CONVEGNO NAZIONALE
L’ANGELO FERITO
IL BAMBINO AUTISTICO, LA SUA FAMIGLIA, LA RETE DEI SERVIZI
A cura di Frances co Nardocci e Chi ara Del l a Bet t a
Ri mi ni , 19/20/21 Ot t obre 2000
1
PREMESSA
In questo ultimo decennio, le conoscenze sull’autismo hanno avuto un fortissimo sviluppo: si
sono modificate convinzioni, si sono appresi sistemi diagnostici e protocolli valutativi, si sono
diffuse modalità operative e di intervento.
Un insieme differenziato e variegato di iniziative attivate dai servizi, dalla scuola e, in modo assai
significativo. dalle famiglie e da gruppi del volontariato: questo sviluppo si è caratterizzato
anche per disomogeneità nella distribuzione delle risorse, per una certa frammentazione e
discontinuità degli interventi per difficoltà nei collegamenti e nei raccordi interistituzionali; di
fatto la rete complessiva dei servizi riesce tuttora faticosamente ad adeguarsi ai bisogni
complessivi delle persone con autismo e delle loro famiglie. I servizi sanitari, sociali e scolastici,
nella loro esigenza oltretutto di operare in rete, hanno pertanto la necessità di essere sostenuti
da un approccio metodologico corretto, di potersi collegare a esperienze concretamente
operative, nonché di utilizzare processi di formazione ben organizzati sul piano scientifico e
facilmente raggiungibili.
Ma esigenza prioritaria è anche quella di stabilizzare, quando non di recuperare, un rapporto di
fiducia e di mutuo raccordo tra famiglie e servizi per superare, ove ve ne fosse ancora bisogno,
quelle distanze e incomp rensioni determinate da teorie e stereotipi ormai scientificamente
superati.
Diviene quindi essenziale indirizzare le attività sanitarie, diagnostiche e riabilitative, educative e
di supporto sociale secondo un percorso che tenga fortemente collegata la necessaria crescita
di competenze e di capacità operativa della rete dei servizi con il raccordo e il coinvolgimento
dei genitori. In questo contesto è fonte di precise indicazioni e di utili informazioni il materiale
scientifico e divulgativo che ormai diffusamente può essere rintracciato o in letteratura o su
Internet. Molto di questo materiale proviene anche da Associazioni e Organizzazioni delle
Famiglie: la particolarità è che questo materiale è indirizzato non solo ai famigliari ma anche, e
alle volte soprattutto, ai professionisti e agli educatori. Il punto di partenza di ogni approccio
rimane comunque la comprensione delle emozioni e del vissuto dei genitori; a titolo
esemplificativo si riporta la "Premessa" che si può trovare su uno di questi documenti diffuso da
una delle più attive e capaci di iniziative Associazioni delle Famiglie: la National Autistic Society
del Regno Unito.
UNA BREVE PREMESSA PER I GENITORI1
Se al vostro bambino è stato recentemente diagnosticato un disturbo autistico o tratti autistici,
o magari voi stessi ne avete il sospetto, beh, sicuramente avrete tante domande o dubbi cui
vorreste dare una risposta. Desidererete sapere cosa significhi "disturbo autistico" per il vostro
bambino e anche quale sarà il suo impatto sull'intera famiglia.
Prima di tutto vorremmo puntualizzare due concetti fondamentali:
1. NON È COLPA TUA! L'autismo non ha nulla a che fare con il modo in cui avete cresciuto ed
educato il vostro bambino. I genitori di soggetti con disturbo autistico sono tali e quali a tutti gli
altri genitori.
1
N.d.C .:Trado tta dal sito della Natio nal Autistic So ciety, co nsultabile al sito
w w w .o new o rld.o rg/autism_ uk/family/parleaf.html
2
2. NON SEI SOLO! In Inghilterra ci sono più di 500.000 persone autistiche o con tratti autistici.
Indubbiamente, ognuno di loro, compreso il vostro bambino, è unico, ma ci sono problemi,
caratteristiche e tratti che li accomunano tutti.
Nonostante in passato ci sia stata molta ignoranza diffusa attorno all'autismo, oggi c'è una
crescente consapevolezza di quali siano i bisogni particolari e le difficoltà che devono affrontare
questi bambini, e un notevole aumento di specialisti ed operatori nel campo.
A proposito della percezione di solitudine: secondo i più recenti dati epidemiologici (vedi l'articolo
di Pauline A. Filipek et Al., "The Screening and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders" la cui
traduzione viene qui riportata) in Italia le persone comprese nello "spettro autistico" sarebbero
circa 31.500 nella fascia 0-24, e circa altri 35.000 nella fascia 25-40 anni. Nella Regione Emilia
Romagna sarebbero 1.700 nella fascia 0-24 e 2.300 in quella tra i 25 e i 40 anni. Questi numeri
assumono poi anche una particolare significatività se si considera che le persone autistiche non
trattate precocemente, o comunque non trattate per la specificità dei disturbi, rischiano
fortemente una condizione di disabilità grave che conduce fatalmente a condizioni di totale non
autosufficienza con dei costi di gestione assistenziale altissimi. Secondo le stime dell'Economista
Carlo Hanau basterebbe considerare che, con le rette attuali, un anno in struttura residenziale
per disabili non autosufficienti costa 100 milioni anno per persona, per rendersi conto sia della
"economicità" degli interventi precoci ma soprattutto quanto possa essere elevato il carico
emotivo, assistenziale e economico che grava sulle famiglie che arrivano comunque
alla
richiesta di istituzionalizzazione dei loro figli autistici solamente quando ogni altra strada è
preclusa o impercorribile.
La raccolta di materiale che qui proponiamo segue quindi il criterio della scientificità e della
utilizzabilità da parte delle famiglie, degli operatori sanitari e sociali, degli educatori.
All'interno della raccolta di saggi e di articoli, molti dei quali sono presentati per la prima volta
nella loro traduzione italiana, qui riportata si ritiene utile sottolinearne alcuni di particolare
significatività e completezza.
−
il materiale edito dalla National Autistic Society (NAS) che sottoforma di saggi
scientifici o di fogli di informazione garantisce utilizzabilità e fonte di
informazioni di primaria importanza anche per i servizi;
−
la pubblicazione “Autism” del National Institute of Mental Healt (NIHM) che
rappresenta una riuscita sintesi tra le esigenze di informazione scientifica e
quelle di diffusione e divulgazione anche per le famiglie e per i servizi non
sanitari;
−
il saggio “The Screening and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders” di
Pauline A. Filipek et Al., che risulta una delle più complete e recenti sintesi di
quanto attualmente conosciuto in tema di autismo;
−
Il "Manuale delle Buone Pratiche nei Confronti delle Persone Autistiche"
elaborato nell'ambito del Progetto Europeo Daphne che fornisce la cornice
etica e professionale di riferimento all'operatività quotidiana;
In ultimo si vuole sottolineare che questa pubblicazione, con gli ulteriori contributi diffusi in
forma cartacea, è stata di complicata e faticosa redazione. Si ringraziano quindi tutti i
3
professionisti e gli operatori che hanno contribuito a realizzarla: Christina Paci e Michela Marchi
per il loro contributo alle traduzioni, Massimo Ferrari e soprattutto Marisa Porta per le attività di
editing e di segreteria redazionale.
I Curatori
INFORMAZIONI PER UNA FACILITATA CONSULTAZIONE DEL MATERIALE CONTENUTO IN QUESTO
DISCHETTO
Per una migliore facilità di consultazione, il materiale che
seguirà è stato suddiviso a seconda dell’argomento e del tema
trattato durante le giornate del Convegno; consultando
questo particolare indice, quindi, sarà sufficiente posizionare il
puntatore del mouse sull'argomento interessato e cliccare con
il pulsante sinistro quando apparirà la “manina”. Dopo aver
consultato la pagina interessata, potrete facilmente tornare
alla pagina-indice semplicemente cliccando sulla freccetta
verso sinistra che troverete sullo schermo del vostro
computer (o solitamente sulla "Barra degli strumenti Web").
Ricordiamo che il dischetto è in formato “Word 2.x per
Windows; ogni volta che troverete l'indicazione si un sito
Internet, sarà quindi sufficiente cliccare su questo per accedere direttamente al sito
(ovviamente se avete l'accesso a Internet sul vostro PC).
N.B.: Vi indichiamo, ora, una piccola modifica per impostare le pagine in modo tale da
rispettare l'ordine dell'indice che di seguito presentiamo e nel caso si presentasse la
necessità di stampare il documento
-
selezionare "Imposta pagina" dal Menù "File";
-
selezionare poi "Dimensioni";
-
assicurarsi che in "Dimensioni Foglio" sia indicato "A4 (210x297 mm)"
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I^ SEZIONE
MATERIALE DI RIFERIMENTO AI TEMI DEL CONVEGNO
GIOVEDÌ
…PANORAMICA SULLA DEFINIZIONE DI AUTISMO(pag 7)
AUTISMO: PROGRESSI E PRIORITÀ (LANCET 2000)
CHE COS'È L’AUTISMO (DOCUMENTO “NIHM”)
CHE COS’E’ L’AUTISMO; (DOCUMENTO DELLA “NATIONAL AUTISTIC SOCIETY ” NAS)
CHE COS'È L’AUTISMO (DOCUMENTO DI “AUTISM EUROPE”)
I LINGUAGGI DELLA METODOLOGIA (pag 18)
AUTISMO, AUTISMI, PROCESSI EDUCATIVI (ANDREA CANEVARO)
UN SINTETICO PERCORSO TRA LE SCHEDE DI VALUTAZIONE
IL MANUALE DI BUONE PRATICHE NEI CONFRONTI DELLE PERSONE AUTISTICHE (PROGETTO DAPHNE
1997-98)
QUALITY MANAGEMENT NEI PROGRAMMI PER LE PERSONE CON AUTISMO (RAMON BARINAGA
OSINALDE, GAUTENA , SPAGNA )
BIBLIOGRAFIA SPECIALIZZATA(pag 66)
VENERDI’
TRA LAVORO DIAGNOSTICO E IMPEGNO RIABILITATIVO E
EDUCATIVO(pag 69)
DOCUMENTO DEL "NATIONAL INSTITUTE OF MENTAL HEALTH" (NIMH)
DOCUMENTO DELLA “NATIONAL AUTISTIC SOCIETY ”
DOCUMENTO DELL’ “AUTISTIC SOCIETY OF AMERICA” (ASA)
NAVIGANDO TRA I PROGETTI EDUCATIVI E I
TRATTAMENTI! (pag 79)
SITO DEL “NIMH”
SITO DELLA “NATIONAL AUTISTIC SOCIETY”
Terapie
TEACCH
SPELL
TRAINING DELLA INTEGRAZIONE UDITIVA (AIT)
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COMUNICAZIONE FACILITATA
USO DEL COMPUTER PER LE PERSONE AUTISTICHE
TERAPIA DELLA VITA QUOTIDIANA: HIGASHI
LOVAAS
MUSICOTERAPIA
L’USO DEL SUPPORTO VISIVO
METODO DELACATO
I SERVIZI DI CURA PER LE PERSONE AUTISTICHE
LE OPZIONI DIAGNOSTICHE NELL’AUTISMO: UNA GUIDA PER I PROFESSIONISTI DELLA SALUTE
BIBLIOGRAFIA SPECIALIZZATA(pag 127)
SABATO
PER UN PATTO DI SOLIDARIETÀ TRA LE ISTITUZIONI, I
SERVIZI E LE FAMIGLIE(pag 132)
CARTA DEI DIRITTI PER LE PERSONE AUTISTICHE (TRATTA DA "AUTISMO EUROPA")
STILI DI COMUNICAZIONE CON I BAMBINI AUTISTICI
LINEE GUIDA PER VALUTARE LE TERAPIE NON-TRADIZIONALI NELL'AUTISMO
BAMBINI DIFFICILI, GENITORI DIFFICILI (LINK 2ND QUARTER 2000 "AUTISMO EUROPA")
LA FAMIGLIA FRA BISOGNI E RISPOSTE DEI SERVIZI (Donata Vivanti)
II^ SEZIONE
COLLEGAMENTO SITI ITALIANI AUTISMO(pag149)
COLLEGAMENTO SITI STRANIERI AUTISMO(pag 155)
BIBLIOGRAFIA GENERALE(pag 166)
III^ SEZIONE
MATERIALE SCIENTIFICO DI CONSULTAZIONE E
STUDIO
LO SCREENING E LA DIAGNOSI DEI DISTURBI DELLO
SPETTRO AUTISTICO (Pauline A. Filipek et All) a cura di
"Child Neurology Society (Stati Uniti)" e dell' "American
Academy of Neurology"(pag 174)
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GIOVEDÌ
…PANORAMICA SULLA DEFINIZIONE DI AUTISMO
− Autismo: Progressi e Priorità (Lancet, 2000)
− Che cos’è l’autismo (documento “NIMH”)
− Che cos’è l’autismo (documento della “National Autistic Society”)
− Che cos’è l’autismo (documento di “Aitsme Europe”)
AUTISMO: PROGRESSI E PRIORITÀ2
“Il nostro scopo immediato per gestire meglio l’autismo, dovrebbe essere: aumentare la
coscienza dei primi segni del disturbo e spingere per ottenere diagnosi accurate più precoci”,
dice Pauline Filipek (University of California, Irvine, CA, USA). La Filipek guida una commissione,
della Child Neurology Society e dell’American Academy of Neurology, per pubblicare, questo
mese, parametri pratici per lo screening e la diagnosi dell’autismo (Neurology 2000; 55:468-79
[PubMed]). Le raccomandazioni sono già state approvate, il 10 di Luglio, dalla maggioranza delle
organizzazioni coinvolte nella salute dei bambini negli Stati Uniti. “Gli scopi non sono legali, ma di
sole linee guida per migliorare la pratica, ci aspettiamo però che siano ampiamente usate negli
U.S.A”, dice.
Punto centrale della proposta è che lo screening per l’autismo sia realizzato ad un anno d’età,
come parte del normale controllo sanitario dello sviluppo. Negli U.S.A gli screening prescolastici
sono già ampiamente effettuati e sono forniti trattamenti successivi. Nel Regno Unito, la
disponibilità degli screening precoci varia fra le diverse autorità sanitarie. Lo strumento di
screening chiamato CHAT (CHecklist for Autism in Toddlers), che può essere utilizzato con
bambini di 18 mesi, fu sviluppato da Simon Baron-Cohen (Cambridge University, UK) e dai suoi
colleghi al Guy’s Hospital (Londra, UK). “E’ un questionario di 10 minuti, riempito dai genitori e
controllato successivamente dai pediatri, per eventuali indicazioni di anormalità; è veloce ed
economico e non richiede training particolari”. A metà anni ’90 Baron-Cohen portò avanti uno
studio di 16000 bambini che mostrò come quelli che fallivano il test della CHAT a 18 mesi,
avevano più del 90% di possibilità d'essere diagnosticati come autistici.
Tony Charman (Institute of Child Health, Londra, UK) un collega coinvolto nello studio sulla
validità della CHAT, ha evidenziato, in ogni caso, che “solo il 20-40% dei bambini con un
disordine dello spettro autistico furono rilevati dalla CHAT, essa non è dunque un indicatore
assoluto”. “E la difficoltà non è contenuta nel test di screening, ma nella valutazione successiva
e nel trattamento richiesto quando un bambino fallisce il test”, aggiunge Baron-Cohen.
Oltre che ad essere una proponente della necessità di diagnosi precoci, la Filipek è convinta che
un intervento comportamentale precoce nell’autismo è di grande valore e beneficio. Negli USA,
un intervento di questo tipo, coinvolge solitamente un professionista istruito che lavora con
bambini di età prescolastica, inizialmente a casa con i genitori del bambino, poi in setting prescolastici con insegnanti del nido e dell’asilo. “Molti bambini autistici rispondono davvero bene
alla terapia intensiva: se iniziata all’età di 2 anni, alcuni bambini mostrano solo qualche vestigia
2
Lancet, 2000. Autismo: progressi e priorità . 356; 490-494.
7
dell’autismo, a 6-7 anni, —nell’età in cui molti altri bambini sono appena stati diagnosticati”,
dice.
Nel Regno Unito gli interventi comportamentali e di educazione speciale sono estremamente
irregolari e tendono ad essere molto scarsi e molto in ritardo. Nelle aree nelle quali non vi è
possibilità di assistenza successiva, le autorità sanitarie pensano non sia etico sottoporre il test
di screening, determinando forse una ridotta percezione del bisogno. Charman sottolinea che “il
sistema educativo è spesso messo sotto accusa”; assicura che: “il complesso processo di
valutazione diagnostica attuato per fornire informazioni sui bisogni educativi speciali del
bambino—è percepito come troppo lungo”. Comunque, dato che i disturbi dello spettro autistico
ora sono solitamente diagnosticati a 3-4 anni, od addirittura prima, “non possiamo aspettarci
che il settore educativo si assuma tutte le responsabilità; hanno necessità di essere migliorati
sia la coordinazione fra il settore sanitario, che l’aiuto alle famiglie e la disponibilità
dell’intervento”, ha aggiunto.
Sebbene il sistema statunitense sia già più avanti rispetto a quello inglese, i ricercatori americani
stanno cercando di spingere i tempi della diagnosi ancora più indietro. “Da quando i bambini
piccoli sono stati trattati con successo, stiamo cercando gli indicatori diagnostici nei neonati”,
ha detto Geraldine Dawson (University of Washington, Seattle, WA, USA). La Dawson è
attualmente impegnata nel terzo anno di uno studio longitudinale della durata di 5 anni,
sull’autismo. “Non solo seguiamo veramente i progressi del bambino dopo la diagnosi, ma
analizziamo anche gli anni precedenti a questa, usando i video famigliari dei compleanni e degli
altri eventi, per cercare di evidenziare i segni più precoci del comportamento autistico”, ha
spiegato.
Il gruppo è ora sicuro, utilizzando queste tecniche, di poter definire i segnali
dell’autismo che si verificano così precocemente come a 8/10 mesi. “A questa età, la ma ncanza
di una normale “lallazione” e del rispondere al nome, sono segnali visti di solito, in bambini che
saranno poi diagnosticati definitivamente come autistici”, ha detto.
La Dawson ed il suo collega Stephen Dager stanno usando anche la risonanza magnetica
spettroscopica e i target neuropsicologici con l’obiettivo di valutare le funzioni cerebrali nei
bambini autistici di età diverse, per provare a scoprire quali sono le regioni cerebrali che
contribuiscono all’apparire dei sintomi. I risultati neuropsic ologici ottenuti fino ad ora hanno
convalidato molti dei risultati provenienti dagli studi dei primati. “Nell’autismo due aree, in diverse
parti del cervello, sono sicuramente anormali”, dice la Dawson. Il lobo prefrontale, in molti
pazienti, è una di queste, ed è stato un punto focale della ricerca sull’autismo negli anni passati.
“Negli ultimi 5 anni, o quasi, è diventato chiaro che possono anche essere coinvolti il sistema
limbico, l’ippocampo e, particolarmente, l’amigdala”, aggiunge Baron-Cohen. Il gruppo di BaronCohen ha dimostrato che un gruppo di adulti normali risponde con attività elettrica aumentata,
focalizzata sull’amigdala, quando sono mostrate loro illustrazioni di facce paurose, ma che
questa risposta è molto ridotta o assente nelle persone autistiche.
“Capire come scoprire quali parti del cervello sono colpite e in quali bambini, può essere una
chiave per capire perché certi bambini, ma non tutti, rispondono bene ad una terapia di
intervento precoce”, dice la Dawson. L’amigdala e l’ippocampo, le regioni più primitive del
cervello, incominciano a mostrare un’attività metabolica aumentata –“iniziano a funzionare” a
circa 8 mesi. La corteccia prefrontale non entra in questo processo fino ai 12-14 mesi. “Un
bambino in cui l’autismo si radica in anormalità dell’amigdala potrebbe avere meno possibilità di
rispondere al trattamento iniziato, ipotizziamo, a 2 anni, dato che molte delle difficoltà
nell’interazione sociale o nel comportamento, potrebbero già essere diventate “fortemente
strane” entro il tempo in cui la terapia è iniziata”, dice ancora la Dawson.
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La Filipek è d’accordo e conclude affermando che “è chiaramente evidente che la terapia
funziona ma far sì che ciò accada, nel momento giusto per tutti i bambini autistici, sarà la parte
più difficile”.
Kath Senior
CHE COS'È L’AUTISMO (documento “NIHM”) 3
www.nimh.nih.gov/publicat/autism.cfm
Isolati in un mondo tutto loro, gli individui con autismo paiono indifferenti e distanti, incapaci di
stabilire legami con gli altri. Le persone con questo sconcertante disordine cerebrale, possono
sì, mostrare un’ampia gamma di sintomi e menomazioni, ma, spesso, non sono in grado di capire i
pensieri, le emozioni e i bisogni degli altri. Il linguaggio e l’intelligenza non si sviluppano, nella
maggior parte dei casi, pienamente, rendendo difficili la comunicazione e le relazioni sociali.
Molte persone autistiche si impegnano in attività ripetitive, come il dondolarsi o il battere le
mani, o nel seguire rigidamente modelli a loro famigliari nelle routines quotidiane. Alcuni sono
dolorosamente sensibili al suono, al tocco, alla vista o all’odore.
I bambini autistici non seguono davvero i modelli tipici dello sviluppo infantile. In alcuni, cenni di
problemi futuri, possono apparire fin dalla nascita. In molti casi i problemi diventano invece più
evidenti quando il bambino inizia a “rimanere indietro” rispetto agli altri bambini della stessa età.
Altri bambini iniziano il loro sviluppo piuttosto bene. Ma, fra i 18 ed i 36 mesi, improvvisamente
rifiutano le persone, si comportano stranamente e perdono il linguaggio e le abilità sociali che
avevano già acquisito.
Come genitore, insegnante, persona che si occupa di loro, forse puoi conoscere la frustrazione
del provare a comunicare e a stabilire un collegamento con i bambini o gli adulti autistici. Puoi
forse sentirti ignorato quando loro si impegnano ininterrottamente in comportamenti ripetitivi.
Puoi forse disperarti di fronte ai modi bizzarri con cui esprimono i loro bisogni più interiori. E puoi
forse affliggerti per le speranze e i sogni che hai per loro e che forse non si materializzeranno
mai.
Ma c’è aiuto e speranza. Sono passati i tempi in cui le persone con autismo erano isolate,
mandate lontano, in istituti. Oggi molti giovani possono essere aiutati ad andare a scuola con gli
altri bambini. Sono disponibili metodi per migliorare le loro abilità sociali, linguistiche e
scolastiche. Anche se più del 60% degli adulti autistici continua ad aver bisogno di cure per
tutta la vita, alcuni programmi hanno iniziato a dimostrare che con un supporto appropriato,
molte persone autistiche possono essere educate a svolgere lavori significativi e partecipare alla
vita della comunità.
L’autismo è presente in ogni Stato e in ogni regione del mondo, in famiglie provenienti da tutte le
razze, le religioni ed i livelli economici. Si manifesta nell’infanzia, colpisce 1 o 2 persone ogni
mille, ed è tre o quattro volte più comune nei bambini, che nelle bambine. Le bambine con
questo disturbo, tendono però ad avere sintomi più gravi, e minor intelligenza. In aggiunta alla
perdita delle potenzialità personali, il costo dei servizi sanitari e scolastici per le persone colpite,
supera, ogni anno, i 3 miliardi di dollari. Così, per questo verso, l’autismo influisce su tutti noi.
Questo pamphlet è fornito dal National Institute of Mental Health (NIMH), l’agenzia federativa
che conduce e finanzia le ricerche sui disturbi mentali e cerebrali, incluso l’autismo. Il NIMH è
3
N.d.C .: Il do cumento è aggio rnato al 6 Gennaio 1 9 9 9
9
parte del National Institutes of Health (NIH), che è l’agenzia americana governativa federale
principale per le ricerche biomediche e comportamentali. Le ricerche sull’autismo e sui disturbi ad
esso correlati, sono finanziate anche dal National Institute of Child Health and Human
Development (NICHD), dal National Institute on Deafness and other Communication Disorders
(NIDCD) e dal National Institute of Neurological Disorders and Stroke (NINDS).
Gli scienziati del NIMH sono specializzati nel comprendere il funzionamento e le interrelazioni fra
le varie regioni del cervello e nel costruire misure preventive e nuovi trattamenti, per i disturbi
che, come l’autismo, mettono le persone in posizione di svantaggio nella scuola, nel lavoro, e
nelle relazioni sociali.
In questo pamphlet sono incluse le ultime informazioni sull’autismo e sul ruolo del NIMH
nell’identificarne le cause basilari e i trattamenti efficaci. Sono descritti anche i sintomi, le
procedure diagnostiche, le opzioni di trattamento, le strategie per fronteggiare la situazione e le
fonti di informazioni e supporto.
Gli individui a cui ci si riferisce in questa brochure non sono reali, ma le loro storie sono basate
su colloqui con genitori che hanno bambini autistici.
Capire il problema
Paul
Paul è sempre stato ossessionato dall’ordine. Quand’era bambino allineava le costruzioni,
raddrizzava le posizioni delle sedie, teneva lo spazzolino da denti sul lavandino sempre nello
stesso posto, ed aveva un accesso di collera quando qualcosa veniva spostato. Paul poteva
anche diventare aggressivo. Alcune volte, quando turbato o ansioso, poteva esplodere
improvvisamente scagliando l’oggetto più vicino, o rompendo una finestra. Se sopraffatto dal
rumore e dalla confusione, si auto-colpiva o si mangiava le unghie fino a farle sanguinare. A
scuola, dove il suo programma e il suo ambiente erano attentamente strutturati, aveva un
comportamento più normale. Ma a casa, fra la confusione imprevedibile e rumorosa di una grande
famiglia, era spesso fuori controllo. Per i suoi genitori divenne sempre più difficile, a causa di ciò,
aver cura di lui e soddisfare anche i bisogni degli altri figli. In quel periodo, più di dieci anni fa,
questo disturbo era molto meno conosciuto,ed erano disponibili poche opzioni terapeutiche. Così,
all’età di 9 anni, i suoi genitori lo misero in una struttura residenziale dove poteva ricevere
attenzioni e vigilanza 24 ore su 24.
Alan
Alan da piccolo era giocoso ed affettuoso. A 6 mesi sapeva già sedersi e gattonare. A 10 mesi
iniziava a camminare e a dire qualche parola e a 13 sapeva contare. Un giorno, a 18 mesi, sua
madre lo trovò seduto in cucina, solo, che faceva girare ripetutamente le ruote dell’aspirapolvere
con una tale persistenza e concentrazione che non le rispose quando lei lo chiamò. Da quel
giorno in poi, lei dice: “Fu come se qualcuno avesse gettato un’ombra su di lui”. Alan ha smesso
di parlare e di relazionarsi con gli altri. Spesso, corre velocemente attorno a casa come un
demone. E’ diventato fissato con le luci elettriche, correndo attorno a casa, le accende e le
spegne. Se viene fermato, ha un accesso di collera, picchia e scalcia chiunque si trovi alla sua
portata.
Janie
Fin dalla nascita, Janie è sembrata diversa dagli altri bambini. All’età in cui la maggioranza dei
piccoli ama relazionarsi con la gente ed esplorare l’ambiente circostante, Janie sedeva senza
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muoversi nella sua culla, e non rispondeva ai sonaglini o agli altri giocattoli. Non sembrava
crescere neanche in sequenza normale. Si alzò prima di gattonare, e quando iniziò a camminare,
lo fece sulla punta dei piedi. A 30 mesi ancora non parlava. Afferrava invece, le cose o piangeva
per ottenere ciò che voleva. Sembrava avere anche un’immensa forza di concentrazione, sedeva
per ore guardando un giocattolo che teneva fra le mani. Quando Janie fu portata in una clinica
speciale per essere controllata, trascorse tutto il tempo della visita tirando via i pelucchi di lana
dal pullover dello psicologo.
Cos’è l’autismo?
L’autismo è un disturbo cerebrale che influisce tipicamente sull’abilità della persona di
comunicare, di avere relazioni con gli altri, e di rispondere in modo appropriato all’ambiente
circostante. Alcune persone con autismo sono relativamente ad alto funzionamento, con eloquio
ed intelligenza intatti. Altre sono ritardate mentalmente, mute o con gravi ritardi del linguaggio.
L’autismo fa sembrare alcune persone, chiuse in se stesse e silenziose, mentre altre sembrano
intrappolate in comportamenti ripetitivi e in rigidi modelli di pensiero.
Sebbene le persone autistiche non abbiano esattamente gli stessi sintomi e gli stessi deficit,
esse tendono a condividere certi problemi sociali, comunicativi, motori e sensori, che hanno
influenza prevedibile sul loro comportamento.
Sintomi sociali
In genere i bambini, fin dall’inizio sono esseri sociali. Ben presto nella loro vita, iniziano a
guardare le persone, si voltano verso le voci, afferrano teneramente un dito, e sorridono
addirittura.
Al contrario, molti bambini autistici sembrano avere enormi difficoltà ad imparare a districarsi
nelle interazioni umane quotidiane. Durante i primi mesi della loro vita, possono addirittura non
interagire ed evitare lo sguardo diretto. Sembrano preferire l’essere soli. Pongono resistenza alle
attenzioni e all’affetto, od accettano passivamente abbracci e coccole. Raramente cercano
conforto o rispondono alla rabbia o all’affetto. Diversamente dagli altri bambini, solo di rado
diventano tristi quando i genitori li lasciano soli come, solo di rado, mostrano piacere quand’essi
ritornano. I genitori che non vedono l’ora di provare la gioia delle coccole, dell’insegnare, del
giocare con il loro bambino, possono sentirsi a pezzi a causa di questa mancanza di risposte.
I bambini autistici impiegano molto tempo anche ad imparare ad interpretare cosa pensano o
provano gli altri. Segnali sociali sottili, come un sorriso, l’occhiolino, una smorfia, possono avere
ben poco significato. Per un bambino che non recepisce questi segnali il “vieni qui” significa
sempre la stessa cosa, sia che colui che parla stia sorridendo ed allungando le braccia in un
abbraccio, sia che lo stia guardando di traverso con i pugni sui fianchi. Senza l’abilità di
interpretare la gestualità e le espressioni facciali, il mondo sociale può sembrare assai confuso.
Le persone autistiche hanno problemi nel vedere le cose dalla prospettiva di un’altra persona. In
genere i bambini di 5 anni capiscono che gli altri hanno informazioni, sentimenti ed obiettivi
diversi rispetto a loro. Un individuo autistico può non comprenderlo mai. Questa mancanza li
rende incapaci di predire o di capire le azioni degli altri.
Alcune persone autistiche tendono anche, alle volte, ad essere fisicamente aggressive,
rendendo le relazioni sociali ancor più difficili. Alcuni perdono il controllo, particolarmente quando
sono in un ambiente strano o che li coinvolge intensamente, o quando sono arrabbiati e
frustrati. Alle volte sono capaci di rompere oggetti, di aggredire gli altri o di farsi del male. Alan,
ad esempio, può essere preda di rabbia intensa, picchiando e scalciando, quando è frustrato od
arrabbiato. Paul, quando nervoso o fuori di sé, può rompere una finestra o scagliare oggetti
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lontano. Altre persone sono autodistruttive, sbattono la testa, si strappano i capelli, si
colpiscono le braccia.
Difficoltà linguistiche
All’età di 3 anni, la maggioranza dei bambini, ha già superato molte delle tappe previste lungo la
strada dell’acquisizione del linguaggio. Una delle prime fasi è la lallazione. Entro il primo
compleanno, un bimbo “normale”, esprime alcune parole, si volta quando viene chiamato, indica
quando vuole un giocattolo, e quando gli è offerto qualcosa che non gli piace, rende chiaro che
la sua risposta è no. All’età di due anni, molti bambini iniziano a mettere insieme brevi frasi come
“guarda il cagnolino” o “ancora biscotti” e sono capaci di seguire indicazioni semplici.
Le ricerche mostrano che circa la metà dei bambini diagnosticati con autismo, rimane muta per
tutta la vita. Alcuni bambini che mostrano segni di autismo in un periodo successivo a quello
della nascita, emettono suoni e lallano durante i primi sei mesi di vita. Ma smettono ben presto e
possono non parlare mai, sebbene possano riuscire a comunicare usando il linguaggio dei segni, o
usando apparecchi elettronici speciali. Altri possono essere in ritardo, sviluppando il linguaggio
fra i 5 e gli 8 anni.
Quelli che parlano davvero, usano spesso il linguaggio in modo inusuale. Alcuni paiono incapaci di
combinare le parole in frasi significanti. Alcuni producono solo parole singole. Altri ripetono la
stessa frase, indipendentemente dalla situazione.
Alcuni bambini autistici sono solo capaci di ripetere a pappagallo quello che sentono, una
condizione chiamata ecolalia. Senza un’istruzione adeguata, ripetere come una eco le frasi delle
altre persone, può essere l’unico linguaggio che potranno mai acquisire. Ciò che ripetono può
essere una domanda che gli era appena stata formulata, o una pubblicità televisiva. Oppure, in
maniera del tutto inaspettata, un bambino può urlare “Stai sul tuo lato della strada!”- qualcosa
che aveva sentito dire da suo padre alcune settimane prima. Anche i bambini non autistici
intercorrono in una fase in cui ripetono quello che sentono, ma essa solitamente finisce attorno
ai tre anni di età.
Le persone autistiche hanno anche a
l tendenza a confondere i pronomi. Hanno problemi ad
afferrare il significato di parole che, come “mio”, “io” e “tu”, cambiano di significato in relazione a
chi sta parlando. Quando l’insegnante di Alan chiede: ”Come mi chiamo?”, lui risponde “Il mio
nome è Alan”.
Alcuni bambini esprimono la stessa frase in una gran varietà di situazioni. Un bambino, per
esempio, diceva “Vai in macchina”, a casaccio durante il giorno. Superficialmente la sua
affermazione può apparire bizzarra, ma c’è forse un modello significativo in ciò che il bambino
dice. Potrebbe dire “Vai in macchina” ogni volta che vuole uscire. Nella sua mente ha associato
“Vai in macchina” con il lasciare la casa. Un altro bambino, che dice “latte e biscotti” ogni volta
che sta bene, ha forse associato la buona sensazione provata mangiando, con le altre cose che
lo rendono contento.
Anche capire il linguaggio corporale di una persona autistica può essere ugualmente difficile. La
maggioranza di noi sorride quando parla di cose piacevoli, o scrolla le spalle quando non sa
rispondere ad una domanda. Ma, per i bambini autistici, le espressioni facciali, i movimenti e la
gestualità, raramente si accompagnano a ciò che stanno dicendo. Anche il loro tono di voce non
riflette i sentimenti. Sono comuni voci acute, cantilenanti, piatte o simili a quelle di robot.
Senza gestualità significativa o senza il linguaggio per chiedere le cose, le persone autistiche
sono in una posizione di inferiorità nel far conoscere agli altri ciò di cui hanno bisogno. Il
risultato è che allora possono semplicemente strillare od afferrare ciò che vogliono. Temple
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Grandin, una donna autistica eccezionale, che ha scritto due libri sul suo disturbo, ammette:
“Non essere in grado di parlare fu sempre una frustrazione totale. Urlare era la sola via che mi
permetteva di comunicare”. Spesso pensava logicamente: “Adesso inizierò a strillare perché
voglio dire a qualcuno che non voglio fare qualcosa”. Fino a quando non sono insegnati loro
mezzi migliori per esprimere i bisogni, le persone autistiche fanno qualunque cosa siano in grado,
per andare verso gli altri.
La storia di Temple Grandin
Temple Grandin, malgrado una vita intera combattuta con l’autismo, conseguì il dottorato in
scienze animali. Oggi inventa apparecchi per controllare il bestiame, ed insegna in una delle
maggiori università. E’ una donna di straordinario talento, ha scritto diversi libri sulle scienze
animali, l’autismo e la propria vita.
Già a 6 mesi, Temple aveva molti dei sintomi tipici dell’autismo. Se presa in braccio si irrigidiva e
voleva essere rimessa giù. A due anni, era ormai chiaro che lei era ipersensibile al gusto, al
suono, all’odore e al tatto. I suoni erano per lei strazianti. Indossare abiti fu una tortura: la
sensazione di certe fibre tessili era come carta vetrata che grattava la pelle. Costantemente
sottoposta a sensazioni troppo forti, urlava, era preda di rabbia, e tirava oggetti. In altri
momenti, scopriva che concentrandosi intensamente ed esclusivamente su un oggetto che
teneva in mano, su una mela, una monetina che rotolava, la sabbia che passava fra le sue dita,
poteva rifugiarsi in un temporaneo paradiso di ordine e prevedibilità.
Un dottore, come era abitudine a quel tempo, consigliò che Temple venisse istituzionalizzata.
Sua madre rifiutò e la inserì in un programma terapeutico per bambini con gravi compromissioni
qualitative del linguaggio. La classe era piccola e rigidamente strutturata. Quei metodi furono
efficaci per Temple, sebbene il programma non fosse indirizzato a trattare l’autismo. A 4 anni
iniziò a parlare e a 5 fu capace di frequentare l’asilo. Temple ha attribuito il suo successo a
diverse persone–chiave presenti nella sua vita: sua madre, che continuò incessantemente a
cercare aiuto, il suo terapeuta, che la tenne lontana dall’annientarsi dentro il suo mondo
interiore, e un insegnante di scuola che la aiutò a trasformare il suo interesse per gli animali in
una professione nell’ambito della scienza animale.
La comprensione di Temple per i bisogni degli animali, una forte abilità sviluppata nel pensare “a
disegni” e la coscienza dei suoi bisogni speciali, la portarono ad inventare apparecchiature che
hanno aiutato straordinariamente sia il bestiame che lei stessa. Dopo aver visto un dispositivo
usato per calmare gli animali, creò una “ma cchina comprimente”. La macchina fornisce pressione
auto-controllata che aiuta Temple a rilassarsi. Ha scoperto che dopo aver usato la macchina
comprimente si sente meno aggressiva e meno ipersensibile. Con il suo amore per gli animali e la
sua personale sensibilità come guida, ha disegnato anche apparecchiature, usate in tutto il
mondo, sia per gli uomini che per facilitare l’allevamento degli animali. Il suo forte inusuale senso
visivo le permette di pianificare e creare progetti complessi nella mente. Prima di disegnarne le
tracce, può vedere con precisione nuovi e complessi congegni e come i diversi pezzi di questi si
uniscono assieme.
La storia di Temple Gradin afferma in modo potente che l’autismo non deve trattenere le persone
dal realizzare il proprio potenziale.
Comportamenti ed ossessioni ripetitive
Le mosse strane e ripetitive che compiono i bambini autistici, sebbene, di solito, fisicamente
normali e con un buon controllo muscolare, li isolano dagli altri bambini. Un bambino può
trascorrere ore movendo le dita a scatti o sbattendole, o dondolandosi avanti e indietro. Molti
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sbattono le braccia o camminano in punta di piedi. Alcuni “si congelano” improvvisamente in una
posizione. Gli esperti chiamano questi comportamenti stereotipie o auto-stimolazioni.
Alcune persone autistiche hanno la tendenza a ripetere certe azioni all’infinito. Un bambino può
passare ore allineando grissini. O, come Alan, può correre da una stanza all’altra spegnendo ed
accendendo le luci.
Alcuni sviluppano fissazioni problema tiche con oggetti specifici, che possono portare a
comportamenti insalubri o pericolosi. Per esempio, uno può insistere nel portare gli escrementi
dal bagno alla classe. Altri comportamenti sono semplicemente sorprendenti, divertenti od
imbarazzanti per quelli che sono loro attorno. Una ragazza, ossessionata dagli orologi digitali,
afferra le braccia degli estranei per guardare i loro polsi.
Per ragioni sconosciute, le persone autistiche richiedono che il loro ambiente rimanga costante.
Molti insistono nel mangiare gli stessi cibi, alla stessa ora, seduti precisamente nella stessa
posizione a tavola, ogni giorno. Possono diventare furiosi se un quadro sulla parete è storto, o
molto scombussolati se il loro spazzolino è stato mosso, anche se di pochissimo. Un piccolo
cambio nella loro routine, come prendere una strada diversa per andare a scuola, può farli stare
tremendamente male.
Gli scienziati stanno esplorando tutte le spiegazioni possibili per questo comportamento ripetitivo
ed ossessivo. Forse l’ordine e la costanza portano una certa stabilità in un modo di confusione
sensoria. Forse i comportamenti stereotipati sono un aiuto per bloccare all’esterno gli stimoli
dolorosi. Un’altra teoria ancora, afferma che forse questi comportamenti sono collegati ai sensi
che funzionano bene o a quelli che funzionano malamente. Un bambino che odora ogni cosa nel
suo campo visivo, forse sta usando il senso stabile dell’odore per esplorare l’ambiente. O forse è
vero l’opposto: sta provando a stimolare un senso che è incerto.
Anche il gioco immaginativo è limitato da questi comportamenti ed ossessioni ripetitive. Molti
bambini, già a due anni, usano la loro immaginazione per fingere. Creano usi nuovi per un
oggetto, magari utilizzano un contenitore come cappello. O fanno finta di essere qualcun altro,
come la mamma che prepara la cena per la “famiglia” delle bambole. In modo opposto, i bambini
autistici fanno raramente finta. Piuttosto che cullare una bambola o far correre la macchinina,
tengono gli oggetti semplicemente in mano, annusandoli o rigirandoli per ore.
Sintomi sensori
Quando le percezioni dei bambini sono accurate, essi possono imparare attraverso le cose che
vedono, provano o ascoltano. D’altro canto, se l’informazione sensoria fallisce, o se l’imput
proveniente dai diversi sensi non si distingue in maniera coerente, le esperienze del bambino
rispetto al mondo sono confuse. Le persone autistiche sembra abbiano uno od entrambi questi
problemi. Ci possono cioè essere problemi nei segnali sensori che raggiungono il cervello o nella
integrazione di questi e, abbastanza facilmente, negli uni e nell’altra.
Apparentemente, come risultato di un malfunzionamento cerebrale, molti bambini autistici sono
altamente ricettivi, od addirittura dolorosamente sensibili, a certi suoni, a certi tessuti, a certi
gusti ed odori. Alcuni bambini trovano la sensazione dei vestiti sulla loro pelle così fastidiosa da
essere incapaci di focalizzare la loro attenzione su qualcos’altro. Per altri, un tenero abbraccio
può essere opprimente. Alcuni bambini si coprono le orecchie e strillano al rumore
dell’aspirapolvere, di un aeroplano lontano, dello squillo del telefono od addirittura del vento.
Temple Grandin dice: “Era come avere un aiuto uditivo capace di sentire qualunque cosa, con il
controllo del volume fermo sul massimo”. Dato che ogni rumore era così forte, scelse spesso di
ritirarsi in se stessa e di eliminare i suoni, al punto da sembrare sorda.
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Nell’autismo, il cervello sembra anche incapace di bilanciare appropriatamente i sensi. Alcuni
bambini autistici sembrano insensibili all’estremo freddo o al dolore, ma hanno reazioni isteriche
per cose che non darebbero nessun fastidio agli altri. Un bambino autistico può rompersi un
braccio cadendo e non piangere. Un altro bambino può picchiare la testa contro il muro senza
fare una grinza. Ma, d’altro canto, un lievissimo tocco può farlo strillare allarmato.
In alcune persone i sensi sembrano addirittura scambiati. Un bambino ride quando tocca certi
tessuti. Un uomo autistico sente un suono quando qualcuno gli sfiora un punto del mento. Altri
vivono certi suoni come colori.
Abilità inusuali
Alcune persone autistiche mostrano abilità sorprendenti. Altri esternano possibilità veramente
fuori dall’ordinario. Da piccolissimi, quando gli altri bambini disegnano linee e scarabocchi, alcuni
bambini autistici sono capaci di realizzare disegni ricchi di dettagli, realistici e con una
prospettiva tridimensionale. Alcuni sono così dotati di abilità visuali da essere capaci di comporre
puzzle complessi. Altri, iniziano a leggere eccezionalmente presto, addirittura prima di quando
imparano a parlare. Altri ancora, con uno sviluppatissimo senso del suono, riescono ad usare
strumenti musicali che non hanno mai visto prima, possono suonare accuratamente una canzone
dopo averla ascoltata una sola volta, o possono dare un nome ad ogni nota che ascoltano.
Come il personaggio interpretato da Dustin Hoffman in Rain Man, alcune persone autistiche
possono memorizzare intere trasmissioni televisive, intere pagine dell’elenco telefonico, o tutti i
punteggi delle maggiori squadre di baseball ottenuti negli ultimi 20 anni. Tali abilità, conosciute
come islets of intelligence o savant skills, sono comunque rare.
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CHE COS’E’ L’AUTISMO; (documento della “NATIONAL AUTISTIC
SOCIETY” NAS)4
http://www.oneworld.org/autism_uk/asd/autleaf.html
L'autismo è un disturbo che nel corso della vita, colpisce le abilità sociali e comunicative.
Generalmente, i soggetti con disturbo autistico presentano anche difficoltà di apprendimento, e
indipendentemente dal loro livello intellettivo, condividono la difficoltà a dare senso al mondo nel
modo in cui la maggioranza delle persone fanno. In molti bambini con autismo, alcune abilità sono
migliori di altre cosicché il loro sviluppo non è soltanto più lento del solito, ma anche discontinuo
e diverso da molti bambini con altri disturbi di apprendimento. C'è anche una forma di autismo
che è conosciuta come Sindrome di Asperger; questa appare nella parte finale di maggiori
abilità dello spettro autistico.
Quali sono le caratteristiche dell'autismo:
I gradi per cui le persone con un disturbo dello spettro autistico sono colpite variano, ma tutte
le persone colpite manifestano ciò che è conosciuto come la Triade delle Compromissioni. Questa
Triade riguarda:
−
interazione sociale: difficoltà ad instaurare relazioni sociali
−
comunicazione sociale: difficoltà nella comunicazione verbale e non-verbale
−
immaginazione: difficoltà nello sviluppo del gioco e dell'imma ginazione
In aggiunta a questa Triade, i modelli di comportamento ripetitivo sono un'altra caratteristica
percettibile e difficilmente modificabile.
4
N.d.C .: Il do cumento è aggio rnato al Giugno 2 0 0 0
16
CHE COS'È L’AUTISMO (documento di “Autism Europe”)
www.autismeurope.arc.be/english/frame.htm
L'autismo è probabilmente il peggiore di tutte le disabilità; può non essere visto, non essere
individuato, non essere capito.
Oggi, l'autismo è considerato un Disturbo Generalizzato dello Sviluppo delle funzioni cerebrali
(definizione del DSM IV e dell'ICD 10) che impedisce al soggetto l'organizzazione e la
comprensione delle informazioni trasmesse attraverso i sensi. Può causare al soggetto il ritiro
verso se stesso e colpisce drammaticamente le interazioni sociali con il mondo esterno.
I sintomi più importanti dell'autismo sono:
−
i deficit nella interazione sociale reciproca
−
i deficit nella comunicazione verbale e non-verbale e nell'immaginazione
−
una serie ristretta di attività e interessi
L'autismo è una disabilità grave. Sebbene una volta si pensava che l'autismo fosse raro, gli studi
clinici hanno ora dimostrato che la prevalenza di tutto l'autismo classico è 4/5 per 10.000 e che
ci possono essere fino a 10/20 per 10.000 persone che manifestano molti dei sintomi e che
quindi potrebbero essere inclusi all'interno del "continuum autistico". L'autismo è, qualche volta,
associato con altre disabilità come la Sindrome di Down, l'epilessia, la Sindrome di Rett o la
Sclerosi Tuberosa. Ancora oggi, a causa della carenza di diagnosi appropriate e di servizi, molte
persone con autismo non ricevono cure adeguate. L'esperienza ha dimostrato che il miglior
trattamento per le persone con autismo è l'educazione precoce e specializzata che aiuta a
rendere l'ambiente più accessibile alle persone con autismo e personalizza gli interventi alle
specifiche compromissioni di ogni individuo.
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I LINGUAGGI DELLA METODOLOGIA
− “Autismo, Autismi, Processi Educativi” (Andrea Canevaro)
− Un sintetico percorso tra le Schede di Valutazione
a) GLI INDICATORI DI SVILUPPO NORMALE (dal sito “NIMH”)
b) LE DIFFERENZE TRA BAMBINI NORMALI E BAMBINI AUTISTICI (dal
sito “NIMH”)
c) AUTISM CHECKLIST (dal sito “Autism Society of America”)
d) PONI DOMANDE PRECISE SULLO SVILUPPO (dal Documento “The
Screening and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders ” di Pauline
A. Filipek)
e) LE BANDIERE ROSSE DELL’AUTISMO (dal Documento “The Screening
and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders ” di Pauline A. Filipek)
f)
CH.A.T. (Checklist for Autism in Toddler)
− Il Manuale di Buone Pratiche nei confronti delle Persone Autistiche ( da
“Autisme Europe”, 1998)
− Quality Managment nei programmi per le persone con autismo (Ramon Barinaga
Osinalde, Spagna)
− BIBLIOGRAFIA SPECIALIZZATA
AUTISMO, AUTISMI, PROCESSI EDUCATIVI5
di Andrea Canevaro
Premessa
Parlare di autismo significa, per noi, parlare piuttosto di autismi. Abbiamo sempre più
l'impressione che il termine vada proposto o in relazione alla singola situazione, che quindi va
incontrata, in una dimensione clinica, oppure vada sempre proposta al plurale, non essendoci un
modo solo di vivere l'autismo ma diversi.
Dimensione clinica: chiariamo che cosa ciò significa. Vorremmo evitare l'equivoco di utilizzare il
termine clinico nel senso riduttivamente medico. Parliamo di clinico nella sua derivazione
etimologica, che ha molti risvolti pratici, essendoci nell'approccio clinico, la sostanziale necessità
di un incontro singolare, originale, caso per caso. L'approccio clinico è l'incontro con la persona.
