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DIPLOMAZIA
Il cartoncino
del savoir faire
I biglietti da visita formali permettevano
a diplomatici e funzionari che si detestavano
di mantenere una certa cordialità nei rapporti
di Eric Sylvers
I
I due leader sono seduti, di fronte, in comode poltroncine, un tavolino basso tra loro,
alle loro spalle la discreta presenza di un interprete. Qualche sorriso, qualche espressione
compunta, e poi, come si usa, la stretta di mano.
Il problema della “foto di rito” è che talvolta
persone che non si possono soffrire sono costrette a coesistere, anche se per poco, nello
stesso luogo.
Ormai è la posta elettronica a oliare gli ingranaggi della diplomazia, come l’affare Wikileaks ha pericolosamente dimostrato.
In tempi meno complessi il compito veniva
assolto dal biglietto da visita diplomatico – un
cartoncino rettangolare simile a un comune
biglietto da visita ma più spesso con solo un
nome – che permetteva a diplomatici di grado
e altri funzionari di interagire socialmente
senza necessariamente incontrarsi.
“I biglietti da visita diplomatici si usavano
 Diplomazia in sintesi
bbreviazioni (ancora) utilizzate
nei biglietti da visita diplomatici
(www.betteretiquette.blogspot.it) con
la versione francese tra parentesi:
A
• p.p. (pour presenter).
Per presentare. Utilizzato
esclusivamente nel biglietto da
visita di un diplomatico di alto
livello che accompagna il biglietto
da visita di un collaboratore.
• p.f. (pour feliciter).
Per congratularsi. Utilizzato per le
feste nazionali e altre occasioni
speciali.
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• p.c. (pour condoler). Per fare le
condoglianze. Utilizzato per la
morte di una figura di rilevanza
nazionale.
• p.r. (pour remercier). Per ringraziare.
Si ringrazia per un regalo, una
cortesia o per delle congratulazioni.
Si usa anche in risposta ai messaggi
“p.f.” e “p.c.”.
• p.p.c. (pour prendre congé).
Per salutare e prendere congedo.
Indica che si è in partenza.
• p.f.n.a. (pour faire nouvel an).
Auguri di Buon Anno.
• p.m. (pour memoire). A promemoria.
per le visite di cortesia” ricorda Kyle Scott, il
Console generale americano a Milano. “Ho
letto qualcosa a riguardo, ma da quando, nel
1980, sono entrato nel corpo diplomatico a
oggi non ne ho mai visto uno. Ora i diplomatici
hanno biglietti da visita identici a quelli usati
nel mondo degli affari.”
Sian MacLeod, l’Ambasciatrice britannica
nella Repubblica Ceca fino allo scorso giugno,
nel suo blog fa menzione di un libretto del
1965 da lei ritrovato nell’ambasciata di Praga
che faceva riferimento ai biglietti da visita diplomatici (Consigli per i funzionari del corpo
diplomatico e loro mogli in missione diplomatica all’estero). Il libro ammonisce che “una
donna sposata non deve mai lasciare un biglietto (da visita) a un uomo”.
I cartoncini non venivano usati solamente
dai diplomatici, all’epoca solo uomini , ma anche dalle loro mogli.
Altri validi seppur datati consigli del libretto
ci ricordano le usanze di un tempo lontano:
“Guardarsi dalla tentazione di proferire motti
di spirito e dai pericoli dell’umorismo. Se adoeast global geopolitics
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DIPLOMAZIA
REUTERS/CONTRASTO/KEVIN LAMARQUE
perati incautamente
possono dare adito
a fraintendimenti” e
poi “Se non si è osservata la corretta
disposizione degli
ospiti d’onore invitati alla vostra tavola,
potrebbero protestare il giorno dopo, o
addirittura prendere
congedo dopo la minestra.”
Una delle ragioni che hanno determinato la lunga
vita del biglietto da
visita diplomatico,
finché l’era digitale
non ha portato l’email su ogni computer o cellulare, è che la diplomazia ha mantenuto gli
stessi protocolli usati con successo da secoli,
non tanto per innato conservatorismo, ma come
prassi per limitare conflitti e fraintendimenti.
L’attaccamento alla tradizione spiega come
mai il francese è rimasto così a lungo non solo
la lingua di contatto della diplomazia, ma anche la lingua d’elezione del biglietto da visita
diplomatico.
Le abbreviazioni sui cartoncini, da vergare
solo a matita, mai a penna, si riferiscono a
espressioni francesi: p.p. per pour presenter,
(per presentare) e p.p.c. per pour prendre congé
(per salutarsi).
I riti legati ai biglietti da visita diplomatici
non si limitavano a qualche abbreviazione. Un
angolo ripiegato voleva dire che il biglietto era
stato consegnato di persona. Se si piegava l’angolo in alto a sinistra, il titolare del biglietto era
venuto in visita. Per congratularsi, si piegava l’angolo superiore destro, per prendere commiato
quello inferiore sinistro, e l’angolo inferiore destro per esprimere le proprie condoglianze.
\ Il Presidente
americano Barack
Obama insieme al
Presidente russo
Vladimir Putin durante
il summit del G8 a
Lough Erne in Irlanda
del Nord.
numero 51 gennaio/febbraio 2014
I biglietti da visita diplomatici sono un’evoluzione di quelli scambiati nell’alta società inglese e francese nel XVIII e XIX secolo. Presentati durante le visite ad amici e conoscenti, questi
bigliettini rispondevano a un preciso protocollo.
Gli stessi cartoncini si allegano oggi ai fiori inviati
per le condoglianze, o ai regali di matrimonio,
compleanno, anniversario o laurea.
Sui biglietti, diretta rappresentazione simbolica della persona che li usava, non si faceva
economia – almeno tra le “persone giuste”.
Erano solitamente stampati sulle migliori carte
usando lastre incise a mano da tipografi d’eccellenza come la stamperia fiorentina Pineider,
che annoverava perfino Napoleone Bonaparte
e Lord Byron tra i propri clienti.
“C’è ancora chi viene e vuole spendere per
avere un biglietto da visita diplomatico di pregio, ma sicuramente meno che in passato,” dice
il direttore di uno dei negozi della società.
“I gusti sono cambiati – aggiunge – così
come i modi di comunicare tra le persone, perciò non sorprende che siano usati meno che
in passato. Le persone che ancora ordinano
questi cartoncini sono più anziani della media
dei nostri clienti, ma le eccezioni non mancano. Ogni tanto un giovane professionista
viene a farsi fare un cartoncino vecchio stile,
pensando che possa fare colpo.”
I tradizionali biglietti da visita saranno forse
superati nella diplomazia moderna, ma continuano a essere presenti nella letteratura, e non
solo nei romanzi inglesi del secolo scorso. Nel
libro The Legend That Was Earth pubblicato
nel 2000, lo scrittore inglese di fantascienza
James P. Hogan immagina gli ambasciatori dei
governi terrestri nell’atto di presentare i loro
biglietti da visita agli alieni in arrivo da un
lontano pianeta.
Eric Sylvers, giornalista di base a Milano, scrive per
il New York Times e il Financial Times.
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