Collana letture bibliche A.Girardi – A.Savio Il profeta che faceva il broncio a Dio Introduzione Giona vuol dire colomba ed è il protagonista di un piccolo libro profetico attribuito ad un contemporaneo di Geroboamo II (783-743 a.C.), menzionato in 2Re 14,25. Ma il libretto non può essere opera sua, piuttosto è databile verso il 300 a.C.. Si tratta di un midrash, cioè un racconto, qui venato di umorismo, che vuole educare con un suo preciso messaggio. L’importanza del libro non sta né nel “miracolo” che Giona sia sopravvissuto dopo tre giorni nel ventre di un grande pesce, né nel riferimento che Gesù stesso fa del “segno di Giona” nella sua predicazione (Mt 12,38- 42; 16,4; Lc 11,29-32). È invece evidenziata la possibilità e la desiderabilità del pentimento e della conversione, perché Dio è misericordia infinita. Tanto da porgere il suo perdono persino agli abitanti di Ninive, che rappresentavano per il povero Giona tutto quanto sia di più detestabile e crudele al mondo! La misericordia divina è libera e immeritata e Dio la dona veramente a chiunque la richieda con cuore pentito e sinceramente pronto a cambiare strada. Qui di seguito tratteremo il libro di Giona intercalando il brano biblico con brevi commenti esplicativi. Buona lettura! In fuga da Dio Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore: 2 “Alzati, và a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita fino a me”. 3 Giona però si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s’imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore. 1 Di tutte le figure che si possono incontrare nella lettura della Bibbia, c’è un personaggio che conquista per il suo bizzarro stile: il profeta Giona. Un giorno costui riceve un comando da Dio: “Vai a Ninive e predica ai suoi cittadini che sto per distruggere la loro città”. Giona non risponde a parole, ma coi fatti: s’imbarca immediatamente su una nave e parte. Ci sono due particolari, però: Ninive si trova a est di Israele e Giona parte verso ovest. Inoltre, Ninive si raggiunge benissimo via terra, mentre il nostro profeta prende il mare, in direzione dell’attuale Spagna. Oibò! Il profeta ha detto di no a Dio? Di più: ha detto NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! Se nella sua epoca fosse esistito il megafono, lo avrebbe sicuramente adoperato! Perché si comporta così? Gli abitanti di Ninive non sono ebrei. Non solo, ma sono anche acerrimi nemici di Israele a tal punto da averne compiuto un massacro. Giona prova una profonda ira nei confronti di questo popolo pagano, impuro e capace di tante nefandezze nei confronti dei suoi. Perché mai, allora, dovrebbe prendersi la briga di andarli ad avvertire di un’imminente azione distruttrice da parte di Dio nei loro confronti? Se la sono meritata, no? Poi, se mai costoro facessero atti di pentimento, il Signore potrebbe anche provare misericordia e decidere di perdonarli, quei brutti e cattivi! Sia mai! Per questo motivo Giona si imbarca in direzione ovest. Ma c’è un altro particolare che lo porta ad agire così: è convinzione comune, tra le popolazioni della sua epoca, che le divinità di un popolo abbiano giurisdizione su di esso soltanto all’interno dei confini del suo territorio. Giona, uscendo dai confini di Israele, vuole sottrarsi così alla giurisdizione di Dio, dimenticandosi che Lui è il Creatore del cielo e della terra; per Lui i confini umani non esistono. E se ne accorgerà presto. Preso per la collottola… Ma il Signore scatenò sul mare un forte vento e ne venne in mare una tempesta tale che la nave stava per sfasciarsi. 5 I marinai impauriti invocavano ciascuno il proprio dio e gettarono a mare quanto avevano sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona, sceso nel luogo più riposto della nave, si era coricato e dormiva profondamente. 6 Gli si avvicinò il capo dell’equipaggio e gli disse: “Che cos’hai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo”. 7 Quindi dissero fra di loro: “Venite, gettiamo le sorti per sapere per colpa di chi ci è capitata questa sciagura”. Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. 8 Gli domandarono: “Spiegaci dunque per causa di chi abbiamo questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni? ”. 9 Egli rispose: “Sono Ebreo e venero il Signore Dio del cielo, il quale ha fatto il mare e la terra”. 10 Quegli uomini furono presi da grande timore e gli domandarono: “Che cosa hai fatto? ”. Quegli uomini infatti erano venuti a sapere che egli fuggiva il Signore, perché lo aveva loro raccontato. 