Licenza di porto d'arma per difesa personale Norme: Art. 42 TULPS Art. 61 e segg. Reg. TULPS La licenza di porto d'armi corte o la licenza di porto di bastone animato per difesa personale vengono rilasciate dal prefetto "in caso di dimostrato bisogno". La licenza di porto di fucile per difesa personale viene rilasciata dal questore. Trattasi di tre licenze diverse e quindi chi ha licenza di porto di pistola non può portare fucili o bastoni animati. La legge non dice che il bisogno debba essere esclusivamente quello di difendersi, ma nella pratica così è stato inteso e quindi la norma viene letta come se dicesse "in caso di dimostrato bisogno di difendersi". In altri paesi europei è possibile ottenere la licenza di porto d'arma corta anche per uso venatorio, in quanto in certe cacce la pistola viene usata per il colpo di grazia al selvatico. Il concetto di difesa comprende non solo la difesa da aggressioni da parte di altre persona, ma anche da animali e perciò potrebbe ottenere la licenza, ad esempio, chi ha a che fare con animali pericolosi (circo, zoosafari, ecc.). In proposito si può osservare che l'art. 73 Reg. TULPS, nell'indicare le persone che possono portare armi senza licenza, precisa che tale facoltà è concessa solo "ai fini della difesa personale". Da ciò si potrebbe dedurre che chi è munito di regolare licenza a pagamento, può portare l'arma anche per diverse esigenze. La nozione di dimostrato bisogno è necessariamente molto elastica (anzi, è troppo elastica!) e quindi il rilascio della licenza viene lasciato alla discrezionalità del prefetto, purtroppo variabile da persona a persona e da provincia a provincia. Una elementare esigenza di trasparenza amministrativa richiederebbe che il Ministero fissasse dei criteri guida a cui i prefetti debbono attenersi, individuando, ad esempio, quelle categorie di cittadini che sono, per natura, esposte ad un particolare rischio. Nella prassi le persone che possono sperare di ottenere una licenza di porto d'armi sono: - persone che portano sovente valori, quali rappresentanti di gioielli, impiegati addetti a prelevare o versare somme rilevanti; - persone che hanno in negozio valori, quali gli orefici; - commercianti che per necessità del loro commercio si trovano a dover portare con sé grosse somme di danaro; - persone soggetto a rischio di sequestro; - persone che svolgono attività che le espongano a particolari rischi di aggressione o vendetta (ad esempio ufficiali giudiziari, tassisti). Il prefetto terrà conto, oltre che della condizione personale, anche della particolare situazione ambientale: negozio o abitazione isolata, necessità di attraversare quartieri malfamati, zona con alto indice di criminalità. In molti casi il prefetto richiede che l'istante dimostri di possedere elevati redditi, che giustifichino i suoi timori di essere rapinato. La richiesta non è corretta perché ciò che conta non è il reddito ma il possesso di consistenti somme di danaro: ad esempio, con i prezzi attuali dei carburanti, un benzinaio si trova alla sera ad essere un appetibile bersaglio per una rapinatore, pur senza essere una persona abbiente. La mancanza di una qualsiasi normativa, fa sì purtroppo che molti cittadini si creino la convinzione che i prefetti si lascino guidare più da valutazioni personali che da un oggettiva valutazione delle situazioni individuali. Si è posto il problema se i periti balistici possano invocare un particolare bisogno ad ottenere la licenza di porto d'armi (altra ipotesi di bisogno diverso dalla difesa personale). La qualifica di perito balistico non attribuisce alcuna facoltà speciale in ordine al porto ed alla detenzione di armi e munizioni. Sorge però il problema se egli abbia o meno diritto ad ottenere una licenza di porto di pistola che lo abiliti a compiere tutte quelle operazioni peritali che prevedono l’impiego di armi e munizioni. Ora, la sola iscrizione in un albo dei periti non è indubbiamente circostanza tale da legittimare di per sé ad ottenere una licenza di porto di pistola. Diversa invece la risposta per i periti che effettivamente effettuano perizie per l’autorità giudiziaria. Essi infatti: 1) Sono persone capaci nel maneggio delle armi e che dànno ogni affidamento di essere persone serie che non abuseranno della licenza, perché altrimenti i giudici non li nominerebbero e non affiderebbero loro armi di ogni genere, anche da guerra. 