ORCHESTRA DELLA SOCIETÀ FILARMONIA CORO DEL FRIULI VENEZIA GIULIA L’ELISIR D’AMORE MELODRAMMA IN DUE ATTI DI F. ROMANI Musica di GAETANO DONIZETTI Circuito 2007 Presenta Francesca Fransoni Si ringrazia per la gentile collaborazione il tenore Beniamino Prior e la M.a Enza Ferrari D’AMORE «La Gazzetta giudica de L’elisir d’amore e dice troppo bene, troppo, credete a me...troppo!»: così un raggiante e modesto (o incredulo) Donizetti comunicava a Mayr il clamoroso successo de L’elisir. Forse si trattava anche di sano stupore, dato che l’accoglienza del pubblico milanese alle sue precedenti opere nella maggior parte dei casi era stata tiepida. L’opera ebbe un trionfo talmente vivo da rimanere in cartellone per ben trentadue sere. Ci piace pensare che alla prima, la sera del 12 maggio 1832 al Teatro della Canobbiana di Milano, ad applaudire di più furono le donne, come ringraziamento per la dedica dell’opera a loro rivolta (in una lettera all’editore Ricordi, datata 31 luglio 1832, Donizetti esprime i suoi desideri per questa dedica: «Giacché a me per tua gentilezza lasci la scelta della dedica dell’Elisir d’amore, io te ne sono gratissimo, e questa sia Al Bel Sesso di Milano... chi più di quello sa distillarlo? Chi meglio di quello sa dispensarlo?»). Sino al trionfo dell’Anna Bolena nell’anno precedente, pareva suo destino l’essere confrontato con Rossini e Bellini che il pubblico gli preferiva. Dai tempi della sua prima opera, Enrico di Borgogna L’ E L I S I R che andò in scena a Venezia nel 1818, (subito oscurata dall’Italiana in Algeri del Rossini) veniva spesso indicato tra i più pedissequi imitatori del pesarese. La sua vena melodica facile e abbondantissima era esposta ad accuse di leggerezza e di genericità espressiva, soprattutto se confrontata col carattere nettamente più innovatore e personale della melodia belliniana. La produzione donizettiana ebbe alti e bassi e per questo non possiamo certo guardare ad essa in senso evolutivo: tra la fortuna della Bolena e L’elisir, solo per dare un esempio, nel lasso di tempo di soli due anni, si contano quattro opere oramai dimenticate. Ma con L’elisir il compositore bergamasco dette prova di svincolarsi dalle convenzioni a lui contemporanee per attingere ad una drammaticità più forte, più autentica. Ispirandosi al filone semiserio della «comédie larmoyant» dell’opéra-comique francese, riuscì a trovare una propria elaborazione personale dello stile comico tramite l’immissione dell’elemento sentimentale, superando così il modello rossiniano. Il contenuto affettivo e psicologico della trama dilata il tempo dell’azione; pochi e D’AMORE brevi recitativi nulla aggiungono ad una vicenda che si sostanzia nell’emozione e nell’interiorità. Dagli interni borghesi e dai giochi aristocratici l’azione si sposta all’aria aperta, con una ventata di freschezza che può sembrare addirittura populista. Anche l’idea della fatalità dell’amore che si eleva sopra la logica e la legge, ha contribuito a rendere L’elisir un capolavoro di lunga fortuna. Nel 1832 Donizetti si trovava a Milano; si preparava a rifare le valigie e a tornarsene a Napoli, quando bussò alla sua porta il «Napoleone degli impresari», Alessandro Lanari, che l’anno prima aveva avuto in appalto la Scala. Al momento aveva ripiegato sul teatro della Canobbiana, una specie di Scala in piccolo, di cui gestiva la stagione musicale. La Scala era il teatro dei signori, la Canobbiana quello dei borghesi che imitavano i signori. Alla Canobbiana si rappresentavano opere divertenti e scorrevoli, gli autori erano poco importanti e anche i cast non erano dei migliori. Mentre i cantanti erano impegnati sul palco in rocambolesche agilità, il pubblico giocava a carte e addentava cotolette, qui sicuramente con meno riserbo che alla Scala (per la L’ E L I S I R Canobbiana transitò come spettatore pure Hector Berlioz che, si narra, non riuscì ad ascoltare lo spettacolo a causa del fracasso continuo di piatti e pentole). Quando il Lanari chiese a Donizetti un nuovo lavoro, in sostituzione di un’opera di altro compositore non consegnata in tempo, questi non ci pensò due volte e con «procedura d’urgenza», assieme al più desiderato librettista dell’epoca, Felice Romani, sfornò L’elisir. La tradizione vuole che questo supremo fiore dell’opera comica fosse scritto in quattordici giorni (alcuni storici sostengono che probabilmente si trattò di un paio di mesi; difficile credere all’ipotesi delle due settimane, basti pensare alla raffinata strumentazione). Trovandosi nell’impossibilità di scrivere un libretto ex novo, il Romani trasse la commedia musicale da Le philtre di Eugéne Scribe, musicato da Daniel Auber. Il libretto di Romani ricalca con fedeltà le linee fondamentali di quello di Scribe, al punto che in vari luoghi se ne può considerare una traduzione. La differenza però sta nel fatto che Romani monda Le philtre dai D’AMORE suoi tratti posticci e smaccatamente teatrali per creare un testo dal realismo fine e squisitamente umano; il risultato finale è decisamente superiore all’originale anche perché i personaggi perdono qualsiasi meccanicità e sono inquadrati nell’equilibrio di un ritmo scenico avvincente. Donizetti, dal canto suo, trasforma le già consumate e sfruttate macchiette dell’opera buffa in creature vere, donando loro la schiettezza delle persone colte dal vivo in tutta la gamma dei loro sentimenti. I toni dell’idillio villereccio e fittizio lasciano il posto ad un clima in cui si riverbera, come ha sostenuto più di qualche critico, «quel dolce e nostalgico paesaggio lombardo così familiare al compositore»; nella musica, ecco dunque palesarsi la corrispondenza di atmosfere già sedimentate nella sua memoria. La felice ispirazione gli detta una serie di pagine bellissime che culminano nella celebre e malinconica romanza del tenore Una furtiva lagrima. Nonostante il Romani, secondo la testimonianza della moglie, considerasse il brano una «piagnucolata patetica», il pezzo (rimasto nel cassetto a Donizetti, e preteso dal musicista contro il parere del poeta), ha fortemente contribuito ad esaltare la figura chiave di Nemorino L’ E L I S I R e il suo canto «spianato», emblema di una nuova tipologia di tenore per l’opera comica, il cosiddetto «tenore lirico-leggero» o «tenorino di grazia». L’aspetto propriamente buffo è ampiamente rappresentato nelle parti di Dulcamara e di Belcore, anch’essi figure tradizionali del teatro comico. Dulcamara, emblema del più classico dei ciarlatani, spaccia miracoli con lo specifico che distrugge topi e cimici, fa bene al mal di denti come al mal di fegato, restaura l’avvenenza femminile, ringalluzzisce i settuagenari; figura quanto mai attuale di mascalzone e verboso imbonitore che, se ci pensiamo, vanta numerosi colleghi anche nella società odierna, ha sulla scena qualità istrioniche, da cantanteattore dalla voce stentorea. Belcore, dal canto suo, è vanaglorioso e convinto di essere irresistibile, ma ci risulta irrimediabilmente goffo nel suo linguaggio esagerato. Adina passa il tempo a studiare e leggere romanzi, è colta e capricciosa, conferma che la donna è mobile ed infedele. Si ritrova poi a sospirare come tante ragazze della sua età che sognano il grande amore. La sua melodia è ora ricca di fioriture, ora can- D’AMORE tabile e malinconica. Il coro riveste un ruolo protagonistico nel dialogo con Giannetta e nell’intera opera risente in generale del peso del teatro romantico e dell’influsso francese sia tragico che comico. Leggendo la testimonianza della moglie di Romani, sembra che Donizetti in occasione della rappresentazione avesse commentato perplesso al librettista: «Abbiamo una primadonna tedesca, un tenore che balbetta, un buffo che ha la voce da capretto e un basso francese che vale poco. Eppure dobbiamo farci onore…Caro Romani, coraggio e avanti». Sul palco, la sera del 12 maggio 1832, cantarono Sabina Heinefetter (nel ruolo di Adina), Giuseppe Frezzolini (Dulcamara), Henry Bernard Dabadie (Belcore), Giovan Battista Genero (Nemorino). Di quest’ultimo in realtà, la Gazzetta Privilegiata di Milano del 14 maggio 1832 diede un commento positivo: «la tessitura della sua parte è adattissima ai suoi mezzi ed ogni pezzo sostenuto da quel giovine cantante venne applaudito unanimemente». E il Donizetti di venti giorni prima dell’Elisir, in una lettera al padre confessava che «il solo tenore è discreto, la donna ha bella voce ma ciò che L’ E L I S I R dice lo sa lei. Il buffo è canino». Nonostante i dubbi sul cast, l’esito dell’opera fu davvero felicissimo. L’esecuzione aveva poi quale maestro al cembalo quel Vincenzo Lavigna che diventerà maestro di Giuseppe Verdi, e come primo violino Alessandro Rolla. Con il suo Elisir Donizetti non solo riuscì ad appagare il gusto milanese, ma in brevissimo tempo riuscì anche a conquistare il pubblico di numerosi teatri sia in Italia che all’estero. Nella primavera del 1834 L’Elisir d’amore venne rappresentato al Teatro del Fondo di Napoli e il 27 settembre 1835 al Teatro alla Scala con il concorso di Maria Malibran: così come viene riportato nella stampa musicale del periodo, l’opera entrò in voga molto rapidamente, fino ad essere la più rappresentata nella penisola tra il 1838 e il 1848. Nel 1834 l’opera venne messa in scena anche a Berlino con il titolo Der Liebestrank, successivamente a Vienna, nel 1836 al Lyceum Theatre di Londra, nel 1838 a New York e nel 1839 a Parigi con due straordinari interpreti come Fanny Tacchinardi Persiani e Antonio Tamburini. D’AMORE Vent’anni dopo la prima milanese fu messa in scena anche una versione in lingua piemontese, precisamente una riduzione tradot e ridott an dialet piemonteis da Anaclet como d’Alba, allestita nell’autunno del 1852 al Teatro Rossini di Torino. Tutta Milano vide L’Elisir, ma Donizetti aveva fretta di ripartire