11 Essi gli dissero: “Che cosa dobbiamo fare di te perché si calmi il mare, che è contro di noi? ”. Infatti il mare infuriava sempre più. 12 Egli disse loro: “Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che ora è contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia”. 13 Quegli uomini cercavano a forza di remi di raggiungere la spiaggia, ma non ci riuscivano perché il mare andava sempre più crescendo contro di loro. 14 Allora implorarono il Signore e dissero: “Signore, fa' che noi non periamo a causa della vita di questo uomo e non imputarci il sangue innocente poiché tu, Signore, agisci secondo il tuo volere”. 15 Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia. 16 Quegli uomini ebbero un grande timore del Signore, offrirono sacrifici al Signore e fecero voti. 4 L’imbarcazione, viene sorpresa da una violenta tempesta e i marinai (tutti pagani) sollecitano Giona a seguire il loro esempio (!) e ad implorare anche lui le sue divinità, perché il pericolo si allontani da loro. Da notare: dei pagani si dimostrano più religiosi dello stesso profeta, a causa dell’indurimento del suo cuore. Purtroppo la situazione peggiora. Estraggono a sorte, secondo gli usi del tempo, per domandare alla divinità che li sovrasta chi, tra loro, possa essere la causa dei loro guai. Naturalmente la sorte cade sul nostro amico, che confessa di essere profeta del Signore, creatore dell’Universo. Davanti a simili titoli, i pagani comprendono che si trovano davanti a Qualcuno di molto superiore alle loro divinità. Sono proprio nei guai. L’unico modo per salvare la pelle da quella tempesta sarebbe quello di gettare il profeta in acqua. Ma compiere un’azione simile significherebbe provocare ancora di più l’ira di questo Dio così potente. Giona li toglie d’impaccio, spiegando loro di essere consapevole di questa soluzione (e delle sue conseguenze). Allora, di nuovo, i pagani implorano il Signore affinché il sangue del profeta non ricada su di loro. Poi gettano a mare il nostro amico. 1 Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. 2 Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore suo Dio 3 e disse: “Nella mia angoscia ho invocato il Signore ed egli mi ha esaudito; dal profondo degli inferi ho gridato e tu hai ascoltato la mia voce. 4 Mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare e le correnti mi hanno circondato; tutti i tuoi flutti e le tue onde sono passati sopra di me. 5 Io dicevo: Sono scacciato lontano dai tuoi occhi; eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio. 6 Le acque mi hanno sommerso fino alla gola, l’abisso mi ha avvolto, l’alga si è avvinta al mio capo. 7 Sono sceso alle radici dei monti, la terra ha chiuso le sue spranghe dietro a me per sempre. Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, Signore mio Dio. 8 Quando in me sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore. La mia preghiera è giunta fino a te, fino alla tua santa dimora. 9 Quelli che onorano vane nullità abbandonano il loro amore. 10 Ma io con voce di lode offrirò a te un sacrificio e adempirò il voto che ho fatto; la salvezza viene dal Signore”. 11 E il Signore comandò al pesce ed esso rigettò Giona sull’asciutto. Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: 2 “Alzati, và a Ninive la grande città e annunzia loro quanto ti dirò”. 3 Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. 1 Una volta in acqua, Giona viene inghiottito da un grosso pesce. All’interno del suo ventre, viene riportato verso est e, dopo tre giorni di “navigazione forzata” viene vomitato a riva, al punto di partenza. “Adesso vai a Ninive!” gli ripete il Signore. E Giona, suo malgrado e per nulla convinto, s’incammina nella direzione giusta. I frutti della predicazione di Giona Ninive era una città molto grande, di tre giornate di cammino. 4 Giona cominciò a percorrere la città, per un giorno di cammino e predicava: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”. 5 I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. 6 Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere. 7 Poi fu proclamato in Ninive questo decreto, per ordine del re e dei suoi grandi: “Uomini e animali, grandi e piccoli, non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. 8 Uomini e bestie si coprano di sacco e si invochi Dio con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. 9 Chi sa che Dio non cambi, si impietosisca, deponga il suo ardente sdegno sì che noi non moriamo? ”. 