PROSA
OPERETTA
SIPARI FURLAN
TEATRO BAMBINI
TEATRO GIOVANI
TEATRO &
domenica 18 aprile - ore 20.45 CROSSOVER
Anmaro Asia Arts
LES JAVANAIS
The Best of Javanese Modern Dance
danzatori e coreografi Rury Avianti, Cahwati, Agung Gunawan, Agus Margiyanto,
Martinus Miroto, Retno Sulistyorini
musiche di Louis Andriessen, Gyorgy Ligeti, Rahayu Supanggah, Rudy Sulistanto
direzione di Martinus Miroto
luci di Iskandar Loedin
martedì 20 aprile - ore 20.45 SIPARI FURLAN (fuori abbonamento)
Civica Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe
Teatro Nuovo Giovanni da Udine
ODISSEE
drammaturgia e regia di Claudio de Maglio
traduzioni in friulano dal greco di Alessandro Carrozzo e Pierluigi Visintin
traduzioni in friulano e collaborazione drammaturgica di Carlo Tolazzi
con Massimo Somaglino, Maria Ariis, Fabiano Fantini, Elvio Scruzzi, Chiara Donada,
Claudia Grimaz, Nicoletta Oscuro, Giuliano Bonanni, Federico Scridel,
Stefania Ugomari di Blas, Francesco Godina, Valdi Tessaro, Monica Aguzzi,
il piccolo Alessandro Bile e gli allievi del I° anno di corso dell’Accademia Nico Pepe
canti composti da Giovanna Marini; musiche di Vittorio Vella
direzione del coro e consulenza musicale Marco Toller
scene di Giuseppe Rocco; video di Paolo Comuzzi; costumi di Emmanuela Cossar
23 aprile - 1 maggio TEATRO&
C.E.C. Centro Espressioni Cinematografiche
FAR EAST FILM FESTIVAL - 12a EDIZIONE
sabato 8 maggio TEATRO&
vicino/lontano-identità e differenze al tempo dei conflitti
Cerimonia di premiazione del
PREMIO LETTERARIO INTERNAZIONALE TIZIANO TERZANI
10 - 14 maggio
VIAGGIO DEL TESTO – VI edizione
Laboratori di traduzione teatrale e lettura interpretativa,
conversazioni e incontri di approfondimento
LEGGERE RICREANDO
Le oscure passioni di Charles Dickens
sabato 15 maggio I NUOVI SUONI
ore 16.00 CONVERSAZIONE con HELMUT LACHENMANN e DANIELE SPINI
ore 20.45 Sentiti da Vicino: HELMUT LACHENMANN
QUARTETTO ARDITTI
Irvine Arditti violino
Ashot Sarkissjan violino
Ralf Ehlers viola
Lucas Fels violoncello
Prevendite:
lunedì 3 maggio per gli spettacoli di maggio e giugno 2010. Solo il primo giorno di
prevendita la biglietteria sarà aperta anche la mattina: ore 09.30-12.30; 16.00-19.00.
Biglietteria on line:
www.teatroudine.it
www.vivaticket.it
Nella pagina accanto: Foto Parenzan-Visualart TS print: La Tipografica srl
Testi di Paolo Cairoli
DANZA
CROSSOVER
Studio Patrizia Novajra
e da quelli delle altre opere buffe dell’Ottocento, tanto da far scorgere in sé i prodromi
di tutti quei fragili e complessi sognatori che verranno dopo di lui nel teatro musicale
romantico. I fatti prevedono che Adina riscatti da Belcore l’atto di arruolamento
per consegnarlo a Nemorino insieme al suo cuore. Belcore, che forse per un momento
aveva anche voluto sposare la bella del villaggio, non si cruccia troppo e riparte
per nuove avventure. Nemorino apprende la notizia della sua eredità, e Dulcamara
non perde l’occasione di inneggiare alle virtù del suo prezioso elisir, avviandosi
nel tripudio generale verso nuove piazze da conquistare.
