NOESIS – BERGAMO INCONTRI di FILOSOFIA ELIO FRANZINI IN PRINCIPIO ERA L’AZIONE ENERGHEIA 2013 - 2014 ELIO FRANZINI – IN PRINCIPIO ERA L’AZIONE. ARTE E COSTRUZIONE DELLA FORMA Elio Franzini – Università degli Studi di Milano Conferenza tenuta martedì 11 febbraio 2014 1.1 RELAZIONE Poiché i concetti talvolta hanno bisogno di forme per chiarirsi, il relatore accompagnerà la sua conversazione con la proiezione di slides, che peraltro dichiara di amare poco (semantica per non udenti1, secondo la definizione del Maldonado). La connessione tra la relazione di questa sera ed il corso di quest’anno sta nella relazione tra energheia ed azione. Per introdurre le proprie argomentazioni il Franzini cita Goethe, laddove questi fa proporre al Faust una definizione dell’incipit del vangelo di S. Giovanni. La definizione del Faust implica il significato del fare arte (le metamorfosi). Il Vangelo di S. Giovanni inizia con il termine logos, la cui traduzione tradizionale (Verbo) non soddisfa Goethe. La ricerca lo porta da Parola, attraverso il senso della parola, alla forza della parola, fino all’azione connessa, connaturata con la parola. In principio era l’azione (e qui compare Mefistofele). Poco prima della comparsa di Mefistofele, Faust vuole tradurre l’incipit del Vangelo di San Giovanni. E dopo avere scartato Wort (Parola, Verbo), Sinn (Pensiero, senso), Kraft (Forza), sceglie TAT, ovvero Azione. È in base a questa azione che iniziano le metamorfosi di Faust Domandiamoci ora cosa diventi l’azione nell’arte, cosa consenta all’artista di agire, cosa costruisca l’artista. Goethe riconduce tutto alla costruzione di una forma. Ma cos’è una forma? In Tedesco al termine forma corrispondono due vocaboli: Gestalt, forma statica La forma gestaltica non è il risultato del lavoro dell’artista. Bildung, formazione, implicazione dinamica, la metamorfosi, il processo di formazione, un processo che non si arresta mai, dove il già formato viene riformato, come le forme della natura che sono mobili e plastiche. “Il già formato viene subito ritrasformato; e noi, se vogliamo acquisire una percezione vivente della natura, dobbiamo mantenerci mobili e plastici seguendo l’esempio che essa stessa ci dà» Nell’arte la Bildung diviene SIMBOLO E STILE. Stile perché «poggia sui fondamenti più profondi della conoscenza, sull’essenza delle cose per quanto ci è data riconoscerla in figure visibili e tangibili». Simbolo perché è ciò che «trasforma il fenomeno in idea, l’idea in immagine, in tal 1 La relazione si è svolta mentre alle spalle del conferenziere scorreva una serie di slide. Il testo delle slide talvolta coincideva con il discorso del Franzini, più spesso ne era complemento. In questa relazione, si è tentato di coniugare fluidità e completezza inserendo, ove opportuno, il testo delle slide con un carattere diverso (blu, corsivo) per renderlo distinguibile dal fraseggio ricostruito sulla base degli appunti. Il file .pps con tutte le slide è pubblicato a sua volta sul sito di Noesis. Pagina 1 di 11 Appunti dalle conferenze a cura di Danilo Cambiaghi NOESIS – BERGAMO INCONTRI di FILOSOFIA ELIO FRANZINI IN PRINCIPIO ERA L’AZIONE ENERGHEIA 2013 - 2014 modo che l’idea, nell’immagine, resti sempre infinitamente efficace e inaccessibile e, anche se pronunciata in tutte le lingue, resta tuttavia inesprimibile» Bisogna spiegarsi meglio, la forma dell’arte deve avere uno spessore simbolico, non esaurirsi nel suo proporsi qui ed ora. Una forma artistica è di per sé una struttura di rinvio. Rimanda oltre il sé. Il simbolo è ciò che trasforma il fenomeno in idea, l’idea in immagine, ed in questa immagine l’idea rimane per sempre, infinitamente efficace, inaccessibile, inesprimibile. In questa accezione Goethe ricorda la definizione di Kant: l’opera d’arte è vista come idea