ma è necessario all'attuale momento che ci sia. Dalla vostra espressione, nasca dalla vostra volontà un comitato in maniera che tutti i problemi (siano posti) sotto un profilo strategico, tattico e organizzativo. Non è più possibile andare avanti con quell'impulso in cui tutti siano attori e tutti siano allo stesso tempo spettatori. Io penso che oggi bisogna entrare in questa fase organizzativa per non disperdere quel patrimonio che effettivamente esiste. Amici io già una volta lo dissi. Avevo insistito quando si trattava di nominare il Comitato Gescal ed io mi ero proposto questo problema. Il Comitato Gescal viene nominato con libere elezioni di tutti quelli che sono gli assegnatari dell'Isolotto. Quindi si fa una elezione. Siccome l'Isolotto aveva espresso con settemila, ottomila firme una grande forza non bisognava trascurare il fatto in maniera che poi ne risultasse un Comitato della Gescal in contrasto magari con la Comunità. Se noi trascuriamo certi fatti non si sa cosa può nascere. Se noi non bagniamo i nostri fiori, se non li coltiviamo comincia a crescere l'erba nel nostro giardino. Quindi io non ero tranquillo e mi ponevo questa domanda: se eventualmente risulta eletto questo Comitato della Gescal di venti persone o trenta persone, la maggioranza delle quali è contro l'esperienza di don Mazzi che cosa abbiamo noi? Da domani loro cominciano a riempire tutto l'Isolotto e la stampa prende a dire: dove è stato fatto effettivamente un Comitato democraticamente eletto cosa è risultato? E' risultato che c'è una forza contro don Mazzi. Quindi quelli che sono con don Mazzi non sono dell'Isolotto. E quindi avrebbero potuto gettare discredito su coloro che non conoscono la nostra vicenda. Per questo motivo era necessario organizzarci perché il Comitato Gescal fosse concomitante, la maggioranza di loro condividesse questo punto di vista della Comunità. Io penso perciò che sia estremamente necessario passare a questa fase organizzativa perché prendo in maniera precisa lo spunto di Enzo quando ha detto "aspettiamo". Noi non posiamo aspettare che loro aprano la chiesa e poi domandarsi cosa dobbiamo fare. Noi dobbiamo già sapere per filo e per segno, ipoteticamente venga studiato il problema, quale sarà il nostro atteggiamento, cosa dovremo fare, cosa dovremo proporre; di fronte al loro rifiuto quale sarà il nostro atteggiamento. Questo io penso che sia necessario fare. La Comunità dell'Isolotto si ritrova qui ogni mercoledì, ci si ritrova fuori quando viene fatto le preghiere la domenica mattina, però in relazione al fatto che tutta questa situazione dell'Isolotto dilaga mi pare che è fondamentalmente necessario valutare anche quello che noi siamo ancora capaci di fare, che dimostrazione di forza possiamo dare ancora noi come vita comunitaria dell'Isolotto. Siamo tutti quelli che eravamo prima? Ci siamo dispersi? Quali sono le cause? I motivi di discordia, i motivi di distacco possono essere molteplici. Però noi non dobbiamo avere paura di parlare così con franchezza, perché oltre quelli che sono i motivi di distacco noi non dobbiamo cercarli, affiorano di per sé. Dobbiamo cercare quali sono ancora gli elementi che ci attaccano, che ci legano. Questo è un punto fondamentale. E io penso che, se noi cerchiamo quali sono ancora i motivi, gli elementi che ci legano, noi possiamo superare le piccole divergenze che si verificano. Vogliamo sdrammatizzare le divergenze. La difficoltà è insita nella vita e nella natura umana . Se noi sappiamo superare queste divergenze e troviamo invece quali sono i punti che ancora ci legano e ci uniscono, se noi soprattutto prendiamo coscienza di quella che è stata la vita e la lotta comunitaria dell'Isolotto, la grande importanza, la grande ripercussione che ha avuto nella Chiesa perché oggi non si legge più sul giornale che vi sia una vita, una comunità religiosa dove non abbia dei punti di divergenza. Questo è fondamentale effettivamente. C'è qualche cosa che si muove. Questo rientra praticamente in quello che era il fine particolare della vita comunitaria dell'Isolotto. Quindi è necessari predisporre una azione strategica per poter affrontare le ardue lotte, i difficili momenti del domani. E perciò sarebbe estremamente necessario che da questa Comunità, diciamo così più fedele, che non ha mancato mai una battuta, nascesse una espressione di una ventina di persone le quali dovrebbero esaminare il problema sotto il profilo razionale in maniera di essere pronti ad ogni evenienza, di avere una strategia, di potersi muovere sul piano tattico e sapere testimoniare in maniera intelligente, cominciare a divulgare la voce soprattutto che noi già intravediamo la necessità di mobilitare un'altra volta i seicentotrenta ragazzi, seicentotrenta ragazzi della scuola primaria. Quando si è fatto lo sciopero ce n'erano quarantacinque a scuola: è stato un atto di adesione che ha scombussolato tutti effettivamente. Lì abbiamo avuto anche la forza e lì c'è stata la prima volontà di continuare questa azione perché effettivamente è stata una cosa nata spontaneamente. Io ho sentito proprio la necessità di battere su questo punto qui perché sarebbe deleterio, dannoso, e anche da parte nostra una dimostrazione di poca intelligenza, a constatare che questa azione dell'Isolotto si divulga, viene recepita, noi vediamo dei preti, vediamo degli allievi ufficiali che ci sono questa sera, vediamo gente che viene da tutte le parti d'Italia e poi al momento opportuno la Comunità dell'Isolotto che non sa trovare un elemento perché ormai per noi è un impegno morale. Non è che la nostra attività si sia esaurita, noi saremo chiamati ancora a fortissimi cimenti. E' bene cercare di essere uniti. Ed è necessario essere preparati. Questa fase di transizione è una fase diciamo così di aspettativa in attesa che qualcosa nasca, si sviluppi. E per questo motivo è necessario elaborare una strategia. E' necessario essere uniti. E' necessario vedere in che modo possiamo rispondere, se la forza è diminuita di tanto questa sensibilizzazione da parte vostra. E' necessario fino da ora, io penso, che ciascuno di noi con i vicini di casa dica: guardate che a momenti saremo chiamati tutti in piazza di nuovo: io penso che sia indispensabile da parte di ciascuno di noi. Io, a casa mia, per esempio, nel mio caseggiato so che posso contare su quattro famiglie. A queste quattro famiglie io dirò: guardate noi saremo chiamati a una prova sia grandi che piccini alla quale non dovremo mancare. Quando loro crederanno che la Comunità dell'Isolotto l'epicentro il terreno e il cuore si è ormai un po' estinto, fiaccato, in quel momento dovranno vedere che noi abbiamo la forza dei primi giorni. Giovanni C.: Io proporrei che la proposta del Rusich fosse discussa. Io ho visto diverse persone che facevano così con la testa però tutto rimane un bel discorso. Bisognerebbe discuterla fra di noi questa proposta. Chi vuole parlare. p. Alberto S. o.p. (di S. Maria Novella). Mi scuso subito con tutti di leggere per una comprensibile misura di prudenza. Non sono implicato soltanto io ma qualcuno alle spalle. Parlo forse troppo con la mente anche per una