Teatro Carlo Cocconi SALVACONDOTTO - Atto Unico - 1 INDICE Personaggi, luoghi, periodo p. 3 SALVACONDOTTO p. 4 2 Personaggi: Lenny Smith, assicuratore, aspirante scrittore, 30 anni. Samuel Donenberg, ricco industriale, 70 anni. Jennifer, moglie di Donenberg, 25 anni. Frank Gordon, principale di Lenny, 50 anni. Wendy, editore, 40 anni. Kate, vice di Wendy, 35 anni. Ada, cameriera di Jennifer, 40 anni. Luoghi: New York, redazione di una casa editrice (a sinistra del palco verso il proscenio), soggiorno in casa di Samuel Donenberg (a destra del palco in fondo), ufficio di Frank Gordon (a destra del palco verso il proscenio), soggiorno in casa di Lenny Smith (a sinistra del palco in fondo). Periodo: Anni ’30 del Novecento. 3 QUADRO PRIMO Wendy, Kate, Lenny Smith. Redazione della casa editrice, ufficio di Wendy e Kate. La stanza è arredata con mobili dal taglio lineare, funzionale, ambiente sobrio, elegante. Wendy è seduta alla scrivania intenta a leggere un manoscritto, Kate sta in piedi vicino alla finestra, guarda fuori, una matita in mano che tamburella contro la tempia. Le luci si alzano lentamente con musica jazz in sottofondo che sfuma alle prime battute di dialogo. Subentra il ticchettio, prima sommesso poi amplificato, di un orologio che non si vede. WENDY – (Si alza dalla scrivania dopo aver chiuso il manoscritto. Lo indica a Kate) Lo hai letto? Che ne pensi? KATE – Uno su cui si può puntare. L’idea del baseball è nuova. WENDY – (Guarda Kate con aria furba) Ammetti che ti sei presa una cotta per questo pivello. KATE – (Sorride) Lo sai che m’innamoro facilmente. Se la penna è buona passo sopra a tutto. Questo qui, comunque, ha le carte in regola. Potrebbe essere quello giusto. Non credi? WENDY – A quanto pare. Tuttavia sembra un po’ deboluccio … come persona intendo, il carattere. Lo hai chiamato? KATE – Per te se non sono eroi non li guardi nemmeno. Dovrebbe essere qui … (guarda l’orologio) adesso. WENDY – Vediamo se è puntuale, sarebbe già un buon inizio. 4 Squilla il citofono, Kate risponde. KATE – Fallo passare, grazie. (Ripone la cornetta; rivolta a Wendy) Allora? WENDY – (In tono accondiscendente) Mh, staremo a vedere. Entra Lenny, vestito elegante, di soprabito, cappello in mano, come chi va E’ visibilmente emozionato. Il ticchettio ancora udibile e lo sarà per tutta la durata scuro, giacca, cravatta, gilè, a un appuntamento importante. dell’orologio si abbassa ma è del quadro. KATE - (Gli va incontro; Wendy rimane seduta a osservarlo) Buongiorno mister Smith. Posso chiamarla Lenny, senza tante formalità? LENNY – Buongiorno. Certo, con piacere (rimane in piedi in mezzo alla stanza senza sapere cosa fare). KATE - Si accomodi, prego (gli indica una delle due sedie davanti alla scrivania dove è seduta Wendy; Lenny non si muove). Le presento Wendy, la responsabile dell'ufficio editoriale, (con scherzosa magniloquenza) il deus ex machina della nostra piccola casa editrice. Io sono Kate. LENNY - (Porge la mano con deferenza) Molto piacere mistress Wendy. Piacere mistress Kate. WENDY - Non faccia caso a Kate, le piace scherzare. In realtà se non ci fosse lei, ben poco qua dentro andrebbe avanti. Comunque è vero, siamo una piccola casa editrice, ma facciamo del nostro meglio per pubblicare grandi autori. LENNY - Per me è un onore essere qui. Quando, due mesi fa, ho spedito i miei raccontini non avrei mai pensato che ... 5 WENDY - Sì, sì, la ringrazio Lenny, ma, se non le spiace, andrei subito al sodo. LENNY - Ah, certo, certo, è la cosa migliore (si toglie il soprabito, finalmente si siede). WENDY- Bene. Allora: i suoi racconti. Li ha letti prima Kate. Lei legge tutto quello che arriva, se le piace passa a me. Kate è una lettrice veloce, io no, per questo ci siamo divise i compiti in questo modo … KATE - Non è proprio così, ma ti ringrazio del complimento ... WENDY - (La guarda sorridendo) Dicevo, se a Kate qualcosa piace me lo segnala. Raramente fa cilecca, io ho completa fiducia nel suo giudizio. E i suoi “raccontini”, come li chiama lei, ci sono piaciuti. LENNY - Bene, bene ... WENDY - (Sottolineando gli aggettivi) Quello che abbiamo trovato curioso, piacevolmente curioso, e nuovo, è il ritratto che lei fa del mondo del baseball. Trasformare in racconto, e per giunta avvincente, (guarda Kate in cerca di assenso) una partita di baseball … KATE - … gli allenamenti … WENDY - … i prepartita … KATE - … i dopopartita … WENDY - … il mondo dei dirigenti … 6 KATE - … degli allenatori ... WENDY - … le trasferte ... KATE - … le vittorie e le sconfitte … WENDY - … insomma, tutto quello che ruota attorno al baseball. In breve, ci è piaciuta la scommessa: si può scrivere seriamente anche di sport. LENNY - (Sempre emozionato, confuso, con atteggiamento sciocco) Ah, sì, be', sì, io ... così, sapete … come dire … è stato un tentativo. Con il mio lavoro non ho molte soddisfazioni ... ma non è questo, non voglio apparire l'autore frustrato che si sfoga nella scrittura ... (Con aria ingenua) No, è che ... a me semplicemente … piace il baseball. (Ridacchia stupidamente) Eh, eh, eh … non saprei che altro dire … WENDY - (Fissandolo perplessa) Già, già. (Riprende in tono serio) Vede, Lenny, l'abbiamo invitata qui, oggi, per comunicarle ufficialmente che siamo interessate al suo lavoro. Vorremmo ricevere la raccolta completa dei racconti. Immagino che quello che ci ha mandato sia un estratto, giusto? (A Kate) Quanti ne abbiamo ricevuti? KATE - Una decina, in totale un centinaio di pagine. WENDY - Appunto. Da quello che ho letto, mi pare che i racconti formino una specie di trama, descrivano una storia corale, se non sbaglio sono ambientati tutti nella stessa cittadina, parlano della stessa squadra ... 