per il sud. A Firenze firmò un nuovo contratto con il Lanari, per due nuove opere. A Roma firmò un altro contratto, poi corse a Napoli, scrisse Sancia di Castiglia, la fece rappresentare. Gli bastò il successo della prima e ripartì di nuovo per Roma a onorare i suoi impegni, portando con sé la moglie (la mite Virginia Vasselli) certo disorientata per questo marito che sembrava incapace di tirar fiato tra un lavoro e l’altro. Tante opere si succedevano con rapidità straordinaria; più che quelli artistici, forse prevalevano i motivi professionali (i maligni lo chiamavano «Dozzinetti», storpiando il cognome, per sottolineare che asservendosi a ritmi di produzione spossanti e disumani la sua musica era spesso dozzinale). C’è chi ha parlato della venalità del compositore, chi ha tirato in ballo l’ansia di produrre e la rapidità d’esecuzione come condizioni necessarie L’ E L I S I R per lo sbocciare del talento, chi addirittura ha visto in Donizetti semplicemente uno schiavo di una macchina teatrale bulimica, intollerante verso qualsiasi ripensamento. O forse l’attività lavorativa «matta e disperata» era anche un tentativo di reazione al dolore smisurato per la morte dei figli e, dal 1837 in poi, per la morte dell’adorata moglie. Purtroppo l’unico elisir bevuto da Donizetti fu «lo sciroppo di digitale a quattro cucchiai al giorno» al quale fu messo a regime nell’ultima parte della sua vita. L’umiliazione a cui lo portò la follia dovuta alla sifilide e la vergognosa speculazione di parenti e amici sul suo patrimonio lo portarono ad una fine estremamente ingrata. Davvero un affronto per chi tutto sommato, anche se in forma non continuativa, aveva tentato di porgere un «toccasana» all’opera italiana dell’epoca. CRISTINA SCUDERI D’AMORE L’ E L I S I R LA TRAMA Atto primo L’ingresso di una fattoria. Il coltivatore Nemorino, giovanotto semplice, timido e innamorato, è in contemplazione di Adina, una ricca e capricciosa fittaiola, che si burla volentieri di lui. Insistentemente pregata dai mietitori e dalle villanelle che fanno la siesta, Adina legge loro un brano del libro che l’appassiona. E’ la storia di Isotta che si arrende innamorata a Tristano, in virtù di un magico filtro. Intanto il bel sergente Belcore giunge alla fattoria coi suoi soldati e, come al solito, corteggia Adina. Nemorino, che mal sopporta la palese fortuna dell’odiato rivale, rinnova le sue proposte d’amore alla bella creatura, dalla quale, non senza qualche rudezza, si vede respinto. La piazza del villaggio. Tutti parlano dell’imminente arrivo del dottor Dulcamara. L’illustre personaggio che si spaccia per miracoloso oracolo della scienza, fa nascere nel cuore di Nemorino una luminosa speranza. Possiede forse il gran dottore quel famoso filtro magico, di cui Adina leggeva nel libro gli effetti miracolosi? Nemorino non s’è ingannato. Avendo subito capito con quale ingegno credulone ha da fare, l’astuto ciarlatano vende all’innamorato Nemorino un’ampolla dell’ ”Elisir magico”, che altro non è se non dell’ottimo ed innocuo vino di Bordeaux. Il dottore prescrive ventiquattr’ore per constatare gli effetti: cioè il tempo che egli impiegherà per allontanarsi dal paese. Nemorino, che frattanto ha speso ogni suo avere per compensare il dottore attende felice il radioso domani, in cui spera avere tra le braccia, perdutamente innamorata, la graziosa fittaiola. Ormai non teme più il sergente, anzi si rallegra pensando alla ì beffa che costui riceverà fra poche ore. Tuttavia, a turbare la sua rosea e fiduciosa felicità, ecco che Adina, indispettita dall’allegria dello spasimante sempliciotto, decide di affrettare, in quello stesso giorno, il contratto nuziale col sergente. Atto secondo Interno della fattoria di Adina. Tutti inneggiano lietamente al fausto avvenimento delle nozze fra Belcore e la Villanella. Alla festa partecipa anche il dottor Dulcamara, che con Adina canta il duetto della “Nina gondoliera”. Giunge intanto il notaro per redigere il contratto di nozze, e Nemorino, in un canto, profondamente avvilito, chiede al dottore un’altra dose di filtro, perché l’effetto abbia immediatamente esito. Ma il dottore vuole altro denaro: Nemorino non ne ha più. Disperato, si arruola immediatamente fra i soldati di Belcore, e con l’anticipo del suo soldo, soddisfa la richiesta di Dulcamara. Alcune ragazze commentano l’improvvisa fortuna capitata a Nemorino che ha ricevuto in eredità da uno zio una cospicua sostanza. Con tale aureola d’oro, Nemorino diventa così il più seducente partito della contrada, e già le donne se lo contendono acccanitamente. Nemorino, che ignora il tutto, ma che ha bevuto molto elisir, comincia a credere che tale concorde ammirazione muliebre provenga dalla meravigliosa bevanda. Egli gioisce godendo già della vittoria, che non tarderà a venire, sulla bella Adina. Infatti questa non già per virtù del ciarlatano Dulcamara, ma per la sua volubilità, cerca il modo di riprendere Nemorino. Il dottore offre anche a lei il suo farmaco portentoso, ma Adina è troppo furba per lasciarsi abbindolare: ella ha, nei suoi occhi e nel suo viso la ricetta migliore. Inoltre è lusingata e felice di sapere, per mezzo di Dulcamara, che Nemorino l’ama ardentemente e che ha venduto la propria libertà per possedere il denaro bastante per comprare l’elisir meraviglioso. Allora, senza più esitare, va verso Nemorino che, però, seguita a far l’indifferente. Ella gli porge il contratto di arruolamento, comprato da Belcore, e gli offre contemporaneamente la propria mano, rendendo il giovane felice. D’AMORE L’ E L I S I R THE PLOT Act one Scene one. The entrance to a farm-yard. Nemorino, a young, simple peasant lad, shy and lovesick, is gazing in admiration at Adina, a rich and coquettish landowner, who evidently takes pleasure in making fun of him. A group of country boys and girls who are resting from their work in the fields beg Adina to read them a passage from the book which seems to interest her so greatlu: it is the tale of Iseult who falls in love with Tristan as a result of drinking a love-philtre. Meanwhile the handsome Sergeant Belcore arrives at the farm with his troop and, as is his wont, pays court to Adina. Nemorino, distressed at the evident success of his hated rival, renews his declarations of love to the daly in question, who sends him about his business, not without some asperity. Scene two. The village square. The villagers are eagerly awaiting the arrival of Dr. Dulcamara. This remarkable character, who gives himself out to be the miracolous fount of all knowledge. . Kindles a ray of hope in Nemorino breast does he, perhaps deal in the famous love-philtre xhose astonishing results are described in Adina’s book? Well yes, he does. Seeing at once with what a credulous simpleton he has to do, the cunning chartatan loses no time in selling Nemorino a phial of “magic elixir” which in reality is nothing more nor less than the excellent and harmless product of the vineyards of Bordeaux. The doctorcautions him that twenty-four hour elapse before the effects begin to be noticed: just enough, that is, to allow him to get away from the village. Nemorino, who has given his all to pay the doctor, cheerfully awaits the happy morrow on which Adina, crazed with passion, must inevitably fall into his arms. No longer concerned about the sergeant, he gleefully anticipates the shock which he knows is in store for the man. His happy confidence in this rosy future is somewhat dashed, however, by Adina who, annoyed by the high spirits or her simpleminded swain, decides to bring forward to that very day her engagement to Belcore. Act two Inside Adina’s farm. Everyone is celebrating the happy event of Belcore’s betrothal to the young proprietress. Dr. Dulcamara is amongst the guests and with Adina sings a duet, “Nina the Gondoliera”. The notary arrives to draw up the contract, and Nemorino, in ha heartbroken air, begs the doctor for another dose of the philtre so that its effect may be hastened on. The doctor must be paid, but Nemorino has no more money. In despair, he enlists in belcore’s troop, and with his “shilling” satisfies Dulcamara’s demands. A group of girls are commenting on the unexpected turn taken by the fortunes of Nemorino, whose uncle has just died, leaving him a considerable fortune. With his new aureola of wealth, Nemorino at once becomes the best match in the district, and the girls are already quarrelling over him. Nemorino, unaware of what has happened but with plenty of elixir inside him, puts all this feminine attention down to the effects of the magic drink. He is delighted to think that the moment of his triumph over Adina is not far off. The latter indeed - not thanks to Dulcamara’s quackery but because of her own changeable nature - has decided to recapture Nemorino. The doctor offers her some of his potent medicine, but she is too clever to be taken in: she has a more effective prescription in her own glances and good looks. She is however gratified to learn from the doctor that Nemorino is deeply in love with her and that he has even sacrificed his liberty in order to be able to buy the wonderful elixir. At this point, without more ado, she approaches Nemorino, who nevertheless feigns indifference. She offers him back his military papers which she has bought from Belcore, and together with his freedom, she bestows her hand upon the young man, whose happiness is now complete. ATTO PRIMO ne sapessi la ricetta, conoscessi chi ti fa! SCENA PRIMA ADINA «Appena ei bebbe un sorso del magico vasello che tosto il cor rubello d’Isotta intenerì. Cambiata in un istante, quella beltà crudele fu di Tristano amante, visse a Tristan fedele; e quel primiero sorso per sempre ei benedì.» Il teatro rappresenta l’ingresso d’una fattoria. Campagna in fondo ove scorre un