certa deformazione professionale, però vorrei proprio che mi ascoltaste col cuore. E' appena la quarta volta che mi trovo tra di voi e non sono certo in grado di pronunziarmi in un senso o in un altro con la dovuta conoscenza, quella conoscenza che sarebbe necessaria. Anche se non ho mai nascosto il mio atteggiamento di simpatia e la mia valutazione positiva sull'affare, diciamo così, Isolotto, però considerato più nel suo insieme, quindi come sintomo e simbolo di vitalità e di risveglio nella Chiesa. Non mi sentirei perciò, senza mancare di sincerità, di schierarmi non però per falsi timori. Quando è stato necessario mi sono anche esposto ma soprattutto perché mi sembra impossibile schierarsi, inutile ed anche in qualche modo dannoso. Così come in realtà appaiono dal vivo le cose possono risultare un po' diverse non solo da quanto si è potuto leggere da alcuni giornali ma anche da quella che è l'impostazione ideale e programmatica del libro "Isolotto 1954-1969" che mi sentirei di sottoscrivere in pieno, salvo qualche punto da sottoporre ad eventuali discussioni e chiarimenti per quello che è la parte iniziale e positiva poi per il resto ci sono…Se mi trovo qui è solo quindi per un certo senso di fiducia verso di tutti e per un dovere di onestà nei vostri confronti, per conoscere, per capire, eventualmente per intenderci e comprenderci, in una parola per fraternizzare veramente prima che per prendere qualsiasi posizione perché mi sembra inutile prendere posizione. Ed è per questo senso di fraternità che mi permetto appunto di esprimervi queste quattro osservazioni anche se in tono un po' critico, senza nascondermi quello che in voi posso ammirare, quello che da voi effettivamente posso e debbo senz'altro imparare. Preferireste magari che mancassi di sincerità nei vostri confronti, pur di vedermi in qualche modo schierarsi o con quello o con quell'altro? Credo senz'altro di no. Quello che sinceramente più mi dispiace e mi preoccupa è che quanto siete stati capaci di costruire faticosamente, e so quanto costa costruire veramente una comunità per tanti anni, possa purtroppo sciuparsi, deteriorarsi per un certo spirito di parte che potrebbe prendere in qualche modo il sopravvento nelle sue varie forme di animosità, di tendenziosità, di faziosità, di intemperanza di linguaggio eccetera. Mi direte che è uno spirito di parte più che giustificato e forse potreste avere anche ragione se si guarda ai fatti e agli altri, ma se in fondo però con sincerità guardiamo a noi stessi e soprattutto al Cristo, a quello che deve premerci di più non c'è spirito di parte che tenga e che debba valere. Proprio questo spirito, fratelli, potrebbe pericolosamente diventare la fonte di ispirazione di tutto un certo comportamento a discapito di una vera carità, di un vero spirito di coizione di comunità e della verità stessa. Io modestamente sono convinto di una cosa: che non si può, che non si deve essere partigiani neanche del bene e neanche per la giustizia perché in questo caso arriveremmo a sentirci nel giusto e giusti solo perché gli altri, almeno a nostro modo di vedere, non lo sono o sono nel torto, a giudicare noi stessi solo in rapporto agli altri, quindi la preoccupazione di vedere la classica pagliuzza nell'occhio degli altri potrebbe anche nasconderci la trave nel nostro occhio. Se il pubblicano della parabola, la conosciamo bene e quindi è inutile ripeterla, avesse adottato lo stesso sistema del fariseo per mettersi di fronte a Dio e avesse detto tra sé e sé: quello che vale di fronte a te, Signore, è il timore, è la mia umiltà, è il mio sentimento, è la mia povertà, quindi non pagare le decime, digiunare, ritenersi al di sopra degli altri come crede quello lassù, io credo che anche il pubblicano, in questo caso, sarebbe uscito dal tempio non giustificato, non in pace con Dio, ma nelle stesse condizioni in cui uscì il fariseo. Mentre a lui interessava trovarsi e mettersi spassionatamente davanti a Dio, indipendentemente dal giudizio degli altri a suo riguardo e senza nessuna preoccupazione di giudicare gli altri o di giudicarsi in rapporto agli altri. Si può anche essere condannati e rifiutati ma non si deve fare in modo di essere condannati e giudicati tanto per essere o per il gusto di esserlo. C'è un momento, e mi rifaccio ancora la Vangelo e credo che sia necessario, un momento della vita di Gesù significativo a questo proposito. C'è scritto nel Vangelo di Matteo: "Ora i grandi sacerdoti e tutto il Sinedrio cercavano false testimonianze contro Gesù", insomma cercavano dei pretesti per farlo morire, "ma egli taceva e non rispondeva nulla". Gesù insomma non è caduto nel tranello, non è passato alla controffensiva, ogni sua parola sarebbe stata infatti per gli altri un pretesto sufficiente, un motivo più che valido per farlo morire per tutt'altre ragioni per le quali egli era deciso, era disposto a morire. Non ha taciuto per paura Gesù, fratelli, - scusatemi questo tono un po' da predicatore, - ma semplicemente per non stare al loro gioco. Questo avrebbe dovuto semplicemente smascherarli, continuare ad aizzarli ancora di più contro di lui, forse quindi inutilmente e farsi condannare per ragioni molto meno valide di quelle che avrebbe dovuto convalidare proprio con la testimonianza della morte, del dono della propria vita. Ed è qui, mi sembra, il punto che può interessarci più da vicino. Bisognerebbe evitare di fare il gioco degli altri, chiunque sia, di condizionare una nostra azione di vita cristiana e di rinnovamento della Chiesa e della Comunità parrocchiale, di condizionarla all'atteggiamento o riconoscimento degli altri, poiché niente e nessuno può impedirci di ricercare e di operare il bene. Non c'è legge o codice che tenga quando si tratta di operare il bene e di cercare la giustizia. Niente può impedirci di volerci veramente bene ed è questo effettivamente che vale. Se vi chiudono la porta in faccia, ci dice Gesù, bussate a quell'altra. Non c'è bisogno di insistere dove non si può passare [qualcuno interrompe chiedendo precisazioni su ciò che dice e il significato di queste frasi]. Inutile prendersela troppo, insomma. Quando intendiamo veramente seguire il Cristo, e credo che intenzionalmente lo ricerchiamo tutti e lo desideriamo tutti, possiamo andare tranquillamente per la nostra strada senza metterci contro nessuno. Se mai, inevitabilmente, saranno gli altri a mettersi contro di noi, ma questo non ci deve disturbare. Non è questione di spuntarla o di averla vinta su questo o su quell'altro, ma di avere e sentire di avere la piena libertà di volerci bene e di voler bene, di possedere non tanto il riconoscimento ufficiale degli altri ma la testimonianza di Dio in sé. L'importante è assicurarsi della nostra fedeltà a Cristo fino in fondo. Non dobbiamo preoccuparci e meravigliarci di essere rigettati da un organismo che in fondo riteniamo noi stessi in disfacimento, non rientrare in strutture che sono in fase di smantellamento. Molto meglio così che rimanerne integrati, che entrarci dentro perché sarebbe la nostra fine mentre potremmo essere la salvezza anche per gli altri. E se noi guardiamo nella storia