7 LENNY - (Si entusiasma) Sì, esatto, il luogo è immaginario, una città del Mid-West dove il baseball rappresenta un po', come dire, il fiore all'occhiello della comunità. La squadra è molto forte, vince tutte le partire, i giocatori sono amati ... WENDY - Sì, sì, ecco, proprio questo aspetto ci ha particolarmente interessate. La cittadina che coccola i giocatori, la descrizione della loro vita quotidiana. Sembra tutto normale, a prima vista, ma lo sguardo è nuovo, l'atmosfera come da sogno ... un taglio inedito sulla vita della provincia americana … LENNY – (Di nuovo imbarazzato) Be', sì, io … ho cercato di fare del mio meglio. Pausa, nessuno sa cosa dire. KATE – (Rompendo il silenzio, in tono conclusivo) Bene! Allora, se ci manda tutto quello che ha scritto, noi lo leggeremo, vedremo di comporre un quadro d’insieme, poi ci risentiamo per discutere il progetto. D'accordo, Lenny? LENNY - Certo, certo. (Si alza, stringe calorosamente le mani a Wendy e Kate) Grazie, grazie ancora. Invio tutto domani stesso (raccoglie soprabito e cappello, esce). Wendy e Kate si guardano dopo qualche attimo di silenzio. WENDY - (Perplessa) Spero tu abbia visto giusto. KATE - (Anche lei poco convinta) A leggerlo mi aveva fatto un'impressione migliore. Come persona, intendo. WENDY – Sembra … sembra (cerca la definizione giusta) ... Ecco, mi dà l'impressione dell'allocco. 8 KATE - Anche a me ... Staremo a vedere. Mettiamolo alla prova. WENDY – Sì, mettiamolo alla prova. Wendy riprende il manoscritto, Kate, alla finestra, guarda fuori. Le luci si abbassano. Il ticchettio dell’orologio sfuma. 9 QUADRO SECONDO Samuel Donenberg, Lenny Smith. Da questo quadro al settimo compreso l’illuminazione, l’arredamento, le scene, i costumi devono dare essere tali da dare l’impressione allo spettatore di assistere a una rappresentazione in bianco e nero, con colori di tono uniforme verso il grigio. Soggiorno in casa di Samuel Donenberg. L’arredamento è lussuoso, in evidenza una scrivania di legno massiccio, una poltrona di fronte la scrivania, un divano, piante ad alto fusto, sullo sfondo e sulla sinistra grandi statue di arte primitiva. Il vecchio è in piedi accanto alla finestra, guarda fuori il panorama di Manhattan che da lì, dal trentesimo piano, è particolarmente maestoso. E’ vestito elegante, in completo grigio chiaro, fuma un sigaro. Squilla il citofono. SAMUEL – (Alza la cornetta) Sì? Ah, bene, fallo passare (posa la cornetta, spegne il sigaro). Entra Lenny, aspetto gioviale, disponibile, attento ai bisogni del cliente, vestito elegante, di scuro come nel quadro precedente, solo che qui ha in mano una borsa di pelle, è senza cappello e soprabito. LENNY – (Avanza verso Donenberg con la mano tesa) Mister Donenberg, finalmente ho il piacere di conoscerla. SAMUEL – Lenny Smith? LENNY – Sì, signore, al suo servizio. SAMUEL – Smith è il suo vero nome? Su Lenny non ho dubbi, ma di Smith ce ne sono così tanti che ogni volta penso a un falso. Qualcosa da nascondere? Scheletri nell’armadio? 10 LENNY – (Preso in contropiede) No, perdio, perché mai? Mi chiamo Smith, le mostro un documento … SAMUEL – Non serve, le credo. Ho conosciuto molti Smith in vita mia, per metà impostori. L’ultimo si spacciò per violinista. Fu qualche anno fa, a Londra, un ricevimento di Sua Maestà. Volle a tutti i costi invitarmi al concerto che avrebbe tenuto il giorno dopo. Venne fuori che era del servizio segreto britannico. Sa, ho in piedi degli affarucci con un Paese di recente costituzione … (sottovoce) l’ex impero russo (fa un vago gesto delle mani). Adesso le cose là vanno in un certo modo, bisogna tener d’occhio, controllare … così hanno pensato di controllare anche me. LENNY – Le assicuro, mister Donenberg, che mi chiamo Smith, lavoro per la compagnia di assicurazioni di mister Frank Gordon e non sono un impostore. SAMUEL – Bene, bene (estrae un portasigari, ne offre a Lenny, fumano). D’altronde non ha nessuna importanza. Anzi, se fosse del servizio segreto sarebbe meglio, due piccioni con una fava. Ho ancora degli interessi da quelle parti. LENNY - (Imbarazzato) Non saprei, non è il mio campo … SAMUEL – (Lo scruta) Già, non è il suo campo. Si accomodi, Lenny. Se permette vengo subito al punto. Si siedono entrambi, Samuel alla scrivania, Lenny sulla poltrona. LENNY – L’ascolto, mister Donenberg. 11 SAMUEL – Bene. L’anno scorso, per festeggiare i cinque anni di matrimonio, ho regalato a mia moglie un collier di diamanti. Si tratta di un pezzo tratto da una piccola ma prestigiosa collezione. In seguito mi si è presentata l’occasione di acquistare il resto e non me la sono lasciata sfuggire. Alla piccola Jennifer i diamanti le stanno d’incanto. Conosce mia moglie? LENNY – Non ho avuto il piacere. SAMUEL – Bene, meglio così, renderà più semplice il suo lavoro. Subito dopo l’acquisto ho, naturalmente, assicurato tutta la collezione. Frank in persona si è occupato della faccenda. Recentemente, però, ho deciso di rivedere le clausole del contratto, ritoccare la polizza. Sa com’è, trattandosi dei Glen, non si è mai abbastanza sicuri. LENNY – (Sbalordito) I Glen? Ma … dice sul serio?! SAMUEL – (Si alza ridendo compiaciuto, cammina per il soggiorno) Le stanno già sudando le mani, vero? Non si aspettava tanta abbondanza. Il colpo della sua vita, Lenny. Stia a sentire, ora. I pezzi che ho comprato dopo l’acquisto della collana li ho assicurati per una cifra ragguardevole, adeguata al prestigio della collezione. Visto che c’ero, mi sono detto: perché non ritoccare anche la polizza della collana? Mia moglie l’ha indossata poche volte, un paio in tutto, in occasioni ufficiali. E’ lì che ho notato gli occhi avidi degli ospiti, abbagliati dalla bellezza della mia consorte, ma ancora di più dalla brillantezza dei diamanti. La scorsa settimana ho detto a Jennifer che avrei rinnovato l’assicurazione ai Glen e che per il prossimo ricevimento, in programma fra una decina di giorni, avrebbe potuto indossare la collezione completa che, come lei presumo già 12 sappia, è formata da collana, spilla, fermaglio, orecchini, braccialetto, anello (si ferma, osserva Lenny). LENNY – Qui c’è un “ma”? SAMUEL – Bravo, ragazzo. Qui c’è un “ma”. Quando ieri sera sono sceso nel caveau qui sotto (indica il pavimento, in tono confidenziale), sa com’è, li tengo in casa, non mi fido delle banche … quando sono sceso nel caveau, dicevo, per controllare che tutto fosse in ordine: sorpresa! I Glen spariti. LENNY – No! SAMUEL – Sì! LENNY – Ed è a questo punto che entro in gioco io. SAMUEL – Proprio così. Davanti a quel triste spettacolo, capirà, ho iniziato a riflettere. Mi sono posto tre domande: Quando? Come? E, soprattutto, chi? LENNY – Ha già qualche sospetto? SAMUEL – Sì. Più che un sospetto è una certezza: (pausa, fissa Lenny in modo significativo) mia moglie. LENNY – Sua moglie? Come fa a esserne sicuro? SAMUEL – Il problema non è esserne sicuro, il problema è dimostrare che è stata lei. (Si avvicina a Lenny, gli poggia una mano sulla spalla, cambia tono, passa al “tu”) Sarai tu, Lenny, a trovare le prove della colpevolezza di Jennifer. 