ruscello, sulla cui riva alcune lavandaie preparano il bucato. In mezzo un grande albero, sotto il quale riposano Giannetta, i mietitori e le mietitrici. Adina siede in disparte leggendo. Nemorino l’osserva da lontano. GIANNETTA E CORO Bel conforto al mietitore, quando il sol più ferve e bolle, sotto un faggio, appiè di un colle riposarsi e respirar! Del meriggio il vivo ardore Tempran l’ombre e il rio corrente; ma d’amor la vampa ardente ombra o rio non può temprar. Fortunato il mietitore che da lui si può guardar! NEMORINO Quanto è bella, quanto è cara! (osservando Adina, che legge) Più la vedo, e più mi piace... ma in quel cor non son capace lieve affetto ad inspirar. Essa legge, studia, impara... non vi ha cosa ad essa ignota... Io son sempre un idiota, io non so che sospirar. Chi la mente mi rischiara? Chi m’insegna a farmi amar? ADINA (ridendo) Benedette queste carte! È bizzarra l’avventura. GIANNETTA Di che ridi? Fanne a parte di tua lepida lettura. ADINA È la storia di Tristano, è una cronaca d’amor. CORO Leggi, leggi. NEMORINO (A lei pian piano vo’ accostarmi, entrar fra lor.) ADINA (legge) «Della crudele Isotta il bel Tristano ardea, né fil di speme avea di possederla un dì. Quando si trasse al piede di saggio incantatore, che in un vasel gli diede certo elisir d’amore, per cui la bella Isotta da lui più non fuggì.» TUTTI Elisir di sì perfetta, di sì rara qualità, TUTTI Elisir di sì perfetta, di sì rara qualità, ne sapessi la ricetta, conoscessi chi ti fa! SCENA SECONDA Suono di tamburo: tutti si alzano. Giunge Belcore guidando un drappello di soldati, che rimangono schierati nel fondo. Si appressa ad Adina, la saluta e le presenta un mazzetto. BELCORE Come Paride vezzoso porse il pomo alla più bella, mia diletta villanella, io ti porgo questi fior. Ma di lui più glorioso, più di lui felice io sono, poiché in premio del mio dono ne riporto il tuo bel cor. ADINA (alle donne) (È modesto il signorino!) GIANNETTA E CORO (Sì davvero.) NEMORINO (Oh! mio dispetto!) BELCORE Veggo chiaro in quel visino ch’io fo breccia nel tuo petto. Non è cosa sorprendente; son galante, son sergente; non v’ha bella che resista alla vista d’un cimiero; cede a Marte iddio guerriero, fin la madre dell’amor. ADINA (È modesto!) GIANNETTA E CORO (Sì, davvero!) NEMORINO (Essa ride... Oh, mio dolor!) BELCORE Or se m’ami, com’io t’amo, che più tardi a render l’armi? Idol mio, capitoliamo: in qual dì vuoi tu sposarmi? ADINA Signorino, io non ho fretta: un tantin pensar ci vo’. NEMORINO (Me infelice, s’ella accetta! Disperato io morirò.) BELCORE Più tempo invan non perdere: volano i giorni e l’ore: in guerra ed in amore è fallo l’indugiar. Al vincitore arrenditi; da me non puoi scappar. ADINA Vedete di quest’uomini, vedete un po’ la boria! Già cantano vittoria innanzi di pugnar. Non è, non è sì facile Adina a conquistar. NEMORINO (Un po’ del suo coraggio amor mi desse almeno! Direi siccome io peno, pietà potrei trovar. Ma sono troppo timido, ma non poss’io parlar.) GIANNETTA E CORO (Davver saria da ridere se Adina ci cascasse, se tutti vendicasse codesto militar! Sì sì; ma è volpe vecchia, e a lei non si può far.) BELCORE Intanto, o mia ragazza, occuperò la piazza. Alcuni istanti concedi a’ miei guerrieri al coperto posar. ADINA Ben volentieri. Mi chiamo fortunata di potervi offerir una bottiglia. BELCORE Obbligato. (Io son già della famiglia.) ADINA Voi ripigliar potete gl’interrotti lavori. Il sol declina. TUTTI Andiam, andiamo. Partono Belcore, Giannetta e il coro. SCENA TERZA Nemorino e Adina. NEMORINO Una parola, o Adina. ADINA L’usata seccatura! I soliti sospir! Faresti meglio a recarti in città presso tuo zio, che si dice malato e gravemente. NEMORINO Il suo mal non è niente appresso al mio. Partirmi non poss’io... Mille volte il tentai... ADINA Ma s’egli more, e lascia erede un altro?... NEMORINO E che m’importa?... ADINA Morrai di fame, e senza appoggio alcuno. NEMORINO O di fame o d’amor... per me è tutt’uno. ADINA Odimi. Tu sei buono, modesto sei, né al par di quel sergente ti credi certo d’ispirarmi affetto; così ti parlo schietto, e ti dico che invano amor tu speri: che capricciosa io sono, e non v’ha brama che in me tosto non muoia appena è desta. NEMORINO Oh, Adina!... e perché mai?... ADINA Bella richiesta! Chiedi all’aura lusinghiera perché vola senza posa or sul giglio, or sulla rosa, or sul prato, or sul ruscel: ti dirà che è in lei natura l’esser mobile e infedel. NEMORINO Dunque io deggio?... ADINA All’amor mio rinunziar, fuggir da me. NEMORINO Cara Adina!... Non poss’io. ADINA Tu nol puoi? Perché? NEMORINO Perché! Chiedi al rio perché gemente dalla balza ov’ebbe vita corre al mar, che a sé l’invita, e nel mar sen va a morir: ti dirà che lo strascina un poter che non sa dir. ADINA Dunque vuoi?... NEMORINO Morir com’esso, ma morir seguendo te. ADINA Ama altrove: è a te concesso. NEMORINO Ah! possibile non è. ADINA Per guarir da tal pazzia, ché è pazzia l’amor costante, dèi seguir l’usanza mia, ogni dì cambiar d’amante. Come chiodo scaccia chiodo, così amor discaccia amor. In tal guisa io rido e godo, (anche: io me la godo) in tal guisa ho sciolto il cor. NEMORINO Ah! te sola io vedo, io sento giorno e notte e in ogni oggetto: d’obbliarti in vano io tento, il tuo viso ho sculto in petto... col cambiarsi qual tu fai, può cambiarsi ogn’altro amor. Ma non può, non può giammai il primero uscir dal cor. (partono) Piazza nel villaggio. Osteria della Pernice da un lato. SCENA QUARTA Paesani, che vanno e vengono occupati in vane faccende. Odesi un suono di tromba: escono dalle case le donne con curiosità: vengono quindi gli uomini, ecc. ecc. DONNE Che vuol dire codesta sonata? UOMINI La gran nuova venite a vedere. DONNE Che è stato? UOMINI In carrozza dorata è arrivato un signor forestiere. Se vedeste che nobil sembiante! Che vestito! Che treno brillante! TUTTI Certo, certo egli è un gran personaggio... Un barone, un marchese in viaggio... Qualche grande che corre la posta... Forse un prence... fors’anche di più. Osservate... si avvanza... si accosta: giù i berretti, i cappelli giù giù. la cui virtù preclara e i portenti infiniti son noti in tutto il mondo... e in altri siti. Benefattor degli uomini, riparator dei mali, in pochi giorni io sgombero io spazzo gli spedali, e la salute a vendere per tutto il mondo io vo. Compratela, compratela, per poco io ve la do. È questo l’odontalgico mirabile liquore, dei topi e delle cimici possente distruttore, i cui certificati autentici, bollati toccar vedere e leggere a ciaschedun farò. Per questo mio specifico, simpatico mirifico, un uom, settuagenario e valetudinario, nonno di dieci bamboli ancora diventò. Per questo Tocca e sana in breve settimana più d’un afflitto giovine di piangere cessò. O voi, matrone rigide, ringiovanir bramate? Le vostre rughe incomode con esso cancellate. Volete voi, donzelle, ben liscia aver la pelle? Voi, giovani galanti, per sempre avere amanti? Comprate il mio specifico, per poco io ve lo do. Ei move i paralitici, spedisce gli apopletici, gli asmatici, gli asfitici, gl’isterici, i diabetici, guarisce timpanitidi, e scrofole e rachitidi, e fino il mal di fegato, che in moda diventò. Comprate il mio specifico, per poco io ve lo do. L’ho portato per la posta da lontano mille miglia mi direte: quanto costa? quanto vale la bottiglia? Cento scudi?... Trenta?... Venti? No... nessuno si sgomenti. Per provarvi il mio contento di sì amico accoglimento, io vi voglio, o buona gente, uno scudo regalar. SCENA QUINTA Il dottore Dulcamara in piedi sopra un carro dorato, avendo in mano carte e bottiglie. Dietro ad esso un servitore, che suona la tromba. Tutti i paesani lo circondano. DULCAMARA Udite, udite, o rustici attenti non fiatate. Io già suppongo e immagino che al par di me sappiate ch’io sono quel gran medico, dottore enciclopedico chiamato Dulcamara, CORO Uno scudo! Veramente? Più brav’uom non si può dar. DULCAMARA Ecco qua: così stupendo, sì balsamico elisire tutta Europa sa ch’io vendo niente men di dieci lire: ma siccome è pur palese ch’io son nato nel paese, per tre lire a voi lo cedo, sol tre lire a voi richiedo: così chiaro è come il sole, che a ciascuno, che lo vuole, uno scudo bello e netto in saccoccia io faccio entrar. Ah! di patria il dolce affetto gran miracoli può far. CORO È verissimo: porgete. Oh! il brav’uom, dottor, che siete! Noi ci abbiam del vostro arrivo lungamente a ricordar. SCENA SESTA Nemorino e detti. NEMORINO (Ardir. Ha forse il cielo mandato espressamente per mio bene quest’uom miracoloso nel villaggio. Della scienza sua voglio far saggio.) Dottore... perdonate... È ver che possediate segreti portentosi?... DULCAMARA Sorprendenti. La mia saccoccia è di Pandora il vaso. NEMORINO Avreste voi... per caso... la bevanda amorosa della regina Isotta? DULCAMARA Ah!... Che?... Che cosa? NEMORINO Voglio dire... lo stupendo elisir che desta amore... DULCAMARA Ah! sì sì, capisco, intendo. Io ne son distillatore. NEMORINO E fia vero. DULCAMARA Se ne fa gran consumo in questa età. NEMORINO Oh, fortuna!... e ne vendete? DULCAMARA Ogni giorno a tutto il mondo. NEMORINO E qual prezzo ne volete? DULCAMARA Poco... assai... cioè... secondo.. NEMORINO Un zecchin... null’altro ho qua... DULCAMARA È la somma che ci va. NEMORINO Ah! prendetelo, dottore. DULCAMARA Ecco il magico liquore. NEMORINO Obbligato, ah sì, obbligato! Son felice, son rinato. Elisir di tal bontà! Benedetto chi ti fa! DULCAMARA (Nel paese che ho girato più d’un gonzo ho ritrovato, ma un eguale in verità non ve n’è, non se ne dà.) NEMORINO Ehi!... dottore... un momentino... In qual modo usar si puote? DULCAMARA Con riguardo, pian, pianino la bottiglia un po’ si scote... Poi si stura... ma, si bada che il vapor non se ne vada. Quindi al labbro lo avvicini, e lo bevi a centellini, e l’effetto