dott. giandomenico bellettini LA Difesa personale Manuale pratico 1 dott. giandomenico bellettini LA Difesa personale Manuale pratico la difesa personale Un grazie a maestri e campioni italiani che hanno partecipato con servizi fotografici alla stesura di questo libro: Davide Carli Cristina Savioli Stefano Gianneschi Vincenzo D’Onofrio Anna Maria Longhi Mauro Icicli Rino Sala Andrea Casadei Marco Mazzoni 4 Gabriele Pari Francesco De Donato Antonio Primante Michaela indice INDICE Capitolo 01Introduzione ..................................................................... Pag. 7 Capitolo 02Premessa.......................................................................... Pag. 10 Capitolo 03Le situazioni di pericolo................................................... Pag. 13 Capitolo 04 Come prevenire il pericolo............................................... Pag. 20 Capitolo 05La voce come arma.......................................................... Pag. 22 Capitolo 06La posizione di guardia.................................................... Pag. 24 Capitolo 07Le armi del corpo umano................................................ Pag. 34 Capitolo 08I colpi poco ortodossi........................................................ Pag. 53 Capitolo 09Prese e leve articolari...................................................... Pag. 58 Capitolo 10Proiezioni........................................................................... Pag. 65 Capitolo 11Le tecniche difensive........................................................ Pag. 68 Capitolo 12Armi di fortuna.................................................................. Pag. 74 Capitolo 13Difesa contro più aggressori........................................... Pag. 80 Capitolo 14Pronto soccorso................................................................ Pag. 85 Capitolo 15 Tecniche di difesa personale........................................... Pag. 94 Capitolo 16Preparazione psicofisica.................................................. Pag. 105 Capitolo 17Autodifesa: nozioni giuridiche......................................... Pag. 115 Capitolo 18 Come dominare la paura................................................. Pag. 118 Capitolo 19La filosofia della Difesa.................................................... Pag. 121 Capitolo 20Dignità filosofica della fuga............................................. Pag. 122 Capitolo 21Difesa contro lo stupro..................................................... Pag. 123 Capitolo 22E se la psicologia non funziona?..................................... Pag. 125 Capitolo 23Primo: non prenderle. Secondo: prenderle!.................. Pag. 126 5 la difesa personale Cercano di aggredirvi. Non perdete la calma. Non avendo nulla con cui difendervi utilizzate come armi le vostre gambe. Normalmente, l’aggressore non si apetta una difesa di calcio (è la migliore difesa) la vostra gamba è più lunga del pugno dell’aggressore, così lo tenete lontano, senza rischiare di prendere un pugno, colpendolo con un calcio laterale sullo stomaco. 6 capitolo 1 capi tolo 01 Introduzione Violenze, aggressioni, sopraffazioni: la storia quotidiana dell’umanità prescinde, purtroppo, dalle intenzioni dei migliori. E persino chi è animato dalla più sincera coscienza pacifista deve scontrarsi con una realtà che contraddice continuamente i princìpi etici. «Non è vero - diceva un mio amico pugile - che sono un violento. La realtà ha cominciato a fare a pugni con la mia visione del mondo molto prima che cominciassi a fare a pugni io». Battute a parte: aprite un qualsiasi giornale alle pagine di cronaca locale. Basterà una scorsa veloce per convincervi che subire una violenza può capitare a tutti, in qualsiasi momento. Che fare, allora? Non vi chiediamo certo di “buttare a mare” i vostri princìpi etici. Anzi. Il dott. Giandomenico Bellettini, presidente della IAKSA - Italia Si racconta che Beniamino Franklin, al tavolo dell’Assemblea Costituente degli Stati Uniti d’America, appena liberatisi dal giogo inglese, si adirasse con un collega senatore. Il collega aveva così concluso - tra gli applausi - la sua retorica concione: «perché là dove è la libertà, quello è il mio paese». 7 la difesa personale Franklin batté il pugno sul tavolo e corresse: «No! Là dove NON è la libertà, quello è il mio paese!». Gli applausi furono ancora più forti. I vostri princìpi, insomma, sono ancora più importanti laddove sono minacciati. I capitoli che vi accingete a leggere non vogliono insegnarvi a “picchiare”, non vogliono trasformarvi in “giustizieri della strada”, né poggiano sulla massima biblica “occhio per occhio, dente per dente”. Questi capitoli, al contrario, intendono semplicemente darvi una mano per evitare le violenze; innanzitutto con una grande attenzione agli atteggiamenti preventivi. Troppo spesso sono i più deboli a soccombere alle prepotenze altrui. In questi casi le violenze subìte non rappresentano l’unica ingiustizia. C’è un’altra profonda ingiustizia, conseguenza della prima; un’ingiustizia che si protrae nel tempo, come una cicatrice eterna: il fatto, cioè, che le vittime debbano troppo spesso convivere con la paura, con l’insicurezza, con una scarsa fiducia in sé stessi, il che finisce con l’avvelenare la loro vita di tutti i giorni. Come imparerete da queste pagine, noi vogliamo far sì che la paura, l’insicurezza e la sfiducia scompaiano. E assieme ad esse scomparirà gran parte dei potenziali rischi di subire un’aggressione. La difesa personale - come vedremo - è una “filosofia”, più che una disciplina marziale. Una filosofia per tutti, ma adatta specialmente ai più deboli, specialmente alle “vittime predestinate” di questa società che, assieme a tante luci, presenta anche troppe ombre. Per questi soggetti “a rischio” (parlo soprattutto delle donne, le più esposte alle violenze di tutti i giorni) imparare la filosofia e le tecniche della difesa personale non servirà soltanto nell’eventualità di una loro applicazione pratica: servirà, soprattutto, sotto il profilo psicologico; servirà a restituire quella tranquillità e quella fiducia in sé che sono il bene più prezioso (e più minacciato) per la stessa qualità della vita. È proprio questo l’auspicio mio , che vi avvicinate per la prima volta alla filosofia della “difesa personale”, auguriamo di cuore una felice... “serendipità”. 8 capitolo 1 Per chi non lo sapesse, il termine “serendipità” deriva dall’antica favola dei tre prìncipi di Serendip, che si mettevano alla ricerca di qualcosa... e regolarmente ne trovavano un’altra. Se cercavano il drago da uccidere, venivano coinvolti in tutt’altra avventura, e finivano magari col liberare una bella principessa; quando intendevano sconfiggere i pirati, rinvenivano per caso un fantastico tesoro; e così via... Anche Cristoforo Colombo si trovò a vivere una felice “serendipità”: cercava la via per le Indie, e scoprì l’America. Ebbene: voi, novelli Colombo, state forse cercando - nelle tecniche di “difesa personale” - la possibilità di rispondere con efficacia alla prossima aggressione di cui sarete vittime. Ma forse (è proprio questo il nostro augurio) non avrete mai occasione di applicare concretamente le tecniche apprese: è certo, tuttavia, che troverete fiducia e serenità, in una nuova consapevolezza del vostro corpo e della vostra mente. Ecco: alla fine dell’avventura (la più bella e la più preziosa che possa capitare ad un essere umano) troverete voi stessi. 9 la difesa personale capi tolo 02 Premessa Innanzitutto, una premessa: quest’opera consiste di testi e fotografie, che insieme forniscono un approccio “integrato” alle tematiche della difesa personale. Pur essendo tra loro complementari, tuttavia, il metodo “scritto” e quello “visivo-fotografico” sono concepiti per essere anche strumenti “autonomi” per introdurre il lettore alle tecniche della difesa personale: il che vuol dire che potreste raggiungere risultati soddisfacenti persino escludendo in partenza uno dei due strumenti. Vorrei però sottolineare la parola “introdurre”: lo studio teorico (magari integrato, cioè uno studio che si avvalga tanto dei testi quanto delle fotografie ) da solo sarebbe insufficiente a farvi apprendere in modo efficace le tecniche della difesa personale. Per raggiungere appieno questo obiettivo è necessario, da parte vostra, un impegno fattivo, fatto di esercitazioni, di allenamenti e (in parte) di “sudore”. Ma di questo impegno (possiamo assicurarvelo) non dovrete mai pentirvi: giacché vi farà stare meglio, sia fisicamente che psicologicamente; così che sarete più in forma, più sicuri di voi, più sereni, più capaci di reagire di fronte alle difficoltà quotidiane che la vita ci propone... Ciò premesso, ecco qui a fianco uno schematico consiglio su come procedere. 1 2 3 4 Ecco come vi consigliamo di procedere: leggete innanzitutto l’intera opera scritta (e guardate le sequenze fotografiche), in modo da avere un’idea generale della materia; curate la vostra preparazione fisica; studiate bene i punti vulnerabili del corpo umano; questa conoscenza è fondamentale per reagire con efficacia in caso di pericolo; studiate bene tutte le tecniche della difesa personale descritte nei vari capitoli; 10 capitolo 2 Cercano di scipparvi. Non perdete la calma. Non avendo nulla con cui difendervi utilizzate come armi le vostre mani. 5 esercitatevi con impegno nell’applicazione di tutte le suddette tecniche: ricordate che è necessaria - almeno in questa fase e in quella successiva la presenza di un partner di allenamento; 6 dopo esservi ben allenati, scegliete poche tecniche (che abbiano per obiettivo pochi punti vulnerabili) da approfondire; dovrete scegliere, naturalmente, le tecniche che sono più congeniali al vostro fisico e alle vostre capacità: diventeranno le vostre “armi segrete”, in grado di trarvi d’impaccio in una eventuale situazione a rischio (meglio conoscere bene poche cose, che avere idee confuse su tutto). 11 la difesa personale 12 capitolo 3 capi tolo 03 Le situazioni di pericolo Tipologie di aggressioni... e di aggressori Quando improvvisamente ci troviamo in una situazione di pericolo, la cosa più difficile è saper valutare con esattezza l’entità del pericolo stesso, e quindi scegliere il modo più opportuno per fronteggiarlo. Sarà allora utile, al fine di ottimizzare le possibilità di fare la scelta giusta, tentare una sorta di “classificazione” dei vari tipi di situazioni a rischio, identificando per ciascuna di esse le reazioni “ideali”. Certo: la realtà è poi altra cosa dalla teoria, e ciascuna situazione concreta richiederà non l’applicazione di modelli di comportamento precodificati, bensì improvvisazione e creatività. Ma è altrettanto vero che una “griglia” teorica di riferimento potrà facilitare la vostra capacità di improvvisare. Ciò premesso, potremmo identificare 6 tipologie di aggressioni, che elenchiamo in ordine crescente di pericolosità potenziale: 1 2 3 4 5 6 liti che degenerano in aggressioni; aggressioni da parte di teppisti; aggressioni a scopo di rapina; aggressioni da parte di ubriachi o drogati; aggressioni da parte di maniaci; aggressioni finalizzate a nuocere alla persona. Intendiamoci: questa “classificazione” (che adesso andremo ad approfondire voce per voce) non pretende di avere una scientificità sociologica o antropologica. È semplicemente uno schema pratico di riferimento, la conoscenza del quale potrebbe esservi d’aiuto nella concreta valutazione del pericolo. 13 la difesa personale ✔ Liti che degenerano in aggressioni Liti che tendono a degenerare possono capitare tra conoscenti, e persino tra amici e fratelli. In questi casi non è davvero necessario fare ricorso alle tecniche della difesa personale. È sufficiente controllare il proprio stato emotivo, oltre che quello della “controparte”, e ragionare pacatamente per evitare lo scontro. Se anche lo scontro avvenisse, si tratta in genere di un “combattimento ritualizzato”, dove l’aggressività è comunque controllata da forti freni inibitori. Per questi motivi il livello di pericolosità delle liti tra conoscenti è solitamente quasi nullo. La pericolosità cresce se la lite che minaccia di degenerare avviene con sconosciuti (ad esempio in seguito a un banale incidente in auto). In queste situazioni l’assenza di freni inibitori (non si ha di fronte un amico) può sommarsi alla carica nervosa (nell’esempio precedente, lo stress da “giungla del traffico”). Occorre dunque fare una maggiore attenzione, ed essere pronti anche all’evenienza peggiore (subire un attacco violento). Anche in questo caso, tuttavia, bisogna cercare a tutti i costi di evitare lo scontro attraverso l’autocontrollo, un atteggiamento calmo e conciliante (seppure non arrendevole), un tono di voce pacato. Siate saggi, insomma. E usate le tecniche della difesa personale solo come ultima eventualità: nel 99 per cento dei casi, basta un po’ di diplomazia per “sgonfiare” sul nascere questo tipo di rischio. Morale: in queste situazioni bisogna usare la testa... e non fare a testate! ✔ Aggressioni da parte di teppisti Lo “scontro” con eventuali teppisti è innanzitutto uno scontro psicologico. Generalmente chi va in cerca di pretesti per una rissa ha forti problemi di insicurezza, cui cerca di reagire mostrando aggressività nei confronti dei più deboli. L’insicurezza di fondo della maggior parte dei teppisti, tuttavia, non ne diminuisce affatto la pericolosità: anche perché i teppisti agiscono molto spesso “in branco”, e il timore di perdere la faccia di fronte al gruppo rafforza l’aggressività dei singoli. In queste situazioni occorre mostrarsi sempre sicuri di sé, ma senza spavalderia o altri atteggiamenti provocatori. Il “branco” di teppisti si eccita maggiormente proprio in queste due situazioni apparentemente opposte: da un lato nella consapevolezza di provocare paura, dall’altro lato nell’opportunità di mostrare il proprio (presunto) “coraggio” di fronte alle provocazioni. Il fine 14 capitolo 3 ultimo dei teppisti non è tanto fare del male a noi, quanto cercare di dimostrare qualcosa a sé stessi e al “branco” cui appartengono. Se si dovesse arrivare allo scontro fisico, tuttavia, questa distinzione non avrebbe molto valore sotto il profilo pratico. Perché l’aggressione potrebbe di fatto configurarsi come un’aggressione del sesto tipo, cioè un’aggressione diretta a farci del male. A complicare il tutto, potremmo trovarci in netta inferiorità numerica. Nel caso in cui siate da soli contro più teppisti, ricordatevi di restare sempre in movimento, per non farvi immobilizzare; e di comportarvi come fece l’Orazio... contro i Curiazi. 