estetica che ha la caratteristica di farci pensare molto. Dopo aver definite, in senso filosofico, forma e formazione, e viste le caratteristiche metamorfiche, dinamiche, ancora l’opera d’arte fa pensare, sollecita nuove domande al di là della dimensione storica temporale. L’oggetto d’arte non esaurisce mai le nostre domande, è fonte inesauribile di senso. Proviamo ora a rispondere ad una domanda fondamentale: ha ancora senso, oggi, il parlare di forma nell’arte? Nella società postmoderna, dove vige la cosiddetta “esteticità diffusa”, sembra essere scomparso il valore della “forma”, della costruzione tecnica e fabbrile della forma Ma che cosa significa questo termine, ha ancora un senso nella filosofia e nella definizione dell’arte? Le forme vivono nella metamorfosi: l’arte è simbolo di quello stesso movimento che guida la natura Per provare a rispondere, vediamo prima cosa significhi il concetto formale di bellezza nella società postmoderna. Vediamo come l’idea di bella forma si sia metamorfizzata nel tempo. Lo vedremo attraverso tre esempi. PRIMO ESEMPIO La definizione classica di bella forma è ben espressa da Vitruvio, ed è poi stata ripresa da Leon Battista Alberti. La forma bella è una forma ideale, astrae dalle cose sensibili, induce all’idea della cosa rappresentata, in una cornice concettuale dichiaratamente platonica. Nel I sec. A.C. Vitruvio scrive il De architectura, che fu ripreso da Leon Battista Alberti determinando i caratteri «classici» della forma ideale, ovvero della bellezza: simmetria, armonia, euritmia, convenienza, distribuzione, proporzione: la venustas è accordo tra le parti. Le arti devono realizzare in opere tale «ideale» La forma non si esaurisce nell’essere ma rimanda all’idea. Le caratteristiche della bella forma sono per lo più riprese dall’ordine musicale: si parla di simmetria, euritmia, armonia tra le parti, consonanza, venustas. Pagina 2 di 11 Appunti dalle conferenze a cura di Danilo Cambiaghi NOESIS – BERGAMO INCONTRI di FILOSOFIA ELIO FRANZINI IN PRINCIPIO ERA L’AZIONE ENERGHEIA 2013 - 2014 Anche in Agostino troviamo il concetto di varietà nell’unità, dove nulla deve stonare. La Città Ideale, dipinto di autore ignoto (sopra), conservato ad Urbino, è caratterizzato da grande armonia senza presenza antropica. La città ideale rimanda ad una idea di città, senza abitanti che ne deturpino l’armonia. SECONDO ESEMPIO Il secondo esempio a cui ricorriamo è ancora un modello classico di derivazione platonica. Si trova nelle Enneadi di Plotino, che qui scrive delle pagine essenziali. Secondo Plotino l’arte infonde nella materia una forma che la rende bella, non in quanto rappresentazione ma in quanto astrazione dall’esistente. La forma è un mezzo, attraverso l’immagine noi risaliamo ad una bellezza prototipica. L’immagine è un mezzo per transitare dalla dimensione visibile ad una dimensione invisibile. Questo non scomunica la bellezza sensuale delle forme, che ci deve essere, ma che non è esaustiva. La bella forma deve andare oltre, deve diventare finestra sull’invisibile. La sacra icona (esempio a destra) è proprio una finestra sull’invisibile. A cavallo tra il VII e l’VIII secolo assistiamo alla lotta tra iconofili ed iconoclasti, che può essere vista come una bellissima avventura intellettuale attorno al discorso estetico. In genere se ne ha una percezione scorretta: bisogna dire che le chiese degli iconoclasti erano piene di immagini, tutte realistiche: quello che rifiutavano non era l’immagine, ma la struttura di rinvio, le immagini che vanno oltre le apparenze, rifiutavano proprio l’icona che si pone sul punto di passaggio tra immanenza e trascendenza. TERZO ESEMPIO Il terzo esempio propone una riattualizzazione del mondo classico, è proposto da Winckelmann2, e vorrebbe essere sintesi delle posizioni dei due primi esempi. La bellezza secondo Winckelmann sarebbe caratterizzata da nobile semplicità e quieta grandezza, ed è esemplificata dalla scultura di Fidia (un esempio nell’immagine qui a lato). Questa è la concezione neoclassica di bellezza. Ma contemporaneamente a Winckelmann che chiude il ciclo iniziato con Platone, da altre parti si sente l’esigenza di superare la categoria della forma bella. 