sorprendente non ne tardi a conseguir. NEMORINO Sul momento? DULCAMARA A dire il vero, necessario è un giorno intero. (Tanto tempo è sufficiente per cavarmela e fuggir.) NEMORINO E il sapore?... DULCAMARA Egli è eccellente... (È bordò, non elisir.) NEMORINO Obbligato, ah sì, obbligato! Son felice, son rinato. Elisir di tal bontà! Benedetto chi ti fa! DULCAMARA (Nel paese che ho girato più d’un gonzo ho ritrovato, ma un eguale in verità non ve n’è, non se ne dà.) Giovinotto! Ehi, ehi! NEMORINO Signore? Dulcamara Sovra ciò... silenzio... sai? Oggidì spacciar l’amore è un affar geloso assai: impacciar se ne potria un tantin l’autorità. NEMORINO Ve ne do la fede mia: nanche un’anima il saprà. DULCAMARA Va, mortale avventurato; un tesoro io t’ho donato: tutto il sesso femminino te doman sospirerà. (Ma doman di buon mattino ben lontan sarò di qua.) NEMORINO Ah! dottor, vi do parola ch’io berrò per una sola: né per altra, e sia pur bella, né una stilla avanzerà. (Veramente amica stella ha costui condotto qua.) Dulcamara entra nell’osteria. SCENA SETTIMA Nemorino. NEMORINO Caro elisir! Sei mio! Sì tutto mio... Com’esser dêe possente la tua virtù se, non bevuto ancora, di tanta gioia già mi colmi il petto! Ma perché mai l’effetto non ne poss’io vedere prima che un giorno intier non sia trascorso? Bevasi. Oh, buono! Oh, caro! Un altro sorso. Oh, qual di vena in vena dolce calor mi scorre!... Ah! forse anch’essa... Forse la fiamma stessa incomincia a sentir... Certo la sente... Me l’annunzia la gioia e l’appetito Che in me si risvegliò tutto in un tratto. (siede sulla panca dell’osteria: si cava di saccoccia pane e frutta: mangia cantando a gola piena) La ra, la ra, la ra. SCENA OTTAVA ADINA (Vuol far l’indifferente.) NEMORINO (Esulti pur la barbara per poco alle mie pene: domani avranno termine, domani mi amerà.) ADINA (Spezzar vorria lo stolido, gettar le sue catene, ma gravi più del solito pesar le sentirà.) NEMORINO La ra, la ra... ADINA (avvicinandosi a lui) Bravissimo! La lezion ti giova. NEMORINO È ver: la metto in opera così per una prova. ADINA Dunque, il soffrir primiero? NEMORINO Dimenticarlo io spero. ADINA Dunque, l’antico foco?... NEMORINO Si estinguerà fra poco. Ancora un giorno solo, e il core guarirà. ADINA Davver? Me ne consolo... Ma pure... si vedrà. Adina e detto. ADINA (Chi è quel matto? Traveggo, o è Nemorino? Così allegro! E perché?) NEMORINO (Esulti pur la barbara per poco alle mie pene: domani avranno termine domani mi amerà.) Nemorino Diamine! È dessa... (si alza per correre a lei, ma si arresta e siede di nuovo) (Ma no... non ci appressiam. De’ miei sospiri non si stanchi per or. Tant’è... domani adorar mi dovrà quel cor spietato.) ADINA (Spezzar vorria lo stolido gettar le sue catene, ma gravi più del solito pesar le sentirà.) ADINA (Non mi guarda neppur! Com’è cambiato!) Belcore di dentro, indi in iscena e detti. NEMORINO La ra, la ra, la lera! La ra, la ra, la ra. ADINA (Non so se è finta o vera la sua giocondità.) NEMORINO (Finora amor non sente.) SCENA NONA BELCORE (cantando) Tran tran, tran tran, tran tran. In guerra ed in amore l’assedio annoia e stanca. ADINA (A tempo vien Belcore.) NEMORINO (È qua quel seccator.) BELCORE (uscendo) Coraggio non mi manca in guerra ed in amor. SCENA DECIMA ADINA Ebben, gentil sergente la piazza vi è piaciuta? GIANNETTA Signor sergente, signor sergente, di voi richiede la vostra gente. BELCORE Difesa è bravamente e invano ell’è battuta. BELCORE Son qua! Che è stato? Perché tal fretta? ADINA E non vi dice il core che presto cederà? BELCORE Ah! lo volesse amore! ADINA Vedrete che vorrà. BELCORE Quando? Sarìa possibile! NEMORINO (A mio dispetto io tremo.) Suono di tamburo: esce Giannetta colle contadine, indi accorrono i soldati di Belcore. SOLDATO Son due minuti che una staffetta non so qual ordine per voi recò. BELCORE (leggendo) Il capitano... Ah! Ah! va bene. Su, camerati: partir conviene. CORI Partire!.. E quando? BELCORE Doman mattina. CORI O ciel, sì presto! BELCORE Favella, o mio bell’angelo; quando ci sposeremo? NEMORINO (Afflitta è Adina.) ADINA Prestissimo. BELCORE Espresso è l’ordine, che dir non so. NEMORINO (Che sento!) CORI Maledettissima combinazione! Cambiar sì spesso di guarnigione! Dover le/gli amanti abbandonar! BELCORE Ma quando? Adina (guardando Nemorino) Fra sei dì. BELCORE Oh, gioia! Son contento. NEMORINO (ridendo) Ah ah! va ben cosi. BELCORE (Che cosa trova a ridere cotesto scimunito? Or or lo piglio a scopole se non va via di qua.) ADINA (E può si lieto ed ilare sentir che mi marito! Non posso più nascondere la rabbia che mi fa.) NEMORINO (Gradasso! Ei già s’imagina toccar il ciel col dito: ma tesa è già la trappola, doman se ne avvedrà.) BELCORE Espresso è l’ordine, non so che far. (ad Adina) Carina, udisti? Domani addio! Almen ricordati dell’amor mio. NEMORINO (Si sì, domani ne udrai la nova.) ADINA Di mia costanza ti darò prova: la mia promessa rammenterò. NEMORINO (Si sì, domani te lo dirò.) BELCORE Se a mantenerla tu sei disposta, ché non anticipi? Che mai ti costa? Fin da quest’oggi non puoi sposarmi? NEMORINO (Fin da quest’oggi!) ADINA (osservando Nemorino) (Si turba, parmi.) Ebben; quest’oggi... NEMORINO Quest’oggi! di’, Adina! Quest’oggi, dici?... ADINA E perché no?... NEMORINO Aspetta almeno fin domattina. BELCORE E tu che c’entri? Vediamo un po’. NEMORINO Adina, credimi, te ne scongiuro... Non puoi sposarlo... te ne assicuro... Aspetta ancora... un giorno appena... un breve giorno... io so perché. Domani, o cara, ne avresti pena; te ne dorresti al par di me. BELCORE Il ciel ringrazia, o babbuino, ché matto, o preso tu sei dal vino. Ti avrei strozzato, ridotto in brani se in questo istante tu fossi in te. In fin ch’io tengo a fren le mani, va via, buffone, ti ascondi a me. ADINA Lo compatite, egli è un ragazzo: un malaccorto, un mezzo pazzo: si è fitto in capo ch’io debba amarlo, perch’ei delira d’amor per me. (Vo’ vendicarmi, vo’ tormentarlo, vo’ che pentito mi cada al piè.) GIANNETTA Vedete un poco quel semplicione! CORI Ha pur la strana presunzione: ei pensa farla ad un sergente, a un uom di mondo, cui par non è. Oh! sì, per Bacco, è veramente la bella Adina boccon per te! ADINA (con risoluzione) Andiamo, Belcore, si avverta il notaro. NEMORINO (smanioso) Dottore! Dottore... Soccorso! riparo! GIANNETTA E CORI È matto davvero. (Me l’hai da pagar.) A lieto convito, amici, v’invito. BELCORE Giannetta, ragazze, vi aspetto a ballar. GIANNETTA E CORI Un ballo! Un banchetto! Chi può ricusar? ADINA, BELCORE, GIANNETTA E CORI Fra lieti concenti gioconda brigata, vogliamo contenti passar la giornata: presente alla festa amore verrà. (Ei perde la testa: da rider mi fa.) NEMORINO Mi sprezza il sergente, mi burla l’ingrata, zimbello alla gente mi fa la spietata. L’oppresso mio core più speme non ha. Dottore! Dottore! Soccorso! Pietà. Adina dà la mano a Belcore e si avvia con esso. Raddoppiano le smanie di Nemorino; gli astanti lo dileggiano. ATTO SECONDO SCENA PRIMA Interno della fattoria d’Adina. Da un lato tavola apparecchiata a cui sono seduti Adina, Belcore, Dulcamara, e Giannetta. Gli abitanti del villaggio in piedi bevendo e cantando. Di contro i sonatori del reggimento, montati sopra una specie d’orchestra, sonando le trombe. CORO Cantiamo, facciam brindisi a sposi così amabili. Per lor sian lunghi e stabili i giorni del piacer. BELCORE Per me l’amore e il vino due numi ognor saranno. Compensan d’ogni affanno la donna ed il bicchier. ADINA (Ci fosse Nemorino! Me lo vorrei goder.) CORO Cantiamo, facciam brindisi a sposi così amabili per lor sian lunghi e stabili i giorni del piacer. DULCAMARA Poiché cantar vi alletta, uditemi, signori: ho qua una canzonetta, di fresco data fuori, vivace graziosa, che gusto vi può dar, purché la bella sposa mi voglia secondar. TUTTI Sì si, I’avremo cara; dev’esser cosa rara se il grande Dulcamara è giunta a contentar. DULCAMARA (cava di saccoccia alcuni libretti, e ne dà uno ad Adina.) «La Nina gondoliera, e il senator Tredenti, barcaruola a due voci.» Attenti. TUTTI Attenti. DULCAMARA Io son ricco, e tu sei bella, io ducati, e vezzi hai tu: perché a me sarai rubella? Nina mia! Che vuoi di più? ADINA Quale onore! un senatore me d’amore supplicar! Ma, modesta gondoliera, un par mio mi vuo’ sposar. DULCAMARA Idol mio, non più rigor. Fa felice un senator. BELCORE Andiamo a segnar l’atto: il tempo affretta. TUTTI Cantiamo ancora un brindisi a sposi così amabili: per lor sian lunghi e stabili i giorni del piacer. Partono tutti: Dulcamara ritorna indietro, e si rimette a tavola. ADINA Eccellenza! Troppo onor; io non merto un senator. SCENA SECONDA DULCAMARA Adorata barcaruola, prendi l’oro e lascia amor. Lieto è questo, e lieve vola; pesa quello, e resta ognor. DULCAMARA Le feste nuziali, son piacevoli assai; ma quel che in esse mi dà maggior diletto è l’amabile vista del banchetto. ADINA Quale onore! Un senatore me d’amore supplicar! Ma Zanetto è giovinetto; ei mi piace, e il vo’ sposar. DULCAMARA Idol mio, non più rigor; fa felice un senator. NEMORINO (sopra pensiero) Ho veduto il notaro: sì, l’ho veduto... Non v’ha più speranza, Nemorino, per te; spezzato ho il core. ADINA Eccellenza! Troppo onor; io non merto un senator. TUTTI Bravo, bravo, Dulcamara! La canzone è cosa rara. Sceglier meglio non può certo il più esperto cantator. DULCAMARA Il dottore Dulcamara in ogni arte è professor. Si presenta un notaro. BELCORE Silenzio! (si fermano) È qua il notaro, che viene a compier l’atto di mia felicità. TUTTI Sia il ben venuto! DULCAMARA T’abbraccio e ti saluto, o medico d’amor, spezial d’Imene! ADINA (Giunto è il notaro, e Nemorin non viene!) BELCORE Andiam, mia bella Venere... Ma in quelle luci tenere qual veggo nuvoletto? ADINA Non è niente. (S’egli non è presente compita non mi par la mia