Non può quindi essere incontro con una patologia, con un deficit, ma è l'incontro con l'individuo
nella sua originalità di bambino, di bambina, di uomo o di donna, e con la sua situazione che non
è unicamente quella rappresentata dalla patologia o dal deficit L'approccio clinico è quindi quello
che vorremmo seguire: l'approccio non sanitarizzante, in cui, però, l'aspetto sanitario ha la sua
parte, e in cui, per quanto ci riguarda, la dimensione educativa è fondamentale.
5
N.d.C .: Tratto da Atti del Seminario di Studio “IL BAMBINO AUTISTIC O E LA
SC UOLA”. Rimini, 2 6 maggio 2 0 0 0
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Vorremmo parlare degli autismi, inoltre, perché abbiamo la certezza, ormai, ma per prudenza
diciamo la sensazione, che si tratti di una condizione che ha molte cause, una multifattorialità e
una multicausalità, e quindi che sia una situazione da affrontare non con un solo modo, o
metodo, o con una sola proposta, ma tenendo conto di quella necessità di intreccio, di
proposte, che ormai diventa il terreno su cui molte indagini si sono svolte e anche molte
convinzioni hanno cominciato a prendere piede. Per questo riteniamo che non sia nostro compito
quello di proporre una modalità di affrontare l'autismo, ma che sia piuttosto importante ragionare
e sempre aggiornare una riflessione sulla metodologia, che consenta anche di accogliere diverse
proposte, di accoglierle non unicamente ciascuna isolata, ma anche cercando di correttamente
fare delle connessioni fra le proposte, e arrivare a nuove individuali (individuali: nella dimensione
dell'approccio clinico) proposte.
Parlando di intreccio vorremmo dire questo: non abbiamo l'idea che vi sia una proposta che
elimini, e in qualche modo faccia invecchiare, improvvisamente, tutte le altre. Non abbiamo
questa sensazione. Abbiamo piuttosto la convinzione che si tratti sempre di ragionare in termini
di intreccio. E se, qualche volta, eccezionalmente, una proposta ritiene di avere qualche
vantaggio sulle altre, o noi riteniamo che una certa proposta abbia un primato, dobbiamo
rimanere - è nostra convinzione - nell'approccio clinico, quindi saperla valida per quella
situazione, e non farci prendere la mano con una operazione di divulgazione, che rinunci a
questo presupposto di miticciato di intreccio dei metodi, e di costruzione di una proposta
personalizzata all'interno di questo approccio.
Una riflessione sullo sviluppo della relazione in educazione
Nel bambino o bambina che cresce si sviluppa un'interazione con l'ambiente che ha come
elemento privilegiato il rapporto con alcune figure di adulti, e in particolare con la figura che
chiamiamo materna. La figura materna, a sua volta, è tale anche in rapporto a una possibilità di
esercitare le funzioni che vengono definite maternanti, in una certa tranquillità. E' quindi più che
evidente che si parla di una relazione che ne sottende altre, e quindi di una sistematicità in cui
vive una relazione duale, con confini e con implicazioni. La triangolazione diventa una necessità
dal momento che il rapporto interattivo fra la figura materna e il neonato immediatamente ha
bisogno di mediatori, ha bisogno quindi di organizzare il rapporto con mediatori sia fisici - il cibo,
il latte - sia impalpabili - i suoni, le luci, che diventano poi la parola, lo spazio, il tempo,
l'organizzazione dei ritmi, ecc.
In un rapporto di questo genere, ha una certa importanza la costruzione di abitudini che
permettano all'individuo, sia neonato che adulto, di cominciare a distinguere tra ciò che può
essere, in qualche modo, previsto, e gli imprevisti, e quindi a esercitare una forma di controllo, di
codifica mentale di ciò che avviene e di previsione, e quindi di controllo della situazione. La
crescita, poi, nel e del linguaggio permette a ciascun individuo di regolare l'afflusso delle
informazioni, di rispondere alle informazioni, deviando o mantenendo le pressioni e le dinamiche
che le informazioni hanno fornito, di chiudere l'accesso delle informazioni, ecc. Parliamo di
informazioni ma non unicamente nel senso delle informazioni verbali, anche di quelle che si
vivono attraverso l'importante canale informativo che sono i cibi, e quindi con gli aspetti che
sono prettamente nel contesto, e non possono che essere tali, come possono essere gli odori, i
colori, i sapori. Ma questo fa si che ciascuno possa anche desiderare di sentire un odore,
quando non lo sente, e di esprimere il desiderio, con gli strumenti che può avere, per poter
avere quel cibo, e quindi per potere realmente sentire quell'odore. Può evocare, e desiderare.
Può ricordare e programmare.
Quando questo sviluppo interattivo magmatico, composto cioè da mille elementi che si
intrecciano tra loro e che sono poco dicibili, se non per alcune parzialità, ha delle interruzioni, vi
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sono degli imprevisti. Li consideriamo tali se sono in rapporto a qualcosa che è sostanzialmente
prevedibile, e quindi che, come imprevisto, sa essere affrontato per tornare a ciò che è previsto,
oppure per aumentare la prevedibilità di nuovi elementi, e renderla quindi più complessa, più
reale, più completa. In un individuo che cresce vi sono sempre degli eventi che non erano
previsti, e chi vive intorno a lui, a sua volta, provoca in quell'individuo degli imprevisti. Tutto
questo alimenta una costruzione della realtà più ricca, più capace di flessibilità, di ricostruzione,
di riformulazione. Ma rimangono altri imprevisti che sono tali perché si aprono e si chiudono e, se
non fosse possibile chiuderli, provocano delle situazioni di diffic oltà più complessa, più grave.
E' questo il caso dei deficit: quando vi è un deficit che insorge, o comunque che viene percepito
solo in una linea di sviluppo, la situazione rimane compromessa, e vi sono molte difficoltà a
proseguire con la dinamica dell'intreccio magmatico: si ha più bisogno di una tecnica, di
suggerimenti tecnici. Come posso recepire il ritorno di informazione da parte un individuo, un
bambino, una bambina - ma naturalmente questo vale per le situazioni di adulti - che non utilizza
più, e non sappiamo se utilizzerà in seguito, delle strutture comunicative semplici come possono
essere le comunicazioni mimiche, e quelle un po' più articolate e complesse che sono il linguaggio
orale, l'articolazione fonetica? Come possiamo stabilire dei rapporti interattivi, dinamici, che
crescano, progrediscano, abbiano uno sviluppo, quando non capiamo se vi è una ricezione delle
nostre comunicazioni, perché manca un ritorno della comunicazione, una risposta, anche una
risposta di contrasto? Le testimonianze, a volte, sono molto drammatiche: una madre con il
nodo alla gola racconta come desidererebbe tanto che la sua bambina di quattro anni arrivasse
a rompere un bicchiere, arrivasse a fare dei gesti che avrebbero bisogno di essere rimproverati!
Che cosa vuoi dire con questo? Vuoi dire che di fronte a una bambina che sembra una bambola
rotta ha il desiderio di una normalità anche nei contrasti, anche nei piccoli disastri che un
bambino o una bambina che cresce può compiere, e che fanno parte di quella dinamica
magmatica e interattiva di cui parlavamo. Se questo non avviene si ha bisogno, dicevamo, delle
tecniche. Si ha bisogno, cioè, che qualcuno che riteniamo conosca queste situazioni ci
suggerisca il come, il quando, il perché. E se il come e il quando sono abbastanza operativi, noi
non riteniamo poi necessario che il perché sia confrontato con autorevoli altre fonti, ci
accontentiamo.
Dicendo quello che stiamo scrivendo ci siamo messi in una identificazione con le figure parentali,
che sono quelle più colpite: i familiari sono coloro che si trovano immediatamente in una grave
difficoltà, progressivamente sempre più grave, di non sapere come fare, cosa fare. Se
incontrano tecnici i quali sono piuttosto remissivi, o appaiono tali, dicendo loro: "Bisogna
accettare , bisogna convincersi che questa è una situazione che perdura", e nello stesso tempo
incontrano proposte seducenti, che dicono: "No, c'è da fare, è questo che bisogna fare, bisogna
occupare il tempo, bisogna impegnarsi nell’attivare…ecc”, è evidente che queste proposte, quali
che siano le loro sostanziali referenze scientifiche, diventano persuasive. Non tanto persuasive
nella razionalità, quanto organizzative di una vita che si sente molto destabilizzata, nel
marasma. Questa situazione, simbolicamente, e banalmente, è abbastanza conosciuta. Ed è a
partire, però, da questa conoscenza che si deve sviluppare una metodologia. E' li che abbiamo
bisogno di ragionare sulla qualità di una relazione di aiuto che permetta di stabilire - o di
ristabilire, si dice a volte, anche se questo ristabilire è una rievocazione a volte un po'
misteriosamente mitologica, perché c'è già stata una relazione di crescita, di dinamica
magmatica di interscambio, a volte è stata sognata, è ritenuta esistere ma potrebbe essere un
mito, e non sempre i miti organizzano una costruzione, a volte bloccano anche una costruzione
-.
Quando vi sono ricordi dei primi mesi di vita come di mesi normali, che avevano tutte le
caratteristiche di promettere e premettere a una vita normale, e poi si è bruscamente interrotta,
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potremmo anche ritenere che la memoria sia un poco alterata. Ma queste sono interpretazioni
che non hanno una grandissima importanza, e potrebbero, anzi, danneggiare la qualità della
relazione d'aiuto perché potrebbero immediatamente porre il sospetto che noi ci avvaliamo di una
posIzione di potere per essere interpretativi. Molte delle relazioni d'aiuto sono guastate in
partenza da un sospetto di interpretatività: tu mi dici una cosa e io la interpreto e capisco che,
invece, le cose sono andate diversamente.
Dicendo questo riteniamo importante e necessario discutere. Non pensiamo che bisogna dir
ragione. Essere interpretativi e dare ragione sono due dimensioni entrambe che contengono molti
rischi, mentre la necessità è quella di essere capaci di raggiungere una dimensione dialogica.
Nella relazione d'aiuto bisogna accettare per poter discutere, non ritenendo che lo sviluppo sia
sempre lineare. Uno sviluppo lineare esige che, di fronte a un interlocutore che afferma qualcosa
che io ritengo non esatto, immediatamente stabilisca che quell'affermazione che ha fatto non è
esatta, e quindi proceda; questo è uno sviluppo lineare che non ha una grande validità. Noi
abbiamo bisogno di partire dalle affermazioni, di prenderle certamente sul serio, di cominciare,
però, a trasformarle in ipotesi di una realtà che c'è stata, che è difficile da verificare, e che
potrebbe essere accostata ad altre ipotesi.
Ma questo che dico e che diciamo è un po' presuntuoso perché ci pone in una posIzione
veramente poco simpatica: ritenere di saperla cosi lunga da insegnarla a tutti gli altri, cosa che
non è. Noi avanziamo con una permanente incertezza che non può trasformarsi, però, in una
destabilizzazione degli altri. Dobbiamo, nel rapporto d'aiuto, mostrare una curiosità che afferma:
"Non so tutto" e nello stesso tempo mostrare una certezza: "Quello che so mi permette di
andare avanti". Questa coppia di elementi fanno sì che si possa parlare della attività
dell'educatore come una attività in cui il punto importante è: la curiosità permette di andare
avanti. Si potrebbe dire anche con un'espressione che è stata usata in contesti legati più alle
esperienze di apprendimento, che gli educatori dovrebbero essere motivati dalla loro ignoranza,
nel senso che non sanno cosa c'è oltre la svolta, oltre la curva, oltre la montagna. E sono
motivati ad andare a vedere, andare oltre. Non sanno, ignorano. Però sanno camminare, sanno
muoversi, o sanno appoggiarsi a chi si muove. Hanno quindi una certezza accompagnata da
molta incertezze. Nel rapporto d'aiuto bisogna che facciano valere la certezza per non
aumentare la crisi, la drammaticità della situazione in cui l'altro interlocutore si trova. Questa
parte di riflessione è legata alle relazioni d'aiuto con i familiari. Riteniamo che un gran numero
delle situazioni in cui siamo impegnati si riferiscano a bambini e bambine, e quindi, implicitamente,
a coloro che ne hanno una responsabilità educativa: per primi i familiari, poi naturalmente anche
gli altri educatori del contesto extrafamiliare quali possono essere gli o le insegnanti, gli
educatori o le educatrici professionali, gli educatori o le educatrici.
Nella relazione il transfert o la pertinenza
Nell'approccio clinico prima o poi si incontra la parola transfert, che ha una effic ace derivazione
dalla parola trasferire: capacita, quindi, di permettere uno scambio, un trasferimento reciproco
di informazioni e, però, con l'aggiunta di un valore emotivo che ha preso il sopravvento. E' un
termine ampiamente usato nel rapporto di psicoterapia. Per questo ha una connotazione
sicuramente interessante e importante, che non va rifiutata, ma che rischia, nello stesso tempo,
di creare qualche equivoco, perché dovrebbe sempre essere precisata con un'altra parola, e
collocare il transfert nella dimensione, ad esempio, educativa. Forse è la stessa riflessione che si
dovrebbe poter fare anche con il termine clinico o clinica, che abbiamo già utilizzato definendo il
nostro approccio clinico.
Il termine transfert può essere sia utilizzato nella dimensione del rapporto psicoterapeutico, ma
può esservi un transfert educativo e un transfert cognitivo. Proprio per questo riteniamo che sia
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importante utilizzare anche un altro termine, che permette di evitare una continua necessità di
riferimenti o evitare una polisemia continua che può generare equivoci. E' il termine pertinenza.
Questo termine si riferisce a locutori, cioè coloro che dialogano, connessi da un principio
generale: quello di cooperazione. Secondo questo principio ogni locutore deve permettere al suo
interlocutore di disporre degli elementi necessari per comprendere gli enunciati prodotti. E la
locuzione ha delle radici profonde anche nei comportamenti elementari, vale a dire nella postura,
nel sorriso, e quelle che con termini dal significato molto ampio chiamiamo "comunicazione preverbale" e "comunicazione non verbale" - che non sono linguaggio: il linguaggio non verbale è
codificato mentre la comunicazione pre-verbale e non verbale non è codificata, ancorché
entrando nelle routine della quotidianità possa essere conosciuta e quindi in qualche modo
prevista, annunciata e provocata -.
La locuzione ha quindi questa radice nella comunicazione pre-verbale e nella comunicazione non
verbale. E anche in questa fase, o in questa dimensione, vi è una attenzione alla cooperazione,
cioè vi è la necessità di far comprendere e di comprendere gli enunciati. E' questa la situazione
che abbiamo in qualche modo indicato con una interazione dinamica e magmatica. La pertinenza,
quindi, diventa una capacità di avere un rapporto con l'alterità attraverso mediatori
reciprocamente chiaribili, comprensibili. Vediamo che in questo vi sono profonde analogie col
significato di transfert, di trasferibilità reciproca. Ma, probabilmente, la pertinenza mette più in
luce la necessità di avere dei mediatori che permettano un punto di incontro: mediatori gestuali,
mimici, posturali, e poi, o contemporaneamente, mediatori linguistici. Mediatori, quindi, che
possono avere inizialmente un senso solo per il microcosmo costituito da una relazione duale,
che si allargano alle altre persone, agli altri soggetti di un contesto delimitato, e che crescono e
diventano mediatori di tutta una comunità.
Nei mediatori la polisemia consente certamente una quantità innumerevole di malintesi, di
conflitti. Ma anche il temine conflitto è polisemico, e permette sia un'interpretazione negativa,
sia un'interpretazione eminentemente positiva, che è quella di far scoprire delle nuove
organizzazioni di pensiero, e quindi delle nuove interpretazioni di realtà.
Come si può dedurre, nessun progetto si può fare isolatamente, e l'educazione non è un
rapporto a due: implica necessariamente una quantità di mediatori legati a un'interazione
allargata. Per questo vi sono delle possibilità che i mediatori, sia non verbali, sia prettamente
linguistici, assumano dei significati di maggiore intesa quando sono fra persone che
sottintendono, ad esempio, un ricordo comune, una quantità emotiva intensa comune, un'
interpretazione gergale. Possono quindi significare una maggiore amicizia, intimità, complicità; e
possono anche permettere, però, l'esclusione. Possono permettere una costruzione difensiva,
l'aggressione verbale o comunicativa. In questo senso si può ben capire quanto la situazione
polisemica di alcune parole abbia creato fratture molto profonde tra una comunità scientifica che
aveva un suo gergo e chi entrava in contatto con questa comunità come erano i familiari di
bambini, in questo caso i bambini e le bambine autistici.
E' una banalità il dire come l'espressione madre fredda o madre frigorifero abbia suscitato una
tale serie di reazioni conflittuali da non permettere più di capire in che senso era usata
primariamente e in che senso dovrebbe essere percepita, ma da permettere di capire che è
meglio passare oltre e non utilizzarla più. E' evidente che quando un significato ha delle profonde
differenziazioni conflittuali,- perché non è più un significato ma è più significati contrapposti, vi è
la necessita, propria di alcune costruzioni positive del conflitto, di andare oltre e di trovare altre
parole che rimedino agli equivoci, e quindi alle contrapposizioni distruttive che gli equivoci
possono avere generato. La necessità di pertinenza è collegata alla necessità di partenariato.
Non si può sviluppare un percorso, o una proposta educativa, senza tenere conto della pluralità
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di soggetti che la proposta e il percorso educativo implicano, e quindi senza tenere conto che i
soggetti devono essere dei veri e propri partner. Il termine non può essere qui utilizzato con una
dimensione di sintonia spontanea. In questo caso, il partenariato è uno sviluppo necessario dei
rapporti tra le figure che storicamente sono presenti nell'approccio clinico. Non possiamo
trascurare la dimensione di partenariato nei rapporti con i famigliari, e se prima la nostra
riflessione si Sviluppava identificandosi, almeno in parte, nella figura del familiare adesso
vorremmo identificarci nella figura del tecnico, dell'educatore professionale, dell'insegnante, che
non può evitare di sviluppare una dimensione di partenariato con i familiari. Non può interpretare
il partenariato a piacere, ma lo deve interpretare, se si può dire, a dovere: deve trovare una
capacità di intesa con quelle figure che sono presenti nelle situazioni. Molte volte noi
sottolineiamo i limiti, le carenze, le difficoltà di carattere, le pretese assurde, che gli altri, i
familiari, possono avere. Questa sottolineatura è fatta a volte con eleganza, a volte con una
preoccupazione di rappresentare realisticamente una situazione, quindi con una buona
disponibilità di trovare forme di aiuto. Se, però, prende il sopravvento nella nostra
rappresentazione dell'altro, finisce per ancorare l'altro ai limiti, anziché provocarne un
superamento attraverso un riconoscimento di quella che può essere indicata come identità
competente.
Noi dovremmo, quindi, valorizzare soprattutto gli aspetti che permettono si sviluppare il
partenariato in positivo, in cui la relazione d'aiuto è cooperazione, e non correzione o imposizione
di qualche cosa. Allora, siccome abbiamo già espresso la convinzione che quando i familiari che
sono nel marasma incontrano una proposta che permette loro di ritenere finalmente possibile un
fare, un'attività, un uscire dalla situazione in cui si sono trovati nell'impotenza, nell'incapacità,
nella disperazione; avendo sottolineato già che questa è una situazione molto comprensibile, è
un'adesione a progetti che prometto qualche cosa mentre da altre parti c'è il vuoto; avendo
detto questo dobbiamo ritenere che vi sia un passaggio a un fare potenzialmente costruttivo. E
anche se noi siamo più che convinti che quel fare, quella proposta ha delle basi incerte - è
quindi costruita attraverso delle ipotesi che sono avventurose, che sono fantastiche - dobbiamo
però capire che la dimensione psicologica dell'altro è quella che ci interessa, perché non
partiamo con l'incontro con la patologia, con la situazione deficitaria, ma dall'incontro col
soggetto e con gli altri interlocutori che sono attorno al soggetto.
E quindi questo progetto, che non si può fare isolatamente, che ha bisogno di mediatori, che ha
bisogno di uno sviluppo di partenariato, non può che accogliere i mediatori che sono stati
suggeriti e che sembrano avere una valenza assoluta, per farli diventare mediatori polisemici; per
sviluppare da un significato che sembra assoluto, perché protetto da una specie di bolla tecnica,
farne un significato di carattere semantico e quindi legata ai contesti, cambiabile, mutabile.
Uno degli assiomi di qualsiasi intervento educativo è che l'attività è mediatrice di un
cambiamento. E' quindi quasi scontato il pensare che chi propone un'attività a chi è in una
situazione di disperazione perché non sono pensabili, non sono previsti, non sono deducibili i
cambiamenti di crescita, accetta quell'attività proprio perché la pensa utile per il cambiamento.
E può essere anche vero. Non parliamo tanto di un effetto placebo quanto di una possibilità che
si costruisca attorno ad un'ipotesi, che potremmo poi verificare non reale, una serie di relazioni e
di altri indotti che invece diventano sostanzialmente veri. In questo affrontiamo una quantità di
antinomie, ovvero di contrapposizioni, che possono riportare a una conflittualità paralizzante,
oppure possono introdurre degli elementi di dialettica. Sta molto a noi capire se è possibile
sviluppare una struttura dialettica, e quindi che permette un avanzamento, un'evoluzione, un
cambiamento, oppure se blocchiamo in contrapposizioni rigide quelle antinomie.
23
Per procedere su questo ragionamento vorremmo introdurre una apparente divagazione che
riguarda ancora i mediatori.
Chi si incontra venendo da lontano ha bisogno di buoni mediatori e di buoni
rituali
Possiamo immaginare che l'incontro fra chi nasce e chi è già al mondo da tempo, possa essere
paragonato a un incontro di persone che vengono da due punti opposti dell'orizzonte, e che
quindi hanno percorso delle grandi distanze. E' un'immagine che può essere fantasticata, perché
è l'incontro tra un bambino che era dentro una persona adulta e nello stesso tempo era sognato,
più o meno desiderato, rappresentato, configurato e comparato nell'immaginario, con altri
bambini, con altre bambine. Se ne immaginava il sesso, o lo si prevedeva dalla conformazione
della pancia della mamma oppure da indagini più precise. Lo si metteva in correlazione con la
luna, con il momento dell'anno, con tanti altri elementi, con gli incontri che avvenivano. Veniva
da un mondo che veniva rappresentato per immagini fantastiche, e che esprimeva certamente
dei desideri e dei timori. Poi è avvenuto l'incontro. L'incontro ha bisogno di essere regolato e
organizzato attorno a dei mediatori. I mediatori sono tanto più sicuri quanto più sono vissuti
come naturali. in realtà sono culturali, ma hanno la possibilità di essere assunti come abituali riti
di introduzione, di incontro, di passaggio. Sono stati percepiti più o meno confusamente o
lucidamente nelle nascite di altri e anche nella nostra nascita, così come ci è stata a volte
raccontata, rappresentata. Dai pochi brandelli dei racconti degli altri abbiamo avuto, poi, la
possibilità di ricostruire delle immagini, non certamente di cronaca ma più di rappresentazione, in
cui l'elemento di realtà e quello simbolico sono saldamente intrecciati e difficili da scindere. Nelle
popolazioni che vivono le grandi distanze gli incontri sono caratterizzati da rituali di mediazione.
Nel mondo arabo i 7 thé che vengono offerti all'ospite, nella tenda, sono il rituale di mediazione
che permette di regolare l'incontro, prima ancora che sulla presenza attiva di un ospite, sulla
disponibilità dell'ospite di stare attorno al rituale. Chi ospita e chi arriva prendono delle posizioni
regolate da qualcosa che è ritenuto naturale, ed è culturale, e che ha, nello stesso tempo, degli
elementi di realtà: soccorrere la sete di chi, viaggiano, può averne, e degli elementi di simbolo: il
simbolo dell'ospitalità ma anche il simbolo di una posizione da assumere di non invadenza, di
organizzazione degli spazi e dei tempi dell'incontro.
I rituali di mediazione e gli oggetti mediatori organizzano lo spazio e permettono di trovare, più o
meno, la distanza giusta. Questa, che sembra una divagazione, ci permette di capire quanto
forte sia il bisogno di fare introdurre da chi riteniamo ne sappia qualcosa, e quindi di introdurre
dei rituali di mediazione, dei mediatori, che permettano l'incontro con quello sconosciuto
estraneo, lontano, che può essere nostro figlio o nostra figlia, che può essere il bambino o la
bambina di cui dobbiamo occuparci, in quanto educatori, in quanto insegnanti, in quanto tecnici.
I tecnici hanno dei rituali che sono l'organizzazione di un protocollo per visitare, per osservare,
per testare, mettere alla prova le qualità, le competenze, le caratteristiche dell'altro. Anche
questi sono rituali. I familiari avrebbero avuto dei rituali ma si sono rivelati inadatti, impertinenti,
non capaci, quindi, di sviluppare quel rapporto di pertinenza, cioè di cooperazione, che sembra
istintivamente fattibile sulle orme di quelli che abbiamo già vissuto quando eravamo bambini,
quando eravamo bambine, che abbiamo osservato, che abbiamo fatto nostri per sedimentazioni
quotidiane. Non c'è più questa possibilità. Bisogna introdurre dei nuovi mediatori adatti, e quindi
le proposte sono molto importanti, ma vivono la contraddizione di essere proposte tecniche in
rapporto a una situazione che non può rendere oggetto tecnico un bambino o una bambina.
Con un esempio che può essere considerato un po' azzardato usciamo dalla relazione umana e
pensiamo alla relazione con un oggetto: sto usando il computer con cui ho un'interazione, mi
offre una tastiera che mi da l'accesso ad uno schermo su cui appaiono dei segni e io devo
24
scegliere il segno giusto, per poter procedere, e sempre organizzare le scelte che costruiscano
qualche cosa. Il mediatore è la tastiera, è lo schermo e sono i simboli che appaiono sullo
schermo, quindi un mediatore mobile, efficace, come tale. Se, procedendo, ho delle risposte
impertinenti, cioè inadatte alla mia progettazione, a quello che io voglio fare con il computer,
posso ritenere di aver sbagliato qualche cosa e di incominciare a ricostruire il percorso che ho
fatto, annullando quello che ho fatto e che ho sbagliato, ecc. ecc. Se l'operazione si complica
ancora e non ottengo nessun risultato posso ritenere che devo fare appello a chi ne sa più di
me, a un tecnico, ritenendo che c'è qualcosa che non va, genericamente, nel computer. il
tecnico può arrivare e può dirmi qualche cosa di molto radicale; può dirmi: "Questo computer
non funziona più, bisogna sostituirlo". Oppure può dirmi: "Questo computer ha bisogno di
riparazioni fattibili"; o ancora: "La tua procedura è stata viziata da alcuni errori; li ricostruiamo,
ti insegno, ti riporto nella condizione che ti permette di usare il computer". In queste tre
possibilità l'elemento tecnico si è adattato a una situazione, ma ha fatto quello che noi non
possiamo fare in una relazione umana: cioè ha fatto anche l'ipotesi che il computer sia da
sostituire. Quindi, la tecnica di per sé consente di sviluppare un discorso puramente tecnico,
quando ha a che fare con oggetti. Quando ha a che fare con umani la tecnica non può arrivare
a questa soluzione. Deve, quindi, scartare a priori l'ipotesi che la tecnica in sé può contenere.
La dimensione tecnica, nella proposta di ricostruzione nei mediatori di sviluppo deve contenere la
possibilità di superare la tecnica, e questo può essere il contrasto, l'antinomia. Molte volte le
proposte tecniche vengono dettate con una certa ossessività, e vengono assunte da persone
che, non essendo tecnici, ritengono di dovere mantenere la purezza della tecnica, e quindi di
non costruire adattamenti, ne' tantomeno di inserire nella proposta tecnica le loro scoperte, le
intuizioni, oppure altri suggerimenti. Questo contrasto è rappresentabile con uno schema: la
tecnica rende un oggetto tecnico; oppure la tecnica rende un oggetto soggetto. il bivio è molto
importante, e non è rappresentato dal reale bivio, è una costruzione quotidiana. Gli elementi di
seduzione, già evocati in alcune proposte tecniche, accolte come la possibilità di incontrare
quell'individuo che risulta strano, e che non vorremmo fosse strano, che è nostro figlio, nostra
figlia, ha bisogno proprio di ricostruire una relazione umana. Abbiamo usato il termine relazione,
che fa scattare quel Sospetto complicato e conflittuale per cui noi siamo allora classificabili tra i
"relazionali". No, non ci sentiamo in queste categorizzazioni. Sappiamo che abbiamo bisogno delle
tecniche, non dimenticando che devono essere strumenti di liberazione e non strumenti di
modellamento: non devono modellare degli oggetti tecnici ma devono liberare delle individualità:
il percorso è questo.
L'antinomia, il contrasto, è proprio all'interno del rapporto che esiste fra tecnica e individuo:
può sviluppare un rapporto dialettico, costruttivo, evolutivo, o può bloccare. Nella nostra
assunzione di responsabilità vorremmo che, proprio per la condizione storica in cui il nostro
paese si è trovato e si trova, vi sia una curiosità continua per le proposte tecniche che
vengono, anche, da altri paesi. Vogliamo però, rivendicare la possibilità, dopo averle capite
certamente, dopo averle studiate, senza averle disprezzate o ritenute adatte solo ad ambiti di
esclusione e di specialismo - di esclusione magari tecnologica-, di liberarle dal conflitto negativo
e di avviare un conflitto positivo, cioè di mettere in rapporto la tecnica con la situazione
dell'approccio clinico, e quindi permettere delle intrusioni, nella tecnica, di elementi di contesto
reale. E' l'integrazione: questo noi vorremmo arrivare a proporre. In questo noi incontriamo
anche altre antinomie, perché noi sappiamo quanto sia importante mantenere un rigore, e nello
stesso tempo sappiamo come il rigore possa deformare la percezione della realtà Abbiamo
bisogno di essere rigorosamente capaci di documentare quello che facciamo, ma dobbiamo
evitare di fare in modo che lo ~mento' di documentazione diventi prevalente sulla realtà E
siccome nella dimensione educativa e del progetto educativo vi sono molte pratiche che sono
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difficilmente riassumibili o rappresentabili nel discorso, noi abbiamo bisogno di tener conto che la
documentazione è sempre una rappresentazione parziale, soprattutto quando i diversi
interlocutori, i partner, hanno delle provenienze culturali diverse: alcuni sono professionisti, altri
hanno ruoli familiari, alcuni sono educatori con una certa preparazione accademica e altri sono
educatori di contesto. E allora la documentazione può essere trasformata in una narrazione
sentimentale importante, oppure in una narrazione tecnica.
Gli ibridi sono interessanti, e a volte pericolosi. Molte volta abbiamo rilevato come, soprattutto
negli educatori professionali, vi sia un uso esagerato della letteratura poetica, e quindi una
difficoltà a ~ capire esattamente la propria posizione professionale. Può essere un uso
esagerato, che non tiene conto del percorso per cui si arriva alla metafora ma fornisce la
metafora, l'espressione poetica, il romanzo, la poesia, il teatro, unicamente come
rappresentazione, non come possibilità di percorso.
Un altro rischio è rappresentato dall'estrapolazione da ambiti disciplinari diversi. La possibilità di
utilizzare delle indicazioni che vengono da discipline come la biologia, e mi riferisco in particolare
alle interpretazioni di Maturana e Varela, rischia di essere qualcosa che rende incomprensibile sia
il nostro lavoro, sia l'ambito di collegamento, che a volte avrebbe bisogno di una elaborazione
maggiore. Questo ci può portare ad una ipotesi un po' azzardata, ma su cui vale la pena
lavorare: nelle difficoltà che tutti incontrano attorno alla tematica degli autismi vi sono delle
necessità di base, quelle di avere un oggetto organizzatore - non solo, quindi, di un oggetto
mediatore o dei mediatori - che permetta di riformulare la strutturazione del nostro piccolo o
grande universo. E questo oggetto organizzatore è a volte costituito da estrapolazioni o
suggerimenti importanti ma non costruiti con la dovuta rigorosità. Certo, questo può richiamare
l'immagine, anche abusata, di un passaggio nel racconto del Barone di Munchausen, in cui il
Barone, caduto nello stagno, si sottrae all'annegamento con un invenzione brillantissima che è
quella di tirarsi su su afferrandosi per i capelli. In questo caso, però, l'organizzazione dello
schema è leggermente diverso, perché non è tanto un auto-sollevamento quanto è il trovare un
punto d'appoggio in qualcosa che permette la costruzione di un percorso.
Potrebbe anche essere un miraggio? Certo: potrebbe anche essere un miraggio, ma tale da
permettere un avanzamento e quindi la scoperta di qualcosa che non è più un miraggio.
Difficilmente, però, abbiamo testimonianze di chi riconosce di aver provocato l'avanzamento
grazie al miraggio. Difficilmente l'inventore del miraggio riconosce di avere proposto un miraggio.
E qui entriamo nel problema, che può essere definito "del mercato", in cui l'inventore del miraggio
ha tutti i vantaggi a non rivelare che si è trattato di un miraggio, perché ha bisogno di
continuare a vendere miraggi. Questo aspetto può abbassare il tono della riflessione; è quindi
bene mantenerlo in limiti molto angusti. La necessità è la costruzione di un sistema di
comunicazione tra le diverse esperienze che permetta di mantenere un rigore di approccio
clinico, una conoscenza degli elementi che compongono un percorso, a
l possibilità di avere
pertinenza, il partenariato dei mediatori, degli spazi di mediazione, le possibilità di incontro. E
quindi la possibilità che l'autismo di un soggetto, non l'autismo in generale, non l'autismo in
assoluto, venga ridotto; che si esca da una situazione di impossibilità di reciprocità, e che vi sia
capacità di apprendimento reciproco.
L'importanza dei coetanei
Nella nostra Situazione storica e culturale, abbiamo detto, dovremmo accogliere con curiosità le
proposte che vengono da altri contesti, non sentendoli come lontani e arretrati, ma neanche
subendone un fascino paralizzante. Nei confronti di proposte molto articolate tecnicamente noi
potremmo, come succede spesso, sentirci "parenti poveri", e quindi incapaci di produrre delle
contaminazioni feconde. Noi dovremmo invece lavorare perché le proposte siano contaminate
26
dalle presenze dei coetanei. Se abbiamo a che fare con un bambino, con una bambina, il
contesto tecnico porta lontano. Dal contesto di partecipazione alla vita dei coetanei noi
dobbiamo operare perché i due contesti si avvicinino, si intreccino e operino in un nuovo
contesto di integrazione.
Come raggiungere questo? Quello che riteniamo essere stato il frutto delle migliori esperienze di
questi anni e' interpellando, come "consulenti attivi" proprio i coetanei, quindi facendo in modo
che i problemi non vengano risolti unicamente da noi, ma che si continui nella linea del
partenariato, sapendo che anche i coetanei, bambini, bambine, ragazzi e ragazze, sono
interlocutori e partner, e con loro va fatto il progetto. Questo è l'elemento su cui abbiamo
bisogno di approfondire e in qualche modo di riportare tutte le riflessioni finora prodotte. La
capacità di coinvolgimento, non in una dimensione unicamente pietistica, ma in una condivisione
attiva e con crescita di competenze anche cognitive: capire di più, capire meglio, partecipare
alla rielaborazione, alla riformulazione delle proposte, nell'incontro con l'altro e non all'incontro
con la patologia, o con la diversità, o con la disabilità, o con il deficit. Questo è l'impegno
maggiore, ricapitolativo dei tanti elementi di riflessione che in questi anni abbiamo potuto
mettere insieme.
27
UN SINTETICO PERCORSO TRA LE SCHEDE DI VALUTAZIONE6
Presenteremo ora, alcune tabelle che mettono in rilievo i sintomi e i tratti autistici più evidenti,
per una prima analisi della situazione (gli originali, potrete consultarli nel sito “The Autism
Society of America-ASA”, nel sito “NIHM” o nell’articolo della Filipek riportato nella sezione
“Materiale scientifico di consultazione e studio”).
Tabella1. GLI INDICATORI DI SVILUPPO NORMALE
http://www.nimh.nih.gov/publicat/autism.cfm#aut4
Tabella 2. LE DIFFERENZE TRA BAMBINI NORMALI E BAMBINI AUTISTICI
http://www.nimh.nih.gov/publicat/autism.cfm#aut3
Tabella 3. AUTISM CHECKLIST http://www.autism-society.org/checklist.html
Tabella 4. PONI DOMANDE PRECISE SULLO SVILUPPO (dall’articolo “The Screening and Diagnosis
of Autistic Spectrum Disorders ” di Pauline A. Filipek)
Tabella 5. COSA DEVONO CERCARE I PROFESSIONISTI DELLA SALUTE QUANDO I GENITORI
ESPRIMONO LE LORO PREOCCUPAZIONI ? LE BANDIERE ROSSE DELL’AUTISMO (dall’articolo
“The Screening and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders ” di Pauline A. Filipek)
Tabella 6. CH.A.T. CHECKLIST FOR AUTISM IN TODDLERS
6
N.d.C .: Le Tabelle, sia chiaro , no n so no state create al fine di essere usate per
valutare se un bambino sia autistico o meno . La diagno si deve essere fatta solo
da uno specialista, usando info rmaz io ni altamente dettagliate ed o sservaz io ni
co mpo rtamentali.
28
Tabella 1
INDICATORI DI SVILUPPO NORMALE7
CAPACITÀ, ABILITÀ, COMUNICAZIONE
CONSAPEVOLEZZA E
PENSIERO
ETÀ
Nascita
- 3 mesi
Risponde a nuovi suoni
Segue con gli occhi il
movimento delle mani
Guarda oggetti e persone
3-6
mesi
Riconosce la madre
Allunga le mani per
afferrare le cose
Imita gesti semplici
Risponde al suo nome
6-9
mesi
Fa semplici giochi
Si muove per
raggiungere gli oggetti
desiderati
Guarda le immagini nei
libri
9 - 12
mesi
12 - 18
mesi
18 - 24
mesi
24 - 36
mesi
7
Imita suoni e gesti non
famigliari
Indica un oggetto
desiderato
Identifica parti del
proprio corpo
Segue i ritmi del nido
Indica le immagini nei
libri
Confronta forme e
oggetti
Ama I libri con immagini
Si riconosce in uno
specchio conta fino a 10
Adattata
dall’originale
Gorgheggia ed emette
suoni
Sorride alla voce della
mamma
ATTIVITÀ
MOTORIA
INTERAZIONE
SOCIALE
AUTO-AIUTO
Muove mani e
piedi
Afferra oggetti
Osserva il
movimento della
propria mano
Solleva la testa e
il tronco
Sbatte gli oggetti
giocando
Gli piace essere
solleticato e tenuto
Mantiene un breve
contatto oculare
mentre è alimentato
Apre la bocca al
biberon o al seno
della mamma e
succhia
Gira la testa ai suoni e
Nota gli estranei e i Mangia il cibo per
alle voci
posti nuovi Esprime
bambini col
Inizia a vocalizzare
piacere o dispiacere
cucchiaio
Imita I suoni
Ama il gioco fisico
Afferra e trattiene
Varia il modo di
il biberon
piangere
Pronuncia sillabe senza Cammina carponi
Gioca a “bu-bu
Mastica
senso come “ga-ga”
Si sostiene
settete” (“cucù”)
Beve da una tazza
Usa la voce per
tenendosi agli
Ama stare con gli
con aiuto
richiamare attenzione
oggetti
altri bambini
Batte le mani
Comprende i
Sposta gli oggetti segnali vocali come
da una mano
i toni severi e quelli
all’altra
accompagnati dal
sorriso
Fa “ciao-ciao” con le
Cammina
Ride ad alta voce
Mangia con le dita
manine
appoggiandosi ai
durante il gioco
Beve dalla tazza
Si ferma se gli viene
mobili
Mostra preferenza
detto “no!”
Si muove
verso un gioco
Imita nuove parole
deliberatamente
rispetto ad un altro
verso un oggetto
Risponde al
Fa segni con una
cambiamento di
matita o con un
umore dell’adulto
oggetto
Muove la testa per
Sale e scende
Ripete un’azione
Collabora
indicare “no!”
lentamente le
per far ridere
nell’essere vestito
Inizia ad usare le
scale
Mostra le emozioni Indica il pannolino
parole
Cammina da solo come la paura o la
bagnato
Segue comandi
Impila i cubi
rabbia
semplici
Restituisce un bacio
o un abbraccio
Indica due parole per
Saltella sul posto
Piange un po’
Usa le cerniere
descrivere le azioni
Spinge e tira
quando i genitori
Si veste senza
Si riferisce a se stesso
oggetti
vanno via
aiuto
con il suo nome
Gira le pagine del
Percepisce le
Apre le cose
libro una per
frustrazioni
volta
Pone attenzione agli
Usa le dita e il
altri bambini
pollice
Partecipa alle canzoni
Calcia e tira una
Finge e fa giochi di
Si alimenta
e ai balli
palla
finzione
usando il cucchiaio
Usa frasi di tre parole
Corre e salta
Evita situazioni
Usa il gabinetto
Usa semplici pronomi
Disegna linee
pericolose
con qualche aiuto
Segue due istruzioni
diritte
Inizia giochi
contemporaneamente
Infila perline
Tenta di rispettare I
turni
“Growth
and
Development
Program, Baltimore, MD, 1995.
29
Milestones,"
Maryland
Infants
and
Toddlers
Tabella 2
DIFFERENZE COMPORTAMENTALI TRA BAMBINI NORMALI E BAMBINI AUTISTICI8
BAMBINI AUTISTICI
BAMBINI NORMALI
COMUNICAZIONE
− Evitano il contatto visivo
−
Studiano il viso della madre
−
Sembrano sordi
−
Sono facilmente stimolati dai suoni
−
Iniziano a sviluppare il linguaggio, poi
improvvisamente smettono
completamente di parlare
−
Continuano ad ampliare il loro
vocabolario e ad espandere l’uso
grammaticale
RELAZIONI SOCIALI
−
Agiscono come inconsapevoli dell’andare
e venire degli altri
− Piangono quando la madre lascia la
stanza e sono in ansia con gli estranei
− Attaccano fisicamente e fanno del male
agli altri senza esser stati provocati
− Manifestano turbamento se arrabbiati o
frustrati
− Sono inaccessibili, come in un guscio
− Riconoscono i visi famigliari e sorridono
ESPLORAZIONE DELL’AMBIENTE
8
− Rimangono su un singolo oggetto od
attività
− - Si muovono da un oggetto od attività ad
un altro
−
Fanno strane azioni come il dondolarsi o
lo sbattere le mani
−
Usano il corpo per raggiungere o
prendere un oggetto
−
Odorano o leccano I giocattoli
−
Esplorano e giocano con i giocattoli
−
Non mostrano sensibilità alle scottature
o alle ferrite, e si fanno male, ad
esempio mettendosi oggetti negli occhi
−
Cercano il piacere ed evitano il dolore
Quest’elenco non è stato creato al fine di essere usato per valutare se un bambino è autistico. La diagnosi
deve essere fatta solo da uno specialista, usando informazioni altamente dettagliate ed osservazioni
comportamentali.
30
Tabella 3
DIFFICOLTÀ A STARE INSIEME
CON GLI ALTRI BAMBINI
INSISTENZA SULLA
COSTANZA; RESISTENZA AL
CAMBIAMENTO
MANIFESTAZIONI DI RISO
INAPPROPRIATE
MANCANZA DI REALE PAURA
DEI PERICOLI
CONTATTO OCULARE SCARSO O
ASSENTE
GIOCO BIZZARRO
SOSTENUTO NEL TEMPO
APPARENTE INSENSIBILITÀ AL
DOLORE
ECOLALIA (RIPETE PAROLE O
FRASI AL POSTO DEL
LINGUAGGIO NORMALE)
PREFERENZA A RIMANERE SOLO,
ISOLATO
MANCATA RECIPROCITÀ
NELLE “COCCOLE”
RUOTARE GLI OGGETTI IN MODO
OSSESSIVO
MANCATA RISPOSTA ALLE
INDICAZIONI VERBALI; PUÒ
SEMBRARE SORDO
ATTACCAMENTO INAPPROPRIATO
AGLI OGGETTI
DIFFICOLTÀ AD ESPRIMERE
BISOGNI; USO DI GESTI E
INDICAZIONI AL POSTO DELLE
PAROLE
31
EVIDENTE ECCESSO O ESTREMA
SCARSEZZA DI ATTIVITÀ FISICA
EPISODI DI ANSIA-COLLERA
(CAPRICCI) SENZA
APPARENTE MOTIVO
MANCATA RISPOSTA AI NORMALI
SISTEMI EDUCATIVI
ABILITÀ GROSSO E FINOMOTORIE INCONGRUE (ES:
NON GIOCARE A PALLA MA
RIUSCIRE NELLE
COSTRUZIONI)
Please note this symptom list is not a substitute for a full-scale diagnostic assessment Consult your health care
provider to obtain a complete diagnostic evaluation.
32
Tabella 4
PONI DOMANDE PRECISE SULLO SVILUPPO
“Lui o lei…” oppure “C’è…”
SOCIALIZZAZIONE
…ama le coccole come gli altri bambini?
…vi guarda in faccia quando parlate o giocate?
…sorride in risposta al sorriso degli altri?
…partecipa al gioco reciproco di scambio?
…fa semplici giochi di imitazione come <batti batti le manine!> o <bu-bu settete!> o <cucù!>?
…mostra interesse per gli altri bambini?
COMUNICAZIONE
…indica col dito?
…fa gesti? Fa no o sì con il capo?
…guida la tua attenzione alzando oggetti per mostrarteli?
…qualcosa di strano nel suo linguaggio?
…conduce un adulto per mano?
…dà risposte inconsistenti quando è chiamato?…ai comandi?
…utilizza un linguaggio meccanico, ripetitivo o ecolalico?
…memorizza pezzi di parole o di frasi?
COMPORTAMENTO
…ha un comportamento motorio ripetitivo, stereotipato o bizzarro?
…ha delle preoccupazioni o un repertorio ristretto di interessi?
…è interessato maggiormente alle parti degli oggetti (ad es. le ruote)?
…ha un gioco del “far finta” limitato o assente?
…imita le azioni delle altre persone?
…gioca coi giocattoli esattamente nello stesso modo ogni volta?
…è fortemente attaccato a particolari e inconsueti oggetti?
33
Tabella 5
Cosa devono cercare i professionisti della salute quando i genitori esprimono le loro
preoccupazioni ?
Le BANDIERE ROSSE dell’autismo9
PREOCCUPAZIONI INERENTI LA COMUNICAZIONE
Non risponde al suo nome
Non è capace di chiedere cosa desidera
Il linguaggio è in ritardo
Non segue le indicazioni
A volte sembra sordo
A volte sembra capace di udire altre no
Non indica e non saluta con la mano
Prima diceva qualche parola, ora non più
PREOCCUPAZIONI INERENTI LA SOCIALITÀ
Non sorride socialmente
Sembra preferisca giocare da solo
Prende gli oggetti da solo
E’ molto indipendente
Fa le cose “precocemente”
Attua scarso contatto con gli occhi
E’ nel suo mondo
Ci chiude fuori
Non è interessato agli altri bambini
PREOCCUPAZIONI INERENTI IL COMPORTAMENTO
Ha crisi di collera-aggressività
E’ iper-attivo, non-cooperativo, provocatorio
Non sa come usare i giocattoli
Si blocca regolarmente sulle cose
Cammina in punta di piedi
Ha attaccamenti inusuali ai giocattoli
Allinea gli oggetti
E’ ipersensibile a certe fibre tessili o a certi suoni
Ha strani modelli di movimento
INDICAZIONI ASSOLUTE PER ULTERIORI VALUTAZIONI DIAGNOSTICHE
IMMEDIATE
Nessuna lallazione entro i 12 mesi
Nessuna gestualità (indicare, muovere la mano, salutare etc.) entro i 12 mesi
Nessuna parola entro i 16 mesi
Nessuna frase spontanea (non ecolalia) di due parole entro i 24 mesi di età
QUALUNQUE perdita di QUALSIASI abilità linguistica o sociale ad OGNI età.
9
N.d.C .: Ripro do tto co n il co nsenso dell’auto re e dell’edito re da Filipek et al.,1 9 9 9 .
34
Tabella 6
CH.A.T.
:
CHECKLIST FOR AUTISM IN TODDLERS10
SEZIONE A : DOMANDE DEL PEDIATRA AI GENITORI
1. Al vostro bambino piace essere cullato, fatto saltellare sulle ginocchia?
SI
NO
2. Vostro figlio si interessa agli altri bambini?
SI
NO
3. Gli piace arrampicarsi sui mobili o sulle scale?
SI
NO
4. Si diverte a fare giochi tipo “nascondino”?
SI
NO
5. Ogni tanto gioca a “far finta” di preparare da mangiare o altro?
SI
NO
6. Ogni tanto usa il dito per indicare o chiedere qualcosa?
SI
NO
7. Ogni tanto usa il dito per indicare interesse per qualcosa?
SI
NO
8. E’ in grado di giocare in modo appropriato con giocattoli (es. macchinine o
mattoncini ) oltre che metterli in bocca o manipolarli o farli cadere?
SI
NO
9. Il vostro bambino vi porge ogni tanto oggetti per farveli vedere?
SI
NO
1. Durante la visita il bambino vi fissa mai negli occhi?
SI
NO
2. E’ possibile ottenere l’attenzione del bambino, indicare poi un oggetto
interessante, segnarlo col dito o nominarlo con un “oh, guarda…” e
osservare che il bambino effettivamente si gira a guardare ciò che gli è stato
indicato?
SI
NO
3. E’ possibile interessare il bambino a un gioco di finzione, ad esempio
preparare qualcosa da bere o da mangiare?
SI
NO
4. Chiedendogli “dov’è la luce” o “mostrami la luce”, ripetendo
eventualmente la domanda con un altro oggetto conosciuto (es.
l’orsacchiotto),
il
bambino
riesce
ad
indicare
con
il
dito
e
contemporaneamente a guardarvi in faccia?
SI
NO
5. Riesce a fare una torre? Con quanti cubi?
SI
NO
SEZIONE B : OSSERVAZIONE DEL PEDIATRA O DELL’A.S.V.