2) Hanno necessità di prendere in consegna dalla giustizia armi, munizioni ed esplosivi e di recarsi con esse in laboratori, poligoni, luoghi privati, per prove ed esperimenti; tutte attività che implicano la necessità di sparare con le armi, vale a dire di "portarle". 3) Hanno necessità di impiegare, a fine di sperimentazione, anche armi e munizioni diverse da quelle costituenti corpo di reato. Dico questo perché secondo certi teorici, che neppure sanno come si fa una perizia, il perito potrebbe prendere l’arma e le munizioni dategli dal giudice e detenerle ed usarle per l’espletamento della perizia, senza bisogno di altra autorizzazione. Questa tesi confonde la detenzione con l’uso dell’arma. È vero che il perito non deve denunziare l’arma (perché la detenzione risulta già da atti pubblici) ed è vero che egli può trasportare l’arma al proprio domicilio o laboratorio senza altra autorizzazione (implicita anch’essa nel provvedimento di consegna del giudice), ma è altrettanto vero che egli non può "portare" l’arma fuori da tali luoghi: se non ha la licenza di porto d’armi non è neppure accertato che egli abbia l’idoneità fisica (vista, udito, riflessi, ecc.) richiesti e perciò nessun giudice lo può autorizzare ad andare a sparare all’aperto senza l’osservanza delle norme amministrative; eppure questa è un’attività spesso indispensabile quando si devono ricostruire traiettorie, si deve accertare l’udibilità di spari, si devono identificare e confrontare tracce lasciate da proiettili, si deve ricostruire la scenda del delitto ecc.). Ed è del tutto ovvio che per fare raffronti si devono usare anche armi diverse da quelle corpo di reato, specialmente se l’arma del delitto non è stata rinvenuta, cosa più che frequente! Armi quindi che il perito deve acquisire, trasportare, detenere, impiegare (= portare) e per cui deve poter acquistare le munizioni: tutte attività per cui è necessario disporre di una licenza di porto e che il giudice non può di certo autorizzare, invadendo le competenze della pubblica amministrazione. 4) Sono persone che, essendo collaboratori della Giustizia, si trovano ad essere esposti ai medesimi pericoli a cui sono esposti magistrati e cancellieri e che pertanto hanno anche l’esigenza di difendersi. Quanto detto trova conferma nel DM 24 marzo 1994 n. 371, che indica tra le persone che hanno diritto alla licenza di porto d’armi gratuito, in quanto esposti a "grave rischio per l’incolumità personale", gli addetti alle cancellerie civili e penali, i medici, psicologi, assistenti sociali, insegnanti che hanno a che fare con detenuti, i tecnici e il personale scientifico civile che lavora presso i laboratori della pubblica sicurezza. È chiaro quindi che lo stesso Ministero dell’Interno ha ritenuto che i proprio periti balistici, anche estranei alla pubblica amministrazione, anche non appartenenti alle Forze di polizia (come recita la lett. f del citato decreto), hanno più che diritto di andare armati, tanto da poter persino essere esentati dal pagamento della tassa. Si deve quindi concludere che la qualità di perito balistico effettivamente operante rappresenta un valido motivo per richiedere ed ottenere la licenza di porto d’armi corte. Originariamente la licenza era diversa a seconda che si richiedesse di portare una pistola o una rivoltella! Ora la distinzione è stata abolita e la licenza abilita a portare ogni tipo di arma da fuoco corta. Chi è munito di licenza di porto di arma corta non è legittimato a portare armi lunghe (disposizione priva di ogni logicità). Per contro la licenza abilita al trasporto di qualsiasi tipo di arma propria, con il limite di sei armi comuni da sparo per ogni trasporto. La licenza abilita a portare anche più di un'arma, il che non è uno sfizio di fanatici, ma, in