13 LENNY – (In difficoltà) Un momento, mister Donenberg, prima bisogna essere certi che sia stata effettivamente sua moglie. SAMUEL – Appunto. Tu, cercando gli indizi, proverai la sua colpevolezza. Purtroppo per la legge non basta l’evidenza, bisogna anche dimostrare. LENNY – Sa com’è, uno dei capisaldi del diritto … SAMUEL – Non farmi la lezione, Lenny, guadagnavo milioni di dollari quando tu ancora succhiavi il latte dal seno di mamma. (Cambiando tono, che ora si fa minaccioso) Sono arrabbiato, Lenny, furibondo, i Glen mi sono stati rubati prima che la nuova polizza fosse completamente attiva. Devono passare quindici giorni dalla stipula per ottenere la copertura del cento percento altrimenti, in caso di furto, mi rifondono solo la metà del capitale assicurato. (Torna apparentemente calmo) Uno stupido cavillo, ma tant’è. Capisci, ora, perché devi provare la colpevolezza di mia moglie? D’altronde non può essere stata che lei. LENNY – Ci sono segni di effrazione? SAMUEL – Nessuno. Adesso ti sarà chiaro perché il mio è qualcosa di più di un sospetto. LENNY – La servitù? SAMUEL – Escluso. Non hanno accesso alle mie stanze private, tanto meno al caveau. LENNY – Perdoni la domanda sciocca, mister Donenberg, ma ne ha parlato con sua moglie? 14 SAMUEL – Sicuro, è la prima cosa che ho fatto, ma tieni presente che lei non conosce la combinazione d’accesso al caveau. LENNY – Quindi …? SAMUEL – Rifletti, Lenny! Usa il cervello! Il mio caveau è sicuro come la Federal Reserve. In qualche modo deve averla scoperta! LENNY – La combinazione? SAMUEL – Cos’altro, sennò? LENNY – La polizia? E’ stata informata? SAMUEL – Ho intenzione di farlo fra un paio di giorni se tu non riesci a cavarci fuori nulla. Sai com’è, un furto di gioielli appena assicurati è roba che puzza per i piedipiatti, sospetterebbero subito una qualche mia implicazione. No, niente polizia, per il momento. Trovate le prove della colpevolezza di Jennifer farò la denuncia. LENNY – (Si alza per congedarsi) Bene, Mister Donenberg, la situazione è molto delicata, ne parlerò subito a mister Gordon e … SAMUEL – (Lo interrompe) Ti facevo più perspicace, Lenny. Se avessi voluto che Frank ne fosse al corrente avrei chiamato direttamente lui, non credi? LENNY – Ma ... 15 SAMUEL – (In tono definitivo) Niente ma. Sospetto che Frank sia d’accordo con mia moglie. Forse non lo sai, ma negli ultimi tempi le cose nella vostra compagnia non vanno troppo bene. (Sorride alla vista dello sconcerto di Lenny) Brutta giornata, oggi, eh, Lenny? Quante novità. Così va il mondo, ragazzo, e tu faresti bene a stare dalla parte del più forte. Risolvi il caso e io ti prometto un futuro roseo alle mie dipendenze. So essere generoso con chi mi è fedele. LENNY – (Incerto) D’accordo, mister Donenberg, le farò sapere gli sviluppi delle indagini. SAMUEL – Bravo, Lenny, bravo. Chiamami appena hai notizie per me. Samuel accompagna Lenny alla porta. Le luci si abbassano. 16 QUADRO TERZO Frank Gordon, Lenny Smith. Ufficio di Frank Gordon. Arredamento sobrio, poco elegante ma funzionale. Due sedie, una scrivania, uno schedario. Frank siede alla scrivania. Fuma, pensieroso, in attesa di qualcuno. Bussano alla porta. FRANK – Avanti! (Entra Lenny, Frank spegne la sigaretta, gli fa segno di accomodarsi). Lenny, finalmente … Allora, che ti ha detto il vecchio Sam? Si è sbottonato? LENNY – (Sta in piedi, gironzola per l’ufficio) Ha detto e non ha detto. O meglio, ha detto: che è stata la moglie, ma di prove neanche l’ombra. FRANK – (Riflette) La moglie? Mh, interessante. D’altronde, me l’aspettavo. Nient’altro? LENNY – La sostanza è questa: “E’ stata Jennifer, ne sono sicuro”. Poi mi ha incaricato di indagare senza farne parola con te. Mi ha offerto un posto nella sua organizzazione. Figurati! Ah, dimenticavo … sospetta che tu sia d’accordo con la moglie. FRANK – Però! (Pausa) E’ nel suo stile. Lo fa con chiunque entri in rapporto con lui. E’ furbo, cerca alleanze, crea un’apparente solidarietà, elargisce amicizia, promette denaro, ne dà, anche, è generoso, ispira fiducia. Dev’essere sicuro di controllare la situazione. 17 LENNY – Sì, è così. (Si siede) Devo ammettere che se non mi avessi messo in guardia prima d’incontrarlo, avrei creduto a tutto. Ha un carisma che cattura. Credi a quello che dice. FRANK – Questo è Samuel! Una specie di mago. LENNY – Mi ha parlato di certi affari che ha in Unione Sovietica. FRANK – Sì, trattiene rapporti con i bolscevichi. Anche con i comunisti oggi si fanno soldi. Ha ereditato le relazioni che aveva con lo zar. Ma il bello è che è in affari anche con gli esuli russi che risiedono a Parigi. E’ amico della famiglia imperiale. Di quello che ne rimane. LENNY – Se le cose gli vanno bene non capisco la necessità di occultare i Glen. E poi non ha nessuna prova che sia stata la moglie. Lui vuole che lei sia colpevole, ma non mi ha fornito nemmeno il movente. FRANK – Trucchi, Lenny, trucchi. Lui sa che non l’hai bevuta, ma sa anche che tenterai di dimostrare la colpevolezza di Jennifer, perché questo è il tuo lavoro. Tu sei un investigatore assicurativo, non puoi esimerti dall’incarico, soprattutto se ad affidartelo è uno dei nostri clienti più importanti. Ultimamente gli affari non gli vanno molto bene. LENNY – Ma Frank, è evidente che … FRANK – (Lo interrompe, si alza) Cos’è evidente, Lenny? Cosa? Che ti parlo in questo momento? Ne sei sicuro? Ci sono testimoni oltre noi due? Le parole sono inafferrabili, Lenny, i sensi, fra loro, incommensurabili. Come può l’udito 18 discernere la verità delle parole? Come possono le parole riportare la verità di ciò che vedono gli occhi? Puoi descrivere un colore? LENNY – Assurdità, Frank. Se mi dici che questo libro (ne indica uno sulla scrivania) è un gatto, non ti credo, è chiaro che non lo è! Non può esserlo! FRANK – Ne sei sicuro? Se lo fossi veramente non perderesti il tuo tempo a dimostrare ciò che è di per sé evidente. Quindi anche tu, che credi di essere sicuro che questo sia un libro e non un gatto, devi prima convincere te stesso. Cosa significa, questo? LENNY – (Scoraggiato) Dimmelo tu, Frank. FRANK – Significa che nemmeno tu sei davvero sicuro che sia un libro. Devi rifletterci sopra, soppesare la mia obiezione. Sai perché? LENNY – Perché, Frank? FRANK – Perché non credi che io possa veramente fraintendere una cosa talmente chiara. Questo è un libro, accidenti, Come cazzo si fa a scambiarlo per un gatto? Frank è una persona ragionevole, esperta, ha i suoi begli anni, ne ha viste di tutti i colori! Eppure un piccolo, minuscolo dubbio s’insinua. Per scomparire immediatamente, all’evidenza di ciò che ti restituiscono gli occhi. Eppure per un attimo, di cui ti vergogni, hai preso in considerazione la possibilità che questo libro possa essere un gatto. 