15 la difesa personale 16 capitolo 3 ✔ Aggressioni a scopo di rapina Queste aggressioni sono potenzialmente pericolose perché generalmente sono perpetrate da “professionisti” che tendono a programmarle per ridurre al minimo i rischi. Ma dobbiamo ricordarci che lo scopo del rapinatore è quello di sottrarci un valore, non quello di farci del male. L’aggressione non è il fine, bensì il mezzo per raggiungere il fine. Soprattutto di fronte ad un’arma, allora, sarà meglio non fare gli eroi: consegnare al rapinatore quello che pretende da noi sarà quasi sempre il metodo migliore per uscire incolumi dall’avventura. Meglio ancora se avremo usato alcuni accorgimenti preventivi (per esempio quello di tenere con noi un secondo portafoglio, con qualche soldo e nessun documento). La pericolosità della rapina può nascere proprio da una nostra reazione sbagliata: il rapinatore è preparato all’eventualità di farci del male, sia psicologicamente che “tecnicamente” (in genere ha con sé un’arma). Questa “premeditazione” di una eventuale violenza non si riscontra (o almeno non sempre) nelle tipologie di aggressione precedentemente esaminate. Ed è un elemento che gioca a sfavore della possibilità di una efficace difesa personale: proprio perché il rapinatore è preparato a neutralizzarla. Sta a voi, caso per caso, valutare se esiste la concreta possibilità di una reazione: nel caso decidiate di non assecondare l’aggressore, tuttavia, comportatevi come se la rapina fosse un’aggressione di tipo “6”. A mio avviso, comunque, nessun portafoglio vale il rischio di una pallottola o di una coltellata. ✔ Aggressioni da parte di ubriachi o drogati L’aggressore alterato da alcool o da altra droga è da un lato pericolosissimo, giacché le sostanze ingerite tendono ad allentare ogni freno inibitorio; dall’altro lato, tuttavia, potrebbe essere in condizioni fisiche non ottimali (riflessi rallentati, scarsa coordinazione, eccetera), il che favorirebbe una nostra pronta reazione al tentativo di offesa. Se l’assalitore è in evidente stato confusionale, si potrebbe cercare di calmarlo con l’uso della parola: talvolta il raptus di aggressività (non certo logico, né premeditato) di chi è alterato dall’uso di certe sostanze si spegne da un istante all’altro. Ma teniamo presente che è davvero difficile compiere, in poche frazioni di secondo, una completa analisi psicologica del nostro alterato assalitore: i nostri tentativi di calmarlo potrebbero produrre effetti del tutto opposti a quelli desiderati. Teniamoci pronti, allora, a colpire velocemente per poi fuggire. I punti più vulnerabili dell’ubriaco sono lo stomaco e il fegato: un colpo ben assestato in una di 17 la difesa personale 18 capitolo 3 queste parti (specie nello stomaco) ha buone probabilità di provocare una crisi di vomito e lasciarci quindi tutto il tempo necessario per allontanarci. Se chi ci attacca è un drogato in crisi di astinenza, molto probabilmente intende non tanto farci del male, quanto impossessarsi dei nostri valori per comprarsi la “dose” a lui necessaria: la sua aggressione, pertanto, potrebbe rientrare tra quelle del terzo tipo (vedi), sia pure con le variabili sopra analizzate (mancanza di freni inibitori, a nostro svantaggio; condizioni fisiche non ottimali, a nostro vantaggio). Ricordatevi: anche per i drogati lo stomaco e il fegato sono punti particolarmente vulnerabili. ✔ Aggressioni da parte di maniaci Il maniaco soffre di un’alterazione psichica, e questo lo rende assimilabile, per alcuni versi, a ubriachi e drogati. Ma il maniaco è molto più pericoloso, perché - a differenza di ubriachi e drogati - le sue condizioni fisiche non sono “compromesse” da fattori debilitanti esterni. Le sue azioni possono essere finalizzate a nuocere alla nostra persona (come in una aggressione di sesto tipo), ma anche in questo caso il raptus aggressivo potrebbe essere calmato da un tono di voce dolce e conciliante: il dialogo ha sempre la possibilità di allentare la tensione interna del nostro assalitore. Se non siete psicanalisti o psichiatri, tuttavia, ricordatevi che le probabilità di azzeccare una “terapia lampo” sono davvero scarsine... Tenetevi dunque pronti a reagire come in una aggressione di sesto tipo. ✔ Aggressioni finalizzate a nuocere alla persona Si tratta naturalmente di situazioni limite: ma non c’è soltanto il caso della vendetta personale (“regolamento di conti”) o quello del rapimento. Anche aggressioni di origine diversa (come l’aggressione da parte di teppisti, o quella da parte di un maniaco) possono degenerare in questa pericolosissima tipologia... Una volta valutato che ci troviamo di fronte a una serissima minaccia per la nostra incolumità e per la nostra stessa vita, occorre reagire con la massima decisione. Qui c’è una sola regola da tener presente: sopravvivere a tutti i costi. Occorre dunque cercare subito la fuga. Se questa non è possibile, bisogna ricorrere ai colpi più efficaci (massimo danno inflitto nel minor tempo possibile, con il fine di procurarci la via di fuga: si vedano i capitoli dedicati alle tecniche della difesa personale). 19 la difesa personale capi tolo 04 Come prevenire il pericolo prevenire ogni rischio: altri consigli particolari ■ È utilissimo tenere i soldi in tasche e portafogli diversi, nonché predisporre un apposito portafogli - con poche lire e nessun documento - da consegnare a un eventuale rapinatore. ■ Precauzione anti-scippo: borse, valigie e altri contenitori di valori vanno sempre portati sottobraccio (stretti con decisione) e sempre dal lato interno del marciapiede. ■ Bisogna evitare, se possibile, di camminare da soli in zone buie o sconosciute. Di notte, tenersi sempre sul lato più illuminato della strada. ■ Occorre la massima prudenza con gli sconosciuti: specie quando si è da soli, evitare contatti con questuanti e persone sospette. ■ Se un individuo sospetto vi chiede che ore sono, non abbassate la testa per guardare l’orologio: quell’individuo potrebbe approfittare di questo momento per colpirvi. Piuttosto, mostrategli direttamente l’orologio, continuando a guardarlo in viso. Se chi vi ha chiesto l’ora covava cattive intenzioni, resterà “spiazzato”, poiché non potrà più contare sul fattore sorpresa; se invece voleva semplicemente informarsi sull’orario... beh, il vostro gesto avrà accontentato efficacemente la sua curiosità. ■ Ogni volta che dovete spostarvi in una città o in una zona che non conoscete (anche quando vi accingete ad andare in vacanza), prendete le adeguate informazioni. Spesso un avvertimento preventivo (ad esempio: «non girate in quella zona con la macchina fotografica al collo: potrebbero cercare di strapparvela») può evitare un sacco di guai. ■ 20 capitolo 4 Se proprio non potete evitare di passare accanto a individui sospetti, ricorrete a questo stratagemma: ostentando un atteggiamento guardingo, infilate la mano all’interno della vostra giacca, o del vostro cappotto (o della borsetta, se siete donne); e tenetela lì, come se doveste impugnare una rivoltella nascosta! Questo trucco, che si ispira alla “fiction” cinematografica, è vecchio ma sempre efficace: è poco probabile che un eventuale malintenzionato corra il rischio di aggredire proprio voi! ■ Un consiglio per le donne. Quando andate al cinema, evitate la vicinanza di eventuali molestatori con un semplice accorgimento: mettete sempre vostro marito o il vostro accompagnatore tra voi e gli altri uomini... Oppure, se siete sole, sedetevi sempre vicino a un’altra donna o all’estremità di una fila. In quest’ultimo caso, potrete agevolmente scappare al primo cenno di pericolo. Difronte al pericolo: sette consigli generali 1Evitare in partenza, e possibile, luoghi e situazioni a rischio. 2Fare sempre attenzione a ciò che accade intorno a noi. 3Restare comunque calmi. 4Avere in ogni situazione un atteggiamento equilibrato, né spavaldo né timoroso. 5 Come prima cosa, esaminare sempre la possibilità di una fuga immediata. 6Non mostrare mai pubblicamente i valori che si portano con sé. 7 Contare innanzitutto su sé stessi. 21 la difesa personale capi tolo 05 La voce come “arma” e come “scudo” La voce è uno strumento molto importante per la difesa personale, a patto di utilizzarla bene. Con questo non vogliamo dire che dovrete imparare a cantare! Più semplicemente, dovrete usare con accortezza la parola (o il grido) a seconda delle circostanze. Nella difesa personale, la voce ha molteplici funzioni, che sinteticamente possiamo suddividere in tre gruppi: A Calmare l’aggressore Parlare con tono pacato, assumendo un atteggiamento conciliante e trovando le giuste argomentazioni, talvolta “sgonfia” sul nascere una situazione potenzialmente pericolosa. ■ Questo approccio va sempre tentato, lo ricordiamo, nei casi di aggressioni del “primo tipo” . B Invocare aiuto Invocare aiuto, o comunque attirare l’attenzione di terzi, può avere un effetto deterrente sul potenziale aggressore. ■ Nel caso, ad esempio, che un maniaco importuni una donna in pubblico, costei non dovrebbe esitare a reagire verbalmente con fermezza.Anche un semplice «Giù le mani, porco!» - detto a voce alta - avrà l’effetto di attirare l’attenzione dei presenti e di scoraggiare l’importuno, con buone probabilità di prevenire gli ulteriori tentativi di aggressione e i relativi rischi “degenerativi”. 22 capitolo 5 Emettere grida marziali Accompagnare i vostri colpi con grida “marziali” avrà un duplice effetto: da un lato fornirà a voi una “carica” psicologica, dall’altro scoraggerà l’assalitore. ■ Il grido deve provenire dal vostro ventre, quasi a infondere ulteriore potenza al colpo che state portando: questa efficace tradizione “guerriera” è praticata da millenni, ed è tutt’ora in voga nella maggior parte delle arti marziali. «Al fuoco!» Un altro (importante) consiglio pratico: in tutti i casi di aggressione in cui è utile cercare di richiamare altre persone (magari non presenti proprio sul posto ma “a portata di voce”), evitate di gridare «Aiuto!» o cose simili. L’esperienza insegna che la gente non accorre a questo tipo di richiamo, per la semplice ragione che ha paura, e che non vuole “grane”. Ha paura, soprattutto, perché non sa a cosa può andare incontro (che vuol dire “aiuto”?; quale reale pericolo ci aspetta dietro l’angolo?). Vi suggeriamo, pertanto, di ricorrere a un richiamo psicologicamente più efficace, da un lato perché legato alle memorie ataviche della specie umana, dall’altro lato perché non generico. Questo richiamo è: «Al fuoco!». Chi ode un simile appello avrà meno paura, perché saprà (o meglio: crederà di sapere!) ciò che lo aspetta, e si sentirà in grado di proteggere la propria incolumità. Sarà dunque meno “frenato” nel desiderio di accorrere per prestare soccorso. Non importa se poi questo potenziale soccorritore interverrà attivamente o meno: il solo fatto che qualcuno accorra potrebbe far desistere l’aggressore dalla sua azione. 23 la difesa personale capi tolo 06 La posizione di guardia Le situazioni in cui sarete costretti ad usare le tecniche di difesa personale saranno ben diverse da quelle della palestra o del ring. Non sempre, pertanto, avrete la possibilità di prepararvi adeguatamente al contrattacco. Molto spesso, al contrario, occorrerà colpire l’assalitore da posizioni e da angolazioni inusuali: potreste - a titolo di esempio - essere bloccati da una presa, oppure trovarvi con le mani piene di pacchi dopo lo shopping, o ancora seduti su una panchina, e così via. È impossibile, naturalmente, sperimentare in anticipo tutte le possibili situazioni concrete (anche se in quest’opera ne esaminiamo moltissime). Quello che occorre fare è allenarsi per sviluppare l’agilità, la prontezVelocità e precisione: è questo, in fondo, il binomio più za di riflessi, la velocità di moviimportante per le tecniche della difesa personale. Il solo mento, il senso dell’equilibrio, la modo di raggiungerlo è lavorare in palestra con costanza funzionalità del nostro meccanied applicazione. smo biologico. Sarà utile, allora, ricercare nei vostri allenamenti una efficace “posizione di guardia”: cioè quella posizione di partenza che vi consentirà di difendervi e di contrattaccare nel modo migliore possibile. 24 capitolo 6 È vero: talvolta potreste essere costretti a sferrare il primo colpo da posizioni diverse. Ma l’efficacia della vostra difesa dipenderà anche dalla rapidità con cui assumerete correttamente la “guardia”. È da qui, dalla posizione di guardia, che dovrete partire nei vostri allenamenti. In una fase successiva, ovviamente, sarà utile sperimentare (con il vostro partner d’allenamento) reazioni efficaci anche partendo da posizioni differenti, cioè da quelle posizioni “naturali” che assumiamo nelle diverse situazioni della nostra vita quotidiana: la “posizione di guardia”, tuttavia, resta un punto di partenza obbligatorio.Va tenuto presente che talvolta assumere rapidamente una corretta posizione di guardia può avere un effetto dissuasivo nei confronti dell’assalitore. Specie se sarete naturali e sciolti nell’assumere la posizione (il che vuol dire “ben Foto 1-2: esercizio per sviluppare le capacità allenati”), il vostro aggressore potrebbe tecniche. Partendo dalla posizione 1, portate il giudicare imprudente venire alle mani diretto destro (2) senza scoprire la vostra guardia. Ripetete per 2 minuti, aumentando gradatamente con voi, e quindi decidere di “filarsela”. Ora forniremo alcuni princìpi generali per la velocità. una corretta posizione di guardia. Ma ricordate che voi dovrete “personalizzarli”, cioè adattare questi princìpi astratti alle vostre concrete caratteristiche fisiche: e questo è possibile solo con la pratica, con l’allenamento. Princìpi generali della posizione di guardia Gli arti inferiori Le gambe devono essere leggermente piegate, in modo che possiate efficacemente... “molleggiarvi” su di esse. Una gamba deve essere più avanzata rispetto all’altra. La distanza tra i vostri piedi dovrebbe più o meno corrispondere a quel- 25 la difesa personale la tra le vostre spalle. In questo modo il peso del vostro corpo sarà equamente distribuito tra le due gambe, e ciò vi renderà più pronti ai movimenti e agli scatti (in qualsiasi direzione) che si rendano necessari. Gli arti superiori Le braccia non devono essere troppo vicine o troppo distanti dal vostro corpo: i gomiti entrambi piegati - non devono fare “attrito” con il tronco, ma d’altro canto devono anche “proteggerlo”. Se i gomiti saranno nella giusta posizione (ripetiamo: vicino al tronco, ma non a contatto) i contrattacchi di pugno potranno essere più efficaci, in quanto potranno sfruttare traiettorie lineari e quindi veloci. La mano che si trova dalla stessa parte della gamba più avanzata deve essere “avanzata” anch’essa (chiusa a pugno a circa venti-quaranta centimetri dal 26 capitolo 6 naso): in questo modo, pugno e avambraccio formeranno una sorta di “scudo frontale”, pronto anche a trasformarsi in mezzo offensivo. L’altra mano (anch’essa chiusa a pugno) deve essere più arretrata, all’incirca all’altezza della mascella: in questo modo con lo stesso arto superiore attuerete due protezioni, una al viso (con la mano e l’avambraccio) e l’altra alle costole (con il gomito ed il braccio). Una posizione del genere consente anche a questo braccio di distendersi rapidamente per colpire, mutando la difesa in contrattacco. 27 la difesa personale Il busto e la testa Il busto deve essere lievemente raccolto su sé stesso e in posizione obliqua (cioè quasi “di fianco”, assecondando la mano e la gamba avanzate), per offrire una minore superficie ai colpi dell’aggressore. I muscoli ventrali e i glutei devono essere contratti, a formare una sorta di “corazza difensiva naturale”. La testa deve essere comunque eretta, lo sguardo fisso sull’aggressore e attento a tutti i suoi movimenti. Scatti e movimenti Dovrete allenarvi a spostarvi rapidamente in ogni direzione. In questi movimenti dovrete muovere per primo, tra i due piedi, quello più vicino alla direzione in cui volete andare, in modo da non incrociare mai le gambe (cosa che ridurrebbe il vostro equilibrio). Non fate mai il passo più lungo... della gamba! I passi devono essere sempre piccoli ma veloci. Durante gli spostamenti, la guardia non va mai abbandonata: l’aggressore potrebbe approfittarne. Ricordate che la coordinazione dei movimenti è fondamentale, sia in attacco che in difesa. È fondamentale anche la corretta valutazione delle distanze (al fine sia degli spostamenti, sia delle parate, sia dei colpi da portare). E c’è un solo modo per raggiungere una buona coordinazione e una corretta valutazione delle distanze: l’allenamento costante. Variare la posizione di guardia Com’è la vostra guardia “naturale”? Destra o mancina? Cioè: quale braccio e quale gamba vi viene spontaneo avanzare? Qualunque sia la posizione di guardia a voi congeniale, vi consigliamo di allenarvi anche in quella esattamente speculare: nelle situazioni di pericolo (non si sa mai) potrebbe esservi utile saper cambiare rapidamente la posizione di guardia. La “guardia mascherata” Cos’è la guardia mascherata Con la mano destra, fingiamo di massaggiarci una tempia, oppure di sistemarci i capelli. Appoggiamo nel contempo il pollice della mano sinistra alla cintura. Sembrano atteggiamenti quasi naturali, ma sono in grado di garantire una buona protezione del nostro corpo. La mano destra difende il viso, ed è pronta a contrattaccare. La sinistra protegge il basso ventre. 28 capitolo 6 Possiamo distendere il braccio destro per parare o deviare il colpo dell’aggressore. Il braccio destro ripiegato sulla testa, insomma, costituisce un efficace scudo per tutti i colpi portati dall’avversario con gli arti superiori: può parare, a titolo di esempio, tanto i diretti (jab) quanto i ganci (swing). La “guardia mascherata” consente una grande efficacia nelle parate, ma è nella possibilità di anticipare l’aggressore che offre le migliori potenzialità. Nella foto, il braccio si distende velocemente per colpire l’avversario alla tempia. 