proprio della salvezza, nella storia che Dio ha condotto e conduce, le cose sono andate sempre così, inevitabilmente. Diversamente potrebbe succedere che ad una strada che va bene solo per gli altri noi vorremmo sostituire una strada che potrebbe andar bene solo per noi, ad un sistema adatto per gli altri sostituirne uno che vada bene solo per noi e quindi cadremmo nel medesimo errore, ad un potere sostituirne un altro, ad una autorità un'altra col risultato che invece di essere gli altri a comandare vorremmo essere noi. Dico questo perché mi sembra che nella Chiesa, istituzioni, sistemi, leggi, autorità e roba di questo genere dovrebbero avere senso solo all'interno di una comunione di carità e di preverità come modi diversi di viverla e di parteciparvi. Al di fuori di questa atmosfera vissuta di carità, che è spesso quanto manca e quanto ci vorrebbe per tutti, dobbiamo riconoscerlo, ogni tipo di contestazione, per quanto giustificata e motivata e opportuna, a volte induce ad essere più dogmatici, più intransigenti, più intolleranti, più autoritari ed esclusivisti del dogmatismo, della intransigenza, della intolleranza e dell'autoritarismo che si condanna e si riprova negli altri. E spesso purtroppo per cose meno importanti. Così, ad esempio - sto per finire mi sembra inopportuno volersi incontrare con gli eventuali nuovi parroci o programmare l'andamento futuro della parrocchia sul piano di condizioni invalicabili quasi che si trattasse di verità di fede e non di sistemi, di punti per quanto validi e auspicabili sempre però funzionali, strumentali rispetto ad una autentica comunione di carità che, quando veramente ci fosse questa comunione di carità e questa vita cristiana e di fede vissuta, saprebbe certamente crearsi da sé gli strumenti ed i modi per esprimersi e realizzarsi come Comunità, come Comunità di credenti in Cristo, poiché mi sembra che sia prima di tutto questo alla fine: fermento di bontà tra gli uomini. Più che organizzare quindi manifestazioni di solidarietà che potrebbero anche peggiorare le cose e almeno lasciarle come stanno bisognerebbe darsi da fare, chiunque sia animato da buona volontà, per fare dell'Isolotto, di questa Comunità la città levata sopra il monte che non può rimanere nascosta, che tutti debbono vedere, e quella lampada accesa che non può rimanere sotto il moggio. Per questo, solo in questo caso, mi sentirei veramente di essere anch'io pienamente disponibile perché la Chiesa e il mondo hanno bisogno di questo. Di fronte al resto non posso che rimanere un po' perplesso e con rincrescimento rimanere semplicemente spettatore. Vi ringrazio dell'attenzione e abbiate pazienza con me. Giovanni C.: Nella nostra comunità c'è l'abitudine di dare il nome quando si parla. [Si sente una voce lontana che dice: padre Simoni di Santa Maria Novella. Giovanni C. lo ripete ad alta voce]: padre Simoni di Santa Maria Novella. [Brusio e commenti da parte dell'assemblea. Una voce che sopravanza dice: "si è capito, vai". Giovanni C. chiede silenzio] Volevo ricordare che il Rusich ha fatto una proposta ben precisa e che andrebbe discussa perché non rimanesse solo un bel discorso con un lungo applauso. Poi, chiunque vuole rispondere al fratello di Santa Maria Novella può venire qua, con molta semplicità come si fa sempre fra di noi, senza rimanere intimoriti perché siamo della gente semplice. Mira F.: Io non ho capito bene tutto quel discorso lì. Non l'ho capito perché non ha portato un fatto per dimostrare quello che ha detto. Quindi io non capisco niente. Può avere mille ragioni però se non mi porta un fatto per confermare quello che dice, anche le critiche che ha fatto, come si fa noi a capire? Quella è una predica ideale ma io in concreto… p. Alberto S.: Una cosa che ho omesso di dire è che mi limitavo semplicemente a delle considerazioni generali e a delle impressioni personali, quindi ha un valore molto limitato il mio intervento. Comunque dato che la signorina vuole dei riferimenti concreti, le ultime cose che dicevo riguardavano proprio direttamente lei, cioè quando dicevo di queste condizioni invalicabili che si vorrebbero porre ai nuovi parroci. "Il denaro che qui non deve circolare", lei diceva l'altra volta, "abbiamo abolito tutto il giro di denaro e abbiamo riscoperto il senso di fraternità": una condizione a cui dovrebbero stare incondizionatamente i nuovi parroci. Io non discuto questo. Dicevo semplicemente che non sono le cose fondamentali da mettere in discussione. C'è da condizionare totalmente quello che può essere l'andamento di una comunità. [p. Alberto contesta alcuni punti che nelle assemblee sono stati ritenuti fondamentali per arrivare ad una vita comunitaria, ad una parrocchia come famiglia. Praticamente critica tutta una parte di linea pastorale sulla quale è cresciuta la comunità dell'Isolotto. Il suo intervento crea reazioni rumorose da parte dell'assemblea Giovanni C.: Normalmente da questo microfono ha parlato chiunque. Per favore dimostriamo un po' di educazione. p. Alberto S.: "le funzioni religiose devono essere semplici, comprensibili, alla portata di tutti": questo penso che sia nella buona volontà di tutti. "L'esperienza catechistica deve essere portata avanti. Il nuovo parroco dovrà avere un atteggiamento di servizio e provvedere al suo mantenimento": si può auspicare, si può volere ma se eventualmente venisse una persona che non avesse le stese capacità che possono aver e dimostrato altri non si può pretendere che facciano cose impossibili. Sono imposizioni. [Voci confuse di reazione, di insoddisfazione da parte dell'assemblea] Sergio G.: A me pare che queste richieste non sono richieste così (per fare) ma si basano su una cosa fondamentale della vita della comunità. Queste, se si vuole mantenere una vita di comunità, sono irrinunciabili proprio perché vita di comunità perché sono tutti punti in cui perché sia una vita di comunità e non una azienda e non una fattoria e non una fabbrica, si richiede il rispetto per gli uomini, per le persone. Una vita di comunità, è la nostra vita di comunità in cui si è imparato insieme e non perché i preti sono delle persone straordinarie. In fin dei conti io non credo che siano fatte delle cose molto straordinarie. Sarebbe anche scemo pensare in questa maniera perché siamo persone così, come sono tutti gli altri uomini, non siamo mica differenti, ci s'ha la ciccia, ci s'ha il cervello, il cuore come tutti . Penso che anche gli altri abbiamo la ciccia, il cuore e il cervello. Sono cose maturate per un profondo rispetto per gli uomini e perché sia veramente una vita di comunità. Non si tratta di contrattare con loro. Noi non si è mai contrattato nulla. Non si tratta di dire: dateci, dateci. Non si chiede nulla. Noi si dice soltanto che noi siamo questi, questa è una vita di comunità. Questa è una comunità. Non si chiede nulla. La volete questa vita di comunità o non la volete. E' un valore? Sì. Vi interessa? Se non vi interessa padroni di rifiutarla, di fare come volete. Non si tratta mica di contrattare niente. Noi non abbiamo nulla da contrattare perché non vogliamo contrattare non solo la nostra persona ma neppure