2 Johann Joachim Winckelmann (1717-1768), critico d’arte ed archeologo tedesco. Introdusse nella storia dell’arte il criterio dell’evoluzione degli stili. Pagina 3 di 11 Appunti dalle conferenze a cura di Danilo Cambiaghi NOESIS – BERGAMO INCONTRI di FILOSOFIA ELIO FRANZINI IN PRINCIPIO ERA L’AZIONE ENERGHEIA 2013 - 2014 La forma bella è ora percepita come forma statica, da cui l’arte vuole uscire. moderna dell’arte l’idea di forma si frantuma. Nella concezione Nasce la nuova categoria dell’informe, informe nel senso che non riesce ad essere contenuto in una forma, e quindi il concetto di sublime caratterizzato in quanto non contenibile dai nostri sensi. Il sublime è qualcosa che ci emoziona al di là dell’esprimibile In questo modo nella definizione di arte e di bellezza entra la disarmonia, cioè la stonatura (o dissonanza). Nel ‘700 nella forma artistica entrano anche categorie negative. La forma sembra scoppiare. Da questo punto di vista è paradigmatico il saggio di Lessing3 sulla statua del Laocoonte. Si tratta di una statua scoperta casualmente, nel ‘500, durante dei lavori di scavo in una vigna. La leggenda, non confermata, vuole che alla scoperta fosse presente Michelangelo. Il fatto venne considerato di tale interesse da indurre a richiamare la presenza del Papa, l’autoritario ed energico Giulio II. Il Papa va a vedere la statua come esempio di unione ut pictura poesis4, in quanto il Laocoonte si trova nella poesia (cìoè in Virgilio) e nell’arte figurativa (quella statua, appunto). Il Lessing, al contrario, vi vede disarmonia, dolore, tragedia. La forma ha una dimensione espressiva che eccede la forma bella. La parabola iniziata con il Laocoonte vede il culmine con Friedrich5 (due immagini qui sotto) che dipinge mari di ghiaccio, tempeste, lande desolate, attingendo ad una sintesi di orrido e di sublime, con una espressività impossibile da includere nel concetto di forma armonica. Molte delle più splendide opere moderne rappresentano la bruttezza. Addirittura, poco tempo dopo, Hegel proclamerà la morte dell’arte bella ed armonica, uccisa dal romanticismo, cioè dal principio dell’espressività emozionante. 3 Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781), scrittore, filosofo e drammaturgo tedesco. Autore, tra l’altro, del Laocoonte, saggio importante per la sua confutazione dell'idea classica di equivalenza tra poesia e pittura: contro la pretesa "unità" dell'arte Lessing si esprimeva per la "pluralità" e per la differenziazione, ed insieme per la legittimità del "brutto" in estetica. 4 Come nella rappresentazione morfologica, così nella descrizione poetica 5 Caspar David Friedrich (1774-1840), pittore tedesco, esponente del romanticismo. Pagina 4 di 11 Appunti dalle conferenze a cura di Danilo Cambiaghi NOESIS – BERGAMO INCONTRI di FILOSOFIA ELIO FRANZINI IN PRINCIPIO ERA L’AZIONE ENERGHEIA 2013 - 2014 “Molte delle più splendide opere moderne sono palesemente rappresentazioni del brutto, tanto che si è costretti ad ammettere (a malincuore) che esiste una rappresentazione dell’immensa ricchezza del reale nel suo massimo disordine, per la quale è necessaria un’eguale, se non maggiore, forza creatrice che non per la rappresentazione di quella ricchezza e di quelle energie in perfetta armonia” Abbiamo quindi inserito tre principi: Sublime Morte dell’arte armoniosa Espressività La forma artistica non può