10
N.d.C .: Az ienda Unità Sanitaria Lo cale di Reggio Emilia; C entro per l’Autismo e i DGS
35
N.d.C .: Le co nsideraz io ni sulla differente significatività delle do mande so no ripo rtate
nel saggio in successio ne ripo rtato :
DIPARTIMENTO AZIENDALE SALUTE MENTALE
CENTRO PER L’AUTISMO E DGS
DIRIGENTE II liv. : Dott.ssa A.M.DALLA VECCHIA
V. Amendola, 2 - 42100 Reggio Emilia
Tel. 0522/335598-Fax 0522/335597.
Il Centro per l’Autismo e i DGS dell’AUSL di Reggio Emilia ha curato la traduzione della CHAT
(Checklist for Autism in Toddlers), strumento di screening molto sensibile alla formulazione di un
sospetto diagnostico di autismo a 18 mesi di età, meno sensibile alla diagnosi degli altri disturbi
dello spettro autistico.
Il Centro Autismo ha utilizzato tale strumento per attivare - nel 1998 - la formazione dei pediatri
di famiglia sull’autismo, allo scopo di costruire insieme un percorso operativo per la diagnosi
precoce, uno degli obiettivi principali del modello di Reggio Emilia.
Esiste ormai una ricca letteratura in ambito internazionale che sottolinea l’importanza della
precocità della diagnosi per attivare repentinamente un piano di trattamento educativo e
abilitativo, con il vantaggio di ottenere anche
una significativa riduzione dello stress e
dell’angoscia familiare.
Inoltre la letteratura degli ultimi 10 anni evidenzia come un intervento precoce con settings
educativi ottimali comporti un aumento delle capacità dei bambini autistici, sia in termini di
sviluppo del linguaggio che delle performances intellettive.
CARATTERISTICHE E USO DELLA CHAT
(traduzione e adattamento a cura del Centro per l’Autismo) (3)
Gli Autori dello strumento CHAT sono Simon Baron-Cohen di Cambridge, Toni Cox, Gillian Baird,
Auriol Drew, Kate Morgan e Natasha Nightingale del Guys Hospital; Tony Charman del London
College University e John Swettenhan del Goldsmith; ne hanno effettuato la standardizzazione
con la collaborazione di 300 Assistenti Sanitarie Visitatrici (A.S.V.) e 30 General Pratictioners
(Pediatri di Famiglia) per la raccolta dati.
A livello molto concreto è importante tener conto che la CHAT è uno strumento agile e veloce
da somministrare, soprattutto in considerazione della poca disponibilità di tempo che hanno,
nella loro pratica standard, sia gli A.S.V. che i P.d F.
Cosa contiene lo screening CHAT?
Si definisce così una check-list formulata per sospettare la diagnosi di autismo nei bambini di 18
mesi; essa si compone di due sezioni distinte, una per le risposte dei genitori e una per le
risposte degli operatori.
36
Lo strumento, validato in Inghilterra su una popolazione di 16.000 bambini, è stato studiato per
essere utilizzato da operatori di base (Pediatri di Famiglia e Assistenti Sanitarie Visitatrici), con
scarse possibilità di errore.
Fa parte di un progetto di studio epidemiologico sull’autismo e i disturbi pervasivi dello sviluppo
che ha coinvolto ricercatori provenienti da quattro centri di Londra.
Lo studio si è posto l’obiettivo della diagnosi precoce dell’autismo.
L’autismo è chiaramente considerato come uno dei più severi disturbi neuropsichiatrici della
popolazione infantile e d’altra parte normalmente viene diagnosticato relativamente tardi,
raramente prima dei tre anni di età e questo a dispetto del fatto che esiste un consenso
sull’opinione che esso si instauri nel periodo pre – perinatale.
Ci sono varie possibilità di spiegazione che giustificano il ritardo della diagnosi.
-
La prima è che P.d F. e gli A.S.V., nella realtà inglese, non sono formati in modo
specifico e quindi messi in grado di fare facilmente una diagnosi di autismo.
-
Secondariamente non ci sono procedure note di screening per l’autismo nelle procedure di
routine dei A.S.V. Attualmente, in Inghilterra, gli A.S:V effettuano uno screening solo per
lo sviluppo motorio, intellettuale o percettivo.
-
Terzo il disturbo è raro, cosicchè se anche un P.d F. vede un bambino con autismo nella
sua pratica, possono passare svariati mesi prima che emerga qualcosa di specifico.
-
E infine i deficit da autismo sono subdoli, cosìcchè spesso accade che essi vadano
confusi come causati da altri disturbi.
In effetti è difficile fare una valutazione della normalità sociale e dello sviluppo comunicativo
prima dell’età scolare.
Sezione A
Considerando ora la CHAT nella sua strutturazione, vediamo che essa si rivolge ai vari aspetti
dello sviluppo: procediamo esaminando per prima la sezione A ( per i genitori ):
1)
“Il vostro bambino trova piacevole essere cullato, gli piace ballare, saltare sulle
vostre ginocchia?” Domanda relativa al piacere del gioco motorio e del gioco condiviso
2)
“Vostro figlio si interessa agli altri bambini?” Questo item indaga l’ambito della
socializzazione ed è fondamentale, visto che proprio questa è gravemente compromessa
nell’autismo.
3)
“Piace a vostro figlio arrampicarsi sui mobili o sulle scale?” indaga sullo sviluppo
motorio
4)
“Piace al vostro bambino giocare a Cucù? e a nascondino?” Questo item indaga
nell’ambito del gioco sociale ed è inserito in quanto predittivo, visto che i bambini autistici
non sono in grado di rispondere a questo item e sono comunque sempre riluttanti ad iniziare
un tipo di interazione sociale
5)
“Ogni tanto gioca a “far finta” di preparare da mangiare o altro?”
Si
considerano le abilità acquisite del gioco simbolico. C’è una evidente anormalità in questo
37
campo nell’autismo visto che i bambini autistici sono sempre in difficoltà ad impegnarsi in
tutto ciò che ha attinenza col far finta, anche rispetto all’uso di oggetti ai quali si dovrebbero
attribuire altre identità e/o proprietà.
6)
“Ogni tanto usa il dito per indicare o chiedere qualcosa?” Questa domanda chiede di
verificare se il bambino è in grado di indicare per chiedere (indicazione protorichiestiva).
Questo è un importante gesto protoverbale di comunicazione, il bambino dovrebbe saper
richiamare l’attenzione di una persona per ottenere qualcosa attraverso l’indicazione. Qualche
bambino autistico può in effetti mostrare di possedere la capacità di indicare ma per un
presupposto non legato all’interazione sociale.
7)
“Ogni tanto usa il dito per indicare interesse per qualcosa?” Questa domanda
invece indaga la capacità di indiicare per interesse ( cioè se il bambino sa usare l’indicazione
come gesto protodichiarativo ), anche questa si denota come una chiara incapacità
nell’autismo. In effetti l’indicare per interesse è un importante gesto di attenzione congiunta
che il bambino usa nel momento in cui fa asserzioni su un oggetto. In questo modo noi
possiamo trovare che all’età di 18 mesi può essere assente l’abilità di indicare per interesse
ma salva la capacità di indicare per chiedere. La Chat valuta per questo motivo tutte e due
le forme dell’indicazione in quanto comunque predittive; per lo stesso motivo è utile la
distinzione fra il gioco funzionale, il gioco del Cucù e il gioco del far finta.
8)
“E’ in grado di giocare in modo appropriato con giocattoli (es. macchinine o
mattoncini ) oltre che metterli in bocca o manipolarli o farli cadere?” Indaga le abilità
del gioco funzionale.
9)
“Il vostro bambino vi porge ogni tanto oggetti per farveli vedere?” Indaga
l’attenzione congiunta e il gesto del mostrare, in genere assenti nell’autismo.
Questi items non sono normalmente sottoposti a screening anche se il gioco del far finta e
l’interesse per il comportamento degli altri sono o dovrebbero essere universalmente presenti
nella popolazione di 18 mesi di età.
Gli Autori ritengono che l’assenza di questi comportamenti possa costituire in specifico un chiaro
indicatore di autismo e di disordini correlati.
Infine un dato significativo, in merito alla sezione A, è che si è avuto cura di sistemare la
stesura della compilazione degli items, in modo che si possa rispondere in termini di Si/No, in
maniera variata. In altre parole si è voluto evitare ai genitori di trovarsi di fronte ad una
deprimente sequenza di risposte No.
Sezione B
La sezione B è la sezione di osservazione di competenza degli Assistenti Sanitari e dei Pediatri
di Famiglia.
Il primo punto da rilevare è che qualcuno degli items che la compongono corrispondono agli
stessi della sezione A.. Per esempio la B 3 è una domanda relativa al far finta , dove l’ASV o il
Pediatra di Famiglia deve proporre un gioco al bambino dove si usa un servizio da the (da
bambole) o altri giocattoli.
Questa è quindi una proposta che ha corrispondenza con il gioco del far finta presente nella
sezione destinata ai genitori (A 5).
La B 4 indaga sulla capacità di produrre un gesto protodichiarativo (correlata ad A 7).
38
In questo modo (attraverso quindi la comparazione fra le due sezioni) siamo in grado di valutare
se i genitori hanno sovra o sottostimato le performances dei loro figli.
Anche nella sezione B, abbiamo poi una domanda relativa all’uso del contatto visivo, che
sappiamo essere anormale nell’autismo (domanda B 1).
E infine una indicazione di base sullo sviluppo del bambino attraverso la richiesta della
costruzione di una torre di cubi (B 5).
Nello studio epidemiologico gli items predittivi di rischio di autismo sono stati B 2
(monitoraggio dello sguardo), A 5 e B 3 ( gioco del far finta ) e A 7 e B 4 (indicazione
protodichiarativa). I bambini con questo profilo venivano fatti rientrare nel gruppo a rischio di
autismo. Come per la maggior parte degli screening mirati alla sorveglianza sulla salute pubblica,
un caso è stato definito positivo per il rischio di autismo se aveva fallito la CHAT iniziale ed una
successiva somministrata circa 1 mese più tardi.
I bambini con sospetto di ritardo del linguaggio o ritardo mentale e non di disturbo autistico
sono stati quelli che hanno fallito 1 o 2 degli items del monitoraggio dello sguardo (B 2), della
indicazione protodichiarativa ( A 7 e B 4) e il gioco del far finta (A 5, B 3).
Il gruppo dei bambini normali ha superato tutti gli items significativi.
Una successiva valutazione clinica, a 3 anni di età, dei 12 bamb ini con sospetto di autismo,
effettuata con gli strumenti diagnostici specifici, ha confermato la diagnosi di autismo per 10
bambini, mentre gli altri 2 rientravano nello spettro autistico.
Gli studi più recenti hanno confermato la validità della CHAT per lo screening di autismo, mentre
continua la ricerca per l’individuazione di strumenti ancora più sensibili per i PDD-NOS, autismo
atipico e la Sindrome di Asperger (1).
Note Bibliografiche
1. Filipek P.A. e coll. : The Screening and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders.
Journal of Autism and Developmental Disorders, Vol.29, n°6,1999
2. Baron-Cohen S., e coll.:Caan autism be detected at 18 month? The needle,
thehaystack, and the CHAT. British Journal of Psychiatry, 161, 839-843, 1992
3. Swettenham J. : Uno Studio epidemiologico sull’autismo a 18 mesi di età.
Congresso di Barcellona di Autisme Europe, 1996
4. Baron-Cohen S., e coll.: Psychological Markers in the detection of autism in
infancy in a large population. British Journal of Psychiatry, 168, 158-163, 1996
39
IL MANUALE DI BUONE PRATICHE NEI CONFRONTI DELLE
PERSONE AUTISTICHE11
Yvette Dijkxhorn, psicologa, Università di Leiden, Olanda; André Foubert, direttore di servizi
per adulti, Francia; Gunilla Gerland, persona affetta da autiamo, Svezia; Bill Meldrum,
esperto di etica, consulente della chiesa anglicana, Scottish Society, RU; Theo Peeters,
neurolinguista, direttore Opleidingscentrum Autisme, Belgio; Rita Jordan, psicologa, Università di
Bimingham, RU; Paula Pinto de Freitas, neuropsichiatra infantile, Università di Porto,
Portogallo; Paul Shattock, biochimico ricercatore, Università di Sunderland, RU; Donata
Vivanti, genitore, medico, Autismo Italia, Italia; Christopher Williams, giurista, Università di
Londra, RU.
In seguito alle numerose denunce di maltrattamenti nei confronti di persone autistiche di ogni
età, nel 1997 Autisme Europe presentava alla Commissione europea nell’ambito del progetto
DAPHNE un progetto per la redazione di un “ Manuale di buone pratiche” nei confronti delle
persone con autismo.
Nel manuale, realizzato con il contributo della Comunità Europea nel 1998 da una équipe
transnazionale di esperti, vengono prese in considerazione le forme di violenza cui le persone
autistiche sono particolarmente vulnerabili, anche attraverso le drammatiche testimonianze di
familiari, e si identificano strumenti di prevenzione di tali violenze.
Si affrontano problematiche diverse, dalla necessità della formazione specifica di genitori e
professionisti agli aspetti etici della terapia farma cologica, alla vulnerabinità delle persone con
autismo e delle loro famiglie, soprattutto se abbandonate dai servizi, evidenziando le situazioni a
rischio, ma anche dando suggerimenti per prevenire forme di violenza spesso tanto più
drammatiche anche per chi le esercita in quanto inconsapevoli espressioni di tentativi di
controllo di situazioni incontrollabili.
Nel testo che segue si presentano alcuni brani tratti del Manuale di Buone Pratiche, attualmente
disponibile in inglese e francese presso l’associazione internazionale Autisme Europe. Il manuale è
stato tradotto anche in italiano, e sarà presto disponibile presso l’associazione Autismo Italia.
Introduzione
(dal Manuale di Buona Pratica nei confronti delle Persone Autistiche, Autisme Europe, 1998)
Al di là dell’handicap autismo, le nostre società scoprono con spavento le statistiche dei casi di
violenza all’interno delle istituzioni ( fra cui scuole, parrocchie e organizzazioni giovanili) e delle
famiglie stesse .
Molte testimonianze riferiscono pratiche inaccettabili nei confronti delle persone autistiche
accolte nelle istituzioni, sia ospedaliere che socio-sanitarie. Infatti, come vedremo, se le
persone autistiche non sono ahimè le sole vittime di maltrattamenti nei centri, presentano un
rischio di ma ggiore vulnerabilità a causa delle loro difficoltà o impossibilità a comunicare le
esperienze vissute.
11
N.d.C .: Pro getto Daphne 1 9 9 7 -9 8 , C o n il co ntributo della C o munità Euro pea
40
La tendenza all’isolamento, il ripiegamento su se stessi, l’apparente indifferenza agli altri e alle
cose, l’intolleranza al cambiamento rappresentano altrettanti ostacoli ad una armoniosa vita in
comunità. Il misconoscimento di queste difficoltà proprie dell’autismo determina spesso risposte
inadeguate da parte degli operatori, genitori o professionisti, che rinforzano a loro volta i
problemi di comportamento e aprono la strada a diverse forme di maltrattamento .
Per questo motivo Autisme Europe ha presentato un proprio progetto di stesura di un “ manuale
di buona pratica” nei confronti delle persone con autismo, che è stato approvato e finanziato
nell’amb ito del progetto europeo Daphne.
Il manuale è stato redatto da una équipe di professionisti di diversa nazionalità, formazione e
cultura, e da un genitore per quanto riguarda la parte concernente la famiglia.
Per quanto riguarda la mia parte in quest’opera, vorrei innanzi tutto ringraziare i genitori che mi
hanno confidato i loro problemi e il loro dolore, non solo attraverso le lettere, ma anche durante
le conversazioni avute in questi anni, e che sono i veri autori del testo che ho scritto.
In questo manuale vengono prese in considerazione le forme di violenza cui le persone autistiche
sono particolarmente vulnerabili, anche attraverso le drammatiche testimonianze di familiari, e si
identificano strumenti di prevenzione di tali violenze.
I centri istituzionali vengono identificati come situazioni di per se stesse a rischio di violenza e
abuso, e per questo motivo la legge italiana ( la famosa “180” ) privilegia una presa in carico sul
territorio.
Tutto bene allora in Italia? Certamente no, perchè anche la negligenza , nei confronti di persone
il cui futuro dipende più da una presa in carico specifica, tempestiva, generalizzata e costante
che dalla gravità dell’handicap stesso, si configura come un grave abuso, una violenza sul diritto
della persona di sviluppare al meglio le proprie potenzialità.
Anche quando i ragazzi o gli adolescenti hanno beneficiato durante l’età scolare di aiuti educativi
e terapeutici corretti, in età adulta i genitori assistono impotenti al deterioramento del loro stato
fisico e mentale per mancanza di proposte adeguate.
Questa carenza nei servizi di presa in carico costituisce ai nostri occhi una ulteriore violenza nei
confronti sia delle persone autistiche che delle loro famiglie.
Allo stesso modo della mancanza di controllo dei poteri pubblici sui criteri di ammissione da parte
dei servizi, qualora non ci sia una disponibilità di posti che risponde interamente alle esigenze del
territorio.
Ne derivano discriminazioni nell’orientamento dell’accoglienza: i casi detti gravi saranno il più
delle volte lasciati da parte, essendo la tentazione delle équipe quella di reclutare persone con
un più elevato grado di autonomia e di selezionare le ammissioni in funzione della costituzione di
gruppi di persone con minori problemi di comportamento, in contrasto con la legge quadro 104
che indica nella gravità un fattore di precedenza per usufruire dei servizi.
1) MALTRATTAMENTO NELLE ISTITUZIONI (A. Foubert)
I cattivi trattamenti fanno molto spesso riferimento a brutalità, assenza di cure e negligenza che
comportano grave disturbo dello stato generale o lesioni fisiche.
Sarà necessario parlare in particolare del rischio di abuso e di aggressione sessuale che alcune
situazioni possono favorire.Tuttavia il maltrattamento riguarda spesso altre pratiche più
insidiose, altrettanto preoccupanti.
41
Testimonianza
Malgrado le nostre preoccupazioni e contro il nostro parere il medico responsabile del centro ha
prescritto a nostra figlia un pesante trattamento farmacologico. Le hanno somministrato dosi
pesantissime di neurolettici malgrado il fatto che la paralizzassero pericolosamente. Al ritorno a
casa, cadeva pericolosamente in avanti, e noi dovevamo camminare davanti a lei per evitare
che quando si bloccava cadesse subendo dei traumi, spaccandosi le labbra, ferendosi le
ginocchia, rovinandosi le mani. Un giorno ha rischiato di annegare in piscina. Quando mi sono
lamentata dell’abbrutimento provocato dai farmaci, il medico mi ha risposto:” Cade per farsi
prendere fra le sue braccia ” ! E le educatrici avevano il coraggio di farle gli occhiacci e di
sgridarla davanti a me perchè camminasse dritta e la smettesse di sbavare. Perchè nessuno fa
qualcosa per proteggere queste vittime innocenti dai loro carnefici?
Adesso, da tre anni, sta con noi e vive senza farmaci. Abbiamo finito per trovare un
neuropsichiatra che capisce i suoi problemi, e finalmente la nostra vita familiare è tornata ad
essere serena .
(Testimonianza di L. P.)
Nel 1994, Eliane Corbet definì le violenze nelle istituzioni come tutto ciò che è contrario e si
oppone alle leggi dello sviluppo ( dove sviluppo è inteso nelle sue diverse dimensioni
psicoaffettiva, cognitiva, fisica, sociale), tutto ciò che privilegia gli interessi dell’istituzione
rispetto agli interessi dell’utente. L’autore enumera in proposito le seguenti pratiche:
- violenze psichiche ( che pregiudicano il futuro equilibrio psichico),
- linguaggio sprezzante (intenzionalmente offensivo, ingiurioso, umiliante) che attenta alla stima
di sè e della famiglia
- minacce ( concernenti la continuità della relazione o della presa in carico) talvolta messe in
atto
- ricatto sull’efficacia dell’impegno professionale
- controllo minuzioso anche nell’intimità che denota una volontà di dominio sulla persona
- sottrazione arbitraria del bambino o dell’adolescente alla famiglia o eccesso di divieti
- violenze derivate da omissioni, incoerenza, dimenticanza , trascuratezza.
A questo elenco aggiungeremo i seguenti abusi, troppo spesso riscontrati nella presa in carico
delle persone autistiche:
- prescrizioni farmacologiche inappropriate finalizzate più alla tranquillità del personale che al
benessere della persona
- trascuratezza nei confronti dei problemi di salute fisica (fra cui il mal di denti o le coliche
addominali che spiegano molti problemi di comp ortamento)
- negligenza dell’igiene personale ( nell’attesa che la persona manifesti il desiderio di prendersi
dura di sè spontanramente)
- ignoranza degli interessi della persona e delle sue preferenze alimentari (compresa l’imposizione
di menù senza alcun riguardo per i suoi gusti )
- attività inesistenti o ripetitive o inadeguate alle difficoltà e alle competenze della persona
- tempi di attesa ingiustificati (fonte di ansia e conseguentemente di agitazione) motivati da
esigenze del personale
42
Testimonianza:
Una sera al rientro dal day hospital, come al solito, stavamo per fargli fare il bagno. Al
momento di spogliarlo ci accorgiamo che ha profonde ferite sulla schiena, ematomi sul collo ,
sulle spalle e sulle braccia. Chiamiamo immediatamente il medico di famiglia che constata e
certifica lo stato in cui C. si trova dopo una giornata trascorsa in istituto.Il giorno dopo
decidiamo cmunque di riportarlo in istituto. L’équipe non era contenta di vederci perché non
l’avevamo avvisata del nostro arrivo. Insistiamo per essere ricevuti dalla Direttrice dell’ istituto.
Riteniamo di avere diritto a delle spiegazioni. Alla fine ci viene concesso di parlarle e le
consegniamo il certificato medico. Esprime sorpresa e dice:”Non è successo qui”. Noi
rispondiamo che di certo non è successo a casa nè tantomeno sul pulmino che riporta i
bambini a casa. L’autista ce ne avrebbe parlat,o dal momento che era la sola persona con cui
potevamo parlare del comportamento di C. Solo all’ultimo giorno siamo stati informati dal
medico psichiatra del Day Hospital che C. non sarebbe più stato accolto, senza la minima
preparazione né il minimo riguardo e soprattutto senza la minima prospettiva di presa in carico
all’infuori dell’internamento in Ospedale Psichiatrico (CHS), da noi rifiutato.Coscienti della nostra
impotenza di fronte a tale genere di abuso, decidemmo di non affidare C. ad altri istituti ma di
tenerlo a casa.Oggi, a distanza di cinque anni, siamo convinti che questa sia stata la soluzione
migliore.Questa scelta ha comportato l’abbandono dell’attività professionale e la pensione
anticipata dalla funzione pubblica per mia moglie.
La particolare vulnerabilita’ delle persone autistiche
Forse dovremmo iniziare con l’accettare il fatto che il primo atto di violenza di cui soffre la
persona autistica è l’essere nata autistica.
I deficit di linguaggio e/o di attitudine a comunicare rendono le persone autistiche
vulnerabili e gli autori di atti violenti possono facilmente negarne la responsabilità: la ragione
fondamentale per la quale la violenza può essere usata nel corso del trattamento delle persone
autistiche è semplicemente la possibilità di farlo: in molti casi, le persone autistiche non si
pronunceranno affatto in proposito, o lo faranno parzialmente o attraverso modi di
comunicazione alternativi. Anche se la persona autistica è verbale non sarà in grado di riferire
fatti di cui altri o essa stesa sono stati vittime, soprattutto se l’autore degli atti violenti propone
un’altra versione.
La violenza aumenta nelle situazioni in cui le possibilità di essere scoperti sono minime (Blunden
& Allen, 1987).
Il successo a breve termine della violenza può incoraggiarne l’uso , e se non viene scoperta il
ciclo degli abusi può continuare.
Inoltre esistono forme più sottili di violenza: non dime ntichiamo che per una persona con
autismo, anche il più piccolo dettaglio ha la sua importanza: l’immotivata assenza di un
educatore, la modifica di un programma di attività, la mancanza di prevedibilità nel
tempo sono altrettante situazioni concrete che possono avere gravi ripercussioni per un
soggetto autistico.
Quando i sintomi di autismo non sono correttamente interpretati , la solitudine e lo sconforto si
aggravano. La persona si sente improvvisamente inserita in un contesto le cui regole le
sfuggono totalmente.
Non c’è dunque da sorprendersi se la persona autistica reagisce con una recrudescenza dei
problemi di comportamento rendendo ancor più difficile la sua accettazione da parte dei
compagni e degli educatori.
43
La seconda violenza è quella conosciuta dalla famiglia la cui vita precipita improvvisamente
in una situazione di sgomento. In mancanza di sostegno al momento dell’apparire dei disturbi, si
vede a volte costretta alla discordia e alla disperazione che in certi casi porta al
maltrattamento.
Sino a poco tempo fa gli esperti erano a favore della separazione della persona autistica dai
legami e dall’affetto della famiglia nell’interesse della sua salute e di una possibile cura. Tale
violenza della separazione condannava la persona autistica a una esclusione sociale e familiare
per nulla giustificabile. Additati e allo stesso tempo privati di giusti consigli che avrebbero potuto
metterli in grado di accettare e di lavorare con il loro figlio, i genitori vivevano in un clima di
violenza che l’attuale approccio all’autismo dovrebbe permettere di evitare.
Alcuni ambienti terapeutici ancora oggi tuttavia rifiutano qualsiasi collaborazione con le famiglie,
considerate difficili o patologiche. Le informazioni mediche sono tenute segrete e né la persona
con autismo né i parenti hanno diritto all’informazione. Soprattutto rifiutano alla persona
autistica quel sostegno affettivo che solo i genitori e i parenti più vicini sono in grado di darle.
I FATTORI DI RISCHIO
Se nel nostro paese la scelta di non istituzionalizzare i disabili psichici dovrebbe garantire un
minore rischio di abuso, situazioni che inducono alla violenza sono insite nella organizzazione
stessa dei nostri servizi.
1- Mancanza di strutture adeguate
I bambini e gli adolescenti autistici in Europa sono in parte esclusi dal mondo dell’educazione,
persino da quella specializzata.
In Francia, più di un terzo dei bambini autistici non vengono seguiti e restano a carico delle
famiglie.
In Italia tutti i bambini, a parole, hanno diritto a frequentare la scuola pubblica . Nei fatti, il
disconoscimento delle difficoltà specifiche dell’handicap e l’interpretazione ingenua del termine
“integrazione” come mezzo in sè sufficiente a garantire le pari opportunità comportano situazioni
di grande sofferenza per il bambino e per la famiglia, e spesso la richiesta della scuola di limitare
il tempo di frequenza, o l’abbandono scolastico da parte della famiglia esasperata, non certo
contrastato dalle istituzioni.
Con l’adolescenza e l’età adulta, la mancanza di strutture d’accoglienza si fa sentire ancor più
crudelmente.
2- Mancanza di formazione professionale
Testimonianza
Non esisteva alcun dialogo con i genitori. La diagnosi di autismo confermata dal nostro medico
curante veniva smentita quando ne facevamo menzione. Nel giro di qualche mese, a G. è stato
negato l’uso della piscina con grande stupore da parte nostra, dal momento che G. adorava
l’acqua. Ma ciò gli procurava troppo piacere e poteva nuocere allo sviluppo della
comunicazione! (sic). Il metodo di comunicare per mezzo di immagini proposto dal Centro di C.
dava risultati molto positivi, ma il Day Hospital rifiutava categoricamente di utilizzarlo.” Deve
uscire da solo dal suo stato.Non siamo qui per educare”.
44
A dodici anni avevamo un figlio incontinente sia di giorno che di notte, che mangiava con le
mani, violento, ostile, che impiastricciava le pareti della sua camera con i suoi escrementi e
rompeva i vetri delle finestre.
Nel 1991 G. fu accettato in un centro specializzato nella cura dei sordi e dei ciechi.
Professionalmente avevamo lasciato tutto e avevamo traslocato. Nel giro di un mese abbiamo
ritrovato un bambino calmo, rilassato (senza trattamenti medici). Dopo qualche mese era
tornato continente, aveva imparato a stare a tavola. Il centro aveva ripreso con lui la
comunicazione per immagini e gesti. Questo centro aveva svolto una pratica educativa
insegnandogli l’autonomia e le relazioni sociali. Organizzava anche un grosso lavoro di scambio
con le famiglie (fine settimana con i genitori, confronto sui programmi educativi). Dopo 7 anni
G. è migliorato. è felice e la nostra vita è tornata quasi normale: andiamo in vacanza, al
ristorante, ecc. Certo, è ancora gravemete disabile e avrà sempre una vita protetta, ma la
cosa più importante è che nel suo stato possa svilupparsi. Che dire degli anni persi quando
sappiamo che s’impara soprattutto nell’infanzia?. Che spreco per questi bambini e per le loro
famiglie! E questo succedeva sino a poco tempo fa. Speriamo che non succeda mai più! (M.B.)
Come ogni essere umano, la persona autistica vuole imparare e agire, ma non può farlo che in un
quadro adeguato al suo livello di sviluppo.
Tuttavia i metodi tradizionali di formazione non preparano sempre i futuri operatori, o cosa più
grave li preparano male al confronto con queste persone affette da disturbi del comportamento.
Per molti professionisti permane l’opinione comune che l’autismo si identifichi con la
manifestazione di comportamenti bizzarri o aggressivi e il comportamento è spesso interpretato
in un modo che non considera le difficoltà specifiche di questo handicap.
Le recenti ricerche sull’autismo obbligano quindi i professionisti a un dovere di formazione
permanente e a una rivoluzione culturale per comprendere meglio i problemi dei soggetti loro
affidati.
FATTORI DI RISCHIO NELL’AMBIENTE FAMILIARE ( Donata Vivanti )
Non si ripeterà mai abbastanza che la famiglia non ha alcuna responsabilità nel causare l’Autismo
del proprio bambino, come purtroppo nessun genitore può evitarlo.
Ciò detto, il bambino autistico non è evidentemente per questo al riparo dal maltrattamento
nell’ambiente familiare.
Al contrario le caratteristiche stesse dell’autismo, rappresentando fin dai primi mesi di vita del
bambino un
fattore di stress per la famiglia, costituiscono un fattore di rischio di
maltrattamento.
L’eccesso di aspettative,
bambini con handicap al
causa della mancanza di
all’aspetto fisico normale
il divario fra il bambino reale e il bambino immaginato che espone i
rischio di maltrattamento, è ancora maggiore nel caso dell’autismo, a
segni fisici evidenti e di condizionamenti culturali obsoleti: è facile che
si accompagni un eccesso di aspettative.
Le caratteristiche comportamentali dell’autismo inoltre costituiscono un fattore di stress per la
famiglia, e generano essi stessi un rischio di abuso.
La famiglia è il primo ambiente sociale nel quale ogni bambino si trova a vivere: l’integrazione
nell’ambiente familiare è quindi il primo obiettivo educativo nei confronti del bambino autistico.
Aiutare il bambino autistico a sviluppare le sue capacità sociali e i suoi interessi nell’ambiente
domestico deve costituire il primo passo del processo riabilitativo e ha come conseguenza verso
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un miglioramento della qualità della vita per lui e per la famiglia: il benessere del bambino e della
sua famiglia sono imprescindibili .
1) fattori di stress nell’ambiente familiare
1.1) disturbo dell’interazione sociale
Testimonianza:
All’inizio, non sapevamo che nostro figlio era autistico. Era talmente carino, talmente vivace,
talmente disinvolto...; sembrava capire tutto, almeno quando gli faceva comodo, perché se
qualcosa non gli andava, faceva il sordo. Allora dovevamo gridare per farci ascoltare. Quando
mio marito o io ci arrabbiavamo, si degnava di prestare attenzione. Credevamo che fosse
pigro, ostinato, non sapevamo che fosse autistico.
(Testimonianza verbale di genitori di un giovane autistico).
L’indifferenza del bambino autistico, vera o apparente che sia, nei confronti di genitori che
hanno già investito amore e devozione sulla loro creatura apparentemente perfetta, costituisce
una vera e propria tragedia affettiva: i genitori si sentono rifiutati dal bambino che non
corrisponde ai loro sentimenti, ma che non possono nè vogliono abbandonare.
Alcuni bambini autistici possono anche dimostrare un grande attaccamento per i genitori; ma
anche in questo caso il senso di responsabilità verso la loro creatura che intuiscono essere
indifesa di fronte al mondo e di cui comprendono ben presto la sofferenza li spinge a cercare di
aiutarla con ogni mezzo, senza riuscire a tradurne l’attaccamento in partecipazione emotiva o in
apprendimento.
Talvolta può capitare che i genitori, nel lodevole tentativo di aiutarlo e stimolarlo, gli impongano
una promiscuità sociale eccessiva, senza rendersi conto che la sua incapacità di capire
l’ambiente e la complessità delle regole implicite nelle nostre relazioni sociali lo espongono alla
sofferenza, all’umiliazione e al senso di inadeguatezza.
Questi insuccessi non rappresentano solo una violenza psicologica, ma anche un fattore di
rischio di maltrattamento fisico: il bambino che non risponde alle cure e ai tentativi educativi dei
genitori può essere considerato pigro e testardo, e diventare vittima di punizioni ingiustificate
2) disturbo della comunicazione
I genitori si accorgono ben presto dei problemi di comunicazione del bambino, ma spesso
cercano di placare l’angoscia aggrappandosi come ad un’ancora di salvezza alle parole di
conforto di amici, parenti e talvolta anche all’incomprensione di professionisti incompetenti:
”Ogni bambino ha un suo ritmo di crescita... Il bambino non ha niente, siete voi che siete troppo
ansiosi e che dovreste curarvi...”.
Ma il fallimento di ogni tentativo educativo li snerva e avvelena i rapporti familiari, e l’apparente
mancanza di collaborazione da parte del bambino, mal interpretata, lo espone al rischio di essere
punito per la sua disobbedienza, di cui non è in alcun modo responsabile. In una parola, di essere
punito per il suo handicap.
3) problemi di comportamento
La vita di famiglia è ben presto sconvolta dai problemi di comportamento del bambino autistico,
soprattutto se il bambino sviluppa atteggiamenti etero o auto aggressivi: niente è più doloroso
per i genitori che assistere impotenti al dramma del figlio che si picchia, si graffia, batte la testa
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contro il muro, o che, accompagnato in mezzo ai coetanei con il cuore colmo di speranza, li
respinge a calci e morsi.
Anche manifestazioni meno gravi, come grida, scoppi di riso o di pianto apparentemente
immotivati, lancio di oggetti, o qualunque altra attività stereotipata, possono spingere i genitori
esasperati a ricorrere ai castighi; e di nuovo il bambino sarà punito per il suo handicap.
I problemi di comportamento accrescono quindi il rischio di abbandono educativo o di abuso di
mezzi di correzione.
Inoltre, ciò che viene percepito come violenza nei confronti di un adulto (come immobilizzarlo a
forza o punirlo fisicamente per i comportamenti disturbanti) nei confronti di un bambino, che
pure è più debole e più indifeso, può più facilmente essere considerato come uno strumento
educativo o un intervento necessario (per il suo bene!).
4) logorio della famiglia
La vita con un bambino autistico è massacrante: spesso ai problemi di comportamento, già così
difficili da gestire, si aggiungono l’iperattività e i problemi di sonno e di alimentazione.
Il bambino iperattivo, inconsapevole dei pericoli, non lascia un attimo di tregua, e la casa finisce
ad assomigliare più a una nuda prigione che ad un focolare: le porte e le finestre barricate, i
soprammobili nascosti, le sostanze pericolose messe al sicuro fuori della sua portata; e ancora
non basta: restano da sorvegliare i rubinetti, i fornelli, le provviste, le bevande, e così via.
Uscire non dà alcun sollievo: una passeggiata al parco può trasformarsi ben presto in
inseguimento affannoso; un attimo di distrazione può essere fatale.
Nemmeno i genitori di un bambino autistico tranquillo sono al riparo dal logorio: il suo isolamento,
quelle ore e ore passate a guardarsi le mani o a giocare con uno spago li angosciano, e li
spingono a cercare di coinvolgerlo in una attività qualunque, non ricevendo di regola dai loro
sforzi che ulteriore frustrazione.
Non esistono vacanze, ammalarsi è un lusso, riposarsi impossibile: la fatic a è schiacciante, i
rapporti familiari ne sono ben presto compromessi, gli altri figli necessariamente trascurati; lo
stress della famiglia diventa cronico e il rischio di maltrattamento ne è gravemente aumentato.
5) false credenze sull’autismo
La credenza secondo la quale l’autismo sarebbe imputabile ad una cattiva relazione madrebambino rappresenta un ulteriore fattore di stress: anche nella famiglia più consapevole il
dubbio si insinua, si rimugina il passato, e il senso di colpa logora la coppia e mina fatalmente il
già difficile rapporto con il bambino.
Anche nel caso in cui i genitori non siano esplicitamente colpevolizzati, la concezione
psicogenetica dell’autismo può generare delle aspettative esagerate nei confronti del bambino,
da una parte incoraggiando l’idea che il bambino rifiuti volontariamente di aprirsi, e che basti
trovare la chiave del suo rifiuto per trasformarlo in un bambino normale, dall’altra spingendo i
genitori a rinunciare al proprio compito educativo per paura di interferire negativamente in
questo improbabile processo di guarigione. La falsa credenza che i bambini autistici siano tutti
molto intelligenti comporta evidentemente lo stesso rischio.
6) incomprensione sociale
Succede moto spesso che i comportamenti bizzarri dei bamb ini autistici siano considerati
dall’ambiente sociale come manifestazioni di maleducazione di cui è responsabile la famiglia: frasi
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come “ se fosse mio figlio, saprei io come educarlo...” sono ben conosciute dalla maggior parte
dei genitori .
Anche la famiglia più unita e più competente deve così affrontare non solo le difficoltà di vivere
con un bambino tanto difficile, ma anche il giudizio, le critiche e l’intolleranza di vicini, amici e
parenti, della cui solidarietà avrebbe invece disperatamente bisogno.
7) incertezza per il futuro
“Che ne sarà di mio figlio quando non ci saremo più noi ad occuparcene, a volergli bene?”
Questa domanda, motivata dall’attesa di vita normale delle persone affette da autismo,
accompagna come un incubo l’intera esistenza dei genitori.
Si può anche aver superato la disperazione, aver capito l’handicap del bambino, aver imparato
come comportarsi con lui; ma la paura per il suo avvenire si riaffaccia ogni mattina, ogni
momento di ogni giorno che passa inesorabilmente.
La famiglia non è tormentata solo dallo spettro di un avvenire di solitudine che attende la
persona autistica quando i suoi genitori saranno troppo vecchi, malati o morti, ma anche
dall’incertezza del futuro più prossimo, di ciò che accadrà domani, o fra un attimo: anche
quando tutto sembra andare per il meglio si sa che in ogni momento potrebbe nascere un nuovo
problema.
La mancanza di soluzioni adeguate e dignitose per la vita adulta del figlio può trasformare ben
presto lo stress in disperazione, e non esiste genitore di persona autistica che non si sia
augurato di poter sopravvivere al proprio figlio, per non doverlo mai abbandonare alla solitudine e
all’emarginazione.
Questi sentimenti non fanno che aumentare i sensi di colpa e di impotenza dei genitori, e
talvolta , in condizioni estreme di abbandono da parte dei servizi, possono rappresentare un
rischio reale per la vita stessa della persona autistica.
8) isolamento
La paura e l’angoscia che i comportamenti bizzarri e incomprensibili delle persone autistiche
possono suscitare, la vergogna di essere ritenuti genitori inetti, il senso di inadeguatezza
possono indurre i genitori a rintanarsi con il bambino nell’ambiente domestico e a rinunciare al
proprio compito educativo, sprofondando il figlio nel caos e la famiglia intera nell’isolamento
sociale.
Le conseguenze dell’incomprensione sociale sono ancora più devastanti quando il bambino è
rifiutato dalle istituzioni a causa dei suoi problemi di comportamento o per mancanza di servizi
specializzati o di personale formato e motivato. I genitori si vedono spesso costretti a implorare
come un favore ciò che per gli altri è un diritto acquisito, e perfino a scusarsi dell’handicap del
figlio, sentendosi perciò rifiutati essi stessi, e respinti nell’isolamento, soli contro tutti.
Spesso la madre, per mancanza di un aiuto adeguato, è costretta a lasciare il lavoro, e a poco a
poco finisce per trovarsi imprigionata in una relazione esclusiva con il bambino che la distoglie da
ogni altro interesse, la isola dal resto del mondo che non capisce i suoi problemi.
C’è un solo genitore di bambino autistico che , dopo lo choc della diagnosi, non abbia pensato:”
se c’è una sola possibilità al mondo che un bambino autistico guarisca, quel bambino sarà il mio?”
C’è una sola madre che, delusa dai fallimenti e dall’incomprensione dei professionisti, non abbia
ceduto alla tentazione di dichiarare una sua guerra personale all’autismo, una guerra che rischia
ben presto di trasformarsi in guerra contro il bambino? L’amore e la sollecitudine dei genitori più
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affettuosi purtroppo non bastano, e non danno loro il diritto di privare il bambino di cure
adeguate al di fuori della famiglia.
Testimonianza:
Volevo assolutamente essere una buona madre, e pensavo di potermi occupare da sola di mio
figlio. Ho tentato così accanitamente da ammalarmene, e ho dovuto riconoscere che non ero
la “mamma infallibile” che credevo. All’inizio mi è costato molto ammettere che avevo bisogno
di chiedere aiuto, ma l’ho fatto per il bene di mio figlio.
(Testimonianza di una madre al seminario Daphne, settembre 1998)
LA PREVENZIONE DEI MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA
1) l’informazione
Per poter mitigare l’angoscia e l’incertezza dei genitori di fronte a un bambino talmente diverso e
ridurre così i rischi di maltrattamento in famiglia, é innanzitutto necessario che la diagnosi di
autismo sia accessibile e precoce.
E’ indispensabile inoltre che i genitori ricevano al più presto informazioni corrette sull’origine e le
caratteristiche della sindrome autistica, in modo da poter essere aiutati a capire e ad affrontare
meglio i problemi specifici del loro bambino.
Al giorno d’oggi è inaccettabile non solo che la madre sia colpevolizzata, ma che sia anche solo
sottinteso un sospetto che la diagnosi stessa di autismo può comportare: i professionisti
dovrebbero essere molto espliciti su questopunto, e sollevare fin dall’inizio i genitori da sensi di
colpa e pregiudizi.
Tuttavia l’idea che il proprio bambino sia portatore di un handicap permanente può essere
difficile da accettare:
la speranza di poter risolvere ogni problema cambiando il proprio
atteggiamento è molto più seducente.
E’ necessario spiegare ai genitori che la diagnosi di handicap mentale non rappresenta una
condanna a vita, che una presa in carico adeguata potrà migliorare significativamente le
capacità del bambino che ha comunque diritto al rispetto e alla fiducia.
Inoltre, data l’eterogeneità delle manifestazioni e dei livelli di sviluppo, la diagnosi di autismo non
da ancora ai genitori informazioni sufficienti sul loro bambino. La diagnosi deve essere
completata da una valutazione individuale delle sue capacità
e delle sue possibilità per
proteggerlo da aspettative esagerate e dagli insuccessi educativi della famiglia.
2) la formazione
“ Il bambino non mi guarda nemmeno, non obbedisce, si comporta come se non esistessimo,
sembra che ci prenda in giro. Come dobbiamo fare con lui?”
A questa domanda molti professionisti rispondono: “ Fate semplicemente i genitori”.
Ma fare i genitori di un bambino autistico non è affatto semplice: è necessario conoscere la
diversità dell’autismo, le strategie per ottenere attenzione e collaborazione, le difficoltà
sottostanti ai problemi di comportamento, insomma imparare come comportarsi con lui.
Se i servizi non offrono abbastanza informazioni e occasioni di formazione fin dall’inizio, la
famiglia, per sopravvivere è costretta a cercare informazioni da sè e, nell’intento di non
trascurare nessun possibile aiuto per il bambino, rischia di perdersi in una babele di messaggi
confusi, continuamente sballottata fra speranza e delusione.
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Sarebbe invece opportuno che i professionisti si facessero carico anche della formazione dei
famigliari, non solo attraverso corsi pratici e la collaborazione attiva in programmi educativi
individualizzati .
3) il coinvolgimento nella presa in carico
La famiglia riveste nei confronti del proprio bambino un ruolo educativo primario, e nessun
genitore può accettare di assistere passivamente al suo sviluppo. Un programma d’intervento
dovrebbe non solo essere elaborato tenendo conto della profonda conoscenza che del proprio
bambino ha ogni famiglia, delle sue priorità e del suo stile di vita, ma anche prevedere la
partecipazione dei genitori come partner attivi del piano educativo.
Sfortunatamente capita ancora troppo spesso che i genitori, e soprattutto le madri di bambini
con autismo, perdano agli occhi dei professionisti la propria identità e la propria dignità
personale: tutto ciò che hanno fatto nella loro vita , la loro stessa umanità vengono dimenticati
e cancellati e, in quanto genitori di bambini con handicap, si sentono essi stessi giudicati degli
incapaci.
Il coinvolgimento attivo della famiglia in un programma di presa in carico aumenta le possibilità
del bambino di svilupparsi al meglio, e allo stesso tempo rappresenta il modo più efficace di
sollevare i genitori dai sensi di colpa e di inadeguatezza, restituendo loro il ruolo di educatori e la
fiducia nelle proprie capacità.
4) pianificazione e coordinamento dei servizi
L’angoscia della famiglia di fronte ad un incerto avvenire potrebbe essere sollevata da una
programmazione precoce della presa in carico del bambino estesa a tutta la sua giornata e per
tutta la durata della sua vita.
Questo richiede evidentemente una collaborazione fra servizi , istituzioni e famiglie, in una
coerenza d’intervento da parte di ogni persona coinvolta nel piano d’intervento, e un programma
politico che preveda l’istituzione di servizi adeguati per adulti con autismo di ogni livello di
sviluppo: laboratori protetti, residenze e così via.
D’altronde è logico che un disturbo generalizzato come l’autismo che coinvolge diversi settori,
educativo, psicologico, neurologico ecc. , richieda un intervento generalizzato. L’operatore o il
professionista che lavorasse senza collaborare con le altre persone coinvolte nella presa in
carico, compresi i genitori, sarebbe responsabile di aver negato alla persona con autismo tutte le
possibili ” chances” di sviluppare le proprie potenzialità.
5) supporto sociale ed emotivo
I genitori delle persone con autismo dovrebbero essere aiutati a mantenere lo stesso stile di vita
e le relazioni sociali che avevano precedentemente, il che implica la disponibilità di servizi
specificamente organizzati e accessibili e di personale formato e competente, per poter
conservare il lavoro e la cerchia di amici, e per trovare il tempo di coltivare anche il rapporto di
coppia e di occuparsi degli altri figli.
Infatti non bisogna dimenticare che la famiglia del bambino autistico non è esonerata dai
problemi di tutti, diffic oltà finanziarie, malattie o obblighi nei confronti dei genitori anziani.
Il rischio di maltrattamento comunque diminuisce se il bambino non é il perno , ma semplicemente
un membro della famiglia con un problema in più.
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Qualche momento di riposo, la possibilità per genitori e fratelli di godere di brevi periodi di
vacanza confortati dalla consapevolezza che il bambino è affidato a personale competente in un
contesto adeguato, consentono di ricaricarsi e di trovare nuove energie per affrontare le
difficoltà della vita quotidiana.
Anche la solidarietà e la comprensione degli altri genitori all’interno delle associazioni possono
rappresentare un sostegno emotivo, ma non dovrebbero sostituire le relazioni sociali e gli
interessi coltivati al di fuori dell’autismo, nè diventare una ulteriore fonte di emarginazione.
L’aiuto concreto dei servizi per salvaguardare la propria vita sociale e relazionale all’interno e al
di fuori della famiglia, una prospettiva dignitosa per il futuro del bambino, la fiducia dei
professionisti e conseguentemente in se stessi e nelle possibilità del bambino, rappresentano
contemporaneamente per i genitori il sostegno emotivo più efficace.
L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE NELLA PREVENZIONE DEGLI ABUSI
(T. Peeters)
I genitori e i professionisti che vivono o lavorano con persone autistiche corrono il rischio di
essere sottoposti ad uno stress estremo, a causa dell’amore che provano verso le persone di cui
si occupano e delle numerose difficoltà di comprensione dei loro comportamenti e delle loro
emozioni. Amare una persona sofferente senza avere alcun mezzo nè alcuna idea su come
poterla aiutare costituisce senza dubbio una delle situazioni più estenuanti che si possano
immaginare. In molti casi, il ricorso alla violenza rispecchia un tentativo disperato di controllare
un comportamento incomprensibile che non si è veramente imparato a trattare o a prevenire
Troppo spesso la formazione nell’autismo viene vista unicamente in una prospettiva di
intervento nel momento di crisi, e non abbastanza come un fattore importante di prevenzione
della crisi (Jordan & Jones, 1996). Si vede spesso, e comprensibilmente, come, fin dal primo
giorno di formazione, i professionisti cerchino di trovare una soluzione a breve termine a problemi
a lungo termine, cioè “una formazione fondata su un approccio-ricetta” (Jordan, 1996a).
Quando si trattano dei problemi di comportamento ( e si cerca di prevenire il ricorso alla
violenza, che rispecchia una reazione disperata a un problema di comportamento incontrollabile),
è essenziale operare una distinzione chiara tra i sintomi e le cause.
Le nostre relazioni con le persone autistiche possono essere paragonate al mito di Procuste.
Procuste aveva un singolare senso di ospitalità: adattava la lunghezza delle gambe dei suoi
visitatori alle dimensioni del letto, tirandole o accorciandole. Anche noi sembriamo avere uno
strano concetto di ospitalità: senza alcuna formazione, adattiamo le persone autistiche alle
nostre conoscenze generiche. In una relazione di questo tipo, appare naturale che si venga a
creare un clima di violenza, anche se non sempre deliberata o evidente.