29 la difesa personale “Guardia mascherata”: quando e come usarla La “guardia mascherata” è un’ottima alternativa alla classica posizione di guardia in tutte le situazioni in cui è necessario dissimulare di essere preparati alla lotta. Mostrare di essere pronti al combattimento, infatti, spesso è un modo di provocarlo. Ma il saggio sa che «l’unico modo per non essere mai sconfitti è quello di non combattere mai». La “guardia mascherata” consente, appunto, un prudente atteggiamento preventivo. È in questa posizione, ad esempio, che potreste tentare un approccio verbale per calmare un potenziale assalitore. Se l’approccio funziona, bene. Se non funziona, sarete pronti al peggio. È inutile sottolineare che, una volta cominciato il combattimento, la “guardia mascherata” non serve più. In questo caso tornerete ad assumere la normale posizione di guardia che avrete collaudato (ed eventualmente “personalizzato”) durante gli allenamenti. A proposito di allenamenti: sarà utilissimo esercitarsi, assieme al partner, anche in questa variante difensiva. Le simulazioni in palestra renderanno più efficace, e nel contempo più “naturale”, la vostra “guardia mascherata”. Un ultimo suggerimento: talvolta la posizione di guardia classica potrebbe avere una maggiore efficacia preventiva della “guardia mascherata”. La valutazione è psicologica. E spetterà a voi farla, caso per caso. Una cosa è certa: se il vostro potenziale aggressore non è “convintissimo”, assumere velocemente la classica posizione di guardia potrebbe avere un effetto dissuasivo. L’aggressore potrebbe pensare: «Questo qui è uno che sa “picchiare”. Si vede dalla posizione che ha assunto. Io me la batto». La mano sulla cintura Nella “guardia mascherata”, la mano sulla cintura svolge un ruolo fondamentale. È in grado, infatti, di proteggere il basso ventre da ogni tipo di attacco. E consente inoltre di parare, bloccare o deviare eventuali calci o ginocchiate. 30 capitolo 6 Foto 1-6: tre esercizi per migliorare velocità, precisione nell’esecuzione delle tecniche di gomitata. Per questi esercizi è necessario che il partner d’allenamento sia protetto dallo scudo-sacco. Foto 1-2: portate la gomitata laterale cercando soprattutto la velocità di esecuzione, senza tuttavia penalizzare la fase di caricamento (foto 1). Non colpite con la punta, ma con l’esterno del gomito. Foto 3-4: dopo esservi allenati con la gomitata laterale, passate alla gomitata circolare in avanti, cercando la massima scioltezza dei movimenti. Il colpo deve essere fluido e veloce. Foto 3-4: anche in questo caso, non colpite con la punta del gomito. Usate i colpi “di punta” solo per migliorare la “penetrazione” delle gomitate all’indietro (laddove il bersaglio è meno “duro”, e minore è il rischio di infortunio al gomito). Foto 5-6: allenatevi, infine, con la gomitata in avanti dal basso verso l’alto. Come per gli altri esercizi, cercate di aumentare gradatamente la velocità del colpo. Foto 5-6: anche nella gomitata dal basso verso l’alto, il colpo non deve sbilanciarvi, né scoprire la vostra guardia lasciando pericolosi varchi all’aggressore. 31 la difesa personale Simuliamo in palestra una possibile situazione a rischio: un litigio verbale minaccia di degenerare. Che cosa fare per tenersi pronti ad ogni evenienza, senza tuttavia assumere atteggiamenti provocatori? Sarebbe fuori luogo assumere la classica posizione di guardia: costituirebbe di per sé un invito alla lite. Meglio ricorrere alla “guardia mascherata” , in grado di coniugare un atteggiamento “naturale” e una efficace protezione del corpo. Se l’avversario accenna ad aggredirci, possiamo anticiparlo colpendolo al volto. La “guardia mascherata”, infatti, ci permette una rapida distensione del braccio destro, per un pugno di grande efficacia. 32 capitolo 6 Velocità e precisione UN BINOMIO INDISPENSABILE ALLA DIFESA Foto 1-2: un esercizio specifico per migliorare la velocità e la precisione delle tecniche percussive di pugno. Il partner d’allenamento dovrà disporsi di fronte a voi con le mani aperte, “chiamando” poi la mano da colpire (ad es.: «Destra!»). Foto 2: reagite il più rapidamente possibile per colpire la mano “chiamata”. Ripetete l’esercizio per qualche minuto, cercando di aumentare la velocità senza perdere precisione. Curate, in particolare, la velocità reattiva. 33 la difesa personale capi tolo 07 Le armi del corpo umano colpi con la mano e con il gomito Pugni: Considerazioni generali ✔ Perché il pugno non faccia più male alla vostra mano che all’aggressore dovete innanzitutto saperlo chiudere correttamente. Le dita, serrate, vanno ripiegate su loro stesse fino a congiungersi con il palmo; il pollice deve essere tenuto all’esterno delle dita richiuse, e stretto sulle falangi (vedi le foto). ✔ Quando portate il pugno, cercate sempre di colpire con precisione il punto che sceglierete come bersaglio (per tale scelta, è importante conoscere il capitolo sui punti vulnerabili del corpo umano). ✔ Dopo il pugno, l’arto che ha portato il colpo va immediatamente ritratto, per evitare che il vostro assalitore possa bloccarlo, torcerlo, o usarlo per una “proiezione” a vostro danno. ✔ Nelle situazioni in cui sarete costretti a usare i pugni, cercate non tanto il singolo colpo, quanto piuttosto le “scariche”, possibilmente alternando le tipologie di colpi e le relative angolazioni. La vostra difesa, in questo modo, sarà meno prevedibile e più efficace. ✔ Il pugno è una efficace tecnica di difesa personale, ma è consigliabile in particolare a chi è muscolarmente dotato, e possiede un certo peso corporeo. Per una donna di costituzione minuta che debba cercare di portare un colpo risolutivo per poi fuggire, insomma, è generalmente più efficace il ricorso ad altre tecniche (vedi oltre). Lo stesso discorso vale per chi ha polsi/mani/ dita piuttosto “fragili”, poiché con il “pugno nudo” rischierebbe (assai più che con altre tecniche) fratture, slogature, contusioni, e così via. Passiamo ora ad esaminare le tre fondamentali tipologie di pugno: diretto, gancio e montante. Ricordate che la corretta posizione di partenza per portare i pugni, così come gli altri colpi che vi illustreremo, è la “posizione di guardia” (di cui abbiamo già parlato). 34 capitolo 7 Il diretto (jab) Il diretto è un colpo veloce (giacché si avvale di una traiettoria lineare), il cui bersaglio per eccellenza è costituito dal viso dell’avversario, e in particolare dalla radice del naso. Per portare il colpo, il braccio va disteso con forza e velocità verso il bersaglio; il gomito, tuttavia, non deve essere del tutto teso, altrimenti potrebbe slogarsi. In questo movimento è utile accompagnare il colpo con una rotazione delle spalle (questa rotazione, che deve partire dai fianchi, coinvolge in realtà tutto il corpo: in questo modo il pugno avrà maggiore forza, perché “sostenuto” dall’intero peso corporeo). Al momento dell’impatto il dorso della mano chiusa a pugno deve essere rivolto verso l’alto. Protagoniste dell’impatto saranno in particolare le prime due nocche, che in quel momento saranno in linea con i vostri occhi. Il gancio (swing) Il gancio è un colpo di notevole potenza, se correttamente portato, da eseguire a distanza ravvicinata, il cui bersaglio ideale è costituito dalla mascella. Il gomito va alzato all’esterno, mentre braccio e avambraccio devono formare un angolo di circa 90°: quest’angolo non deve mutare assetto durante il colpo. Il colpo, semicircolare, va portato ruotando assieme all’arto sia le spalle che le anche, in modo da trasferire il peso del corpo sulla gamba più arretrata. Al momento dell’impatto le nocche devono essere più o meno all’altezza della spalla. Per colpire il “bersaglio grosso”, pertanto, dovrete nel contempo piegarvi sulle ginocchia: in questo modo potrete mirare anche allo stomaco o al fegato, che costituiscono bersagli alternativi alla mascella. 35 la difesa personale Il montante (uppercut) Il montante è un colpo efficace se diretto al fegato, allo stomaco o alla punta del mento. L’arto va “caricato” formando un angolo retto tra braccio e avambraccio (angolo che va mantenuto al momento dell’impatto), e piegandosi lievemente sulle gambe. Il colpo va inferto dal basso verso l’alto. Quando scaricate la potenza nel colpo, sarà utile distendere le gambe che avevate piegato nella fase di caricamento: ciò darà al vostro montante una forza maggiore. Va tenuto presente che raggiungere la punta del mento con questo colpo è più difficile che raggiungere gli altri possibili bersagli, per la semplice ragione che la traiettoria da percorrere è più lunga. Il nostro consiglio, pertanto, è di privilegiare gli obiettivi “fegato” e “bocca dello stomaco”, anche se la punta del mento sarebbe in teoria, per il montante, un punto più vulnerabile. Per le donne, per i più giovani, per i meno dotati dal punto di vista muscolare vale la considerazione generale fatta all’inizio di questo paragrafo sui pugni: meglio ricorrere ad altre tecniche, giacché questa richiede una notevole forza. Colpi con il taglio della mano Considerazioni generali ✔ I colpi con il taglio della mano rappresentano tecniche ideali per la difesa personale: se ben eseguiti, infatti, consentono una grande efficacia anche a chi non è muscolarmente dotatissimo. Inoltre, a differenza di quando si ricorre ai pugni, per esempio, sono notevolmente ridotti i rischi di infortunio. ✔ La mano deve essere irrigidita, con tutte le dita unite fra di loro (anche il pollice deve essere ben serrato lungo l’indice): in questo modo potrà infliggere colpi con entrambi i bordi (shuto e haito, nella terminologia del Karate). ✔ I colpi possono essere portati sia dall’interno verso l’esterno che dall’esterno verso l’interno. ✔ Sia nei “tagli” dall’interno verso l’esterno sia in quelli dall’esterno verso l’inter- 36 capitolo 7 no, vi suggeriamo di ricorrere ai colpi portati con il bordo esterno della mano (shuto). Per i colpi dall’esterno all’interno, in teoria, potreste usare anche l’altro bordo (quello dalla parte del pollice, per intenderci): ma in questo movimento è assai più probabile una completa apertura della vostra guardia. “Taglio” dall’interno verso l’esterno Questo colpo è particolarmente efficace se diretto alla gola dell’avversario. Anche il naso e la nuca, tuttavia, sono bersagli possibili: dipende dalla posizione vostra e da quella del vostro assalitore. Nella fase di caricamento la mano (irrigidita come spiegato) va portata (come al solito partendo dalla “posizione di guardia”) verso la vostra spalla (quella opposta alla mano stessa) o verso il vostro orecchio (sempre quello “opposto”): quindi il braccio va disteso velocemente avendo cura che il gomito resti al di sotto del vostro mento; il movimento di distensione va accompagnato da una rotazione dei fianchi nella stessa direzione, per imprimere maggiore forza al colpo. Al momento dell’impatto il braccio deve essere completamente teso (con la mano sempre irrigidita), e la linea ideale che congiunge i vostri fianchi dovrà essere parallela alla linea ideale che va dalla punta delle vostre dita al vostro naso. “Taglio” dall’esterno verso l’interno I bersagli ideali di questo colpo sono gli stessi del colpo precedente. Cambia, naturalmente, la fase di caricamento: la mano andrà portata verso l’orecchio corrispondente (destro se la mano è quella destra, sinistro se la mano è quella sinistra). Per aiutarvi nella fase di caricamento, potrete stendere davanti 37 la difesa personale a voi il braccio opposto a quello che porta il colpo. Oltre alla fase di caricamento, nella tecnica “dall’esterno verso l’interno” cambia anche un altro elemento fondamentale: il braccio, anziché distendersi, resterà sempre piegato fino all’impatto finale. Il colpo va portato con movimento semicircolare, accompagnato dalla consueta rotazione dei fianchi; al momento dell’impatto la linea ideale tra i fianchi sarà parallela (come nella tecnica precedente) alla linea ideale che corre tra la punta delle vostre dita e il vostro naso. Colpi con la punta delle dita Questa tecnica rappresenta una sorta di via di mezzo tra il colpo di pugno e il colpo con il taglio della mano. I movimenti con cui portare il colpo saranno identici a quelli con cui portare i pugni. Ma la mano è atteggiata a taglio, cioè tesa e irrigidita. Particolarmente efficace è il “diretto” con la punta delle dita: in questo caso uno dei bersagli più vulnerabili è costituito dall’occhio dell’aggressore. Abbiate l’accortezza, nell’eseguire questa tecnica, di flettere lievemente il dito medio e (in misura ancora minore) l’anulare, in modo che le punte siano in linea con la punta dell’indice. 38 capitolo 7 Colpi con il palmo della mano Anche i colpi con il palmo della mano, al pari di quelli con il “taglio”, sono particolarmente adatti alla difesa personale: innanzitutto perché la superficie che va all’impatto (la parte inferiore del palmo della mano) è, rispetto al pugno, per esempio, assai più resistente all’impatto stesso. Si riducono quindi i rischi di infortunio, mentre il colpo resta di grande efficacia anche per chi non possiede una grande forza muscolare (a patto, naturalmente, che la tecnica di esecuzione sia corretta). Bersaglio ideale di questa tecnica è il viso dell’avversario: in particolare il mento, il naso e la fronte (per essere precisi: la parte bassa della fronte, vicino alla parte superiore del setto nasale). Il movimento del colpo è simile a quello del jab, oppure a quello dello swing: deve essere, cioè, o diretto o semicircolare. 39 la difesa personale Gomitate Considerazioni generali ✔ La gomitata è senza dubbio uno dei colpi più efficaci in assoluto per la difesa personale: è infatti un colpo di facile esecuzione, che si avvale di una parte del nostro corpo adattissima a procurare danno, in quanto dura e relativamente appuntita, cioè in grado di percuotere con un ottimo coefficiente di penetrazione. ✔ La gomitata è particolarmente indicata quando l’aggressore si trova a corta distanza, o addirittura a contatto. ✔ Nella preparazione del colpo, l’avambraccio va sempre ripiegato, in modo da “appuntire” il gomito. Il polso va ruotato in modo che il palmo della mano “guardi” il vostro bicipite, e la mano va chiusa a pugno. ✔ In alcune tipologie di gomitata (ad esempio nella gomitata all’indietro o in quella laterale) l’altra mano può appoggiarsi al pugno dell’arto impegnato a colpire, con un “effetto spinta” in grado di aumentare la potenza del colpo. ✔ In altri casi (ad esempio nelle gomitate frontali dirette al viso dell’aggressore) la mano libera potrebbe afferrare il bersaglio del colpo e “tirarlo” verso il gomi to: anche in questo caso la potenza del colpo viene accresciuta. Nell’esempio testè fatto (le gomitate frontali al viso) la mano libera potrebbe afferrare i capelli dell’assalitore. 40 capitolo 7 Gomitata all’indietro Se l’aggressore si trova alle vostre spalle, la gomitata all’indietro può rappresentare una reazione davvero efficace. Se il movimento sarà eseguito correttamente, non ha grande importanza dove andrà a colpire (del resto è più difficile “mirare” ad un bersaglio preciso quando l’assalitore è dietro di voi): il colpo produrrà sempre un dolore intenso, sia che raggiunga lo stomaco sia che raggiunga il fegato sia che raggiunga le costole, e così via. Nella fase di caricamento, il braccio va portato davanti a voi; quindi dovrete ripiegare l’avambraccio e girare il polso (come sopra spiegato), e infine colpire all’indietro ruotando nel contempo il busto per imprimere una maggiore potenza. Se l’avversario vi sta bloccando le spalle con le sue braccia, potrebbe risultare impossibile accompagnare il colpo con la rotazione del busto. In questo caso sferrate una gomitata all’indietro dal basso verso l’alto, cercando nello stesso tempo di piegarvi in avanti: il colpo sarà ugualmente efficace. Gomitata frontale Alla gomitata frontale potreste ricorrere quando l’aggressore si trova di fronte a voi, a media o a breve distanza. Obiettivi ideali di questo colpo sono la punta del mento oppure la radice del naso, ma anche la mascella o la gola. Il movimento - semicircolare - è quasi identico a quello dello swing, tranne la fase finale. Nella fase finale, infatti, si piega l’avambraccio (come spiegato 41 la difesa personale nelle considerazioni generali sulle gomitate) e, continuando a ruotare le anche e le spalle, come nel gancio, e facendo un passo in avanti, si colpisce il bersaglio con la punta del gomito. Un possibile movimento alternativo per la gomitata frontale (ma di esecuzione più difficile) è quello tipico del montante (dal basso verso l’alto): anche in questo movimento l’avambraccio si piega nella fase finale. Ideale, in questo caso, è cercare di colpire sotto il mento dell’avversario. Il punto con cui “impatterete” è la zona immediatamente superiore alla punta del gomito (osso radiale). 