19 LENNY – Basta così, Frank, questo rimarrà un libro (lo prende fra le mani, lo sfoglia, poco convinto), puoi parlare finché vuoi, puoi, puoi … FRANK – (Cambiando tono) Veniamo a noi, ora. Ti ho detto questo per metterti in guardia. Il vecchio Sam è furbo, non farti ingannare dalle apparenze. Riassumiamo la situazione. Facciamo un’ipotesi sulla colpevolezza del vecchio: ti convoca a mia insaputa, ti chiede di indagare sul furto dei gioielli, la spaccia come operazione preliminare alla denuncia che sicuramente farà in un secondo tempo per intascare la parziale, ma comunque consistente, assicurazione sui Glen. Grazie alle tue indagini potrà incolpare la moglie da cui sta per divorziare. LENNY – Sta per divorziare dalla moglie? FRANK – Sì. Non lo sapevi? Non te l’ha detto, ovviamente. La solita vecchia tattica: dire solo ciò che è strettamente necessario. LENNY – Questo apre nuove prospettive … FRANK – Capisci, ora, il suo gioco? Incolpando la moglie del furto può intascare il premio e vendere i Glen al miglior offerente. Incolpare Jennifer è per Sam la soluzione più logica. Non ha bisogno di inscenare furti con scasso, stanze con mobili rivoltati, finestre rotte o altri trucchi da cinematografo. Di compratori, poi, ce ne sono, soprattutto in Sud America, gente danarosa, collezionisti che farebbero carte false per impossessarsi di quei diamanti. Questa è la prima ipotesi. La seconda è che a rubarli potrebbe essere stata, effettivamente, la moglie. 20 LENNY – (Poco convinto) Lo ritieni possibile? FRANK – L’hai conosciuta? LENNY – No. FRANK – (Sorride ironico) Allora ne riparliamo. Gli affari di Donenberg ultimamente non vanno molto bene, la moglie lo sa. Visto che stanno per divorziare, lei con i gioielli si può assicurare un futuro tranquillo. E’ una pista da seguire, potrebbe riservare sorprese. Non sottovalutare nessuna traccia. Jennifer è una donna scaltra, giovane, immensamente bella. Il cervello non le manca, nemmeno la possibilità di conquistarsi amicizie influenti. Finora ha vissuto nell’ombra, ma, ne sono convinto, più per calcolo che per devozione verso il marito. Vuole creare attorno a sé l’attesa, la curiosità: la bellissima moglie del magnate, affascinante, misteriosa, irraggiungibile. Molti degli amici sudamericani di Sam darebbero una fetta del loro impero per averla, con la stessa brama con cui metterebbero le zampe sui Glen. LENNY – Che devo fare, Frank? FRANK – Comportati esattamente come ti ha detto il vecchio. Svolgi le indagini, fingi di essere convinto della colpevolezza della moglie, fagli dei resoconti precisi, dettagliati. Mettici dentro più verità possibili, particolari, dettagli, infarcisci il racconto con notizie assolutamente vere ma prive di reale significato, una rete di autentiche futilità. Avvolgilo in una verità inconsistente, insignificante, ammantalo di parole senza corpo ma che corrispondano al vero, senza dirgli, peraltro, nulla di sostanziale. Fagli credere che stai lavorando per lui e, intanto, sonda il terreno. Attraverso le domande che ti farà cerca di capire il corso dei suoi pensieri. Dobbiamo scoprire 21 dove sono andati a finire quei maledetti diamanti prima che siano venduti. Non ho intenzione di sborsare un milione di dollari, soprattutto al vecchio Sam. Deve ancora nascere chi riuscirà a fregarmi. LENNY – Non sarà facile, Frank. FRANK – Credi che ti paghi per riposarti? Le luci si abbassano. 22 QUADRO QUARTO Jennifer, Lenny Smith, Ada. Soggiorno in casa di Samuel Donenberg. La scena è illuminata dalla luce esterna. E’ mattina, giornata soleggiata. Jennifer cammina toccando i mobili, la sigaretta in mano, atteggiamento altero. Squilla il citofono. JENNIFER – (Alza la cornetta) Grazie, Ada. Fallo passare. Entra Lenny, accompagnato dalla cameriera di Jennifer, Ada. Lenny è sempre vestito elegante ma senza cappello e soprabito, al posto della cravatta un foulard. LENNY – Mistress Donenberg, piacere di conoscerla. Sono … JENNIFER – So chi è, si accomodi. Qualcosa da bere? LENNY – Quello che prende lei. JENNIFER – Ada, per favore, due Martini con soda. La cameriera esegue. Rimarrà presente per tutta la scena. Jennifer e Lenny si accomodano sul divano. JENNIFER – Mi dica mister Smith, in cosa posso esserle utile? LENNY – Non vorrei farle perdere troppo tempo, mistress Donenberg, quindi sarò breve. JENNIFER – Non si preoccupi del mio tempo, ne ho in abbondanza. Non ho nulla da fare, se non vedere le 23 amiche, fare acquisti addebitando le spese sul conto di mio marito o chiacchierare con la mia amata Ada (indica la cameriera che risponde con un inchino). LENNY – Ah, bene, mistress Donenberg, bene. Però, vede … il motivo per cui sono qui è un po’ delicato, credo sia più opportuno discuterne a quattr’occhi. JENNIFER – Eviti di chiamarmi mistress Donenberg, mi chiami Jennifer. Riguardo ad Ada, non ho segreti per lei, può parlare liberamente in sua presenza. LENNY – (Aggiustandosi sulla sedia, imbarazzato) Be’, se le cose stanno così, allora … Sono qui per i gioielli, i Glen. Senz’altro saprà che sono spariti. JENNIFER – Mio marito me l’ha detto. LENNY – Bene, bene. Ecco, io volevo sapere se lei ha qualche sospetto, se pensa ci sia una ragione … (interrompendosi, consapevole di aver detto una sciocchezza) sì, una ragione c’è senz’altro visto che si tratta di un milione di dollari … insomma, vorrei sapere: lei si è fatta qualche idea sulla sparizione dei diamanti? JENNIFER – (Con aria distratta) No e, sinceramente, non me ne importa niente. Quei gioielli li ho indossati un paio di volte, ma sono di mio marito. (Lo guarda con attenzione) Tuttavia le posso venire in aiuto in un altro modo: Samuel pensa che li abbia presi io. Teoria ridicola, considerato che non ho accesso a quel dannato caveau e che mi