più basarsi solo sulla categoria della bellezza, nell’estetica entra la pluricategorialità. Avremo Victor Hugo che celebra il grottesco, Jehronimus Bosch che dipinge incubi sovraffollati e visionari, nasce la caricatura, che è un giocare con la forma, un prendere in giro la bellezza. In questo stesso contesto va posto il testo fondamentale per l’estetica del brutto, cioè l’opera dal medesimo titolo, del 1853, di Karl Rosenkranz: un’opera hegeliana, che ha tuttavia il merito di mostrare, ancora una volta, il carattere “estetico” del brutto e di affermarne definitivamente la liceità “estetica”, vedendo proprio nella caricatura il suo apice. Siamo alla decostruzione del bello. Oggi, per citare Adorno, sembra si sia inseriti in un turbine che tutto inghiotte. Dopo le avanguardie storiche, dopo un’arte che ha perso “armonia”, esiste ancora un significato Pagina 5 di 11 Appunti dalle conferenze a cura di Danilo Cambiaghi NOESIS – BERGAMO INCONTRI di FILOSOFIA ELIO FRANZINI IN PRINCIPIO ERA L’AZIONE ENERGHEIA 2013 - 2014 estetico che separi forme belle e forme brutte? Che «giudizio estetico» esprimere di fronte a certe opere? A questo punto il conferenziere propone una serie di opere di pittura moderna, caratterizzate da disarmonia, dissonanza, distacco dalla ricerca della bella forma. Presenta “Guernica”, di Picasso, “Dapprima innalzatosi dal grigiore della notte …” di Paul Klee, “White on white” di Malevich, “Conglomerato” di Kandinsky, “Number 8” di Pollock, e perfino “Orinatoio” di Duchamp. Pagina 6 di 11 Appunti dalle conferenze a cura di Danilo Cambiaghi NOESIS – BERGAMO INCONTRI di FILOSOFIA ELIO FRANZINI IN PRINCIPIO ERA L’AZIONE ENERGHEIA 2013 - 2014 White on white di Malevich era percepito dall’autore non come un quadro, ma come un’icona: non gioca sul riconoscimento delle forme, ma esalta la funzione di rinvio ad altro. Il luogo dell’icona nelle abitazioni dei fedeli era sulla parete principale, in alto a destra: il luogo che ora spetta generalmente al televisore6. Il senso fisico e metafisico della forma dell’arte non è cambiato. Nelle opere di Kandinsky e di Pollock non vi è più nulla da riconoscere, vi è la totale decostruzione della forma. L’orinatoio di Duchamp, che non è né bello né utile (così sconnesso e capovolto), vuole esemplificare che l’idea dell’arte non può estinguersi entro una forma. Ma cos’è allora una forma bella, dove possiamo trovare continuità, come possiamo vedere che il concetto di base non è cambiato? Ci sono alcuni punti fermi. La forma artistica non richiede contemplazione passiva, ma rimanda ad altro, induce partecipazione, provoca emozione, causa pensiero. Seguendo Baudelaire: nella forma artistica c’è dimensione trascendente ma anche dimensione contingente, storica. Vi sono amalgamate trascendenza ed immanenza storica. Dobbiamo saper cogliere nelle forme quella intenzionalità simbolica che ci rimanda a sempre nuove domande di senso, attraverso la policentricità della rappresentazione. Sono forme che devono essere sempre nuovamente interpretate. Le “Montagne” di Cezanne mostrano un continuo reinterrogarsi sui medesimi aspetti della vita, rende visibile ciò che prima non lo era, senza peraltro poterne mai esaurire il potenziale di scoperta. Ci fa vedere quello che prima non vedevamo, ce ne fa vedere di più, di nuovo. Ne “L’equilibrio instabile” di Klee l’arte è vista proprio come equilibrio instabile: le frecce rappresentate sono disarmoniche, ma nell’insieme c’è armonia, induce ad interrogarsi sempre di nuovo sul concetto di forma. La spinta a vedere al di là delle apparenze fa emergere il concetto di seconda vista: “La seconda vista è quella vista con cui si può scorgere il bello: non come idea lontana, ma in quanto modo per meglio osservare, descrivere, riprodurre la qualità degli eventi