42 capitolo 7 Gomitata laterale Alla gomitata laterale farete ricorso, naturalmente, quando l’aggressore è al vostro fianco. La tecnica di caricamento è simile a quella degli altri tipi di gomitata: ma abbiate l’avvertenza, in questo caso, di tenere le spalle basse e rilassate, e di ruotare la testa nella direzione in cui intendete colpire; le gambe vanno leggermente piegate, per poi distendersi al momento di scaricare nel colpo tutta la potenza. La mano libera potrebbe appoggiarsi al pugno dell’arto che esegue la tecnica, e spingere per aumentare l’efficacia del colpo. Gomitata dall’alto verso il basso La gomitata dall’alto verso il basso è sempre molto dolorosa anche perché sfrutta la forza di gravità. Uno dei bersagli ideali di questa tecnica è costituito dall’arto con il quale il vostro assalitore sta cercando di colpirvi, specie se con una mano siete riusciti ad afferrare l’arto in questione: con l’altro vostro braccio, in questo caso, potete infliggere una gomitata dall’alto verso il basso, diretta ad esempio all’avambraccio o alla coscia del vostro aggressore, a seconda dell’arto che questi sta utilizzando. La gomitata dall’alto verso il basso può anche rappresentare il secondo (e decisivo) colpo in una combinazione di tecniche di difesa personale. Qualora siate riusciti a costringere il vostro assalitore a piegarsi in avanti (ad esempio in seguito a un efficace calcio nella zona inguinale), potreste colpirlo nuovamente con questo tipo di gomitata: il bersaglio ideale, nella fattispecie, è costituito dalla spina dorsale (in un qualsiasi punto, anche nella zona cervicale) oppure dalla zona renale. 43 la difesa personale Calci e ginocchiate Considerazioni generali su calci e ginocchiate A causa delle leggi fisiche della “leva”, i colpi portati con gli arti inferiori sono sempre più potenti di quelli portati con gli arti superiori, e costituiscono pertanto un eccellente mezzo di difesa personale: con queste tecniche persino un bambino (ad esempio con un calcio bene assestato sullo stinco o sul ginocchio) può mettere un adulto in condizioni di non nuocere. Rispetto ad un pugno, inoltre, un calcio (o una ginocchiata) presenta minori rischi di infortunio. I piedi, in particolare, sono meno vulnerabili delle mani, anche perché generalmente sono “protetti” da calzature. Considerazioni sui calci Scordatevi i colpi spettacolari alla Bruce Lee, cioè i calci che raggiungono il viso dopo prodezze di agilità: il bersaglio ideale dei vostri calci è sempre “basso”, cioè compreso tra i piedi e la cintura dell’aggressore. Se terrete presente questo principio, i vostri colpi saranno più efficaci, e si ridurranno i rischi di perdere l’equilibrio, nonché il rischio che l’aggressore possa afferrare la vostra gamba. ■ Il calcio è una tecnica che si adatta in modo particolare alle donne, giacché queste posseggono un’articolazione coxo-femorale più mobile rispetto a quella degli uomini. Nelle donne, insomma, il “differenziale medio” tra la potenza dei colpi portati con le braccia e la potenza dei colpi portati con le gambe è ancora più accentuato. 44 capitolo 7 ■ Il calcio può essere sferrato in tutte le direzioni, e con diverse traiettorie. Col mutare delle traiettorie e dei bersagli muta anche la parte del vostro piede che va all’impatto: può essere la punta della scarpa, oppure il taglio interno del piede, o quello esterno, o la pianta (cioè la suola della scarpa, specie in corrispondenza della zona che si trova fra le dita e l’incavo del piede), oppure il tacco. Dipenderà da voi, a seconda delle circostanze, scegliere la tecnica, la traiettoria, il bersaglio, il punto con cui colpire. N.B. - Nell’esempio qui sopra abbiamo ipotizzato la presenza delle calzature: non va dimenticato, tuttavia, che potreste trovarvi nella necessità di usare il calcio a piedi nudi. Basti pensare ad una aggressione d’estate sulla spiaggia; oppure al fatto che potreste essere... carmelitani scalzi! Battute a parte: è preferibile usare questa tecnica quando il piede è adeguatamente protetto; ma in certi casi si può calciare anche a piedi nudi (privilegiando, però, i colpi con la pianta del piede, specie con la zona sottostante le dita, che vanno ripiegate verso l’alto per evitare rischi di fratture; e rinunciando del tutto ai colpi “di punta”). ■ Tutte le tecniche di calcio che illustreremo possono essere eseguite privilegiando la velocità oppure privilegiando la potenza: in questo secondo caso, il colpo farà più male ma nel contempo sarà leggermente più prevedibile, proprio perché verranno “esasperate” la fase di caricamento e la spinta. 45 la difesa personale ■ Una componente molto importante per tutte le tecniche di esecuzione del calcio è l’equilibrio. Qualora vi mancasse l’equilibrio quando comincerete a sperimentare queste tecniche, tuttavia, non dovete spaven tarvi, né ritenere che sia meglio per voi fare ricorso ad altre tecniche tralasciando i calci. L’equilibrio, infatti, non è una dote “innata”, che si ha oppure non si ha: è, viceversa, un obiettivo che si può raggiungere. Basta allenarsi con costanza. ■ A proposito di equilibrio: se la situazione in cui vi trovate lo rende possibile, per sferrare meglio il vostro calcio cercate un appoggio. Le vostre mani potrebbero appoggiarsi, ad esempio, alla portiera di un’automobile, o al corrimano di una scala, oppure stringersi attorno a un palo o ad un lampione: l’appoggio vi permetterà non solo di conservare l’equilibrio durante e dopo il calcio, ma anche di imprimere maggiore potenza al calcio stesso. ■ I colpi di calcio si prestano a essere sferrati anche in situazioni anomale o in momenti critici. Se ad esempio veniste aggrediti mentre siete seduti su una panchina, potreste calciare sfruttando l’appoggio dello schienale della panchina. Lo stesso dicasi per le situazioni che vi vedano a terra (magari in seguito ad una spinta o ad un colpo efficace del vostro assalitore): poggiando sul terreno la schiena (oppure un braccio e il fianco corrispondente) potreste opporre all’aggressore una scarica di calci che fungerà anche da “barriera” rispetto a un eventuale tentativo di immobilizzarvi. ■ Ultimo consiglio generale: a prescindere dalla parte del vostro piede che sosterrà l’impatto, e anche se indossate robuste calzature, quando calciate contraete sempre le dita dei piedi, magari arcuandole verso l’alto quando vi accingete a colpire con la pianta del piede; ciò eliminerà quasi del tutto il rischio di fratture. 46 capitolo 7 Considerazioni sulle ginocchiate I bersagli possibili per una ginocchiata sono molteplici: per esempio la zona inguinale (i testicoli in particolare), o le costole, o la bocca dello stomaco. La scelta dipende, naturalmente, da alcune variabili, come il rapporto fra la vostra altezza e quella dell’aggressore, le reciproche posizioni, e così via. Fra i bersagli possibili, ad ogni modo, non dimenticate la coscia: una ginocchiata nei muscoli della coscia può provocare dolore intenso e persino una “paralisi” momentanea dell’arto. Calcio frontale Va premesso che il calcio frontale può essere portato sia con la gamba avanzata che con quella arretrata: nel primo caso sarà più veloce e meno prevedibile, nel secondo caso sarà invece più potente. La scelta, come al solito, spetterà a voi, a seconda della situazione concreta in cui vi troverete. Gli obiettivi da preferire per questo calcio sono: la zona inguinale, quella addominale, lo stinco, il ginocchio (ma anche la caviglia, oppure il piede). In ogni caso sconsigliamo vivamente (per le ragioni già indicate) di scegliere obiettivi “spet tacolari” come quelli situati al di sopra della cintura del vostro aggressore. 47 la difesa personale Nella fase di caricamento, il ginocchio va portato verso il petto (non è necessario, tuttavia, superare col ginocchio stesso l’altezza dei vostri fianchi), mentre il peso del corpo grava tutto sul piede che rimane a terra (i muscoli della gamba che poggia, pertanto, vanno mantenuti contratti). Il ginocchio ha una funzione molto importante nel caricamento: ricordate che in questa tecnica di calcio il ginocchio va sollevato prima di portare il colpo; in questo modo fungerà da fulcro per la migliore trasmissione della potenza (una sorta di “perno”, insomma, sia per il calcio singolo che per una serie di calci in rapida successione). La gamba che porta il colpo, raccolta su sé stessa durante la fase di sollevamento del ginocchio, va poi distesa velocemente in avanti (il movimento complessivo - caricamento + scaricamento - deve ricordare quello di una molla). La traiettoria deve essere il più possibile diretta, e in ogni caso mai “ascendente” (ciò toglierebbe forza al colpo). Nella fase di scaricamento, accompagnate la gamba slanciata in avanti con una lieve rotazione sia dell’anca che del piede d’appoggio: il calcio sarà così più potente e più efficace. La parte del vostro piede che andrà all’impatto sarà o la punta (specie se state portando calzature “rinforzate” in quella zona) o la pianta (cioè la suola della scarpa). Quando comincerete ad allenarvi in questa tecnica di calcio, vi consigliamo di partire suddividendo il movimento in quattro fasi distinte: 1 alzate il ginocchio (in modo che la coscia sia all’incirca perpendicolare al vostro busto, e che la parte superiore della gamba formi un angolo retto con quella inferiore) tenendo il corpo e la testa diritti, e lo sguardo fisso su un “immaginario” aggressore; 2 distendete la gamba velocemente, per portare il colpo; 3 ripiegate il piede in modo da tornare alla posizione “1” (in pratica, la gamba che forma un angolo retto); 4 poggiate a terra la gamba, tornando alla posizione di guardia. Nei vostri primi allenamenti scandirete bene queste quattro fasi, facendo una pausa tra una fase e l’altra. Solo successivamente vi allenerete ad effettuare il movimento completo in modo fluido e veloce. Il calcio frontale ha due possibili varianti (entrambe destinate a bersagli molto bassi: da preferire lo stinco e la caviglia), che prevedono differenti tecniche di caricamento e di slancio. 48 capitolo 7 ■ Nella prima variante, il piede che colpirà va portato all’indietro (come per calciare il pallone), per essere poi mosso velocemente in avanti andando ad impattare con il lato interno della scarpa (oppure con la punta). Al fine di rendere più facili e più efficaci sia il caricamento che la distensione dell’arto, è preferibile, nell’esecuzione di questa variante, ricorrere alla gamba più arretrata (si veda il capitolo sulla “posizione di guardia”). Questa tecnica è efficace quando la distanza tra voi e l’aggressore è più ridotta; è molto utile farvi ricorso specie quando l’assalitore vi ha afferrato i polsi e sta cercando di immobilizzarvi. Nell’esecuzione di questa variante, consigliamo di piegare all’indietro il busto mentre portate avanti la gamba per colpire, flettendo lievemente anche la gamba d’appoggio: ciò consentirà (ad un tempo) un maggiore equilibrio, una maggiore potenza, una maggiore protezione del vostro viso (che sarà allontanato all’indietro) da eventuali attacchi dell’aggressore. ■ Nella seconda variante (“calcio a falce”), la fase di caricamento è simile a quella della prima variante: il piede va portato all’indietro, senza sollevare il ginocchio verso il petto. Ma la seconda fase è diversa: il movimento infatti è circolare (come quello di una falce), e tutto il corpo deve ruotare assieme al piede che porta il calcio. Qualora mancaste il bersaglio, pertanto, tenetevi pronti a completare questo movimento rotatorio: in pratica, farete un giro completo su voi stessi. Un possibile obiettivo di questo tipo di calcio è costituito dalle caviglie dell’avversario, e il movimento circolare avrebbe, in questo caso, lo scopo di far cadere l’aggressore. Protagonista dell’impatto potrebbe essere la parte interna del vostro piede, ma anche la tibia.Un altro possibile obiettivo è costituito dalla coscia dell’assalitore, al fine di procurare un “effetto paralisi”: in questo caso, però, il movimento è più ampio e più difficile, e comporta un lungo e duro allenamento. 49 la difesa personale Calcio laterale Se l’aggressore si trova al nostro fianco, lo si può colpire con questa tipologia di calcio. La fase di caricamento è la stessa del calcio frontale. Ma la gamba va poi a colpire slanciandosi lateralmente. Un consiglio: per evitare movimenti poco naturali (che presupporrebbero una mobilità articolare da “contorsionista”), colpite sempre dall’alto verso il basso. Gli obiettivi privilegiati, a questo punto, diventano il ginocchio o lo stinco o la caviglia. O anche la zona inguinale, a patto che si accompagni il colpo con un corrispondente piegamento del busto (che praticamente si dispone “in linea” con la gamba distesa, facilitando lo scaricamento “naturale” del calcio, senza contorsioni circensi!). Il principale vantaggio del calcio laterale è la sua scarsa prevedibilità (data la posizione inconsueta), unita alla notevole potenza che caratterizza i colpi ben eseguiti. Anche per questo calcio sarebbe molto vantaggioso riuscire ad appoggiarsi con le mani a un eventuale sostegno (una parete, un palo, eccetera). Calcio all’indietro Questo è un tipo di calcio che trova scarsa applicazione pratica nella difesa personale, in quanto è un colpo difficile e rischioso. Il suo utilizzo potrebbe limitarsi al caso in cui dobbiate affrontare due aggressori, uno davanti a voi e uno dietro di voi: in questo caso potreste usare come “appog- 50 capitolo 7 gio” l’assalitore di fronte a voi, cercando di sorprendere (con il calcio all’indietro) quello alle vostre spalle. In altri casi è un colpo che conviene poco: se avete un solo aggressore molto vicino alle vostre spalle (che sta cercando di bloccarvi) è molto meglio ricorrere alla gomitata all’indietro, magari seguita da un calcio laterale dopo aver ruotato il busto; se invece l’aggressore alle vostre spalle non è così a ridosso, allora è meglio che vi giriate e che assumiate la posizione di guardia. Se addirittura l’aggressore è davanti a voi, beh, perché voltargli le spalle, seppure per la sola frazione d’un secondo? Chiarito perché questo sia un colpo poco applicabile, va comunque sottolineato che è sempre meglio conoscerlo (non si sa mai!). Vediamo dunque come si esegue. La fase di caricamento è simile a quella del calcio frontale. La fase di “scaricamento” della potenza avviene invece all’indietro, mentre piegherete il busto in avanti (cercate tuttavia di non piegarlo troppo). Il busto può anche essere ruotato lateralmente (assieme alla testa e alle anche) in modo che possiate vedere meglio il bersaglio ed ottenere così una maggiore precisione del colpo: in questo caso la fase finale dell’esecuzione ricorderà da vicino quella tipica del calcio laterale. Per questo calcio più che mai, vale il consiglio generale di mirare a obiettivi come il ginocchio o le caviglie dell’aggressore, in modo che il colpo possa arrivare a segno dall’alto verso il basso; altrimenti sarebbe facile perdere l’equilibrio o, ancor peggio, farsi afferrare l’arto dall’aggressore stesso. Alcune considerazioni generali già fatte a proposito dei pugni sono valide anche per calci e ginocchiate. Ripassiamole: 1 cercate sempre la massima precisione; 2 dopo il colpo, ritraete subito l’arto, per evitare che il vostro assalitore possa afferrarlo a suo vantaggio; 3 non limitatevi a portare un singolo colpo, ma cercate le “scariche” in rapida successione, possibilmente alternando le tipologie di colpi e le relative angolazioni: il vostro contrattacco, in questo modo, sarà meno prevedibile e più efficace. 51 la difesa personale 52 capitolo 8 capi tolo 08 I colpi “poco ortodossi” una arma in più nell’emergenza I colpi “poco ortodossi” servono soprattutto quando il nostro assalitore, prendendoci di sorpresa o utilizzando la sua forza superiore, è già giunto a distanza ravvicinata e cerca di immobilizzarci. Un caso tipico è il tentativo di stupro, in cui la vittima si ritrova per forza di cose a stretto contatto con l’aggressore. In certi casi, dunque, non dovete esitare a servirvi di morsi, graffi, testate, strappo dei capelli e quant’altro. Vediamo come. Il morso Se avete a portata di denti una delle seguenti “parti sensibili” del vostro aggressore, mordetela senza esitare: il collo, le dita (ma anche qualsiasi altra parte del braccio), le orecchie, il naso. 53 la difesa personale La testata Se l’assalitore è di fronte a voi e vicinissimo, potete assestargli un colpo con la parte superiore della testa alla radice del naso. Ricordatevi: dovete colpire con la fronte e mirare al setto nasale. Un errore di un solo centimetro potrebbe trasformare la vostra testata in un clamoroso autogol, che procurerà a voi stessi tutto il danno che volevate infliggere all’assalitore. Per usare la “testata”, ovviamente, non deve esserci troppa differenza di altezza tra aggressore ed aggredito. Qualora siate molto più bassi, potete portare una testata al mento: dovete colpire con la parte superiore della fronte, con un movimento dal basso verso l’alto. 54 capitolo 8 Il graffio Va premesso che graffi e pugni sono tecniche di combattimento che si escludono a vicenda.Per graffiare, infatti, occorre avere le unghie un po’ più lunghe del normale; il che impedisce di serrare correttamente le dita per portare il pugno. L’obiettivo del graffio è il viso dell’assalitore: l’ideale è mirare agli occhi. Lo strappo dei capelli Afferrate le chiome del vostro assalitore e strappatele con forza. Questo colpo è molto doloroso, ma non solo. Può presentare anche un altro vantaggio: infatti lo strappo dei capelli stimola le ghiandole lacrimarie, così che la vista del vostro assalitore potrebbe offuscarsi, dandovi il tempo per portare altri colpi in rapida successione o per fuggire. 