vendetta.) Dulcamara, Nemorino. DULCAMARA (cantando fra i denti) «Idol mio, non più rigor, fa felice un senator.» NEMORINO Voi qui, dottore! DULCAMARA Si, mi han voluto a pranzo questi amabili sposi, e mi diverto con questi avanzi. NEMORINO Ed io son disperato. Fuori di me son io. Dottore, ho d’uopo d’essere amato... prima di domani. Adesso... su due piè. DULCAMARA (s’alza) (Cospetto è matto!) Recipe l’elisir, e il colpo è fatto. Nemorino E veramente amato sarò da lei?... DULCAMARA Da tutte: io tel prometto. Se anticipar l’effetto dell’elisir tu vuoi, bevine tosto un’altra dose. (Io parto fra mezz’ora.) NEMORINO Caro dottor, una bottiglia ancora. Dulcamara Ben volentier. Mi piace giovare a’ bisognosi. Hai tu danaro? NEMORINO Ah! non ne ho più. DULCAMARA Mio caro la cosa cambia aspetto. A me verrai subito che ne avrai. Vieni a trovarmi qui, presso alla Pernice: ci hai tempo un quarto d’ora. Partono. SCENA TERZA Nemorino, indi Belcore. NEMORINO (si getta sopra una panca) Oh, me infelice! BELCORE La donna è un animale stravagante davvero. Adina m’ama, di sposarmi è contenta, e differire pur vuol sino a stasera! NEMORINO (si straccia i capelli) (Ecco il rivale! Mi spezzerei la testa di mia mano.) BELCORE (Ebbene, che cos’ha questo baggiano?) Ehi, ehi, quel giovinotto! Cos’hai che ti disperi? NEMORINO Io mi dispero... perché non ho denaro... e non so come, non so dove trovarne. BELCORE Eh! scimunito! Se danari non hai, fatti soldato... e venti scudi avrai. NEMORINO Venti scudi! BELCORE E ben sonanti. NEMORINO Quando? Adesso? BELCORE Sul momento. NEMORINO (Che far deggio?) BELCORE E coi contanti, gloria e onore al reggimento. che doman la patria terra, zio, congiunti, ahimè! abbandono. Ma so pur che, fuor di questa, altra strada a me non resta per poter del cor d’Adina un sol giorno trionfar. Ah! chi un giorno ottiene Adina... fin la vita può lasciar.) BELCORE Del tamburo al suon vivace, tra le file e le bandiere, aggirarsi amor si piace con le vispe vivandiere: sempre lieto, sempre gaio ha di belle un centinaio. Di costanza non s’annoia, non si perde a sospirar. Credi a me: la vera gioia accompagna il militar. NEMORINO Venti scudi! BELCORE Su due piedi. NEMORINO Ebben vada. Li prepara. BELCORE Ma la carta che tu vedi pria di tutto dêi segnar. Qua una croce. Nemorino segna rapidamente e prende la borsa. NEMORINO (Dulcamara volo tosto a ricercar.) BELCORE Qua la mano, giovinotto, dell’acquisto mi consolo: in complesso, sopra e sotto tu mi sembri un buon figliuolo, sarai presto caporale, se me prendi ad esemplar. (Ho ingaggiato il mio rivale: anche questa è da contar.) NEMORINO Ah! non sai chi m’ha ridotto a tal passo, a tal partito: tu non sai qual cor sta sotto a quest’umile vestito; quel che a me tal somma vale non potresti immaginar. (Ah! non v’ha tesoro eguale, se riesce a farmi amar.) (partono) NEMORINO Ah! non è l’ambizione, che seduce questo cor. Piazza nel villaggio come nell’Atto primo. BELCORE Se è l’amore, in guarnigione non ti può mancar l’amor. Giannetta e paesane. NEMORINO (Ai perigli della guerra io so ben che esposto sono: SCENA QUARTA CORO Sarà possibile? GIANNETTA Possibilissimo. CORO Non è probabile. GIANNETTA Probabilissimo. CORO Ma come mai? Ma d’onde il sai? Chi te lo disse? Chi è? Dov’è? GIANNETTA Non fate strepito: parlate piano: non ancor spargere si può l’arcano: è noto solo al merciaiuolo, che in confidenza l’ha detto a me. A voi m’inchino. NEMORINO (fra sé meravigliato) (Cos’han coteste giovani?) GIANNETTA E CORO Caro quel Nemorino! Davvero ch’egli è amabile: ha l’aria da signor. Nemorino (Capisco: è questa l’opera del magico liquor.) SCENA SESTA CORO Il merciaiuolo! L’ha detto a te! Sarà verissimo... Oh! Bella affé! GIANNETTA Sappiate dunque che l’altro dì di Nemorino lo zio morì, che al giovinotto lasciato egli ha cospicua immensa eredità... Ma zitte... piano... per carità. Non deve dirsi. CORO Non si dirà. TUTTE Or Nemorino è milionario... è l’Epulone del circondario... un uom di vaglia, un buon partito... Felice quella cui fia marito! Ma zitte... piano... per carità non deve dirsi, non si dirà. (veggono Nemorino che si avvicina, e si ritirano in disparte curiosamente osservandolo) SCENA QUINTA Nemorino e dette. NEMORINO Dell’elisir mirabile bevuto ho in abbondanza, e mi promette il medico cortese ogni beltà. In me maggior del solito rinata è la speranza, l’effetto di quel farmaco già già sentir si fa. CORO (E ognor negletto ed umile: la cosa ancor non sa.) NEMORINO Andiam. (per uscire) GIANNETTA E CORO (arrestandosi) Serva umilissima. (inchinandolo) NEMORINO Giannetta! CORO (l’una dopo l’altra) Adina e Dulcamara entrano da varie parti, si fermano in disparte meravigliati a veder Nemorino corteggiato dalle contadine. NEMORINO Ah! ah! ah! ah! ah! ah! ADINA E DULCAMARA Che vedo? NEMORINO È bellissima! Dottor, diceste il vero. Già per virtù simpatica toccato ho a tutte il cor. ADINA Che sento? DULCAMARA E il deggio credere! (alle contadine) Vi piace? GIANNETTA E CORO Oh sì, davvero. E un giovane che merta da noi riguardo e onor! ADINA Credea trovarlo a piangere, e in giuoco, in festa il trovo; ah, non saria possibil se a me pensasse ancor. GIANNETTA E CORO Oh, il vago, il caro giovine! Da lui più non mi movo. Vo’ fare l’impossibile per inspirargli amor. NEMORINO Non ho parole a esprimere il giubilo ch’io provo; se tutte, tutte m’amano dev’essa amarmi ancor, ah! che giubilo! DULCAMARA Io cado dalle nuvole, il caso è strano e nuovo; sarei d’un filtro magico davvero possessor? GIANNETTA (a Nemorino) Qui presso all’ombra aperto è il ballo. Voi pur verrete? da pochi scudi, ti fai soldato. NEMORINO Oh! senza fallo. ADINA Tu fai gran fallo: su tale oggetto, parlar ti vo’ CORO E ballerete? GIANNETTA Con me. NEMORINO Sì. CORO Con me. NEMORINO Sì. GIANNETTA Io son la prima. GIANNETTA E CORO Soldato! oh! diamine! NEMORINO Parlate pure, parlate pure. GIANNETTA E CORO Al ballo, al ballo! NEMORINO È vero, è vero. (ad Adina) Or or verrò. DULCAMARA Io cado dalle nuvole! Liquore egual non v’è. CORO Son io, son io. ADINA (trattenendo Nemorino) M’ascolta, m’ascolta. GIANNETTA Io l’ho impegnato. NEMORINO Verrò, verrò. CORO Anch’io. Anch’io. GIANNETTA E CORO Al ballo, al ballo, andiam, andiam. GIANNETTA (strappandolo di mano dalle altre) Venite. NEMORINO Piano. CORO (strappandolo) Scegliete. NEMORINO (a Giannetta) Adesso. Tu per la prima, poi te, poi te. DULCAMARA Misericordia! Con tutto il sesso! Liquor eguale del mio non v’è. ADINA (avanzandosi) Ehi, Nemorino. NEMORINO (fra sé) Oh ciel! anch’essa. DULCAMARA Ma tutte, tutte! ADINA A me t’appressa. Belcor m’ha detto che, lusingato ADINA M’ascolta. NEMORINO (fra sé) Io già m’immagino che cosa brami. Già senti il farmaco, di cor già m’ami; le smanie, i palpiti di core amante, un solo istante tu dêi provar. ADINA (fra sé) Oh, come rapido fu il cambiamento; dispetto insolito in cor ne sento. O amor, ti vendichi di mia freddezza; chi mi disprezza m’è forza amar. DULCAMARA Sì, tutte l’amano: oh, meraviglia! Cara, carissima la mia bottiglia! Già mille piovono zecchin di peso: comincio un Creso a diventar. GIANNETTA E CORO Di tutti gli uomini del suo villaggio costei s’imagina d’aver omaggio. Ma questo giovane sarà, lo giuro, un osso duro da rosicar. (Nemorino parte con Giannetta e le contadine) ADINA Come sen va contento! DULCAMARA La lode è mia. ADINA Vostra, o dottor? DULCAMARA Sì, tutta. La gioia è al mio comando: io distillo il piacer, l’amor lambicco come l’acqua di rose, e ciò che adesso vi fa maravigliar nel giovinotto. Tutto portento egli è del mio decotto. ADINA Pazzie! Dulcamara Pazzie, voi dite? Incredula! Pazzie? Sapete voi dell’alchimia il poter, il gran valore dell’elisir d’amore della regina Isotta? ADINA Isotta! DULCAMARA Isotta. Io n’ho d’ogni misura e d’ogni cotta. ADINA (Che ascolto?) E a Nemorino voi deste l’elisir? DULCAMARA Ei me lo chiese per ottener l’affetto di non so qual crudele... ADINA Ei dunque amava? DULCAMARA Languiva, sospirava senz’ombra di speranza. E, per avere una goccia di farmaco incantato, vendé la libertà, si fe’ soldato. in amor sì fortunato! DULCAMARA Tutto il sesso femminino è pel giovine impazzato. ADINA E qual donna è a lui gradita? Qual fra tante è preferita? DULCAMARA Egli è il gallo della Checca tutte segue; tutte becca. ADINA (Ed io sola, sconsigliata possedea quel nobil cor!) DULCAMARA (Essa pure è innamorata: ha bisogno del liquor.) Bella Adina, qua un momento... più dappresso... su la testa. Tu sei cotta... io l’argomento a quell’aria afflitta e mesta. Se tu vuoi?... ADINA S’io vo’? Che cosa? DULCAMARA Su la testa, o schizzinosa! Se tu vuoi, ci ho la ricetta che il tuo mal guarir potrà. ADINA Ah! dottor, sarà perfetta, ma per me virtù non ha. DULCAMARA Vuoi vederti mille amanti spasimar, languire al piede? ADINA Non saprei che far di tanti: il mio core un sol ne chiede. Dulcamara Render vuoi gelose, pazze donne, vedove, ragazze? ADINA Non mi alletta, non mi piace di turbar altrui la pace. DULCAMARA Conquistar vorresti un ricco? ADINA Di ricchezze io non mi picco. DULCAMARA Un contino? Un marchesino? ADINA (Quanto amore! Ed io, spietata, tormentai sì nobil cor!) ADINA Io non vo’ che Nemorino. DULCAMARA (Essa pure è innamorata: ha bisogno del liquor.) DULCAMARA Prendi, su, la mia ricetta, che l’effetto ti farà. ADINA Dunque... adesso... è Nemorino ADINA Ah! dottor, sarà perfetta, ma per me virtù non ha. belle e brutte mi voglion per marito. DULCAMARA Sconsigliata! E avresti ardire di negare il suo valore? ADINA E tu? ADINA Io rispetto l’elisire, ma per me ve n’ha un maggiore: Nemorin, lasciata ogni altra, tutto mio, sol mio sarà. DULCAMARA (Ahi! dottore, è troppo scaltra: più di te costei ne sa.) ADINA Una tenera occhiatina, un sorriso, una carezza, vincer può chi più si ostina, ammollir chi più ci sprezza. Ne ho veduti tanti e tanti, presi