caso di situazioni veramente pericolose, è una precauzione consigliabile (è infatti prassi molto in uso tra i poliziotti americani che facilmente si trovano ad essere rapinati dell'arma alla cintura). La nostra legge vieta però di detenere più di tre armi corte da difesa fuori collezione e quindi il numero massimo di armi corte portabili è di tre. Formalità La domanda per la licenza di porto di arma corta va rivolta, in bollo, al Prefetto allegando certificazione relativa all'idoneità psicofisica e alla idoneità al maneggio delle armi, rilasciato dal TSN (se si è prestato il servizio militare basta l'autocertificazione). Nella domanda bisognerà attestare, con autocertificazione, la propria residenza, di non aver rifiutato il servizio militare per obiezione di coscienza, la composizione del proprio nucleo familiare, di aver provveduto all'educazione scolastica dei figli minori. Alla domanda andranno allegate due fotografie, la ricevuta del versamento di lire 170.000 sul c/c. postale nr. 8003 intestato Uff. Tassa e Concessioni governative – Roma, nonché la ricevuta di un versamento di lire 4.000 sul conto corrente postale dell'Economato della locale Questura per il costo del libretto. È comunque opportuno richiedere ad ogni questura quali documenti e versamenti vogliono, perché non sono rare richieste anomale. Il Prefetto deve rilasciare o rifiutare la licenza entro 120 giorni dalla presentazione della domanda. La licenza consiste di un libretto della validità di cinque anni e di un foglietto intercalare che deve essere rinnovato ogni anno mediante apposita domanda. Se nel corso di un anno non si intende fare uso della licenza, non è necessario pagare la tassa di concessione governativa. Per la licenza di porto di fucile anche per uso di caccia, le disposizioni sulle tasse per le concessioni governative prevede che "le licenza sono valide per sei anni. Agli effetti delle tasse annuali si intende per anno il periodo di 12 mesi decorrente dalla data corrispondente a quella di emanazione della licenza; la tassa deve essere pagata, per ciascun anno successivo a quello di emanazione, prima dell'uso dell'arma e non è dovuta per gli anni nei quali non se ne fa uso" Analoga disposizione non è prevista per la licenza di porto di pistole, rivoltelle o pistole semiautomatiche, fucili o bastoni animati a scopo di difesa. La normativa per queste licenze è la seguente. 1. La licenza è specifica per ogni tipo di arma; quindi chi vuol portare sia armi corte che armi lunghe deve richiedere ed ottenere due distinte licenze. 2. La licenza ha validità annuale e, a norma dell'art. 13 TULPS, l'anno decorre dal giorno del rilascio. 3. Il libretto con foto in cui viene inserito il foglio intercalare che costituisce la licenza vera a propria, deve essere ottenuto ogni anno e il libretto, senza il foglio intercalare non ha alcun valore ai fini del porto delle armi. È dubbio quindi se esso sostituisca il nulla osta per l'acquisto di armi o munizioni e autorizzi al trasporto di armi (è certo invece che la licenza di caccia è titolo valido a tal fine anche se non si sono pagate le tasse annuali). Personalmente propendo per la tesi negativa. Ai fini della scadenza della licenza negli anni successi al primo, non ha importanza la data di rilascio indicata sul libretto per il primo anno, ma la data indicata sul foglio intercalare, che può anche essere successiva, ad esempio perché il rinnovo è stato richiesto con ritardo. Quindi: se la prima licenza è stata rilasciata il 1° gennaio 2000 e il rinnovo è stato rilasciato con data 28 febbraio 2001, la licenza sarà valida fino al 1° marzo 2002. Attenzione però: quando scade il libretto dopo cionque anni, l'ultimo foglio intercalare scade contemporaneamente ad esso, anche se è stato rilasciato meno di un anno prima! In molte questure quando si presenta domanda di rinnovo della licenza fanno consegnare la licenza stessa o il precedente foglietto intercalare. E' pratica illegittima perché il titolare della licenza ha diritto di usufruirne fino all'ultimo giorno di validità. email - Edoardo Mori