Il lieto fine non può cancellare però la sensazione di una sostanziale differenza
tra i due protagonisti di questa storia: l’indipendenza emotiva di Adina, proclamata
nel suo primo duetto con Nemorino, e le sue capricciose manifestazioni di volontà
successive, come lo sposarsi per dispetto, non possono essere dimenticate. E anche
la sua dichiarazione d’amore «Si, tu mi sei caro e t’amo», più strappata da Nemorino
che davvero spontanea, non può non avere i riflessi di un’accondiscendenza,
più che quelli di un autentico amore. Le sue parole poi, sono travolte da una valanga
di note di coloratura, volute dalla tradizione per l’aria della protagonista, ma che non
possono non suonare in certo senso convenzionali, specie se raffrontate agli sfoghi
emotivi di Nemorino, espressioni inequivocabili di un sentimento autentico e di una
sensibilità spiccatissima. Tutto ciò non lo mette certo al riparo dalla sensazione che
nuove sofferenze possano nascondersi dietro l’angolo. In fondo si è trattato del confronto
tra due attitudini opposte nei confronti dell’amore: un’elettività assoluta e inscalfibile,
forse idealistica, contro una volubilità destinata certamente a vincere (perché si sa che
«in amor vince chi fugge», o comunque chi meno ama), ma non a conquistare il favore
dello spettatore.
MUSICA
LIRICA
via Trento, 4 - Udine
Tel.: 0432 248411
[email protected]
www.teatroudine.it
venerdì 16 aprile – ore 20.00
Il “Verdi” a Udine
Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste
L’ELISIR D’AMORE
Il “Verdi” a Udine
Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste
L’ELISIR D’AMORE
musica di Gaetano Donizetti
Editore E. F. Kalmus & Co., New York
melodramma giocoso in due atti di Felice Romani
da Le philtre di Eugène Scribe
Prima rappresentazione: Milano, Teatro della Canobbiana, 12 maggio 1832
personaggi e interpreti
Adina Nemorino
Belcore Il Dottor Dulcamara Giannetta Gelsomina
Zampanò
Eva Mei
Antonino Siragusa
Luca Salsi
Paolo Rumetz
Carla Di Censo
Valentina Arru
Giuseppe Principini
maestro concertatore direttore Paolo Longo
regia di Davide Livermore
scene, costumi e luci Santi Centineo
maestro del coro Lorenzo Fratini
Orchestra e Coro della Fondazione
Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste
Allestimento dell’Opéra National de Montpellier
Probabilmente Donizetti non impiegò soltanto due settimane a scrivere L’elisir
d’amore, come vuole la leggenda generata dalle memorie di Emilia Branca, vedova del
librettista Felice Romani. Furono più probabilmente sei le settimane che impegnarono
il compositore nella creazione dell’opera, che andò in scena il 12 maggio 1832
al Teatro della Canobbiana di Milano. Quello che è certo è che non si perse troppo
tempo con il libretto: Romani decise di utilizzare il testo dell’opera comica francese
Le Philtre, di Eugène Scribe, con musica di Daniel Auber, rappresentata all’Opéra
di Parigi il 15 giugno 1831. L’Elisir d’amore sarebbe poi stato a sua volta rappresentato
a Parigi, al Théâtre Italien, il 17 gennaio 1839, quando la memoria del lavoro di Auber
era ancora ben viva nel pubblico.
Non ci furono contestazioni né accuse di plagio in quell’occasione: l’opinione
comune fu che se Romani aveva tratto direttamente il suo libretto dal testo di Scribe,
Donizetti l’aveva poi utilizzato in modo personalissimo. E in effetti tra le due opere
le differenze non sono poche; quella più evidente è la forte presenza nell’Elisir d’amore
dell’elemento sentimentale, pienamente realizzato dalla vena lirica di Donizetti, che
si fonde magistralmente con quello comico, in un equilibrio delicato ma compiuto.