la nostra ciccia. Siamo questi e vogliamo essere - e questo è un diritto - vogliamo essere accolti così come siamo come d'altra parte noi abbiamo accolto sempre gli altri così come sono. Perché non abbiamo mai rifiutato nessuno, non abbiamo mai detto: "Fuori!". Non l'abbiamo detto nemmeno a quei preti anche se un primo sentimento poteva dirci, metterci in condizione di dire levatevi di torno e se lo sarebbero oltretutto anche meritato. Però proprio per la fede che abbiamo in Gesù Cristo noi non rifiutiamo nessuno e diciamo solo: come accogliamo noi così accogliete noi. Noi vi accogliamo e voi accoglieteci. Si accoglie anche il vescovo. Non si è mica rifiutato il Vescovo. Non abbiamo detto al Vescovo: o noi o te. No. Si è detto: tutti, tutti insieme. Quindi in una vita di comunità non si rifiuta nessuno. La vita di comunità è una realtà: è questa non è mica un'altra! Quindi si tratta o di prendere o di lasciare. Noi siamo questi. Enrico M.: Io volevo parlare al Rusich, rispondere al Rusich specialmente in un fatto. E' giusto che noi ci si debba organizzare però penso che sia un controsenso, come diceva lui, organizzarsi in venti persone che sarebbe come mettere la braciola sul fuoco. Se noi si organizza un gruppo di persone, lei sa benissimo, è un partigiano e lo dovrebbe sapere, che se si organizza un gruppo in un punto i tedeschi ci danno addosso, ci bombardano continuamente, prendono il gruppo lo portano in un campo di concentramento e non se ne parla più. Allora cosa si deve fare? Noi, siccome il nocciolo della questione c'è, noi siamo qui tutti riuniti, io penso che organizzarci, darci un certo tema, un certo filo conduttore vada bene. La riunione ha un filo conduttore, si discute una questione precisa e poi nello stesso tempo noi personalmente si divulga per le botteghe, nelle le case, come del resto si è sempre fatto. E il punto di riferimento della comunità viva, ecco, se il lavoro viene fatto bene, è davanti alla chiesa chiusa e aperta se il prete non vuole i quattrini. Perché se il prete vuole i quattrini è segno che anche lui vuole comprarsi la macchina e allora all'Isolotto non si viene. Io vado a lavorare, campo una famiglia, lavoro otto ore il giorno però ho una Cinquecento e ora bisogna che mi gratti il capo perché ho da comprare le gomme. E invece viene quello con il Panerai con la Centoventiquattro, il cardinale con la Mercedes e qualche pretino ci ha bell'e messo lo zampino qui perché dice che ma allora senza quattrini non si può andare avanti. Ora questo non va bene all'Isolotto. Ora ritornando a bomba dicevo che appunto Rusich dovrebbe indirizzarci. Siccome lui è esperto più di noi, ci sa fare anche veramente, (dovrebbe) organizzarci, un tre o quattro persone, anche cinque, (con) un tema preciso da sviluppare in assemblea, poi noi stessi divulgarlo. Perché così non si dà l'appiglio a quelle determinate persone di condannare (alcuni) come organizzazione perché qui siano tutti organizzazione. O ci buttano in galera tutti o si va tutti fuori. Invece se si incomincia a dire: ci sono venti persone, è quello che cercano. Perché prima ci hanno condannato subito il Notiziario, cercavano il responsabile. Il responsabile non c'è perché siamo tutti d'accordo nel fare il Notiziario, tutti si scrive, tutti si parla sicché al Notiziario non si possono attaccare. E' peggio del processo Lavorini. Io voglio dire che se invece si fa un gruppo ci sistemano subito, ecco. Io penso che proprio da questa sera di cominciare a parlare di un tema preciso da poter portare alla gente. Scusate. Urbano C.: Per quello che riguarda le proposte che ha fatto Rusich secondo me bisogna pensarci prima di dare una risposta stasera. Non c'è bisogno di dare una risposta subito. Certo c'è l'esigenza dell'organizzazione e c'è l'esigenza che ha espresso bene Manuelli perché veramente l'Italia è un problema libero ma chi parla si trova subito alle prese con le limitazioni della libertà. Legali o non legali comunque sta di fatto che noi ci sentiamo molto così legati e quindi bisognerebbe mettere d'accordo le due cose. Ora io la quadratura del cerchio non la so fare e quindi passo ad un altro argomento. Cioè volevo rispondere a questo nostro fratello che noi dobbiamo apprezzare. Lo dobbiamo apprezzare perché il primo passo lui l'ha fatto, quello che si chiede a tutti: di venire a guardarci in faccia e che mostri i fianchi. Questa è la cosa più importante che lui ci ha regalato. E questo qui voglio dire noi si esperimenta tutte le volte che si presentano davanti alla chiesa qui con noi tanti. Però ora si tratta un po' di vedere un pochino: uno che veramente viene qui e sente, sente dentro di sé, per forza, una chiamata dalla coscienza, da qualcuno, dalla sua esigenza morale, dalla sua onestà, quell'esigenza che abbiamo tutti, poi è triste però che torni via e dica io per ora posso solo stare a guardare. Ecco perché questa è la fregatura, mica per noi, per lui, ma per tutti, per noi e per lui. Perché tanta gente come lui sta a guardare e ha in simpatia l'esperienza dell'Isolotto, però non ha chiara la situazione ed è piena di dubbi. A questo punto, il dubbio, secondo me intellettuale, va messo da parte e superato nello slancio così proprio dell'anima, così come proprio il Cristo ci insegna. Quando c'è uno che ha bisogno, soprattutto se è smarrito, se ci ha la trave mettiamo su l'occhio, c 'è una pecorella smarrita, io prima l'aiuto, mi metto dalla parte sua mi sporco con lui, mi faccio dare dell'eretico insieme a lui, e dopo gli faccio tutto questo discorso e anche più duro. Però prima vengo dalla sua parte. Perché? Perché lui è debole, perché lui è l'offeso. Su questo bisogna essere d'accordo. Il Vescovo ha offeso il suo gregge. Il Vescovo per un momento ha lasciato la funzione del pastore e si è rinchiuso in quella del lupo. Questo deve risultare chiaro perché quando un Vescovo manda via tre preti come qui li abbiamo, quando dice che noi non possiamo parlare in chiesa perché i laici in chiesa non possono parlare, un Vescovo che dice così è eretico, dice una eresia, proprio una eresia perché la Chiesa non può parlare in chiesa. Quindi bisogna a un certo punto bisogna avere il coraggio di dire ha sbagliato il pastore. E' questa la tragedia perché siamo così maledettamente stati educati che il duce ha sempre ragione. E' questo il discorso. Ora, dopo la fregatura che abbiamo avuto col fascismo, col nazismo, con tutte le dittature che tutti aborriamo, eccetera, non si può nella Chiesa, proprio in nome di un Cristo che è morto sulla croce per difendere il popolo, dire queste cose. Poi la questione di stare zitti e di parlare: il Vangelo si può stiracchiare in mille modi, purtroppo. Cristo è stato zitto quando ha creduto opportuno, ma poi ha tirato fuori certi termini che erano una istigazione a delinquere e che erano anche, così, offese, perché quando chiamava "razza di vipere" i potenti, i sacerdoti e civili, la società civile e religiosa di quei tempi sapeva a che cosa si esponeva, li chiamava sepolcri imbiancati. Diceva: andate via tutti pieni così con le etichette, con gli articoli del codice di diritto canonico - attaccati