Così la comprensione dell’autismo diventa la pietra miliare della formazione necessaria ad evitare
abusi e violenze nel corso del trattamento. Questo principio è conosciuto sotto iL nome di
teoria dell’iceberg (Gilberg & Peeters, in presse ; Peeters, 1997 ; Schopler, 1995 ; Schopler &
Mesibov, 1994), che suggerisce la similitudine fra i problemi di comportamento nell’autismo e la
punta di un iceberg. La punta rappresenta il sintomo, ma la parte più importante dell’iceberg
resta invisibile; la punta deriva dalla parte più vasta sommersa sotto il pelo dell’acqua.
Per esempio; quando una persona autistica lancia degli oggetti, si colpisce o colpisce un’altra
persona, osserviamo dei sintomi. Per limitare o eliminare i sintomi, è necessario trattare le
cause.
Se un adulto con autismo si annoia a morte perché ogni giorno ha a disposizione da sette a otto
ore di tempo libero non organizzato, e picchia la testa contro il muro perché non ha altro modo
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di attirare l’attenzione, ne deriva chiaramente che ha bisogno di un accompagnamento
pedagogico mirato a sviluppare le sue attitudini in tema di comunicazione e tempo libero.
Se al contrario trattiamo i suoi problemi di comportamento in modo sintomatico, ignorando le
cause, questa è in se una forma di violenza, o di negligenza, o peggio ancora se l’educatore
ricorre all’uso di punizioni. Da un punto di vista etico, è intollerabile che una persona ne punisca
un’altra perché quest’ultima è incapace di comunicare come noi.
Una formazione specializzata nel campo dell’autismo costituisce la miglio forma di trattamento
dei problemi di comportamento perché mette la prevenzione al centro dell’attenzione.
I professionisti devono innanzi tutto capire che le persone autistiche trattano le informazioni in
modo differente. Il ragionamento autistico è un’espressione chiave in tema di prevenzione dei
problemi di comportamento e la violenza non ha alcuna parentela con una qualsiasi ricetta. In
sostanza, si tratta di mettersi nei panni di una persona con autismi e cercare di vedere il mondo
con i suoi occhi. Quanto più riusciremo a capire le cause delle sue difficoltà, tanto più saremo
capaci di eliminare gli ostacoli e di prevenire sia i problemi di comportamento che la violenza,
spesso risultato di una reazione disperata.
I PRINCIPI DELLA FORMAZIONE
1) Sviluppare una buona comprensione dell’autismo
Un professore che insegna a persone non vedenti sa che cosa significa la cecità, un
professionista che lavora con persone affette da sordità non ignora gli effetti dei problemi uditivi
sullo sviluppo. Chi esercita la professione nel campo dell’autismo deve comprendere
correttamente questo disturbo pervasivo dello sviluppo. L’amore e l’intuizione sono necessarie,
ma insufficienti. I criteri diagnostici internazionali per l’autismo (APA, 1994 ; OMS, 1992) parlano
di deficit qualitativi, e la diversa qualità di certi comportamenti non è sempre facilmente
comprensibile)
In una cultura in cui spesso si enfatizzano le terapie verbali la mediazione verbale
dell’educazione, è estremamente importante che i professionisti si rendano conto che un certo
uso del linguaggio o della parola possono essere più d’impaccio che di aiuto per le persone
autistiche.
Un altro esempio deriva dal fatto che bambini che presentano autismo associato a un handicap
mentale grave, con un’età di sviluppo intorno ai due anni (un’età mentale che permette al
bambino con sviluppo normale o con difficoltà di apprendimento di parlare) possono aver bisogno
di imparare a usare una modalità di comunicazione espressiva che si serve di immagini o oggetti,
perché la loro capacità di derivare un significato dalle percezioni o la loro conoscenza simbolica è
inferiore a quella teoricamente riferibile all’età mentale (Happe, 1995 ; Jordan, 1996b ; Peeters,
1997). Nel caso dell’autismo lo sviluppo della comunicazione è vitale, se vogliamo creare delle
aperture verso il nostro mondo, ma un uso scorretto della comunicazione può essere fonte di
sofferenze, abusi, o anche di violenze psicologiche.
Qualcuno ha dichiarato che le persone autistiche soffrono di cecità mentale o di cecità sociale
(Baron-Cohen, 1995). Provano un’estrema difficoltà a decifrare i nostri occhi, i nostri visi, e
ancor più quando si trovano in un gruppo che a tu per tu con una sola persona (Lee et al.,
1994). Questo fenomeno è spesso poco compreso e le persone autistiche, in una cultura in cui
molti effetti terapeutici sono associati a situazioni di gruppo in base al principio che altrimenti
diventerebbero più autistiche, sono talvolta catapultate nei gruppi, situazione che provoca loro
confusione e sofferenze intollerabili.
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Comportamenti ricorrenti, stereotipati, ossessivi possono ostacolare quella che noi chiamiamo
evoluzione pedagogica, ma talvolta rappresentano la sola difesa contro il sovraccarico cognitivo
e sociale presente nell’ambiente (Grandin, 1995 ; Williams, 1996), una forma di autoprotezione.
Non si arriva automaticamente a sviluppare una forma di rispetto verso questo riflesso di
autodifesa: un professionista insufficientemente formato può sbarazzarsi dell’unica forma di
difesa di cui la persona autistica ancora dispone. E’ un atto crudele e violento derivato
dall’ignoranza e da una carenza di formazione.
2) La valutazione: un punto di partenza per un programma individuale
L’autismo può essere associato a tutti i livelli di intelligenza, cosicché una conoscenza generale
dell’autismo si rivela insufficiente, perché bisogna ugualmente poter disporre di elementi relativi
allo sviluppo cognitivo. Un programma educativo destinato a Rainman sarà certamente diverso
dal programma elaborato per una persona la cui età mentale non di livello modesto. Inoltre, le
persone autistiche presentano dei profili estremamente disomogenei, derivandone la necessità di
avere a disposizione informazioni dettagliate sulle diverse aree di funzione. Prendere l’età
mentale come base per l’elaborazione di un programma educativo rappresenta una pratica
professionale scadente, suscettibile di generare demotivazione, senso di fallimento e diminuzione
dell’autostima. Il progetto educativo deve mirare alla riuscita, perché in mancanza di successi il
personale si sentirà terribilmente stressato, e le sue reazioni negative si ripercuoteranno su terzi
(Harris et al., 1996). La riuscita si rivela possibile esclusivamente se si sono effettuate
valutazioni dettagliate e concordati programmi individuali sulla base dei risultati delle valutazioni.
3) Adattare l’ambiente
L’adattamento è un processo reciproco. Attraverso l’elaborazione di un programma educativo
specifico, il professionista cerca di adattare la persona autistica allo scopo di farle raggiungere
quella che noi chiamiamo una qualità di vita. Tuttavia l’autismo è un disturbo pervasivo dello
sviluppo, cosicché non ci si può aspettare che gli adattamenti provengano dalla persona
autistica stessa
Se una persona vive in un mondo presimbolico o le percezioni non sono che percezioni (
assenza di significato al di là del letterale), la sua esistenza è completamente dominata dalla
coincidenza. Situazioni di questo tipo sono favorevoli allo scatenamento della violenza: un livello
estremo di stress sfocia in problemi di comportamento per la mancanza di “significato”, di
prevedibilità, di “potere” sulla propria vita.
Nessuno è pronto ad affrontare programmi educativi. quando la sua esistenza è governata dal
caos e dalla confusione. Essere capace di anticipare il tempo e il luogo in cui si verifica un
avvenimento sembra costituire il punto di partenza dell’indipendenza e dell’autostima. Senza
prevedibilità, la persona è troppo impotente e terribilmente dipendente.
Se i professionisti non afferrano che il problema di comportamento è un tentativo disperato di
sollecitare il controllo (un significato), una reazione istintiva e violenta (o negligente) può
aumentare il senso di impotenza della persona autistica.
4) Il ricorso a strategie educative specificamente adatte all’autismo.
L’utilità di un approccio educativo specificamente adatto all’autismo ( cioè l’elaborazione di
metodi e strategie appropriate) è evidente.
Immaginate una scuola per sordi dove si usino metodi educativi per ciechi. Molti sarebbero
d’accordo nell’affermare che la situazione avrebbe dell’assurdo.
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Immaginate ora un centro per persone autistiche dove fossero adottate strategie per persone
con gravi difficoltà di apprendimento, ma senza autismo. Assurdo, certamente, ma nel contesto
europeo sfortunatamente questa situazione è più la regola che l’eccezione.
Tuttavia non dovrebbe accadere, nemmeno nelle situazioni miste; la pratiche efficaci specifiche
per l’autismo sono note, e le necessità delle persone autistiche sono prioritarie (e tra l’altro a
beneficio di un gruppo più vasto di un centro per bambini con difficoltà di apprendimento).
IL PROFILO DEL PROFESSIONISTA
La formazione è essenziale, ma non è ancora tutto: chi sceglie di lavorare con l’autismo può
comunque trovarsi in difficoltà, se non presenta caratteristiche che lo rendono idoneo e
“straordinario”, in grado quindi di occuparsi di persone fuori dall’ordinario
Le caratteristiche che chi sceglie di occuparsi di autismo dovrebbe avere sono le seguenti:
Essere attratti dalle diversità
Pensiamo che sia utile essere degli “avventurieri del mentale” e sentirsi attratti dall’ignoto. Certe
persone temono le differenze, altre ne sono attratte e desiderano scoprire sempre nuove cose
Avere una vivace immaginazione
Per condividere lo spirito di una persona autistica, che soffre di problemi di immaginazione, per
metterci nei suoi panni, dobbiamo per compensazione sfoderare enormi tesori di immaginazione.
Essere capaci di dare senza ricevere ringraziamenti (normali)
Dobbiamo essere capaci di dare senza ricevere molto in cambio e non sentirci delusi per la
mancanza di reciprocità sociale.
Con l’esperienza, si imparerà a scoprire che forme alternative di ringraziamento e di gratitudine
più o meno giustificata manifestata da molti genitori sono una generosa ricompensa.
Provare il desiderio di adattare il proprio stile naturale di comunicazione e di interazione
sociale.
Lo stile che si richiede ha rapporto più con le necessità della persona autistica che con i nostri
livelli spontanei di comunicazione sociale (di tipo logorroico?). Il compito non è agevole, e
implica molti sforzi di adattamento, ma è di vitale importanza prendere in considerazione i bisogni
che siamo chiamati a soddisfare.
Avere il coraggio di lavorare soli nel deserto
Poche persone comprendono l’autismo, soprattutto durante i primi passi dei servizi organizzati in
questo campo, cosicché un professionista motivato , invece di essere lodato per tutti i suoi
sforzi, rischia di essere criticato. I genitori hanno conosciuto già da tempo questo genere di
critiche: “ tutto quel che occorre è disciplina”, “ se fosse figlio mio..;”, “madri frigorifero”, ecc.
Non sentirsi mai soddisfatti del proprio grado di conoscenza
L’apprendimento dell’autismo e delle strategie educative è un processo continuo perché la
conoscenza in questi campi si allarga continuamente. Il professionista che pensa di averla
trovata, di fatto l’ha perduta. La formazione nell’autismo non è mai finita.
Accettare che ogni piccolo progresso porti con se un nuovo problema
Talvolta la gente ha la tendenza a buttare via le parole crociate che non riesce a risolvere.
Questo è impossibile nel caso dell’autismo: una volta cominciato, dovete sapere che la vostra
missione di “detective” non avrà mai fine.
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Capacità pedagogiche e analitiche straordinarie
Il professionista dell’autismo deve progredire molto gradualmente, ricorrere a supporti visuali a
livelli estremamente individualizzati. Bisogna continuamente fare parecchie valutazioni e
continuamente adattarsi.
Essere disponibili a lavorare in équipe
Dato che l’approccio deve essere coerente e coordinato, tutti i professionisti devono essere
informati degli sforzi compiuti dai colleghi come del livello di aiuto proposto, compresi i genitori,
soprattutto nel caso di bambini piccoli.
Essere umili
Noi possiamo essere degli “esperti” in generale, ma i genitori sono gli esperti riguardo al loro
bambino, e noi dobbiamo tener conto della loro saggezza e della loro esperienza.
Nel campo dell’autismo, il professionista che pretenda di stare sul piedistallo non serve. Nel corso
della collaborazione con i genitori, è importante parlare delle riuscite, ma anche ammettere gli
insuccessi (“ per piacere, aiutatemi). I genitori devono anche imparare che gli esperti non sono
dei dell’Olimpo.
Ci sarà certamente qualcuno che si aspetta di trovare in questo elenco la parola amore. L’amore
è ovviamente essenziale, ma come un genitore ha già detto l’amore non è un rimedio miracoloso.
I genitori e i professionisti che contano troppo sull’effetto dell’amore resteranno delusi. Se il
bambino non fa abbastanza progressi, è forse perché non è stato abbastanza amato? O forse
l’abbiamo amato abbastanza, ma lui non ha accettato a sufficienza il nostro amore.
Questi atteggiamenti sono distruttivi e scavano abissi là dove è necessaria una collaborazione
ottimale. Amor NON vincit omnia. L’autismo è diverso.
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QUALITY MANAGEMENT NEI PROGRAMMI PER LE PERSONE CON
AUTISMO (Ramon Barinaga Osinalde, GAUTENA, Spagna)12
INTRODUZIONE
Nei prossimi minuti, ho intenzione di spiegare l’iniziativa che GAUTENA compie nell’area della
Qualità. Questo articolo è strutturato secondo l’indice sopra citato.
Prima di occuparsi del lavoro, permettetemi di darvi alcune informazioni sul background, che vi
aiuteranno a conoscere un po’ di più la nostra istituzione, e perciò fare più luce sul nostro
processo della Qualità.
GAUTENA è un’Associazione di genitori, creata nel 1978 a San Sebastian, che lavora in tutta la
contea di Guipuzcoa. Guipuzcoa è una provincia situata nella costa Nord della Spagna sulla
frontiera francese. Approssimativamente è 50x60 km., con una densità di popolazione
relativamente disseminata (663.000).
Guipuzcoa è una delle tre contee della Comunità Autonoma Basca, retta da uno Statuto di
Autonomia che conferisce tutte le competenze in termini di Salute, Educazione e Servizi Sociali.
I Diputaciones Forales (consigli di contea) hanno i propri ordinamenti di tassazione nei rispettivi
territori storici.
GAUTENA, un Ente giuridico DI Iniziativa Sociale senza scopo di lucro, si regge
fondamentalmente sul finanziamento pubblico. Ad ogni modo, gli onorari dei membri ricoprono
approssima tivamente il 9% della spesa. Circa un centinaio di persone costituiscono il personale
(di cui il 60% lavorano a tempo pieno) impiegati nell’aiuto nei servizi forniti a quasi duecento
famiglie a Guipuzcoa.
Al momento, GAUTENA fornisce i seguenti servizi:
12
−
Programma Psichiatrico. Questo programma è stato stilato dal Gruppo di lavoro
Tecnico di GAUTENA – Neuropsichiatri infantili e Psicologi dell’età evolutiva – e
garantisce la diagnosi e il trattamento della popolazione assistita.
−
Programma Educativo. Composto da 12 classi, 10 delle quali sono integrate nei
plessi scolastici ordinari per tutto il paese, mentre le altre 2 classi sono localizzate
in una Scuola Speciale a San Sebastian.
−
Centro Diurno di Attività. Un Programma per gli over 20 sia di natura educativa
che occupazionale.
−
Programma Residenziale. La funzione di questo programma è di fornire Alloggio
Comunitario nel senso di Unità Casa integrate nella comunità, per far fronte alla
sistemazione delle persone più severamente colpite.
−
Tempo libero e Riposo della Famiglia dalle Cure. Da una parte, le attività
incluse in quest’area sono rivolte al tempo libero e alla promozione dello sviluppo
individuale dei pazienti di GAUTENA, mentre dall’altra parte, la famiglia può
“prendersi un intervallo” in queste sistemazioni a breve termine - festività legali,
fine settimana e ferie.
N.d.C .: Traduz io ne dell’artico lo o riginale: “Quality Management in programmes f or
people with Autism”. Ramo n Barinaga Osinalde, Spain.
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PIANO PER LA QUALITA’ E IL CONTINUO MIGLIORAMENTO:
Perche’?
La Qualità, dal nostro punto di vista, e senza entrare nel merito delle definizioni, ricerca il meglio
per le persone alle quali noi dirigiamo la nostra attenzione e per le loro famiglie. Tale ricerca, per
la qualità del nostro lavoro, è un processo permanente di miglioramento.
Abbiamo raggiunto la conclusione che l’obiettivo della Qualità e del Miglioramento Permanente a
GAUTENA è utile, poiché nel 1996 GAUTENA ha oltre 18 anni di esperienza e una dimensione che
giustifica la necessità di incanalare tutti gli scopi del miglioramento della Qualità in un piano
strutturato stabilito formalmente.
L’iniziativa attuale di GAUTENA, a favore della Qualità, fornisce un contributo alle metodologie
dell’Assicurazione della Qualità che, superando la visione della Qualità nel senso solo di ispezione
e di controllo, costituisce un passo necessario verso l’obiettivo della Qualità Totale.
Per noi, la Qualità, nei servizi per le persone con Autismo e altri problemi correlati, è intesa come
congiunzione di due linee di lavoro complementari: da una parte, possedere uno specifico corpo
di conoscenze nel campo dell’autismo, e dall’altra gestire l’organizzazione secondo le linee guida
delle metodologie della Qualità. In questo modo, siamo in grado di applicare come uno “stato
d’arte” i migliori protocolli pratici in qualsiasi momento, per condurci verso un lavoro più efficace
e più efficiente.
Secondo la nostra opinione, i due punti sono indispensabili e complementari. L’unione di entrambi
ci condurrà più vicino allo scopo della Qualità.
A Quale Scopo?
Qui a GAUTENA abbiamo iniziato un processo di Qualità, che segue le procedure standards di
Assicurazione della Qualità.
E’ perciò una metodologia che ci obbliga a mettere i nostri pensieri su carta, ossia ad essere
concreti sul come le cose dovrebbero essere, - dal punto di vista etico, tecnico ed
amministrativo -, ossia la nostra idea sulla Qualità in qualsiasi momento.
Il piano di Assicurazione della Qualità comtempla una serie di procedure, che nell’essere
applicate, forniranno un servizio migliore, garantendo, agli utenti e alle loro famiglie, chiare
procedure che assicurano loro un itinerario ben definito, in cui non ci sia alcun dubbio sui
contenuti e sulle responsabilità, ossia , il che cosa, il come, il quando e il chi di ogni questione.
L’idea è di dare ad ogni famiglia la possibilità di conoscere per iscritto il programma individuale del
loro bambino, di conoscere chi sono i referenti, o le persone in carico di ogni specifico
programma, dell’educazione, del trattamento e del tempo libero; quanto spesso e con quale
frequenza sarà mantenuto il contatto con le famiglie, quale tipo di materiale scritto dovrebbe
essere ricevuto dalla famiglia e quando, ecc.
L’idea è, perciò, di garantire un approccio integrale ed individualizzato alla persona disabile,
l’identificazione degli interlocutori, e di evitare errori quali le mancanze di coordinamento tra
servizi differenti, le incertezze sui contenuti dei vari programmi.
Attraverso questi metodi, è possibile garantire la comunicazione tra il personale e le famiglie, e la
partecipazione delle ultime in tutte le fasi del processo che assiste i loro bambini.
Come?
Consulenza esterna. Norma ISO 9002.
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GAUTENA ha deciso di avvicinarsi all’obiettivo della Qualità da un punto stabilito formalmente.
Questa è la norma ISO 9002, adottata dall’Unione Europea, e dai principali funzionari
internazionali che si occupano di Qualità.
Per fare ciò, abbiamo deciso di cercare il parere di specialisti della Qualità, Arthur Andersen
Business Consulting, che supervisionano e regolano il processo.
In breve, è un sistema atto ad Assicurare la Qualità, avendo come riferimento una norma
stabilita predeterminata.
La norma ISO 9002 richiede la composizione di un Manuale della Qualità e di un Manuale delle
Procedure con la disposizione dei seguenti indici:
Manuale della Qualità’
INDICE (ISO 9002)
1. Responsabilità della Gestione (Management)
2. Sistema di Qualità.
1. Riesame temporaneo.
2. Controllo del progetto.
3. Controllo del documento.
4. Fruizione del servizio ed erogazione.
5. Il fruitore ha erogato il prodotto.
6. Identificazione del prodotto e rintracciabilità
7. Controllo del processo.
8. Ispezione e valutazione.
9. Ispezione, misurazione e materiale testistico.
10. Ispezione e condizione della valutazione.
11. Controllo della non conformità del prodotto.
12. Azione correttiva.
13. Discussione, elaborazione, produzione.
14. Registri della Qualità.
15. Registri della Qualità interna.
16. Formazione.
17. Aggiustamento.
18. Tecniche statistiche.
Il Manuale della Qualità contiene gli aspetti più teorici correlati alla filosofia e agli obiettivi
dell’Associazione, come anche l’individuazione della nostra personale definizione di Qualità nel
contesto del nostro lavoro, basati su approcci tecnici ed etici adottati a GAUTENA.
Il Manuale della Qualità contiene aspetti relativi alla cultura – il modo in cui le cose sono fatte –,
e i valori - il sistema di riferimento - di GAUTENA.
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Il Manuale delle Procedure regola la sequenza delle azioni richieste per andare incontro a tutti
coloro che entrano in contatto con la nostra Organizzazione.
Manuale delle Procedure
1. Diagnosi & valutazione.
2. Ammissione.
3. Piano iniziale.
4. Programma annuale.
5. Accordo del cliente.
6. Controllo della Qualità.
7. Controllo dei documenti del Cliente.
8. Identificazione del cliente.
9. Registrazione del modello.
10. Elenco dei documenti.
11. Informazioni esterne.
12. Follow up del piano annuale.
13. Verifiche della soddisfazione delle famiglie.
14. Verifiche della soddisfazione del personale.
15. Verifiche dell’auto – valutazione.
16. Reclami e suggerimenti.
17. Registro della Qualità.
18. Verifiche della Qualità interna.
19. Piano di sviluppo del personale.
20. Verifica della soddisfazione dei clienti.
In tal senso, il Manuale delle Procedure descrive minuziosamente l’intero processo, dal momento
dell’accoglienza nel programma, la diagnosi iniziale, fino al referente del caso al servizio
corrispondente di GAUTENA, per lo sviluppo di un programma individualizzato di intervento e
l’adeguato follow up e l’aggiornamento.
Il capitolo sulla Formazione delle Risorse Umane nell’azienda merita una considerazione speciale,
non solo dovuta alla sua enorme importanza in tutte le moderne organizzazioni, ma anche, per la
diretta incidenza sulla Qualità del servizio fornito. Perciò, la composizione annuale del Piano di
Formazione viene indirizzata come obbligatoria.
Entrambi i documenti – “Manuale della Qualità” e “Manuale delle Procedure” -, sono integrati da
una parte, un “Manuale Informativo” e alcune “Pagine sulle Procedure”.
Il Manuale Informativo raccoglie la parte principale delle tecniche specifiche sull’Autismo
dell’Organizzazione, sul come consideriamo la Qualità dei servizi per le persone con Autismo a
GAUTENA. Ciò sta a significare che, il Manuale Informativo raccoglie lo “stato dell’arte”, adottato
nel contesto di GAUTENA.
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Manuale Informativo del Servizio
1. Introduzione.
2. Dichiarazione del mandato.
3. Presentazione dell’Autismo e dei disturbi correlati.
4. Statuto delle persone con Autismo (IAAE).
5. Valutazione diritti umani.
6. Una vasta prospettiva dei bisogni dei nostri clienti.
7. Il nostro modello di erogazione del servizio.
8. Storia della nostra società, sviluppi attuali e bisogni futuri.
9. Aspetti del finanziamento.
10. Relazione con le istituzioni private e pubbliche.
11. Mezzi di partecipazione nella società.
12. Politiche sociali e procedure.
13. Descrizione dettagliata dei nostri servizi.
14. Il nostro impegno al miglioramento continuo.
Le “Pagine sulle Procedure” ci introducono nella pratica per seguire e completare ogni passo di
ciascuna procedura.
Partecipazione nel processo: Gruppo di lavoro direttivo, Famiglie, resto del Personale.
In accordo con la definizione stabilita da GAUTENA, in questo processo della Qualità e sotto la
responsabilità della Direzione, abbiamo considerato essenziali la parte ricoperta dal gruppo di
lavoro Tecnico, dei Supervisori di GAUTENA e dello Specialista Medico. Fin dall’inizio, hanno
intrapreso la direzione del processo e l’hanno trasmessa correttamente al personale subordinato.
In tal senso, a GAUTENA cerchiamo di incoraggiare le seguenti caratteristiche che noi
consideriamo essenziali in un Gruppo di lavoro Direttivo:
Caratteristiche del Team direttivo
1. Coesione sul contenuto.
2. Impegno individuale nell’importanza della gestione (management) delle Risorse Umane.
3. Abilità a portare a termine l’attività personale per lo sviluppo degli scopi generali.
D’altra parte, un Comitato della Qualità, composto da un rappresentante delle famiglie, - membro
del Comitato -, il Management, il Consulente sanitario e il Direttore sanitario, è stato istituito
per occuparsi dell’esecuzione del piano.
Il piano stabilisce i meccanismi per le verifiche sistematiche delle opinioni dei clienti, delle
famiglie e del personale.
E’ stato fatto uno sforzo particolare per coinvolgere le famiglie alle quali noi forniamo i servizi e i
membri dello staff, non solo tramite il contatto personale ma anche tramite le verifiche della
soddisfazione familiare e le verifiche della soddisfazione dello staff. Muniti dei risultati di queste
verifiche e di impazienza a completare ed arricchire le informazioni ivi contenute, gli incontri del
gruppo per le famiglie e per lo staff sono avvenuti in sezioni differenti.
60
Nel complesso, si potrebbe concludere, dalla verifica alle famiglie, che la maggioranza esprime
un accordo ragionevole di soddisfazione dell’Associazione, sottolineando la sua flessibilità ad
adattarsi alla domanda in ogni situazione.
Ora conosciamo le aree in cui le famiglie reclamano un miglioramento nel servizio. In primo luogo,
la richiesta di una maggiore attenzione individualizzata, seguita da una richiesta di più servizi.
Un’altra richiesta è il miglioramento nelle informazioni che ricevono dall’Associazione.
Richieste delle famiglie
−
Più servizi.
−
Più attenzione personalizzata.
−
Miglioramento nell’informazione.
Nonostante ciò, le famiglie riconoscono una generale riluttanza – 80% dell’Associazione di
famiglie – a partecipare più attivamente agli incarichi dell’Associazione per il follow up e il
controllo.
Lo staff nota un’atmosfera “piacevole e positiva” del lavoro e indica i seguenti fattori di
miglioramento:
Richieste dello staff
−
Maggiore disponibilità di risorse umane e di strumenti.
−
Formazione.
−
Cooperazione delle famiglie.
−
Coordinamento interno allo staff.
Dove stiamo andando?
Consideriamo l’impianto di un sistema che assicuri la Qualità, come uno strumento che ci
consentirà di migliorare in tutto ciò che è relativo al come organizziamo le nostre azioni, ma
dall’altra parte, lo vediamo anche come un mezzo per introdurre noi stessi nella cultura della
Qualità, la ricerca dell’eccellenza a disposizione dei servizi.
Allo scopo di guidarci lungo questa strada, abbiamo utilizzato gli obiettivi della Qualità Totale
come nostro riferimento:
Definizione della Qualità Totale
Una strategia globale che venga accettata dall’organizzazione e sia progettata per “mobilitare e
coinvolgere tutte le risorse dell’organizzazione per raggiungere una soddisfazione permanente
delle aspettative dei consumatori/clienti in uno sforzo costante di miglioramento continuo”.
Allo scopo di raggiungere il nostro obiettivo, la nostra guida è stata i principi della Gestione della
Qualità Totale (Management of Total Quality):
Principi della Qualità Totale
1. Orientamento verso il cliente.
2. Coinvolgimento globalizzante.
3. Miglioramento continuo.
4. Controllo del processo.
61
5. Controllo del documento.
6. Leadership.
Nella nostra strada verso la Qualità Totale, abbiamo preso, come linea guida, il Modello Europeo
di Gestione (European Model of Management), la Fondazione Europea di Gestione della Qualità
(European Foundation of Quality Management), poiché oggigiorno riassume la conoscenza più
avanzata e i miglioramenti più concreti
nella gestione (management) delle organizzazioni
esistenti nell’Unione Europea.
Questo modello raccoglie i principi del Modello Europeo di Management in direzione della Qualità
Totale ed evidenzia nove criteri per definire le aree in cui dovrebbe essere poste la riflessione o
l’analisi.
Questo modello raccoglie i nove criteri in due parti, dando ad ognuna di esse un determinato
risalto: gli AGENTI o gli aspetti che dovrebbero gestire la direzione dell’organizzazione e i
RISULTATI che sono le conseguenze della gestione (management) degli agenti e, allo stesso
tempo, consentono il feedback.
Operare secondo questi principi significa essere in un “processo senza fine” di miglioramento
continuo in cui “nulla o nessuno” dovrebbe essere lasciato fuori, e costituisce il pezzo centrale
dell’Organizzazione basato sulla “SODDISFAZIONE DEL CLIENTE”.
Punti forti e punti deboli nel processo avviato a gautena
Punti forti
1) L’identificazione pura dell’obiettivo.
2) Applicazione di metodi standard della Qualità alle nostre Organizzazioni.
3) Importanza di un consulente specializzato esterno.
4) Feedback sistematico sia dallo staff che dalle famiglie.
1) In primo luogo, si potrebbe dire che l’identificazione dell’obiettivo costituisce in se stesso un
aspetto molto positivo nella vita di un’organizzazione di questa natura, poiché essa implica
dinamica e volontà a migliorare. L’idea centrale che ci sprona è che noi eroghiamo un servizio
per il disabile e la sua famiglia ed è con questo in mente che utilizziamo la nostra energia per
migliorare, e questo, di per sé, è una questione importante da sottolineare.
2) In secondo luogo, riconoscere che le entità, che sono rivolte all’attenzione del disabile, non
sono essenzialmente differenti da un’altra entità che eroga dei servizi alle persone, e che,
perciò, sono applicabili gli stessi metodi di Qualità.
3) Dall’altra parte, riconosciamo che è necessaria una consulenza esterna delle caratteristiche
specialistiche. Dal nostro punto di vista, questo è un altro fattore che offre delle garanzie
nel processo intrapreso a GAUTENA.
4) Un altro aspetto positivo di questo processo è la quantità di feedback sistematico delle
opinioni e delle osservazioni riportato sia dallo staff che dalle famiglie.
Punti deboli
1) Metodi “strani”, sconosciuti, non familiari allo staff e ai clienti.
2) Limitazioni di tempo, pressione delle richieste giornaliere.
62
3) Paura di essere “impantanati nelle carte”. Rimedio “attenersi al fondamentale” e “non
caricare troppo”.
4) Riluttanza al cambiamento
1) Forse il principale “punto debole” nell’impiantare le metodologie della Gestione della Qualità
(Management of Quality) a GAUTENA, riconosciuto in questo momento, è il fatto che queste
sono considerate “strane” e “irrilevanti” nel lavoro giornaliero nei servizi, a causa dei metodi non
familiari. In questo senso, grazie alla nostra esperienza ci permettiamo di raccomandare che
prima di installare un piano di tale natura, è importante che sia le famiglie che lo staff siano
informati e istruiti riguardo la filosofia e la metodologia del Sistema di Qualità da applicare,
2) Un altro aspetto, che non è stato risolto troppo bene a GAUTENA, è stata la richiesta di
tempo e di ritmi di lavoro che l’impianto del Piano richiede. Per fare questo nello stesso tempo di
altri impegni è qualcosa che non risulta certamente facile. Un modo per risolvere questo
potrebbe essere l’entusiasmo e l’auto motivazione. Nonostante ciò, questi stimoli sono difficili da
conseguire.
3) Un altro indietreggiamento a tutte queste iniziative, che fortunatamente è stato sopraffatto,
è stato il sentimento di “impantanati nelle carte ”. Rispetto a ciò, la nostra esperienza ci ha
insegnato ad “attenersi al fondamentale” e non caricare troppo.
4) Tutti i processi che implicano l’introduzione di cambiamenti, si scontrano con delle resistenze.
Anche noi ci siamo scontrati con esse, ad ogni modo possiamo affermare che più avanzavamo
nel programma, più debole diveniva la resistenza. Complessivamente, è stata, senza dubbio,
un’esperienza positiva.
Sommario e conclusioni
La Qualità del servizio alle persone con autismo e alle loro famiglie è una ragione autentica
dell’esistenza della nostra Organizzazione. A GAUTENA, con la nostra specifica conoscenza nel
campo dell'Autismo, abbiamo deciso di applicare una metodologia di Assicurazione della Qualità,
in cui lo stimolo è stato la volontà di migliorare il nostro lavoro.
Con l’aiuto di un consulente esterno specializzato – Arthur Andersen Business Consulting -,
abbiamo progettato e applicato un sistema di Assicurazione della Qualità.
Ciò significa un grande passo in avanti nel nostro lavoro, e più incorporiamo i sistemi di controllo,
di revisione e di aggiornamento, più siamo convinti che ciò servirà ad incanalare le energie future
per migliorare la qualità dei nostri servizi.
In questo processo permanente, seguiamo le linee guida secondo i principi della Qualità Totale,
come è nel Modello Europeo di Gestione (Management) - (E.F.Q.M.).
A GAUTENA abbiamo introdotto la Cultura della Qualità. Ora il nostro scopo è di migliorare giorno
per giorno per essere in grado di offrire il miglior servizio possibile alle persone con Autismo e alle
loro famiglie.
63
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delle false credenze nella comprensione dell’inganno da parte dei bambini, in: Camaioni L.
(1995): La teoria della mente, Laterza, Bari
Zappella, M. (1996): Autismo infantile. Studi sull'affettività e le emozioni, N.I.S., Roma.
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VENERDI’
TRA LAVORO DIAGNOSTICO E IMPEGNO
RIABILITATIVO E EDUCATIVO
− Documento del “NIMH”
− Documento della “National Autistic Society” (NAS)
− Documento dell’ “Autistic Society of America” (ASA)
DOCUMENTO DEL "NATIONAL INSTITUTE OF MENTAL HEALTH"
(NIMH)
Com’è diagnosticato l’autismo?
I genitori sono solitamente i primi a notare comportamenti strani nel loro bambino. In molti casi,
il bimbo sembra “diverso” dai neonati, senza abilità di risposta per le persone e i giocattoli, o
perchè pone intensa attenzione su un oggetto, per lungo tempo. I primi segni di autismo
possono apparire anche in bambini che hanno avuto uno sviluppo precedente normale. Quando
un bambino affettuoso e “chiacchierone” diventa improvvisamente silenzioso, chiuso in se
stesso, violento o autolesionista, qualcosa sta andando per il verso sbagliato.
Possono anche passare degli anni prima che la famiglia cerchi una diagnosi. Amici vicini alla
famiglia e parenti aiutano spesso i genitori ad ignorare il problema con rassicurazioni del tipo:
“Ogni bambino è diverso” o “Janie può parlare, solo non desidera farlo”. Sfortunatamente ciò
ritarda solo l’ottenimento di una valutazione diagnostica e di un trattamento appropriati.
Le procedure diagnostiche
Al giorno d’oggi non esistono test medici, come radiografie od analisi del sangue, per scoprire
l’autismo. E non ci sono due bambini con questo disturbo che si comportano nello stesso modo.
Inoltre diverse condizioni possono causare sintomi che assomigliano a quelli dell’autismo. I
genitori e il pediatra del bambino devono così escludere la possibilità di altri disturbi, come la
perdita dell’udito, i problemi di linguaggio, il ritardo mentale, e i problemi neurologici. Una volta
che queste possibilità sono state eliminate, è necessaria la visita da un professionista
specializzato nell’autismo. Tali specialisti includono persone con il titolo di psichiatri infantili,
psicologi infantili, pediatri dello sviluppo o neurologi infantili.
Gli specialisti dell’autismo usano una gran varietà di metodi per identificare questo disturbo.
Utilizzando una scala di percentuali standardizzate, lo specialista osserva e valuta da vicino, il
linguaggio ed il comportamento sociale del bimbo. Un colloquio strutturato è usato invece per
avere informazioni dai genitori sul comportamento e il primo sviluppo del bambino. Riguardare i
video della famiglia, le fotografie e l’album del piccolo, può aiutare i genitori nel ricordare l’inizio
di ogni comportamento e il raggiungimento di certe tappe fondamentali dello sviluppo del loro
bambino. Gli specialisti possono anche analizzare l’esistenza di problemi genetici e neurologici.
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I medici specialisti considerano anche le altre condizioni che possono produrre molti degli stessi
comportamenti e degli stessi sintomi dell’autismo, come la Sindrome di Rett o il disturbo di
Asperger. La Sindrome di Rett è un disturbo cerebrale progressivo che affligge solo le bambine
ma che, come l’autismo, produce movimenti ripetitivi delle mani e conduce alla perdita del
linguaggio e delle abilità sociali. I bambini con la sindrome di Asperger sono invece davvero simili
ai bambini con autismo ad alto funzionamento. Sebbene abbiano comportamenti ripetitivi,
problemi sociali gravi e movimenti goffi, il loro linguaggio e la loro intelligenza sono solitamente
intatti. Diversamente dall’autismo, i sintomi del disordine di Asperger appaiono solitamente nella
tarda infanzia.
I criteri diagnostici
Dopo aver ottenuto i risultati delle osservazioni e dei test, gli specialisti fanno una diagnosi di
autismo solo se vi è chiara evidenza di:
- - Relazioni sociali povere o limitate;
−
Abilità di comunicazione sottosviluppate;
− Comportamenti, interessi ed attività ripetitivi.
Le persone autistiche hanno solitamente compromissioni qualitative in ognuna di queste
categorie, sebbene la severità di ogni sintomo, possa invece variare. I criteri diagnostici
richiedono che questi sintomi compaiano entro i 3 anni.
Alcuni specialisti sono reclutanti a fornire una diagnosi di autismo. La loro paura è di far perdere
la speranza ai genitori. Utilizzano allora termini più generici che descrivono semplicemente i
comportamenti del bambino od i suoi deficit sensori. “Disturbi gravi della comunicazione con
comportamenti simili all’autismo”, “disturbo del sistema multi-sensorio” e “disfunzione
dell’integrazione sensoria” sono solo alcuni dei termini che vengono usati. Bambini con sintomi
lievi o con pochi sintomi di autismo, sono spesso diagnosticati come aventi il Disturbo pervasivo
dello sviluppo (PDD).
Sebbene termini come disturbo di Asperger o PDD, non cambino significativamente le opzioni di
trattamento, essi possono impedire al bambino di ricevere la totalità dei servizi disponibili per gli
individui diagnosticati con autismo. Possono inoltre dare ai genitori la falsa speranza che i
problemi del loro bambino siano solo temporanei.
Cosa causa l’autismo?
E’ generalmente accettato che l’autismo è causato da anormalità nelle strutture o nelle funzioni
cerebrali. Usando nuovi strumenti di ricerca per studiare la crescita del cervello umano e
animale, gli scienziati stanno scoprendo nuove informazioni sullo sviluppo normale e su come si
strutturano le anormalità.
Il cervello del feto si sviluppa durante la gravidanza. Partendo da poche cellule, che crescono e
si dividono, alla fine il cervello contiene miliardi di cellule specializzate, chiamate neuroni. Le
ricerche sponsorizzate dal NIHM e da altre componenti del National Institutes of Health, stanno
giocando un ruolo importante nel mostrare come le cellule trovino la loro specifica via verso una
particolare area del cervello, ed assumano funzioni speciali. Una volta nel proprio posto, ogni
neurone emette lunghe fibre che si uniscono agli altri neuroni. In questo modo sono stabilite
linee di comunicazione fra le diverse aree del cervello e fra il cervello e il resto del corpo. Ogni
neurone riceve così segnali che rilasciano sostanze chimiche chiamate neurotrasmettitori, che
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passano il segnale al neurone vicino. Alla nascita, il cervello è evoluto in un organo complesso
con regioni e sotto-regioni diverse, ognuna con una precisa gamma di funzioni e responsabilità.
Le diverse parti del cervello hanno diverse funzioni:
−
L’ippocampo rende possibile ricordare eperienze recenti e informazioni nuove;
−
L’amigdala dirige le nostre risposte emotive;
−
I lobi frontali permettono di risolvere
problemi, fare piani futuri, capire il
comportamento degli altri, e frenare gli impulsi:
−
Le aree parietali controllano l’udito, l’eloquio e il linguaggio;
−
Il cerebellum regola il bilanciamento, i movimenti del corpo, la coordinazione e i
muscoli usati per parlare;
−
Il corpo calloso passa le informazioni da una parte del cervello ad un’altra.
Ma la crescita del cervello non si ferma alla nascita. Il cervello continua a cambiare durante i
primi anni di vita, ed appena vengono attivati nuovi neurotrasmettitori, si stabiliscono linee
aggiuntive di comunicazione. La rete neuronale forma e crea così, le basi per elaborare il
linguaggio, le emozioni ed il pensiero.
Ora gli scienziati sanno che un numero notevole di problemi può infierire sullo sviluppo normale
del cervello. Le cellule possono stabilirsi nel posto sbagliato del cervello. Oppure, a causa di
problemi con la rete neurale o con i neurotrasmettitori, alcune parti della rete comunicativa
possono fallire nel loro compito. Un problema nella rete comunicativa può interferire con
l’obiettivo più generale del coordinamento delle informazioni sensorie, del pensiero, dei sentimenti
e delle azioni.
Le ricerche supportate dal NIMH e da altri Istituti del NIH, stanno analizzando in dettaglio le
strutture e le funzioni del cervello, per individuare in cosa il cervello di un individuo autistico
differisce da un cervello normale. Alcuni ricercatori stanno indagando sui difetti potenziali che
sopravvengono durante lo sviluppo iniziale del cervello. Altri, stanno invece cercando le anomalie
nei cervelli di persone già diagnosticate come autistiche.
Gli scienziati stanno inoltre cercando le anormalità nelle strutture cerebrali che costruiscono il
sistema limbico. Nel sistema limbico vi è un’area chiamata amigdala, conosciuta come capace di
regolare gli aspetti del comportamento sociale ed emotivo. Uno studio sui bambini autistici ad
alto funzionamento, ha evidenziato che la loro amigdala presentava sì delle menomazioni
qualitative ma che un’altra area del cervello, l’ippocampo, non le presentava affatto. In un altro
studio gli scienziati seguirono il comportamento di alcune scimmie con amigdala distrutta dalla
nascita. Man mano che crescevano, come i bambini autistici, le scimmie diventavano sempre più
chiuse in se stesse e manifestavano la tendenza ad evitare i contatti sociali.
Sono state anche esplorate le differenze nei neurotrasmettitori, i messaggeri chimici del sistema
nervoso. Per esempio sono stati trovati, in molti individui autistici, alti livelli del
neurotrasmettitore della serotonina . Dato che i neurotrasmettitori sono i responsabili del
passaggio degli impulsi nervosi nel cervello e nel sistema nervoso, è possibile che essi siano
coinvolti nella distorsione delle sensazioni che accompagnano l’autismo.
Gli studi del NIMH stanno esplorando anche le differenze nel funzionamento cerebrale completo,
usando una tecnologia chiamata Risonanza magnetica (MRI) con lo scopo di identificare quali
parti del cervello vengono usate durante obiettivi mentali specifici. In uno studio di adolescenti, i
ricercatori dell’NIHM hanno osservato che durante il raggiungimento di obiettivi, includenti la
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risoluzione di problemi (problem-solving) e il linguaggio, i ragazzi con autismo non ottenevano
successi minori rispetto ai loro compagni senza autismo, ma le immagini dell’MRI dei loro cervelli,
mostravano minor attività. In uno studio sui bambini piccoli, i ricercatori osservarono bassi livelli
di attività nelle aree parietali e nel corpo calloso. Tali ricerche possono aiutare gli scienziati a
determinare se l’autismo riflette un problema in aree specifiche del cervello, o nella trasmissione
di segnali da una parte del cervello ad un’altra.
Ognuna di queste differenze è stata vista in alcune, ma non in tutte, le persone autistiche, che
sono state testate. Cosa significa ciò? Forse che il termine autismo copre diversi tipi di disturbi,
ognuno dei quali è causato da un diverso problema cerebrale? O forse che le varie differenze
cerebrali sono esse stesse causate da un solo disordine sottostante, non ancora identificato
dagli scienziati? Scoprire le basi fisiologiche dell’autismo potrebbe, un giorno, permetterci di
identificarlo meglio, di trattarlo e possibilmente di prevenirlo.
I fattori che influiscono sullo sviluppo cerebrale
Ma cosa determina uno sviluppo sbagliato del cervello? Alcuni ricercatori del NIMH stanno
indagando sulle cause genetiche, sul ruolo che giocano l’ereditarietà ed i geni nel passare il
disturbo da una generazione ad un’altra. Altri stanno studiando invece, cause patologiche
relative alla gravidanza ed a altri fattori.
L’ereditarietà: Molti studi sui gemelli suggeriscono che l’autismo, o almeno una più alta
possibilità di disfunzioni cerebrali, possa essere ereditario. Per esempio, i gemelli monozigoti
hanno possibilità maggiori rispetto ai gemelli eterozigoti di avere entrambi autismo. Ciò perché i
fratelli eterozigoti si sviluppano da due ovuli separati, mentre quelli monozigoti da un singolo
ovulo ed hanno allora lo stesso identico corredo genetico.
Sembra che i genitori di un bambino autistico abbiano un rischio lievemente maggiore di avere un
altro bambino autistico. Ciò suggerisce un collegamento genetico. Ma l’autismo non pare dovuto
ad un gene particolare. Se l’autismo, come il colore degli occhi, si trasmettesse lungo un singolo
gene, il disturbo sarebbe ereditato da più membri famigliari.
Le ricerche del NIHM usando tecniche sulle unioni dei geni, stanno ora cercando segmenti
irregolari di codice genetico che i membri autistici della famiglia possono aver ereditato.
Alcuni scienziati credono infatti che sia ereditato un segmento irregolare di codice genetico o un
gruppetto di 3-6 geni instabili. In molte persone il codice sbagliato può causare solo piccoli
problemi. Ma sotto certe condizioni, i geni instabili possono interagire ed interferire in modo serio
con lo sviluppo del cervello del feto.
Un organo del NIMH che sostiene la ricerca, sta cercando conferme a questa teoria. Uno studio
sta esplorando se i genitori ed i fratellini senza autismo mostrino sintomi minori, come lievi
problemi sociali, linguistici o inerenti la lettura. Se così fosse i risultati potrebbero suggerire che
diversi membri della famiglia possono ereditare i geni irregolari o instabili, ma anche che devono
essere presenti condizioni tutt’ora non identificate per permettere al disturbo di manifestarsi
pienamente.
Gravidanza ed altri problemi: Durante la gravidanza il cervello del feto diviene più grande e più
complesso con il formarsi di nuove cellule, di regioni specializzate e di reti comunicative. In
questo periodo ogni cosa che disturba lo sviluppo cerebrale normale, può avere effetti a lungo
termine sulle funzioni sensorie, linguistiche, sociali e mentali di un bambino.
Per questo motivo, i ricercatori stanno esplorando se certe condizioni, come lo stato di salute
della madre durante la gravidanza, i problemi legati al parto, o altri fattori ambientali, possano
interferire con lo sviluppo normale del cervello. Infezioni virali come la rosolia, specie durante i
70
primi tre mesi di gravidanza, possono portare a tutta una serie di problemi, inclusi l’autismo ed il
ritardo mentale. Il rischio di autismo è anche aumentato dalla mancanza di ossigeno sofferta dal
bambino o da altre complicazioni occorrenti durante il parto. Non vi sono comunque collegamenti
chiari. Fattori di questo tipo si verificano durante la nascita di mo lti bambini che non sono
autistici e d’altro canto, molti bambini autistici sono nati senza complicazioni alcune.
Ci sono dei disturbi correlati?
L’autismo è comunemente accompagnato da molti altri disturbi. In molti ambiti, essi possono
essere causati da un comune problema sottostante il funzionamento cerebrale.
Il ritardo mentale
Fra i problemi correlati all’autismo, il ritardo mentale è quello più comune. Il 75-80% delle
persone autistiche sono, in un qualche grado, mentalmente ritardate.
Il 15-20% sono
considerate gravemente ritardate, con Q.I. inferiore a 35 (un punteggio di 100 rappresenta
un’intelligenza media). Ma all’autismo non corrisponde necessariamnte una menomazione
mentale. Più del 10 % delle persone autistiche ha un Q.I. medio o superiore alla media. Poche
persone mostrano un’intelligenza eccezionale.
Interpretare i punteggi del Q.I. è difficile, in quanto molti dei test di intelligenza non sono
designati per le persone autistiche. Gli individui autistici non percepiscono la relazione con
l’ambiente nel modo tipico. Quando sottoposte a test, alcune aree di abilità sono normali o
addirittura sopra la media, mentre altre aree possono mostrarsi estremamente deboli. Per
esempio, un bambino autistico può avere risultati molto buoni nella parte del test che misura le
abilità visive, ma guadagnare punteggi bassi nel sottotest linguistico.
Crisi epilettiche
Circa un terzo dei bambini autistici sviluppa crisi epilettiche che iniziano nella prima infanzia o
nell’adolescenza. I ricercatori stanno cercando di scoprire se c’è una relazione significativa fra
queste ed il momento della loro strutturazione, dato che le crisi appaiono spesso quando certi
neurotrasmettitori diventano attivi.