55 la difesa personale Le torsioni e le pressioni In alcune situazioni potreste avere gli arti superiori semi-immobilizzati, cioè non in grado di effettuare i movimenti necessari per “caricare” il colpo. In questi casi è possibile (ed efficace) ricorrere alle pressioni o alle torsioni. Ad esempio: l’assalitore - più grande e più forte di voi - vi stringe in una morsa cingendovi con le braccia; i vostri arti superiori sono dunque compressi contro le vostre costole e i vostri fianchi; con la mano, tuttavia, potreste riuscire a raggiungere i testicoli dell’aggressore, e piazzare un semplice quanto efficace “pizzicotto” (bastano due dita). Questa torsione (dolorosissima) costringerà l’aggressore a mollare la presa, e consentirà a voi di recuperare la posizione di guardia e/o di portare altri colpi. Altri obiettivi ideali delle torsioni sono i capezzoli, il naso, le orecchie. Anche la pelle dei fianchi o delle braccia potrebbe essere raggiunta da efficaci pizzicotti: certo, questi non sono mai colpi risolutivi, ma talora potrebbero avere un’efficacia “diversiva”, atta cioè a farvi uscire da situazioni davvero molto scomode (ad esempio una presa che vi sta bloccando). Lo stesso dicasi per le pressioni: nel caso che le vostre mani possano raggiungere il viso dell’assalitore, una pressione dei pollici nella zona oculare potrebbe ribaltare le sorti di un corpo a corpo che vi veda soccombenti. 56 capitolo 8 NIENTE SCRUPOLI CONTRO CHI NON HA SCRUPOLI In una situazione di reale pericolo, non bisogna avere remore: si possono usare anche i colpi che in altre circostanze si giudicherebbero “scorretti”. Ricordatevi che non siete su un ring, e che il vostro aggressore non è un leale avversario di una leale competizione sportiva. Ricordatevi che le intenzioni di chi vi vuole nuocere sono ancora meno “ortodosse” dei colpi che vi apprestate a portare... 57 la difesa personale capi tolo 09 Prese e leve articolari Prese Le prese sono, in sostanza, azioni che immobilizzano l’avversario per mezzo di una “stretta”, solitamente con le braccia. Ma nella difesa personale non è consigliabile ricorrere alle prese. E il motivo è molto semplice: se il principio della difesa personale è quello di reagire all’attacco per cercare al più presto la via di fuga, esercitare una presa produce una sorta di stallo; infatti non potete fuggire senza “mollare” l’avversario, ma se lo mollate costui è in grado di aggredirvi. Nella difesa personale, pertanto, le prese sono (quantomeno) poco utili. Ma c’è 58 capitolo 9 di più: mantenere a lungo una presa significa tenere impegnati i muscoli delle vostre braccia, e lasciare all’avversario il tempo per organizzare una reazione. Il nostro consiglio, pertanto, è questo: studiate bene la tecnica delle prese, ma solo per potervi meglio difendere da esse. Qui di seguito illustreremo le principali prese, rimandando l’illustrazione e la spiegazione delle relative contromosse difensive al capitolo dedicato a «Le tecniche strettamente difensive». La presa alle spalle Questa tecnica di presa utilizza una forte stretta delle braccia per immobilizzare, da dietro, il tronco e gli arti superiori dell’avversario; chi subisce questo tipo di presa, tra l’altro, non riesce a vedere bene l’aggressore, proprio perché colto alle spalle. È particolarmente pericolosa la cosiddetta “presa all’americana”, azione condotta da più aggressori: in questa tecnica uno degli assalitori utilizza la presa alle spalle, mentre l’altro (o gli altri) colpisce (colpiscono) ripetutamente la vittima immobilizzata. 59 la difesa personale La “cravatta” Anche questa tecnica di presa utilizza una forte stretta delle braccia. Ma il bersaglio, questa volta, è il collo, che viene afferrato da una posizione laterale: uno dei due arti superiori coinvolti svolge direttamente l’azione della presa, mentre l’altro coadiuva il primo nella stretta. Ciò produce uno strangolamento e, allo stesso tempo, una torsione in avanti del busto della vittima, che ha quindi notevoli difficoltà a tornare in posizione eretta e a reagire efficacemente. Lo strangolamento Questa tecnica consiste in una forte pressione alla gola (diretta o indiretta) esercitata per mezzo delle mani o di un avambraccio (in quest’ultimo caso, lo strangolamento viene effettuato da dietro). Lo strangolamento “indiretto” può avvalersi di corde o di altri strumenti; può essere utilizzato persino il colletto della vittima: in questo caso, gli avambracci dello strangolatore si incrociano, tirando il bavero in modo che questo si stringa attorno al collo. 60 capitolo 9 ■ La pressione può essere esercitata sulle arterie carotidee (specie usando le dita) o sulla trachea (specie usando l’avambraccio da tergo). Nel primo caso si impedisce il regolare afflusso di sangue al cervello: pochi secondi possono essere sufficienti per far perdere i sensi alla vittima, o addirittura per ucciderla. Nel secondo caso si impedisce il regolare afflusso di aria nei polmoni; qui il tempo necessario per far perdere i sensi (o per uccidere) è leggermente superiore; ma appare chiaro come questa presa sia ugualmente molto pericolosa. 61 la difesa personale ■ Durante gli allenamenti col vostro partner, sarà sicuramente utile sperimentare le tecniche di strangolamento e le relative tecniche di difesa. Ma, considerando la particolare pericolosità di questo tipo di presa, occorre la massima prudenza. Bisogna ricordarsi, innanzitutto, che l’uso della voce è spesso compromesso dall’azione di strangolamento, e che pertanto potreste non essere in grado di dire «basta» al vostro partner. Vi consigliamo, in proposito, di ricorrere a una semplice metodologia, usata in diverse arti marziali: per far desistere il partner dalla sua azione, battete più volte la mano sul pavimento (se vi trovate a terra) o sul corpo del partner (se vi trovate in posizione eretta). Sarà questo il segnale convenuto per interrompere immediatamente l’esercitazione. Leve articolari Nelle leve articolari si immobilizza una articolazione del corpo dell’avversario, al fine di impedirgli di nuocervi. L’articolazione, naturalmente, va costretta in una posizione innaturale, il che si ottiene applicando una leva ed esercitando con forza una pressione continua nella direzione opportuna. Le possibili articolazioni-bersaglio sono tre: il polso, il gomito, la spalla. Come si vede, appartengono tutte agli arti superiori. In teoria, potrebbero essere oggetto di una leva anche le articolazioni delle gambe: ma in pratica ciò potrebbe accadere soltanto se il vostro avversario fosse già a terra, e voi sopra di lui. In questo caso avreste a vostra disposizione molte mosse più facili (e più efficaci). Lasciamo dunque che siano i lottatori di catch a occuparsi di leve al piede. E concentriamoci sulle due leve articolari più semplici da eseguire: quella al polso e quella al gomito. ■ Innanzitutto bisogna tenere a mente 4 princìpi generali, che valgono sia per il primo che per il secondo tipo di leva: 1Il punto di leva va applicato il più vicino possibile all’articolazione che intendete immobilizzare. 2La forza, viceversa, va applicata lontano dall’articolazione, e quindi lontano dal punto di leva. Prima ancora che alle tecniche della difesa, questi primi due princìpi appartengono ad Archimede! (Ricordate? «Datemi un punto d’appoggio e vi solleverò il mondo»). 62 capitolo 9 Allenamento in palestra. Il partner vi afferra per i polsi. Con una rotazione delle mani volgete i palmi verso di voi avvicinandoli al viso, con il minimo sforzo vi sarete liberati della presa. Sferrategli un calcio dal basso verso l’alto ai genitali. 3Il braccio su cui si intende esercitare la leva va tenuto lontano dal corpo dell’avversario. 4 Mentre esercitate la leva, non dovete commettere l’errore di concentrarvi esclusivamente sulla leva stessa. Ricordate: il resto del corpo dell’avversario va tenuto costantemente sotto controllo. Leva al polso Per eseguire questa tecnica dovete afferrare con una mano il polso dell’avversario (stringendolo con forza), mentre con l’altra mano torcerete il polso stesso in una posizione innaturale: ad esempio, potreste spingere sul dorso della mano avversaria imprimendo nel contempo una rotazione. Questa leva è sicuramente la più agevole da eseguire per i soggetti non particolarmente dotati sotto il profilo muscolare, proprio perché non richiede una grande forza. Leva al gomito Nell’esecuzione di questa tecnica, la leva va applicata sul braccio (stringendolo in un punto quanto più possibile vicino al gomito), mentre la forza va applicata sull’avambraccio (l’ideale è il polso). La rotazione “innaturale” deve portare l’avambraccio dietro la schiena dell’avversario. 63 la difesa personale ■ Una possibile variante prevede una leva sul gomito teso anziché sul gomito piegato. In questo caso afferrerete il braccio destro dell’avversario, stando al suo fianco. La leva sarà applicata dal vostro petto, sul quale, con l’aiuto del vostro bicipite sinistro, “appoggerete” l’articolazione del gomito dell’aggressore. La forza sarà sempre applicata al polso: ma questa volta userete entrambe le vostre mani per torcere verso il basso il braccio destro dell’avversario, in un movimento che tenda a far piegare il braccio stesso dalla parte opposta a quella naturale. 64 capitolo 10 capi tolo 10 Proiezioni Le proiezioni sono tecniche di straordinaria efficacia, che non richiedono una forza particolare poiché sfruttano quella dell’avversario: tuttavia sono di difficile esecuzione, e pertanto non consigliabili per i principianti. Le proiezioni sono tecniche atte a sfruttare la forza e il movimento con cui l’aggressore porta il colpo (o comunque una sua situazione di equilibrio precario), allo scopo di atterrare l’aggressore stesso. Queste tecniche, pertanto, non necessitano di una particolare forza muscolare (giacché sfruttano quella dell’avversario); ma la loro esecuzione abbisogna del massimo tempismo e della massima precisione il che presuppone una padronanza e una disinvoltura ottenibili soltanto attraverso la costanza negli allenamenti. Nella considerazione testè fatta è quasi implicito il seguente consiglio: ricorrete alle proiezioni soltanto quando siete assolutamente sicuri delle vostre capacità tecniche. In una situazione di pericolo, infatti, i muscoli tendono a irrigidirsi (è un fatto istintivo); le proiezioni, per converso, richiedono sempre fluidità e scioltezza di movimenti, cose che non sono del tutto compatibili con l’istintivo irrigidimento muscolare. Per un “principiante” della difesa personale, insomma, è sempre meglio far ricorso alle tecniche di percussione, per la semplice ragione che sono perfettamente compatibili con l’irrigidimento dei muscoli. ■ Le proiezioni, abbiamo detto, tendono a sfruttare la forza e il movimento dell’avversario, al fine di atterrarlo. Per raggiungere questo fine, occorrerà afferrare una parte del suo corpo (può essere la gamba o il braccio che porta il colpo, oppure il bavero, o ancora la cintura), assecondandone lo slancio. ■ I tre princìpi fondamentali, pertanto, sono i seguenti: 1 fruttare il momento di equilibrio precario dell’aggressore, o provocare attivamente uno squilibrio; 2 tirare quando l’aggressore spinge e spingere quando l’aggressore tira; 3 afferrare per atterrare. 65 la difesa personale Per far perdere l’equilibrio all’avversario (in ossequio al principio “tira quando spinge, spingi quando tira”) le possibili direzioni del relativo movimento spaziano a 360°. Semplificando, potremmo considerare 8 direzioni fondamentali, che praticamente corrispondono agli 8 punti principali della “rosa dei venti”: nord, nord-est, est, sud-est, sud, sud-ovest, ovest e nord-ovest. ■ Questo non è un manuale sportivo, ma una introduzione alla difesa personale. Pertanto non è opportuno, in questa sede, descrivere tutte le possibili proiezioni e le relative tecniche nel bagaglio teorico dell’esperto judoka sono almeno cinquanta! Basterà descrivere una tecnica di base: la “proiezione d’anca”. Un’altra tecnica (lo “sgambetto”, efficace risposta difensiva ai calci) sarà illustrata nel capitolo su «Le parate, le schivate, le altre tecniche strettamente difensive». La proiezione d’anca Condizione indispensabile per poter effettuare la proiezione d’anca è il contatto diretto con il corpo dell’avversario. Ora descriveremo la tecnica della proiezione fase per fase. Va tenuto presente, comunque, che la distinzione in fasi ha scopo esclusivamente didattico, giacché la proiezione è un’azione continua, fluida, ininterrotta, senza “cesure” tra una fase e l’altra. Fase 1: cercando il contatto con il corpo dell’aggressore, afferrate il suo braccio, e cominciate a tirarlo. Questa “trazione” del braccio, che ha lo scopo di squilibrare l’avversario, dovrà essere continua, senza pause, anche durante le fasi successive. 66 capitolo 10 Fase 2: ruotate busto e gambe, in modo che i vostri piedi assumano la stessa direzione di quelli dell’assalitore. In pratica, dovete trovarvi con l’aggressore alle vostre spalle, ma con il suo braccio davanti a voi. Fase 3: chinate in avanti il busto, piegando nel contempo le ginocchia, mentre con l’anca cercate l’appoggio (e la leva) sul corpo dell’aggressore. Va precisato che questo appoggio d’anca va cercato al di sotto della cintura dell’avver sario, al fine di ottimizzarne la funzione di leva: l’aggressore si troverà sollevato e proiettato in avanti, grazie anche alla trazione del braccio (che, ricordiamolo, comincia nella “fase 1” e continua durante tutte le fasi). Fase 4: una volta sollevato l’avversario, la vostra azione traente nei confronti del suo braccio dovrà “ruotare” verso il basso; nel contempo, raddrizzerete le ginocchia: in questo modo il vostro assalitore si troverà proiettato a terra. Fase 5: fatevi i complimenti, perché la proie zione d’anca è stata correttamente eseguita! Ma ricordate che non bisogna mai “restare sui colpi”: approfittate subito del vantaggio ottenuto, o fuggendo immediatamente, se è possibile, o continuando la controffensiva sull’aggressore. In quest’ultimo caso, potreste ricorrere a tecniche percussive; potrebbe essere particolarmente efficace, ad esempio, un calcio diretto ai muscoli della coscia: è un colpo che non crea danni irreparabili, ma che è in grado di impedire all’avversario, già a terra, di rialzarsi e di continuare la sua aggressione. 