::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 1 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 2 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 3 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 4 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 5 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 6 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 7 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 8 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 9 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 10 SENTIREASCOLTARE http://www.sentireascoltare.com/CriticaMusicale/Recensioni/2006/recensioni/Mybrightestdiamond.htm Pj Harvey è scomparsa, lunga vita a PJ Harvey. No, non avete letto male l’ oggetto della recensione, state davvero per leggere del disco di Shara Warden, aka My Brightest Diamond che, sì, si chiama Bring Back The Workhorse ed è edito dall’ etichetta di Sufjan Stevens, la Asthmatic Kitty, la piccola grande casa indipendente dal fervore spirituale (cristiano, diciamolo pure) iniziata da Sufjan stesso. E con quest’ ultimo, del resto, Shara ha più che qualcosa da spartire, essendo una dei componenti degli IlliNoise Makers, la piccola squadra che ha affiancato il cantautore geniale nella stesura e nell’ esecuzione di Come on Feel the Illinoise e The Avalanche, suo seguito. Ad ogni modo, tornando a noi - cioè, a Shara - purtroppo è abbastanza inevitabile che il suo pur buon debutto venga immediatamente legato al nome di PJ Harvey, la vergine anoressica del Dorset: la Warden canta come la Harvey e suona sinistra, altera, corposa e ultraterrena come se i tempi di To Bring You My Love ed Is This Desire? fossero tornati; non a caso, nella bella TheRobin’ s Jar si parla di terra e di morte, in Something Like of an End e Gone Away ci si concentra sulle gioie della fine, finché le percussioni lasciano dietro terra bruciata come succede in Freak Out. Eppure, nessuno vuole rischiare di appiattire totalmente My Brighest Diamond su di un solo paragone. La sezione strumentale che sostiene il ballo della sua voce è ben nutrita ed in molti casi dipinge melodie soavi per archi (Dragonfly) o per carillon (We Were Sparkling) che più che alla Harvey la avvicinano a Kate Bush ed a un’ altra nutrita schiera di musiciste che va da Bjork a un po’dove preferite. Una bella canzone, di chiunque sia e chiunque “ imiti” , tante volte resta semplicemente una bella canzone, affermazione che a conti fatti vale un po’per tutti i pezzi di questo album. E per quanto Shara resti una polistrumentista affascinante ma non esattamente seminale, quelcosa del suo diamante, effettivamente, splende nel buio di quello che in molti altri casi sarebbe il solito disco della solita epigona di un one-womangenre. VELVET GOLDMINE http://velvetgoldmine.iobloggo.com/ Shara Worden ha una gran bella storia: nipote di un chitarrista evangelico, figlia di un campione nazionale di fisarmonica e di un'organista di chiesa; cantante nel coro della sua chiesa Pentecostale ad Ypsilanti, poi con Whitney Houston e negli album di Maria Carey; seguita da Padma Newsome (Clogs) e collaboratrice di Sufjan Stevens. Ne ha fatte di cose prima di arrivare al debutto solista, tante le ispirazioni e gli studi quanto fantastica è la sua voce, un po' teatrale ed un po' pop. Lasciando perdere scomodi e stupidi accostamenti, le sue canzoni girano intorno a piccole storie: da una libellula imprigionata ("Dragonfly") a momenti legati alla fine di qualcosa ("Gone Away"), fino alla morte ("The Robin's Jar"). Gli arrangiamenti sono davvero ricchi: vibrafono e wurlitzer, quartetti d'archi e piano preparato (nella schizzata "Freak Out") per esempio. Tante e troppe cose in un solo album di debutto che, dopotutto, fa ben sperare per il prossimo passo di Shara Worden. Il suo percorso musicale è ben indirizzato, bisogna solo attendere il sentieri corretto senza annoiarsi troppo. INDIE-EYE http://www.indie-eye.it/recensore/2006/09/06/indie-eye-podcast-con-shara-worden-aka-my-brightestdiamond/ Nella sezione Indie-eye Podcast è stato appena pubblicato un nuovo numero realizzato in collaborazione con Shara Worden, aka My Brightest Diamond in occasione dell’ uscita dell’ album di debutto sotto questo Moniker per Asthmatic Kitty. Bring me the Workhorse è uscito il 22 agosto per il mercato americano e sarà distribuito in Italia da promorama.it a partire dall’ 11 settembre. L’ album è a nostro avviso uno dei migliori usciti quest’ anno e nel lungo Podcast di 45 minuti, Shara Worden racconta la sua musica ai microfoni di Indie-eye ed esegue in esclusiva 4 tracce dal vivo, per sola voce e chitarra elettrica. assolutamente da non perdere! ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 11 LIVEROCK http://www.liverock.it/tuttarec.php?chiave=699&chiave2=My%5EBrightest%5EDiamond Il legame tra Shara Worden –questo il nome che si cela dietro l’ appellativo My Brightest Diamond- e Surfjan Stevens è già ben consolidato: Shara, infatti, fa parte degli IlliNoise Makers, ha collaborato alla realizzazione di “ Come on feel the Illinoise”e “ The Avalanche”e, non da ultimo, il suo esordio solista esce per la Asthmatic Kitty, etichetta dello stesso Stevens. My Brightest Diamond è però un progetto che vive di vita propria, cui Shara ha lavorato in solitudine sin dal 2005, insieme alla sua band. Ciò che ne è scaturito è un disco dalle atmosfere lievi e sognanti, figlie di un immaginario che ci piace definire fiabesco –che si ritrova anche nell’ elegante libretto del cd- entro il quale la notevole voce di Shara si adagia con agilità. E’un po’PJ Harvey -o una sua versione addolcita-, un po’Kate Bush ed un po’Bjork, sia quando decide di essere eterea (We were sparkling), come quando, invece, mostra un po’–per quanto possibile- di ruvidezza, come nel caso di Freak out: non sempre, però, il risultato è efficace al massimo. Nonostante la presenza di qualche piccola gemma come Something of an end, Dragonfly o Magic rabbit, non sempre i brani colpiscono nel segno: manca, insomma, il guizzo inaspettato o il brano davvero memorabile. Quello che resta –e questo accade davvero per tutta la durata dell’ album- è un disco dalle atmosfere affascinanti, con il valore aggiunto di una voce decisamente notevole. Ancora una luccicata e il diamante potrebbe davvero essere tra i più brillanti. KALPORZ http://www.kalporz.com/recensioni/bringmetheworkhorse-mybrightestdiamond.htm “ C’ era un albero d’ argento vicino al fiume dove andavamo ad appendere le nostre cose belle. Uova d’ oro, rossetti e piume, pezzi di vetro, candelieri, ciondoli, bottiglie di vino vuote, eguardavamo la luce trapassare tutto questo” : fotografa mondi immaginati, My Brightest Diamond, e li circonda con una musica che potrebbe essere dei Banshees spogliati da ogni furia punk, se solo avessero chiamato la Kate Bush più teatrale a scrivere le loro canzoni. O almeno, questa è l’ impressione che lasciano le prime due canzoni di “ Bring me the workhorse” , perché il resto del programma contiene molto altro: movimenti usciti da un musical triste (“ Gone away” ), murder ballads (“ The robin’ s jar” ), l’ oscurità che esplode all’ improvviso come nelle pagine migliori dei Castanets (“ Magic rabbit” ); o ancora, la perfezione delle melodie e di archi melodrammatici (una “ The good and the bad guy”che perfeziona quanto fatto dagli Ilya), una voce che –perfettamente padrona di sé –sibila come la PJ Harvey di “ To bring you my love”tra la polvere sottile delle dissonanze (“ Freak out” ) e subito dopo vola tra cori vespertini (“ Disappear” )… A questo disco manca una direzione, ma non sorprende; Shara Worden, la ragazza/diamante, che suona qualsiasi cosa e arrangia meravigliosamente gli archi del disco, ha talmente tante esperienze nel suo curriculum da rappresentare la schizofrenia: figlia d’ arte e appassionata di jazz, studia canto lirico e finisce per fare la corista a Mariah Carey (!) e a Whitney Houston (!!), per poi stancarsi di lustrini e attenzioni riservate ad altri e passare alla corte di Sufjan Stevens, e infine riversare tutto in “ Bring me the workhorse” . Ben venga, allora, la mancanza di direzione, se i risultati sono questi melodrammi wave, questa capacità di mischiare visceralità e favola: “ Bring me the workhorse”è fatto di undici microcosmi teatrali perfetti. Ringraziamo Whitney e Mariah per averla liberata: Shara Worden è un talento straordinario, e questo è uno dei miei dischi dell’ anno, nessun dubbio. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 12 MUSICCLUB http://www.darkclub.it/musicclub/jsp/rubriche/default_one.jsp?id_rubrica=5&id_numero=11577077451980& id_testo=11577092909850 È proprio il caso di affermare: tanto rumore per nulla! Dove il rumore è sia mediatico (dichiarazioni sin troppo entusiastiche da parte di certa stampa) che sonoro (quello prodotto da Miss Violetta Beauregarde, qui impegnata con il secondo disco, fatto di sedici micro pezzi). L’ opzione scelta è quella del pastiche electro in odore di Digital Hardcore Recordings, ma con molta meno convinzione rabbiosa, una volontà pop lo-fi mal celata e quel sentore da riot girl per il puro gusto di fare la “ monella” , che si sgonfia già dopo un paio di ascolti. Album finto. Ridateci Hanin Elias! Altra donna solitaria, sebbene collocata in un diverso ambito sonoro e pur se supportata da un gruppo esteso di musicisti per l’ esecuzione dei brani dai lei ideati e prodotti, è Shara Worden (ovvero My Brightest Diamond). Leggendo la biografia ci fa piacere apprendere dei suoi trascorsi (sin dalla più tenera età prescolare), che l’ hanno vista protagonista nelle vesti di musicista e di donna creativa, sognatrice e persa nei locali “ avant in”di New York. Tutto molto bello, tutto appropriato per darsi quel tocco naif che sembra andare tanto per la maggiore oggigiorno. Così come i termini di paragone o ispirazione, messi lì come se (all’ apparenza) dovessero passare inosservati, quando poi in realtà si tratta di PJ Harvey, Portishead, Kate Bush, Nina Simone e via discorrendo. Tutto estremamente cool. Peccato che al sottoscritto interessino solo le undici canzoni di ‘ Bring Me The Workhorse’e queste sono, alla resa dei conti, normalissime ballate malinconiche, un po’rock, un po’folk, un po’wave e un po’notturne, come se ne sono già sentite a iosa. E non sarà certo l’ interpretazione vocale buona, ma non eccezionale, di Shara Worden a salvare il lavoro dalla mediocrità e dal dimenticatoio in cui precipiterà nel giro di pochi mesi e dopo qualche articolo sulle “ trend riviste” . ROCKSHOCK http://www.rockshock.it/news.asp?id=2223 Proveniente da una cultura ecclesiastica e musicale, Shara Worden, vero nome della cantante, passata attraverso il pop e la classica, Maria Carey e Debussy; fino a che oggi My Brightest Diamond ci propone il primo lavoro solista. E ascoltando Bring me the Workhorse non si può fare altro che compiacersene. L’ album racchiude 11 tracce che arrivano direttamente al cuore. Un po’Kate Bush e un po’ Nina Simone, un po’Bjork e un po’Pj Harvey, un po’Porthishead e un po’ … se stessa. Inutile sprecarsi in paragoni, in influenze possibili, in stilemi identificabili, My Brightest Diamond non ha paura di proporre la sua visione complessa e introspettiva della composizione. I brano sono frutto di esperienze e punti di vista davvero personali, che oltrepassano il concetto stesso di canzone: Sara racconta quello che sta vicino al suo cuore e ha deciso coscientemente di offrire al pubblico il suo bene più prezioso: la musica. Così si susseguono storie di momenti struggenti: ora una semplice telefonata, ora un cavallo ferito, ora una libellula caduta preda della tela di un ragno. Il risultato è uno straordinario effetto di compressione del tempo: ogni secondo, ogni singola nota racchiude e richiama un inteso momento di vita. Tuttavia Sara non vuole raccontare tutto, ma soltanto ciò che reputa realmente importante. Così la sua voce, accompagnata dai più classici strumenti rock: basso chitarra, batteria, and so on, si eleva fino al punto di raggiungere quelle recondite emozioni che troppo spesso teniamo sopite dentro di noi. Un album capace di farci sorridere e anche farci commuovere; talvolta a distanza di un semplice frammento di tempo. Brava Sara. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 13 MIUZIK http://www.miuzik.it/ Figlia di un campione nazionale di fisarmonica e di un’ organista di chiesa, nipote di un chitarrista evangelista, allieva di Padma Newsome (Clogs) con alle spalle collaborazioni con Surfjan Stevens, Shara Worden - in arte My Brightest Diamond –realizza un album in bilico tra asperità rock, sofisticati intrecci pop ed intimismi cantautorali. La donna dimostra talento e capacità nella scrittura, oltre a essere versatile dal punto di vista vocale, tanto da far risultare “ Bring Me The Workhorse”una raccolta variegata, toccante, godibile e dalle melodie trascinanti. Ad affiorare sono orchestrazioni raffinate in collisione con ritmiche risolute (“ Golden Star” ), laceranti umori blues di memoria PJ Harvey (“ Freak Out” ,“ The Robin’ s Jar” ), pregevoli ambientazioni jazzy (“ Gone Way” ), melanconie chiaroscurali (“ We Were Sparkling” ), suoni liquidi e cangianti (” Magic Rabbit” ), visioni notturne alla Portishead (“ Workhorse” ). Ma ciò che manca, forse, è una personalità realmente incisiva. ROCKLINE http://www.rockline.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=1221 A giudicare dalle esperienze musicali della famiglia, la si potrebbe musicalmente definire una “ ragazza di Dio” . Ma Shara Worden, alias My Brightest Diamond, è molto di più. E’innegabile da un lato che il suo amore per la musica sia nato grazie a un nonno chitarrista evangelista, a un padre campione nazionale di fisarmonica e una madre organista in chiesa, però d’ altra parte i suoi gusti si raffinarono velocemente. Così, dopo aver collaborato con niente meno che Whitney Houston e Maria Carey e aver terminato il collage in Texas, si trasferisce nella Grande Mela, dove si innamora delle sonorità da piccolo club jazz-post rock. Di qui abbandona gradualmente l’ attenzione per la musica classica, sua materia di studio, e si concentra sempre più sulla sua reale passione, un pop gotico, stile Portishead, colorato con l’ appariscenza teatrale di vestiti da ballo e corsetti. Nasce dunque il progetto My Brightest Diamond: una band che è forse più un’ idea, un’ occasione per ricordare momenti della vita, sensazioni. Così nel 2005 Shara lavora con lo stesso marchio su due fronti: un primo disco, contenente brani con accompagnamento di quartetto d’ archi, e questo Bring Me The Workhorse, effettivo debut album, che si presenta più tradizionale in quanto full band (batteria, basso, chitarra, vibrafono, violino, violoncello, tastiere, archi). L’ opera, composta da undici tracce, si presenta compatta stilisticamente e sovrintesa magistralmente dalla voce calda e rilassante della vocalist americana. Tutti i brani raccontano situazioni struggenti, ma davvero diverse come possono essere una telefonata, un cavallo ferito o una libellula intrappolata nella tela di un ragno. Ogni nota si carica del peso di un’ immagine, di un’ emozione. Il complesso sonoro è caratterizzato spesso dalle linee di basso che creano situazioni misteriose e affascinanti, evocando scenari da piccola strada metropolitana. Così i toni più melodrammatici vengono toccati nella marmorea The Good & The Bad Guy e nella cupa We Were Sparkling. Addirittura Magic Rabbit sfiora sonorità darkwave, per la sua scansione ritmica lenta ma accentuata, con toni melodici soffusi e una voce sussurrata malinconicamente. La grande varietà strumentale accresce l’ imprevedibilità dello stile e garantisce improvvisi cambi sonori e ritmici. Non vengono perciò lesinate emozioni, in un album che è una perla di raffinatezza e malinconia. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 14 FREAKOUT http://www.freakout-online.com/album.aspx?idalbum=1028 Il “ diamante più brillante”di Shara Worden è molto probabilmente la sua voce. Meravigliosa e pungente come una rosa ricolma di spine, è capace di graffiare ed ammaliare, di farsi spessa e possente per poi dissolversi in un sospiro dolcissimo e fragile. Una voce che sfiora i picchi emotivi cui ci aveva abituati Jeff Buckley e ricalca l’ intensità soul di Nina Simone. Shara, titolare del progetto My Brightest Diamond, nonché autrice di tutti i brani di “ Bring me…” , scrive canzoni straboccanti di passione ed energia, amore e dolore. “ Something of an end”è densa di pathos, di figure drammatiche (“ Because the earth start shakin’& yeah it’ s crazy / Heaven & hell come crashing down” ), sottolineate dall’ incalzare della musica. In “ Golden star” raffinati archi (arrangiati qui come in tutto il disco dalla stessa Shara) dialogano con chitarre nervose. “ Gone Away”(a metà strada tra i Portishead e un fumoso cafè newyorkese anni ’ 50) è di un eleganza minimale, notturna, malinconica, raccolta. “ Freakout”è invece isterica, sgangherata, liberatoria, con scampoli di suoni “ free” , urla ed insospettabili accelerazioni punk. “ We were sparkling” , intima, introspettiva, si schiude con un affascinante incontro tra feedback di chitarra e carillon. “ The good & the bad guy”è un’appassionata ballad soul. “ Workhouse”è un inquietante quanto suggestivo vortice sonoro (tastiere, vibrafono, violoncello, una chitarra appena accennata) costruito attorno ad una batteria mozzafiato. Lungi da considerare “ Bring me the workhorse”un capolavoro (in alcuni episodi pare che il songwriting sia un po’carente, e che la ricerca formale e il “ narcisismo”vocale prendano il sopravvento sulla “ sostanza” ), non si può far a meno di constatare –ascoltando l’ album in questione - di trovarsi davanti ad un grande talento. C’ è da scommetterci: è nata una stella. KRONIC http://www.kronic.it/artGet.aspx?aID=2&sID=%09%09%09%09%0914034 Che canti a cottimo per Sufjan Stevens non vi tragga fuori strada. Shara Worden aka “ My Brightest Diamond”è poco interessata all’ antropologia yankee. Ora che dopo anni di studi (University of North Texas, Upper West Side di New York) può fare da sé, con questo debutto chiarisce che la sua unica vera vocazione è il melodramma. Melodramma pop certo. Come Kate Bush. Come Pj Harvey. Plasma gli strumenti rock della sua band a forma e sembianza della sua voce. Un’ entità eterea sempre rivolta verso la sublimazione ultraterrena. Shara a partire da una melanconia brumosa, carezzevole e mai sepolcrale (Nina Nastasia è molto lontana) tende le sue corde verso un’ ascesi esistenziale che trascende la corporeità per diventare puro spirito, le sue storie superare il quotidiano e ricercare una collocazione mitica, quasi fiabesca. Quella sfiorata da Tori Amos prima di perdersi dietro l’ autocompiacimento tecnico e stilistico. Quello che Bjork sa raccontare con i suoi incantesimi elettronici post moderni. E che Shara ricerca attraverso basso-batteria-chitarra, un gusto cantautoriale orchestrale quasi francese, meditazioni jazzistiche quasi Talk Talk e la misurata enfasi sognatrice di chi ama sospirare con gli occhi all’ insù. Tra i tanti nomi a cui è stata paragonata, aggiungerei la Kari Rueslatten dei divini Third And The Mortal del capolavoro “ In This Room” . Per uscire dal circuito indie, a cui appartiene per provenienza, ma che deve servire a Shara per prendere il volo verso ancora più originali paradisi espressivi. Il talento questa volta c’ è. Vero e autentico. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 15 ONDAROCK http://www.ondarock.it/recensioni/2006_mybrightest.htm Spesso il primo ascolto di un disco è un susseguirsi continuo di accostamenti, parallelismi, dèjà vu che allontanano l’ attenzione dall’ effettiva valutazione del prodotto sonoro; ciò capita soprattutto quando questo susseguirsi è tra i più disparati, in quel caso la confusione è più che dovuta e, a volte, anche giustificata. Shara Warden, alias My Brightest Diamond, di certo non ha pensato a tutto questo (giustamente) quando è entrata in sala di registrazione, avvolta dall’ entusiasmo da primo disco, dalla comprensibile convinzione di chi possiede una