Siccome le crisi epilettiche vanno da brevi blackout a convulsioni dell’intero corpo, un
elettroencefalogramma (EEG) può aiutare a confermare la loro reale presenza.
In molti casi, fortunatamente, le crisi epilettiche possono essere controllate con cure mediche.
X Fragile
La sindrome da X Fragile è un disturbo trovato in circa il 10% delle persone autistiche,
prevalentemente negli individui di sesso maschile. Questo disturbo ereditario deve il suo nome
ad un pezzo del cromosoma X che è imperfetto, ed appare stentato e fragile se osservato al
microscopio.
Le persone che ereditano questo pezzo di codice genetico imperfetto sono più facilmente
soggette a ritardo mentale, a molti degli stessi sintomi dell’autismo, e a tratti fisici inusuali che
non sono invece, tipici dell’autismo.
Sclerosi Tuberosa
Ci sono anche alcune relazioni fra l’autismo e la Tuberous Sclerosis, una condizione genetica che
causa crescita anormale dei tessuti cerebrali e problemi in altri organi. Sebbene la Tuberous
Sclerosis sia un disturbo raro, che si verifica in meno di una nascita ogni 10.000, circa un quarto
di coloro che ne sono affetti, sono anche autistici.
71
Gli scienziati stanno esplorando le condizioni genetiche, come la sindrome da X Fragile e la
Tuberous Sclerosis, per vedere perché esse coincidono così spesso, con l’autismo. Capire
esattamente come queste condizioni influenzano lo sviluppo cerebrale normale, può farci
comprendere i meccanismi biologici e genetici dell’autismo.
Cercare aiuto e speranza
Paul
L’adolescenza fu un buon periodo per Paul. Parve rilassarsi e diventare più socievole. Divenne
più affettuoso. Se avvicinato, conversava con le persone. Per diversi mesi furono usate
medicine per aiutarlo a controllare la sua aggressività, ma vennero sospese in quanto fornivano
effetti collaterali indesiderati. Anche così, raramente scagliava o rompeva oggetti.
Due anni fa i genitori di Paul decisero di avvantaggiarsi delle nuove scoperte mediche
sull’autismo, e lo iscrissero ad un programma innovativo che fornisce supporto a tempo pieno,
dandogli la possibilità di vivere e lavorare all’interno della comunità. Oggi, a 20 anni, ha un lavoro
sottoposto a stretto controllo, in cui assembla pezzi per una società editoriale. Vive in un
bell’appartamento con un altro uomo autistico e un supervisore. Paul ama i picnic e le
passeggiate alla biblioteca per controllare libri e cassette. Gli piace anche andare a casa ogni
settimana per visitare la sua famiglia. Ma chiede ancora costanza ed ordine. Appena arriva a
casa, sposta ogni mobile ed ogni oggetto nella posizione a lui famigliare.
Alan
L’estate in cui Alan ebbe sei anni, dopo un lungo periodo senza apparenti progressi, iniziò a
parlare. Sebbene rovesciasse i significati dei pronomi, iniziò a produrre frasi che gli altri potevano
capire.
Ora, a 13 anni, ha perso la sua costante ossessione per le luci, ritornando a quest’attività solo
quando si sente stressato. Si nasconde spesso sotto una grande pila di cuscini che pare
rilassarlo e confortarlo. Le sue crisi di rabbia capitano più raramente, ma dato che è più grande,
reagisce con maggior forza. Tuttora quando perde il controllo continua a dare calci, colpi e
pugni. Una volta al centro commerciale ebbe un attacco di collera così forte che sua madre per
controllarlo dovette tenerlo fermo a terra.
Nello stesso tempo, ha compiuto con successo il passaggio alla scuola superiore e sta imparando
più velocemente che in passato. Pare più cosciente di ciò che lo circonda e si ricorda delle
persone. Non gioca ancora con gli altri bambini, ma spesso si siede e li guarda dalla finestra.
Come se sapesse di essere diverso. Pare anche più cosciente delle proprie emozioni e, alle volte
dice sommessamente, “Sei triste”.
Janie
Oggi, a 4 anni, Janie frequenta un programma intensivo con il quale viene istruita a casa da sua
madre e da altri specialisti. Sta iniziando a mo strare progressi reali. Adesso sostiene lo sguardo
diretto ed ha iniziato a parlare. Può chiedere le cose, con il risultato che pare più felice, meno
frustrata e meglio capace di entrare in contatto con gli altri. Ha anche iniziato a mostrare certe
capacità sorprendenti. Può impilare blocchi ed accoppiare oggetti come fosse più grande dei suoi
anni. La sua memoria è sbalorditiva. Sebbene il suo eloquio sia spesso poco chiaro, può recitare
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un intero programma televisivo. I suoi genitori sperano che il prossimo anno possa frequentare
un asilo normale.
C’è ragione per la speranza?
Quando i genitori vengono a sapere di avere un bambino autistico, sperano che il problema
possa sparire magicamente da solo. Non vedono l’ora di avere un bambino e di guardarlo
apprendere e crescere. Invece devono affrontare il fatto che hanno un bambino che forse non
potrà mai dare vita ai loro sogni e che quotidianamente sfiderà la loro pazienza. Alcune famiglie
negano il problema e fantasticano su una cura istantaneamente miracolosa. Portano il bambino
da uno specialista all’altro, sperando in una diagnosi diversa. E’ importante invece per la famiglia
superare finalmente il dolore ed aver contatti con il problema, mentre ancora sperano per il
futuro del loro bambino. Molte famiglie capiscono che la loro vita può andare avanti.
Le persone autistiche, oggi più che in passato, possono essere aiutate. Una combinazione di
interventi precoci, educazione mirata, supporto famigliare e in alcuni casi, supporto
farmacologico, sta aiutando un numero crescente di bambini autistici a vivere una vita più
normale.
Interventi specifici e programmi educativi possono espandere la loro capacità di apprendimento,
di comunicazione e di relazione mentre riducono la gravità e la frequenza dei comportamenti più
distruttivi.
Un aiuto farmacologico può essere usato per alleviare certi sintomi. I bambini più grandi e gli
adulti, come Paul, possono anche beneficiare di trattamenti particolari. Così, mentre non è
ancora possibile guarire dalla malattia, è possibile migliorare notevolmente la vita giornaliera dei
bambini e degli adulti autistici.
Oggi, un bambino che riceve terapie ed educazioni efficaci, ha ogni speranza di usare tutte le
sue potenzialità di apprendimento. Addirittura alcuni bambini con ritardi me ntali gravi, possono
spesso sviluppare al massimo le abilità di auto-aiuto, come cucinare, vestirsi, fare la lavatrice, e
maneggiare il denaro. Per questi bambini, una maggior indipendenza unita alla cura di se stessi,
può rappresentare la loro conquista principale. Altri giovani possono imparare abilità scolastiche
di base, come leggere, scrivere e contare. Alcuni finiscono le scuole superiori. Altri, come
Temple Grandin, possono addirittura ottenere una laurea. Come in tutti noi, i loro interessi
personali forniscono grandi incentivi ad imparare. Un fattore chiaramente importante nello
sviluppo a lungo termine del potenziale del bambino per l’indipendenza ed il successo, è
l’intervento precoce. Quanto prima un bambino inizia a ricevere aiuto, tanto più avrà
l’opportunità di imparare. Dato che il cervello del bambino è ancora in formazione, gli scienziati
credono inoltre, che gli interventi precoci diano al bambino la miglior chanche possibile per
sviluppare il loro potenziale personale.
Ma non importa quando il bambino viene diagnosticato come autistico, non è mai troppo tardi
per iniziare un trattamento.
Possono essere migliorate le abilità sociali ed il comportamento?
Da quando l’autismo è stato identificato, si è evoluto un gran numero di approcci diversi di
intervento. Alcuni programmi terapeutici si indirizzano allo sviluppo di abilità e alla sostituzione
dei comportamenti disfunzionali con altri più appropriati. Altri si indirizzano invece verso il creare
un ambiente di apprendimento stimolante tagliato sui bisogni unici dei bambini autistici.
I ricercatori hanno iniziato ad identificare i fattori che rendono certi programmi di trattamento
più efficaci nel ridurre –o nel modificare- le limitazioni imposte dall’autismo. I programmi di
73
trattamento che sembrano produrre i migliori risultati sono quelli che attivano gli interessi del
bambino, offrono un progetto prevedibile, indicano gli obiettivi da raggiungere attraverso una
serie di semplici gradini, occupano l’attenzione del bambino in attività altamente strutturate e
forniscono un rinforzo regolare del comportamento.
Come uno dei maggiori fattori di successo, è emerso anche il coinvolgimento dei genitori. I
genitori lavorano con gli insegnanti ed i terapeuti per identificare i comportamenti da cambiare e
le abilità da insegnare. Riconoscendo che i genitori sono i primi maestri dei bambini, sempre più
programmi iniziano ad istruirli affinché essi possano continuare la terapia a casa. La ricerca sta
iniziando ad evidenziare che i padri e le madri istruiti per lavorare con il bambino, riescono ad
ottenere gli stessi effetti positivi degli insegnanti e dei terapeuti professionali.
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DOCUMENTO DELLA “National Autistic Society”
La precisa o le precise cause dell'autismo non sono state ancora pienamente identificate anche
se laricerca sat continuando a tutto campo. Ciò che emerge dalla ricerca è che l'autismo può
essere causato da diverse condizioni che colpiscono lo sviluppo del cervello e che sopragiungono
prima, durante o dopo la nascita. Comprendono, ad esemp io, la rosolia, la Sclerosi Tuberosa, la
carenza di ossigeno alla nascita e le complicazioni delle malattie infantili come la pertosse e il
morbillo. Gli studi sui gemelli ipotizzano una relazione genetica nell'autismo, ma i siti dei geni
coinvolti non sono stati ancora identificati, questa è una domanda che tutti fanno. Purtroppo è
anche una delle più difficili risposte perché i pattern di comportamento attraverso cui l'autismo è
diagnosticato, possononon risultare da un'unica causa. C'è, comunque, una forte evidenza che
lì'autismo possa essere determinato da una varietà di cause fisiche tutte le quali colpiuscono lo
sviluppo del cervello. Non è dovuto a problemi emozionali o a deprivazione emotiva. Colpisce 4
volte maggiormente i bambini piuttosto che le bambine, e non ha barriere di classe o di razza.
L'importanza di una diagnosi precoce
È cruciale che un disturbo dello spettro autistico sia riconosciuto precocemente, per permettere
il più efficace intervento e la gestione della situazione. La diagnosi dell'intervento precoce è
altresì essenziale per assicurare alle famiglie e algi operatori l'accesso ai servizi appropriati e al
sostegno dei professionisti. Sicuramente ci sono segni che devono essere riconosciuti. Nella
maggioranza dei casi, la Triade delle compromissioni compare nei primi 2/3 anni di vita, mentre ci
sono spesso segnali di problemi nello sviluppo già durante il primo anno. Comunque, siccome i
disordini dello spettro autistico sono complessi, è facile non accorgersi di segni importanti.
Sebbene le caratteristiche dell'autismo siano generalmente evidenti nei primi anni di vita, la
situazione può essere non evidenziata per molti anni specialmente in quelli che sono di più alto
livello dove i segni possono essere meno evidenti.
Quando io fui diagnosticato essere affetta da Sindrome di Asperger un anno fa, questo mi portò
una sensazione di sollievo insieme ad un profondo senso di sofferenza per i 25 anni persi. Prima
che io fossi diagnosticato, non ricevetti nesssun aiuto a causa della mancanza di conoscenza e
di comprensione delle mie difficoltà. Questa è una delle ragioni perché è vitale che una diagnosi
di autismo o di Sindrome di Asperger sia fatta il prima possibile. A cinque anni, una persona ha
un potenziale molto più alto di migliorare di una di 25.
Le persone che sono ai livelli più alti dello spettro autistico, sono spesso consapevioli di essere
differenti dalle altrepersone e di avere difficoltà nel costruire e mantenere relazioni; se non sono
diagnosticati, il loro comportamento può apparire strano che può condurre a comportamenti
aggressivi o provocatori a scuola. La depressione perciò, può essere una conseguenza quando le
persone diventano adulte.
75
DOCUMENTO DELL’ “Autistic Society of America” (ASA)
Cause
Ricercatori di tutto il mondo hanno dedicato considerevole tempo ed energie per scoprire la
risposta a questa critica domanda. Ricercatori medici stanno esplorando diverse spiegazioni per
le varie forme di autismo. Sebbene una singola e specifica causa di autismo non è conosciuta le
attuali ricerche correlano l'autismo a differenze biologiche o neurologiche del cervello. In molte
famiglie, compare un pattern di autismo o di disabilità correlate che fa supporre esserci una base
genetica al disturbo, sebbene a tutt'oggi nessun gene è stato direttamente collegato
all'autismo. La base genetica è ritenuta dai ricercatori essere di alta complessità, probabilmente
coinvolgente numerosi geni in combinazione. Numerose passate teorie circa le cause dell'autismo
sono state dimostrate essere false. L'autismo non è una malattia mentale. I bambini con
autismo non sono ragazzini senza regole che scelgono di non averne. L'autismo non è
determinato da cattive cure genitoriali. Per di più nessun fattore psicologico conosciuto nello
sviluppo del bambino è stato dimostrato causare autismo.
Diagnosi
Non ci sono test medici per diagnosticare l'autismo. Una diagnosi accurata deve essere basata
sull'osservazione della comunicazione, comportamento dell'individuo, e sui livelli di sviluppo.
Comunque, siccome molti dei comportamenti associati all'aurtismo sono comuni ad altri disturbi
vari test medici devono essere indicati per escludere o identificare altre cause possibili dei
sintomi manifestati.
Poiché le caratteristiche del disturbo variano così tanto, idealmentye un bambino dovrebbe
essere valutato da un gruppo multidisciplinare che include neurologi, psicologi, pediatri dello
sviluppo terapisti del linguaggio, esperti dell'apprendimento o altri professionisti competenti
sull'autismo. La diagnosi piuò risultare difficile per un medico generico con una limitata
conoscenza o esperienza in campo di autismo. Qualche volta l'autismo non è stato diagnosticato
da esperti professionisti. Difficoltà nel riconoscere e conoscere l'autismo spesso conduce a una
carenza di servizi per i complessi bisogni degli individui con autismo.
Una breve osservazione in un singolo ambiente non può rappresentare il quadro vero delle abilità
e dei comportamenti di un individuo. Le segnalazioni dei genitori e degli altri operatori che
conoscono la persona nnonchéla storia dello sviluppo sono componenti importantissimi per fare
una diagnosi accurata. A un primo sguardo, alcune persone con autismo possono sembrare con
un ritardio mentale, un disordine del comportamento, con problemi di udito, o anche con un
comportamento strano ed eccentrico. A complicare ulteriormente i problemi, queste condizioni,
possono convivere con l'autismo. Comunque, è importante distinguere l'ìautismo dalle altre
condizioni, poichè una diagnosi accurata e una precoce identificazione possono costituire le basi
per costruire un appropriato ed efficace programma educativo e di trattamento. Qualche volta
professionisti che non conoscono i bisogni e le opportunità per un intervento precoce
nell'autismo non effettuano una diagnosi di autismo anche se questa è appropriata. Questa
esitazione può essere dovuta a un desiderio di risparmiare la famiglia. Purtroppo questo può
condurre anche al fallimento di fornire appropriati servizi al bambino.
76
NAVIGANDO TRA I PROGETTI EDUCATIVI E I
TRATTAMENTI!
− Sito del “NIMH”
− Sito della “National Autistic Society”
SITO DEL “NIMH”
Gli approcci che favoriscono lo sviluppo
Gli specialisti hanno scoperto che molti bambini autistici imparano meglio se inseriti in un
ambiente costruito intorno alle loro abilità ed ai loro interessi, ed al tentativo di soddisfare i loro
bisogni particolari. I programmi che utilizzano un approccio che favorisce lo sviluppo, forniscono
consistenza e strutture insieme ad appropriati livelli di stimolazione. Per esempio, un programma
giornaliero strutturato di attività, aiuta i bambini autistici a pianificare e organizzare le loro
esperienze. L’usare un’area diversa della classe per ogni attività aiuta gli studenti a conoscere
cosa faranno. Per quelli con problemi sensori, possono essere di speciale aiuto le attività che
sensibilizzano o de-sensibilizzano, il bambino da certi tipi di stimolazione.
In una classe dell’asilo, una sessione tipica inizia con l’attività fisica che aiuta a sviluppare
l’equilibrio, la coordinazione e la coscienza corporea. I bambini infilano le perline, compongono
puzzles, dipingono e partecipano ad altre attività strutturate. Nel momento della merenda,
l’insegnante incoraggia l’interazione sociale e mostra come usare il linguaggio per chiedere altro
succo di frutta. Successivamente, l’insegnante stimola il gioco creativo spingendo i bambini a
far finta di essere un treno. Come in ogni classe, i bambini imparano facendo.
Sebbene i bambini ad alto funzionamento possano essere capaci di cavarsela con il lavoro
scolastico, a volte hanno bisogno di aiuto nell’organizzare gli obiettivi e nell’evitare distrazioni.
Ad uno studente autistico possono essere assegnati gli stessi problemi dei suoi compagni di
scuola. Ma invece di assegnargli lo studio di molte pagine del libro di testo, l’insegnante
dovrebbe assegnargli una pagina alla volta, o fare una lista di obiettivi specifici, facile da
controllare quando ognuno di questi viene eseguito.
Gli approcci comportamentali
Quando le persone sono ricompensate per un certo comportamento, è probabile che ripetano o
continuino quello specifico comportamento. Gli approcci comportamentali dell’istruzione, sono
basati su questo principio. Se i bambini autistici sono premiati ogni volta che provano a compiere
una nuova abilità, è probabile che mettano in atto lo stesso comportamento più spesso. Con
pratica sufficiente possono infine acquisire la nuova abilità. Per esempio, un bimbo ricompensato
ogni volta che guarda il terapeuta può infine imparare gradualmente ad effettuare, di sua
volontà, lo sguardo diretto.
Il dottor O. Ivar Lovaas usò per primo, più di 25 anni fa, i metodi comportamentali con i bambini
autistici. Il suo metodo coinvolge sequenze ripetitive ad alta intensità di tempo, fortemente
strutturate, nelle quali ad un bambino è dato un comando ed un premio ogni volta che risponde
correttamente. Per esempio, nell’insegnare ad un bimbo come sedersi, il terapeuta può
posizionarlo di fronte ad una sedia e dirgli di sedersi. Se il bambino non risponde il terapeuta lo
mette sulla sedia. Una volta seduto, il bambino viene in qualche modo premiato. Un premio può
essere un pezzetto di cioccolata, un sorso di succo di frutta, un abbraccio, o un applauso,
77
qualunque cosa piaccia al bambino. Il processo viene ripetuto molte volte per un periodo di due
ore. Infine il bambino inizia a rispondere senza essere posizionato sulla sedia e siede per periodi
di tempo più lunghi. Imparare a sedersi e a seguire le indicazioni ricevute fornisce al bambino un
fondamento per imparare comportamenti più complessi. Usando quest’approccio fino a 40 ore a
settimana, alcuni bambini possono arrivare fino al punto di comportarsi quasi normalmente. Altri
forniscono molte meno risposte a questo tipo di trattamento.
Alcuni ricercatori e terapeuti credono che trattamenti meno intensivi, particolarmente quelli
iniziati precocemente nella vita del bambino, possono essere più efficienti ed efficaci. Così, con
il passare degli anni, i ricercatori sponsorizzati dall’NIMH e da altre agenzie, hanno continuato a
studiare e modificare l’approccio comportamentale. Oggi alcuni di questi programmi di
trattamento comportamentale, sono molto individualizzati e costruiti attorno agli interessi e alle
capacità propri del bambino. Molti programmi coinvolgono nell’insegnamento i genitori o altri
bambini non autistici. Le istruzioni non sono più limitate ad un ambiente controllato, ma prendono
posto nei settings naturali, giornalieri. Così una uscita al supermarket può diventare
un’opportunità per praticare l’uso di parole inerenti le dimensioni e le forme. Sebbene il rinforzo
del comportamento sia ancora un elemento chiave, i premi dati sono appropriati alle situazioni.
Un bambino che attua lo sguardo diretto può venir ricompensato con un sorriso, piuttosto che
con una caramella. L’NIHM sta cercando diversi approcci di trattamenti comportamentali per
aiutare a determinare il miglior tempo per iniziare il trattamento, l’ottimizzazione della durata e
dell’intensità di questo, e il metodo di ricerca più efficace per approcciare sia i bambini ad alto,
che quelli a basso, funzionamento.
Gli approcci non standardizzati
Nel tentare di fare ogni cosa possibile per aiutare i loro bambini, molti genitori, sono veloci nel
provare nuovi trattamenti. Alcuni di questi sono sviluppati da terapeuti attendibili e altri da
genitori di bambini autistici, ma quando sottoposti a tests scientifici non viene provato siano di
alcuna utilità. Prima di spendere tempo e denaro e magari anche ritardare i progressi del
bambino, la famiglia dovrebbe parlare con esperti e valutare i risultati con critici obiettivi.
Di seguito ci sono alcuni degli approcci che non si sono dimostrati utili, nel trattare la
maggioranza dei bambini autistici:
- Comunicazione facilitata, presume che fornire supporto alle braccia e
alle dita dei bambini non verbali, affinché scrivano usando una tastiera,
renda loro in grado di esprimere i pensieri più interiori. Molti studi
scientifici hanno dimostrato che i messaggi stampati riflettevano, in
verità, i pensieri delle persone che provvedevano al supporto del
bambino.
− Terapia dell’abbraccio,13 nella quale i genitori abbracciano il bambino
per lunghi periodi di tempo, anche se egli oppone resistenza. Coloro
che usano questa tecnica affermano che in questo modo si crea un
legame fra il genitore ed il bambino. Alcuni rivendicano il fatto che
questa terapia aiuta a stimolare certe parti del cervello in quanto il
bambino percepisce i limiti del proprio corpo. Questi presupposti non
hanno però alcuna conferma scientifica.
13
Holding Therapy
78
− Istruzione dell’Integrazione Uditiva, con la quale il bambino ascolta
una gran varietà di suoni con l’obiettivo di aumentare la comprensione
linguistica. I sostenitori di questo metodo sostengono che aiuta le
persone autistiche a ricevere, dall’ambiente, imput sensori più
bilanciati. Quando testato usando procedure scientifiche, questo
metodo non si è dimostrato più valido dell’ascoltare musica.
− Metodo Doman/Delicato, nel quale le persone vengono messe nella
condizione di camminare a quattro zampe e di muoversi, come avevano
fatto negli stadi del primo sviluppo, nel tentativo di imparare ora le
abilità mancanti. Anche questa volta non esistono prove scientifiche
della validità del metodo.
E’ di importanza cruciale che i genitori, prima di inserire il bambino in un qualunque programma di
trattamento, ottengano, su questo, informazioni affidabili e obiettive. I programmi che non sono
basati su principi validamente fondati e che non sono testati attraverso solide ricerche, possono
fare più male che bene. Possono rendere il bambino ancor più frustrato e causare alla famiglia
perdita di denaro, tempo e speranza.
Scegliere un programma di trattamento
I genitori sono spesso delusi dall’apprendere che non esiste un miglior metodo di trattamento in
assoluto per i bambini autistici e, probabilmente neanche per un singolo bambino.
Anche dopo che un bambino è stato sottoposto a tests e diagnosticato, non esiste un solo
corso d’azione chiaro, “giusto”. Il team diagnostico può suggerire metodi di trattamento e
fornitori di servizi, ma in ultima analisi, sono i genitori che devono considerare i bisogni unici del
bambino, valutare le diverse opzioni e decidere.
I genitori devono soprattutto considerare le loro sensazioni su ciò che funzionerà con il loro
bambino. Tenendo in mente che l’autismo assume molte forme, i genitori hanno bisogno di
considerare se un programma specifico ha aiutato bambini che assomigliano al loro.
Alla fine di questo pamphlet c’è una lista di libri e di associazioni che forniscono informazioni più
dettagliate sulle risorse e su ogni tipo di terapia.
79
ESPLORARE LE OPZIONI DI TRATTAMENTO
Forse i genitori possono trovare di una qualche utilità queste domande nel momento in cui
considerano i diversi programmi di trattamento:
− Quale successo ha avuto questo programma con gli altri - Quanti bambini hanno poi trovato posto in una scuola regolare e come
si sono inseriti?
− I membri dello staff sono stati istruiti e hanno accumulato esperienza
nel lavorare con bambini ed adolescenti autistici?
− Come sono organizzate e pianificate le attività?
− Ci sono routine e programmi giornalieri strutturati?
− Quante attenzioni individuali riceverà il bambino?
− Come sono misurati i progressi? Il comportamento del bambino sarà
osservato e annotato scrupolosamente?
− L’ambiente è strutturato per minimizzare le distrazioni?
− Questo programma mi preparerà a continuare la terapia a casa?
− Qual è il costo, la richiesta di tempo e la localizzazione del programma?
Quali terapie farmacologiche sono disponibili?
Nessun farmaco può correggere le strutture cerebrali e le compromissioni delle connessioni
nervose che sembrano sottostare all’autismo. Gli scienziati hanno scoperto però che le medicine
sviluppate per trattare altri disturbi con sintomi simili, possono qualche volta, avere effetti
positivi nel trattare i sintomi e i comportamenti che rendono difficile il funzionamento delle
persone autistiche negli ambienti di casa, scuola o lavoro. E’ importante notare che nessuna
delle medicine descritte in questa sezione è stata approvata per la cura dell’autismo, dal Food
and Drug Administration (FDA). L’FDA è l’agenzia federale americana che autorizza l’uso delle
medicine per i disturbi specifici.
I farmaci usati per diminuire l’ansia e la depressione sono stati esplorati come mezzo per dare
sollievo a certi sintomi dell’autismo. Queste medicine includono: fluoxetine (Prozac), fluvoxamine
(Luvox), sertraline (Zoloft) e clomiparine (Anafranil). Alcuni scienziati credono che l’autismo e
questi disturbi, possano condividere un problema nella funzione del neurotrasmettitore della
serotonina, che queste medicine, apparentemente aiutano.
Uno studio ha evidenziato che circa il 60% dei pazienti autistici che hanno usato fluoxetine
diventa meno turbato ed aggressivo, più calmo e meglio capace di fronteggiare i mutamenti nelle
routine o nell’ambiente. La fenfluramine, un altro farmaco che influisce sui livelli della serotonina,
non ha invece dimostrato di essere di alcuna utilità.
Le persone con problemi di ansietà, chiamati disturbo ossessivo-compulsivo (OCD) 14, come gli
individui autistici, sono ossessionate da azioni ripetitive che non possono controllare. Basandosi
14
Obsessive-compulsive disorder
80
sulle premesse che i due disturbi possono essere correlati, una ricerca del NIMH ha trovato che
la clomipramine, una medicina usata per aiutare l’OCD, appare efficace nel ridurre il
comportamento ossessivo e ripetitivo in alcune persone autistiche. I bambini autistici sottoposti
a queste medicine sembrano anche meno chiusi in se stessi, inquieti ed ansiosi. E’ però
necessario svolgere altre ricerche per avere conferme ulteriori ai risultati di questo studio.
Alcuni bambini autistici sono iperattivi, hanno una attività convulsa, come quella vista nelle
persone con disturbo della attenzione e della iperattività (ADHD) 15 . Da quando medicine
stimolanti come il Ritalin, sono utili nel trattamento di persone con ADHD, i medici hanno provato
a ridurre nello stesso modo l’iperattività degli autistici. Questa medicina pare più efficace se data
ai bambini ad alto funzionamento che non hanno crisi epilettiche od altri problemi neurologici.
Dato che molti bambini autistici hanno disturbi sensori, e spesso paiono indifferenti al dolore, gli
scienziati stanno cercando di trovare medicine che aumentano o diminuiscono la trasmissione
delle sensazioni fisiche. Le endorfine sono degli antidolorifici naturali prodotti dal corpo. Ma in
certe persone autistiche sembra che esse funzionino troppo. Gli scienziati stanno così
esplorando possibili sostanze in grado di bloccare gli effetti delle endorfine, per vedere se
possono stabilizzare il senso del tatto su sensazioni più normali. Queste medicine possono
aiutare i bambini autistici che vivono sensazioni troppo deboli. Nel momento in cui sono in grado
di provare dolore è più difficile che essi si mordano, sbattano la testa, o si facciano del male in
altri modi.
Sono state usate anche chlorpromazine, theridazine e haloperidol. Sebbene questi farmaci siano
solitamente usati per il trattamento di adulti con gravi problemi psichiatrici, alle volte possono
dare alle persone autistiche temporanee riduzioni dell’agitazione, dell’aggressione e dei
comportamenti ripetitivi. Dato che, comunque, i tranquillanti sono medicine potenti che possono
produrre effetti collaterali seri e talvolta permanenti, dovrebbero essere prescritti ed usati con
estrema precauzione.
La vitamina B6, presa con il magnesio, è stata provata efficace nello stimolare l’attività
cerebrale. Visto che la vitamina B6 gioca un ruolo importante nei creare gli enzimi necessari al
cervello, alcuni esperti pensano che dosi massicce possano favorire intensamente l’attività
cerebrale delle persone autistiche. Gli studi effettuati fino ad ora non sono però giunti a nessuna
conclusione definitiva: sono necessarie ricerche ulteriori.
Come le medicine, anche le vitamine, modificano l’equilibrio chimico del corpo e possono causare
effetti collaterali indesiderati. Per questa ragione dosi massicce di vitamine possono essere date
solo sotto la stretta supervisione di un medico. Ciò vale per tutte le vitamine e tutte le
medicine.
Quali sono le opzioni educative?
La legge chiamata Individuals with Disabilities Educational Act del 1990 (U.S.A.) garantisce
educazione pubblica gratuita ed appropriata, a tutti i bambini con diagnosi di deficit
dell’apprendime nto diagnosticati. La versione del 1991 di questa legge estende gli stessi servizi
ai bambini dell’asilo che hanno ritardi dello sviluppo. Con il risultato che le scuole pubbliche
devono fornire servizi ai bambini con handicapp anche di 3-5 anni. Data l’importanza
dell’intervento precoce alcuni Stati offrono anche servizi speciali dalla nascita ai tre anni.
La scuola è anche responsabile del fornire qualunque servizio sia necessario per permettere al
bambino di andare a scuola e di imparare. Servizi di questo tipo possono includere il trasporto, la
15
Attention Deficit Hyperactivity Disorder
81
terapia per il linguaggio, la terapia occupazionale, e ogni attrezzatura speciale. I Parent Training
Information Centers, strutturati federalmente, e le Protection and Advocacy Agencies, possono
fornire, in ogni stato, informazioni sui diritti delle famiglie e del bambino.
Secondo la legge, le scuole pubbliche devono anche preparare i bambini e aiutarli a portare a
termine gruppi specifici di apprendimento strutturati secondo programmi personali che espongono
le abilità specifiche che verranno insegnate al bambino. La lista delle abilità crea ciò che viene
conosciuto come un “IEP”, ovvero il Programma Educativo Individuale 16 del bambino. Lo IEP
funge da accordo, sugli obiettivi educativi, fra la famiglia e la scuola. I genitori svolgono un ruolo
di fondamentale importanza nel creare questo piano, dato che sono coloro che meglio
conoscono il bambino. Essi dunque lavorano in stretta collaborazione con lo staff della scuola
per identificare quali sono le abilità di cui il bambino ha più bisogno.
Nel pianificare lo IEP, è importante indirizzarsi su quelle conquiste che saranno importanti per lo
sviluppo del bambino e per il suo stare bene. Per ogni abilità i genitori e gli insegnanti devono
considerare queste domande: è un’abilità di importanza cruciale nella vita? Cosa succederà se il
bambino non sarà istruito ad essere in grado di far ciò da solo?
Tali domande rendono i genitori e gli insegnanti liberi di considerare diverse alternative di
istruzione. Dopo diversi anni di eroici ed inutili sforzi per insegnare ad Alan ad allacciarsi le
stringhe delle scarpe, i suoi genitori ed insegnanti hanno deciso che Alan poteva semplicemente
indossare le scarpe da tennis con il velcro: hanno così tolto questa abilità dallo IEP di Alan.
Dopo che Alan ha inutilmente lottato per memorizzare le tabelline, hanno deciso di insegnargli ad
usare la calcolatrice.
I successi di un bambino a scuola non vanno misurati su standard basati sul diventare i migliori
nel campo dell’algebra o sul completamento delle scuole superiori. I progressi devono piuttosto
essere misurati per ciò che sono i potenziali unici del bambino, nella cura del sé e
nell’autosufficienza come adulto.
ADOLESCENZA
Per tutti i bambini l’adolescenza è un periodo di stress e confusione. Non è nulla di meno per i
bambini autistici. Come tutti i bambini, necessitano di aiuto per avere contatto con lo sbocciare
della loro sessualità. Mentre certi comportamenti migliorano nel periodo dell’adolescenza, altri
peggiorano. L’aumento di un comportamento autistico od aggressivo può essere, nei teenagers, un
modo per esprimere le tensioni e le confusioni nuove.
Il periodo dell’adolescenza è anche un momento i cui i bambini diventano più sensibili e coscienti
socialmente. Nel periodo in cui molti teenagers sono preoccupati dell’acne, della popolarità, dei
voti, degli appuntamenti, i ragazzi autistici possono diventare dolorosamente coscienti del loro
essere diversi dai compagni. Possono notare la loro mancanza di amici. E diversamente dai loro
compagni di scuola non hanno appuntamenti o piani inerenti la loro carriera. Per alcuni la tristezza
che accompagna tale presa di coscienza è una spinta ad imparare nuovi comportamenti. Sean
Barron, che ha scritto la sua esperienza di autismo in un libro “There’s a boy in here” , ha
descritto proprio come il dolore provato nel sentirsi diverso l’abbia motivato ad acquisire più abilità
sociali normali.
16
Individualized Educational Programme
82
L’autismo può scomparire con l’età?
Attualmente non esistono cure per guarire l’autismo. Non è nemmeno possibile che i bambini
superino l’autismo crescendo. Ma la capacità di imparare e sviluppare nuove abilità è insita in
ogni bambino.
Con il tempo i bambini autistici maturano ed emergono nuovi punti di forza. Molti bambini
autistici sembrano attraversare impeti nuovi nello sviluppo, fra i 5 ed i 13 anni. Alcuni iniziano a
parlare spontaneamente -sebbene ripetitivamente- attorno ai 5 anni o dopo. Altri, come Paul,
diventano più socievoli, o come Alan, più propensi ad imparare. Fuori tempo, e con aiuto, questi
bambini possono imparare a giocare con i giocattoli in modo appropriato, a vivere socialmente, a
tollerare cambiamenti lievi nelle loro routines. Alcuni bambini inseriti in programmi di trattamento,
perdono molti dei sintomi che li rendono più disabili, tanto da funzionare poi piuttosto bene in
una classe normale. Alcuni bambini autistici compiono passi in avanti davvero enormi. Di certo,
quelli con intelligenza normale, o quasi normale, e quelli che sviluppano il linguaggio, tendono ad
ottenere risposte migliori. Ma anche i bambini che iniziano con minori basi possono ottenere
progressi davvero notevoli. Per esempio, un bambino dopo 9 anni in un programma che
coinvolgeva i genitori e i terapeuti, avanzò da un Q.I. di 70 ad uno di 100 e iniziò a frequentare
le classi di una scuola regolare.
Mentre è naturale per i genitori sperare che il loro bambino diventi “normale”, essi dovrebbero
inorgoglirsi di qualunque passo in avanti lui faccia. Molti genitori, guardando indietro negli anni,
scoprono poi che il loro bambino è migliorato ben al di là delle loro iniziali aspettative.
Gli individui autistici adulti possono vivere autonomamente?
La maggior parte degli adulti autistici necessita di istruzione per tutta la vita, di supervisione, e
di rinforzo delle abilità. La responsabilità delle scuole pubbliche nel fornire questi servizi finisce
con il superamento dell’età scolastica. Quando il bambino diventa un giovane adulto, la famiglia è
costretta a fare i conti con la creazione di un piano basato sull’ambiente famigliare o con la
selezione di un programma che può offrire servizi appropriati.
In alcuni casi, gli adulti autistici possono continuare a vivere a casa, fornendo loro qualcuno che
possa controllare, a tempo pieno, la situazione. Anche molte facilitazioni abitative di tipo
diverso,
forniscono supervisione nell’arco dell’intera giornata. Diversamente dalle vecchie
istituzioni, quelle odierne vedono i residenti come persone con bisogni umani ed offrono
opportunità per il divertimento e lavori semplici ma significativi. Ciò nonostante, alcune istituzioni
sono lontane dalla comunità sociale, e separano le persone autistiche dal resto del mondo.
Oggi, alcune città stanno esplorando modi nuovi per aiutare le persone autistiche a mantenere
lavori significanti e a vivere e lavorare entro comunità più ampie. Programmi innovativi per il
supporto delle persone adulte autistiche rendono esse capaci di vivere e lavorare nelle società
normali, piuttosto che in ambienti segregati.
Attraverso l’insegnamento e il rinforzo delle abilità utili al lavoro e dei comportamenti sociali
positivi, questi programmi aiutano le persone a tirare fuori le loro potenzialità. Il lavoro, sempre
con uno scopo, è basato sui punti di forza e sulle capacità del soggetto. Per esempio, persone
autistiche con buona coordinazione occhio-mano, che fanno spesso complesse azioni ripetitive,
sono particolarmente brave nei target dell’assemblaggio e industriali. Un lavoratore con Q.I.
basso e poche abilità linguistiche potrebbe essere istruito per lavorare in un ristorante, per
dividere le posate e per arrotolare i tovagliolini. Gli adulti con alti livelli di abilità possono essere
istruiti per assemblare apparecchiature elettroniche o per fare lavori d’ufficio.
83
I partecipanti a tali programmi, basati sulle loro capacità ed i loro interessi, trovano una
posizione nelle compagnie legate all’editoria, al commercio, all’amministrazione, alla produzione e
altro ancora. Una volta che sono stati attentamente istruiti per un obiettivo, sono messi a
lavorare di fianco allo staff regolare. Come gli altri impiegati, sono pagati per il loro lavoro,
ricevono gli incentivi lavorativi, e sono inclusi negli avvenimenti che coinvolgono il personale
della società, come i picnic della compagnia o i party per i pensionandi. Le compagnie che
noleggiano persone attraverso tali programmi trovano che esse siano impiegati affidabili. I datori
di lavoro sostengono inoltre che i comportamenti autistici, le abilità sociali limitate, e addirittura
anche qualche attacco di collera o di aggressività, non abbiano troppa influenza sull’abilità
lavorativa di questi impiegati.
Come ogni altro lavoratore, i partecipanti a questi programmi vivono in case ed appartamenti
entro la comunità. Sotto la direzione di un organizzatore residente, ogni abitante condivide il più
possibile gli impegni come la pianificazione dei pasti, la spesa, la cucina e la pulizia. Durante il
tempo libero vanno al cinema, fanno picnic, e mangiano al ristorante. Quando sono pronti
vengono insegnate loro abilità che possano renderli ancor più indipendenti. Gli organizzatori del
lavoro e dell’abitazione, che fungono da collegamenti fra i partecipanti ai programmi e la
comunità, sono le chiavi importanti di questi programmi. Di solito sono affidati loro pochi adulti
autistici, circa due per ogni organizzatore. L’organizzatore della parte lavorativa mostra le
mansioni del lavoro all’impiegato, ne osserva i comportamenti e prende atto regolarmente delle
buone performance ottenute. Serve anche come ponte fra i lavoratori autistici e i loro colleghi.
Per esempio, l’organizzatore interviene se un lavoratore perde il controllo o vive un qualsiasi
problema sul lavoro. Egli fornisce anche brevi corsi di istruzione su abilità sociali specifiche, come
il salutare i compagni di lavoro. A casa l’organizzatore rinforza i comportamenti sociali e di autoaiuto e trova i modi per aiutare le persone ad organizzare il loro tempo e le loro responsabilità.
Attualmente, circa un terzo delle persone autistiche può vivere e lavorare nella comunità, con
diversi gradi di indipendenza. Come indica una ricerca scientifica, con terapie valide e nuovi
programmi per le comunità, in grado di fornire supporto appropriato, questo numero, secondo le
aspettative, è destinato a salire.
Come le famiglie possono imparare ad affrontare la situazione?
L’obiettivo di crescere un bambino autistico è fra le cose più impegnative e stressanti che una
famiglia si trova ad affrontare. Gli attacchi di urla e le crisi di collera del bambino possono
rendere chiunque davvero nervoso. Dato che il bambino richiede attenzione quasi costante, i
fratelli e le sorelle si sentono spesso ignorati o gelosi. I bambini più piccoli possono aver bisogno
di essere rassicurati sul fatto che loro non diventeranno autistici o che crescendo non
diventeranno come i loro fratelli. I bambini più grandi possono essere preoccupati per la
prospettiva di avere, a loro volta, un figlio autistico. Le tensioni possono stravolgere un
matrimonio.
Anche se gli amici ed i parenti possono offrire supporto, non riescono comunque a capire le
difficoltà del crescere un bambino autistico. Possono criticare i genitori che lasciano che il
bambino si perda in certi comportamenti ed affermare come loro gestirebbero invece la
situazione. Alcuni genitori di bambini autistici sono gelosi dei bambini dei loro amici. Ciò può far sì
che essi si allontanino dalle persone che, una volta, offrivano loro sostegno.
Le famiglie possono anche sentirsi a disagio portando il bambino in certi luoghi pubblici. I bambini
che hanno crisi di collera, che camminano sulla punta dei piedi, che sbattono le mani o che si
intrufolano sotto i tavoli dei ristoranti per giocare con i calzini altrui, possono essere davvero
molto imbarazzanti. La madre di Janie si è scoperta felice una volta che, dopo aver spiegato alla
84
gente che la sua bambina era autistica, tutti si sono mostrati più accondiscendenti. La madre di
Paul ha imparato a ricordare a se stessa: “Questo è un posto pubblico. Abbiamo il diritto di stare
qui.”
Molti genitori si possono sentire profondamente delusi dal fatto che il loro bambino non si
comporti mai normalmente o mai superi quelle che sono le tappe fondamentali della vita. I
genitori possono essere profondamente addolorati per il fatto che il loro bambino non imparerà
mai a giocare a baseball, a prendere il diploma, a sposarsi ed avere figli. La maggior parte dei
genitori arrivano comunque ad accettare questi sentimenti e ad attivarsi per aiutare i loro
bambini ad ottenere ciò che sono in condizione di conquistare. I genitori iniziano poi a trovare
gioia e piacere nel loro bambino, malgrado le limitazioni.
Gruppi di supporto
Molti genitori trovano che i loro più stretti alleati sono coloro che affrontano le stesse
preoccupazioni. I genitori di bambini autistici tendono a formare comunità di mutuo aiuto e
supporto. Non acquisiscono solo incoraggiamento ed ispirazioni dalle storie delle altre famiglie,
ma anche consigli pratici, informazioni sulle ultime ricerche ed indicazioni per usufruire di servizi
comunitari e personale qualificato. Attraverso conversazioni con persone che hanno esperienze
simili, le famiglie che hanno bambini autistici si rendono conto di non essere sole.
La Autism Society of America, elencata alla fine di questo pamphlet, ha organizzato gruppi di
supporto per genitori in comunità sparse lungo tutto il paese. In tali gruppi, i genitori
condividono supporto emotivo, affermazioni, e suggerimenti per risolvere problemi. La sua
newsletter, la Advocate, è piena di informazioni sia pratiche che mediche.
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STRATEGIE PER AFFRONTARE MEGLIO LA SITUAZIONE
I seguenti suggerimenti sono basati sulle esperienze delle famiglie che hanno a che fare con
l’autismo, e sugli studi sponsorizzati dall’NIMH sulle strategie più efficaci per superare lo stress.
− Lavorare come una famiglia. Nei momenti di stress, i membri delle famiglie tendono a far
emergere le frustrazioni l’un contro l’altro, quando invece necessitano maggiormente di
supporto reciproco. Malgrado le difficoltà del trovare chi possa prendersi cura del bambino, le
coppie pensano che prendersi delle pause, senza i figli, aiuti loro a rinnovare il legame. Anche
gli altri bambini hanno bisogno di attenzioni e devono poter esprimere la loro opinione sulle
soluzioni ai problemi.
− Mantenere alto l’umore. I genitori trovano che l’abilità di ridere e dire:” Non crederai mai a
ciò che il bambino ha fatto ora!” aiuti a mantenere un salutare senso delle prospettive.
− Notare i progressi. Quando sembra che tutto l’aiuto, l’amore, e il supporto vadano non si sa
bene dove, è importante ricordare che nel lungo periodo, è stato fatto un progresso reale. Le
famiglie sono più abili nel mantenere viva la speranza, se celebrano i piccoli segni di crescita
e i cambiamenti che vedono.
− Agire. Molti genitori guadagnano forza lavorando con gli altri per il beneficio di tutti i bambini
autistici. Lavorare per guadagnare risorse aggiuntive, programmi comuni, o servizi scolastici,
aiuta i genitori a vedere se stessi come contributo importante nello stare bene degli altri,
così come del proprio bambino.
− Pianificare. Naturalmente, molti genitori vogliono essere certi che, quando moriranno, i loro
discendenti saranno protetti e riceveranno attenzioni. Avere un piano aiuta a risollevarsi da
alcune preoccupazioni. Alcuni genitori realizzano un contratto con un tutore che è d’accordo
nel seguire gli interessi della persona autistica, come ricordarsi dei compleanni e stabilire le
cure.
Quale speranza offre la ricerca?
La ricerca continua a rivelare come il cervello, il centro di controllo per il pensiero, il linguaggio, i
sentimenti ed i comportamenti, espleti la sua funzione. Il National Institute of Mental Health
(NIMH) finanzia scienziati in diversi centri della nazione, che stanno esplorando come il cervello
si sviluppa, trasmette i suoi segnali, integra gli imput che provengono dai diversi sensi, e traduce
tutto questo in pensieri e comportamento. Nel riconoscere i maggiori successi della ricerca, il
President e il Congress hanno ufficialmente designato gli anni ‘90 come “Decade del cervello”.
Ci sono nuove iniziative di ricerca del NIH sponsorizzate dal NIMH, NICHD, NINDS, e dal NIDCD. Il
risultato, oggi come mai in passato, è che gli scienziati delle diverse discipline stanno unendo le
forze per svelare i misteri del cervello. Le prospettive guadagnate dalla ricerca negli aspetti
genetici, biochimici, fisiologici e psicologici dell’autismo, possono fornire un quadro più completo
di questo disturbo.
Ogni giorno, i ricercatori del NIH, imparano qualcosa di nuovo su come si sviluppa normalmente il
cervello e su cosa può andar storto in questo processo. Per esempio, gli scienziati hanno già
scoperto che i risultati clinici suggeriscono che, nell’autismo, ad un certo punto, prima della
trentesima settimana di gravidanza, lo sviluppo del cervello rallenta.
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Gli scienziati hanno ora anche i mezzi e le tecniche che permettono di esaminare il cervello in
modi che erano impensati solo fino a pochi anni fa. Le nuove tecniche di immagine che mostrano
il cervello vivente in azione, permettono agli scienziati di osservare con sorprendente chiarezza
come il cervello cambia quando un individuo attua operazioni mentali, si muove o parla. Queste
tecniche aprono finestre sul cervello, permettendo agli scienziati di imparare quali regioni
cerebrali sono occupate in una particolare operazione.
Recenti avanzamenti nella ricerca, stanno inoltre permettendo l’esplorazione di nuovi campi di
ricerca sulle regole dell’ereditarietà nell’autismo. Usando metodi statistici sofisticati, insieme alle
tecniche della divisione del gene, che permette di manipolare pezzi microscopici di codice
genetico, i ricercatori del NIH e di altre istituzioni, stanno cercando geni anormali che possono
essere coinvolti nell’autismo. L’abilità di identificare i geni irregolari –o i fattori che rendono un
gene instabile- possono portare a diagnosi precoci. Allo stesso tempo, gli scienziati stanno
lavorando per determinare se c’è un collegamento genetico fra l’autismo e gli altri disturbi
cerebrali, comunemente associati con esso, come il Disturbo di Tourette e la Tuberous Sclerosis.
Nuove comprensioni della trasmissione genetica di questi disturbi, insieme a nuove conoscenze
dello sviluppo cerebrale normale e non, potranno fornire importanti indicazioni sulle cause
dell’autismo.
Una chiave per sviluppare la comprensione del cervello umano, è la ricerca sugli animali. Come gli
uomini, i primati (scimpanzè, scimmie ecc.) hanno emozioni, forme di attaccamento e sviluppano
alti livelli dei processi del pensiero. Per questa ragione, gli studi sulle loro funzioni cerebrali e sul
comportamento portano luci sullo sviluppo umano. Gli studi sugli animali hanno provato con
certezza che le distruzioni del cervello in sviluppo, hanno influenza sul comportamento, sulla
percezione sensoria e sullo sviluppo mentale, e quindi hanno permesso una miglior comprensione
dell’autismo.
In ultima analisi, i risultati dei programmi di ricerca estensiva dell’NIMH possono tradursi in una
vita migliore per le persone autistiche. Man mano che ci avviciniamo alla comprensione del
funzionamento del cervello, ci avviciniamo anche al giorno in cui saremo in grado di fornire una
diagnosi precisa al bambino piccolissimo e di offrirgli un trattamento efficace e precoce. I dati
accumulati riguardati la chimica cerebrale coinvolta nell’autismo, ci avvicinano alla produzione di
farmaci che riducono o ribaltano gli squilibri chimici.
Un giorno potremmo addirittura prevenire il disturbo. Forse i ricercatori impareranno ad
identificare i bambini a rischio di autismo alla nascita, permettendo ai medici, di fornire terapie
preventive addirittura prima che si sviluppino i sintomi. O, forse, appena gli scienziati
impareranno di più sulla trasmissione genetica dell’autismo, potranno essere capaci di sostituire
ogni gene difettoso addirittura prima che il bambino nasca.