della natura e della storia”. Nell’arte l’oggetto si dilata al di là del proprio fenomeno, dal momento che noi conosciamo il suo interno, e sappiamo che la cosa è più di ciò che la sua apparenza dà a vedere (Klee) 6 Che comunque è un dispositivo che continuamente rimanda ad altro, finestra per eccellenza su un “non qui”, purtroppo banalizzato e depotenziato dalla sovrabbondanza e dalla distruzione di gerarchie di valore (la guerra civile a Kiev come la nuova linea di merendine) Pagina 7 di 11 Appunti dalle conferenze a cura di Danilo Cambiaghi NOESIS – BERGAMO INCONTRI di FILOSOFIA ELIO FRANZINI IN PRINCIPIO ERA L’AZIONE ENERGHEIA 2013 - 2014 Nell’estetica irrompe un nuovo principio etico, che prescrive di non fermarsi alla forma esterna, ma spinge a conoscere l’interno delle cose, che sono più di quanto la loro forma ci dica. Il visibile è avvolto, permeato da un invisibile: la forma artistica è questa fodera di invisibile che permea il visibile. A questo proposito il Franzini propone ancora due citazioni: La forma, nell’arte, vuole essere «verità della vita, che non sostituisce la vita, ma si limita a indicarla simbolicamente nella sua più profonda realtà» (Florenskij). «l’artista non riconcilia, ma tollera che l’unità sia assente» (Lyotard) SLIDE “CONCLUSIONI” Forma, nell’arte, come simbolo: non è una “cosa” ma un processo che si sviluppa in vari modi, attraverso una molteplicità di sguardi l’arte come modello epistemologico: l’arte non è la “domenica della vita”, ma un modo per interrogare il reale e noi stessi, sempre di nuovo, come è proprio di un modello scientifico dove sarebbe improprio separare la comune ricerca, svolta con differenti mezzi, tra “arte” e “scienza” una conoscenza non cognitiva: descrizione, non spiegazione. La conoscenza estetica parte infatti dal sentire, dal patire, dal provare sentimenti e passioni. Ha una sua verità e forza anche quando non possiamo “spiegarla” interpretazione per simboli descrittivi della varietà di sensi stratificati del nostro mondo circostante. Il senso dei valori spirituali. Il mondo della nostra vita è un insieme complesso, dove la verità ha trame e dimensioni che non sono semplici, che richiedono molteplicità di sguardi, di saperi, di interrogazioni. Questa è la verità dell’arte, la consapevolezza che il mondo, in questa trama stratificata, è un senso che va sempre di nuovo interrogato. Pagina 8 di 11 Appunti dalle conferenze a cura di Danilo Cambiaghi NOESIS – BERGAMO INCONTRI di FILOSOFIA 1.2 ELIO FRANZINI IN PRINCIPIO ERA L’AZIONE ENERGHEIA 2013 - 2014 DIBATTITO Intervento 1 – In un mondo pieno di immagini che non rimandano a nulla, dovremmo capire come ogni persona è permeata da un involucro invisibile di unicità, qualcosa che va oltre le persone. Dovremmo [re]imparare a guardare attraverso l’invisibile, il mistero. Commento – E’ il discorso della multicategorialità: la forma non è più richiudibile nella sola bellezza, si affiancano altre categorie estetiche, a segnalare che la bellezza non è risolvibile in chiave statica. Domandiamoci se siamo in una società iconofila o iconoclasta. Il Franzini segnala e consiglia “Il complotto dell’arte” di Baudrillard, definito “libretto da leggere”. Ogni settimana ciascuno di noi vede più immagini di quante Leonardo ne abbia viste in tutta la vita. Siamo in una società dell’immagine, ma forse anche in una società iconoclasta. Intervento 2 – Sicuramente ci guardiamo attorno con i sensi annebbiati da un frastuono di fondo. Se guardassimo in noi stessi anziché fuori di noi cambierebbe tutto. Commento – E’ all’incirca anche la tesi di Baudrillard. La nostra società è iconoclasta perché le immagini di cui si circonda sono autoreferenziali, senza contenuto, senza strutture di rinvio. Sono immagini finalizzate alla decorazione delle