voce incantevole, capace di adattarsi a qualsiasi situazione. Le esperienze del passato poi, hanno fatto tutto il resto, deviando ancor di più ciò che già vacillava nelle intenzioni della matricola Shara. Così, dopo attente registrazioni, con l’ ausilio di svariate, talvolta misconosciute strumentazioni, nasce " Bring Me The Workhouse ", prima fatica dell’ amica di Sufjan Stevens; già, perché questa dolce ragazza ha collaborato con il talento di Detroit, in qualità di supporto vocale, nelle ultime due fatiche del rampollo di casa Rough Trade. Le prime luci che si accendono in questo laboratorio sono il riflesso tenue dei lamenti di "Something of an end": una malinconica ballata provvista dei soliti, prevedibili stacchi, delle classiche cerniere, tra rimpianto,odio e amore. Tutto comincia ad esser chiaro: il solito disco, testi scontati, fraseggi monotoni e fin troppo ovvi. Eppure c’ è qualcosa che vuole a tutti i costi "eccitare", "sorprendere", ma cosa? Sicuramente la voce ha tutte le carte in regola per creare tutto questo, ma non solo, c’ è dell’ altro: innanzitutto le melodie che, da "Golden Star" in poi, vanno a collocarsi sempre nei punti più lontani, assumendo in continuazione una propensione all’ imprevedibilità, spesso, fin troppo sfuggente. Da segnalare anche una buona conoscenza delle tecniche classiche da conservatorio, utilizzate sia nel canto che nell’ introduzione di violini e violoncelli. La ragazza dal visino candido, a questo punto, decide di ribaltare ogni pronostico iniziale alla terza fermata del disco, mostrandoci il diamante davvero più brillante: "Gone away". Ha ufficialmente inizio la dipartita dei dubbi, d’ ora in poi gentilmente spostati dal soffio angelico della voce di Shara; l’ iniziale "susseguirsi" ora è una dolce conferma, ipnotizzati da una magistrale interpretazione, non possiamo che annuire in silenzio, quasi sorpresi. Accettato ogni compromesso, il viaggio all’ interno della casa dei lavori procede tra alti e bassi, senza sforzi apparenti la Warden mescola dolorose sceneggiate acustiche, "We Were Sparkling", con vere e proprie pulsazioni post-rock: "Magic Rabbit". Capace anche di maneggiare, in "Freak Out", dell’ acid- rock, danzando in momentanea tenuta stile PJ Harvey. Nel mezzo una disarmante confusione di vocalizzi e ottime melodie, puntualmente protetti dal classicismo orchestrale con cui è cresciuta Shara. Canzoni che inizialmente disorientano, trasportando le emozioni altrove. Poi, come un boomerang tornano indietro e sorridono, quasi contente nell’ aver confuso, per alcuni lanci, chi offre loro la quotidiana nutrizione. Va anche detto che ci sono diverse componenti da principiante, che rimandano sempre al "non so" di convenienza, deviando l’ anello di congiunzione, capace di condurre ad una valutazione compatta dell’ insieme. In tal senso la Warden ha tante cose da offrirci, al punto tale da indurci a restare fermi un attimo, prima di scegliere con cura i suoi (comunque) preziosi doni, offerti con la stessa veemenza infantile di una bambina che bussa alle porte di tutti nella notte di Halloween. Per concludere: "The Good And The Bad Guy", ovvero tutta la sensualità amorosa di questa giovane donna, sorta di Jeff Buckley neo-classico al femminile, sempre alla continua ricerca del vocalizzo ad effetto, soprattutto "sofferto". Sicuramente questa ragazza va tenuta sotto osservazione, in attesa del suo prossimo lavoro, viste le speranze che ci lascia "Bring Me The Workhouse ", è lecito aspettarsi grandi cose, in parole povere: l’ album della maturazione e della consacrazione. Basteranno alcune modifiche nella produzione finale, nella stesura del testo, e il gioco è fatto; con la speranza che l’ ispirazione melodica non abbandoni le sue grazie e il suo giovane talento. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 16 KDCOBAIN http://www.kdcobain.it/pagine/recensioni/mybrightestdiamond.htm Dietro questo singolare pseudonimo si cela l'estro di Shara Worden, cantautrice Americana già collaboratrice del talentuoso Sufjan Stevens e proveniente da una tradizione musicale che non poteva non appassionarla al mondo della musica. Shara offre uno stile molto ricercato che basa tutta la sua emozione sull'uso particolare della voce, che raggiunge tonalità vertiginose ricordando per certi versi Tori Amos, i Portishead e le Cocorosie. Tra i paragoni non si può non citare Nina Nastasia per le atmosfere cupe che entrambe esprimono con la loro musica. "Bring me the workhorse" evoca infatti le atmosfere rarefatte di un bosco invernale dove la nebbia aleggia ai piedi degli alberi e racconta storie fantastiche come Golden Star" o "Dragonfly" o ancora "Magic Rabbit" e "Disappear". Parlare di ogni singolo brano è inutile se estrapolato dal disco, perché ogni nota fa parte di un solo viaggio emozionale concepito nella sua interezza. "Bring me the workhorse" è un lavoro complesso ma al tempo stesso molto diretto all'ascolto, grazie alle melodie usate che esprimono malinconia e speranza senza annoiare l'ascoltatore ma anzi coinvolgendolo in vorticosi crescendo e ottime performance teatrali. XL ONLINE http://xl.repubblica.it/recensionidettaglio/29043 Shara Worden è un’ interprete fuori dall’ ordinario. Estensione da cantante d’ opera, teatralità, carisma e versatilità ne fanno una diva perfetta. Figlia d’ arte (padre fisarmonicista, madre organista), ha frequentato il mondo della classica e il pop (ha cantato con Whitney Houston e Mariah Carey) approdando infine alla scena alternative, accanto a Sufjan Stevens. Adesso, con un nome d’ arte che levati, scatena il suo immaginario visionario e melò: scrive, produce, dirige e arrangia un’ orchestra d’ archi, suona tutto il suonabile, dalle chitarre al vibrafono fino ai bicchieri... E canta come una piccola Callas capricciosa, esercitando con grazia l’ arte della retorica. KATHODIK http://www.kathodik.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=2427 Ottimo colpo in casa Ashmatic Kitty che ci regala un'uscita che potrebbe risollevare le sorti dell'asfittica scena indie grazie a questa Shara Worden aka My Brightest Diamond che in certi passaggi potrebbe ma forse non vorrebbe ricordare Pj Harvey e che in altri può avvicinarsi a Francois Breut per le folate jazz e Nina Nastasia per l'approcio cantautorale. Collaboratrice di Sufjan Stevens, nipote di un chitarrista evangelista, figlia di un campione nazionale di fisarmonica e di un'organista di chiesa, dopo aver frequentato la University of North Texas si sposta in quel di New York per studiare opera nell'Upper West Side fino ad arrivare ad incidere questo piccolo gioiellino. Si parte subito in quarta con Something Of An End sorretta dalla possente voce di Shara, orchestrata superbamente, teatrale al punto giusto (diciamo non distante da una versione female di Antony And The Johnsons ). In tutto il lavoro non c'è una nota stonata e questo grazie all'eterogeneità della proposta; si va dalla delicata Gone Away (roba da luci soffuse e carezze rubate) a Freakout, pezzo sperimentale e pseudorumorista che potrebbe piacere a Mike Patton. E poi ancora The Good & The Bad Guy molto classicheggiante e anni '50 che sarebbe stata benissimo nella colonna sonora di Magnolia firmata da Aimee Mann per il suo incedere malinconico, Golden Star che lambisce territori più pop (quasi un potenziale singolo per la maggior immediatezza rispetto al resto dell'album). Non è il caso di parlare di next big thing o di spellarsi le mani però la ragazza ha dei buoni numeri e riesce a distinguersi in mezzo ad una pletora di lavori anonimi o scarsamente originali...brava Shara! ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: MY BRIGHTEST DIAMOND TITLE: BRING ME THE WORKHORSE LABEL: ASTHMATIC KITTY PAG. 17 DIRADIO http://www.diradio.it/files/index.cfm?id_rst=6&id_art=28&idr=33214 La dimensione più consona alla signora Worden, che preferisce essere riconosciuta come “ My brightest diamond”è quella che si mescola con il teatro e la rappresentazione e che segue una tradizione rintracciabile all'interno della storia del rock. Questa è la storia di una duplice metamorfosi che alla fin fine ha condotto ad un esito liberatorio per l’ artista e promettente per noi ascoltatori. My brightest Diamond alias Shara Worden è passata infatti da esperienze pop non proprio di grana fine (collaborazioni con Whitney Houston e Mariah Carey) al lavoro universitario nel campo della musica classica. Tenuto conto della sua adolescenza vissuta in ambienti religiosi, è evidente che ha compiuto una serie di salti carpiati non indifferenti. Alla fine approda a questa sua nuova veste all’ interno della scena newyorkese stile Knitting Factory, per gradire. Esordio con un album sghembo, stimolante nella sua irrisolutezza. Quasi a saggiare, con toccate e fughe incuriosite, vari aspetti di una scena musicale che la stimola e che cerca di setacciare per scovarne, all’ interno, ciò che più le si addice. Quindi: romanticismo barocco alla Antony (non a caso ha lavorato con Sufjan Stevens), blues sottovoce, retaggi di trip hop fuori moda, non disdegnando neanche esplosioni elettriche apparentemente fuori registro. E’evidente tuttavia che la dimensione più consona alla signora Worden è quella che si mescola con il teatro, la rappresentazione; seguendo così una tradizione consolidata, anche se minoritaria e di retaggio non proprio selvaggio, all’ interno della storia del rock. Ed infatti l’ artista frequenta sistematicamente questa dimensione privilegiando live in luoghi piccoli e raccolti, nei quali può soddisfare la sua passione per travestimenti e performance quasi cabarettistiche. Nel complesso un’ album eterogeneo e stuzzicante. Sicuramente un primo passo proficuo per My Brightest Diamond, in attesa che focalizzi, in seguito, le sue capacità non indifferenti. IL POPOLO DEL BLUES http://www.ilpopolodelblues.com/rev/agosto06/anteprima/My-Brightest-Diamond.html Viene dal Michigan ma vive a New York City dove ha realizzato già un album. Studia composizione con Padma Newsome degli straordinari e sottovalutati Clogs che la spinge a incidere un disco assieme a un quartetto d’ archi, “A Thousand Shark’ s Teeth” . Quando incontra il genialoide Sufjan Stevens entra a far parte degli Illinoismakers ma è la sua attuale carriera solista che fa parlare sempre più insistentemente nei circuiti underground di Shara Worden, che, con il nome d’ arte del suo nuovo progetto, My brightest Diamond, è oggi nei negozi con “ Bring me Workhorse” . Un po’PJ Harvey (“ Freak Out” ), un po’Kate Bush (“ We Were Sparkling” ), un po’Tori Amos (“ Magic Rabbit“ forse la più completa canzone della raccolta dal tono elettrico drammatico e vagamente epico), un po’Jeff Buckley (“ The Good & the bad Guy “la più melodica), la Worden è seriamente piantata su una corsia di ricerca come la scuola del club di Tribeca, Tonic, insegna. Quello di Shara Worden ci pare un cantautorato atmosferico e multiforme, dai contrasti armonici e emotivamente lieve (“ Disappear” ) che lascia intravedere però uno stile personale di scrittura. Oggi che New York City produce così tanti nomi nuovi al femminile ( Regina Spektor della quale recensiremo presto il nuovo disco, Jill Stevenson, Nina Nastasia, Rebecca Moore e molte altre ) c’ è davvero da guardare bene se siamo davanti a una confluenza casuale o a un filone già in forma di consolidamento. Certo è che Shara –nipote di un chitarrista evangelista viaggiatore, figlia di un campione nazionale di fisarmonica e di una organista di chiesa –cerca disperatamente con i suoi amici a qualsiasi convenzione (ci riesce bene in “ The Robin Jar’ s“ ) ma rischia di ripetere la formula con il procedere del disco. Peccato per le note poco chiare e la voglia di essere “ diversi”a tutti i costi che, a questo punto della storia del mondo e della musica, diventa quasi un preconcetto per chi ascolta. La semplicità, infatti, paga a volte ben di più mentre la Worden ci pare una cantautrice che tenda ad auto complicarsi la vita per di sfuggire ai cliché e potrebbe rischiare di restarci dentro. Attenzione perciò al suo percorso, in tutti i sensi.