Quali sono le fonti di informazione e di supporto?
I genitori trovano spesso che i films e i libri sull’autismo che hanno un finale felice, li
entusiasmano, ma, parallelamente, fanno aumentare le false speranze. In queste storie,
l’approccio da romanzo dei genitori funziona immediatamente, oppure il bambino supera
semplicemente i propri comportamenti autistici. Ma, in verità, non ci sono cure per l’autismo e
crescere richiede tempo e pazienza. I genitori dovrebbero cercare pratiche e realistiche fonti di
informazione, particolarmente quelle basate su attente ricerche.
In modo simile, certe fonti di informazione sono più affidabili di altre. Certe riviste popolari e certi
giornali sono veloci nel riportare nuove “cure miracolose” prima che esse siano state
approfonditamente studiate. Materiali scientifici e professionali, come quelli pubblicati dalla
Autism Society of America, e altre organizzazioni che valutano attentamente le diverse ricerche,
87
forniscono informazioni attuali basate su dati ben docume ntati e su ricerche cliniche
attentamente controllate.
88
SITO DELLA “NATIONAL AUTISTIC SOCIETY”
Quale è la prognosi?
L'autismo non è curabile ma è trattabile specialmente se è diagnosticato precocemente.
Il processo educativo
I bambini con autismo hanno bisogni educativi molto diversi, e perciò sono necessarie molte
differenti opportunità. Ed è perciò assai importante che le abilità e i bisogni del tuo bambino
siano valutati così come è importante che si decida sui più appropriati programmi educativi.
Genitori e operatori hanno un ruolo importante da giocare in questo processo valutativo e la
National Autistic Society cercherà sempre di consigliare i genitori circa queste procedure. Sulla
base di questa valutazione, possono essere decisi successivamente i percorsi più appropriati per
incontrare i bisogni del tuo bambino; una opportunità può essere di condividere i servizi
organizzati per altri bambini che hanno difficoltà di apprendimento; un'altra può essere una
scuola specializzata o un’unità per bambini con disturbi dello spettro autistico; una terza
possibilità potrebbe essere una collocazione all'interno del sistema educazionale normale con un
aiuto aggiuntivo.
Il nodo più importante è di assicurare che i bisogni particolari del tuo bambino siano riconosciuti
e affrontati.
Terapie
A parte i programmi educativi e gestionali una varietà di terapie sono state anche tentate.
Alcuni genitori hanno trovato che una terapia particolare è stata di aiuto, ma, purtoppo nessun
singolo approccio ha avuto successo per tutti. In quanto associazione di genitori cerchiamo di
informare e consigliare tutti i genitori e perciò dobbiamo essere cauti circa le richieste di ogni
tipo di trattamento non valutato. Naturalmente noi sosteniamo la decisione di ogni famiglia che
sceglie di provare una terapia o un metodo particolare e offriamo informazioni su tutti imetodi e
trattamenti che sono conosciuti da noi.
Sebbene gli esponenti dei diversi trattamenti e delle diverse terapie sostengano che esse
offrano risultati a lungo termine, in molti casi non ci sono risultati evidenti per sorreggere tali
affermazioni.
Attualmente né la National Autistic Society, né una Local Education Authority si è formalmente
impegnata con un trattamento o una terapia particolari.
I genitori e gli operatori sono dunque incoraggiati ad indagare, fra gli approcci disponibili, e
basandosi sulle proprie necessità, quello più appropriato per ogni individuo.
N.d.C.: Vengono ora riportate le schede informative elaborate dalla National Autistic
Society sottoforma di "Fact Sheet" (Fogli di informazione), sui metodi di intervento.
Si è ritenuto opportuno inserire a questi “Fogli di Informazione”, notizie sul “Metodo
Delacato”, non presente nelle indicazioni della “National Autistic Society”; se ne riporta
l’illustrazione
presentata
nel
sito
“Autismo
e
Psicosi
Infantili”
http://www.alihandicap.org/ali/Altri%20Trattamenti.html#delacato
−
TEACCH
−
SPELL
89
−
TRAINING DELLA INTEGRAZIONE UDITIVA (AIT)
−
COMUNICAZIONE FACILITATA
−
POSSIBILE UTILIZZO DEL COMPUTER CON PERSONE AUTISTICHE
−
TERAPIA DELLA VITA GIORNALIERA
−
LOVAAS
−
MUSICOTERAPIA
−
L’USO DEL SUPPORTO VISIVO
METODO DELACATO
TEACCH
Treatment and
Education of
Autistic and related
Communication handicapped
CHildren
Trattamento ed Educazione dei Bambini Autistici e con disturbi della comunicazione correlati.
La divisione TEACCH cominciò nel 1966 come parte del Dipartimento di Psichiatria della Facoltà di
Medicina dell'Università del North Carolina negli Stati Uniti. Cominciò come un progetto di ricerca
in infanzia per fornire servizi ai bambini con autismo e alle loro famiglie. Nel 1972 l'Assemblea
Generale della North Carolina, emanò una legge che permise alla Divisione TEACCH di diventare il
primo programma diffuso su tutto lo Stato di servizi di comunità per bambini e adulti con autismo
o altri similari disturbi dello sviluppo. Attualmente la Divisione TEACCH fornisce una nutrita serie
di servizi, per un ampio spettro di bambini della prima e della seconda infanzia, adolescenti e le
loro famiglie che includono diagnose e valutazione, programmi di trattamento indivuidualizzato,
educazione specializzata, training professionali, consulenze scolastiche, training e counselling
per i genitori, facilitazioni peri gruppi di genitori, attività del tempo libero. La Divisione TEACCH
inoltre mantiene un attivo programma di ricerca, e fornisce training multidisciplinari per i
professionisti che operano con bambini/adolescenti/adulti con autismo e le loro famiglie.
Lo scopo principale del Programma TEACCH è di aiutare a preparare le persone con autismo a
vivere o lavorare con più possibilità a casa, a scuola e nella comunità. Uno sforzo speciale è
condotto al fine di aiutare le persone con autismo e le loro famiglie a vivere meglio insieme
riducando o rimovendo "i comportamenti autistici".
Il Concetto del TEACCH
I principi e i concetti che indirizzano il sistema del TEACCH possono essere riassunti come:
−
Migliorare l'adattamento: attraverso le due strategie di miglioramento delle
abilità con l'educazione e la modificazione dell'ambiente per ridurre i deficit.
− Collaborazione con i genitori: i genitori operano con i professionisti come
co-terapisti per i loro bambini cosicchè il trattamento può continuate a casa.
90
− Valutazione per il trattamento individualizzato: programmi educativi
unitari sono strutturati per tutti gli individui sulla base di regolari valutazioni
delle abilità.
− Insegnamento strutturato: si è scoperto che i bambini con autismo
beneficiano di più di un ambiente educativo strutturato piuttosto che da
approcci liberi.
− Accrescere le abilità: la valutazione identifica abilità in emergenza e lavora
affinchè ci si focalizzi su di queste. (Questo approccio è anche applicato allo
staff e al training dei genitori).
− Terapia cognitiva e comportamentale: le procedure educative sono guidate
dalle teorie cognitive e comportamentali supponendo che le difficoltà del
comportamento possano risultare da problemi sottostanti nella percezione e
nella comprensione.
− Training generalista: i professionisti nel sistema TEACCH acquistano
competenze generali che portano a comprendere la globalità del bambino e
non a specializzarsi come psicologi, terapisti del liguaggio ecc.
(Estratto da "Approaches to Autism: an annotated list" pubblicato dalla National Autistic Society
1993, rivisto 1997).
N.d.C.: la Divisione TEACCH ha prodotto numerose pubblicazioni, molte delle quali
sono già state tradotte in lingua italiana, comunque le pubblicazioni e un'ampia scelta
di videoregistrazioni sono disponibili presso:
The Health Sciences Consortium
201 Silver Cedar Court,
Chapel Hill, NC 27514, USA.
Tel: + 001-919-942-8731.
91
SPELL
Qual e’ l’approccio dello SPELL?
Durante gli anni passati l’approccio educativo delle scuole e dei centri per adulti della National
Autistic Society, si è concentrato su programmi specifici atti a ridurre gli effetti delle
compromissioni qualitative dell’immaginazione, della comunicazione e delle abilità sociali che
sottostanno l’autismo. Ciò, in aggiunta all’enfasi, generalmente accettata, posta sulla struttura,
la consistenza, la riduzione degli stimoli disturbanti e l’alto livello d'organizzazione.
Nei servizi del National Autistic Society, ogni minuto del giorno è inteso come opportunità
d’apprendimento. Il personale lavora in maniera collaborativa, strutturando l’educazione e
avendo cura della pianificazione, che attraversa tutte le 24 ore del giorno per i bambini inseriti
nelle strutture residenziali.
L’acronimo usato per descrivere quest’approccio è SPELL.
Structure
Positive
Empathetic
Low arousal
Links
L’approccio è formulato per rispondere ai bisogni di continuità ed ordine nella vita del bambino
autistico. Il bambino ha la necessità di essere in grado di programmare gli eventi futuri e il suo
ambiente ha bisogno di essere sufficientemente modificato al fine di ridurre l’ansia.
Si è cercato di superare o ridurre gli effetti disabilitanti dell’autismo fornendo un curriculum ampio
e bilanciato che offre un aiuto speciale nelle aree delle menomazioni.
___________________________________________________________________________
STRUCTURE (STRUTTURA)
La struttura aiuta creando organizzazione e senso in quello che potrebbe essere un mondo
davvero molto confuso. Può aiutare a formare un mondo più sicuro attraverso la rimozione o la
riduzione, degli eventi imprevisti od inaspettati.
___________________________________________________________________________
POSITIVE (ATTITUDINE POSITIVA)
Le attitudini positive e le aspettative appropriate (non così alte da causare ansietà e non così
basse da essere noiose) sono indirizzate a sviluppare l’aver fiducia in sé e l’autostima del
bambino. Stabiliamo programmi educativi che intervengono nell’autismo del bambino indirizzandosi
a massimizzare e a costruire sui suoi punti di forza.
___________________________________________________________________________
EMPATHETIC (EMPATIA)
Il vedere il mondo dall’unico punto di vista del bambino e l’indirizzarsi a capire le sue percezioni
richiede empatia e usa l’abilità dell’insegnante per strutturare un programma differenziato che
parte dalla posizione individuale del bambino.
92
___________________________________________________________________________
LOW AROUSAL (INDUZIONE BASSA)
La classe e l’ambiente di cura devono essere tranquilli e focalizzarsi sul permettere opportunità
di rilassamento e sollievo della tensione. La confusione e la distrazione possono inibire e un
setting con induzione bassa è facile sia quello più rassicurante. Sono usate l’educazione fisica e
molte tecniche di rilassamento per mantenere un’atmosfera ordinata ed armonica.
Il nostro stile è essenzialmente non-competitivo (confrontational) e attraverso ripetizioni guidate
gli studenti sono incoraggiati a provare esperienze nuove e potenzialmente avverse alla propria
natura aumentando così la fiducia in se stessi.
___________________________________________________________________________
LINKS (COLLEGAMENTI)
Il comunicare efficacemente con i genitori, le altre scuole e le agenzie educative, è vitale.
Esaminiamo il National Curriculum e ci poniamo come target il mantenere tutti i collegamenti vitali
con la comunità, con l’obiettivo di massimizzare le opportunità dei bambini per includerli nelle
scuole “comuni”.
Il National Curriculum è spesso denunciato come mezzo inutile per i bambini con disturbi gravi,
ma in una accezione più fantasiosa, addirittura il più etereo dei soggetti può essere modificato
ed adattato per assicurare programmi educativi significativi e piacevoli.
Per esempio, l’arte può essere collegata alla geografia, alle scienze e alla matematica.
I bambini con un interesse per i numeri possono estendere queste abilità ad aree di rilevanza
curricolare e di applicazione pratica a lungo termine. Alcune materie presenti nel National
Curriculum possono essere usate per rispondere direttamente alla triade delle compromissioni.
Per esempio, i bambini con disturbi dello spettro autistico hanno difficoltà con l’ipotizzare ed il
predire. Le materie come scienze possono fornire loro opportunità per esplorare queste aree in
modo sicuro ma comunque confrontativo.
Lo SPELL rende capace l’osservatore che ha svolto il training, di analizzare l’ambiente educativo
e di partecipare alla creazione di un setting favorevole all’apprendimento in un bambino con un
disturbo dello spettro autistico.
Lo SPELL come approccio, è ancora agli stadi iniziali. In quanto tale è continuamente monitorato
e valutato.
La National Autistic Society ha introdotto un nuovo programma di training sotto forma di
workshops delineanti i principi dello SPELL e la loro applicazione pratica quando si lavora con
bambini e adulti con un disturbo dello spettro autistico.
Per informazioni ulteriori contattare la National Autistic Society Training Services Department.
Contatti
Se Vuoi ricevere un consiglio in materia di educazione, contatta:
MIKE COLLINS o ROSEMARY SIDDLES
Education Advisors, NAS Services Division,
Church House, Church Rd.
93
Filton, Bristol, BS34 7BD
Tel. +44 0117 974 8400
Fax. +44 0117 987 2576
Email: [email protected]
Se vuoi richiedere informazioni sui training, contatta:
NAS Training Services Department
4th floor, Castle Heights, 72 Maid Marian Way
Nottingham, NG1 6BJ
Tel. +44 0115 911 3363
Fax. +44 0115 911 3362
Email: [email protected]
94
TRAINING DELLA INTEGRAZIONE UDITIVA (AIT)
Cos’e’ l’AIT?
Il Dottor Guy Berard (ora in pensione) era uno specialista dell’orecchio, del naso e della gola, ad
Annecy, in Francia, che inventò e sviluppò l’apparato dello AIT dimostratosi utile nel trattamento
della iper acusis (o dell’eccessiva sensibilità uditiva).
Il Dott. Berard iniziò a sviluppare questo metodo nei primi anni ’80 quando si rese conto che lui stesso
stava diventando sordo.
Iniziò a concepire l’idea di sviluppare una macchina elettronica capace di porre in esercizio
l’intero apparato uditivo -il timpano, le ossa piccole dell’orecchio, le membrane cocleari ecc.
come forma di terapia fisica, con una modalità in un certo qual senso simile a quella con cui le
giunture ed i muscoli deteriorati possono migliorare attraverso la fisioterapia e gli esercizi
appropriati. Questa tecnica fu usata su molti pazienti del Dott. Berard, alcuni dei quali erano
autistici e altri avevano una vasta gamma di difficoltà uditive. In relazione all’autismo il Dott.
Berard pensò che la sensibilità ai suoni e il conseguente disturbo comportamentale poteva
essere il risultato di distorsioni uditive. Il Dott. Berard affermò che “L’AIT non può essere
considerato una cura per l’autismo ma, molte (persone) beneficiano ampiamente del
trattamento” (Berard, 1997).
L’apparato terapeutico consiste in una macchina contenente un consistente numero di elementi
elettronici, includenti una varietà di filtri uditivi, che rendono il suono emesso dalla macchina
modificabile in modo appropriato per ogni singolo individuo, in accordo con la sua sensibilità e le
sue deficienze uditive così come risulta dai test audiometrici. Durante l’uso, il bambino/l’adulto
siede di fronte alla macchina, indossando le cuffie mentre vengono suonati, all’interno della
macchina, brani musicali attentamente selezionati. La macchina filtra e amplifica la musica per
quanto è necessario e invia la musica modificata risultante, ad ogni orecchio,
indipendentemente. Il volume è stabilizzato al livello più alto possibile, prima che causi disagio.
Il Dr. Bernard Rimland (dell’Autism Research Institute americano) è in contatto con molti dei
genitori dei bambini autistici che avevano seguito il programma del Dr. Bernard. Fra questi
bambini c’è Georgiana Manning, che si laureò alla Arizona State University. Sua madre ha scritto
un libro su quest’esperienza (Stehli, 1992).
Le ricerche sull’AIT
Non sono attualmente disponibili grandi quantità di dati inglesi sui quali valutare l’AIT, ma sono
state effettuate due ricerche negli USA e in Australia.
Un progetto pilota iniziale, condotto dal Dott. Rimland e dal Dott. Edelson alla Portland State
University, nel 1990, offrì risultati interessanti, tanto da iniziare un secondo studio, che ha
esaminato diversi temi specifici alla procedura dell’AIT.
Un altro progetto di ricerca portato avanti dal The Autism Research Institute di Sidney
(Bettison, 1996) indicò che, sebbene l’AIT portò ad un miglioramento significativo della generale
sensibilità al suono, un programma di ascolto strutturato17 (SL) determina circa lo stesso
miglioramento. (Il programma SL è una versione semplificata della procedura AT che omette
l’input fornito dallo speciale equipaggiamento usato dall’AT).
La Bettison sottolinea comunque che i risultati non provano che l’AIT e l’SL furono le cause
effettive dei miglioramenti dei bambini e nemmeno se gli interventi furono benefici, quali aspetti
17
Structured Listening Programme (SL)
95
avevano avuto un effetto benefico. Conclude che sia l’SL che l’AIT pare aiutino a ridurre la
sensibilità uditiva in molti, se non in tutti, i bambini autistici che sono sensibili al suono.
l’ait nel Regno Unito
L’AIT non è molto disponibile nel Regno Unito, ma sappiamo di alcuni centri che offrono sessioni
di training. Ci sono anche due associazioni americane che hanno stabilito contatti nel Regno
Unito allo scopo di organizzare corsi di training e/o direttamente sessioni di AIT in questo stato.
La National Autistic Society è ovviame nte felice di condividere tutte queste informazioni con le
persone che sono interessate all’AIT ma sottolinea che ciò non implica una “presa di posizione
favorevole”, o una “raccomandazione”, del Nas stesso.
96
COMUNICAZIONE FACILITATA
Cos’e’ la Comunicazione Facilitata?
La Comunicazione Facilitata (FC) iniziò in Australia durante gli anni ’70. Rosemary Crossley, un
aiuto in un istituto per persone con menomazioni multiple gravi, incoraggiò una giovane donna
con paralisi cerebrale, a comunicare fungendosi suo “supporto” (Crossley e MacDonald, 1980).
Solitamente il “supporto” sorregge la mano del cliente, il polso ed il braccio, mentre la persona
usa un comunicatore per sillabare parole e frasi.
La Crossley fondò a Melburne, nel 1986, il DEAL Communication Centre, con l’obiettivo di
“assistere persone senza linguaggio o con compromissioni di questo, per trovare vie alternative
di comunicazione”. L’uso della FC con le persone autistiche, poggia sulla convinzione che molte
delle difficoltà presenti, sono dovute a disturbi del movimento, più che a deficit sociali o
comunicativi. Molta della filosofia del Centro DEAL era basata sulla premessa che le abilità
linguistiche (opposte a quelle d’eloquio) delle persone autistiche e con altri disturbi della
comunicazione erano generalmente meno compromesse di quanto le ricerche precedenti avevano
supposto. La supposizione è che il problema della comunicazione nelle persone autistiche sia
essenzialmente una difficoltà di espressione. L’interesse nella FC si sparse veloceme nte ad altri
paesi –in particolare in USA, Canada e Danimarca e, recentemente è stato usato anche nel
Regno Unito.
Molta pubblicità è stata fatta sulla efficacia di questo metodo. “Molte persone adesso
comunicano... e producono un linguaggio di tale complessità che dobbiamo modificare le nostre
comuni credenze sul linguaggio delle persone diagnosticate come autistiche o come aventi
significanti menomazioni intellettuali (Crossley e Remington-Gurley, 1992).
La ricerca sulla CF
Assieme all’entusiasmo ci sono state anche critiche significative a questo metodo. Ci sono stati
atti di reclutanza da parte di alcuni promotori della FC nel presentare, per valutazioni
indipendenti, i loro risultati, sulla base che tali valutazioni sarebbero state artificiali e capaci di
interferire nella relazione di fiducia fra il “supporto” ed il cliente.
Gli sperimentatori durante gli anni passati hanno, comunque, costruito un utile corpus di ricerca.
Howlin (1997) nella sua rivisitazione di 45 esperimenti controllati di FC, coinvolgenti più di 350
soggetti, ha trovato una conferma di comunicazione indipendente solo nel 6% dei casi. In più
del 90% le risposte furono invece influenzate, inconsciamente, dai “supporti” piuttosto che dai
clienti.
Bebko, Perry e Bryson (1996) hanno trovato alcune tracce di comunicazione indipendente in 9
soggetti (su 20). Fra gli studenti capaci di rispondere in modo indipendente, le loro affermazioni
erano comunque peggiori quando sottoposti a condizioni facilitate piuttosto che quando non
avevano alcun supporto.
Intanto negli Stati Uniti, con una mossa senza precedenti, 5 dei maggiori corpi professionali
nazionali hanno ora adottato una posizione di opposizione formalizzata, all’accettazione della FC
come modalità valida per sviluppare l’espressione nelle persone con disturbi.
Questi corpi professionali includono: The American Association on Mental Retardation, The
American Academy of Child & Adolescent Psychiatry e la The American Speech-LanguageHearing Association.
97
Non è compito del Nas sostenere o raccomandare qualunque particolare approccio usato con le
persone autistiche, ma siamo ovviamente disponibili a condividere informazioni con chiunque sia
interessato alla FC.
Dimostrare come la FC può funzionare, con chi e come il modello generale può essere migliorato,
è ora responsabilità di chi propone questo metodo.
98
USO DEL COMPUTER PER LE PERSONE AUTISTICHE
Questo “Sheet” offre una breve introduzione all’uso delle tecnologie informatiche da e per le persone
autistiche. Per una consultazione più dettagliata i lettori devono riferirsi agli articoli e ai siti web
elencati.
Introduzione
I commentatori ed i medici hanno notato la validità, per le persone con disturbi dello spettro
autistico, dell’utilizzo del computer sia da un punto di vista terapeutico che educativo. Murray
(vedi “Bibliografia generale”) ha notato che le persone con disturbi dello spettro autistico, pare
abbiano sistemi di interesse monotropici (Monotropic Interest System): la loro attenzione tende
a fissarsi su oggetti isolati che sono visti come fossero dentro un tunnel, separati dal contesto.
I computer sono una risorsa ideale per irrompere in questo mondo, dato che “iniziano dov’è il
bambino”, permettendo interazioni contropiche (Contropical Interactions), unendosi al tunnel
dell’attenzione dell’individuo. Gli eventi esterni possono essere ignorati più facilmente quando ci
si focalizza sullo schermo di un computer dato che l’area di concentrazione è limitata dai bordi
dello schermo. La piccola area d’attenzione può spiegare perché alcune persone autistiche
possono tollerare input sensori più alti via computer rispetto a quelli che possono tollerare in
qualunque altro modo.
Dato che i computer offrono un ambiente, svincolato dal contesto, nel quale molte persone
autistiche si sentono a proprio agio, i terapeuti e gli insegnanti stanno aumentando l’uso di
strumenti di realtà virtuale per insegnare abilità di vita, come l’attraversare la strada, e abilità di
tipo sociale, come il riconoscere le emozioni nelle altre persone.
Altri vantaggi per gli individui autistici sono relazionati al fatto che i computer:
− sono prevedibili e dunque controllabili;
− permettono di fare errori in tutta sicurezza;
− offrono un medium altamente perfettibile;
− danno possibilità di espressione verbale e non-verbale.
Murray suggerisce che è importante permettere al bambino autistico la libertà di esplorare i
computer prima di provare i programmi con scopi più didattici. Dato che i computer seguono le
scelte degli individui e offrono un ambiente di rinforzo semplificato e altamente positivo, essi
possono essere di grande beneficio per la popolazione autistica. Possono servire da aiuto per
rendere la comunicazione efficace, specie fra la persona autistica e chi si prende cura di lui.
Possono motivare gli individui autistici a parlare (sia al computer che ad un’altra persona), a
leggere o a mostrare e condividere le loro conquiste.
I computer possono creare coscienza di sé in quanto, toccando un tasto, il bambino determina
cambiamenti visibili sullo schermo. L’uso del computer è un processo interattivo, che può essere
documentato usando giochi fra due persone. Non solo promuove coscienza sia di sé che degli
altri, ma il giocare con il computer permette alle persone autistiche anche di comunicare con
un’altra persona n
i un ambiente non verbale. Offre un’entità attraverso la quale due persone
possono impegnarsi in un “meccanismo di risposta riflessa inanimata e asociale”.
Murray sottolinea che a tutti gli individui autistici sia garantito l’accesso ad un computer, a
scuola o a casa. Per ottenere il maggior beneficio sarebbe meglio assicurarsi che coloro che si
occupano del bambino siano attrezzati adeguatamente per fornire l’aiuto necessario. Sarebbe
utile che avessero famigliarità con il software disponibile non per comp etere con i bambini, ma
99
per fornire loro, quando usano il programma, validi suggerimenti. Molti bambini autistici
troveranno quest’esperienza capace di accrescere la sicurezza in sé e ciò è probabile riduca i
comportamenti provocatori e di sfida.
Una volta che l’individuo è a proprio agio nella relazione con il computer, il suo potenziale
educativo può essere realizzato attraverso l’uso di programmi educativi individualizzati.
Questo factsheet evidenzia prevalentemente il valore educativo e sociale dei comp uter per le
persone autistiche. Ma, per le stesse ragioni per cui i computer possono essere utili mezzi di
apprendimento per le persone autistiche, molte persone dello spettro autistico ad alto
funzionamento, scoprono di essere davvero brave nei lavori che prevedono l’utilizzo dei
computer. Molti fra coloro che partecipano al “Prospects”, il servizio di impiego finanziato dalla
National Autistic Society, dispongono di abilità e di aree di conoscenza altamente specializzate,
come una notevole memoria per i fatti e le figure e abilità numeriche fuori dalla norma. La
tecnologia e l’informatica possono fornire alle persone autistiche o con Sindrome di Asperger,
un’opportunità per massimizzare il loro potenziale lavorativo.
Scegliere l’hardware del computer per le persone autistiche
Molte persone autistiche saranno a proprio agio usando computer hardward di tipo standard.
Alcune, però, potranno trovare più facile usare degli strumenti adattati in modo speciale. Le
persone con difficoltà motorie fini, possono usare touch screens, joysticks e switches invece del
mouse standard e/o della tastiera per interagire con il computer.
I bambini che trovano la
tastiera standard troppo complessa potrebbero preferirne una con pulsanti più grandi o con un
overlay grafico (un ‘overlay’ è una tavola piatta con una struttura molto semplice formata da
lettere, parole o disegni, che può essere usata invece di, o di fianco a, una tastiera standard).
100
TERAPIA DELLA VITA QUOTIDIANA: HIGASHI
Le informazioni fornite da questo factsheet furono originariamente elaborate da Wendy Welch
della scuola Higashi, Boston, Usa, per il libretto:
“Approaches to ’Autism” , 3 ed., London, The National Autistic Society, 1997. 1899280154. Guida comprensiva
ad alcuni dei molti diversi approcci che sono usati nell’educazione e nella cura dei bambini e degli adulti
autistici.
Storia e filosofia
Il Boston Higashi School Inc., è un programma internazionale indirizzato ad individui autistici di
età compresa fra i 3 ed i 22 anni. La sua filosofia è basata sulle credenze, ampiamente
riconosciute, della terapia della vita quotidiana, sviluppate dallo scomparso Dott. Kiyo Kitahara di
Tokyo, Giappone. L’approccio olistico cattura l’essenza dell’umanità e riflette la sensibilità e la
sensitività, l’intelletto e le estetiche del genere umano, dando armonia a tutti gli aspetti della
vita.
Il metodo del Dott. Kiyo Kitahara fornisce ai bambini un’educazione sistematica attraverso le
dinamiche di gruppo, il ‘modelling’ e l’attività fisica. Il target di quest’approccio educativo è che
lo sviluppo, dei bambini coinvolti, sia il più possibile vicino alla normalità, non solo fisicamente ed
emotivamente, ma anche intellettualmente per permettere loro il raggiungimento di indipendenza
sociale e dignità.
Programmi e servizi
La terapia della vita quotidiana è una metodologia svolta entro l’ambito educativo dello sviluppo
normale. basato su: dinamiche di gruppo, educazione fisica, arte, musica, attività scolastiche e
training personalizzato. Il linguaggio e un approccio comunicativo sono usati assieme
all’acquisizione del linguaggio e allo sviluppo delle abilità comunicative. Il centro informatico,
dotato di software all’avanguardia, promuove il linguaggio e l’abilità della lettura e della scrittura.
Sono enfatizzate le attività scolastiche strutturate sulle abilità personali. L’educazione fisica e
l’esercizio vigoroso riducono l’ansietà, danno resistenza e stabiliscono ritmo e routine. Gli esercizi
fondati sul principio dell’integrazione sensoria e della stimolazione vestibolare sviluppano la
coordinazione e l’interazione cooperativa di gruppo.
Le attività scolastiche, nelle aree del linguaggio, delle arti, della matematica, degli studi e delle
scienze sociali, sono compatibili con i normali curricula scolastici al fine di preparare ogni
studente ad una possibile inclusione. L’arte e la musica forniscono valide opportunità per
raggiungere abilità e apprezzamento dell’estetica.
Il programma residenziale è un servizio educativo correlato, strutturato per insegnare l’abilità del
vivere quotidiano e le capacità sociali e per aiutare il programma giornaliero a far mantenere e
compiere i progressi educativi agli studenti. Il programma residenziale è una componente
educativa atta ad ottimizzare l’inclusione a vita nella comunità, nel mondo, e non un posto che
fornisce possibilità di vita a lungo termine. Il servizio di aiuto alle famiglie offre training e
coinvolge i genitori in meeting di studio regolarmente pianificati.
Il programma giornaliero opera 217 giorni all’anno mentre quello residenziale 304.
IL PROFILO SCOLASTICO
Età incluse nel programma:
3-22
101
Età di ammissione:
3-12 e fino a 16
Iscritti attuali:
102
102
LOVAAS
I genitori e gli operatori sono incoraggiati ad indagare fra gli approcci disponibili per, basandosi
sui propri bisogni, individuare quello più appropriato per ogni individuo.
Questo Factsheet non deve essere considerato una raccomandazione. Vuole essere la base di
studi successivi.
Cos’e’ il metodo Lovaas
Il metodo Lovaas è un approccio terapeutico intensivo, precoce e comportamentale per bambini
autistici o con altri disturbi ad esso relazionati. E’ conosciuto anche come “Programma UCLA
(University of California Los Angeles) del Dott. Lovaas”, “”Home based Behavioural Intervention”
e “UCLA Model of Applied Behavioural Analysis”, come sviluppato nell’Istituto Lovaas per
l’Intervento Precoce18.
E’ basato su un’ampia esperienza e sulle ricerche cliniche, portate avanti, negli Usa, per più di
trent’anni, dallo psicologo Dr O. Ivar Lovaas.
Durante la fine degli anni ’60 e negli anni ’70, Lovaas lavorò con bambini, diagnosticati come
autistici, non verbali e istituzionalizzati. Concentrò il suo lavoro sulla comunicazione verbale
usando strategie di analisi comportamentale applicata.
In quel periodo, il lavoro di Lovaas fu mo lto criticato dai suoi colleghi, rappresentanti di un
approccio psicodinamico, perché molti bambini perdevano le abilità verbali acquisite, una volta
terminato il programma e tornati alla vita istituzionalizzata. Coloro che tornavano dai genitori,
che volevano essere informati sul trattamento, ottennero comunque risultati di molto migliori. Ciò
ha evidenziato l’importanza crescente del ruolo dei genitori nel processo educativo.
Lovaas continuò a lavorare con i bambini più piccoli, dai 2 ai 4 anni, a casa loro e con i loro
genitori coinvolti nel trattamento per capire se le nuove abilità imparate potessero essere
mantenute. I bambini ricevettero 40 ore a settimana di input strutturati sulla base di una
relazione 1 ad uno, da studenti che avevano seguito un training particolare, ed il cui lavoro fu
controllato da vicino dal Dr. Lovaas e dal suo staff.
I risultati furono pubblicati nel 1987 e destarono grande interesse dato che fino ad allora, non vi
erano state ricerche che avessero mostrato quali positivi risultati era possibile ottenere con
strategie comportamentali.
Lovaas comparò tre gruppi di 20 bambini:
1. Il gruppo sperimentale di bambini che ricevettero 40 ore a settimana di
trattamento;
2. Un primo gruppo di controllo che ricevette 10 ore di trattamento comportamentale
assieme ad altri trattamenti provenienti da risorse diverse, ad es. quelle fornite da
piccole classi educative speciali;
3. Un secondo gruppo
comportamentale.
di
controllo
che
non
ricevette
nessun
trattamento
Lovaas descrisse i risultati del primo gruppo, sperimentale, come segue:
− Un gruppo di individui fu capace di migliorare e, seguendo l’intervento, non
dimostrò più le caratteristiche dell’autismo. Lovaas affermò che il 47% dei
18
Lovaas Institute For Erly Intervention
103
bambini che lavorò 40 ore a settimana a casa, raggiunse un “funzionamento
normale” entro il tempo che permise loro di entrare con successo, a tempo
pieno, nel sistema educativo “normale” entro l’età di 7 anni.
− Un gruppo intermedio (40%) fece progressi sostanziali ma continuò a mostrare
caratteristiche autistiche. Molti di loro continuarono ad avere difficoltà di
linguaggio o una disfunzione intellettuale.
− Un piccolo numero (10%) ricevette poco o nessun beneficio dall’intervento.
I risultati mostrarono anche che i bambini che seguirono il programma di Lovaas per due anni o
più, guadagnarono una media di 30 punti di Q.I. mentre i bambini degli altri due gruppi non
ottennero alcun miglioramento del Q.I.
Uno studio successivo realizzato da McEachin, Smith e Lovaas nel 1993, indicò che la
maggioranza aveva mantenuto i loro miglioramenti durante l’adolescenza. Apparvero essere a
funzionamento normale e in interviste con medici inconsapevoli, venne detto che essi erano
indistinguibili dai bambini senza storia di autismo.
Cosa coinvolge il programma
Lovaas ed i suoi colleghi raccomandano che il trattamento inizi il prima possibile, preferibilmente
prima che il bambino abbia 5 anni e, idealmente, prima dei 3 anni e mezzo. Ciò è necessario al
fine di insegnare abilità di base sociali, educative e della vita quotidiana. Può anche ridurre i
comportamenti stereotipati e distruttivi prima che si stabilizzino definitivamente.
Il programma a casa consiste di 40 ore settimanali di terapia intensiva.
I risultati degli studi di Lovaas mostrano l’importanza del mantenere queste ore per massimizzare
i benefici al bambino. La terapia è strutturata sulla base di 1 educatore, 1 bambino, per 6/8 ore
giornaliere per 5/7 giorni alla settimana, per due anni o più. Le lezioni sono di circa 2/3 ore,
seguite da una pausa. L’intensità della terapia determina il bisogno di stabilire un “team di
programmazione” normalmente formato da almeno 3 persone. Questi educatori hanno tutti
completato il programma di training totale.
La partecipazione famigliare è un elemento molto importante nel trattamento, perché come i
ricercatori avevano a loro volta evidenziato, le abilità imparate in ambienti medici e in classi
speciali, non si trasferiscono nell’ambito famigliare se non vi è un coinvolgimento dei genitori nel
trattamento del bambino. Tutte le abilità sono suddivise in piccoli obiettivi raggiungibili ed
insegnati in modalità molto strutturate ed accompagnate da molti complimenti e rinforzi. Gli
esempi di rinforzi sono: piccoli bocconi di cibo, uso di uno dei giocattoli preferiti, ricompense
sociali come elogi verbali, abbracci o solletico. Gradualmente il cibo e gli altri rinforzi artificiali
sono sostituiti, se possibile, da rinforzi più sociali e legati alla vita di tutti i giorni. I
comportamenti aggressivi o auto-stimolatori sono ridotti o sostituiti attraverso l’ignorarli o
attraverso l’introduzione di forme di comportamento socialmente più accettabili.
Il programma di intervento progredisce molto gradualmente dall’insegnamento delle abilità basilari
di auto-aiuto e di linguaggio, all’insegnamento delle abilità imitative verbali e non, e allo stabilire
gli inizi del gioco con i giocattoli.
Una volta che il bambino ha raggiunto dei risultati ottimali in questi obiettivi, inizia il secondo
livello che insegna il linguaggio espressivo, della prima astrazione ed il gioco interattivo con i
compagni. I livelli più avanzati dell’intervento potranno essere insegnati al bambino sia a casa
che a scuola.
104
La modificazione comportamentale
La modificazione comportamentale è basata sul fatto che le conseguenze piacevoli possono
promuovere un buon comportamento e quelle spiacevoli, come una punizione, possono ridurre un
comportamento inaccettabile. Negli anni ’60 e ’70, le procedure contrarie, le punizioni, erano
usate dagli analisti comportamentali di tutti i tipi, quando i trattamenti alternativi fallivano e se il
comportamento del cliente era pericoloso per lui o per gli altri.
La modificazione del
comportamento è stata criticata per questa ragione. Nel suo primo lavoro Lovaas difese l’uso
delle punizioni corporali in situazioni in cui il bambino usava comportamenti autolesionisti o autostimolatori. Constatò che comunque, le procedure contrarie costituivano, nel suo programma,
non più dell’1% delle interazioni tipiche e che, generalmente, non erano più necessarie dopo le
prime settimane.
Il progetto dell’UCLA non implica più le punizioni corporali mentre viene posta più enfasi sulle
procedure positive di rinforzo.
Quali sono i benefici?
Lovaas ed i suoi colleghi credono che, con un intervento precoce, un’ampia minoranza di bambini
autistici o con disturbi ad esso relazionati, sia capace di ottenere un’educazione e un
funzionamento intellettuali normali entro i 7 anni di età. Per i bambini che non raggiungono un
funzionamento normale viene solitamente riportata una sostanziale diminuzione dei
comportamenti inappropriati e l’acquisizione di un linguaggio di base.
Sulla validità dei risultati di Lovaas, durante gli ultimi vent’anni, sono stati scritti numerosi articoli
e critiche e si sono svolte molte discussioni.
Il trattamento è estremamente lungo ed intensivo e può dimostrarsi molto costoso. Un
crescente numero di genitori ha comunque usato questo metodo ed è stato contento dei
risultati ottenuti.
Recentemente c’è stato un rinnovato interesse per il metodo Lovaas conseguente alla
pubblicazione di “Let Me Hear Your Voice” (“Lasciami ascoltare la tua voce”), la descrizione
toccante di Catherine Maurice sull’uso del metodo Lovaas con i suoi due bambini.
105
MUSICOTERAPIA
La musicoterapia è stata accettata come intervento utile per le persone autistiche, fin dalla sua
introduzione nel Regno Unito negli anni ’50 e ’60, da medici come Juliette Alvin, Paul Nordoff e
Clive Robbins. Sebbene la musicoterapia possa essere usata con persone con altri disturbi fisici,
cognitivi ed emotivi, porta benefici particolari alle persone autistiche; molto del lavoro iniziale
svolto da terapeuti come Alvin, Nordoff e Robbins fu con questo tipo di pazienti.
Dal 1982 questa professione è stata riconosciuta dal National Health Service come una
‘Profession Allied to Medicine’ (professione correlata alla medicina) e, nel 1999, nel Regno Unito,
la musicoterapia è diventata una professione registrata statalmente. Ci sono ora più di 200
musicoterapeuti ufficialmente registrati. Molti sono impegnati dal Health Service, dalle autorità
educative locali e dai servizi sociali, altri lavorano autonomamente.
I dipartimenti di musicoterapia sono ben organizzati entro alcuni “Child Development Centres”
(Centri per lo sviluppo del bambino) ed entro altri possibili fornitori di cure primarie e terziarie.
Inoltre, anche alcune organizzazioni caritative forniscono servizi di musicoterapia- fra di esse: il
Nordoff Robbins Music Therapy Centre ed il MusicSpace (vedi: “organizzazioni utili”, sotto).
L’Associazione dei Musicoterapeuti Professionali (Association of Professional Music Therapists –
APMT) può mettere i clienti, o gli operatori, in contatto con un musicoterapeuta che lavora nella
loro area.
La musicoterapia è una professione riconosciuta, in più di 50 paesi oltre al Regno Unito. E’ stata
formata la World Music Therapy Federation per promuovere la comprensione, l’uso e lo sviluppo
della musicoterapia per la salute mentale del mondo intero.
Diventare un musicoterapeuta
Per diventare un musicoterapeuta professionista è necessario innanzitutto avere un diploma o
una laurea in musica, o una istruzione simile nell’ambito musicale ed una laurea in un’altra
materia rilevante, ad es. psicologia.
Nel Regno Unito ci sono ora 7 università che offrono una specializzazione post-laurea in
musicoterapia. La APMT possiede una lista aggiornata dei corsi.
Musicoterapia ed autismo
Gli studi dei casi effettuati dai musicoterapeuti (Agrotou, 1998; Alvin e Warwick, 1991; Nordoff e
Robbins, 1985; ecc.) indicano che, sebbene in modo più limitato che nella comunicazione
musicale attuata con un bambino con sviluppo normale, nelle persone autistiche, la musica può
stimolare e sviluppare una comunicazione più significativa e divertente. Ovviamente ciò si
verifica di più con certi individui che con altri, ma è generalmente ottenuta un’universale
capacità di risposta di un qualche tipo, alla musica che fa si che i bambini autistici non debbano
essere esclusi da questo piacere universale.
Il fare musica coinvolge molti degli elementi fondamentali dell’interazione sociale –l’autocoscienza
e “l’autorelazione con un altro”. Per questo, gli aspetti musicali del conteggio del tempo
interpersonale –la sensibilità alla reciprocità nel gioco condiviso, il parlare a turno, l’ascoltare ed
il rispondere ad un’altra persona- possono essere aumentati in musicoterapia, con i
bambini/adulti autistici al fine di meglio strutturare ed indirizzare i loro stili di comunicazione,
frequentemente idiosincratici e di tipo evitativo.
Piuttosto che insegnare un gruppo di comportamenti, che potrebbero essere allora specifici alla
musicoterapia stessa o al contesto musicale, la musicoterapia incoraggia invece l’aumento della
106
autocoscienza/coscienza degli altri, portante ad interazioni sociali più visibili. La terapia stimola e
sviluppa l’uso comunicativo della voce e del dialogo pre-verbale con l’altro, costruendo
significato e relazione per stabilire lo sviluppo del linguaggio. Il cliente può anche beneficiare
dell’aumentata tolleranza al suono, della tolleranza e capacità alla comunicazione a due vie,
dell’opportunità di esercitare l’attenzione condivisa e degli altri bisogni emotivi incontrati nel
processo terapeutico.
E’ controverso (Brown, 1994) che la partecipazione alla musicoterapia permetta alla persona
autistica di aver esperienza, e di esplorare, una più ampia gamma di emozioni. La natura della
musica è il combinare una struttura sicura con un cambio costante; nella terapia la musica può
formare un ambiente familiare al quale la persona autistica può partecipare, occasionalmente
divergendo in episodi di gioco più spontaneo e di nuove esperienze, in accordo con (o qualche
volta leggermente indietro) le proprie abilità.
Quando è stabilito un gioco significativo con il cliente, i modelli di comportamento ossessivocompulsivo, l’autolesionismo e gli altri comportamenti di questo tipo, solitamente diminuiscono,
sebbene ciò dipenda ampiamente dall’individuo e dalla sua famiglia, oltre che dalle loro
circostanze sociali, educative e generali.
La musica è usata sempre più come parte di programmi di intervento precoce per bambini
autistici, perché è stato riconosciuto che l’interazione musicale stimola un comportamento
comunicativo simile alle prime interazioni emotive fra madre e neonato, che è cruciale nello
sviluppo successivo delle abilità sociali, ma è solitamente molto limitato dall’autismo del bambino.
Per tutti i gruppi di età, la musicoterapia è, il più delle volte, parte di un programma
multidisciplinare che offre un ricco ambiente educativo per lo sviluppo della comunicazione e
degli altri aspetti della personalità del bambino.
Quale teoria c’e’ dietro la musicoterapia?
Il trattamento è basato sul fatto che tutte le persone hanno un’innata capacità di risposta alla
musica e che questa capacità può rimanere, malgrado handicap fisici, cognitivi ed emotivi e che
può essere usata per costruire una relazione fra il terapeuta ed il cliente. I musicoterapeuti
parlano del ritmo del nostro battito cardiaco, della melodia della voce e del turno nel dialogo
interattivo fra un neonato e sua madre per evidenziare come la musicalità sia una caratteristica
umana di base.
Robarts (1998:176) descrive questi fenomeni come una “gerarchia musicale o un’orchestrazione
di auto-regolazione ed auto-organizzazione”. E visto che la musica è così integrata nel nostro
essere, “attraverso il lavorare per liberare le limitazioni musicali della persona, le resistenze e le
difese, e attraverso il costruire sui punti di forza dei suoi elementi musicali, dei suoi
comportamenti e delle sue strutture entro una relazione improvvisazionale, noi lavoriamo
simultaneamente verso il rimarginare anche gli altri aspetti cognitivi, fisici, neurologici ed emotivi
del suo essere “ (Brown, 1994:18).
Quali forme prende la terapia?
Ci sono diversi approcci alla musicoterapia, ma la maggior parte di essi poggia sulla
improvvisazione musicale spontanea. Il terapeuta usa strumenti a percussione o a corde, o la
propria voce, per rispondere in modo creativo ai suoni prodotti dal cliente ed incoraggiarlo a
creare il proprio linguaggio musicale. Gli strumenti saranno selezionati fra quelli incapaci di
spaventare il cliente; alcune persone hanno una forte preferenza per un tipo di suono e trovano
gli altri intollerabili: questo approccio individualistico è uno dei punti di forza della musicoterapia
per le persone autistiche. L’obiettivo è creare un contesto di suoni nel quale il cliente si sente a
107
proprio agio e sicuro di sé tanto da esprimere se stesso, da sperimentare una più ampia gamma
di emozioni e da scoprire cos’è probabile ci sia in una relazione comunicativa a due vie.
Le canzoni semplici, i pezzi o gli stili musicali possono essere usati tanto da diventare un
elemento ricorrente nelle sessioni terapeutiche, ma questi saranno comunque sempre usati
flessibilmente per assolvere l’umore e i bisogni clinici o dello sviluppo, del cliente in ogni momento
dato. Infatti la musica come terapia ha bisogno di non cadere nei modelli convenzionali od
addirittura di usare le parole; il musicoterapeuta può rispondere ai pianti, agli urli ed ai movimenti
corporei del cliente
in quanto essi hanno tutti ritmo e timbro e sono suscettibili di
organizzazione in termini musicali.
E’ importante sottolineare la differenza fra la musicoterapia e le lezioni di musica –nel contesto
terapeutico, non è insegnato, al paziente, a suonare alcuno strumento e se egli potrà acquisire
conoscenze musicali nel corso delle sessioni terapeutiche, questo sarà un effetto secondario e
non lo scopo primario della terapia.
Le sessioni di musicoterapia di solito sono tenute settimanalmente -il numero e la durata delle
lezioni è deciso di norma, precedentemente, per calzare i bisogni particolari e le circostanze del
cliente.
Potrà capitare che un cliente risponda meglio alla musicoterapia come parte di un
gruppo che di una relazione 1 ad 1 fra lui ed il terapeuta. Dato che, per questo gruppo di clienti
sono importanti anche la struttura e la consistenza, a livello ideale, la musicoterapia si svolge
nello stesso luogo ogni settimana, in una stanza silenziosa nella quale non vi sono distrazioni. Le
lezioni possono essere registrate su cassette o video per rendere possibile al terapeuta lo
sviluppo di componenti musicali significative per lo sviluppo dell’individuo, da una settimana
all’altra. Queste registrazioni sono normalmente trattate come appunti clinici confidenziali; in
alcuni casi il video è comunque usato per condividere il lavoro con i genitori e gli altri operatori e
per scopi di insegnamento clinico.
La musicoterapia interattiva
Wendy Prevezer (1990) ha descritto il suo uso della “musicoterapia interattiva” con i bambini
autistici della Southerland House School. La Prevezer ha usato la musica per rinforzare il lavoro
che stava facendo nella terapia d’eloquio e linguaggio e non come un medium dotato di un suo
proprio potenziale guarente.
Il suo metodo differisce dalla musicoterapia nel fatto che il musicoterapeuta interattivo non deve
essere un musicista e non deve nemmeno aver ricevuto un training in uno dei corsi riconosciuti
(APMT) (vedi anche Chandler 1997, Christie e Wimpory 1986, e Wimpory et al., 1995).
La ricerca in musicoterapia
L’efficacia della musicoterapia come intervento per le persone autistiche è ampiamente
affermata dalla evidenza aneddotica di genitori e operatori. Gli studi dei casi pubblicati durante
gli anni dagli stessi terapeuti (Alvin e Warwich, 1991; Nordoff e Robbins, 1985; Nolan, 1989 e
altri) descrivono modifiche significative nel comportamento comunicativo e sociale degli individui
autistici che hanno preso parte alla musicoterapia. La ricerca di Nordoff e Robbins (1964-1968)
produsse valutazioni e scale di punteggi per la Child-Therapist Relationship and Musical
Communicativeness: un esempio precoce di ricerca qualitativa in musicoterapia (Robarts, 1998).
La natura della terapia, che è costruita sulle relazioni 1 ad 1 e sugli stati emotivi degli individui,
ha reso difficile ottenere prove scientifiche del suo successo; non c’è controllo neutrale rispetto
al quale misurare i risultati apparenti e il preconcetto dell’osservatore può sempre essere
presente.
108
Più recenteme nte, la collaborazione fra i ricercatori psicologici e i musicoterapeuti ha elaborato
dei risultati, entro tipologie sia qualitative che quantitative. Le fondamenta musicali della
comunicazione nella interazione normale fra genitore e neonato, sono state scientificamente
stabilite nella ricerca dello sviluppo infantile.
Robarts (1998) e Pavlicevic (1997) hanno dimostrato come l’adattamento e l’aumento clinico dei
primi modelli di comunicazione sia fondamentale per un uso terapeutico della musica.