Ma i motivi di fascinazione dell’opera sono evidenti sin dalla Sinfonia, e ben rilevati
nel 1941 da un recensore d’eccezione come lo scrittore Alberto Savinio: «A udire
la piccola sinfonia, quell’orchestrina spoglia come un alberello nel cuore dell’inverno,
quelle scalettine che due flauti salgono e scendono a terzine come due nanerottoli, quei
‘pì, pì, pì, zum, zum, zum’ pinocchieschi, eravamo riusciti a farci un animo ‘mediterraneo’
e già progettavamo di sparare in saluto di quest’opera ‘solare’, un mortaretto simile
a quello che Nietzsche sparò in onore di Carmen».
Al levarsi del sipario un coro di contadini mette sul piatto l’argomento: dal vivo ardore
del meriggio ci si può riparare, non così dall’amore, la cui «vampa ardente ombra
o rio non può temprar». Completamente in balia di questo ardore pare il protagonista
dell’opera: Nemorino, «coltivatore e giovine semplice», che dal momento in cui apre
bocca si dichiara non solo teneramente innamorato della bella Adina, ma anche
soggiogato dalla personalità di lei, che «legge, studia, impara», al confronto della quale
lui si sente «un idiota». Anche Adina si presenta subito per quella che è: non solo
una «ricca e capricciosa fittaiuola», ma un carattere dominante, che tiene in pugno
non solo Nemorino, ma un po’ tutto il villaggio. Alla richiesta della comunità di leggere
la storia di Tristano e Isotta (che sia una delle poche in grado di leggere?), lei va oltre:
si profonde in una vera e propria interpretazione drammatica, catturando la scena come
fosse un’attrice, e chiarendo ulteriormente la sua smania di protagonismo.
Nella seconda scena compare la prima figura estranea alla comunità rurale: è Belcore,
sergente di guarnigione nel villaggio, che si annuncia come un «Paride vezzoso»,
intenzionato a sedurre la bella del paese. Si tratta di un personaggio piuttosto
stereotipato: un gradasso tutto tronfio e pieno di sé, con un credo fondamentalmente
maschilista e tutto preso dall’eterna guerra tra i sessi, unica autentica soddisfazione per
il suo ego. Il suo canto declamato, tutt’altro che spontaneo, lo definisce agli antipodi
di Nemorino, connotato invece da un lirismo costantemente dispiegato.
Rimasto solo con Adina, Nemorino, armatosi di coraggio, procede con un approccio
che lei, sprezzante, definisce «usata seccatura». E qui la ragazza capricciosa definisce
ulteriormente la sua personalità: essere instabile, mutevole, incapace di soffermarsi
su un sentimento, è per lei un fatto naturale, quasi un mistero insondabile, che condivide
con l’aria, che «vola senza posa or sul giglio, or sulla rosa, or sul prato, or sul ruscel».
L’umanità descritta da Donizetti sembra davvero vivere in simbiosi quasi panica con
la natura che la circonda, un po’ come negli antichi poemi pastorali.
L’atmosfera è bruscamente interrotta dall’ingresso del secondo personaggio estraneo
alla comunità: Dulcamara. E si tratta di un altro stereotipo: quello del buffone, designato
alla comicità più basilare, quella già ampiamente sperimentata da Rossini.
Ma la sua cavatina d’ingresso è una meraviglia di retorica, oratoria e, perché
no, spudorata menzogna. Il suo canto declamato presenta ai rustici prima la sua persona
di «gran medico, dottore enciclopedico», e dopo il suo elisir, «l’odontalgico mirabile
liquore» buono per tutti i mali. I paesani non possono che dimostrarsi conquistati
dall’istrionico personaggio, ripetendone come ipnotizzati la melodia conclusiva
della sua cabaletta.