67 la difesa personale capi tolo 11 Le tecniche difensive Premessa Sono “difensive”, in senso lato, tutte le tecniche e tutte le indicazioni contenute in quest’opera; comprese le tecniche d’offesa (talvolta è proprio vero che «la miglior difesa è l’attacco»). Ma in questo capitolo ci occuperemo delle tecniche difensive in senso stretto, cioè delle mosse che dovremo attuare in risposta a specifiche tipologie di attacco da parte dell’aggressore. Schivare e parare Schivare e parare sono le azioni più squisitamente difensive: è importantissimo allenarsi bene su quanto vi illustreremo in questo capitolo, giacché nella maggior parte dei casi la difesa personale comincerà proprio con una schivata o una parata. Subire un’aggressione, infatti, implica il fatto che la “prima mossa” spetti all’aggressore: sono rari i casi in cui riuscirete ad anticipare le sue intenzioni e a colpire per primi. Le schivate e le parate, tuttavia, non servono solo ad evitare i colpi dell’avversario: sono determinanti per guadagnare lo spazio, il tempo e l’angolazione necessari ad un efficace contrattacco, poiché è difficile pensare che l’assalitore si fermi dopo un solo colpo andato a vuoto. Considerazioni generali sulle schivate ✔La schivata è un movimento rapido che vi permette di uscire dalla traiettoria del colpo avversario. ✔Due princìpi generali: la posizione di partenza per schivare (o almeno per allenarvi a schivare) è quella di guardia; il movimento per evitare il colpo va fatto sempre nella direzione opposta a quella da cui proviene il colpo stesso. ✔La schivata sarà più efficace se, oltre a evitare il colpo, consentirà di raggiungere una posizione da cui sia possibile o sferrare il contrattacco o fuggire agevolmente. Nel primo caso la schivata dovrà essere “di misura” (cioè portarvi appena fuori dalla traiettoria del colpo, ma comunque vicini al vostro 68 capitolo 11 assalitore); nel secondo caso la schivata dovrà essere ampia, così che possiate allontanarvi celermente approfittando del vantaggio spaziale e del fatto che l’avversario è preso “in contropiede”. Questa seconda ipotesi, va sottolineato, non è di facile realizzazione: può tuttavia essere applicata quando l’aggressore è palesemente meno agile di voi. ✔Il movimento della schivata può essere fatto sia lateralmente, sia all’indietro, sia in basso, a seconda del tipo di colpo da schivare e della direzione di provenienza. Tutto il corpo deve accompagnare il movimento: nella schivata all’indietro il busto si flette all’indietro, nella schivata laterale i fianchi ruotano, nella schivata in basso le ginocchia si piegano assieme al tronco. ✔Durante la schivata, evitate sempre di incrociare le gambe (lo abbiamo già detto in un’altra occasione): ciò potrebbe farvi perdere l’equilibrio e compromettere la vostra difesa. ✔Per imparare bene a schivare, vi consigliamo di esercitarvi a lungo con il vostro partner di allenamento. All’inizio il partner porterà colpi “al rallentatore”, per poi progressivamente accelerare l’esecuzione dei colpi stessi. Considerazioni generali sulle parate ✔Innanzitutto, una premessa: il termine “parata”, efficace per definire la sostanza delle tecniche che illustreremo, in realtà è improprio. Più correttamente dovremmo parlare di “deviazione”, giacché la parata implica l’op posizione di forza a forza (cosa che sconsigliamo in quanto pericolosa). La “deviazione”, invece, riesce a raggiungere lo stesso obiettivo (rendere inefficace il colpo portato dall’avversario) anche applicando una forza inferiore. Quando in questo testo incontrerete il termine “parata”, pertanto, sappiate che intendiamo riferirci a un movimento delle braccia atto a deviare il colpo dell’assalitore per portarlo fuori misura. ✔Per la parata è necessario un movimento rotatorio delle braccia, movimento che andrà a intercettare l’arto avversario che porta il colpo quando il colpo non è ancora giunto a segno. La deviazione del colpo stesso avverrà sempre con un movimento dall’interno verso l’esterno. ✔Per meglio preparare la parata, è utile tenere le braccia in movimento. Anche questo movimento di preparazione sarà di tipo rotatorio: le vostre braccia e le vostre mani devono formare una sorta di “scudo mobile” davanti al vostro corpo. ✔La parata che “devia” il colpo sarà tanto più efficace quanto maggiore sarà la superficie con cui andrete a cercare l’impatto: vi consigliamo, pertanto, 69 la difesa personale di parare sempre con la mano aperta (deviazione “a schiaffo” o “a manrovescio”). ✔La parata è una questione di tempismo. Anche per imparare questa tecnica, pertanto, vi consigliamo di esercitarvi a lungo con il vostro partner di allenamento. La metodologia è la stessa che abbiamo illustrato per le schivate: all’inizio il partner porterà colpi “al rallentatore”, per poi progressivamente accelerare l’esecuzione dei colpi stessi. Difesa contro calci e ginocchiate ✔ Quando l’assalitore sta per colpirvi con uno degli arti inferiori, potete naturalmente fare ricorso alle schivate e alle parate. ✔ Qualora riusciste ad intuire con un certo anticipo l’intenzione dell’aggressore, potreste ricorrere ad un efficacissimo “contropiede”: per colpirvi con un calcio o con una ginocchiata, infatti, l’assalitore dovrà rimanere su un’unica gamba d’appoggio. Proprio quella gamba diventerà il vostro obiettivo; un colpo deciso sulla gamba d’appoggio (magari un calcio frontale diretto al ginocchio), farà molto male: è probabile che l’assalitore cada a terra, ed è possibile che resti per qualche minuto in condizioni di non nuocere, dandovi modo di allontanarvi dal pericolo. ✔ È sempre possibile, naturalmente, abbinare le due tecniche in rapida suc cessione: dapprima schivare (o parare), e subito dopo (quando la gamba dell’avversario non è ancora ridiscesa a terra) colpire il ginocchio dell’aggressore (con un calcio frontale o laterale, a seconda delle reciproche posizioni). Con il vostro partner d’allenamento, esercitatevi a lungo a combinare in un’unica azione queste e altre tecniche. ✔Ricordate: il “tempismo” è un elemento necessario a tutte le tecniche di difesa attiva; e per essere davvero “tempisti” è indispensabile allenarsi con costanza. A proposito di tempismo, c’è un altro modo per rispondere a un calcio o a una gomitata: afferrare la gamba dell’aggressore. Qualora ci riusciate, ricordatevi di utilizzare al meglio il vantaggio ottenuto: se avete afferrato la gamba con entrambe le mani, potreste alzarla immediatamente (con un movimento deciso) per far cadere l’aggressore; se l’avete afferrata con una mano o siete riusciti a bloccarla sotto il braccio, potreste ricorrere, con l’altro braccio, alla gomitata dall’alto verso il basso, che avrà come obiettivo i muscoli della coscia. ✔Lo sgambetto. Lo sgambetto è una tecnica difensiva che combina una schivata, una proiezione e una o più percussioni. Lo sgambetto comincia sempre 70 capitolo 11 con la fase della schivata: occorre evitare di misura il calcio o la ginocchiata dell’aggressore, portandosi il più vicino possibile al suo corpo, al fine di sfruttare il suo momento di equilibrio precario. Quindi bisogna afferrare con una mano la gamba con cui l’aggressore ha portato il calcio; l’altra mano, eventualmente, può cercare di sferrare un colpo (al volto o al busto) che accentui lo squilibrio all’indietro dell’avversario. Contemporaneamente, o immediatamente dopo, si falcerà la gamba d’appoggio dell’aggressore per farlo cadere. A questa fase, che è quella dello “sgambetto” vero e proprio, può eventualmente seguirne un’altra: una o più percussioni che “accompagnino” la caduta a terra dell’avversario, allo scopo di metterlo definitivamente in condizioni di non nuocere. Difesa contro pugni e gomitate Le parate e le schivate sono efficaci anche quando l’assalitore sta per colpirvi con uno degli arti superiori. Anche in questo caso è necessario che l’azione con cui si para o si schiva non rimanga un’azione isolata. Contemporaneamente alla schivata, o immediatamente dopo, occorre contrattaccare. L’ideale sarebbe riuscire a colpire “d’incontro” il vostro assalitore, cioè colpirlo proprio mentre il suo corpo è proiettato verso di voi per il tentativo di offesa. Difesa contro prese e leve articolari Sia nel caso che l’aggressore ricorra a una presa, sia nel caso che si serva di una leva articolare, il suo scopo è quello di immobilizzarci. E trovarsi immobilizzati è una situazione poco piacevole e molto pericolosa. In questi casi, allora, occorrerà reagire il più velocemente possibile. Difesa contro la leva al polso e la leva al gomito Primo consiglio: assecondate il movimento che l’aggressore impone al vostro arto. Ricordate? Se l’assalitore tira, occorre spingere; se l’assalitore spinge, bisogna tirare. Mai dunque lasciare l’arto inerte nelle mani dell’avversario. Cercate di torcerlo, di muoverlo, e nel contempo tentate una diversione. Le mani dell’aggressore sono impegnate nella leva, e questo potrà avvantaggiare la vostra reazione. Avete un braccio e due gambe libere: usateli, preferendo l’uno o l’altro colpo a seconda della posizione in cui la leva vi costringe. Sarà utilissimo sperimentare in palestra, assieme al partner di allenamento, le varie tipologie di leva e le tecniche per liberarsene. 71 la difesa personale Difesa contro la presa alle spalle Se l’aggressore utilizza la presa alle spalle, sarete impossibilitati a muovere efficacemente gli arti superiori. Se vi accorgete presto del tentativo di presa, cioè se non siete ancora immobilizzati, potreste ricorrere alla gomitata all’indietro. Se, viceversa, l’aggressore ha già portato a compimento la presa, per liberarvi dovrete ricorrere agli arti inferiori: un calcio “di tacco” sulla caviglia o sullo stinco, oppure un “pestone” dall’alto verso il basso sull’alluce avversario, potrebbero essere molto efficaci: l’aggressore, per il forte dolore, potrebbe mollare o allentare la presa. A questo punto potreste insistere con una serie di gomitate e altre percussioni. Difesa contro la “cravatta” Per effettuare la “cravatta”, l’aggressore dovrà tenere impegnati entrambi gli arti superiori. Se sarete veloci nella reazione, questo potrebbe trasformarsi in un vantaggio per la vostra difesa, giacché l’aggressore non potrà utilizzare quegli arti per parare la contromossa. Data la vostra posizione (la “cravatta” dovrebbe costringervi ad un piegamento in avanti) la contromossa più agevole sarà quella di colpire nel punto vulnerabile meglio raggiungibile: i testicoli dell’avversario. Con una mano, stringeteli con forza: una tale presa, dolorosissima, costringerà il vostro aggressore a mollare la “cravatta”. Come proseguire la vostra reazione difensiva? Potreste utilizzare uno sgambetto, oppure un colpo (o pressione) agli occhi, oppure delle gomitate laterali. La scelta fra un’azione o l’altra, naturalmente, dipenderà in gran parte da come il vostro aggressore mollerà lo strangolamento a “cravatta”, e quindi dalla posizione in cui si verrà a trovare. Difesa contro lo strangolamento Considerata la pericolosità di questa presa, la reazione dovrà essere il più possibile rapida e decisa. Innanzittutto occorre divincolare il collo, per sottrarsi alla pressione avversaria (o almeno allentarla). Nello stesso tempo occorre colpire con “cattiveria” il più vicino punto vulnerabile dell’aggressore. Se il tentativo di strangolamento viene effettuato alle vostre spalle, la risposta più efficace è la gomitata all’indietro, anche perché le braccia dell’assalitore sono impegnate a stringere il vostro collo, e quindi non in grado di proteggere il busto. Se invece avete lo strangolatore di fronte a voi, potreste ricorrere ancora una volta alla presa ai testicoli. Potete starne certi: in questo caso, quello che stringete voi è molto più vulnerabile di quello che sta stringendo lui. 72 capitolo 11 Difesa “passiva” La difesa passiva consiste nel proteggere le parti vitali del proprio organismo con le parti meno sensibili e più resistenti, senza reagire agli attacchi dell’aggressore: nella difesa passiva, pertanto, ci si chiude a riccio, alzando mani e avambracci a protezione del capo. È una difesa “istintiva”, specie quando l’aggressore continua a tempestare di calci e pugni chi è finito a terra: la vittima (istintivamente) tende a rannicchiarsi in posizione quasi fetale. Se foste su un ring per un match di pugilato, la difesa passiva potrebbe essere tatticamente conveniente in certe situazioni, per “tirare il fiato” e per cercare di uscire dai momenti di crisi con il minimo dei danni. Sul ring, infatti, i pugili calzano i guantoni, e questi sono particolarmente efficaci per proteggere il capo e per assorbire i pugni altrui (a loro volta “ammorbiditi” dai guantoni). Ma nella difesa personale questa tecnica è assolutamente suicida. Primo, perché l’aggressore non è vincolato dalle regole sportive che vigono sul ring (ad esempio: non colpire al di sotto della cintura); secondo, per l’assenza dei guantoni da boxe; terzo, perché nessun gong interromperà mai l’azione del vostro aggressore. Il nostro consiglio, pertanto, è molto semplice: scordatevi la difesa passiva! 73 la difesa personale capi tolo 12 Armi di fortuna Nella difesa personale è importante poter sfruttare a proprio vantaggio l’ambiente circostante, così come saper utilizzare gli oggetti a portata di mano. Certo, occorre talvolta un po’ di fantasia. Ma è soprattutto la “semplicità applicativa” che farà della vostra difesa una difesa vincente. Facciamo sùbito un esempio concreto: una ragazza viene aggredita all’interno di una cabina telefonica. Per difendersi, la ragazza non perde tempo: colpisce l’aggressore al volto, usando la cornetta del telefono che ha già in mano. Questa difesa è istintiva, semplice, e nel contempo la più logica e la più efficace. La cornetta telefonica, nell’esempio citato, nuocerà all’aggressore molto più che un semplice pugno, e allo stesso tempo eviterà all’aggredita il rischio di farsi male alla mano. Un altro esempio: la ragazza viene aggredita poco prima di entrare nella cabina. In questo caso, ella ha in mano la scheda telefonica che si accingeva ad usare. Impugnando la scheda con due dita, sferra di taglio un efficacissimo colpo al volto dell’aggressore, procurandogli una dolorosa ferita. L’aggressore interrompe l’azione di attacco, portandosi istintivamente le mani al volto, e la ragazza approfitta di quest’attimo per fuggire. Come si è visto, persino le schede telefoniche, o le carte di credito, possono trasformarsi in armi di fortuna. A ben vedere, sono tantissimi gli oggetti di uso quotidiano che, opportunamente usati, possono diventare preziosi “alleati” della nostra difesa. Provate a fare un esercizio mentale. Chiudete gli occhi e immaginate diverse situazioni in cui dovete difendervi da una aggressione: mentre passeggiate per la strada, mentre entrate in un bar (o ne uscite), mentre siete in casa vostra, mentre scendete dall’auto, e così via. Provate a focalizzare, situazione per situazione, gli oggetti a portata di mano che potreste usare per migliorare l’efficacia della vostra difesa. 74 capitolo 12 Questo semplice esercizio, che vi aiuterà a essere mentalmente più preparati in caso di una reale aggressione, può essere fatto più volte al giorno, nelle situazioni più disparate: ad esempio mentre aspettate un autobus (servirà anche ad ingannare l’attesa). La domanda da porsi è la seguente: «se mi aggredissero proprio qui, adesso, cosa potrei usare per difendermi?». L’esercizio testè proposto non è meramente “accademico”. Quando vi troverete davvero coinvolti in una situazione pericolosa, sarà per voi più naturale, più spontaneo, fare ricorso a tutte le opportunità che quella situazione vi offre. 75 la difesa personale Non conviene, in questa sede, dilungarsi in una analisi approfondita di tutte le situazioni possibili e delle relative “armi di fortuna” utilizzabili. Le ipotesi da prendere in esame sarebbero troppe: e nemmeno molte centinaia di pagine sarebbero sufficienti a descriverle in modo esaustivo. Ci limiteremo a fare qualche altro esempio, ricordandovi che nelle concrete situazioni di pericolo dovranno essere la vostra fantasia e il vostro senso pratico a trarvi d’impaccio. 76 capitolo 12 Se riusciamo a prevedere l’attacco avversario, sarà più facile pararlo. Anche una rivista arrotolata (foto 4 e 5) può essere idonea allo scopo. La rivista arrotolata, o altro oggetto analogo, si presta a parare con più efficacia. Per due motivi: aumenta la potenza della parata (per le leggi della leva), e costituisce uno scudo di superficie più ampia rispetto alla mano nuda. Oggetti comuni che diventano armi In caso di necessità, anche una matita, una stilografica o una biro possono diventare pericolose armi da punta. Specie se indirizzate in linea retta verso gli occhi o altre “parti molli” dell’aggressore. ■ La vostra borsa o la vostra valigetta possono trasformarsi, da virtuale “bersaglio” per gli scippatori, in efficaci armi da contrattacco. Si prestano, in particolare, ad essere roteate affinché i loro spigoli colpiscano l’aggressore dopo una traiettoria circolare. ■ L’ombrello può sempre essere impugnato come un bastone o come un fioretto, per colpire l’aggressore sia di taglio sia di punta. Se impugnate l’ombrello dalla punta, potete persino usare il manico come un “cappio” o come un “uncino”: il bersaglio potrebbe essere una caviglia del l’aggressore, al fine di farlo cadere; oppure la sua gola. ■ Una volta arrotolata, la rivista che portate sotto braccio può diventare un efficace prolungamento del vostro arto, adatto sia a portare colpi che a parare i colpi dell’aggressore. 