Studi controllati, come quelli di Edgerton (1994) e Aldridge, Gustorff e Neugebauer (1995),
hanno confermato che l’improvvisazione nella musicoterapia può aumentare il comportamento
comunicativo dei bambini autistici e che queste abilità sono poi generalizzate agli altri contesti.
Sono comunque necessarie ulteriori ricerche basate su maggiori dati concreti per spiegare il
successo della musicoterapia.
Organizzazioni utili
Association of Professional Music Therapists (UK)
http://www.roehampton.ac.uk/artshum/apmt/apmt.html
Corpo professionale dei musicoterapeuti qualificati nel Regno Unito. Può consigliare fra i corsi di
musicoterapia e mettere in contatto clienti e terapeuti.
British Society for Music Therapy
http://www.roehampton.ac.uk/artshum/bsmt/bsmt.htm
Promuove l’uso e lo sviluppo della musicoterapia. Pubblica giornali, monografie e video, organizza
conferenze e meeting.
MusicSpace
Leslie Bunt, Director,
The Southville Centre,
Beauley Road,
Bristol BS3 1QG
U.K.
The Nordoff-Robbins Music Therapy Centre
http://www.nordoff-robbins.org.uk/
Offre sessioni di musicoterapia a Londra; training per operatori e pubblico; mantiene un centro
documentario e promuove la ricerca.
World Federation of Music Therapy
http://www.psychotherapie.org/MUTIG/wfmt.html
109
L’USO DEL SUPPORTO VISIVO
Introduzione
La triade dei comportamenti che definisce il disturbo dello spettro autistico include difficoltà
nella comunicazione sociale. La comunicazione consiste nello scambio di messaggi fra le persone;
nell’espressione dei bisogni; nella condivisione di pensieri, idee e sentimenti. La comunicazione
spesso, ma non sempre, coinvolge l’uso del linguaggio verbale o scritto. Gli esseri umani usano
la comunicazione nelle diverse situazioni sociali e provano piacere nel condividere una
conversazione. I bambini con un disturbo dello spettro autistico hanno difficoltà a scoprire la
forza ed il piacere della comunicazione sociale. Tendono ad impegnarsi meno negli scambi di ogni
giorno con chi si prende cura di loro e spesso sono più lenti a sviluppare il linguaggio. Possono
anche avere difficoltà di apprendimento che interferiscono a loro volta con l’apprendimento del
linguaggio.
Le persone autistiche tendono comunque ad imparare visivamente e la visualizzazione dei
significati della comunicazione può aiutarli a capire e ad usare il processo della comunicazione incoraggiando così lo sviluppo del linguaggio parlato e della comunicazione sociale appropriata.
Temple Grandin (una studiosa americana degli animali, affetta da autismo) descrive come pensi
tramite figure e come le parole siano per lei un secondo linguaggio (Grandin, 1995). Coloro che
pensano visivamente possono essere aiutati tramite aiuti visivi e tramite l’approccio TEACCH che
incoraggia l’uso della “struttura visiva” per ridurre lo stress e promuovere l’apprendimento nelle
persone autistiche, rendendo il loro ambiente più facilmente comprensibile. Gli aiuti visivi
possono aiutare le persone autistiche a dare un senso al mondo e alle altre persone, incluso il
processo di comunicazione.
Modalita’ visive per aumentare e facilitare la comunicazione
Ci sono molte modalità basate sulla visualizzazione per aiutare la comunicazione nelle persone
autistiche. La visualizzazione dei significati può essere usata per accompagnare o “aumentare”
le parole dette al fine di aiutare le persone autistiche a capire le informazioni verbali. Possono
anche essere usate per aiutare le persone preverbali ad esprimere i propri bisogni attraverso il
domandare cosa vogliono.
Oggetto, fotografia o simbolo?
Oggetti, fotografie, simb oli illustrati e parole scritte possono essere utili per accompagnare
l’eloquio: la scelta del quale dipenderà dai bisogni dell’individuo. L’uso di “oggetti di riferimento”
era tradizionalmente considerato più appropriato per un primo livello di sviluppo, seguito poi
dall’uso di fotografie e solo più tardi da quello dei simboli. I simboli illustrati (disegni lineari
solitamente accompagnati dalla parola scritta) sono una via per migliorare (o “aumentare”) la
parola verbale, per aiutare a comunicare coloro che imparano visivamente.
Come con molti aspetti dello sviluppo, la normale propensione di sviluppo dall’oggetto alla foto al
simbolo, può, nell’autismo, non essere appropriata –infatti la persona autistica trova, alle volte,
un simbolo disegnato tramite ilnee, meno confuso che una fotografia dettagliata. Le persone
autistiche tendono a percepire i dettagli in modo più potente rispetto all’intero (possono essere
“incapaci di vedere il legno dagli alberi”) e possono confondersi o divenire ansiosi se la fotografia
usata (es. quella di un particolare tipo di caramella o di un certo campo di gioco) non
corrisponde esattamente all’oggetto reale o al posto al quale si riferisce. Alcune persone
autistiche sono capaci di riconoscere le parole scritte più facilmente dalle parole verbalizzate
(“Hyperlexia”) cosicché è consigliabile usare sempre i simboli illustrati unitamente ad una parola
scritta (in minuscolo). Ciò potrà aiutare la persona autistica ed altre persone a capire il simbolo.
I simboli illustrati sono facilmente capibili dal pubblico generale (specie se usati in associazione
110
con la parola scritta) e stanno cominciando ad essere più facilmente disponibili con la diffusione
del computer, che ha generato altri sistemi, oltre ai migliori set di disegni disponibili dai fornitori
dell’educazione.
Etichettare: capire i nomi delle cose e dei luoghi
I simboli illustrati dovrebbero inizialmente essere associati con le cose che rappresentano
attraverso “l’azione dell’etichettare”: attaccando un simbolo all’oggetto od al luogo che
rappresenta (es. ‘biscotto’ o ‘bagno’).
Una volta che la persona autistica ha iniziato ad associare il simbolo con la cosa reale (o il
posto), può essere introdotto allora un simbolo identico, a poca distanza dalla cosa in questione,
permettendo al genitore o all’educatore di mostrare il simbolo mentre sta raccontando alla
persona autistica cosa prendere o dove andare. Il simbolo diviene così “portabile” e può essere
usato lontano dalla cosa che rappresenta. La quantità di nuovi simboli che sarà possibile
introdurre varierà da persona a persona, ma sarà importante usare per primi i simboli che si
riferiscono a cose motivanti la persona autistica e aspettare chiari segni di comprensione prima
di introdurre un nuovo simbolo.
Imparare a chiedere: scambiare un simbolo per un oggetto desiderato
Le persone autistiche hanno difficoltà ad imparare come funziona la comunicazione. La loro
“cecità mentale” aumenta i problemi nel raffigurarsi come funziona la comunicazione. Se non
comprendi che qualcun altro può non conoscere cosa vuoi, perché fare lo sforzo di comunicare
cosa desideri? Per aiutare la persona autistica ad imparare come funziona la comunicazione, può
essere veramente utile insegnare loro a scambiare un simbolo per un oggetto desiderato.
Il sistema di Picture Exchange Communication System (PECS) fu sviluppato da Bondy e Frost per
aiutare i bambini più piccoli autistici ad imparare ad iniziare a domandare e a comunicare i loro
bisogni. Il PECS usa un programma basato sul comportamentismo per insegnare al bambino a
scambiare una carta illustrata con qualcosa che gli piace e che vuole. Possono essere usati
oggetti, pitture e simboli in accordo con il livello di sviluppo del bambino, ma molti bambini piccoli
autistici trovano che i disegni realizzati con linee meno dettagliate, siano più facili da capire,
specie quando accompagnati dalla parola scritta. Una parola ritagliata da un certo pacchetto di
patatine può essere rifiutata dal bambino autistico se viene usata con un altro tipo (o marca!),
laddove la forma più generale del simbolo sarà invece accettata come referente per tutte le
“patatine”.
Il PECS valuta per prima cosa le preferenze del bambino per un piccolo numero di cibi e di
giocattoli. Al bambino viene allora insegnato, seguendo un modello attentamente graduato su
piccoli livelli, a scambiare un simbolo rappresentante una delle cose volute con l’oggetto in se
stesso.
All’inizio sono necessari due adulti cosicché possa essere fisicamente (ma non
verbalmente) suggerito al bambino di scambiare il simbolo piuttosto che afferrare l’oggetto
desiderato. Si lavora su un oggetto (ed il suo simbolo) alla volta. Non sono dati suggerimenti
verbali.
La prima parola che il bambino ascolterà sarà il nome dell’oggetto, pronunciato
dall’adulto che lo offre, quando lo scambio è realizzato. Il secondo adulto è in piedi, dietro al
bambino, pronto ad offrire un “suggerimento fisico” per incoraggiare il bambino a scambiare il
simbolo, ma non parlerà mai. Una volta che il bambino impara ad offrire il simbolo, questo
secondo adulto non è più necessario.
Le sei fasi del PECS sono strutturate attentamente per rendere il bambino capace di imparare lo
scambio delle illustrazioni; per trovare attivamente qualcuno a cui dare il simbolo come richiesto;
per discriminare fra diversi simboli; per usare un libro trasportabile sulla comunicazione; e per
costruire frasi semplici sia di richiesta che di commento. Il bambino diventa gradualmente
indipendente dal suggerimento dell’adulto e impara che la comunicazione è un processo a due vie
111
che può essere indirizzato ai bisogni desiderati. Il PECS ha mostrato di facilitare lo sviluppo del
linguaggio verbale e di stabilire le basi della comunicazione precedentemente all’emergere
dell’eloquio sperato.
I bambini imparano a comunicare con il PECS perché sono altamente motivati a chiedere un
oggetto desiderato e perché il PECS insegna abilità esplicite visivamente, usando solo
suggerimenti fisici che possono essere gradualmente diminuiti, evitando così che il bambino
diventi dipendente dagli input degli adulti. Il PECS è facile da usare e non richiede attrezzature
costose, prove o training, sebbene siano disponibili corsi e video di istruzione per operatori
professionisti.
Fare scelte
I simboli illustrati possono essere usati anche per introdurre l’idea della scelta –per esempio con
il cibo. Se è stata stabilita la comprensione (e lo scambio) dei simboli per una varietà di cibi, gli
stessi simboli possono allora essere usati per mostrare le scelte disponibili e la persona autistic a
può essere incoraggiata a comunicare la scelta preferita. Le tavole di scelta possono essere
usate per il gioco e per le attività di svago, incoraggiando così la persona autistica a scegliere
un’attività disponibile (piuttosto che lasciarla passiva o a persistere ripetitivamente in
un’attività).
La struttura visiva
Le persone autistiche, sia verbali che non, possono avere benefici dall’uso di simboli illustrati
anche sulle tabelle degli orari che mostrano la sequenza delle routine giornaliere. Usando i simboli
illustrati in questo modo si possono evitare le crisi di collera o il crescere dell’ansietà ed è
possibile incoraggiare lo sviluppo dell’indipendenza in abilità come il vestirsi. Le tabelle degli orari
realizzate con i simboli possono essere adattate per essere usate a casa, a scuola, sul posto di
lavoro o in un ambiente di vita indipendente. Quest’uso della struttura visiva aiuta le persone
autistiche a capire il mondo attorno a loro e a sviluppare abilità di indipendenza. I simboli
illustrati possono aiutare a rendere organizzato e prevedibile il loro ambiente, incoraggiando un
comportamento tranquillo.
I simboli possono essere usati anche per aiutare la persona autistica a capire le possibili attività
disponibili, a rinforzare il concetto che qualc osa è “finito” e a mostrare alla persona autistica
cosa succederà dopo.
Quando è stata selezionata e completata un’attività alla persona
autistica può essere insegnato (se lo desidera) a mettere il simbolo dell’attività completata, in
un contenitore denominato “attività finite” dedicandosi poi a qualche cosa d’altro.
Quest’uso della “struttura visiva” fa parte dell’approccio TEACCH e può essere modificato per
essere usato, se necessario, attraverso tutta la vita della persona autistica.
112
METODO DELACATO19
C: Delacato inizialmente faceva parte, con G. Doman e R. Doman, di un gruppo di lavoro di
chiara impostazione medico-fisiatrica, dedicato alla riabilitazione di bambini cerebrolesi.
Una delle conclusioni del gruppo di lavoro era che lo sviluppo del bamb ino procede per stadi, i
quali, se vengono saltati, impediscono al bambino di raggiungere il suo potenziale. Compito del
programma di riabilitazione è far ripetere al bambino lo stadio che è stato saltato, e farglielo
ripercorrere in modo da stimolare il suo cervello allo sviluppo (Delacato, 1974). Inoltre, si
constatò che esistono diversi gradi di lesione cerebrale, dalla grave alla lieve, e che il fattore più
comune della lesione cerebrale lieve erano i problemi di percezione (tattile, visiva o acustica).
In seguito Delacato iniziò a lavorare con bambini normali dal punto di vista motorio, ma che
presentavano gravi disturbi del comportamento. Di qui passò a studiare l'autismo.
Dall'osservazione che molti dei sintomi di bambini cerebrolesi sono simili a quelli dell'autismo, inizia
a considerare gli atteggiamenti autistici come una conseguenza di un problema sensoriale o
percettivo.
I bambini autistici vengono considerati come cerebrolesi con gravi problemi sensoriali: non
potendo sfruttare gli stimoli che provengono dall'esterno, perché i canali di comunicazione col
cervello sono difettosi, essi cercano di normalizzare la via attraverso un comportamento
ripetitivo che va a stimolare il canale stesso.
I bambini autistici non sono dunque psicotici, ovvero non si comportano così per cause
psicologiche ma per motivi neurologici.
Vengono individuati 3 tipi di deficit sensoriale:
1. ipersensibilità: passa troppa parte di informazione al cervello e si crea un sovraccarico.
2. Iposensibilità: passa una parte troppo piccola di informazione che quindi non riesce ad
essere adeguatamente processata ed elaborata.
3. Rumore bianco: la percezione è disturbata da un'interferenza sensoriale interna, ovvero la
stessa attività dell'inefficiente sistema sensoriale crea interferenza nel sistema.
Per la cura di questo disturbo bisogna quindi prima aiutare il bambino a sopravvivere agli stimoli
per poi procedere a normalizzare il suo sistema sensoriale.
In sintesi (Delacato, 1974):
1. i bambini autistici non sono psicotici ma cerebrolesi
2. la lesione cerebrale causa disfunzioni percettive
3. le vie sensoriali sono anormali, di tre tipi: iper, ipo e rumore bianco.
4. Gli autismi (stereotipie) sono sintomi di lesione cerebrale
19
N.d.C .: Si è ritenuto o ppo rtuno inserire a questi “Fo gli di Info rmaz io ne”, no tiz ie sul
Meto do Delicato , no n presente nelle indicaz io ni della “Natio nal Autistic So ciety”;
se ne ripo rta l’illustraz io ne presentata nel sito “Autismo e Psico si Infantili”
http://w w w .alihandicap.o rg/ali/Altri%2 0 Trattamenti.html#delacato
113
5. Vengono qui chiamati atteggiamenti sensoriali, e sono tentativi di normalizzare le vie
sensoriali lese.
6. Il bambino cerca di curare se stesso
7. Cercando di farlo si distrae dalla realtà
8. Dall'osservazione del comportamento si possono individuare le vie lese
9. Si può capire se il deficit è di tipo iper, ipo o rumore bianco
10. Si possono normalizzare le vie offrendo al bambino l'esperienza e la stimolazione giusta
attraverso quella specifica via compromessa
11. Quando il canale è normalizzato, il comportamento ripetitivo cessa
12. Quando questo comportamento cessa, il bambino riesce a concentrarsi sul mondo reale.
13. A questo punto lo si curerà come si curano le lesioni cerebrali lievi, offrendogli
l'opportunità di ripercorrere lo stadio che è stato in qualche modo saltato.
Ulteriori informazioni possono essere reperite al sito internet www.delacato.com
114
I SERVIZI DI CURA PER LE PERSONE AUTISTICHE
Questo Fact Sheet è stato formulato per facilitare l’avvio del “NHS and Community Care Act
1990”. I contenuti sono comunque applicabili a tutti i servizi, presenti e futuri, destinati alle
persone autistiche.
I fattori che devono essere considerati durante la valutazione diagnostica delle persone
autistiche
L’autismo è un disturbo “enigmatico” che dura tutta la vita, causato probabilmente da un danno
organico cerebrale, piuttosto che da un trauma emotivo. Lo spettro delle condizioni autistiche
copre una gamma ampia. Varia dalla profonda gravità in alcuni soggetti a sottili problemi di
comprensione in altri di intelligenza apparentemente nella media o al di sopra di questa.
L’autismo è spesso associato ad altre difficoltà di apprendimento.
Le persone autistiche hanno un disturbo caratterizzato da una triade di compromissioni
qualitative quali:
− Assenza o compromissione dell’interazione sociale a due vie;
− Assenza o compromissione della comprensione o dell’uso del linguaggio e della
comunicazione non-verbale;
− Assenza o compromissione della verità flessibile dell’attività immaginativa, con
la sostituzione di una stretta gamma di interessi ripetitivi e stereotipati.
Questo disturbo porta a problemi ad esso relazionati che possono includere:
− Resistenza al cambiamento;
− Ossessione o comportamento ritualistico;
− Alti livelli di ansia;
− Mancanza di motivazione;
− Incapacità a trasferire le conoscenze da un setting ad un altro;
− Vulnerabilità e suscettibilità alla marginalizzazione sociale;
− Depressione;
− Comportamenti provocatori, di sfida;
− Autolesionismo.
Informazioni aggiuntive sul fornire servizi di cura alle persone autistiche
Le persone autistiche hanno bisogno, e il servizio dovrebbe fornire:
1. IPPs (Individual Programme Plans) individuale e dettagliato;
2. strategie dettagliate e specifiche per conquistare abilità di interazione sociale,
comunicazione ed indipendenza;
3. attività strutturate attentamente pianificate;
4. staff appropriati all’avvio delle strategie in tutti i livelli e disponibilità di personale di aiuto
in tutte le aree;
5. un ambiente fisico appropriato.
Il servizio e lo staff devono fornire:
1. costanza e stabilità nell’ambiente e in tutte le interazioni;
2. motivazione esterna continua e intervento positivo.
Il servizio ha anche la necessità di provvedere:
115
1. un sistema di aiuto per maneggiare ed alleviare lo stress dello staff;
2. istruzione specializzata per il personale fornente sia un programma di induzione che un
programma di mantenimento per rinforzare e aggiornare le abilità necessarie allo staff
stesso.
Il ruolo del personale è cruciale nel rendere le persone autistiche capaci di partecipare più
intensamente alla vita di ogni giorno. Lo staff necessita della totale comprensione della
menomazione sottostante e deve essere attento al modo in cui la persona autistica vede il
mondo.
I programmi di training per lo staff dovrebbero essere indirizzati a fornire:
1. la capacità di capire ed interpretare le comunicazioni verbali e non verbali della persona
autistica;
2. la capacità di tradurre situazioni, eventi e concetti in un linguaggio che può essere
compreso ed afferrato dalla persona autistica;
3. la sensibilità al riconoscimento dei livelli di ansia;
4. le abilità nella gestione e nella riduzione dei comportamenti di sfida;
5. il riconoscimento del valore del rinforzo ripetuto e l’abilità a fare un uso attento della
struttura al fine di contrattaccare la mancanza di motivazione insita in questo disturbo.
116
LE OPZIONI DIAGNOSTICHE NELL’AUTISMO: UNA GUIDA PER I
PROFESSIONISTI DELLA SALUTE
Pochi fra noi amano le “etichette”. Esse hanno comunque il proprio uso. Per i bambini autistici e
con la Sindrome di Asperger esse hanno un ruolo fondamentale. Senza un’accurata diagnosi
precoce i bambini con un disturbo dello spettro autistico possono essere condannati ad una vita
che fornisce loro servizi inadeguati, nella quale i loro bisogni speciali non sono considerati e la
loro vita futura non è valutata adeguatamente. Per gli adulti una specifica diagnosi corretta è
spesso cercata e valutata per la spiegazione che essa dà a quella che è un’esistenza confusa.
L’obiettivo della diagnosi è allora di:
− rendere possibile la comprensione;
− fornire una guida agli insegnanti, ai genitori e agli altri sulla natura delle
condizioni del bambino e sui possibili problemi conseguenti;
− suggerire modalità di gestione efficaci e strategie di insegnamento.
Diagnosi
La diagnosi di una condizione così complessa come l’autismo non è facile e non può essere fatta
attraverso una semplice analisi del sangue.
La diagnosi richiede sia un’attenta osservazione del comportamento che la storia dello sviluppo
del bambino fin dalla prima infanzia. Coloro che elaboreranno la diagnosi, guarderanno
specificatamente all’esistenza della triade di compromissioni e ai modelli di comportamento
ripetitivo.
Ma dato che l’autismo è spesso presente con altre diverse patologie, questo
processo non è così chiaro come parrebbe. Altri disturbi di apprendimento e altre patologie
indirizzano spesso colui che elabora la diagnosi fuori strada, lontano dalla diagnosi corretta.
Addirittura medici professionalmente vicini all’autismo, trovano difficile riconoscere alcuni individui
con questo disturbo (Larcombe, 1998).
La necessita’ della diagnosi precoce
E’ generalmente accettato che prima viene elaborata una diagnosi valida meglio è per il bambino,
la famiglia e coloro che sono attorno a loro. Ciò perché le strategie efficaci possono essere
impiegate solo se è conosciuta la reale natura delle condizioni del bambino. Sarà vitale per la
famiglia ricevere un aiuto precoce dall’esterno, sia per ridurre lo stress all’interno della famiglia
stessa che per assicurarsi che i comportamenti problematici del bambino non si stabilizzino. Una
volta stabilitesi, essi diventano infatti sempre più, con la crescita del bambino, difficili da
risolvere (Howlin, 1998).
Il bisogno di una precoce identificazione è reso più urgente dall’aumentare dei dati confermanti
che un intervento intensivo precoce in setting educativi ottimali, ha come risultato un
miglioramento delle risposte nella maggioranza dei bambini piccoli autistici, includenti l’eloquio nel
75% o più, ed aumenti significativi nella percentuale dei progressi dello sviluppo e delle
prestazioni intellettuali (Dawson & Osterling, 1997; Rogers 1996, 1998).
Una diagnosi precoce rende possibile fornire aiuto alla famiglia, ridurre lo stress famigliare ed
elargire al bambino cure mediche appropriate (Cox et al., 1999).
Wolley et al. (1989), dimostrarono come la presentazione della diagnosi ai genitori, abbia un
notevole impatto sulla loro accettazione della situazione, sulla loro attitudine a lungo termine,
sullo stress e sulle strategie generali messe in atto per affrontare la situazione.
117
Una diagnosi precoce è vitale anche per assicurare la disponibilità di un consulto genetico ai
genitori che potrebbero considerare di avere, o potrebbero avere già, altri bambini. C’è un
aumento di rischio di fenotipo più ampio fra i fratellini di bambini con un disturbo dello spettro
autistico. I fratellini, per esempio, potrebbero apparire meno colpiti rispetto al loro fratello o alla
loro sorella, ma avere comunque problemi reali in aree come l’interazione sociale o la
comunicazione, che un intervento tempestivo potrebbe evitare diventino immaneggiabili.
Lo screening precoce
L’autismo è molto più comune di ciò che una volta, si pensava, con circa mezzo milione di
individui colpiti nel solo Regno Unito. E’ anche più difficile da diagnosticare che, per esempio, il
cancro, il diabete o la sindrome di Down. Per questi motivi è necessario adottare, come prima
cosa, un approccio di screening. Sarebbe attualmente impossibile, per i medici, testare tutti i
bambini per un possibile disturbo dello sviluppo come l’autismo. La prima tappa deve essere così
l’uso di semplici strumenti di screening per identificare quei bambini più facilmente a rischio di tali
problemi.
Simon Baron-Cohen ed i suoi colleghi (1996) attraverso l’aggiunta di alcune domande a quelle
formulate di routine dal pediatra e dagli altri operatori della salute, hanno sviluppato un utile
strumento di screening che pare sia in grado di predire bene la possibilità che un bambino sia
affetto da un disturbo dello spettro autistico. La Checklist for Autism in Toddlers (CHAT) valuta
particolarmente il monitoraggio dello sguardo, il gioco simbolico e l’indicare proto-dichiarativo
(proto-declarative pointing).
Il fallire in queste aree è fortemente associato ad un disturbo dello spettro autistico.
Diversamente dalla CHAT, la Pervasive Developmental Disorders Screening Test-Stage 1 (Siegel,
1998) quota sia i sintomi positivi che quelli negativi ed include alcune domande inerenti la
regressione. E’ un questionario per genitori di derivazione clinica, diviso in 3 stages, ognuno dei
quali indirizzato ad un diverso livello di screening. E’ formulato per essere usato nel setting del
Primary Care con obiettivi strutturati incrementalmente dalla nascita ai 36 mesi. Le osservazioni
dei genitori, che utilizza, per i comportamenti stereotipati, probabilmente sono un mezzo più
accurato che il contare solo sull’osservazione, dato che i genitori hanno più tempo per osservare
il bambino e possono vedere i suoi comportamenti in ambienti diversi. Il PDDST-Stage 1 non è
stato pubblicato ma è disponibile.
La Australian Scale for Asperger’s Syndrome (Garnett e Attwood, 1998) è una scala di punteggi,
per genitori o insegnanti, destinata ai bambini più grandi ad alto funzionamento, che non sono
stati identificati come aventi un disturbo dello spettro autistico in età scolastica. Consiste di 24
domande con un punteggio da 1 a 6, più una checklist di 10 possibili “si” o “no” aggiuntivi
inerenti caratteristiche comportamentali. Se viene risposto “si” alla maggior parte delle domande
e la maggioranza dei punteggi varia da 2 a 6, è indicata una valutazione diagnostica successiva.
E’ stato compiuto un lavoro davvero estimabile nel diminuire l’età in cui l’autismo può essere
identificato. Sono stati individuati, attraverso l’uso dei videotape famigliari, i comportamenti
specifici che distinguono i neonati autistici (Osterling & Dawson, 1994). I quattro comportamenti
che identificano correttamente più del 90% dei bambini normali ed autistici, riaffermati poi in
Mars, Mauk e Dowrick (1998), sono:
− contatto con gli occhi20
− orientarsi al chiamare del proprio nome 21
20
Eye contact
118
− indicare 22
− mostrare 23.
Osterling e Dawson (1999) hanno dimostrato anche che i bambini autistici di 12 mesi possono
essere riconosciuti dai loro compagni della stessa età con disturbi idiopatici d’apprendimento.
Questi comportamenti possono essere identificati ad età inferiori (Brown et al., 1998; Baranek,
1999; Teitelbaum et al., 1998). L’utilità predittiva di questi risultati deve essere ancora studiata,
ma essi suggeriscono che l’autismo potrà essere infine diagnosticato in modo affidabile a 12 mesi
di età od addirittura prima.
Visite di routine sullo sviluppo
Esistono molti mezzi di screening e di pre-screening oltre a molti test, che possono essere usati
con i bambini con possibili disturbi dello spettro autistico, per indagare il loro particolare sviluppo
e le loro abilità cognitive, di linguaggio e gioco. Negli USA la Denver-II (precedentemente:
Denver Developmental Screening Test Revisited; Frankenburg et al., 1992) è stata usata
tradizionalmente per screening sullo sviluppo di bambini fino a 6 anni di età. Sebbene sia facile
usarla ed attribuirne i punteggi, la sua validità non è comunque stata studiata. E’ stato trovato
manchi di specificità (un numero significativo di bambini normali vennero classificati come
ritardati) e di sensibilità (ha mancato la classificazione di un certo numero di bambini ritardati)
(Glascoe et al., 1992). Il Revised Denver Pre-Screening Developmental Questionnaire (R-DPDQ;
Frankenburg 1986) è strutturato per identificare i bambini che necessitano di valutazioni
ulteriori. Dato che è creata sulla versione originale della Denver Developmental Screening Test,
anch’essa ha mancanza di sensibilità e specificità.
L’Autism Screening Questionnaire (ASQ) è un tentativo di sviluppare uno strumento di screening
affidabile e valido, basato sui criteri diagnostici attuali per l’autismo. Usa la versione rivisitata del
ADI Algorithm (Lord et al., 1994) usata dall’ICI-10 (World Health Organisation, 1994) e dal DSMIV (American Psychiatric Association, 1994). Strutturata da Rutter e Lord (Berument et al.,
1999) per essere usata con tutti i gruppi di età, è completata dal pediatra su coloro che
possono avere un disturbo dello spettro autistico. L’ASQ consiste di 40 domande, basate
sull’ADI-R ma modificate per essere comprese dai genitori senza spiegazioni ulteriori. E’
disponibile in due versioni, una per bambini sotto i sei anni e l'altra per individui con più di 6 anni.
E’ stato provato che l’ASQ è uno strumento di screening ad alta efficacia per i bambini di 4 anni
e oltre. Ovviamente, come ogni altro questionario, non può fornire una diagnosi individuale.
Gli strumenti di screening sullo sviluppo standardizzato con accettabili proprietà psicometriche,
includono:
nd
1. Il The Ages and Stages Questionnarie, 2 ed, ASQ (Bricker and Squires 1994, 1999;
Squires, Bricker and Potter, 1997) usa le descrizioni dei genitori per i bambini fino a tre
anni. E’ importante riconoscere che i genitori sono solitamente corretti nelle loro
preoccupazioni sullo sviluppo del bambino (Glascoe, 1994, 1997, 1998; Glascoe &
Dworkin, 1995). Ci sono anche versioni per altre gamme di età. Sebbene sia un mezzo
standardizzato e convalidato, è comunque breve e usato particolarmente come prescreening.
2. BRIGANCE Screens (Brigance, 1986, Glascoe, 1996) contiene sette diversi modelli, uno
per ogni anno, da 21 a 90 mesi di età. Disponibile in inglese e spagnolo, richiede 10
minuti per essere svolto ed evidenzia le chiavi dello sviluppo e le prime abilità
21
22
23
Orientating to name being called
Pointing
Showing
119
scolastiche, incluso il linguaggio; le abilità motorie fini e globali, lo sviluppo grafomotorio,
la conoscenza generale nei primi anni e la lettura e la matematica negli anni successivi.
3. Il The Child Development Inventories (Ireton, 1992; Ireton e Glascoe, 1995) include tre
misurazioni separate che coprono dalla nascita ai 72 mesi di età e sono completate dalle
indicazioni dei genitori in circa 5-10 minuti. Il CDIs è strumento di screening per problemi
di linguaggio, motori, cognitivi, prescolastici, sociali, di auto-aiuto, comportamentali e di
salute; ha una buona specificità ed un’eccellente sensibilità. Se i genitori non parlano
bene l’inglese, esso può essere direttamente somministrato ai bambini.
4. Il The Parents’ Evaluation of Devolopmental Status (PEDS; Glascoe, 1998) aiuta gli
operatori a comprendere ed interpretare le preoccupazioni dei genitori. Esso valuta le
probabilità dell’esistenza di ritardi e di menomazioni inerenti i diversi tipi di
preoccupazione, rendendo possibile ai medici: prendere decisioni basate su fatti evidenti,
fornire consigli e riassicurare i genitori. I genitori devono rispondere a dieci domande
scritte in inglese o spagnolo che saranno poi interpretate dai medici in circa due minuti.
Il PEDS è uno strumento sottoposto a controlli di validità e standard e la ricerca ha
dimostrato che i genitori hanno molte probabilità di essere accurati.
5. Bayley Scales II (Bayley, 1993) è una revisione della Bayley scales classica sullo sviluppo
infantile, destinata a bambini di 1-42 mesi. Nei setting clinici queste scale sono state
usate per identificare i bambini con ritardi dello sviluppo o quelli sospetti di esserne a
rischio. Può essere usata in una o due sessioni in quanto la sua applicazione necessita di
circa 45-60 minuti. Le tre scale utilizzate sono:
− Mentale, include la valutazione delle sensibilità sensorio/percettive, la
memoria, l’apprendimento ed il problem solving, la vocalizzazione e le prime
funzioni comunicative;
− Motoria, include la valutazione del grado di controllo del corpo e le abilità di
manipolazione fine;
− Comportamentale, include le misurazioni dell’attenzione e dell’induzione,
l’orientamento e la capacità di impegno, e la regolazione emotiva.
6. La Wechsler pre-school and primary scale of intelligence, nell’edizione rivisitata (WPPSIR) (Wechsler, 1990) è un metodo di valutazione delle capacità dei bambini di 3-7 anni,
molto affidabile. E’ stato modificato per essere utilizzato nel Regno Unito e la
somministrazione individuale richiede circa 60 minuti.
120
Tabella 5
Cosa devono cercare i professionisti della salute quando i genitori esprimono le loro
preoccupazioni ?
Le BANDIERE ROSSE dell’autismo24
PREOCCUPAZIONI INERENTI LA COMUNICAZIONE
Non risponde al suo nome
Non è capace di chiedere cosa desidera
Il linguaggio è in ritardo
Non segue le indicazioni
A volte sembra sordo
A volte sembra capace di udire altre no
Non indica e non saluta con la mano
Prima diceva qualche parola, ora non più
PREOCCUPAZIONI INERENTI LA SOCIALITÀ
Non sorride socialmente
Sembra preferisca giocare da solo
Prende gli oggetti da solo
E’ molto indipendente
Fa le cose “precocemente”
Attua scarso contatto con gli occhi
E’ nel suo mondo
Ci chiude fuori
Non è interessato agli altri bambini
PREOCCUPAZIONI INERENTI IL COMPORTAMENTO
Ha crisi di collera-aggressività
E’ iper-attivo, non-cooperativo, provocatorio
Non sa come usare i giocattoli
Si blocca regolarmente sulle cose
Cammina in punta di piedi
Ha attaccamenti inusuali ai giocattoli
Allinea gli oggetti
E’ ipersensibile a certe fibre tessili o a certi suoni
Ha strani modelli di movimento
INDICAZIONI ASSOLUTE PER ULTERIORI VALUTAZIONI DIAGNOSTICHE
IMMEDIATE
Nessuna lallazione entro i 12 mesi
Nessuna gestualità (indicare, muovere la mano, salutare etc.) entro i 12 mesi
Nessuna parola entro i 16 mesi
Nessuna frase spontanea (non ecolalia) di due parole entro i 24 mesi di età
QUALUNQUE perdita di QUALSIASI abilità linguistica o sociale ad OGNI età.
24
N.d.C .: Ripro do tto co n il co nsenso dell’auto re e dell’edito re da Filipek et al.,1 9 9 9 .
121
I sistemi diagnostici internazionali
Le principali classificazioni diagnostiche internazionali sono la International Classification of
th
Diseases 10 edition, ICD-10 (World Health Organisation, 1994) e la Diagnostic and Statistical
th
Manual 4 edition, DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994).
Ognuna di queste ha incluso l’autismo fin dai tardi anni ’70.
possono essere trovati nel sito:
I criteri dell’ICD-10 per l’autismo
http://www.geocities.com/HotSprings/9647/icd-10.htm
e sono focalizzati:
− Sulla comunicazione anormale,
− Sullo sviluppo sociale anormale,
− Sul comportamento rituale e stereotipato e sulla resistenza al cambiamento.
La sindrome di Asperger, all’opposto, non comparve nelle classificazioni dell’ICD-10 e del DSM-IV,
fino agli anni ’90: c’è ancora confusione sui criteri per la sindrome di Asperger e sul come e se,
questi, si differenziano dall’autismo ad alto funzionamento. Per esempio, il DSM-IV esclude una
diagnosi di Asperger se il bambino rientra in una diagnosi di autismo, mentre l’ICD-10 è più
equivoco.
Entro le aree identificate dall’ICD-10 vi è una grande variabilità. Tutte le persone autistiche
riveleranno le loro caratteristiche individuali. Ma la condizione patologica potrà,
successivamente, sembrare diversa nello stesso bambino ad un’altra età, ed avrà diversi livelli
cognitivi a seconda dei bambini. Data questa variabilità e data anche la complessità
nell’appianare
i problemi nell’interazione sociale, nella comunicazione nei comportamenti
ritualistici od ossessivi, è meglio utilizzare mezzi e strumenti che testano specificatamente la
presenza della sintomatologia autistica (Howlin, 1998). Nella pratica medica gli individui con
tratti misti di autismo e sindrome di Asperger sono più comuni che quelli con le sindromi pure. E’
più utile elaborare classificazioni sul livello dell’abilità piuttosto che sui sottogruppi diagnostici
teorici.
Gli strumenti diagnostici
Per ottenere una diagnosi ci sono due metodi principali. Il primo consiste nel costruire una
raccolta sistematica di fatti e nel selezionarli al fine di emettere poi una diagnosi e le
raccomandazioni per la cura.
Questo è l’approccio adottato da Lorna Wing, Judith Gould e i loro colleghi della National Autistic
Society’s Centre for Social and Communication Disorders. Hanno usato quest’approccio –
l’Handicaps and Behaviour Schedule (HBS)- fin dalla fine degli anni ’70 (Wing e Gould, 1978).
Copre molti aspetti del comportamento dall’infanzia in poi. L’HBS è stato ora ulteriormente
sviluppato nella Diagnostic Interview for Social and Communication Disorders (DISCO),
sottoposta a valutazione nel Regno Unito e in Svezia sarà fra poco disponibile per tutti coloro
che hanno seguito il corso d’istruzione necessario per utilizzarlo. Gli algoritmi usati per la Disco
sono già stati usati per comparare i criteri dell’ICD-10 sulla Sindrome di Asperger con quelli
suggeriti da Gillberg (Leekam et al., 2000). La Autistic Diagnostic Interview- Revised (ADI-R)
sviluppata da Lord, Rutter e Le Couteur (1994) utilizza un approccio simile ma è indirizzata verso
il diagnosticare l’autismo tipico per scopi di ricerca.
L’altro metodo consiste nel prendere i tratti tipici del comportamento autistico e nel contarli, per
determinare se una persona può ricadere entro lo spettro. Quest’approccio, più meccanico, è
122
quello di diverse Checklist come la Gilliam Autism Rating Scale (Gilliam, 1998). Questa è una
Checklist strutturata per essere usata da genitori, insegnanti e operatori, per aiutare ad
identificare e a stimare la severità dei sintomi autistici negli individui di età compresa fra i 3 ed i
22 anni. E’ basata sul DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994) e raggruppa i target in
quattro sottotest –comportamenti stereotipati, comunicazione, interazione sociale, e un test
opzionale che descrive lo sviluppo nei primi tre anni di vita.
A causa delle richieste effettuate dai medici, molto occupati, ci sono stati diversi tentativi per
realizzare strumenti che siano in grado di scoprire l’autismo più velocemente rispetto agli
strumenti diagnostici elencati sopra. Fra questi è inclusa la Childhood Autism Rating Scale
(Schopler, Reichler e Renner, 1988). Questa è uno strumento strutturato sull’osservazione e su
un’intervista divisa in 15 target, finalizzata all’utilizzo con bambini di un’età superiore ai 24 mesi.
Ogni target utilizza una scala formata da 7 punteggi che indicano il grado nel quale il
comportamento del bambino differisce dalla norma di sviluppo dell’età appropriata. Distingue
anche il grado di autismo. Richiede circa 30-45 minuti per essere somministrata ed è considerata
diffusamente come un mezzo affidabile per diagnosticare l’autismo.
La Parent Interview for Autism (Stone e Hogan, 1993) è un colloquio strutturato per contenere
118 punti, suddivisi in 11 gruppi e miranti a valutare i diversi aspetti del comportamento sociale,
delle funzioni comunicative, delle attività ripetitive e dei comportamenti sensori. E’ designata per
ottenere informazioni diagnosticamente rilevanti fornite dai genitori dei bambini piccoli sospettati
di essere autistici e richiede circa 45 minuti per essere somministrata. Ha una buona consistenza
interna e una buona affidabilità ed è stato dimostrato è valida sia con il CARS (Schopler, Reichler
e Renner, 1988) che con il DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994).
Altri esempi sono la Autism Behaviour Checklist (Krug, Arick e Almond, 1980) e il The Behavioural
Rating Instrument for autistic and other atypical children (Ruttenberg et al., 1977). Questi
strumenti non possono comunque essere usati nello stesso modo in cui sono usati gli strumenti
diagnostici: mostrano solo se i bambini possono ricadere entro lo spettro autistico o meno.
Considerando ciò, la diagnosi può essere chiarita solo con l’osservazione clinica effettuata da
esperti e unita ad un colloquio dettagliato e sistematico (Howlin, 1988).
Le Checklist di loro
tendono a mancare molte delle manifestazioni più strane appartenenti allo spettro autistico.
Sono stati fatti anche altri tentativi per fornire mezzi d’osservazione strutturati. Questi aiutano
a rendere il tempo limitato, che il più delle volte i medici hanno, disponibile all’osservazione dei
bambini. La Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS) (Lord et al., 1989) ha generato
una versione successiva, la Pre-Linguistic ADOS (Di Lavore, Lord e Rutter, 1995), ma è ora
usata in una versione generale, la ADOS-G (Lord et al., 1996). Essa tenta, attraverso una serie
di obiettivi strutturati, di valutare il funzionamento sociale e comunicativo del bambino. Questi
obiettivi includono le attività di costruzione e di rispetto del turno (turn-taking activities),
l’imitazione, la capacità di raccontare una storia, il gioco immaginativo, la gestualità e le abilità
conversazionali. La ADOS-G per essere completata richiede circa 20-40 minuti ma può fornire
più informazioni di quelle che sarebbero ottenibili con un’osservazione informale.
Infine il medico dovrebbe cercare di osservare il bambino lontano dal momento del test formale o
dalle domande di routine. Come l’ADI-R, l’ADOS-G è usato largamente nelle procedure di ricerca
dell’autismo.
Un’altro strumento di misurazione, inteso per essere utilizzato con bambini fra i 24 ed i 35 mesi
dai diversi operatori della prima infanzia, è lo Screening Tool for Autism in Two-year-olds (Stone,
1998a, 1998b). Questo strumento è ancora in fase di elaborazione ma è destinato a differenziare
specificatamente l’autismo dagli altri disturbi dello sviluppo. E’ somministrato attraverso
un’interazione di gioco dalla durata di 20 minuti, coinvolgente 12 attività. Esse testano 3 aree: il
123
gioco (sia il gioco simbolico che il gioco sociale reciproco), l’imitazione motoria e lo sviluppo
comunicativo non-verbale. C’è un manuale con chiare istruzioni per l’utilizzo e l’attribuzione dei
punteggi. Lo studio pilota ha mostrato sensibilità e specificità molto forti.
Infine Filipek et al.(1999) raccomandano che i bambini con disturbi dello spettro autistico e
ritardi dello sviluppo, siano sottoposti ad una visita audiologica formale, allo screening per
positività al piombo, e a comportamenti adattivi, a valutazioni diagnostiche sensomotorie e
neuropsicologiche, così come a test metabolici ed elettrofisiologici. Raccomandano anche una
valutazione del funzionamento dell’ambiente famigliare per determinare il livello di comprensione
dei genitori in riguardo alle condizioni del bambino, al fine di offrire consultazione ed educazione
appropriate.
Appendice: GLOSSARIO DEI TERMINI
Valutazione audiologica: Valutazione diagnostica condotta per valutare l’udito di una persona
che appare sorda, sia temporaneamente che permanentemente. Ci sono due ampie categorie di
esami uditivi disponibili: comportamentale ed elettrofisiologica. Per i bambini con sospetti disturbi
dello sviluppo, dovrebbe essere attuato, da un audiologo esperto, un esame comportamentale
includente la pura valutazione del tono audiometrico25.
I Brainstem auditory evoked potentials saranno necessari solo se il test iniziale è equivoco, non
perfetto o se suggerisce un’anormalità del sistema nervoso centrale.
Fenotipo autistico più ampio:
Caratteristiche che sono qualitativamente simili, ma più lievi di
quelle che definiscono l’autismo –deficit sociali e della comunicazione e comportamenti
stereotipati e ripetitivi- che mostrano aggregazione familiare in famiglie con uno o più membri
autistici.
Sviluppo grafomo torio: Quelle abilità motorie fini associate alla scrittura e al disegno.
Disturbo idiopatico dell’apprendimento: Idiopatico significa che è un disturbo con cause
sconosciute.
Indicare proto-dichiarativo: Questo tipo di indicare (pointing) è finalizzato al dichiarare un
interesse in qualcosa, diversamente dall’indicare proto-imperativo che è invece usato per
richiedere qualcosa. L’indicare proto-dichiarativo è deficiente nei bambini con disturbi dello
spettro autistico.
Triade di compromissioni: I disturbi dello spettro autistico sono caratterizzati da compromissioni
nell’interazione sociale, nella comunicazione sociale e nella immaginazione, che possono
verificarsi a diversi gradi di severità. Questa triade è generalmente accompagnata da un modello
di attività limitato, ristretto e ripetitivo.
BIBLIOGRAFIA SPECIALIZZATA
ASPETTI BIOLOGICI E TERAPIA FARMACOLOGICA
Bauman M.L., Kemper T.L. (1994), The neurobiology of autism, John Hopkins University Press.
Campbell M. et al.: EffIcacyand safety of Fenfluramina in autistic children, "Journal of the
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25
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SABATO
PER UN PATTO DI SOLIDARIETÀ TRA LE ISTITUZIONI,
I SERVIZI E LE FAMIGLIE
− Carta dei Diritti delle Persone Autistiche (tratta da “Autismo Europa”)
− Stili di Comunicazione con i bambini Autistici (dal sito della “National Autistic
Society”)
− Linee Guida per le terapie non-tradizionali nell’autismo (dalla Home Page del
sito TEACCH)
nd
− Bambini Difficili, Genitori Difficili (Link, Autismo Europa, 2
quarter 2000)
− La famiglia fra bisogni e risposte dei servizi (di Donata Vivanti)
CARTA DEI DIRITTI PER LE PERSONE AUTISTICHE
Tratta da:
www.autismeurope.arc.be/
La Carta dei diritti delle persone autistiche è stata adottata come risoluzione formale dal
Comitato per gli affari sociali del Parlamento europeo nel 1993 e adottata dal Parlamento
europeo nel maggio 1996.
Le persone autistiche devono poter godere degli stessi diritti e privilegi della popolazione
europea nella misura delle proprie possibilità e del proprio miglior interesse.
Questi diritti devono essere valorizzai, protetti e applicati In ogni stato attraverso una
legislazione appropriata.
Dovrebbero essere tenute in considerazione le dichiarazione statunitensi sui Diritti dei Disabili
Mentali (1971) e sui Diritti delle Persone Handicappate (1975), nonché le altre dichiarazione dei
Diritti dell'Uomo; in particolare, per quanto le persone autistiche, si dovrebbe includere quanto
segue:
1 IL DIRITTO per le persone autistiche a una vita piena e indipendente nella misura delle proprie
possibilità.
2 IL DIRITTO per le persone autistiche a una diagnosi e una valutazione clinica precisa,
accessibile e imparziale.
3 IL DIRITTO per le persone autistiche ad una educazione accessibile e appropriata.
4 IL DIRITTO per le persone autistiche o i propri rappresentanti a partecipare a ogni decisione
riguardo al proprio futuro e, per quanto possibile, al riconoscimento e al rispetto dei propri
desideri.
5 IL DIRITTO per le persone autistiche ad una abitazione accessibile e appropriata.
130
6 IL DIRITTO per le persone autistiche alle attrezzature, all'aiuto e alla presa in carico
necessaria a condurre una vita pienamente produttiva, dignitosa e indipendente.
7 IL DIRITTO per le persone autistiche ci un reddito o ad uno stipendio sufficiente a provvedere
al proprio sostentamento.
8 IL DIRITTO per le persone autistiche a partecipare, per quanto possibile, olio sviluppo o alla
gestione dei servizi realizzati per il loro benessere.
9 IL DIRITTO per le persone autistiche a consulenze e cure accessibile e appropriato per la
propria salute mentale e fisica e per la propria vita spirituale, cioè a trattamenti e cure mediche
accessibili, qualificati e somministrati soltanto a ragion veduta e con tutte le precauzioni del
caso.
10 IL DIRITTO per le persone autistiche a una formazione corrispondente alle proprie aspirazioni
e a un lavoro significativo senza discriminazione o pregiudizi; la formazione professionale e il
lavoro dovrebbero tener conto delle capacità e delle inclinazioni individuali.
11 IL DIRITTO per le persone autistiche a mezzi di trasporto accessibili e alla libertà di
movimento.
12 IL DIRITTO per le persone autistiche ad aver accesso ad attività culturali, ricreative e
sportive e a goderne pienamente.
13 IL DIRITTO per le persone autistiche a godere e usufruire di tutte le risorse, i servizi e le
attività a disposizione del resto della popolazione.
14 IL DIRITTO per le persone autistiche ad avere relazioni sessuali, compreso il matrimonio,
senza coercizione o sfruttamento.
15 IL DIRITTO per le persone autistiche (o i propri rappresentanti) alla rappresentanza e
all’assistenza giuridica e alla piena protezione dei propri diritti legali.
16 IL DIRITTO per le persone autistiche a non dover subire la paura o lo minaccia di un
internamento ingiustificato in ospedale psichiatrico o in qualunque altro istituto di reclusione.
17 IL DIRITTO per le persone autistiche a non subire maltrattamenti fisici o abbandono
terapeutico.
18 IL DIRITTO per le persone autistiche a non ricevere trattamenti farmacologici inappropriati o
eccessivi.
19 IL DIRITTO per le persone autistiche (o i propri rappresentanti) all’accesso ad ogni
documentazione personale in campo medico, psicologico, psichiatrico o educativo.
131
STILI DI COMUNICAZIONE CON I BAMBINI AUTISTICI
Nell’interazione con i bambini dello spettro autistico, alcuni stili di comunicazione si sono rivelati
efficaci:
USA SOLO PAROLE NECESSARIE
Prova ad eliminare ogni linguaggio che non fornisce informazioni chiave.