sono sempre completamente disinteressata del suo patrimonio e dei suoi fottuti affari. Ma lui è fatto così, sospetta di tutto e di tutti. Adesso, poi, che stiamo per divorziare … 24 LENNY – Sì, ho sentito, mi dispiace … JENNIFER – (Rivolta alla cameriera) Visto, Ada? Che ti avevo detto? Il nostro giovane amico fa finta di essere ingenuo ma è ben informato, è al corrente di ogni cosa. ADA – Sì, Jennifer, ma non agitarti, non ti fa bene. JENNIFER – Cara Ada, sempre preoccupata per me. E’ stata la mia balia, mi ha allevato lei. L’ho voluta con me quando sono arrivata qui. LENNY – Già, perché lei viene da … JENNIFER - Caraibi. Mai stato là? LENNY – Temo di no, Jennifer. JENNIFER – Così va meglio, mi chiami Jennifer. LENNY – Non creda che sia piacevole per me essere qui a farle queste domande, solo che, capirà, i diamanti sono spariti, si tratta di un mucchio di soldi, i Glen … La mia agenzia deve investigare prima di pagare il premio. E’ la prassi. JENNIFER – (Facendogli eco) E’ la prassi, è la prassi. Mi sembra di sentire Sam. Così disse quando mi costrinse ad abbandonare la mia terra, i miei genitori. “Vieni a New York, ci sposiamo là, tu diventi cittadina americana, mia moglie, ma dobbiamo andare in America, è la prassi”. Avevo diciotto anni. Tutto quello che ho portato con me è qui dentro, in questa stanza, lo può vedere anche lei: Ada e 25 queste statue (si alza, si dirige verso le alte statue di arte primitiva che raffigurano uomini, donne, animali, le accarezza). Quando sono triste le guardo e a volte, se mi sforzo, riesco a vederci il sole dei tropici brillare, all’alba, sull’acqua che accarezza la spiaggia … (si sente in sottofondo rumore di onde, barche a remi di pescatori che scivolano sul pelo dell’acqua; Lenny non capisce da dove arrivino questi suoni, si guarda attorno sconcertato; Jennifer e Ada, invece, sono calme, hanno l’aria sognante, Ada ondeggia leggermente le braccia a destra e sinistra, smette, poi riprende. Quando smette il suono cessa. Lenny, che la osserva, capisce che il suono delle onde è provocato da Ada) il mare azzurro, trasparente, le palme, cesti di banane, il pesce cotto sulla riva del mare al tramonto … la pioggia che scivola sul corpo … L’atmosfera cambia, si fa più confidenziale, le luci si abbassano mantenendo, tuttavia, la luminosità del mattino. LENNY – (Tenta di riprendere l’argomento per cui è venuto) Jennifer, a proposito dei diamanti, suo marito, mister Donenberg, ritiene che lei ne sappia più di quello che … JENNIFER – (Ormai non lo ascolta, si avvicina a Lenny, gli sfiora la testa con delicatezza) Non so perché, ma lei non ha l’aspetto dell’investigatore assicurativo. Lei mi sembra … (riflette, poi, dopo aver trovato la parola esatta, lancia un’esclamazione) uno scrittore! Ecco, uno scrittore. LENNY – (Folgorato da quell’intuizione) Ma … Jennifer … come … sì, in effetti, io … io … (come vergognandosi dell’ammissione che sta per fare) scrivo. (Pausa; Lenny è incredulo delle sue stesse parole) L’ho detto! Sì, scrivo. 26 JENNIFER – (Batte le mani, contenta di aver indovinato) Lo sapevo! Lei non ha l’espressione dell’investigatore. Dalle domande che fa, poi, non mi pare abituato a interrogare le persone. LENNY – Mistress Jennifer, non sono un brutale poliziotto, sono … JENNIFER - … un amabile segugio di Frank Gordon. Che differenza fa? LENNY - (Offeso) Mistress Jennifer, non credo che lei possa permettersi di giudicare, di … JENNIFER – … offenderla? (Ride) La stavo prendendo in giro, Lenny. Su, un po’ di senso dell’umorismo, perdio. Dov’è l’anima dello scrittore? Dell’artista? A proposito, di cosa scrive? Sa, io sono un’accanita lettrice. Leggo tutto, onnivora, un libro al giorno. LENNY – (Incerto se Jennifer lo stia prendendo in giro o meno, ma stuzzicato nella sua segreta vanità) Racconti. Scrivo racconti. JENNIFER – Racconti? Fantastico. E dica, che genere di racconti? Storie d’amore? Le adoro, non farei altro che leggere storie d’amore. LENNY – No, non proprio (accigliato, convinto, ora, che Jennifer si stia burlando di lui). Baseball. JENNIFER - Baseball? Che c’entra il baseball? Le ho chiesto che genere di racconti scrive. LENNY - Baseball, racconti sul baseball. 27 JENNIFER – E’ un giornalista sportivo? LENNY – (Si alza, innervosito) No, non sono un giornalista sportivo. Scrivo racconti sul baseball. Lei crede che non si possa scrivere seriamente di sport? Solo recensioni di partite? JENNIFER – (Riflette) Non saprei, non ci ho mai pensato. Una scelta così originale … E poi non mi piace il baseball. Quella mazza, la palla, correre attorno al campo … LENNY – Il diamante. JENNIFER – Okay, il diamante o come diavolo si chiama. LENNY – Mistress Donenberg, con tutto il rispetto, credo che lei non sappia … JENNIFER – (Fingendosi sorpresa) … cosa dico? LENNY – Non intendevo questo … JENNIFER – Ada, cara, hai sentito il nostro Lenny? Pensa che non sappia quello che dico. ADA – (Smette di dondolare le braccia, il suono delle onde cessa, l’atmosfera ritorna quella che c’era all’inizio del quadro) Ho sentito. JENNIFER – Cosa ne pensi? ADA – Penso che mister Lenny voglia concludere le sue domande e andarsene al più presto. 28 JENNIFER – (Assume un’aria severa) Lo penso anch’io. Allora, investigatore delle assicurazioni, dove eravamo rimasti con l’interrogatorio? LENNY – (Con foga, come chi ha perso la pazienza) Mistress Jennifer, io non la sto interrogando, sto cercando di capire che fine hanno fatto i diamanti. La metto al corrente che suo marito ha intenzione di incolpare lei e denunciarla alla polizia se … (ha perso le staffe, si pente di quello che ha detto). JENNIFER – (Lo guarda con un sorriso complice) Eh, eh (lo minaccia con il dito indice), Lenny, Lenny, non si fa così, ha commesso un errore. Mi ha appena detto quali sono le vere intenzioni di mio marito, mi ha svelato l’incarico del cliente. Lenny, lei ha violato il segreto professionale. LENNY – (Confuso, consapevole dell’errore) No, no, che segreto … Accidenti a lei, Jennifer, mi ha fatto confondere con quelle chiacchiere sul baseball. JENNIFER – Ada, il nostro amico è in difficoltà. Credo che abbia bisogno di un po’ di riposo. ADA – Lo credo anch’io. Lo accompagno alla porta? JENNIFER – Sì, prima che mi sveli qualcos’altro e si metta definitivamente nei guai. Ada si avvicina a Lenny, ormai completamente