10 Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece. Non finisce qui! Colmo dei colmi, la città è talmente grande che a percorrerla tutta ci vorrebbero tre giorni di cammino. Dopo appena una giornata di predicazione di Giona, invece, la voce si sparge a tal punto che arriva sino al re e questi emana un editto imponendo a tutti i suoi sudditi di far penitenza insieme a lui (includendo nel numero anche gli animali!). Questi segni di conversione sono sinceri. Dio vede le opere dei niniviti e muta la propria ira in misericordia. Anche stavolta dei pagani dimostrano una grande fede e un cuore non scevro di speranza. L’editto infatti si chiude con la frase: “Chi sa che Dio vedendo le nostre opere, non muti consiglio e non ci distrugga?” Il “broncio” del profeta Ma Giona ne provò grande dispiacere e ne fu indispettito. 2 Pregò il Signore: “Signore, non era forse questo che dicevo quand’ero nel mio paese? Per ciò mi affrettai a fuggire a Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e clemente, longanime, di grande amore e che ti lasci impietosire riguardo al male minacciato. 3 Or dunque, Signore, toglimi la vita, perché meglio è per me morire che vivere! ”. 4 Ma il Signore gli rispose: “Ti sembra giusto essere sdegnato così? ”. 5 Giona allora uscì dalla città e sostò a oriente di essa. Si fece lì un riparo di frasche e vi si mise all’ombra in attesa di vedere ciò che sarebbe avvenuto nella città. 6 Allora il Signore Dio fece crescere una pianta di ricino al di sopra di Giona per fare ombra sulla sua testa e liberarlo dal suo male. Giona provò una grande gioia per quel ricino. 7 Ma il giorno dopo, allo spuntar dell’alba, Dio mandò un verme a rodere il ricino e questo si 8 seccò. Quando il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un vento d’oriente, afoso. Il sole colpì la testa di Giona, che si sentì venir meno e chiese di morire, dicendo: “Meglio per me morire che vivere”. 9 Dio disse a Giona: “Ti sembra giusto essere così sdegnato per una pianta di ricino? ”. Egli rispose: “Sì, è giusto; ne sono sdegnato al punto da invocare la morte! ”. 10 Ma il Signore gli rispose: “Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita: 11 e io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali? ”. 1 Giona osserva la città dal deserto fuori delle mura e sbuffa: “Ecco, lo sapevo! Lui è misericordioso e li ha perdonati! Non è giusto!” Se ne sta lì, ruminando il proprio astio, sotto il sole, seduto per terra. Sembra un bambino geloso che faccia i capricci. Dio ha tenerezza di quel suo piccolo brontolone gli fa crescere accanto una pianta di ricino che, con le sue larghe foglie gli possa dare un po’ di sollievo facendogli ombra. Ed il profeta sembra finalmente trovare un momento di pace. Ma solo un momento, perché il suo cuore è ancora in tempesta. Così Dio manda un verme che nella notte fa morire la pianta. A questo punto, Giona invoca la morte: i suoi nemici sono stati perdonati e hanno scampato alla distruzione. Per giunta, non c’è più il suo amato ricino. Soltanto a questo punto Dio gli parla e le sue parole dimostrano una grande confidenza nei confronti del Suo profeta: “Ma ti pare giusto lamentarti così per una pianta per la quale non hai fatto nulla per farla nascere ed accudirla e in una notte si è seccata. Tu ti disperi per cose insignificanti e Io non dovrei preoccuparmi per della gente che si comporta peggio di un bambino senza una guida, senza norme morali, senza distinguere il bene dal male?” E sotto sotto c’è un’altra domanda: “Perché Io che sono Amore non posso amare chi voglio? Perché ti ostini a non voler imparare come si fa?” Mio Dio, sono come Giona vorrei il Tuo Amore tutto per me. Perché dividerLo con gli altri? Insegnami a donare, insegnami ad abbandonarmi, insegnami ad amare. Amen. Sommario Introduzione pag. 2 In fuga da Dio pag. 3 Preso per la collottola… pag. 4 I frutti della predicazione di Giona pag. 6 Il “broncio” del profeta pag. 7 Questo libretto è stato scritto, composto, stampato in proprio ed edito in forma elettronica dalla Piccola Famiglia di Maria c/o Famiglia Savio Corso IV Novembre, 12 10136 Torino Tel. 347.7984801 in copertina, “Il brontolone” di Andrea Savio e-mail: [email protected] Importante: il ritrovamento del presente libretto, distribuito agli interessati e ai gruppi, esposto in località non autorizzate è da ritenersi fuori dalla responsabilità degli autori e dei curatori della stampa.