cotti, spasimanti, che nemmanco Nemorino non potrà da me fuggir. La ricetta è il mio visino, in quest’occhi è l’elisir. DULCAMARA Sì lo vedo, o bricconcella, ne sai più dell’arte mia: questa bocca così bella è d’amor la spezieria: hai lambicco ed hai fornello caldo più d’un Mongibello per filtrar l’amor che vuoi, per bruciare e incenerir. Ah! vorrei cambiar coi tuoi i miei vasi d’elisir. (partono) SCENA SETTIMA Nemorino. NEMORINO Una furtiva lagrima negli occhi suoi spuntò... quelle festose giovani invidiar sembrò... Che più cercando io vo? M’ama, lo vedo. Un solo istante i palpiti del suo bel cor sentir!.. Co’ suoi sospir confondere per poco i miei sospir!... Cielo, si può morir; di più non chiedo. Eccola... Oh! qual le accresce beltà l’amor nascente! A far l’indifferente si seguiti così finché non viene ella a spiegarsi. SCENA OTTAVA Adina e Nemorino. ADINA Nemorino!... Ebbene! NEMORINO Non so più dove io sia: giovani e vecchie, NEMORINO A verun partito Appigliarmi non posso: attendo ancora... La mia felicità... (Che è pur vicina.) ADINA Odimi. NEMORINO (allegro) (Ah! ah! ci siamo.) Io v’odo, Adina. ADINA Dimmi: perché partire, perché farti soldato hai risoluto? NEMORINO Perché?... Perché ho voluto tentar se con tal mezzo il mio destino io potea migliorar. ADINA La tua persona... la tua vita ci è cara... Io ricomprai il fatale contratto da Belcore. NEMORINO Voi stessa! (È naturale: opra è d’amore.) ADINA Prendi; per me sei libero: resta nel suol natio, non v’ha destin sì rio che non si cangi un dì. (gli porge il contratto) Qui, dove tutti t’amano, saggio, amoroso, onesto, sempre scontento e mesto no, non sarai così. NEMORINO (Or or si spiega.) ADINA Addio. NEMORINO Che! Mi lasciate? ADINA Io... sì. NEMORINO Null’altro a dirmi avete? ADINA Null’altro. NEMORINO Ebben, tenete. (le rende il contratto) Poiché non sono amato, voglio morir soldato: non v’ha per me più pace se m’ingannò il dottor. ADINA Ah! fu con te verace se presti fede al cor. Sappilo alfine, ah! sappilo: tu mi sei caro, e t’amo: quanto ti féi già misero, farti felice io bramo: il mio rigor dimentica, ti giuro eterno amor. NEMORINO Oh, gioia inesprimibile! Non m’ingannò il dottor. (Nemorino si getta ai piedi di Adina) SCENA ULTIMA Belcore con soldati e detti: indi Dulcamara con tutto il villaggio. BELCORE Alto!... Fronte!... Che vedo? Al mio rivale l’armi presento! ADINA Ella è così, Belcore; e convien darsi pace ad ogni patto. Egli è mio sposo: quel che è fatto... BELCORE È fatto. Tientelo pur, briccona. Peggio per te. Pieno di donne è il mondo: e mille e mille ne otterrà Belcore. DULCAMARA Ve le darà questo elisir d’amore. NEMORINO Caro dottor, felice io son per voi. TUTTI Per lui!! DULCAMARA Per me. Sappiate che Nemorino è divenuto a un tratto il più ricco castaldo del villaggio... Poiché morto è lo zio... ADINA E NEMORINO Morto lo zio! GIANNETTA E DONNE Io lo sapeva. DULCAMARA Lo sapeva anch’io. Ma quel che non sapete, né potreste saper, egli è che questo sovrumano elisir può in un momento, non solo rimediare al mal d’amore, ma arricchir gli spiantati. CORO Oh! il gran liquore! DULCAMARA Ei corregge ogni difetto ogni vizio di natura. Ei fornisce di belletto la più brutta creatura: camminar ei fa le rozze, schiaccia gobbe, appiana bozze, ogni incomodo tumore copre sì che più non è... CORO Qua, dottore... a me, dottore... un vasetto... due... tre. In questo mentre è giunta in iscena la carrozza di Dulcamara. Egli vi sale: tutti lo circondano. DULCAMARA Prediletti dalle stelle, io vi lascio un gran tesoro. Tutto è in lui; salute e belle, allegria, fortuna ed oro, Rinverdite, rifiorite, impinguate ed arricchite: dell’amico Dulcamara ei vi faccia ricordar. CORO Viva il grande Dulcamara, dei dottori la Fenice! NEMORINO Io gli debbo la mia cara. Per lui solo io son felice! Del suo farmaco l’effetto non potrò giammai scordar. ADINA Per lui solo io son felice! del suo farmaco l’effetto non potrà giammai scordar. BELCORE Ciarlatano maledetto, che tu possa ribaltar! Il servo di Dulcamara suona la tromba. La carrozza si muove. Tutti scuotono il loro cappello e lo salutano. ADINA Un momento di piacer brilla appena a questo cor che s’invola dal pensier la memoria del dolor. Fortunati affanni miei, maledirvi il cor non sa: senza voi, no non godrei così gran felicità. Coro Or beata appien tu sei nella tua tranquillità. Viva il grande Dulcamara, la Fenice dei dottori: con salute, con tesori possa presto a noi tornar. IVAN MAGRÌ Tenore Nato a Catania, inizia lo studio del canto lirico con la professoressa Monti. A Milano vince una borsa di studio per entrare in Conservatorio, dove consegue il diploma. Vince poi un concorso, che gli dà la possibilità di debuttare nel “Don Pasquale” di Donizetti. Ha affrontato varie audizioni con diversi direttori artistici tra cui il M° Riccardo Muti, il M° Bruno Bartoletti, e il M° Daniel Oren. In repertorio, i “Puritani” di Bellini, “L’Elisir d’amore”, il “Duca d’Alba” e “La Favorita” di Donizetti, il “Rigoletto” e i “Lombardi” di Verdi, “Madama Butterfly” di Puccini. Svolge un’intensa attività concertistica. WALTER FRANCESCHINI Baritono Studia canto con il M° Vito Maria Brunetti a Bolzano. Nel settembre 2004 è vincitore del Terzo Premio al Concorso lirico internazionale “Val di Sole” e, nel mese successivo debutta nel ruolo di Giorgio Germont in “La Traviata” a S. Giovanni in Persiceto (BO); è nel cast de “La Bohéme” a Bologna (gennaio 2005) e Pordenone (luglio 2005). Impegni internazionali lo portano prima in Romania e in Repubblica Ceca per una serie di concerti. Nel giugno 2006 debutta nel ruolo di Alfio in “Cavalleria Rusticana”, a Udine, sotto la direzione del M° Alfredo Barchi e la regia di Francesco Bellotto e nei “Carmina Burana”, ad Aquileia; ha al suo attivo numerosi concerti in diversi teatri, fra i quali il “Donizetti” (Bergamo), la “Filarmonica di Stato” di Ramnicu Valcea (Ronania), Praga e Belgrado. Il 29 settembre 2006 canta nel duomo di Bolzano in prima esecuzione il “Requiem for the President” scritto da A. Busellato, “in memoriam John Kennedy”. Successivamente al Teatro Comunale di Bolzano e Teatro del Giglio di Lucca in “Ariadne auf Naxos” di R. Strauss. MONICA TARONE Soprano Monica Tarone, soprano, si è diplomata nel settembre 2000 con il massimo dei voti e la lode nella classe del soprano Silvana Moyso Bocchino presso il Conservatorio “G. F. Ghedini” di Cuneo. Vince, per il ruolo di Nannetta nel Falstaff, il prestigioso concorso As.Li.Co del 2001; per lo stesso Ente ha debuttato nel 2002 il ruolo di Jouvenot nell’Adriana Lecouvreur. Per l’Ente Teatro alla Scala di Milano ha cantato ruoli solistici nella stagione 2002 nelle opere “Le nozze di Figaro” (ruolo di Contadinella) e “Iphigénie en Aulide” (ruolo de La Greca) sotto la direzione del M° Riccardo Muti, partecipando con quest’ultima opera all’inaugurazione della stagione lirica al Teatro degli Arcimboldi il 7 dicembre 2002 con trasmissione radiofonica diretta in Eurodiffusione. Per la Fondazione Arena di Verona ha eseguito concerti sotto la guida del M° Fabio Fapanni. Ha vinto il concorso “Mattia Battistini” di Rieti edizione 2003, debuttando conseguentemente il ruolo di Norina nel “Don Pasquale” e di Zerlina nel “Don Giovanni”. È stata in Germania dove ha ricoperto con grande successo il ruolo di Violetta ne La traviata di G.Verdi in una tournée che ha toccato città come Rosenheim, Norimberga, Stoccarda, Francoforte. È Susanna nelle Nozze di Figaro dirette dal M° Marco Berdondini per i Teatri trentini. Ha svolto concerti con solisti dell’orchestra del Teatro dell’Opera di Montecarlo e Nizza. Nella stagione 2006 è Alice al Teatro Superga di Nichelino, Lisa (“Sonnambula”) al Teatro Coccia di Novara e registra “Don Giovanni” (Zerlina) e Requiem di Mozart per la rivista Panorama. Partecipa ad una serie di concerti a Città del Messico e a Kansas City. È Lucy (“Telefono” di Menotti) al Piccolo Regio di Torino e Adina (“Elisir d’amore”) a Irùn (Bilbao). A maggio è Irene ne “Il Ritorno di Don Calandrino” di Cimarosa a Salisburgo, diretta dal M° Riccardo Muti. Quest’opera, in prima esecuzione mondiale, sarà ripresa, nei prossimi mesi, in Italia e ancora all’estero. ROBERTO BORTOLUZZI Basso Nato a Treviso nel 1972, consegue la maturità scientifica nel 1992. Comincia a studiare musica nel 1988 presso l’Istituto Musicale “F. Manzato” di Treviso. Studia canto con il soprano Jolanda Michieli, teoria e solfeggio con il maestro Alessandro Loja e pianoforte complementare con il M° Francesco Martignon. Nel 1998 consegue le licenze di compimento inferiore di canto, pianoforte complementare e teoria e solfeggio (ramo strumentisti) presso il Conservatorio Statale “F. Venezze” di Rovigo. Dal 2001 studia con il M° Alessandro Pierfederici (direttore d’orchestra) e il soprano Lucia Mazzaria. Nel 2000 è semifinalista al 5° Concorso Internazionale di Canto “Maria Callas”, indetto dalla RAI. Nel 2001 esordisce al Teatro Popolare Croato “Ivan de Zajc” di Rijeka nel ruolo di Germont (G. Verdi – “La Traviata”); nel 2002 debutta i ruoli di Rigoletto (G. Verdi - “Rigoletto”) al Teatro dell’Opera Nazionale di Bucarest, e Scarpia (G. Puccini - “Tosca”) al Teatro di Minsk. Nel 2003 vince il concorso per il 3° Laboratorio Musicale del ‘700 “Enzo Dara”, a seguito del quale nel 2004 canta presso il Teatro Bibiena a Mantova l’opera “Prima la musica e poi le parole” di A. Salieri. Nel 2005 debutta il ruolo di Marcello (G. Puccini - “La Bohéme”) al Teatro dell’Opera Nazionale Lettone di Tallin. Nel 2006 canta nei teatri di Zagabria, Rijeka, Belgrado e Sofia. MARIANNA PRIZZON Soprano Nata a Trieste, ha iniziato prestissimo gli studi di pianoforte. Durante gli studi universitari, Facoltà di Psicologia, ha intrapreso lo studio del canto, sotto la guida del mezzosoprano Mirna Pecile, diplomandosi