alle vesti li avevano i sacerdoti di quei tempi - angariate il popolo con mille precetti, gli avete messo una legge pesantissima addosso, gli avete reso impossibile la vita. Cristo diceva queste cose. Cristo stava zitto quando si trattava della sua persona probabilmente ma appena vedeva il samaritano lungo la strada, quando noi vediamo buttar fuori due dei nostri dalla canonica in nome di Cristo, noi non si deve stare zitti. Abbiamo l'obbligo di parlare e quindi di apparire eretici e disubbidienti e diciamo: Florit continua la guerra. L'abbiamo scritto e motivato. Non si può, non si deve stare zitti. Perché allora Cristo cosa ci ha insegnato: ad essere Pilato? No. Questo è il discorso. Non si può essere neutrali. Noi si deve pigliar parte ad alta voce contro l'ingiustizia da qualsiasi parte venga, soprattutto da quella ingiustizia mascherata con la figura sacrosanta di Gesù Cristo. E' questa l'ingiustizia che noi combattiamo. E noi in questo momento non combattiamo contro il fascismo o contro la dittatura di un comunismo burocratico che affoga la Cecoslovacchia perché queste cose qui le possiamo anche fare ma in questo momento noi abbiamo il dovere, siccome portiamo avanti il Vangelo, di combattere contro quella dittatura mascherata col nome sacrosanto di Gesù Cristo. E' qui che noi non possiamo stare zitti. Così non si può stare zitti quando nel Vietnam viene sterminato un popolo con la guerra chimica, col napalm, eccetera, eccetera. Non si può, non si deve stare zitti. Invece Paolo VI sta zitto e ha mandato via un cardinale, il cardinale più prestigioso italiano che avevamo dalla sua diocesi perché ha detto che i bombardamenti devono cessare. Di fronte a queste cose non si deve , non si può stare zitti. Si deve rischiare di essere buttati fuori, rimossi da parroco ed essere denunziati anche. Non c'è scelta a questo punto. Cioè a dire non si può scegliere il silenzio perché Cristo è stato zitto in certi momenti, quando si trattava di se stesso, ripeto, ma per gli altri no. E quando si tratta di andare in aiuto a chi ha bisogno non si guarda se lui è peccatore o sbaglia. Se Cristo ha insegnato qualcosa è questo. Di slancio si va verso di lui, lo difendo anche se si tratta di una prostituta io la difendo da questi farisei che la volevano lapidare. Dico: io sono dalla tua parte. E dopo le faccio il discorso. A questa povera donna le dico: vai e cerca di cambiare strada, ma prima butto fuori quei vigliacchi molto più prostituiti di quella poveraccia di donna. Enzo M.: Per quanto riguarda questa proposta di Rusich: io credo che noi dobbiamo prenderla in considerazione, magari non in questa sera e veniamo mercoledì prossimo con qualche idea a proposito. Se c'è qualcun altro che vuole parlare ora, in breve, deve essere molto breve perché poi si dà la parola a don Collini e poi non so se c'è questo notaio che doveva venire stasera per dirci i modi con i quali si può (raccogliere le firme). Non c'è? Non c'è. Comunque guarda, Francesco, dopo tu dovresti eventualmente dirci due parole sulla dichiarazione della Corte Costituzionale a riguardo della legge di polizia, eccetera, Due parole, dopo. Dopo, dopo, ora si dà la parola a Collini ma se c'è qualcun altro che vuole parlare su questo argomento qui, magari un momento. Donatello volevi dire qualcosa? Donatello G.: Quando uno si fa prete [Di questo breve intervento si capiscono solo queste parole il resto è incomprensibile perché sommerso da rumori e voci varie] Vittorio T.: Ringrazio il fratello prete naturalmente che è venuto a dare una sua chiarificazione del suo modo di pensare della Chiesa perché a noi fa molto comodo di coloro che hanno un concetto della Chiesa magari che noi non condividiamo. E in questo caso noi vogliamo fare riflettere al nostro fratello il concetto della Chiesa che noi concepiamo. Cioè a dire lei sa benissimo che la prima comunità cristiana, e mi riferisco sempre a quello come modo di vivere, di convivere pratico dei cristiani, dividevano secondo il proprio bisogno cioè a dire era la Chiesa che divideva. E invece quello che a noi ci rimane di intoppo e rimango su questo tipo di posizione perché è il tipo, la questione principale, che la Chiesa non ha diviso ed è diventata la Chiesa ricca. E io penso, siccome il messaggio evangelico è un messaggio per i poveri, cioè a dire è buono per i poveri e cattivo per i ricchi, io mi domando questo fatto qui: se la Chiesa deve dividere io penso che in questo caso noi dovremmo aiutare la Chiesa che si spogli delle ricchezze e che divida e che rientri nell'orbita di questo tipo di prima comunità cristiana, cioè a dire l'autenticità della vera comunità cristiana, della vera Chiesa. E' questo che a noi ci fa scandalo, è questo fatto qui. Perché se noi oggi, diciamo così, ci troviamo in discordia con il nostro pastore cioè a dire col cardinale, anzi noi vogliamo aiutare il cardinale proprio perché abbiamo l'amore cristiano. Noi non lo vogliamo condannare. A un certo punto, in questo caso qui, se noi lo mettiamo nelle condizioni di essere povero, noi lo mettiamo proprio nelle condizioni dell'autenticità del vero pastore, cioè a dire a servizio, come fa un genitore nei confronti della propria famiglia, pur essendo il padre il capo di tutti, ma il servo di tutti. Questo è quello che vogliamo vedere dai nostri pastori. Noi non vogliamo gente che abbraccia il concetto della religione non per darsi agli altri, non per essere religiosi per gli altri ma essere religioso per sé. Questo noi lo condanniamo a priori. E' logico questo fatto qui che il punto principale è la Chiesa che dà scandalo. Lo dicono tutti, anche le pietre lo dicono. Lei sa benissimo che quello che non parla di queste cose qui rimane complice. Noi su certi fatti di povertà praticamente non possiamo assentarci perché se no facciamo la parte di Pilato. Siamo o no consapevoli della miseria del Terzo mondo dove muore la bellezza di quasi due miliardi di persone che muore di fame, quando noi del mondo occidentale che ci richiamiamo ai valori del cristianesimo siamo il mondo il più indurito e il più ricco di questo mondo qui? Noi vogliamo capire che siamo responsabili? Se no, che razza di cristianesimo siamo? Noi siamo degli egoisti. Noi abbiamo paura di inserirci. Ecco questo è il fatto. Io dubito molto (di) quello che vuole riconoscere la povertà del povero mantenendosi sulla ricchezza e sul privilegio. Io non ci credo a quello che mi parla così.