pareti. Una società di pura contingenza, dove moda e trucco prevalgono sulla forma. Si perde il senso interiore dell’immagine. Non lo sappiamo più riconoscere. La bellezza come trucco è pura contingenza, caducità. Quello che non è caduco trova fondamento nella poesia, l’arte determina ciò che rimane. Il senso dell’immagine è in noi, o meglio nella corrispondenza tra noi ed il senso delle cose intorno a noi. E’ un senso che ha bisogno del nostro sguardo per emergere. Intervento 3 – In questa multicategorialità può sussistere la categoria dell’universalità? C’è differenza, in questo ambito, tra lo sguardo dell’Occidente e gli altri sguardi? Commento – La domanda è complessa. Questa sera si è parlato di una idea di forma strettamente connessa alla tradizione occidentale, di netta derivazione platonica. Goethe parte dal Vangelo di Giovanni, l’incipit della cultura occidentale è nel logos. Il logos nutre di sé tutta la nostra cultura, che è cultura logica. La specificità dell’Occidente è la filosofia come scienza del logos. E’ evidente che anche fuori dall’Occidente vi sia pensiero, ma manca la dimensione del logos. Veniamo al discorso dell’universalità nella multicategorialità. Shelling, che è neoplatonico, a proposito della bellezza parla di universale nel particolare e particolare che sa farsi universale. La Pluricategorialità espressiva rimanda dal particolare all’universale. Ogni forma artistica è particolare, ma è arte solo se ha in sé le risorse per trascendere sé stessa. Intervento 4 – L’intervento dell’uomo nella storia influisce, e quanto, su questa evoluzione del concetto di forma? Commento – La domanda è difficile. La forma è sempre un prodotto antropologico. L’uomo ha bisogno di rappresentare per estrinsecare la propria interiorità. Le forme di conseguenza diventano una realtà storico-antropologica, e così sono guardate dallo storico dell’arte. Il filosofo vi cerca in più un filo conduttore comune. La domanda contiene una risposta, il filo sembra esserci, la storia influisce sull’arte. La filosofia richiede metafisica, non può ridurre il senso alla fisicità. All’origine c’è una domanda di senso, ed è questa domanda ciò che consente la possibilità della storia. Pagina 9 di 11 Appunti dalle conferenze a cura di Danilo Cambiaghi NOESIS – BERGAMO INCONTRI di FILOSOFIA ELIO FRANZINI IN PRINCIPIO ERA L’AZIONE ENERGHEIA 2013 - 2014 Intervento 5 – L’intervento propone una riflessione su Malevich. Se estendo il concetto di monocromatismo posso ammettere che il foglio bianco faccia parte di questa muticategorialità. Niente come il foglio bianco rende visibile l’invisibile e rimanda a molteplicità di senso. Commento – La domanda è difficilissima, questa sera il dibattito è molto impegnativo. Klee più che nel bianco trovava potenzialità di senso nel grigio, secondo lui più unificante. Il foglio bianco ha in sé il senso della possibilità, che fa parte della forma artistica. Vediamo le categoria della modalità di rapporto tra soggetto ed oggetto. Ci sono la effettualità (è così e basta), la necessità (è così perché così deve essere), la possibilità (è così, potrebbe anche essere altro). Evidentemente il foglio bianco contiene il massimo della possibilità, ma manca tutto il resto. Proporlo come opera d’arte è provocazione che sfuma il concetto di valore: non basta presentare un foglio bianco per fare arte. C’è eternità ma anche contingenza. L’arte non è solo una dimensione concettuale, l’dea ci deve essere. Se però l’intervenuto avesse voluto sostenere che l’arte concettuale abbia ecceduto, allora il Franzini sarebbe d’accordo: se si rinuncia a qualsiasi livello di generazione di forma non rimane più nulla. Intervento 6 – Di sé Picasso diceva che a sedici anni sapeva disegnare come Raffaello, e di avere poi impiegato rutta la vita per