confuso, lo prende delicatamente per un gomito, lo accompagna alla porta. Lenny si lascia condurre fuori. JENNIFER – (Si distende sul divano, accende una sigaretta) Comunque, Lenny, le voglio dire che non c’è niente che lei possa dirmi che io non sappia già. Conosco mio marito, le 29 sue intenzioni. Dei suoi maledetti Glen non so niente e se ne sapessi qualcosa non lo confiderei certo a uno come lei. Mi dispiace che torni da Gordon a mani vuote, ma così va il mondo. Buonanotte, scrittore. Lenny si gira a guardare Jennifer che ora, distesa, gli volge le spalle. Dopo un attimo di esitazione esce accompagnato da Ada. Le luci si abbassano lentamente. Dopo che Lenny è uscito e Ada rientrata e di nuovo immobile nella posizione precedente, riprende il suono delle onde, come una musica soave. Jennifer intona una canzone triste, Ada muove ritmicamente le braccia. La scena, quasi al buio, viene colpita da giochi di luce bianca intermittente che imitano le onde del mare. Poi buio. 30 QUADRO QUINTO Samuel Donenberg, Lenny Smith. Soggiorno in casa di Samuel Donenberg. Il vecchio è in piedi accanto alla finestra, guarda fuori, fuma, come nel secondo quadro. E’ sera. L’atmosfera soleggiata, luminosa, del quadro precedente – sparita. Lenny siede su una poltrona, teso, pallido in viso, come in preda a uno shock interiore. E’ a disagio, pare un automa. SAMUEL – (Rimane girato verso la finestra) Allora, Lenny? Com’è andato il colloquio con mia moglie? LENNY – (Cerca le parole, a fatica) Bene, mister Donenberg. SAMUEL – (Si gira a fissare Lenny) Ti sei fatto un’idea di come possono essere andati i fatti? LENNY – Sì, mister Donenberg. SAMUEL – Sei convinto della colpevolezza di Jennifer? LENNY – Sì, mister Donenberg, credo sia stata sua moglie a rubare i Glen. Aveva ragione lei. SAMUEL – (Spegne la sigaretta, si sfrega le mani soddisfatto, cammina per il soggiorno) Bene, bene. Molto bene. Sai, mia moglie è giovane, bella, appetitosa. E’ stato un errore, (guarda Lenny) il matrimonio, intendo. Un imperdonabile errore. Alla mia età ho voluto soddisfare il piacere degli occhi, gli ultimi bagliori della potenza virile. Ho ceduto a un momento di 31 debolezza, creduto di poter trovare di nuovo l’amore della gioventù, la passione, la devozione di una persona cara con cui dividere i giorni che restano … Mi sbagliavo. Non credere siano stati cinque brutti anni, tutt’altro. Jennifer mi ha sempre accontentato in tutto, senza mai tirarsi indietro, senza accampare scuse. Una sposa modello … ma un altro mondo. Dopo qualche mese era chiaro che non avevamo più nulla da dirci. Anche la bellezza, se vista ogni giorno, può essere ripetitiva. (Guarda Lenny che continua a fissare un punto indistinto davanti a sé, come estraniato dalla scena) Sono soddisfatto del tuo lavoro. Aspetta qui, vado a prendere il libretto degli assegni. Saldiamo i conti (esce). Lenny si alza, gira a casaccio per il soggiorno, sposta oggetti, guarda distrattamente i soprammobili, si avvicina alle statue caraibiche, le accarezza. Si sente il suono delle onde del mare. LENNY – (Come ipnotizzato) Jennifer, Jennifer … dove sei? Ti amo. Si allontana dalle statue indietreggiando, urta la scrivania, cadono degli oggetti fra cui una scatola. La scatola si apre, escono dei gioielli. Lenny non realizza subito, si china, li raccoglie. LENNY – (Incredulo, tornato in sé) Non è possibile! I Glen! Ma, allora … (Rimette tutto a posto, torna a sedersi in poltrona). Rientra Samuel col libretto degli assegni, sfuma il suono delle onde. SAMUEL – (Si siede alla scrivania, compila l’assegno) Se dovessi avere delle noie con Frank vieni a trovarmi. Un lavoro adatto alle tue capacità lo trovo in cinque minuti. (Lo fissa a scrutarlo) Avrei già un’idea di dove collocarti. 32 LENNY – (Di fretta) Grazie, mister Donenberg. Devo proprio andare. SAMUEL – Non ti trattengo, Lenny, il lavoro prima di tutto. Mi raccomando, non sparire. Teniamoci in contatto. Si stringono la mano, Lenny esce. Le luci si abbassano. 33 QUADRO SESTO Jennifer, Lenny Smith. Soggiorno in casa di Lenny. Una stanza non grande, arredamento modesto, da scapolo. Scaffali con cumuli di libri accatastati, una scrivania con una macchina per scrivere, il piano pieno di carte sparse, un’impressione di ambiente chiuso. JENNIFER – (Sola, parla al telefono) Non mi ami più … Non mi hai mai amato … Se il punto non è questo, allora qual è? Credi che ti abbia sposato per i soldi? Pensi davvero che abbia lasciato la casa di mio padre per la tua ricchezza? … Ma io avevo già tutto! Il sole, le spiagge, il mare più azzurro che tu abbia mai visto … E, sì, tanti uomini, belli, giovani, intelligenti, pronti a gettarsi ai miei piedi se solo avessi fatto così (schiocca le dita) … Ma tu, Sam, lo capisci questo? Lo capisci? … l’hai fatto apposta, Sam, a sposarmi nel giorno del mio compleanno per ricordarmi sempre a chi “devo tutto” … io, Sam, a te non devo niente … (entra Lenny, sorpreso di vedere Jennifer in casa sua, al telefono; si avvicina incredulo, lei gli fa segno di aspettare) No, sono io che me ne vado. Addio, Sam … non m’importa più niente di te, dei tuoi soldi, dei gioielli, di quei dannati Glen (mette giù la cornetta). LENNY – Mistress Donenberg, che ci fa in casa mia? Com’è entrata? JENNIFER – (Con atteggiamento civettuolo, amabile, confidenziale, in contrasto con la severità dell’incontro precedente) Il portiere 34 dello stabile è una persona simpatica. Lo sapevi che ama il baseball? Gli ho procurato due biglietti per la partita di domenica, ci porta il figlio, un caro bambino di undici anni, anche lui tifoso dei Dolphins. LENNY – (Desiste da ulteriori proteste) Il portiere … ho capito. Immagino che non avrà dovuto faticare molto per convincerlo a farla entrare. JENNIFER – No, in effetti è stato facile, ho chiesto e sono stata accontentata. LENNY – Come, suppongo le capiterà spesso. JENNIFER – Sì, abbastanza. Ma cos’è questo tono? Per chi mi hai preso, Lenny? Per una ragazza facile? So di dare questa impressione, ma non è affatto così. Ti meraviglieresti se ti raccontassi la mia vita sentimentale, quanto è stata povera di avvenimenti interessanti … piccanti … LENNY – (Si toglie soprabito e cappello, li getta sul divano, si tiene lontano da Jennifer, cerca di non guardarla negli occhi; lei, invece, lo fissa con insistenza) Le credo, mistress Jennifer. Si sieda, ho qualcosa da dirle. JENNIFER – (Si accomoda su una sedia vicino alla scrivania) Dimmi, caro scrittore, sono tutta orecchi. LENNY – Ho sentito che parlava al telefono con mister Donenberg. JENNIFER – Sì, l’ho piantato. 