[L'assemblea applaude]. Dato che il nostro fratello batte le mani bisognerebbe che lui portasse questo tipo di cristianesimo alla gerarchia, alla gerarchia che a noi ci dà scandalo, ci rimane d'intoppo, cioè a dire in questo caso noi vediamo due definizioni di Pietro. Rimango alla definizione di Pietro perché il concetto molto logico. Pietro lo vediamo quando riconosce nel Cristo il Figlio di Dio e lo vediamo Pietro quando rimane d'intoppo che non vuol sentire i sacrifici che deve fare Cristo per assimilare, diciamo così, al volere di Dio. Ecco in questo caso noi non vogliamo Pietro d'intoppo, noi vogliamo che Pietro riconosca il Figlio di Dio, cioè riconosca il Cristo, il Figlio di Dio. E per riconoscerlo bisogna che si immischi nella povertà. Fintanto che esiste questo non si può credere alla povertà. Di fatto il Cristo steso l'ha detto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco si salvi. Sicché la ricchezza noi la dobbiamo fare scomparire. don Remo C.: Dunque, vi ricordate l'altra volta quando ci si riunì per la questione della concelebrazione che don Masi fece quella proposta di una attività da farsi nella parrocchia del Vingone. Ne abbiamo discusso di molto ed è stato piuttosto anche difficile incontrarsi con varie difficoltà, forse, come dicevamo noi preti nella riunione, noi abbiamo una organizzazione mentale e pratica che lascia forse da una parte le cose più importanti e prende le cose meno importanti. E allora, per esempio, si lascia più da una parte il fatto di incontrarsi anche diciamo per questioni molto importanti come poteva essere una proposta come faceva don Masi. Dunque scartato il fatto della concelebrazione si era entrati sopra al discorso di don Masi, cioè di fare una riunione nella sua chiesa, di permanere nella sua chiesa in stato di preghiera, di penitenza con degli scopi, diciamo così un po' più allargati al fatto Isolotto, pur comprendendo anche il fatto Isolotto perché ci interessa da vicino a noi. Come avverrà questa presenza nella chiesa. Da principio don Masi parlava di rimanere nella chiesa finché certe richieste nostre, molto generali ma che ci sembrano molto importanti, non fossero accolte. La continuità: da un mese ad un altro poi va a finire tutto nel ridicolo. Non si regge nemmeno per i vari impegni che ci legano. Saranno anche poco importanti ma ci legano effettivamente. Allora abbiamo detto di cominciare per dieci giorni e dopo di riprendere in seguito qualora fosse necessario. Questo era l'impegno fondamentale da un punto di vista organizzativo. I fini di questo riunirsi, del pregare insieme, del fare penitenza sono questi. Prima di tutto che noi costatiamo che c'è il disagio veramente grosso nostro e del popolo in cui noi operiamo come preti soprattutto di fronte al tipo di Chiesa in cui purtroppo ci troviamo. Questo lo ribadiamo perché purtroppo anche se viene sentito, orecchiato però non c'è poi il coraggio di metterlo in evidenza da molte parti. Secondo scopo, e questo è il punto centrale, l'esigenza profonda di risolvere questo disagio, prima di tutto non separandosi dalla Chiesa, ma attraverso un impegno di tutti (operare per) una conversione di tutta la Chiesa. Della situazione di peccato anche noi siamo responsabili, nessuno lo mette in dubbio, sia io che gli altri preti e veramente tutti, qualunque sia la nostra posizione o più avanzata o meno, o che la riteniamo più giusta, più vera, che sia secondo il Vangelo, però una responsabilità di peccato di fronte alla Chiesa, e dopo nella Chiesa di fronte al mondo, ce l'abbiamo tutti. E allora noi ci riteniamo responsabili insieme agli altri, magari in diversa maniera, ma sempre responsabili veramente di questa situazione della Chiesa di peccato e chiediamo aiuto a tutti, a tutti gli altri preti, al Vescovo a tutti gli altri gradi - chiamateli come volete - e a tutti i cristiani perché in fin dei conti tutti siamo cristiani perché ci si muova in questa conversione generale. Questo secondo punto centrale don Masi, che lo ha messo in luce, lo basa sopra un pensiero del Camara, il vescovo brasiliano. Dice il Camara che tutti i gesti che una parte della Chiesa può fare, se non sono aiutati e non sono vissuti da tutta l'altra parte della Chiesa, rischiano veramente e gravemente di fare dei gesti demagogici, un gesto clamoroso che copre dopo tutta un'altra parte che va per un'altra strada. Sono la copertura a sinistra in qualche maniera. E allora sarebbe un guaio veramente, sarebbe veramente un guaio. Sarebbe come se qui in Italia la gran massa dei cristiani prendesse il caso Isolotto e dicesse: vedete anche noi siamo bravini, perché nella Chiesa italiana c'è l'Isolotto. Sì, già, è un bel discorso. Quando poi coprendosi con l'Isolotto la gente continua a fare lo stesso tran-tran. E' chiaro che questo è un discorso che noi facciamo dal nostro punto di vista. Potrà esserci dall'altro punto di vista delle critiche veramente serie nei nostri riguardi, per cui tutta la Chiesa deve muoversi se veramente vuole annunziare il Vangelo al mondo e vuol servire il mondo. Che se poi è solo una parte (a muoversi) l'attività di questa parte viene vanificata, viene resa inutile. Questo è il punto centrale, cioè un grido di aiuto: noi ci troviamo in questa situazione, ci accorgiamo veramente che ci sono dei problemi terribili nella Chiesa di oggi, li tocchiamo con mano nelle nostre parrocchie e dopo anche per la conoscenza che abbiamo per il resto del mondo, della Chiesa che sta nel mondo. Però noi non li possiamo risolvere da soli, né l'Isolotto li può risolvere da sé, neanche cinquanta Isolotto li possono risolvere. Ci vuole che tutta la Chiesa cominci a muoversi. E per questo chiediamo aiuto a loro. Non diciamo: "voi dovete", perché noi siamo bravi più di tutti ma perché effettivamente ci troviamo in questa condizione. Non è che "voi dovete", è che "noi abbiamo bisogno di voi" perché da noi si affoga, non c'è nulla da fare. Il terzo punto è la partecipazione alle sofferenze ed alle speranze di liberazione di tutti gli oppressi, da qualsiasi situazione o causa siano oppressi, comprese anche quelle che avvengono all'interno della Chiesa e la partecipazione sincera al loro sforzo di liberazione. Questo come punto programmatico. Dopo ci sono delle richieste, delle richieste che riguardano soprattutto voi. Si sa benissimo - lo disse anche don Masi - sono richieste solamente significative, un segno e basta perché al punto che siamo si prevede che non verranno accolte. Ma noi le diciamo proprio per dimostrare la nostra, diciamo così, continuità nella linea di condotta riguardo all'Isolotto e ai fatti che hanno gravitato intorno all'Isolotto, cioè riguardo all'Isolotto, l'Isolotto e la Casella, che vengano rimessi i preti che c'erano avanti, e speriamo che attraverso questa azione che è soprattutto di preghiera e di penitenza - è bene sempre ricordarlo - chiediamo l'assemblea dei cristiani. Purtroppo sarebbe molto bello dei cristiani tutti, in quanto battezzati eccetera, eccetera, si ritrovassero insieme senza quelle distinzioni, diciamo così di casta, come vengono intese oggi: il clero da sé e i laici da sé, eccetera. Però bisogna tenere conto della realtà concreta e quindi le nostre richieste saranno queste: incontrarsi noi preti, in continuità, col Vescovo e insieme, per un periodo piuttosto lungo in modo tale che, dopo i primi litigi - perché da principio ci sarà bisogno di leticare tra noi preti perché finora non si è leticato, il guaio è questo. Si è sparato a zero ognuno per conto nostro e l'altro sta a sentire, fa il muricciolo, invece no, leticare sul serio, cioè leticare sul serio - e dopo, una volta che si sarà scaricato le nostre accuse reciproche, cominciare veramente a vedere le questioni di fondo. Perché se ci ritroviamo solo cinque secondi o un giorno o due giorni o tre giorni non serve a nulla perché ci