DALL'ESTERO LAS PALMAS NORMA
Di Andrea Meri
Las Palmas: trionfo di Dimitra
Theodossiou nella Norma
inaugurale della stagione
dell'ACO al Teatro Pérez Galdòs
on senza problemi
economici - i tagli alla
cultura, sebbene alla
sordina, sono stati interti
pure in Spagna - ma
con
immutato
entusiasmo prende il via
nell'acusticamente perfetto Teatro Pérez
Galdòs la Temporada degli Amigos Canarios
de la Opera (AGO) intitolata al tenore Alfredo
Kraus.
I canari sentono l'opera all'italiana. Lo si è
visto alla risposta che hanno riservato alla
Norma inaugurale. Certo è che il direttore
artistico, Mario Pontiggia, oltre a curare lui
stesso regia e costumi, ha scelto un cast
ideale.
Iniziando dalla protagonista, Dimitra
Theodossiou, la cui interpretazione della
Sacerdotessa non è una novità, avendola
interpretata in molti allestimenti, ma che
ora sta attraversando un momento di grazia
vocale ed interpretativp, avendo maturato
il terribile personaggio. Partendo dalla
completezza in tutti i registri della voce,
che ora si compiace ad usare in tutte le
possibili dinamiche, dai pianissimi eterei,
ma sostenuti da fiati esemplari (alla Caballé,
per intenderci) alla protervia dell'acuto,
a una e
urore
lanciato con vigore, quasi una sfida
a se stessa (qui aleggia il fantasma
dell'altra «greca») che risulta una
vibrante e lucente lama, tenuta con
sicurezza invidiabile fino al Mi
bemolle, che poi è la sua firma. Ma
se alla dolcezza sognante di «Casta
diva» fanno seguito agilità
sciorinate senza fatica nella
cabaletta, laddove viene fuori la
«bestia» teatrale è nel terzetto finale
primo. Tutto il secondo atto è da
manuale: dal dolente e lacerante
«Dormono entrambi», all'invettiva
«Tutti, i romani a cento a cento».
Un'esecuzione che ha elettrizzato
il pubblico che, scattando in piedi,
le ha tributatao un'ovazione
interminabile.
Debutto fortunatissimo quello di
Fabio Sartori, che affrontava per la
prima volta il ruolo di Pollione.
Sartori rimane uno degli esempi
più chiari del tenorismo
«all'italiana» per la bellezza del colore,
maschio e brunito e pur facile all'acuto,
che è timbrato e potente. Si aggiungano la
padronanza del fraseggio, sfumato e
intenso, e l'accento vigoroso, scandito:
ottima prova.
Non gli è stata da meno l'elegante Adalgisa
di Ruxandra Donose, mezzosoprano
rumeno dalla voce morbida, che ha
padroneggiato il Do acuto che la parte
prevede e che ha duettato
meravigliosamente e col tenore e, nel
secondo atto, col soprano.
Carlo Colombara, ormai spagnolo per
scelta, conferma la sua salda
professionalità. Ci ha donato un Oroveso
severo, ma non truce, anzi molto umano
grazie anche alla voce che è tra le più belle
di quelle della sua corda: scenicamente,
infine, imponente.
Ottimi nelle parti di fianco sia Rosa Delia
Martinez (Clotilde) che Francisco Navarro,
un Flavio di inusuale spicco vocale.
Fabrizio Maria Carminati ha optato per un
taglio tradizionale, operando qualche
sforbiciata. In questo caso, vista la
generosità delle voci, forse si poteva osare
l'integrale. Certo è che bisogna anche fare
i conti con il pubblico, non tutto votato alla
filologia. Ma è andata bene, anzi benissimo
anche così: gesto sicuro, tempi perfetti e
sostegno al palcoscenico, per esempio nel
controllo del suono orchestrale e
neli'attendere la chiusa dei pianissimi della
protagonista.
Infine lo spettacolo, bello, suggestivo. Un
mondo barbarico fuori del tempo. Né gli
uni hanno le corazze dei romani, né gli altri
le pelli d'orso dei druidi. Senza
stravolgimenti, anzi rifacendosi all'origine
del libretto (i figli di Norma, finalmente,
hanno un nome: Agenore e Clodomiro) si
ricrea un'atmosfera: quella giusta. Onore
al merito anche alla bella scena ed alle
azzeccate proiezioni di Antonella Conte ed
alla perfetta illuminazione di Alfonso
Malanda.
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Continua - Fabio Sartori Tenore