disimparare. Commento – La nullificazione può essere vista come espressione estrema del mettere in dubbio. Il grande artista riesce a rendere costruttivo anche questo. Intervento 7 – Picasso ha tentato inutilmente di dipingere come un bambino: dobbiamo dedurre che i più grandi artisti siano i bambini? Commento – Anche Pau Klee invitava all’attenzione per l’espressività artistica dei bambini. L’arte è possibile tra i morti ed i non nati, in un mondo abitato da soli bambini, che sono possibilità pura. Klee, ottimo disegnatore, si impegna per elementarizzarsi in uno sforzo che persegue il bambino ed il primitivo. Insegnava teoria della forma, ma sosteneva che non esiste una teoria capace di dar conto dell’arte e dell’artista. Se mai l’artista è vittima, oggetto di tentativi di razionalizzazione. L’arte concettuale funziona solo una volta. Pagina 10 di 11 Appunti dalle conferenze a cura di Danilo Cambiaghi NOESIS – BERGAMO INCONTRI di FILOSOFIA 1.3 1.3.1 ELIO FRANZINI IN PRINCIPIO ERA L’AZIONE ENERGHEIA 2013 - 2014 COMPLEMENTI BAUDRILLARD, IL COMPLOTTO DELL’ARTE Il brano che segue è tratto dal sito: http://www.ilgiornale.it/news/cultura/baudrillard-e-funerale-dellarte-contemporanea-894417.html Baudrillard e il funerale dell'arte contemporanea Viene a proposito la riedizione di alcuni scritti del filosofo francese Jean Baudrillard (scomparso nel 2007) nell'agile volumetto Il complotto dell'arte (SE, pagg. 84, euro 12) per leggere il fenomeno in tutta la sua evidenza: questa volta la morte dell'arte è conclamata e non più rinviabile. Se si prescinde dall'ostilità di qualche passaggio linguistico, a Baudrillard si deve riconoscere una lucida preveggenza. Nel 1994 parlava di «generale malinconia della sfera artistica», in cui «siamo destinati alla retrospettiva infinita di ciò che ci ha preceduti». Se Bonami oggi sostiene che bisogna proteggersi dall'arte divertente, dall'artista idiota, Baudrillard metteva in guardia sul rischio di «ironia fossile» per un'arte caricatura di se stessa. Quando un sistema diventa parodia, anche l'effetto eversivo si traduce in banalità a effetto pubblicitario. L'arte del XXI secolo non è più iconoclasta perché non distrugge immagini come avveniva fino alla pittura astratta, ma anzi fabbrica «una profusione di immagini in cui non c'è niente da vedere». Prima di andarsene, Baudrillard fece appena in tempo ad accorgersi del crescente successo dell'artista simbolo della nullità contemporanea, quel Tino Sehgal che non concede interviste, non permette di filmare o fotografare le sue performance dove non accade niente di rilevante, tranne il momento in cui incassa lauti assegni da privati collezionisti invasati e musei pubblici irresponsabili. Quest'ultima generazione di artisti ha perfettamente compreso l'essenza pubblicitaria del mondo, applica una messinscena e persino il cinismo di Warhol appare datato e ingenuo. Esiste infatti una differenza tra i profeti del nulla e la nullità eretta a godimento estetico perverso: «la maggior parte dell'arte contemporanea si dedica proprio a questo: ad appropriarsi della banalità, degli scarti, della mediocrità eleggendoli a valore e a ideologia». Se ne potrà mai uscire? Non certo continuando a rivolgere lo sguardo al passato. Baudrillard affermava di non provare nostalgia per vecchi valori estetici: «l'arte può avere ancora un grande potere di illusione. Ma la grande illusione estetica è diventata una disillusione... e dopo un po' gira a vuoto». Tocca allora arrendersi all'evidenza che non sia più possibile applicare il criterio del giudizio critico sul valore dell'opera ma solo quello della spartizione amichevole e conviviale. Tutti insieme, tutti vestiti di nero, al funerale dell'arte contemporanea. Pagina 11 di 11 Appunti dalle conferenze a cura di Danilo Cambiaghi