azzanniamo a vicenda e tutto muore lì. Dopo azzannati, stanchi dei morsi, cominciamo a guardare le cose un po' fino in fondo. Allora forse è possibile iniziare un dialogo e comprendersi reciprocamente e, da quello che da un punto di vista nostro a noi ci sembra la linea giusta, fare capire le nostre esigenze e la nostra visione dei fatti, degli avvenimenti e dell'indirizzo che dovrebbe prendere in generale la Chiesa. Per quello che riguarda l'aspetto, diciamo ancora così, dei laici, isolati dai preti, chiederemo ai parroci di potere cominciare a fare discussione dei problemi grossi della Chiesa, molti di quelli che voi avete fatto emergere nella vostra situazione in cui vi siete trovati, nelle loro parrocchie, fare l'assemblea parrocchiale. Ci sono già delle parrocchie che l'hanno già fatte, magari in maniera più rudimentale di voi, ambienti diversi, eccetera, con preparazione diversa. Non si può pretendere che tutti siano come l'Isolotto, Questo è quanto praticamente cercheremo di fare. Può sembrare una cosa molto fumosa, fra l'altro la precisazione di questo programma verrà fatta proprio nei primi dieci giorni di riunione in cui noi scriveremo, faremo conoscere questo appello a vari livelli, diciamo così, al vescovo, se è necessario al papa, si scriverà ai parroci, ai centootto firmatari della lettera, si scriverà alle parrocchie, alle comunità tutte, proprio in questo senso: per spingere come richiesta di un dialogo vero e approfondito in modo tale che queste verità, queste realtà che si sono presentate come un pugno negli occhi, veramente qui almeno nella diocesi di Firenze con la questione Isolotto, comincino a entrare dentro. Questo ce lo auguriamo e poi se non viene vuol dire che c'è ancora il muricciolo duro. Bisognerà allora fare in un'altra maniera. Si vedrà dopo. I preti che sono impegnati sono don Masi, i reverendi qui presenti, dopo il Mari, Bartalesi, Lucherini, Fanfani e Ricciarelli, dopo ci sono altri che sono, grosso modo, d'accordo però per questioni di tempo, di contatti ancora non si è potuto interpellare direttamente. In ogni modo il numero che c'è ora è sufficiente per mandare avanti questa presenza nella chiesa del Vingone per questi dieci giorni e tutti noi a continuare anche dopo se è necessario. Noi inviteremo anche le varie comunità, i laici a venire lì, ad essere presenti. L'orario sarà dalle sei la sera fino alla mezzanotte. Poi c'è in programma di rimanere alcuni anche dentro la chiesa per tutta la notte fino alla mattina dopo. Più che un atto di forza deve essere un segno, un segno in cui piano piano cominci a fermentare un certo discorso, un certo grido di aiuto. Sarà uno stile diverso dal vostro, però credo sia bene che in vari stili, in vari modi si presenti la stessa esigenza davanti all'opinione pubblica della Chiesa, in una maniera pluralista, se no si fa un discorso tutto pari che dopo viene vanificato perché magari quel discorso non è stato recepito perché ormai c'è il titolo sopra "Isolotto" e non si capisce più nulla, non si accetta e quindi c'è il rischio che non vengano neanche accolti i valori che voi avete messo avanti e che è giusto che portiate avanti con il vostro modo perché è la vostra personalità. Non so se mi sono spiegato bene. [l'assemblea applaude. Poi si sentono varie voci confuse che facilmente chiedono delucidazioni perché don Remo C. riprende il discorso ripetendo alcune cose] Dunque, si comincia lunedì prossimo. Si comincia lunedì prossimo alle sei, per dieci giorni. All'Isolotto - forse ho cercato di spiegarvelo in fondo - se no diventa tutto etichetta Isolotto. E' bene ci sia un'etichetta Vingone, come ci sarà un'etichetta Caselle, un'etichetta , non solo un'etichetta ma c'è anche un fatto di fondo: ogni comunità deve tirare fuori una sua personalità. Come voi siete vari uno dall'altro eppure formate tutta la Comunità dell'Isolotto così la Chiesa è formata da tante comunità che hanno la loro personalità, che magari a volte si scontrano. Non tutti siamo uguali. Vi scontrate anche voi tra di voi. Però l'importante è che da questo scontro ci sia prima di tutto il rispetto reciproco, l'accoglimento reciproco e dopo se è necessaria una via comune la si troverà insieme. Enzo M.: Credo che noi dobbiamo prendere atto di questa proposta, di questa comunicazione. Non è più una proposta questa ma è una comunicazione, una decisione già presa, di questa decisione presa da questo gruppo di sacerdoti e da alcune loro comunità. Per parte nostra noi siamo evidentemente a disposizione. Ci diranno in che modo noi possiamo essere utili, in che modo possiamo collaborare e certamente noi siamo ben lieti di unirci a loro nella forma che crederanno più opportuna. Se c'è qualcuno che ha da dire qualche cosa a proposito di questa iniziativa, che ha da chiedere qualche chiarimento. Voce maschile: Questa riunione dei cristiani che vogliono fare è di tutti i cristiani o di quelli di rito cattolico e basta? don Remo C.: Non è stato trattato direttamente il discorso però non credo che ci sia nessuna difficoltà . Chiunque viene, viene accolto. Se nella chiesa dove sono io mi vengono un gruppo di protestanti e mi chiede di venire lì a partecipare io non li butto mica fuori. Enzo M.: Padre Sansone vuole dire qualcosa? p. Tony S.: La prima cosa che vi dico è "buona sera a tutti". Questo lo dico che è tanto tempo che non mi sono fatto vedere ma voi capite che anch'io mi devo guadagnare il pane. Me lo guadagno di notte e allora…[La frase viene troncata da risate bonarie] Voce maschile: Di notte? Spiegaci! Non andrai mica alle Cascine?! p. Tony S. [Sta allo scherzo]: No, è pericoloso! Bene, detto questo, io personalmente, come prete, credo che posso sottoscrivere questa decisione che ci ha presentato così il nostro Remo del Mugello e l'unica cosa che vi debbo dire è questa: siccome io non ho ancora parlato - voi sapete che anch'io faccio parte di una piccola porzione del Popolo di Dio, una Comunità e io con loro non ne ho ancora parlato cioè non abbiamo ancora precisato i temi pratici della nostra adesione - ma credo che almeno noi più vecchi, se volete già abituati a prendere i calci nel di dietro, non ci tireremo certamente indietro. Quindi l'adesione c'è, e questa la sottoscrivo pienamente. Come dico potrà avere anche altre adesioni all'interno della Comunità perché l'idea è certamente valida. Io ricorderei due motivi per la validità di questa azione che parte così molto umilmente, parte proprio dal basso, e mi pare che sia veramente, specialmente qui all'Isolotto, lo sentiamo come un grido di aiuto che parte e che ha - ecco due motivi - delle probabilità di essere ascoltato. Perché io sottolineerei ancora questo aspetto, perché l'Isolotto veramente è stata la prima bomba, la prima linea che è saltata, ma attaccata a questa linea, voi ve ne siete accorti, era la più bella esperienza che voi fate e che anche noi grazie a Dio condividiamo, è scoppiata tutta un'altra serie di mine. E allora siamo in grado veramente adesso di dire: oh! Guardate che noi continuiamo a vivere, non siamo mica morti, anche se la stampa ormai non ci degna più di attenzione ,oppure oggi tiene a