Per esempio:
NON DIRE...
“Ti dispiacerebbe venire qua e sederti sulla sedia?”
MA DI’:
“Tom, siediti qui” (indica con il braccio quale sedia intendi)
FORNISCI TUTTE LE INFORMAZIONI POSSIBILI
Sebbene i bambini si possano innervosire con i cambiamenti, reagiscono meglio se informati in
precedenza, così da anticipare ciò che accadrà.
Per esempio
NON...
Non evitare di dire a Tom che il suo insegnante è ammalato. Non lasciargli scoprire ciò quando
entrerà in classe e vedrà che c’è un altro insegnante al posto di quello solito. Tacere può
sembrare la scelta più semplice, puoi pensare che così facendo stai minimizzando il suo livello di
stress nell’apprendere cattive notizie. Ma è meglio affrontare le cose, prima che queste
accadano, piuttosto che attendere un responso (non prevedibile). A volte solo quando le routine
sono spezzate, vediamo quanto il bambino faccia affidamento su queste.
MA...
Preparalo: “Tom, domani andrai a scuola. La Signora Bianca non sarà là. Ha un brutto
raffreddore. Il Sig. Simone di solito t’insegna matematica. Domani il Sig. Simone sarà il tuo
insegnante di riferimento per tutto il giorno”.
Fornisci al tuo bambino tutte le informazioni di cui senti possa aver bisogno. Sii preparato a
rispondere alle sue domande. Sii onesto, se non sei sicuro che l’insegnante ritorni il giorno
successivo, dillo. Spiega cosa accadrà in quest’eventualità. Essere informati sulla situazione
rende più sicuri.
Tieni sotto controllo ogni cambiamento nel comportamento del bambino –se è più aggressivo od
ossessivo, può darsi che necessiti di essere rassicurato sul cambiamento di routine e sul come
ciò avrà a che fare con lui.
SII POSITIVO
Non dire al bambino solo ciò che non dovrebbe fare, digli anche ciò che dovrebbe fare.
Per esempio:
NON DIRE…
“Non voglio che lasci i tuoi giocattoli sparsi su tutto il pavimento”
Ciò non dice nulla al bambino, a parte quello che a già fatto!
132
MA DI’...
“Tom, raccogli i tuoi giochi dal pavimento. Mettili nella scatola dei giocattoli”
EVITA IL SARCASMO
Il tuo bambino potrebbe possedere una comprensione molto letterale del linguaggio. Se vuoi
indicargli che faccia qualcosa, usa uno stile diretto.
Per esempio
NON DIRE...
“Hey, che camera pulita hai!” (con la voce sarcastica che indica quanto la camera sia davvero
in disordine). Il bambino potrebbe prendere le tue parole sul serio. Ciò può infuriare –fa magari
pensare che il bambino sia sfrontato o che ci stia rispondendo a sua volta sarcasticamente, ma
questa è un’incomprensione reale. Il sarcasmo è un uso del linguaggio complesso che alcuni
bambini con ASD non possono riconoscere od usare. (Alcuni bambini più capaci forse potranno
imparare le regole del sarcasmo ed essere poi in grado di riconoscerlo e di rispondere alle sue
forme più semplici).
MA DI’...
“Che disordine. Metti i tuoi vestiti nel cassetto”
QUANDO È POSSIBILE USA TERMINI CONCRETI
Il bambino capirà meglio questo tipo di linguaggio. Ciò indica anche le basi sulle quali fornirgli
informazioni sufficienti per rassicurarlo.
Per esempio:
NON DIRE…
“Non possiamo farlo adesso, lo faremo dopo”
MA DI’...
“Tom, so che vuoi andare a nuotare. Ti porterò a nuotare stasera alle cinque”.
Se sono formulate altre domande, prova a rispondere (se ragionevoli). Dev’essere trovato,
ovviamente, un modo che bilanci l’essere informativi e l’essere concisi. Solo tu puoi sapere
quante informazioni tuo figlio può capire ed introiettare: “Non possiamo andare a nuotare
adesso. La mamma vuole venire con noi. Tornerà dal lavoro alle cinque. Quando arriverà a casa,
andremo a nuotare”.
Fornire abbastanza informazioni è importante anche quando si vuole lodare il bambino –devi
rendere chiaro perché sei felice del suo comportamento. Ciò lo incoraggerà a ripetere, anche in
futuro, lo stesso comportamento.
PROVA A DIRE...
“Hai messo a posto la tua camera. Che bello!”
PIUTTOSTO CHE...
“Sei bravo”
FORNISCI TEMPO EXTRA PER PENSARE
I bambini con ASD possono aver bisogno di più tempo per assimilare le informazioni date loro.
Renditi conto di ciò. Se necessario torna da loro per la risposta dopo qualche minuto. Se sai che
133
ti ha capito la prima volta, prova a non ripeterti. Ciò, infatti può essere frustrante per il bambino
che sta provando a rispondere ma necessita di più tempo per replicare (Sono sicuro che tutti noi
abbiamo esperienza di ciò).
N.B. In quest’articolo ho provato a fornire alcune indicazioni di base, per le linee guida più
dettagliate sulla comunicazione, vedi Communicating with people with autism (distribuito
dall’Indiana Resource Centre for Autism).
LINEE GUIDA PER VALUTARE LE TERAPIE NON-TRADIZIONALI
NELL'AUTISMO26
Per valutare le terapie non-tradizionali o gli approcci di trattamento peril tuo bambino con
autismo, è importante porre interrogativi e valutare attentamente il programma che ti è proposto
Il "A Pediatric View of the Treatment Options for the Autistic Syndrome" di Joanna Dalldorf
(disponibile anche alla Home Page del TEACCH www.unc.edu/depts/teacch/treatmnt.htm è un
utile riferimento.
I seguenti punti dovrebbero servire come linee guida per i genitori.
1. Descrizione del Programma
− Quale e' il programma del trattamento?
− Vi sono informazioni scritte, una descrizione del programma,
delle schede dettagliate, ecc.?
− Quale e' il coinvolgimento per il bambino e per la famiglia?
− Quanto dura il trattamento?
− Quale e' la frequenza delle sedute?
− Quanto tempo richiede ai genitori?
− Che impegno finanziario richiede?
− Il trattamento e' focalizzato su di una particolare abilita' o ha un
approccio generale e multicomprensivo?
− I genitori, gli operatori, gli insegnanti, o altri necessitano di
essere formati nella tecnica di trattamento?
26
N.d.C .: No n essendo mo lto chiaro quali po ssano essere co nsiderate "terapie no ntradiz io nali" nel no stro co ntesto o perativo naz io nale, queste linee guida
po sso no essere utiliz z ate sia dai genito ri, ma anche dai serviz i per elabo rare la
lo ro "C arta del Serviz io " per permettere ai genito ri di "co mprendere" bene il
senso degli interventi.
134
− Esiste un cooridinamento tra il programma di trattamento e le
altre persone o servizi che operano con la famiglia (ad esempio
insegnanti, terapisti, medici)?
− Gli obiettivi del programma di trattamento sono individualizzati
per ogni paziente e per le loro famiglie?
− viene condotto un follow-up o una azione di supporto dopo la
cessazione del trattamento?
2. Principi e obiettivi del programma
− Quali sono i principi, la filosofia o gli obbiettivi che stanno alla
base del programma di trattamento?
− In che modo la filosofia si collega alle specifiche tecniche del
trattamento?
− Come si sono sviluppate la filosofia e i metodi del trattamento
(ad es. la ricerca scientifica, l'esperienza clinica, l'applicazione o
l'estensione da campi correlati come quelli del ritardo mentale o
dei disturbi di apprendimento)
− Sei in accordo con la filosofia del programma?
3. Credenziali del responsabile del programma e dello staff.
− Quale e' il riferimento culturale dello staff?
− Quale la loro formazione e le loro credenziali professionali?
− Quale e' la forimazione dello staff e quali le esperienze in campo
di autismo?
− Quali sono i loro convincimenti sulla natura del disturbo?
− Quanta esperienza hanno nel fornire questo tipo di trattamento?
− Lo staff del programma e' aperto alle domande o alle valutazioni
dei genitori o degli altri professionisti coinvolti nella cura del
bambino?
4. L'efficacia (effectiveness27) del programma.
− Quale è l'evidenza di supporto alla efficacia del programma?
− Vi è una conferma
trattamento?
27
"indipendente"
della
efficacia
del
programma
di
N.d.C .: "Effectiveness" è l'efficacia o sservata nelle co ndiz io ni di funz io namento
ro utinario dei serviz i e nella pratica clinica quo tidiana, a differenz e della "efficacy"
che è l'efficacia sperimentale o teo rica dimo strata in co ndiz io ni di ricerca co n
so ggetti selez io nati, ad esempio in uno studio clinico co ntro llato .
135
− Quali sono i possibili effetti negativi o gli effetti collaterali del trattamento?
− Quale impatto sullo stile di vita della famiglia puo' avere il programma?
136
BAMBINI DIFFICILI, GENITORI DIFFICILI 28
Un bambino autistico è probabilmente il bambino più difficile con cui avere a che fare fra tutti i
bambini con disturbi. E’ certamente sbagliato definire i disturbi in “categorie”, “migliori” e
“peggiori”, ma è giustificabile ritenere che l’autismo determini tensioni enormi nelle famiglie,
incomparabili rispetto agli altri disturbi.
Ciò è causato da diversi motivi.
Primo fra tutti, l’autismo è spesso difficile da identificare, è in un certo modo “invisibile”: non c’è
nessuna menomazione evidente nell’aspetto del bambino, diversamente da ciò che accade per i
bambini con paralisi cerebrale, sindrome di Down o menomazioni fisiche: così, il comportamento
“bizzarro” del bambino non è capito ed è male interpretato (“bambino viziato e dispettoso!”), i
suoi bisogni particolari non sono rispettati, i genitori sono sotto stress costante poiché accusati
di non essere capaci di disciplinare i loro figli......
Secondo, in aggiunta all’attitudine negativa dell’esterno, i genitori si sentono spesso rifiutati dal
bambino stesso, vivono così sentimenti profondi d’inutilità ed amore non corrisposto.
Terzo, è causa di tensione grandissima, sia fisica sia emotiva, crescere un bambino che può
vivere senza dormire per più di 20 ore, che non vuole mangiare il cibo preparato per lui, che può
essere aggressivo e inquieto, che può avere una crisi di collera fuori del normale, in breve, che
necessita di supervisione giornaliera, 24 ore su 24......
Il periodo che intercorre fra la diagnosi del bambino e l’adattamento dei genitori alla situazione,
può essere molto lungo e doloroso, un periodo durante il quale i genitori attraversano diversi
stages:
1) NEGAZIONE: non vogliono credere che il loro bambino bello e amato sia malato. Alle
volte sentono con chiarezza che c’è qualcosa di sbagliato in lui (specie se lo
comparano ai bambini della stessa età). Altre volte, si persuadono che, comunque,
tutto va bene, che il loro bambino sta crescendo normalmente (ha superato le tappe
fondamentali della sua età, non è vero? E non è forse vero che è molto bravo
nell’accendere la TV o nel trovare i video che desidera?). I genitori rifiutano di
percepire che forse c’è in lui qualcosa di sbagliato. Trovano difficile accettare ciò e
molto spesso si offendono, quando gli amici o i parenti, menzionano alcuni tratti strani
nel comportamento del bambino e suggeriscono un consulto medico. Rimanere in
questo stadio troppo a lungo è molto pericoloso, più precocemente è fatta la diagnosi
e iniziato l’intervento, migliori sono le possibilità future del bambino. Conosco
personalmente alcuni genitori (fortunatamente molto pochi) che rifiutano ancora la
verità e negano la necessità di andare incontro ai bisogni particolari del bambino: “Lui
è normale. Anche suo padre è stato lento nell’acquisire il linguaggio, ma adesso è un
ingegnere”, ecc. Spesso è il bambino colui che è danneggiato da quest’atteggiamento.
2) SHOCK. L’accettazione della realtà ed il riconoscimento dell’autismo del bambino,
causano spesso shock. Non importa quanto i genitori siano preparati ad “affrontare il
peggio”, il fatto che questo sia il peggio è una realtà che causa shock.
3) DISPERAZIONE. In questo stadio i genitori sono paralizzati a livello emotivo, incapaci
di fare qualunque cosa. All’inizio si sentono disperati perché non sanno cosa sia
l’autismo e cosa sia più giusto facciano. Paradossalmente, più cose i genitori imparano
28
Bojdashina O. (2000). Difficult Parent, Difficult Children. In Link. 2nd quarter 2000.Autisme-Europe,
137
su questo disturbo, più si sentono confusi e disperati. Spesso pensano d’essere l’unica
famiglia al mondo ad avere un bambino così, pensano che nessun altro possa capire i
loro problemi (sapere che ci sono tanti altri con lo stesso problema determina un gran
sollievo e il desiderio di cercare aiuto). Alle volte il sentimento di disperazione è
seguito dal senso di colpa.
4) COLPA. Siamo colpevoli (sono colpevole) per il disturbo del nostro bambino? Questo è
lo stage in cui le famiglie possono diventare più forti unendo gli sforzi per aiutare il
bambino, o possono invece dividersi perché i genitori si colpevolizzano l’un l’altro o
colpevolizzano i reciproci parenti acquisiti per avere “il gene sbagliato”. Un altro
effetto collaterale del processo è la creazione del senso di vergogna. Alcuni genitori
possono vergognarsi del bambino, non vogliono portarlo fuori in pubblico, non parlano
di lui con i loro amici come se non esistesse. Considerano il bimbo come il dolore delle
loro vite, come la punizione per un qualche cosa commesso in passato. Tali genitori
sono fortunatamente rari. Il senso di colpa può poi crescere nella rabbia.
5) RABBIA. Perché il nostro bambino? Che cosa abbiamo sbagliato? Perché così tante
persone bevono, fumano e hanno bambini normali e noi no? ecc. Molto spesso, non
coscientemente, i genitori hanno pietà di loro stessi (perché noi?). E’ molto pericoloso
fermarsi a questo stage e colpevolizzare aridamente tutti e qualsiasi cosa, per la
propria sfortuna.
E’ interessante notare che, alle volte, alcuni genitori saltano uno o due stadi, alcuni si fermano
su certi più a lungo di altri ....
Dopo aver attraversato tutti questi mutamenti emotivi, i genitori arrivano al punto con diverse
possibilità da perseguire. La scelta è individuale e dipende ovviamente da fattori personali.
Io credo che una delle migliori option da scegliere è l’accettazione.
Accettare e amare il bambino per quello che è, per la sua grande differenza dagli altri, per quello
che ha cambiato nella sua vita.
Altre cose da fare possono essere: smettere di aver pietà di se stessi, godersi la compagnia del
bambino con il risultato che la famiglia è felice e unita negli sforzi di ognuno per migliorare la
qualità della vita del bambino e della famiglia nella sua interezza.
Essere orgogliosi dei progressi del bambino, addirittura dei più piccoli segni di miglioramento (ha
abbottonato la camicia, è stata capace di mettersi i calzini, ha risposto “sì” al leone, ecc.) visti
come trionfo e vittoria per l’intera famiglia nella battaglia, senza fine, del bambino.
Non vergognarsi, come genitori, del bambino e portarlo fuori ovunque provando a coinvolgerlo il
più possibile, in tutte le attività ignorando gli sguardi sbigottiti delle persone male educate.
Penso poi che un buon senso dell’umorismo sia “un’arma” d’aiuto davvero efficace!
Probabilmente per pochi minuti i genitori possono sentirsi imbarazzati per le diverse situazione,
ma è poi buona cosa ridere dell’episodio quando lo si racconta ad amici o parenti.
Ad esempio pochi anni fa, c’era un ricevimento di alcune ufficialità ucraine alla Town Hall di
Barnsley, dove stavo lavorando come interprete. Mio figlio era nella stessa stanza, vicino alla
porta con un mio amico. La parte ufficiale del ricevimento era appena stata seguita dall’invito a
bere un drink e nel momento di più completo silenzio, quando tutti si stavano voltando per
dirigersi ai tavoli, mio figlio disse, a voce molto alta: “Come prima cosa, tutti al bagno!” Coloro
che parlavano russo risero fortemente. Io ero imbarazzata, ma che fare? E’ successo, e ora non
posso non sorridere ricordando l’accaduto........
138
Si, i bambini autistici sono difficili. Ma, a causa delle responsabilità e del desiderio di migliorare la
vita del bambino, anche i genitori sono difficili. Ho incontrato centinaia di genitori di bambini
autistici (io stessa sono madre di un ragazzino autistico e lo devo confessare: sono difficile...) e
mi piacerebbe condividere con voi la mia idea sulla classificazione dei genitori dei bambini
autistici.
E’ convenzione classificare i bambini autistici in accordo alle compromissioni qualitative
nell’interazione sociale e descrivere le loro differenze raggruppandoli in 4 categorie principali: il
gruppo distante, il gruppo passivo, il gruppo “attivo ma strano” e il gruppo rigido, iperformale
(Wing 1996).
Vorrei provare a fare lo stesso con i genitori, usando quasi le stesse classificazioni, sebbene le
suddivisioni in cui ricadono non coincidano necessariamente, con quelle del loro bambino.
Inoltre, come i loro bambini, con il tempo, anche i genitori possono passare da un sottogruppo
ad un altro.
Così, in accordo al loro approccio (attitudine) al problema, possiamo evidenziare 4 sottogruppi di
genitori:
1) Il gruppo distante: è un tipo di genitore davvero molto comune nella mia nazione,
l’Ucraina, ma probabilmente anche in Russia e negli altri Stati dell’Europa dell’Est.
Questi genitori credono davvero agli “specialisti” quando dicono loro che il bambino è
senza speranza. Possono o non istituzionalizzare il bimbo, come consigliato. Se il
bambino è tenuto a casa la famiglia tenta di “nasconderlo” dalla gente, provando
vergogna per avere un bambino così menomato, ma continuando ad amarlo. Si
sentono disperati nel cambiare qualunque cosa della loro vita. Solitamente sono molto
sensibili agli sguardi incuriositi della gente quando portano fuori il bambino o ricevono
gente a casa. Vivono nel loro piccolo mondo isolato r il bambino è spesso tagliato fuori
del mondo, non solo mentalmente, ma anche fisicamente.
2) Il gruppo passivo: questi genitori non sono completamente distanti dagli altri genitori .
Sono sicuri esista una pillola o un trattamento che può risolvere i loro problemi e
presto o tardi, sarà offerta loro. Accettano tutte le offerte fatte loro, sono molto
obbedienti e spesso il bambino è traumatizzato quando accettano di metterlo in
ospedale e sottoporlo a medicine e iniezioni prescritte dagli “specialisti”. Questi
genitori non hanno dubbi sul fatto che “gli specialisti sanno di più” e fanno ciò che è
loro detto di fare.
3) Il gruppo “attivo ma strano” è rappresentato da genitori molto attivi che ricercano
ogni tipo di informazione nel tentativo di trovare la “cura” per il loro bambino autistico.
Possono andare in posti diversi, addirittura viaggiare in nazioni diverse solo per
consultare lo specialista di cui hanno sentito parlare o per provare il trattamento di
cui hanno letto, senza alcun rispetto per gli effetti (o effetti negativi). Sono sicuri di
mettere in pratica il meglio per il bambino e sono pronti a spendere tutti i loro soldi per
le cure più costose (es. Secretin, AIT...)., Il loro amore è molto grande e ugualmente
“cieco”. Alle volte i bambini beneficiano di ciò, alle volte ne sono invece danneggiati.
4) Il gruppo dei professionisti (il nome non coincide con quello dei bambini): è un gruppo
molto numeroso. Questi genitori decidono di cambiare completamente vita, di
diventare “genitori professionisti” per il loro bimbo. Partono asserendo che:
− gli specialisti possono sbagliarsi, non possono conoscere tutto;
139
− la ricerca è in continuo svolgimento e ciò che è considerato giusto oggi,
potrebbe essere sbagliato domani;
− nessuno conosce il bambino meglio di loro.
Come quelli del gruppo (3), questi genitori cercano ogni tipo di informazione, ma sono reclutanti
a provare qualunque cosa sul loro bambino. Sono come studenti perenni che vogliono conoscere
tutte le teorie e gli approcci per trovare quello giusto. Sono molto critici ed esprimono dubbi su
qualunque cosa. Vogliono sempre spiegazioni per tutto e provano a capire centinaia di
“perché?”...
Sanno che è impossibile aiutare il loro bambino senza aiutare gli altri, unire gli sforzi e lavorare
assieme. Sono questi genitori quelli che creano organizzazioni e società con lo scopo di costruire
un futuro più luminoso per i loro bambini. Cercano cooperazione con gli specialisti e gli scienziati
dalla mentalità più aperta e combattono contro l’ignoranza e l’incompetenza dei burocrati.
Queste attività ci danno speranza e ci aiutano a proseguire.
Devo affermare che ammiro i genitori difficili che rendono più facili le vite dei loro bambini.
Olga Bojdashina, PhD, President of the Autism Society of Ukraine.
140
LA FAMIGLIA FRA BISOGNI E RISPOSTE DEI SERVIZI
Intervento di Donata Vivanti
Rimini, 21 ottobre 2000
Le famiglie di persone con autismo hanno più preoccupazioni per il futuro dei propri figli di
qualunque altro genitore di portatore di handicap.
Perfino i genitori che devono confrontarsi con una disabilità fisica, con figli marcati dalla
malattia, di fronte a persone fisicamente prestanti, apparentemente piene di salute, come
spesso sono le persone con autismo, non comprendono la drammaticità della situazione delle loro
famiglie.
LE DIFFICOLTA’ SPECIFICHE DELL’AUTISMO
DISTURBO DELL’INTERAZIONE SOCIALE
L’indifferenza del bambino autistico, vera o apparente che sia, nei confronti di genitori che
hanno già investito amore e devozione sulla loro creatura apparentemente perfetta, costituisce
una vera e propria tragedia affettiva: i genitori si sentono rifiutati dal bambino che non
corrisponde ai loro sentimenti, ma che non possono nè vogliono abbandonare.
Con il passare degli anni il comportamento socialmente inadeguato diventa sempre più fonte di
discriminazione e di isolamento in seno ad una famiglia già provata, ormai priva delle energie delle
risorse emotive necessarie ad affrontare critiche e insofferenza.
DISTURBO DELLA COMUNICAZIONE
I genitori si accorgono ben presto dei problemi di comunicazione del bambino, ma spesso
cercano di placare l’angoscia aggrappandosi come ad un’ancora di salvezza alle parole di
conforto di amici, parenti e talvolta anche all’incomprensione di professionisti incompetenti: ”ogni
bambino ha un suo ritmo di crescita... Il bambino non ha niente, siete voi che siete troppo
ansiosi e che dovreste curarvi...”.
I genitori possono cercare una via di fuga dall’evidenza attribuendo al bambino testardaggine e
disobbedienza.
Ma il fallimento di ogni tentativo educativo li snerva e avvelena i rapporti familiari, già messi alla
prova da un bambino così difficile.
Inutile dire che nell’età adulta, senza una adeguata presa in carico, il giovane autistico sarà
ancora più frustrato da questa difficoltà , e ancora più preda di angoscia e problemi di
comportamento.
PROBLEMI DI COMPORTAMENTO
La vita di famiglia è ben presto sconvolta dai problemi di comportamento del bambino autistico,
soprattutto se il bambino sviluppa atteggiamenti etero o auto aggressivi: niente è più doloroso
per i genitori che assistere impotenti al dramma del figlio che si picchia, si graffia, batte la testa
contro il muro, o che, accompagnato in mezzo ai coetanei con il cuore colmo di speranza, li
respinge a calci e morsi.
Spesso a problemi già così difficili da gestire, si aggiungono iperattività e i problemi di sonno e di
alimentazione.
141
La vita dei genitori è massacrante: non esistono vacanze, ammalarsi è un lusso, riposarsi
impossibile. La fatica è schiacciante, i rapporti familiari ne sono ben presto compromessi, gli altri
figli necessariamente trascurati; lo stress della famiglia diventa cronico.
Con il passare degli anni la famiglia, se abbandonata a se stessa, sarà sempre meno in grado
di far fronte ai problemi di comportamento di un adulto vigoroso ed esigente; la paura e
l’angoscia per i comportamenti bizzarri, incomprensibili e talvolta incontenibili, la vergogna di
mostrare la propria inadeguatezza possono precipitare la famiglia nell’isolamento .
FATTORI DI STRESS LEGATI ALL’AMBIENTE
FALSE CREDENZE SULL’AUTISMO
La credenza secondo la quale l’autismo sarebbe imputabile ad una cattiva relazione madrebambino rappresenta un ulteriore fattore di stress: anche nella famiglia più consapevole e
competente il dubbio si insinua, si rimugina il passato, e il senso di colpa logora la coppia e mina
fatalmente il già difficile rapporto con il bambino.
INCOMPRENSIONE SOCIALE
Succede moto spesso che i comportamenti bizzarri dei bambini autistici siano considerati
dall’ambiente sociale come manifestazioni di maleducazione di cui è responsabile la famiglia: frasi
come “ se fosse mio figlio, saprei io come educarlo...” sono ben conosciute dalla maggior parte
dei genitori di bambini autistici.
Anche la famiglia più unita e più competente deve così affrontare non solo le difficoltà di vivere
con un bambino tanto difficile, ma anche il giudizio, le critiche e l’intolleranza di vicini, amici e
parenti, della cui solidarietà avrebbe invece disperatamente bisogno.
ISOLAMENTO
La paura e l’angoscia che i comportamenti bizzarri e incomprensibili delle persone autistiche
possono suscitare, la vergogna di essere ritenuti genitori inetti, il senso di inadeguatezza
possono indurre i genitori a rintanarsi con il bambino nell’ambiente domestico e a rinunciare al
proprio compito educativo, sprofondando il figlio nel caos e la famiglia intera nell’isolamento
sociale.
INCERTEZZA PER IL FUTURO
“Che ne sarà di mio figlio quando non ci saremo più noi ad occuparcene, a volergli bene?”
Questa domanda, motivata dall’attesa di vita normale delle persone affette da autismo,
accompagna come un incubo l’intera esistenza dei genitori.
Si può anche aver superato la disperazione, aver capito l’handicap del bambino, aver imparato
come comportarsi con lui; ma la paura per il suo avvenire si riaffaccia ogni mattina, ogni
momento di ogni giorno che passa inesorabilmente.
LE PROBLEMATICHE FAMILIARI NELLE ETA’ DELLA VITA
L’ETA’ PRESCOLARE
Sono note le difficoltà e lo smarrimento della famiglia in cui nasce un bambino portatore di
handicap, ma nel caso dell’ autismo la famiglia è particolarmente colpita e smarrita, a causa delle
caratteristiche stesse della sindrome che impediscono al bambino di stabilire una relazione
142
proficua, con la difficoltà in più di accettare l’handicap in un figlio apparentemente normale, e
talvolta perfino molto bello.
Inoltre i problemi di comportamento mal interpretati e i miti che ancora sopravvivono sull’autismo
rendono i genitori particolarmente vulnerabili ai sensi di colpa e di inadeguatezza.
Tuttavia in questa fase i genitori sono pieni di speranza e di energie, ed estremamente motivati
ad aiutare il bambino e a migliorare il clima familiare.
Se hanno la fortuna di incontrare professionisti che sappiano valorizzare questi atteggiamenti
informandoli, formandoli, e implicandoli attivamente nell’educazione del bambino, non solo le
competenze del bambino, ma anche la serenità familiare potranno trarne enorme giovamento.
Condividere dei successi in un contesto adeguato aiuta il bambino e i genitori a conoscersi e
capirsi, a recuperare la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, e a creare quella relazione
positiva che se non può purtroppo agire sulla natura dell’handicap può almeno migliorare in modo
significativo la qualità di vita di tutti.
La famiglia è il primo ambiente sociale nel quale ogni bambino si trova a vivere: l’integrazione
nell’ambiente familiare è quindi il primo obiettivo educativo nei confronti del bambino autistico.
La presa in carico da parte di servizi competenti, già indispensabile in questo periodo, dovrebbe
puntare innanzi tutto ad aiutare il bambino attraverso i genitori, perchè il benessere del bambino
e della famiglia sono indissolubili.
ETA’SCOLARE
Quando il genitore di un bambino autistico si trova a dover iscrivere il proprio figlio a scuola, si
pone una serie di domande che non sfiorano nemmeno il genitore del bambino “normale”.
Una famiglia senza problemi si aspetta infatti dalla scuola che prepari il bambino nelle acquisizioni
solastiche di base, e più tardi che lo prepari a studi universitari o ad una professione.
Ma che cosa aspettarsi dalla scuola nei confronti di un bambino autistico?
E’ da qui che iniziano le incertezze e le ansie che accompagneranno questa famiglia per tutto
l’iter scolastico.
Nel processo educativo del bambino normale la famiglia non si pone molte domande: l’iter
scolastico è già chiaro, ci si aspetta che attraverso le acquisizioni di base il bambino venga
preparato ad affrontare un corso di studi superiore o ad un lavoro.
Ma quali aspettative sono realistiche per un bambino autistico, dove dove vogliamo che arrivi ,
come arrivarci ?
I genitori desiderano legittimamente che il bambino faccia progressi, e che stia meglio, in altre
parole che, anche grazie all’educazione, diventi oggettivamente sempre più competente e
soggettivamente sempre più sereno.
Inoltre la famiglia desidera naturalmente, e a ragione, che qualunque programma educativo sia
elaborato e portato avanti nel rispetto del bambino, ma può accadere che questa legittima
aspirazione porti ad atteggiamenti contradditori: da una se da una parte i genitori vogliono
offrirgli le opportunità di crescita più adeguate, dall’altra desiderano risparmiargli umiliazioni e
dolore.
Piuttosto che di diventare apparentemente più “normali” , bambini autistici hanno bisogno, come
ogni altro bambino, di imparare ad essere indipendenti nelle abilità personali, nella capacità di
comunicare e nelle relazioni sociali, obiettivi che hanno a che fare con il rispetto della persona:
143
l’acquisizione di autonomia di vita dà una giusta impressione di miglioramento non solo alla
famiglia e alla comunità, ma anche al bambino stesso.
Con il passare degli anni tuttavia la disabilità del bambino nei confronti dei coetanei diventa
sempre più evidente, e i risultati, nulli nel caso di una presa in carico approssimativa o di una
mancanza di flessibilità e di costanti aggiustamenti del programma educativo, ma spesso modesti
anche con il migliore degli interventi, se paragonati ai progressi del bambino “normale”, possono
determinare una perdita di interesse negli insegnanti: i PEI non vengono più controllati e valutati
così frequentemente come sarebbe necessario , e la perdita di motivazione si trasmette anche
al bambino, che può cominciare ad apparire svogliato e pigro, o addirittura oppositivo.
Cominciano così i problemi di comportamento, che se affrontati senza la glusta comprensione
delle loro motivazioni si aggravano sempre più, e a causa della crescita somatica diventano
sempre più difficili da gestire.
La famiglia in questo periodo, se non si è stabilito un buon rapporto di collaborazione e di fiducia,
avrà l’impressione che il bambino non faccia che peggiorare, e rimetterà in discussione la validità
delle proprie scelte rischiando di iniziare un nuovo calvario di ricerca di soluzioni miracolose
quanto improbabili, anche solo sulla base di dicerie, testimonianze di amici e parenti, o notizie
ricavate da riviste o programmi televisivi divulgativi, in balia di un’altalena di speranze e
delusioni.
Questo atteggiamento tuttavia mette in luce le potenzialità positive della famiglia: la necessità
di mantenere fiducia nelle possibilità di sviluppo del bambino e l’esigenza di sentirsi utili, che se
indirizzate verso una collaborazione costruttiva con l’équipe educativa possono costituire un
punto di forza per il successo educativo.
L’ADOLESCENZA
L’adolescenza arriva presto, e con lei, per giovane che sia l’età di sviluppo, gli stessi problemi
legati alla tempesta ormonale, ai cambiamenti fisici e alla maturazione sessuale che affliggono
ogni adolescente.
Il ragazzo non è più il cucciolo dalle fattezze accattivanti al quale in fondo non è troppo difficile
perdonare tutto; crescendo si è trasformato in un adolescente goffo, esigente, talvolta
sgradevole, incapace di comprendere e comunicare nuove sensazioni e bisogni, i cui problemi di
comportamento rappresentano sempre più motivo d’intolleranza ed emarginazione sociale.
E’ in questo stesso periodo che possono maniferstarsi le prime crisi epilettiche, inquietudine per
la sua salute aumenta l’angoscia della famiglia, già provata da anni di battaglie e dedizione.
I genitori, stanchi, scoraggiati, impotenti a rispondere alle esigenze di un giovane fisicamente
sano e vigoroso, devono confrontarsi con una realtà ormai inconfutabile, esorcizzata negli anni
precedenti da speranze e illusioni.
Eppure a questa età il ragazzo mostra spesso un miglioramento delle sue capacità sociali e una
forte motivazione a instaurare relazioni al di fuori della famiglia: l’adolescenza è il momento
ideale per insegnargli , attraverso l’acquisizione di nuove competenze in programmi adeguati e
realistici, il piacere delle attività e dei rapporti sociali.
L’AUTISTICO NELL’ETA’ ADULTA: LA NECESSITA ‘ DI UNA PRESA IN CARICO
La mancanza di strutture adeguate di accoglienza comporta situazioni di grave sofferenza per
l’adulto autistico e la sua famiglia, e con il passare degli anni si fa sentire sempre più
crudelmente.
144
Si parla spesso della difficoltà dei genitori di affrontare la realtà dell’handicap del proprio figlio:
ma non sarebbe forse più facile affrontarla, se i genitori sapessero fin dal momento della diagnosi
che comunque anche per il loro amato bambino ci sarà un percorso verso l’indipendenza, un
futuro, qualunque sia l’evoluzione delle sue potenzialità?
L’adulto autistico, privato dai problemi di comunic azione della possibilità di manifestare bisogni e
sentimenti, esacerbato dall’inattività in mancanza di una adeguata presa in carico, sarà ancora
più frustrato e ancor più preda di angoscia e problemi di comportamento.
I genitori hanno l’impressione che i giochi siano ormai fatti, e la loro motivazione e impegno si
indeboliscono con le energie della giovinezza perduta.
Con il passare degli anni i preconcetti pesano sempre più, il comportamento socialmente
inadeguato diventa sempre più fonte di discriminazione e di intolleranza, l’angoscia dei familiari
per i comportamenti bizzarri talvolta incontenibili, l’umilazione derivata dal rifiuto e
dall’insofferenza dell’ambiente e la paura di esporre il figlio a trattamenti eversivi possono
precipitare la famiglia nell’isolamento .
Anche se il senso di colpa iniziale, fattore di estrema sofferenza nei genitori dei bambini, è ormai
superato, l’assenza di soluzioni di vita adeguate e dignitose può ben presto trasformare lo stress
della famiglia in disperazione, e probabilmente non esiste genitore di persone con autismo che
non si sia almeno una volta nella sua vita augurato di poter sopravvivere al proprio figlio, per
non doverlo mai abbandonare alla solitudine e all’emarginazione: questi sentimenti non fanno che
generare ulteriori sensi di colpa.la famiglia si trova a doversi confrontare con una realtà ormai
inconfutabile, esorcizzata negli anni precedenti da speranze e illusioni.
Eppure, superata la fase dell’adolescenza, le persone con autismo hanno raggiunto un nuovo
equilibrio, e spesso si trovano nella condizione ideale per approfittare di una presa in carico
educativa: l’angoscia nei confronti degli estranei diminuisce, e il giovane diventa più curioso e
più disponibile all’apprendimento, proprio nel momento in cui la scuola non è più in grado di far
fronte al suo bisogno di educazione e di partecipazione.
Come Theo Peeters dice, l’autismo è un disturbo pervasivo, e come tale richiede una risposta
pervasiva, e poichè l’autismo, benchè si possano fare progressi significativi, dura tutta la vita,
tale risposta dovrebbe essere presente e adeguata per ad ogni età.
La presa in carico educativa quindi non dovrebbe arrestarsi, al contario anche i giovani che non
hanno potuto approfittare precedentemente di un supporto educativo specifico possono fare
notevoli progressi e trarre vantaggio da un insegnamento specializzato, adeguato alla loro
possibilità, mirato all’acquisizione di competenze sociali e lavorative.
Dare un sollievo e un supporto diventa prioritario nel momento in cui la famiglia non è più in
grado di rispondere al bisogno d’indipendenza e di partecipazione del giovane autistico: la
persona disabile non può essere privata della libertà di sviluppare un proprio progetto di vita.
Nell’età adulta deve potersi dedicare, come qualunque altra persona, ad attività atte a dare
senso alla sua vita e sviluppare le sue competenze e i suoi interessi.
L’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che anche le persone autistiche con un livello di
sviluppo modesto sono in grado di lavorare molto più e meglio di quanto si pensasse una volta, e
che il lavoro risponde ad una loro esigenza profonda, oltre che rappresentare uno strumento
efficace di miglioramento dell’autostima e dei problemi di comportamento.
Non dobbiamo dimenticare che negare alla persona autistica la possibilità di una educazione
permanente, di una formazione professionale adeguata, di un lavoro e di una vita indipendente
145
nei limiti della possibilità individuali significa non solo negarele i diritti fondamentali della persona,
ma anche esporla al rischio di abusi inauditi, indegni di una società civile.
Testimonianza di una madre
Nel 1994, ho preferito por termine alle sofferenze di mia figlia (autistica) piuttosto che farle
vivere nuovamente gli orrori dell’ospedale psichiatrico , senza dubbio comuni a molti altri
ospedali, perché in Francia per gli adulti autistici in crisi d’ansia non esiste alcuna proposta al di
fuori della camicia di forza farmacologica e dell’internamento .
In seguito al mio gesto tremendo, il 7 agosto 1994, mi sono costituita alla polizia, e sono stata
processata. Ho scontato 6 settimane di prigione al momento del dramma, e sono stata
condannata a 5 anni di detenzione con la condizionale; io sono stata giudicata e condannata;
ma l’ospedale psichiatrico non è stato nemmeno indagato per mancata assistenza .
(M.J. Préfaut a scritto un libro: “Maman, pas l’hopital” pubblicato nelle Edizioni Laffont
giugno 1997).
146
nel
COLLEGAMENTO SITI ITALIANI AUTISMO
(è possibile avere una breve descizione del sito, prima di visitarlo)
AUTISMO E PSICOSI INFANTILI
http://www.alihandicap.org/ALI/
Sito dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile di G. M. Arduino.
Il sito presenta una serie di pagine sull'Autismo e e
l Psicosi infantili. Sono presenti diverse
sezioni:
Classificazioni (con riferimento ai manuali diagnostici DSM-IV e ICD 10) delle varie definizioni
dell'Autismo e delle Psicosi Infantili proponendosi di determinare in maniera il più condivisa
possibile l'oggetto di studio.
Concezioni delle psicosi infantili dove vengono presentati alcuni dei più importanti tentativi di
spiegazione dell'Autismo e delle Psicosi Infantili
Trattamenti dove è possibile consultare una panoramica dei più conosciutii.
Informazioni utili sull'argomento, tra cui l'indicazione dei principali Centri specialistici, delle
Associazioni italiane, ed altri indirizzi utili; in questa sezione, inoltre, si trova un documento che
chiarisce, in maniera sintetica che cos'è l'autismo, quali sono le cause, come può essere
trattato, a coloro che si avvicinano al problema per la prima volta o che vogliono avere subito
una visione d'insieme, si consiglia di iniziare la lettura dell'ipertesto da questa sezione.
Per informazioni e suggerimenti: [email protected]
Dott. G.M. Arduino, E. Gonella
Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile ASL 16 Mondovi'-Ceva
Via Torino, 2 Mondovi' (Cn), Tel. 0174 - 552033.
Responsabile: Dott. Franco FIORETTO
OSSERVATORIO AUTISMO DELLA LOMBARDIA
http://www.promo.it/autism
E' il sito dell'Osservatorio sull'Autismo della Regione Lombardia, che ha sede a Merate, presso il
Servizio di Neuropsichiatria Infantile diretto dal Dott. Palazzi. L'Osservatorio fa parte di un più
generale Progetto Autismo della Regione Lombardia, che viene presentato anche nel sito.
L'Osservatorio prevede anche un Centro di documentazione e studio dell'autismo e degli altri
disturbi pervasivi dello sviluppo (F84 ICD10).
Nel sito sono presenti e possono essere consultati e scaricati tutti i numeri pubblicati del
Notiziario dell’Osservatorio Autismo della Regione Lombardia. Il notiziario contiene inoltre
informazioni utili e interventi di operatori e familiari.
147
Si può inoltre accedere ad altre due sezioni, una contenente la definizione e triade autistica,
l'altra il numero speciale del bollettino contenente l'Annual report.
L'indirizzo postale dell'Osservatorio è:
via Parini 4/b, 23807, Merate (Lecco), c/o Unità Operativa dell'Infanzia e dell'Adolescenza di
Lecco, sede di Merate
tel. +39 (0)39 9995327
fax. +39 (0)39 9995329
E-mail: [email protected]
148
CENTRO SPERIMENTALE PER LO STUDIO SULL'AUTISMO
http://www.anniverdi.org/autismo.htm
Questo è stato uno dei primi siti in lingua italiana dedicati all'Autismo. In particolare, si tratta di
una descrizione del Centro Sperimentale per lo Studio sull'Autismo, situato a Roma ed operante
dal 1992. Il Centro offre un servizio di Centro diurno in cui vengono adottate procedure
sperimentali volte all'incremento delle capacità comunicative e di autonomia; un servizio
ambulatoriale, in cui vengono proposti trattamenti ad indirizzo cognitivo e comportamentale
per bambini dai tre ai dodici anni; si prevedono inoltre soggiorni estivi e week-end terapeutici.
Nell’home page selezionando la voce ‘‘chi siamo’’, si apre una pagina con una breve storia del
cammino compiuto dall’associazione fin dalla sua fondazione (1964). Vengono inoltre descritte le
finalità e le attività in generale.
Questa ultime vertono principalmente sul campo riabilitativo per portatori di handicap. Presso
Anni Verdi sono attivi un centro diurno e un centro sperimentale sull’autismo (selezionare
‘‘autismo’’ sulla sinistra), in via S. Sbricoli 8, Roma. L’associazione organizza anche dei soggiorni
estivi.
Sulla sinistra troverete elencate le diverse attività svolte e le strutture di cui dispone
l’associazione. Alla voce ‘‘recapiti’’ sono disponibili tutti i numeri di telefono e gli indirizzi
attraverso cui è possibile contattare Anni Verdi.
Il centro organizza inoltre attività formative rivolte ad operatori del settore ed a scuole, ed
offre informazioni sull'autismo a famigliari di individui autistici ed a coloro che sono impegnati in
quest'area.
Ultimamente è stato costituito un Comitato scientifico interdisciplinare, che ha promosso il
finanziamento di varie ricerche ed ha stimolato la pubblicazione dei risultati ottenuti da esse.
Viene fato notare che i ricercatori del Centro hanno accesso alla ricerca computerizzata della
bibliografia su Medline ed all'archivio computerizzato della Oxford University. Il centro si propone
di lavorare in vista di una qualificazione come Istituto di Ricerca sull'Autismo Infantile ed il
Ritardo Mentale.
Ente Morale Anni Verdi, via A. Colautti, 28 - 00152 Roma, tel. 06-5839341
Per ulteriori informazioni sul centro, rivolgersi a:
Dott.ssa Flavia Caretto tel. 06/65000063
e-mail: [email protected]
AUTISMO IN RETE
http://www.autismoinrete.org/
Questo sito è stato creato e gestito da Graziano Masia e dalla moglie, genitori di un bambino
autistico chiamato Nicola, con la collaborazione di altri genitori e persone interessate. Il sito si
propone di facilitare lo scambio di informazioni e la comunicazione, anche con l'uso della chat e
della AML (Autism Mailing List), una lista cioè alla quale è possibile iscriversi per scambiarsi
messaggi mail, informazioni, consigli, sapendo di essere in un gruppo (Mailing List) il cui primo
interesse è quallo di aiutarsi, tra genitori ed operatori; di favorire l'uso di Internet per agevolare i
rapporti tra tutte le persone interessate all'argomento; di agevolare aggiornamenti e ricerche
nella rete; di diffondere i contributi, documenti e lavori di vario genere, inviati da chiunque voglia
149
collaborare a questo progetto; di condividere esperienze personali o informazioni generali o
specifiche sull'Autismo.
Nell'indice del sito troviamo il "Diario", sezione dedicata a Nicola; una descrizione sintetica
dell’autismo, con i principali sintomi e le cause conosciute; notizie recenti sull'Autismo; Ricerche.
Il sito offre inoltre la possibilità di dialogare in rete con altre persone, cliccando sulle due sezioni
AML e Chat. Infine, il sito contiene un'ampia lista di Siti italiani, divisi per categorie, in cui
vengono segnalate anche le modifiche o novità, e siti esteri.
E-mail: [email protected]
BAMBINI E AUTISMO
www.bambinieautismo.org
Questo è il sito della Fondazione Bambini e Autismo, centro specializzato sull'Autismo nel Friuli
Venezia Giulia, realizzato da una coppia di genitori già impegnati nell'ambito della consulenza
psicopedagogica. Il centro ha a disposizione un team di lavoro specifico ed è volto ad aiutare le
famiglie di soggetti autistici a superare le difficoltà che questo tipo di disturbo comporta. Il sito
si propone di mettere a disposizione di tutti le competenze maturate dagli operatori del centro,
fornire informazioni riguardo alle attività della Fondazione e del centro e riguardo ad eventuali
seminari e convegni, e a come aiutare la Fondazione prestando attività di volontariato. Il sito
fornisce tutte le indicazioni riguardo alle persone da contattare ed agli indirizzi.
AUTISMO ON-LINE
http://autismo.inews.it
E' uno dei siti italiani più recenti e, come dicono i curatori, Sonia e Roberto Rusticali, è stato
pensato come un Manuale o come una Guida Pratica per i genitori. L'obiettivo del sito è quello di
fornire una panoramica quanto più possibile completa sull'Autismo, partendo dalla definizione
della sindrome, fino ad arrivare alle terapie riabilitative ed alle Leggi sull'Handicap.
Il sito si propone di utilizzare le conoscenze acquisite da genitori con alle spalle anni di
esperienza nel seguire i loro figli autistici avvalendosi della collaborazione di esperti professionisti
per la realizzazione di alcuni contributi più strettamente tecnici.
Aree tematiche sviluppate dal sito: cos'è l'autismo, test per diagnosi precoci, patologie collegate
all'autismo, terapie farmacologiche e riabilitative, Leggi sull'handicap, articoli scientifici e
convegni, indirizzi utili. Viene anche proposto un elenco di Centri italiani per l'autismo, divisi per
Regione.
AUTISMO TRIVENETO
http://nautilus.ashmm.com/autismo_triveneto/autismo_triveneto.htm
Questo è un sito curato da genitori associati ad Autismo Italia, Autisme Europe ed all'ANGSA,
che sono associazioni di genitori presenti in Italia. Il sito si propone di rendere note le esperienze
fatte nel territorio del Triveneto, e cerca, attraverso uno scambio di domande e risposte, di
coinvolgere le persone interessate a migliorare la qualità della vita delle persone con Autismo.
Tra le pubblicazioni presentate dal sito troviamo la carta dei diritti delle persone autistiche; cose
da ricordare sull'autismo; informazioni sulla sezione provinciale di Treviso; il programma TEACCH;
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il documento del Ninds sull'Autismo; la definizione di Autismo; informazioni su International
Association of Child and Adolescent Psychiatry and Allied Profession; il Progetto TEACCH.:
Insegnamento ed educazione; Nuovi esami per trovare la causa dell'Autismo e migliorarne la
prognosi; Relazione sul convegno VicenzAutismo del 19.6.99.
MUSICOTERAPIA ON LINE
www.mtonline.it/
Curato da Matilde Fabbri e Paolo Caneva, il sito offre spazi e servizi per condividere informazioni,
allargare il confronto e comunicare iniziative sulla musicoterapia tramite articoli, scuole,
bibliografie, tesi, convegni, seminari, forum e chat.
Sono presenti varie sezioni così suddivise: informazioni=definizione di musicoterapia, metodi,
ecc.); formazione=scuole, tesi (tra l’altro vengono pubblicati i più recenti indici di tesi di laurea
discusse in materia); professione=Associazioni, Centri di musicoterapia, articoli e riviste sul
Web, Ricerche e progetti; filodiretto=spazi dedicati agli operatori di musicoterapia, formazione,
chat…
ANTONIO ROTUNDO: AUTISMO
http://geocities.com/EnchantedForest/cottage/8346
Questo è uno spazio a disposizione di chiunque si interessa di Autismo, ma preferibilmente
riservato a coloro che hanno la necessità di approfondire strategie educative più efficaci per
insegnare alle persone autistiche e per gestire i loro problemi di comportamento.
Il sito, curato da Antonio Rotundo, Educatore con una lunga esperienza nel campo dell'autismo e
del ritardo mentale è composto, da una Premessa, una Presentazione, e da tre sezioni
tematiche:
Suggerimenti per l'educazione
Insegnare ad un bambino autistico
Difficoltà più frequenti
Per ulteriori informazioni, si può contattare il seguente indirizzo: E-mail: [email protected]
ASSOCIAZIONE "INSIEME PER L'AUTISMO"
http://web.tiscalinet.it/ass_inautismo
E' il sito di una ONLUS promossa da un gruppo di familiari di bambini e ragazzi autistici. L'
associazione si propone di informare e sensibilizzare circa le problematiche dell'autismo.
Questa è la presentazione che il gruppo fa delle finalità dell'associazione: "Nei nostri scopi
statutari c'è tutto ciò che può riguardare l'universo autismo, dall'organizzazione di seminari,
convegni, alla collaborazione con enti privati e pubblici per promuovere attività di sostegno a
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1° Sezione - Università degli Studi della Repubblica di San Marino