Nemorino non fa eccezione, e si rivolge al dottore per avere «lo stupendo elisir che
desta amore», unica speranza per conquistare Adina. Trattandosi in realtà di Bordeaux,
l’effetto ottenuto è una vistosa ebbrezza, che ha il vantaggio di far apparire il giovane
più spavaldo a sfrontato agli occhi della sua amata: nel loro secondo duetto la melodia
è attaccata proprio da Nemorino, e condotta con una serie di interventi ravvicinati
dei due, segno di una nuova intesa e un nuovo interesse da parte della ragazza, che
evidentemente ama le sfide, e rilancia accettando la proposta di matrimonio di Belcore.
La mossa è volta soprattutto a infastidire Nemorino, il quale sprofonda in uno dei momenti
di maggior pathos lirico dell’opera, dando il via al concertato finale dell’Atto I. Il suo sfogo
d’amore, «Adina credimi, te ne scongiuro», travalica tutta la comicità della situazione
per risvegliare nel pubblico, e nella stessa Adina che di lì a poco ne riprenderà la melodia
(«Lo compatite, egli è un ragazzo»), una commozione autentica e profonda.
Il secondo atto si apre con i festeggiamenti per l’imminente sposalizio; Belcore prosegue
con il suo declamato da smargiasso, mentre Adina, che pensa in realtà a Nemorino,
si spende in una canzoncina ironica, definita Barcarola a due voci, intonata con
Dulcamara. All’arrivo del notaio Adina mostra un’ulteriore riluttanza: ha voluto queste
nozze per ripicca nei confronti di Nemorino, e non vuole firmare l’atto in sua assenza.
Nemorino intanto, all’apice della disperazione, chiede al dottore un’altra dose di elisir
per anticiparne l’effetto. Ma non ha più denaro e per procurarsene è costretto a
rivolgersi a Belcore, rimasto solo e perplesso dal momento che Adina ha preteso di
posticipare di qualche ora le nozze. Il sergente gli offre di arruolarsi nella sua guarnigione
per un compenso di venti scudi. Nemorino coraggiosamente accetta.
Ed ecco sopraggiungere un autentico Deus ex machina in foggia rurale: l’anziano
e malato zio di Nemorino è morto, lasciandogli una cospicua eredità. Sono le contadine
del villaggio, con un delizioso coretto capitanato da Giannetta, a diffondere la ghiotta
notizia. Il dio danaro fa il suo effetto: le ragazze iniziano a corteggiare Nemorino, ormai
assurto al rango di «uom di vaglia e buon partito», il quale da parte sua crede si tratti
dell’effetto della nuova dose di elisir. Ma il vero miracolo la nuova situazione lo sortisce
su Adina, che già turbata dal successo di Nemorino con le altre ragazze, scopre
da Dulcamara che questi ha deciso di farsi soldato per potersi comprare un’altra razione
di elisir. L’atto d’amore le permette di scoprire dentro di sé dei sentimenti: «Quanto
amore! Ed io, spietata, tormentai sì nobil cor!».
Nemorino da parte sua, compreso che il suo amore è corrisposto, è sopraffatto
dall’emozione: è il momento della celeberrima romanza Una furtiva lagrima, non presente
nell’originale francese di Auber e voluta da Donizetti sicuramente per valorizzare
il tenore della compagnia, ma anche per aprire uno squarcio profondo e guardare
nella sostanza individuale del personaggio. È un momento solitario, di profondissima
riflessione, che definisce Nemorino come un visionario, volutamente ripiegato su se
stesso, straordinariamente capace di coltivare un sentimento anche nella forzata
lontananza dell’oggetto d’amore. È c’è quasi dell’autocompiacimento nell’affermare che
«Cielo, si può morir» per un sentimento come questo, e per un momento come questo.
La consapevolezza di sé è forse una scoperta ancora maggiore di quella dell’amore
ricambiato. In questo Nemorino, che finalmente ha conquistato se stesso oltre
che Adina, si differenzia davvero da tutti gli altri personaggi dell’Elisir d’amore,
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