presso il Conservatorio “G. Tartini” di Trieste in soli tre anni nel 2000, col massimo dei voti e la lode, vincendo una borsa di studio. In seguito ha ottenuto il dimploma triennale di Perfezionamento presso la Fondazione Musicale Santa Cecilia di Portogruaro - Venezia, con il M° Leone Magiera e il M° Mauro Trombetta. In qualità di solista svolge dal 1997) un’intensa attività concertistica di musica da camera, sacra, operistica, in Italia e all’estero (Austria, Slovenia, Croazia, Francia, Corea). Da segnalare i recenti Concerti accanto a famosi artisti quali il soprano Katia Ricciarelli (Teatro di Massa Carrara), il soprano Raina Kabaivanska a Modena e il baritono Leo Nucci (Teatro comunale di Modena), quest’ultimi accompagnati magistralmente al pianoforte dal M° Leone Magiera. Ha partecipato a diversi Corsi di Alto Perfezionamento con Artisti e Maestri di chiara fama: Raina Kabaivanska, Renata Scotto (all’Accademia Nazionale Santa Cecilia a Roma), Katia Ricciarelli, Luciana Serra, Lella Cuberli, con il M° Leone Magiera (anche assieme al regista Daniele Abbado, sull’opera “Don Giovanni” di Mozart) e con Antonietta Stella, Gianni Raimondi, il regista Italo Nunziata e altri (Ateneo Internazionale della Lirica a Sulmona L’Aquila). È laureanda presso l’Istituto Superiore di studi “Orazio Vecchi” a Modena (Biennio Superiore di II livello) con Luciano Pavarotti e il M° Leone Magiera, ed è seguita per la preparazione scenica e interpretativa dal regista Francesco Esposito, dal soprano Lucia Mazzaria, dal M° Alessandro Pierfederici e dal prof. Claudio Strudthoff. Sta ultimando il Corso triennale di Musicoterapia presso l’A.R.T.E.M. a Udine. Nel 2002 ha debuttato al “Forum Grimaldi” di Montercarlo accanto a Luciano Pavarotti e altri artisti internazionali, fra i quali Fiorenza Cedolins, in un importante Galà Verdiano a favore della F.A.O. registrato e trasmesso dalla RAI con l’Orchestra Sinfonica del Piemonte diretta dal M° Leone Magiera. È risultata semifinalista e finalista in importanti Concorsi Internazionali di Canto:”A. Belli” - Spoleto 2002, Lignano Sabbiadoro 2002, “Carlo Cossutta” - Trieste 2003, Rosetum Milano 2003. ALFREDO BARCHI - ORCHESTRA SOCIETÀ FILARMONIA Titolare dal 1989 della cattedra di Esercitazioni Orchestrali presso il Conservatorio “J. Tomadini” di Udine, ha studiato oboe con G. Siviero e direzione d’orchestra con G. Massimi. Ha svolto attività concertistica con il Sestetto Poulenc. Nel 1979 è stato premiato da Goffredo Petrassi al 2° Concorso Internazionale di Ancona ed è stato invitato al Festival Internazionale di Langeais. Tra le registrazioni effettuate si annoverano Un concerto per domani, trasmesso sulla prima rete nazionale a cura di G. Carli Ballola, e Nuovi Concertisti sulla terza rete R.A.I. In seguito ha scelto la strada della direzione d’orchestra frequentando un corso di perfezionamento a Brescia tenuto da Alceo Galliera. Ha collaborato come assistente preparatore di Daniel Oren per l’allestimento di Lucia di Lammermoor al Teatro Regio di Parma, indi per Adriana Lecouvreur al Teatro La Fenice di Venezia. La sua prima direzione risale al 1984 al Teatro dell’Aquila di Fermo con il Requiem di Mozart. Dal 1991 al 1996 è stato direttore artistico e direttore principale dell’Orchestra Filarmonica di Udine, alla direzione della quale ha eseguito il maggiore repertorio sinfonico, Don Pasquale (1995) e La Bohème (1996). Nel corso di questi anni ha accompagnato cantanti quali B. Prior, L. Mazzaria, L. D’Intino, B. Giaiotti, A. Mariotti ed altri. Per il ventennale del terremoto in Friuli ha diretto il Requiem di Luigi Cherubini, trasmesso sulla prima rete nazionale. Nel 1998 Alfredo Barchi è stato tra i fondatori di Società Filarmonìa, di cui è direttore artistico e direttore d’orchestra principale per tutti i progetti concertistici promossi ed organizzati dalla stessa. L’Associazione “Società Filarmonìa” è sorta con lo scopo di promuovere la cultura musicale e proporre concerti di alto profilo artistico riunendo esperienze e competenze musicali diversificate. Musicisti operanti nelle maggiori orchestre italiane sono quindi entrati a far parte di una struttura assai duttile, al fine di assicurare la presenza di esecutori di elevato livello e di offrire opportunità ai talenti emergenti, sia in qualità di solisti che di membri dei due organici sinfonici costituitisi al suo interno, l’Orchestra della Società Filarmonia e “I Virtuosi di Aquileia”. La Società Filarmonìa è stata protagonista di numerosi appuntamenti concertistici di grande rilievo, tra i quali vanno ricordati: il concerto inaugurale della stessa, tenuto nell’ambito del cartellone Udine d’Estate 1998, i concerti udinesi per il “FAI - Fondo per l’Ambiente Italiano” del 1998 e 1999, il “Grande Concerto d’Estate” per Udine d’Estate 1999, Rossiniana in collaborazione con Friuli Doc 1999. Tra marzo ed aprile 1999 Alfredo Barchi ha diretto la sua orchestra in Mozart, Concerti e Sinfonie al Teatro Nuovo di Udine (cinque appuntamenti che hanno ottenuto il prestigioso patrocinio dell’Internationale Stiftung Mozarteum Salzburg); nel novembre dello stesso anno è stato invitato nell’ambito del prestigioso cartellone della Società dei Concerti del Teatro Regio di Parma presentando un analogo programma mozartiano. A questo è seguita una seconda edizione di Mozart, Concerti e Sinfonie presso il Giovanni da Udine tra gennaio e maggio 2001. Subito dopo è stato nuovamente invitato dalla Società dei Concerti di Parma nella stagione 2000-2001. Nell’aprile 2000 si è esibito nel concerto inserito nella stagione musicale del Teatro Nuovo di Udine (solista, Stefan Milenkovich). Il mese seguente è stato varato il progetto culturale Musica per il Friuli 2000, ricerca d’archivio, trascrizione ed esecuzione, spesso in prima assoluta, di pagine del repertorio sinfonico e sinfonico-vocale di autori friulani, giuliani ed istriani. I tre concerti tenuti al Teatro Nuovo Giovanni da Udine nel maggio 2000 e nel marzo 2003, gli appuntamenti al Teatro “Adelaide Ristori” di Cividale del Friuli nel novembre 2000, presso la Chiesa di S. Francesco di Cividale del Friuli e la Sala Maggiore del Mozarteum di Salisburgo nel giugno 2001, e le esecuzioni di pagine sacre in diversi contesti liturgici presso il duomo di Udine e il duomo di Pordenone, la basilica di Aquileia e l’abbazia di Rosazzo (Manzano), hanno riportato alla luce pagine dimenticate dei più importanti compositori della Regione Friuli-Venezia Giulia, contribuendo notevolmente all’attuale dibattito sulla cultura e l’arte in Friuli negli ultimi due secoli. A tutto questo si aggiungono: l’omaggio a Giuseppe Verdi nel centenario della scomparsa, concerti sinfonico-vocali tenuti nel luglio 2001 all’Arena Alpe Adria di Lignano Sabbiadoro, il concerto tenuto a Udine per il cartellone di Udine d’Estate, (serata ripetuta ad Aquileia e Klagenfurt), il concerto per la Croce Rossa Italiana al Teatro Nuovo di Udine nel novembre 2001, il progetto per l’estate 2002, “I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino..., Un itinerario nella fiaba musicale”, interpretato da Paolo Villaggio. Nel 2003 ha realizzato il CD Musiche in Friuli -Rare works of musicians from Friuli, per l’etichetta Bongiovanni. Nell’estate dello stesso anno ha presentato “Mediterraneo, Un itinerario fra poesia, canzone d’autore e...”, al quale hanno partecipato le voci di Pamela Villoresi e Omero Antonutti, il concerto svolto nell’ambito del “Mittelfest” di Cividale del Friuli, edizione 2003, il progetto Suite 1797, dedicato alla figura di Napoleone in Friuli e ai compositori contemporanei Valter Sivilotti, Marco Sofianopulo e Daniele Zanettovich (progetto inserito nel cartellone 2003-2004 del Teatro Nuovo Giovanni da Udine), il concerto-intervista “Omaggio del Friuli a Fellini” del 23 settembre 2004 con musiche di Rota, Bacalov, Plenizio eseguite da “I Virtuosi di Aquileia”, con l’intervista all’attrice Sandra Milo curata dalla giornalista Gloria De Antoni. Nel maggio 2005 presso il Teatro Nuovo Giovanni da Udine ha diretto l’opera inedita multimediale Cagion d’Honore di Walter Sivilotti su testo di Renato Stroili Gurisatti (Teatro Nuovo Giovanni da Udine). Il mese seguente, per il progetto Carro di Tespi ha diretto l’opera lirica Il Barbiere di Siviglia, itinerante in sei piazze del Friuli Venezia Giulia. Il 27 maggio per il cartellone 2006 del Teatro udinese, l’Orchestra della Società Filarmonìa è stata protagonista dell’evento musicale Il segreto della tredicesima luna del drammaturgo Renato Stroili Gurisatti, con le musiche di Cristian Carrara, Daniela Terranova e Giulia D’Andrea (balletto-fiaba per attori, danzatori, solisti e orchestra che ha coinvolto le migliori risorse artistiche giovanili della regione Friuli-Venezia Giulia). Nell’Estate 2006 nuovamente nell’ambito del Carro di Tespi ha realizzato l’opera lirica Cavalleria Rusticana in cinque città della Regione Friuli Venezia Giulia tra cui Udine e Pordenone. Poco tempo dopo ha realizzato un concerto celebrativo per i cinquant’anni di fondazione della Banca Credem, filiale di Boretto (RE). Ultimamente ha inciso il disco Mozart, realizzato con l’Orchestra dei Virtuosi d’Aquileia, per l’etichetta Stradivarius. Incide per Bongiovanni e Stradivarius. CORO DEL FRIULI VENEZIA GIULIA Il Coro del Friuli Venezia Giulia ha debuttato presso il Teatro Nuovo di Udine nel gennaio del 2001. Negli ultimi anni, in formazione cameristica, ha collaborato con due grandi jazzisti, John Taylor e John Surman, nell’oratorio Proverbs and Song presentato a Udine, Modena e Ruvo di Puglia. Nello stesso periodo, ha partecipato ad un lavoro di rivisitazione di musiche popolari friulane rilette dal musicista jazz Glauco Venier con la collaborazione del saxofoni- sta Klaus Gesing e del trombettista Enrico Rava, lavoro