deformare come mai - voi lo sapete benissimo in che razza di mani è la stampa, in che razza di mani vanno a finire le notizie sull'Isolotto e compagnia - quindi noi siamo ancora vivi, siamo ancora vivi e non abbiamo nessuna intenzione di farci ammazzare, almeno per ora. Se poi, dopo, ci resta la croce di Gesù Cristo, va bene, ci attaccheremo a quella. Quindi dico veramente, e anche voi sapete anche, che noi ci siamo messi a servizio, per un'opera di collegamento anche a livello stampa proprio per reagire anche al veleno della stampa dei padroni noi stiamo proprio adesso stampando un bollettino, il bollettino di collegamento fra tutte queste iniziative comunitarie e a livello cittadini che ci sono e che vogliono veramente la liberazione del Popolo di Dio e lo stiamo facendo. E' proprio in forza di questo lavoro, a cui noi ci siamo messi a servizio, e se volete anch'io perché ho un po' più tempo di tanti altri, ebbene io vi dico che veramente si vede che non siamo soli, non è una balla questa qui che diamo, è vero, perché arrivano lettere, arrivano richieste, arrivano documentazioni da tutte le parti d'Italia. C'è quel cartellone lì che è abbastanza eloquente. Quindi arriva veramente. Ora noi è chiaro che non possiamo ignorare questa forza che si sta formando. Partiamo da un grido di aiuto ma non siamo così dei fiacconi, dei pirati, dei neutrali e noi siamo coscienti che siamo ormai una forza che potrà diventare ancora più forte. Ora questa azione, il fatto stesso che parta dal Vingone è un segno proprio di questa universalità. Noi veramente dobbiamo chiamare in aiuto tanta gente che aspetta soltanto di essere chiamata. Se poi non viene vuol dire che noi ci ritireremo in buon ordine, ma aspetteremo ancora, perché intanto noi, prima di morire non moriamo. Questo mi pare il primo motivo veramente importante. La seconda cosa voi vedete che l'iniziativa è stata proposta da preti, l'idea è stata conclusa e decisa da un gruppo di preti, ma per fortuna, lo sapete voi e lo sanno tanti altri, questi i preti non sono preti come tanti altri, questo bisogna dirlo, non bisogna avere paura, come magari quelli che corrono il rischio di venire qui all'Isolotto. Dico corrono il rischio perché, venendo all'Isolotto, questi preti corrono il rischio di diventare cristiani. [L'assemblea applaude]. Il nostro fratello di Santa Maria Novella è d'accordo. Allora dicevo che questi preti appunto non sono come gli altri non parlano a nome proprio. Io personalmente, voi sapete, e anche a chi no o sa lo dico adesso, ero gesuita, chissà perché, dopo l'Isolotto, anche a me mi hanno dato una spinta e adesso, io credo di non fare più parte della Compagnia di Gesù. Io credo perché ancora su la cosa stiamo ancora litigando, però c'è della gente che sta in alto che mi dice che io non sono più gesuita e quindi non sono più religioso, prete sì, cristiano d'accordo, ma come don Mazzi non è più parroco così io non sono più gesuita. Ecco comunque la conclusione è questa: noi non possiamo più campare senza i laici, senza il popolo. Io non posso fare più un discorso clericale, la mia testa non ci riesce più e quindi anche questo grido qua, questa iniziativa che parte da un gruppo di preti però mi raccomando, che sia ben chiaro, non ha nessuna speranza se proprio il popolo non viene, tutti i battezzati, non solo i cattolici ma chiunque venga. Senza laici non si fa nulla. Ormai l'epoca dei preti che comandano, dei preti consacrati padroni dell'universo veramente è finita. E allora c'è speranza che una azione, cominciata così, veramente finisca in fondo in una grande assemblea di tutta Italia, di Popolo di Dio, che veramente fa sentire la sua voce. Io credo, io sono persuaso che se la voce sarà alta e sarà nutrita dalla riflessione, dalla preghiera, dalla convinzione formidabile io sono convinto che la gerarchia, c'è ed è quella che è, anche la gerarchia dovrà fare i conti o se non altro comunque dovrà instaurare un dialogo e dovrà abbassare la cresta. Questo io credo che sia il punto di arrivo e se siamo testoni, come dicevo prima, noi ci arriviamo. Per ora basta. don Remo C.: Non so se è una difficoltà per loro, però, visto che ci sono presenti due rappresentanti della comunità domenicana, saranno invitati anche loro per lettera, in ogni modo sappiano che potrebbero prendere parte proprio nella situazione in cui noi ci mettiamo al Vingone. Questa situazione di dialogo, di incontro proprio per sollecitare un ripensamento sulle situazioni in cui noi ci troviamo nella Chiesa di oggi, fare veramente un passo avanti secondo il Vangelo, possa interessare anche loro direttamente. Credo di essere in potere di potervi invitare. Enzo M.: Il bollettino questa settimana, siccome si è deciso di chiedere l'autorizzazione, forse questa settimana sarà bene non farlo. E' meglio non farlo questa settimana il bollettino. Allora questa settimana non ci sarà il bollettino e venerdì sera non importa venire a prenderlo e si farà uscire di nuovo la prossima settimana con il bollo. Ormai anche noi qualche bollo bisogna pure farselo mettere. Quel padre domenicano ci ha detto che noi mettiamo delle condizioni invalicabili ma, hai visto, qualche bollo si accetta anche noi, si va anche noi incontro, non siamo così dogmatici come sembrerebbe. L'autorizzazione del bollettino è una realtà che non corrisponde affatto a quella che è la nostra vita perché veramente il bollettino è il frutto di tutta la comunità. Ebbene, loro vogliono un padrone, un proprietario del bollettino e un direttore responsabile. E' una cosa che ci fa vomitare perché contrasta con la nostra esperienza: qui non ci sono padroni, non ci sono direttori responsabili però noi facciamo anche questa come ne abbiamo fatte tante altre. Non siamo poi così dogmatici in fondo in fondo. Quindi noi ora andiamo a letto, ci diamo la buona notte e ci dovremmo vedere, chi può, sabato sera alle sette per preparare l'assemblea di domenica. C'è un particolare ancora: può darsi che qualcuno che abbia intenzione di collaborare nella preparazione dell'assemblea della domenica mattina si trovi in difficoltà a venire il sabato, forse potrebbe essere utile ritrovarsi il venerdì per esempio. C'è qualcuno che si trova in difficoltà a venire il sabato e che potrebbe venire il venerdì sera? Il sabato sera c'è da fare la spesa, ci sono i ragazzi. Facciamo il venerdì? Il venerdì alle sette. Allora venerdì alla sette ci si trova alle diciannove per preparare l'assemblea di domenica. Se non c'è niente da dire ci diamo la buona notte. Sergio G.: Riguardo alle assemblee della domenica mattina, a parte il portare l'ombrello, bisognerà cominciare, se qualcuno se la sente, a fare il conto perché c'è qualcuno che dice: Ma sì! Non erano nemmeno cento domenica. Non è che ce ne importi un gran che, non ce ne importa nulla. Noi o che si sia uno o che si sia dieci o che si sia tremila o diecimila tanto si sa che ci siamo tutti. Questo si sa benissimo però, per rendervene conto, sappiate che c'è chi ci guarda e non solo ci guarda ma non ci contano nemmeno. Buona notte. Voce maschile: Hanno i paraocchi. [Finisce la riunione e la registrazione del 07.05.69]