77 la difesa personale ■ Le chiavi di casa o dell’auto possono essere usate in tanti modi: sia per portare colpi di taglio (come nel già citato caso delle schede telefoniche), sia per “rinforzare” i vostri colpi con la mano. In quest’ultimo caso, lascerete sporgere la chiave tra le dita strette a pugno, disponendo così di una sorta di “artiglio artificiale”. ■ Sono ancora tanti gli oggetti che potete usare a vostro vantaggio per difendervi più efficamente: pensate al pettine o alla spazzola, impugnati per il manico; o alla vostra cintura, da usare come “frusta”; se venite aggrediti in un locale pubblico, pensate anche alla sedia o allo sgabello sul quale siete seduti, o al portacenere davanti a voi, o alla bottiglia che è sul tavolo; se siete aggrediti mentre siete in auto, pensate alla portiera, da aprire violentemente contro l’aggressore. Come vedete, gli esempi sono davvero innumerevoli. Le armi improprie Un discorso diverso va fatto per le armi improprie, che sono per lo più proibite dalla legge. Le normative vigenti in Italia, infatti, non vi consentono di portare con voi pugni di ferro, nunchaku, bombolette spray con gas urticante o altri oggetti 78 capitolo 12 analoghi. Usare oggetti simili, anche se li teneste con voi per il solo caso di difesa, comporterebbe la fattispecie giuridica di “eccesso di difesa”, con spiacevoli conseguenze penali. Meglio allora dimenticare le armi improprie e far ricorso alle sole tecniche di difesa personale che avete appreso, eventualmente aiutandovi con le armi di fortuna. Con le armi improvvisate... meglio non improvvisare Suggerimento conclusivo: allenandovi con il vostro partner, non trascurate di simulare in palestra qualche situazione concreta con l’uso di armi “improvvisate”. L’allenamento vi consentirà, all’occorrenza, non solo di usare queste armi con maggiore naturalezza, ma anche di difendervi meglio nel caso in cui sia l’aggressore ad usarle contro di voi. 79 la difesa personale capi tolo 13 Difesa contro più aggressori “Spezzare la catena” Il primo principio, “spezzare la catena” per cercare la fuga, merita alcune considerazioni più approfondite. Facciamo un’ipotesi: vi trovate improvvisamente circondati da quattro malintenzionati, uno per ogni punto cardinale. Per cercare una via di fuga, potreste valutare velocemente quale dei quattro aggressori sia, almeno in apparenza, il più debole. Una volta individuato quello che vi sembra il meno pericoloso, potreste scagliarvi contro di lui, colpirlo decisamente con un calcio al basso ventre, scavalcarlo mentre si accascia al suolo e fuggire di gran carriera. In questo caso, avete scelto di “spezzare l’anello debole della catena”. Ma talvolta potrebbe convenirvi adottare una tattica esattamente opposta: spezzare l’anello forte della catena. Se ad esempio gli aggressori fossero sei, otto o dieci, sarebbe molto più difficile spezzare l’accerchiamento: anche se colpiste il più debole, avreste meno tempo, meno spazio e meno probabilità per una fuga che vi allontani dal pericolo. Lo stesso ragionamento può farsi nell’ipotesi che gli aggressori, pur essendo “soltanto” tre, vi abbiano costretto in un angolo: anche in questo caso gli spazi potrebbero essere troppo ridotti per tentare una sortita del tipo “spezzare l’anello debole”. In questi casi, allora, potreste tentare di individuare il più forte e il più pericoloso tra gli aggressori, quello, cioè, che la “banda” riconosce come “capo”. Se riusciste a mettere fuori combattimento proprio lui, i restanti malintenzionati potrebbero impaurirsi, disunirsi, esitare, consentendovi quantomeno di guadagnare un vantaggio psicologico nei loro confronti; sarebbe per voi più facile, a questo punto, approfittare della loro esitazione per fuggire. Sarete voi, di volta in volta, a dover decidere quale tattica specifica adottare. Non esistono ricette precostituite. Per dimostrarvelo vi racconterò un episodio realmente accaduto. Luigi G., in discoteca, aveva conosciuto Marina, una ragazza bella e simpatica, e aveva trascorso con lei buona parte della serata, chiacchierando e ballando. Men- 80 capitolo 13 L’aggressore vi individua mentre passeggiate. Si avvicina e vi afferra la borsetta; voi per prima cosa non perdete la calma, agite con prontezza di spirito e decisione. Allungate il braccio libero in avanti e ruotando il busto colpite con violenza e velocità il viso dell’aggressore. Se vicino col gomito, se più distante con un pugno a braccio teso. In seguito, non restate ferme pensando di averlo sconfitto, ma scappate e chiedete aiuto. tre parlava con lei al bancone del bar, ad un certo punto, aveva colto lo sguardo insistente e minaccioso di un tipo dall’aspetto poco raccomandabile; tuttavia, non aveva dato importanza alla cosa. Alle tre di notte, dopo aver ottenuto il numero di telefono della ragazza, con la promessa di risentirsi all’indomani, Luigi lasciò la discoteca per avviarsi verso casa. Stava per raggiungere la sua moto, in un angolo 81 la difesa personale deserto del grande parcheggio, quando all’improvviso si vide circondato da sette teppisti. Alcuni di loro brandivano delle catene, altri delle mazze. E alle proprie spalle sentì una voce: «Diamo una lezione a questo bastardo». Luigi ebbe un’intuizione. Immaginò, infatti, che la voce alle sue spalle fosse quella del tipo che lo guardava minacciosamente in discoteca, e che la ragione del suo “odio” fosse proprio la ragazza. Forse il tipo era stato scaricato o respinto da 82 capitolo 13 Marina, e l’azione che stava per intraprendere era dettata da un’insana gelosia. Senza nemmeno voltarsi, allora, Luigi parlò così: «Non ti meravigliare se Marina preferisce me a te: le donne non amano i vigliacchi. Tu sei alle mie spalle, e per giunta hai bisogno di tanti amichetti per le tue bravate. Non hai abbastanza coraggio per risolvere la situazione da solo?». «Lasciatelo a me!», ringhiò a questo punto la voce alle sue spalle. Punto sul vivo dalla provocazione verbale di Luigi, il teppista non voleva perdere la faccia davanti al suo “branco”. E così Luigi poté affrontare il rivale da solo, trasformando una lotta impari (uno contro sette) in un più abbordabile “duello”. A dire il vero, Luigi non uscì benissimo da quel duello: due costole incrinate! Senza la sua prontezza psicologica, tuttavia, con ogni probabilità gli sarebbe andata molto peggio. Quando ci si trova da soli contro due, tre o più aggressori, occorre essere particolarmente reattivi, rapidi, precisi e veloci. Ecco 7 princìpi generali da tenere sempre a mente in caso di aggressione multipla: 1 puntare a “spezzare la catena” il più velocemente possibile, al fine di guadagnare una via di fuga; 2 restare costantemente in movimento, in modo da evitare accerchiamenti e tentativi di immobilizzazione; 3 far sì che il proprio movimento sia di intralcio ai movimenti degli avversari, ad esempio manovrando in modo da frapporre un avversario fra sé e un altro aggressore; 4 scegliere, tra le tecniche della difesa personale, i colpi più efficaci e più rapidi; 5 agire sempre con la massima determinazione e “cattiveria”, ma, nel contempo, anche con calma e lucidità; 6 urlare o fare comunque un gran baccano se esiste una possibilità di richiamare soccorritori; viceversa, qualora siate in un territorio “ostile”, combattere in silenzio per evitare il sopraggiungere di altri potenziali aggressori; 7 controllare costantemente i movimenti di tutti gli aggressori; i vostri sensi percettivi dovranno essere sempre all’erta: mai concentrarsi unicamente su un avversario, ma cercare d’avere in ogni istante una visione d’insieme della situazione. Insomma, usate anche la “coda dell’occhio”. 83 la difesa personale Allenarsi è bello La teoria senza la pratica è nulla. La pratica senza la teoria è cieca. L’allenamento è indispensabile per poter utilizzare con efficacia, in caso di bisogno, le tecniche di difesa personale che avrete appreso nello studiare queste pagine. Senza allenamento, la teoria vi servirà a ben poco, perché vi troverete impreparati quando sarete costretti ad applicarla. Oltre che apportare benefìci a tutto il vostro organismo, mantenendovi in una buona forma fisica, l’allenamento costante migliorerà il vostro tempismo nel portare i colpi, la vostra determinazione, la vostra precisione, il vostro senso dell’equilibrio, la capacità di valutare le distanze, l’abitudine al contatto fisico, la capacità di sopportare i colpi, e così via: tutte cose indispensabili per una efficace difesa personale. «Ma l’allenamento - può obiettare qualcuno - è faticoso e noioso. Non c’è una via più facile per raggiungere l’obiettivo di potersi difendere?». Non c’è. Tuttavia è possibile rendere l’allenamento meno noioso, e persino meno faticoso. Ecco qualche consiglio in merito. ✔ Cercate un partner con cui vi sia un buon affiatamento. L’allenamento diventerà così un’occasione per stare insieme ad una persona amica: ciò lo renderà più piacevole. ✔ Variate il più possibile gli esercizi, e alternateli con le simulazioni. Così l’allenamento sarà meno ripetitivo, e vi apparirà come una continua scoperta: non solo scoperta delle tecniche, ma anche scoperta del vostro corpo e del vostro animo. Uno degli obiettivi della difesa personale (forse il più importante) è proprio quello di giungere ad una migliore conoscenza di sé stessi, ad un migliore rapporto con sé e con gli altri. ✔ Cercate di immedesimarvi sempre in ciò che fate durante gli allenamenti. Viveteli come se fossero un’avventura, un “gioco di ruolo”. Durante le simulazioni, fate finta di essere davvero aggrediti, immaginate che sia una questione di sopravvivenza. La noia passerà, e cresceranno la fiducia in voi stessi e la vostra determinazione. ✔ Usate ogni allenamento come test per scoprire i vostri limiti. Sarà esaltante accorgervi che questi limiti potete progressivamente superarli, raggiungendo nuove frontiere: ogni allenamento vi darà la misura dei vostri progressi, e ciò sarà oltremodo gratificante. Quando individuate un punto debole, ripromettetevi di migliorarvi proprio in quel punto: sarà una sfida stimolante, capace di “uccidere” la noia degli esercizi reiterati. 84 capitolo 14 capi tolo 14 Pronto soccorso Premessa Sapere le regole fondamentali del pronto soccorso è, a nostro avviso, molto più di una conoscenza utile: è quasi un “dovere civico” che all’occorrenza può consentirci di salvare una vita umana, magari quella di un nostro amico o familiare. Il nostro primo suggerimento, pertanto, è di approfondire in ogni caso il presente argomento: potreste rivolgervi alla Croce Rossa della vostra città (che senz’altro promuove e organizza appositi corsi), oppure al Dipartimento di Prevenzione della locale Azienda Usl, che potrà fornirvi manuali o altro materiale divulgativo. Abbiamo detto che conoscere le norme del soccorso di emergenza è utile in ogni caso: tanto più lo sarà per un cultore della difesa personale, che nelle situazioni di pericolo si trova esposto soprattutto al rischio di traumi. Approfondire questo argomento, allora, potrebbe talvolta servirvi per limitare i danni da voi stessi subiti. Oppure per soccorrere un amico meno fortunato, vittima assieme a voi dell’aggressione. Oppure ancora (perché no?) per soccorrere il vostro stesso aggressore, magari messo KO da una reazione fin troppo efficace. Leggete dunque con attenzione queste pagine, che offrono un primo panorama del “cosa fare” durante le emergenze. Ricordatevi comunque il nostro suggerimento: non fermatevi all’ABC che qui vi proponiamo, ma cercate di approfondire le vostre conoscenze in materia. Cosa fare... e cosa non fare L’emergenza medica varia le sue caratteristiche a seconda della natura del danno che la persona subisce, nonché del luogo e delle circostanze in cui il danno si verifica, suggerendo o imponendo al soccorritore, di volta in volta, comportamenti e procedure diverse. Va detto che, a meno di un addestramento specifico e di una qualche esperienza, il soccorso di emergenza rischia di risolversi il più delle volte in una serie di interventi precipitosi, inutili nel migliore dei casi, a talvolta tali da aggravare le condizioni dell’infortunato. Da questa considerazione nasce la prima indicazione: se, di fronte a una situa- 85 la difesa personale zione di emergenza, non si ha, almeno in modo approssimativo, un’idea di come ci si deve comportare, meglio rinunciare a prestare un prolungato soccorso diretto e cercare invece l’aiuto di persone più preparate e, soprattutto, delle istituzioni specificamente deputate agli interventi di emergenza (ospedali, polizia, pompieri). La persona più esperta di quanti eventualmente si trovino presso la vittima deve immediatamente procedere alla verifica della respirazione dell’infortunato: con attenzione, controlla che il torace e l’addome si muovano seguendo la respirazione. Se non vi è respirazione o se questa viene giudicata difficoltosa o insufficiente, è d’obbligo procedere con la respirazione artificiale. Si ricordi che basta 1 minuto di mancata ossigenazione dei centri cerebrali per comprometterne il regolare funzionamento, e 5 minuti perché si determino lesioni irreversibili. Il controllo della respirazione deve essere sempre associato a quello del polso, perché se il polso è assente (e quindi vi è un arresto o una insufficienza del cuore), oltre che alla respirazione artificiale bisogna procedere al massaggio cardiaco esterno. 86 capitolo 14 Se vi sono fratture, queste devono essere immobilizzate prima di qualsiasi spostamento. Non si devono somministrare bevande ad una persona priva di conoscenza, così come si deve impedire che un infortunato si alzi e cammini prima che si sia valutata la possibilità che questo venga fatto senza pericolo. Quanto al ricovero, meglio aspettare l’ambulanza o soccorsi comunque qua lificati. Non si tenti mai, per nessun motivo, di trasportare un infortunato costringendolo sul sedile posteriore di una automobile. Le misure urgenti che devono essere intraprese seguono questa rapida successione: 1 se vi è arresto della respirazione, si proceda con la respirazione artificiale; 2 se vi è arresto cardiaco, si pratichi il massaggio cardiaco esterno. Deve essere ricordato che, all’occorrenza, un solo soccorritore può provvedere sia alla respirazione artificiale sia al massaggio cardiaco; 3 se vi è emorragia, la si arresti mediante pressione; 4 se vi è perdita di coscienza, si faccia assumere al paziente la posizione laterale di sicurezza; 5 se vi è frattura, si proceda ad immobilizzarla. Si provveda sempre a sorvegliare il paziente, mentre ci si attiva per richiedere i soccorsi qualificati del caso. Respirazione artificiale È importante durante queste manovre mantenere la pervietà delle vie respiratorie. Bisogna verificare se il cavo orale è libero da materiale estraneo o se la lingua è retratta.Una volta liberato il cavo orale, se non vi è respirazione occorre procedere in questo modo: ✔ mantenere l’estensione del capo e chiudere le narici con una mano; ✔ respirare profondamente; ✔ appoggiare la bocca su quella del soggetto; ✔ soffiare con forza controllando l’espansione toracica del soggetto; ✔ avvenuta questa, staccare la bocca per permettere l’espirazione; ✔ ripetere 3-5 volte in successione; ✔ verificare la presenza del polso carotideo; se è presente insufflare ogni 5 secondi. Massaggio cardiaco Se non c’è polso: ✔ inginocchiarsi di lato al soggetto supino; ✔ appoggiare il palmo di una mano sulla metà inferiore dello sterno; appog- 87 la difesa personale 88 capitolo 14 giare il palmo dell’altra mano sul dorso della prima; ✔ premere energicamente verso il basso, con le braccia tese, sfruttando il peso del corpo; ✔ agire solo sullo sterno, non sulle costole o al di sotto del processo xifoideo; ✔ controllare l’abbassamento dello sterno, che deve aggirarsi sui 3-5 cm; ✔ alternare 15 compressioni sternali con 2 insufflazioni polmonari. Se si è in due soccorritori: ✔ mentre uno comprime l’altro esegue le insufflazioni polmonari (1 ogni 5 compressioni) controllando il polso arterioso; ✔ si eseguono 60 compressioni al minuto. Ribadiamo comunque il nostro consiglio: frequentate un corso, privato o della Croce Rossa, per essere meglio preparati a queste emergenze. Strappi e stiramenti Poche misure generali possono alleviare il dolore ed evitare (o limitare) maggiori complicazioni; per procedure più specifiche occorre di solito un minimo di competenza, senza la quale è meglio avviare subito l’infortunato al Pronto Soccorso. ✔Lo strappo muscolare è uno stiramento doloroso di uno o più muscoli, che può verificarsi a seguito di uno sforzo eccessivo o di un movimento sbagliato che può produrre la rottura delle fibre dei muscoli coinvolti o lo stiramento o la rottura del tendine mediante il quale il muscolo è fissato all’osso. ✔Relativamente frequente è lo stiramento dei muscoli della parte inferiore del dorso, spesso dovuto al tentativo di sollevare un peso eccessivo facendo lavorare soltanto questi muscoli, anziché distribuire il peso su tutto il corpo. La diagnosi