quest’ultimo registrato su CD. Nei successivi anni il coro ha proposto un repertorio che va dalla musica rinascimentale a cappella fino alle grandi pagine sinfoniche. Da segnalare il Dixit Dominius di Haendel, la Johannes Passion e molte Cantate di Bach con l’Orchestra Barocca “G. B. Tiepolo”, una tournèe con programma interamente dedicato alla policolorità e alla musica per doppio coro, la Petite Messe Solennelle di Rossini nella versione per due pianoforti e in quella orchestrale con la Junge Phiharmonie Wien, i Chichester Psalms di Bernstein, il Gloria di Vivaldi, la Grande Messa in do minore di Mozart con l’Orchestra Sinfonica del FVG. Ha inoltre preso parte, spesso inaugurandoli, a stagioni e festival musicali tra i quali Carniarmonie, Nei Suoni dei luoghi, Estate in città, Natale in musica, Talos Festival di Ruvo di Puglia, Festival Monteverdi di Cremona, Concerti Sacri nel Duomo di S. Stefano a Vienna. L’altro Suono del Teatro Comunale di Modena, Amici della Musica di Padova. Il 26 novembre 2002, in occasione dell’Anno Internazionale della Montagna, il coro, in formazione virile ha cantato, in diretta Eurovisione dal Monte Lussari, collegato via satellite con l’Orchestra Sinfonica di Pecs (H) che suonava in Sala Nervi alla presenza di Papa Giovanni Paolo II. In collaborazione con l’Orchestra Barocca “G. B. Tiepolo” nasce il progetto del coro che si prefigge l’obiettivo di eseguire tutte le oltre 200 Cantate di J. S. Bach nel corso degli anni, progetto a cui hanno già preso parte artisti quali Emma Kirkby e Gustav Leonhardt. Il coro tiene circa 30 concerti l’anno suddivisi in 10 produzioni diverse ed è stato diretto da Enzo Rojatti, Paolo Paroni, Paolo Faldi, Davide De Lucia, Davide Pitis, Francesco Belli, Paolo Pollastri, Michael Lessky, Ernst Hoetzl, Howard Moody, Gustav Leonhart. Il maestro del coro fin dalla sua fondazione è Cristiano Dell’Oste. ANTONIO PETRIS Regista, scenografo e costumista, comincia i suoi studi musicali al conservatorio “J. Tomadini” di Udine; si diploma all’Accademia d’Arte Drammatica e consegue la laurea in Musicologia. Tiene lezioni e conferenze in vari atenei, ha insegnato arte scenica e drammaturgia e ha al suo attivo pubblicazioni musicologiche. Inizia il suo percorso artistico lavorando i primi due anni in Italia come attore e assistente alla regia, poi si trasferisce a Londra dove lavora come assistente in: Rigoletto, La Traviata e Dido and Aeneas. Torna in Italia e collabora alle seguenti opere: Turandot, La Traviata, Rigoletto, Il Trovatore, Aida, Carmen, Lucia di Lammermoor. Dal 1995 firma le sue prime regie: Rigoletto, La Traviata, Il Trovatore, Nabucco, Tosca. Come assistente, affianca Denis Krief, nelle seguenti opere: Ballo in Maschera al Teatro Comunale di Bologna, riprende poi l’opera a Modena, Ferrara, Reggio Emilia e Piacenza e Lucia di Lammermoor al Teatro Lirico di Cagliari. Dal 2000 firma regia scene e costumi per: Die Zauberflote, Teatro Municipale di Grenoble; Hymnus, Teatro dell’Opera di Maribor; Carmen, Teatro Nazionale “Le Manège”, La Roche-sur-Yon; Aida e Nabucco, Festival di Monchau e Schwentzingen; Aida, Teatro dell’opera di Plovdiv; Nabucco, Teatro dell’Opera di Galati; Carmen, Festival estivo di Mannheim; Nabucco, stadio di Berlino; La Serva padrona e Il Telefono, Lione; Elisir d’amore e Barbiere di Siviglia, Udine; Idomeneo, Teatro dell’Opera “Csokonai Szìnhaz”, di Debrecen; Oberto Conte di San Bonifacio, Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto e New National Theatre di Tokio; Aspire, musical in collaborazione con il West End di Londra e Broadway a Doha in Qatar. Nel 2005 mette in scena Gozzano e dintorni, Teatro San Nicolò, Spoleto, con P. Zappa Mulas. A marzo del 2007 firma, regia scene e costumi di Aida al Teatro Politeama Greco di Lecce. A maggio 2007 va in scena al Teatro Caio Melisso di Spoleto lo spettacolo Io Chisciotte di cui ne è autore e regista. EMMANUELA COSSAR Nata a Palmanova nel 1978, ha conseguito il diploma di operatore della moda nel 1997 all’istituto Raimondo d’Aronco di Gemona del Friuli. Successivamente, è stata ammessa al corso di laurea in Progettazione della moda - specializzazione Costume teatrale dell’Università degli Studi di Firenze. Durante la frequenza ha partecipato alla realizzazione di due sfilate, esponendo i propri costumi su modelli rinascimentali alla Mostra dell’Artigianato di Firenze (Fortezza da basso). Inoltre, nel 1999 e 2000 ha partecipato, sempre nel capoluogo toscano, alla realizzazione di trucchi e costumi per gli spettacoli Sogno di una notte di mezza estate e Striga. Ha partecipato anche a uno stage alla sartoria teatrale De Valle di Torino. Nel 2002, poi, si è brillantemente laureata discutendo una tesi multimediale (costumi, testi e immagini video) intitolata Il costume rock nelle copertine dei dischi dagli anni’60 agli anni ‘80. Ha partecipato inoltre alla realizzazione dei costumi per la Clavicola di re Salomone e Il giardino dei ciliegi per l’Accademia d’arte drammatica Nico Pepe di Udine. Nel 2003 progetta i costumi per l’Otello di Giuseppe Verdi per la regia di Paolo Bosisio: i bozzetti sono stati esposti al Teatro delle Erbe di Milano. Nel 2004 e nel 2005 ha lavora alla Jato, azienda di ricami per l’alta moda, di San Lazzaro di Savena. Nel 2006 progetta e realizza a Udine i costumi per lo spettacolo “Il segreto della tredicesima luna” con la regia di Renato Stroili Gurisatti e nell’autunno dello stesso anno lavora come assistente costumista presso lo “Stadttheather Klagenfurt” lavorando all’allestimento dell’opera “Elisir d’Amore” di Gaetano Donizetti con la regia di Valentina Simeonova. Dal 2005 vive e realizza progetti in Austria, ma continua ad intrattiene proficui rapporti di lavoro con diverse realtà culturali e creative del Friuli Venezia Giulia, collaborando fra l’altro con alcuni atelier friulani per i quali ha ideato più linee di accessori per l’abbigliamento. MICHELE UGO GALLIUSSI Nato a Udine nel 1963 ove vive e lavora. Divide il proprio tempo tra l’insegnamento delle letteratura e della storia (presso scuole superiori della provincia di Udine) e le attività pittoriche e grafiche, da anni rivolte anche all’ideazione ed alla realizzazione di scenografie teatrali. Dalle sue prime sperimentazioni scenografiche per le “via crucis” rappresentate sul sagrato del Duomo di Udine nel 1981 e 1982, si passa al suo ripetuto intervento per le sacre rappresentazioni del venerdì santo di Ciconicco di Fagagna (1987-1992; 1999-2000; 2006) e per le manifestazioni epifaniche di Tarcento (1993-2005). Nel 1987 realizza le scene per la commedia in friulano “Il quilibrio”, di Alviero Negro, rappresentata al Palamostre di Udine. Nel 1994 progetta l’allestimento cittadino di Udine in occasione del “Palio di S.Giorgio”, dipingendo pure l’omonimo stendardo (ora conservato presso la chiesa del Carmine). La collaborazione con il M° Alfredo Barchi ha origine con le scene dipinte del “Don Pasquale” di Donizetti, messa in scena a Udine, in Piazza Matteotti, nel 1995. Nel 1996, invece, realizza scene per i “Diari delle identità- testi di giovani friulani, giuliani, sloveni, istriani nel mondo”, opera presentata al Mittelfest di Cividale del Friuli. Per quanto concerne l’allestimento della “Cavalleria Rusticana” di Mascagni (estate 2006), Galliussi ha inteso rappresentare - nel rispetto dell’analisi verista, e per la precisione verghiana - una piazzetta dell’entroterra catanese (così come potenzialmente poteva apparire allo scadere del XIX secolo); anche per quanto riguarda “L’Elisir d’amore” è rimasto fede- le al libretto d’opera, in quanto le scene riproducono un piccolo centro rustico dei Paesi Baschi del XVIII secolo. Per la preparazione dei supporti si è avvalso della collaborazione delle cooperative “La Ragnatela” di Majano ed “Hattiva” di Colugna. HATTIVA È una Cooperativa nata nel 1997 per volontà di un gruppo di famiglie coinvolte nelle problematiche dell’handicap. La Cooperativa si occupa dell’inserimento lavorativo di persone con disabilità psico-fisica, svantaggio sociale e della promozione di attività socio-educative e riabilitative. Hattiva inoltre è nata per fornire servizi e prodotti nell’ambito della grafica pubblicitaria e, negli anni, ha sviluppato anche una serie di servizi di assemblaggio e confezionamento in cui opera un cospicuo numero di persone con disabilità. Nel tempo i due settori sono stati aggiornati con attrezzature all’avanguardia e potenziati con personale altamente qualificato attraverso cui possiamo attualmente rispondere alle più svariate necessità progettuali e realizzative in ambito grafico e numerose esigenze di confezionamenti e assemblaggi. Hattiva non è solo produzione. L’obiettivo con cui è nata la cooperativa è quello di dare una risposta variegata e il più possibile completa alla disabilità adulta, occupandosi di molti aspetti della vita dei soci svantaggiati e non solo, dunque di quello lavorativo. In questa prospettiva sono stati sviluppati numerosi progetti di formazione e sostegno. RAGNATELA La cooperativa Ragnatela è nata nel 2000 su iniziativa dell’Associazione Nostro Domani Pontello Valentino ONLUS, è costituita da famiglie di ragazzi disabili del territorio della Comunità Collinare del FVG. Si tratta di una cooperativa di tipo B che si propone come obiettivo l’integrazione e la crescita dell’autonomia dei disabili attraverso l’inserimento lavorativo in un ambiente protetto. Nell’ambito della cooperativa prestano la loro attività persone qualificate, tecnicamente preparate, che garantiscono la realizzazione di prodotti competitivi per qualità e convenienza. La prima attività lavorativa è sorta a S. Daniele del Friuli con l’apertura di un laboratorio tessile. Nell’anno 2002 l’attività si è amplificata con l’apertura di un laboratorio di legno a Majano.