35 LENNY – Conosco poco suo marito, ma mi pare che non sia la persona che si può lasciare tanto facilmente, a meno che non sia lui a volerlo. JENNIFER – L’ho piantato. LENNY – Va bene, mistress Donenberg … JENNIFER – Ti prego! Chiamami Jennifer. LENNY – Jennifer. Devo farle una confessione. Mi sono sbagliato sul suo conto. JENNIFER – Ah, sì? Ma guarda! LENNY – Non sto scherzando, Jennifer. Dopo il nostro primo colloquio, forse influenzato dalle parole di suo marito, ero convinto, chissà perché visto che non ne avevo le prove, che lei avesse trafugato i Glen. JENNIFER – (Ride) Io? LENNY – Sì, lei. Per venderli o per … non so perché, ma pensavo fosse colpevole. Mi sono sbagliato. Ieri per un caso fortuito ho scoperto i diamanti nel soggiorno di casa vostra, suo marito li teneva in una scatola, sul tavolo. Forse si sta preparando a venderli. Sono confuso, Jennifer, non so che fare, che pensare. Ieri sera ho vagato per la città per ore, ma non è servito a niente, non so decidermi. JENNIFER – (Si avvicina a Lenny, lo accarezza sui capelli, sulle guance, il suo sguardo è dolce, premuroso) Povero caro, povero il mio scrittore. 36 LENNY – (Trattenendosi) Non faccia così, Jennifer, è peggio. JENNIFER – (Lo attira a sé per abbracciarlo, Lenny resiste, poi si lascia andare rimanendo però inerte; Jennifer parla con voce suadente, come in un sussurro) Povero Lenny, hai riconosciuto il tuo errore, caro il mio bambino. Lo apprezzo molto, sai? So che non mi ritieni una poco di buono, una ragazza di facili costumi, una che … hai capito … LENNY – No, come potrei, se io … (s’interrompe). JENNIFER – Già povero Lenny, come potresti se tu … Non mi hai detto tutto, vero? La confessione più importante, quella che ti sta dilaniando l’anima è ancora chiusa nel tuo cuore, non è così? LENNY – Sì, è così. Squilla il telefono. Lo lasciano squillare, ma il telefono non smette. Lenny si riscuote, lascia l’abbraccio di Jennifer, si avvia verso la cornetta. LENNY – E’ meglio che risponda. (Alza la cornetta; alle prime parole dell’interlocutore cambia aspetto e tono) Oh, ciao! Non pensavo di sentirti oggi … No, che dici, sono contento che tu abbia telefonato … Sì, sto bene … Solito … Ho un contatto con un editore. Be’, in verità è qualcosa di più di un contatto, mi hanno chiamato, sono interessati ai racconti … Vorrebbero pubblicare tutta la raccolta … Sì, è fantastico, finalmente, dopo tutti questi anni … Lo so, tu hai sempre creduto in me, mi hai sempre sostenuto, come posso dimenticarlo … Quando torni? Ah, già la prossima settimana … mercoledì … No, no, ne sono felice … Avverto i tuoi, vengo a prenderti in stazione … Sì … Sì … anch’io, lo sai … Adesso non posso (guarda in direzione di 37 Jennifer) … Sì … Un amico … non ci vediamo da un po’ … Ciao … ciao (ripone la cornetta, rimane pensieroso). JENNIFER – (Dopo una pausa in cui lo ha scrutato) Come si chiama? LENNY – (Riprendendosi dal torpore) Cosa? JENNIFER – Come si chiama, lei? LENNY – Margareth. JENNIFER – (Con finta noncuranza) Un bel nome. (Si avvicina al carrello dei liquori, si versa da bere). State insieme da tanto? LENNY – Quindici anni. JENNIFER – Quindici anni? Ma è una vita! Che romantico. Un amore nato agli albori della giovinezza che resiste alle bufere del tempo. Quasi un matrimonio. LENNY – (La guarda, afflitto) Ci sposiamo il mese prossimo. JENNIFER – (Meravigliata) Questa sì che è una novità! Come farai adesso? LENNY – Cosa intende dire? JENNIFER – Adesso che ti sei innamorato di me. LENNY – (La guarda con occhi tristi ma pieni di speranza, la speranza che da Jennifer possa venire la risposta al dilemma) Ti amo, Jennifer. 38 Jennifer si avvicina a Lenny, sempre fermo accanto alla cornetta del telefono. Lo prende per mano, si sente di nuovo il suono delle onde del mare, le luci si abbassano, appaiono i giochi di luce che sembrano onde. JENNIFER – Le senti, Lenny? Le senti le onde? Saranno queste onde che ci porteranno via, insieme (lo abbraccia, accennano un passo di valzer), solo tu ed io. Scappiamo, Lenny, scappiamo da questo mondo ostile, crudele, io e te, i puri di cuore, per sempre insieme. LENNY – (Si lascia trasportare dal suono delle onde, abbraccia Jennifer con passione) Sì, amore mio, andiamocene. Tutta la vita ho atteso qualcosa che desse un senso alla fatica di vivere, ai giorni, agli attimi. Tutta la vita ho atteso … te. JENNIFER – (Con finta premura) Ma tu ti devi sposare, la tua fidanzata arriva la prossima settimana, mercoledì, devi andare a prenderla in stazione, avvisare i suoi genitori, ci sono i preparativi del matrimonio, non puoi, non devi … LENNY – (Concitato) Io posso, invece! Devo! Tu non sai, non sai com’è stata la mia vita! Vivere come vogliono gli altri, guadagnare, “farsi una posizione” perché così vuole il futuro suocero, scavarsi una nicchia di mezz’ora al giorno quando va bene, di un’ora il fine settimana, per scrivere, perché lì ti senti realizzato … perché solo così sei veramente te stesso … Ma ho trovato te, tu sei la vita, tu sei la luce, tu sei ogni cosa … Non ti lascerò più … Jennifer si divincola dolcemente da Lenny, il suono delle onde cala fino a cessare, la luce torna normale, Jennifer va a prendere la borsetta, la porta verso Lenny, la apre, tira fuori i Glen. JENNIFER – Guarda, amore mio, la nostra assicurazione sulla vita. 39 LENNY – I Glen! (Guarda Jennifer con l’ombra del sospetto sul volto) Ma allora … JENNIFER – Ieri dopo che te ne sei andato sono rincasata e li ho scoperti per caso anch’io. Sam li aveva lasciati nella scatola che hai visto tu. Deve essersi deciso a venderli, ma è talmente sicuro di sé che ha pensato che non potessi trovarli. LENNY – Hai rubato! JENNIFER – (Arrabbiata) Sì, ho rubato a un maiale, a un ladro, a un essere ignobile che tratta la gente come spazzatura! Secondo te, è furto questo? No, caro, no, amore mio, questa è giustizia! (Lo abbraccia con passione, riprende il suono della marea) Andiamocene, Lenny, scappiamo stanotte stessa, prendiamo il treno, andiamo in Canada, o in Messico dove non ci potranno mai più trovare. Là vivremo felici, tu scriverai, esprimerai il tuo talento, farai del bene alla gente con la tua arte, non come Samuel, lui le persone le uccide un po’ alla volta, dentro, qui, qui (indica il cuore). LENNY – Sì, andiamo! andiamo! partiamo subito, lasciamoci tutto alle spalle. Solo io e te. Io e te per sempre. Iniziano a raccogliere vestiti, qualche oggetto, girano impazziti per la stanza mentre il rumore delle onde riprende e aumenta fino a diventare assordante tanto da non sentire più le loro voci. Dopo un paio di minuti, quando il rumore è al massimo le luci si spengono di colpo, subentra immediato il silenzio. La scena rimane al buio. 40 QUADRO SETTIMO Frank Gordon, Samuel Donenberg. La scena si illumina lentamente sull’ufficio di Frank Gordon. Frank e Samuel sono seduti uno di fronte l’altro alla scrivania. Frank serve da bere whisky a Sam e a sé. FRANK – (Alza il bicchiere per un brindisi). A noi due, amico mio. All’ennesimo colpo! E’ stato più facile del previsto. SAMUEL – (Risponde al brindisi, sorseggiano soddisfatti) Come bere un bicchier d’acqua. FRANK – (Apre il cassetto della scrivania, tira fuori un pacco avvolto in un panno di velluto blu, lo appoggia sul tavolo, lo apre: i Glen) Domani arriva l’acquirente, lo incontriamo al Palace Hotel a mezzanotte. SAMUEL – Ottimo. (Si alza, si sgranchisce le mani, le gambe) Notizie dei due piccioncini? FRANK – Sì, li hanno fermati a Pasadena, volevano passare in Messico. SAMUEL – Con la roba? FRANK – Sicuro. Tenevano i gioielli in valigia, nel doppiofondo. Che dilettanti. E’ proprio vero che l’amore rende ciechi … 41 SAMUEL – … e fa commettere un mucchio di sciocchezze. Contavo proprio su questo. FRANK – Adesso dovranno spiegare un bel po’ di cose alla polizia. SAMUEL – Che, da nostre istruzioni, non crederà a una parola. La condanna è certa. FRANK – (Guarda Sam interrogativo) Come facevi ad essere sicuro che avrebbero abboccato? SAMUEL – Ho lasciato i gioielli falsi in una scatola sul tavolo del salotto. Non in evidenza, ma in una posizione che prima o poi sarebbe stata scoperta. E infatti … Da lì è stato un gioco da ragazzi. Sapevo che Lenny non avrebbe avuto il coraggio di prenderli: onesto, probo impiegato! L’avevo convinto che era stata Jennifer a rubarli. Dovevi vedere la faccia che aveva quando sono rientrato in salotto con il libretto degli assegni! Mi ha guardato come fossi il diavolo, ma non ha detto niente. Di mia moglie non avevo dubbi. Non è stata innamorata neanche un secondo di quell’idiota, ma ha capito che poteva far leva su di lui per scappare. E infatti … FRANK – (Soddisfatto) Ti avevo detto che Lenny era il pollo giusto da infinocchiare. Leale, scrupoloso, onesto, ma con un’ambizione segreta da realizzare. Quelli sono i tipi più malleabili. Persone deboli … l’arte … (ridono). SAMUEL – Già, come l’hai trovato? FRANK – Nel modo più normale: ha mandato il curriculum, è venuto per un colloquio. La sua passione segreta l’ho 42 scoperta subito: un paio di domande ben piazzate e cosa salta fuori? Il nostro pollo ama scrivere. Eccolo, mi sono detto. SAMUEL – E nel modo più normale se l’è presa lì. Ridono, si versano ancora da bere, le luci si abbassano. 43 QUADRO OTTAVO Wendy, Kate. In questo quadro scene, costumi e luci tornano a colori naturali come all’inizio dell’atto. Redazione della casa editrice. Wendy sta in piedi vicino alla finestra, fuma una sigaretta, Kate sfoglia senza convinzione il manoscritto di Lenny. Si sente amplificato il ticchettio di un orologio che non si vede. WENDY – (Dopo un lunga pausa) Pare che stavolta tu abbia fatto cilecca. KATE – (Dopo una pausa) Pare. WENDY – Capita. KATE – Capita. WENDY – Ti rode, lo capisco. KATE – Sì, molto. Su Lenny ci avrei scommesso … tutto. WENDY – Per scrivere, scrive bene, te lo concedo, ma … KATE – Non dirmelo, lo so. Non si è dimostrato all’altezza. WENDY – Purtroppo. KATE – Purtroppo. La prova, però, era veramente dura. WENDY – Dici? 44 KATE – Sì, temo che questa volta abbiamo giocato pesante: i sentimenti, l’amore … Siamo andate troppo in là. WENDY – Non credo. D’altronde se non affondi sui sentimenti, sull’amore, come fai a capire se è all’altezza? Non dimenticare: più grande è il talento, più difficile la prova. E Lenny, come talento, è un pezzo da novanta. KATE – Qualche volta credo che siamo dei giudici troppo severi. WENDY – Non darti addosso. Noi, in fondo, li mettiamo davanti a una scelta, loro decidono liberamente. Nessuno, finora, si è mai accorto che siamo io e te a dirigere il gioco. Neanche quelli a cui è andata bene, quelli che pubblicano di più e hanno successo sospettano nulla. Pensano di essersi fatti strada da soli. In un certo senso, è vero, salvo essere stati scelti per la prova. La via dell'arte è irta di difficoltà, bisogna essere persone come si deve per percorrerla fino in fondo, bisogna avere … carattere. KATE – (In tono conclusivo, buttando il manoscritto sulla scrivania) Sì, forse. Dunque a Lenny Smith niente lasciapassare. (Immaginando di rivolgersi a Lenny) Caro Lenny, il tuo salvacondotto per il Paese dell’arte lo teniamo ancora noi. WENDY – In attesa di tempi migliori. KATE – (Sempre rivolta idealmente a Lenny) In attesa che tu esca di galera. WENDY – Fra qualche anno. Gli riconosceranno le attenuanti … e anche noi lo faremo. 45 KATE – (Sorridente, contenta) Dici sul serio? WENDY – (Rassicurante) Sì, credo che tutto sommato gli possiamo concedere una seconda possibilità. Uno strappo alla regola. KATE – Bene, allora questo lo rimettiamo qua dentro (riprende il manoscritto, lo ripone in un cassetto chiuso a chiave della scrivania) . In attesa di tempi migliori. Cessa il ticchettio, inizia in sordina poi sempre più udibile una musica ballabile di jazz che si protrarrà fino a sipario chiuso. WENDY – (Va verso la scrivania, alle spalle di Kate) Allora, chi è il prossimo? KATE – (Tira fuori da un altro cassetto un nuovo manoscritto) Direi di tentare con questo: Erwin Johnson. Non più giovane, ma un tipo simpatico. Scrive polizieschi, basati sulla sua esperienza di piedipiatti. WENDY – Non come quello dell’anno scorso, spero? KATE – No, questo è proprio bravo. Li ambienta a Chicago. Dovresti dargli un’occhiata … Wendy e Kate continuano a parlare. La musica continua fino alla fine, le luci si abbassano lentamente fino al buio completo. Il sipario si chiude. ****** (2010) 46