dello strappo muscolare in questa sede è semplice: a seguito dello 89 la difesa personale sforzo compiuto, il paziente avverte un dolore lacerante nella parte inferiore del dorso con possibile irradiazione lungo le gambe, e si irrigidisce nella posizione in cui è avvenuto lo strappo; ogni movimento esacerba il dolore e lo spasmo muscolare. Il trattamento di questo tipo di strappo muscolare è articolato in due tempi. Innanzitutto, si deve porre il paziente in una posizione di riposo che garantisca la minor tensione possibile dei muscoli del dorso. Questa posizione, di solito, viene assunta spontaneamente dallo stesso paziente. Si provveda, quindi, ad alleviare lo strappo muscolare sia mediante applicazioni di calore alla parte lesa sia mediante somministrazione di analgesici che, riducendo il dolore, interrompono il circolo vizioso “dolore-spasmo-dolore”. L’aspirina può essere il farmaco più indicato, in ragione di 0,50-0,60 gr. ogni 4 ore. In un secondo tempo, superata almeno in parte la crisi dolorosa, il paziente può assumere la stazione eretta e potrà essere accompagnato in sede appropriata per l’intervento medico. ✔Lo strappo dei muscoli della gamba. Di solito è un muscolo gastrocnemio, uno dei grandi muscoli del polpaccio, a subire lo strappo, spesso in competizioni sportive in cui si devono produrre improvvisi spunti di velocità, come nel tennis. L’intervento immediato consiste in applicazioni fredde per sedare le reazioni locali (gonfiore, emorragia, ecc.; 10-20 ore); quindi si possono applicare delle strisce di nastro adesivo lungo la superficie del ginocchio fin sotto al calcagno onde alleviare la tensione muscolare. Per qualche giorno è bene che il paziente deambuli servendosi di grucce, smesse le quali è prudente e confortevole indossare una calza elastica. Distorsioni e lussazioni ✔Le distorsioni. Sono lesioni traumatiche dei legamenti articolari e/o delle capsule fibrose che circondano le articolazioni. Tipica è la “storta”, che si produce quando si appoggia un piede in malo modo e si grava con il peso del corpo sulla caviglia che non è in asse con la gamba. La distorsione può essere di scarsa entità oppure tale da compromettere l’integrità dei tessuti coinvolti fino alla rottura; in conseguenza varia l’entità della sintomatologia che consiste prevalentemente in dolore, gonfiore, perdita della funzione. Il trattamento generale di tutte le distorsioni consiste, innanzi tutto, nel mettere a riposo completo la parte del corpo che ha subito il danno, possibilmen- 90 capitolo 14 te in posizione sollevata per facilitare il drenaggio venoso; quindi si provvede ad applicazioni fredde per 24 ore per ridurre gli eventuali fatti emorragici e il gonfiore. Durante questo periodo si può molto opportunamente applicare una fascia elastica, avendo tuttavia cura che non sia troppo stretta. Quando si riterrà che la fase acuta della distorsione è stata superata e che non vi è più pericolo di ulteriori rigonfiamenti, sarà necessario provvedere la parte lesa di un supporto che la immobilizzi consentendone tuttavia un certo uso, purché questo non comporti danni ulteriori. ✔La distorsione del ginocchio. Dopo il trattamento generale, si provveda a predisporre un supporto all’articolazione mediante una benda elastica che parta da una quindicina di centimetri al di sotto della rotula e arrivi a una decina di centimetri sopra. ✔Le lussazioni sono caratterizzate da una perdita permanente dei rapporti articolari tra i capi di un’articolazione. La lussazione può essere intracapsulare, quando il capo lussato resta nell’ambito della capsula articolare, oppure extracapsulare, quando, attraverso una lacerazione della capsula, ne fuoriesce. Inoltre, la lussazione è completa se il capo articolare è del tutto fuori sua sede; incompleta se il capo articolare è solo parzialmente fuori sede (sublussazione). ✔ Trattamento delle lussazioni. La prima misura in caso di lussazione è di mettere a riposo il paziente e immobilizzare la parte lussata mediante stecche o braccioli. Se la lussazione appare troppo complicata o riguarda sedi per le quali la riduzione non è possibile senza anestesia o richiede una particolare esperienza (come il polso, il pollice, l’anca, la caviglia), non manipolare inutilmente il paziente, ma avviarlo prontamente all’ospedale, mantenendo sempre immobilizzata la parte lesa. ✔Lussazione della spalla. È la forma più frequente di lussazione: per lo più il capo articolare dell’omero perde il rapporto con la scapola verso l’avanti. La lussazione della spalla può essere pericolosa per la concomitante compromissione dei fasci nervosi e dei vasi che transitano in questa regione. Poiché la “riduzione” è molto dolorosa e può produrre danni, è consigliabile immobilizzare l’articolazione con un bendaggio triangolare fissato al collo e mandare il paziente in ospedale. Quando questo non è possibile si può tentare la “riduzione”. La posizione preferibile del paziente è quella seduta, mentre il soccorritore sta al suo lato, ovviamente in piedi. Questi afferra con delicatezza il gomito e lo avvicina al petto del paziente, spostandolo leggermente indietro; mantenendo con una mano il gomito in questa posizione, con l’altra si fa ruo- 91 la difesa personale tare l’avambraccio in fuori in modo da formare un angolo retto con il corpo; con cautela si spinga ora il gomito verso l’alto e poi, rapidamente, sempre mantenendo il gomito in posizione sollevata, si porti l’avambraccio sul davanti del petto. Se la manovra riesce, il rientro della testa dell’omero è contrassegnato da un rumore caratteristico e netto. Se la manovra non riesce, non ritentarla. Le fratture Un’errata manipolazione della vittima può seriamente aggravare le conseguenze della frattura, per cui si devono sempre rispettare alcune norme fondamentali anche quando la frattura è soltanto sospetta. La frattura è una “soluzione di continuità” di un osso prodotta da una forza che supera la resistenza della struttura cui viene applicata. Molto frequentemente le fratture si verificano a seguito di un evento traumatico: ad esempio una caduta improvvisa e violenta, o anche un colpo forte e preciso durante una colluttazione. In tutti i casi, pur essendo le fratture delle lesioni locali, tutto l’organismo vi reagisce; perciò di fronte a un fratturato la preoccupazione deve essere duplice: da una parte ci si deve preoccupare della lesione, dall’altra dello stato generale del paziente. A prescindere dai vari tipi di frattura, una distinzione importante deve essere fatta tra le fratture “chiuse” e fratture “esposte” o “aperte”. Si parla di frattura aperta quando la soluzione di continuità di un osso è anche accompagnata da una ferita attraverso la quale l’osso fratturato è in comunicazione con l’esterno, per cui la lesione è quasi sempre infetta. Si parla invece di frattura chiusa quando la rottura di un osso avviene senza soluzione di continuità dei tessuti che lo ricoprono. Sia nelle fratture chiuse che in quelle aperte vi possono essere compromissioni di vario grado dei nervi, dei vasi sanguigni e linfatici e dei tessuti molli circostanti. Non sempre è facile rendersi conto che una frattura si è verificata, ma è necessario ridurre al minimo i margini di errore per evitare, nella manipolazione del paziente infortunato, di provocare danni talvolta assai gravi. In generale, si può dire che non riconoscere una frattura è molto più grave di supporla quando non c’è. Nelle fratture complete, i segni sono quasi sempre piuttosto apprezzabili: dolore circoscritto, tumefazione, impotenza funzionale, abnorme mobilità dei monconi, rumori caratteristici (scroscio osseo) che tuttavia non vanno mai provocati, deformità (allungamento o accorciamento, deviazioni 92 capitolo 14 laterali, rotazioni, eccetera). Naturalmente, per il riconoscimento di una frattura, elemento essenziale è la conoscenza del fatto traumatico che ha provocato l’insorgere della sintomatologia. Le regole fondamentali che devono essere rispettate quando si accorre in soccorso di un fratturato sono riassumibili nei sette “comandamenti” qui proposti: 1 non cambiare la posizione dell’infortunato se non dopo aver stabilito sede e natura della lesione; 2 non consentirgli di mettersi a sedere e tanto meno di cercare di alzarsi se non dopo aver ragionevolmente accertato che non vi può essere pericolo; 3 a meno che non sia assolutamente necessario, non muovere il paziente prima di aver immobilizzato la frattura; 4 non tentare mai di accelerare il trasporto in ospedale con mezzi non idonei; ad esempio: non caricare mai il paziente sul sedile posteriore di una vettura, costringendolo a contorsioni e piegamenti che possono gravemente complicare le sue lesioni; 5 nelle fratture aperte, non cercare di disinfettare la ferita, ma limitarsi a stendervi sopra, senza toccarla, delle compresse di garza sterile (se è disponibile), altrimenti una tela pulita; 6 immobilizzare la frattura il più presto possibile; 7 mantenere disteso il fratturato, in attesa dell’ambulanza. Regola numero 1 Quando non si sa che cosa fare, meglio non fare nulla e cercare immediatamente aiuti qualificati. 93 la difesa personale capi tolo 15 Tecniche di difesa personale Premessa Dove colpire (i punti vulnerabili) Se vi troverete in una situazione in cui è necessario contrattaccare per difendere la vostra incolumità, è molto importante sapere dove e come colpire. È importante anche sotto il profilo giuridico, giacché la vostra reazione (lo abbiamo già spiegato) deve essere proporzionale all’offesa minacciata. In certi casi, pertanto, sarà consigliabile ricorrere ad un contrattacco “leggero”, giusto per fermare l’azione del vostro assalitore e procurarvi un’opportunità di fuga. In altri casi, quelli più pericolosi, non dovete esitare a ricorrere ai colpi più duri, cercando gli obiettivi maggiormente vulnerabili. Qui di seguito vi proponiamo una sintetica scheda sui punti vulnerabili del corpo umano (per sapere dove colpire in caso di necessità). Conoscere questa scheda è importante, ma ricordate che la teoria senza la pratica non vale nulla. Dovrete imparare non solo dove colpire, ma anche come colpire. Ricordatevi, quindi, di allenarvi con impegno nelle tecniche della difesa personale che illustreremo nei capitoli successivi. Non fatevi spaventare dalla quantità dei punti vulnerabili qui elencati, né dalla quantità delle tecniche più avanti descritte. Lo abbiamo già detto all’inizio: dopo aver studiato tutti i punti, ed esservi allenati in tutte le tecniche, basterà che vi esercitiate in modo approfondito in pochi colpi (sono sufficienti sei o sette, quelli a voi più congeniali), per far sì che possiate difendervi con efficacia in qualsiasi situazione. Scala di pericolosità Per avere un’idea di massima (necessariamente semplificata) dei punti vulnerabili del corpo umano, e quindi dell’efficacia dei colpi che li raggiungono, abbiamo deciso di ricorrere ad una “scala di pericolosità”. Tale scala, beninteso, è puramente indicativa, giacché la pericolosità di un colpo 94 capitolo 15 non si determina unicamente dall’obiettivo che il colpo raggiunge. Le variabili sono tantissime: la violenza del colpo portato, la sua tecnica, il punto preciso d’impatto (talvolta un millimetro può rappresentare la differenza tra la vita e la morte), le condizioni fisiche di chi viene colpito, e così via. Ciò premesso, proponiamo nella pagina successiva una “scala di pericolosità dei colpi” che servirà a “leggere” meglio (semplificandolo) il seguente elenco dei punti vulnerabili del corpo umano. Congiunzione tra l’osso parietale e l’osso frontale Un colpo violento può causare shock vascolare e perdita di conoscenza. Attenzione: un colpo particolarmente violento nel punto esatto della congiunzione potrebbe provocare anche la frattura del cranio e la morte. Zona frontale Un colpo violento può causare il cosiddetto colpo di frusta. Zona oculare Colpire l’occhio provoca dolore, lacrimazione, offuscamento della vista. Se il colpo è potente, e inferto ad esempio con la punta delle dita, può provocare addirittura la rottura del bulbo e la perdita definitiva della vista. Zona auricolare Colpire l’orecchio può provocare un doloroso shock al timpano. Se il colpo è particolarmente violento, potrebbe causare la concussione della massa cerebrale e quindi la morte. Zona nasale Rompere il naso (sia con un pugno che con una testata) causa sempre un dolore molto intenso; può produrre lacrimazione, fuoriuscita di sangue e perdita dei sensi; se il colpo è particolarmente violento, e indirizzato dal basso verso l’alto, potrebbe causare la penetrazione dell’osso nella massa cerebrale, e dunque la morte. Bocca, labbra, denti, mascelle Un colpo potente in queste zone (sempre molto doloroso) può causare rottura di denti e labbra, emorragie, slogamento o frattura della mascella, e talvolta perdita dei sensi. 95 la difesa personale Mento Il colpo può essere davvero pericoloso se consiste in un pugno portato dal basso verso l’alto (il classico “montante”): attenzione, può causare perdita della cono scenza (concussione della massa cerebrale) e talvolta anche la morte. A mani nude, ovviamente, il colpo è più pericoloso che con i guantoni da boxe... Nuca La nuca, il retro delle orecchie e le zone immediatamente vicine (che interessano la giugulare, la carotide e il nervo vago) sono punti particolarmente vulnerabili, specie se raggiunti da colpi portati con il taglio della mano. Se il colpo è violento, la perdita di conoscenza è altamente probabile. Gola Il colpo alla gola è sempre pericoloso: le conseguenze vanno dal senso di soffocamento alla morte. Clavicole e costole La clavicola è uno degli ossi più delicati del corpo umano: un colpo potente sulla clavicola può provocare frattura, dolore e perdita di conoscenza. Quando il colpo è particolarmente forte, può causare (in casi estremi) la penetrazione dell’osso nel polmone, con conseguenze davvero gravi. Lo stesso dicasi per le costole; queste, tuttavia, sono in genere più elastiche della clavicola, e la loro frattura produce un dolore meno intenso; sono minori anche i rischi di collasso polmonare. 96 capitolo 15 Spalle e ascelle Le spalle sono soggette a slogamenti e lussazioni, specie se colpite con colpi particolarmente penetranti, che provocano dolore intenso e temporanea “paralisi” dell’arto. Un’analoga paralisi può essere provocata da un colpo ben assestato sotto l’ascella, attraversata da un nervo sensibilissimo. GOMITI Un colpo in una giuntura delicata come il gomito provoca dolore intenso e (talvolta) incapacità di usare appieno l’arto. DITA DELLE MANI Dolore intenso, fratture, distorsioni: i colpi sulle dita (o le prese, o i morsi) possono produrre questi risultati, rendendo complicato, per chi li subisce, lo stesso uso della mano. COLONNA VERTEBRALE Un colpo potente - sempre molto doloroso - può danneggiare seriamente le vertebre e il loro giusto assetto, causando anche la paralisi. In caso di colpo molto potente, la spina dorsale potrebbe addirittura spezzarsi, procurando la morte. PETTO La zona toracica non è un punto particolarmente vulnerabile, giacché è protetta dalle costole e dai muscoli pettorali (assai dolorosi, tuttavia, sono i colpi ai sensibilissimi capezzoli: specie torsioni e “pizzicotti”). Il discorso è diverso, natu- 97 la difesa personale ralmente, se bersaglio del colpo è il petto di una donna: in questo caso un colpo potente può provocare grande dolore ed emorragie. PLESSO SOLARE Un pugno ben indirizzato può provocare la perdita di coscienza, giacché il punto è particolarmente sensibile. I colpi più potenti (come i calci) possono produrre lesioni agli organi interni. DIAFRAMMA Colpire il diaframma può creare problemi alla respirazione, e in certi casi può anche provocare una perdita di conoscenza. STOMACO È il bersaglio ideale per mettere in condizione di non nuocere un aggressore ubriaco: è molto probabile, infatti, che un colpo ben assestato susciti conati di vomito. Anche ai non ubriachi, tuttavia, un colpo potente può causare spasmi e conati. FEGATO Quando un pugile si trova alla corta distanza, cerca spesso di colpire il fegato dell’avversario. Se è inferto con un pugno senza guantone (o con un calcio), il colpo al fegato è molto più pericoloso, e può produrre spasmi e svenimenti. In caso di colpo particolarmente potente, il fegato può “spappolarsi”, causando la morte. MILZA Per la milza vale lo stesso discorso fatto per il fegato: un colpo diretto a quest’organo può causare emorragie, perdita di conoscenza e persino la morte. RENI Anche il rene (al pari di fegato e milza) è un bersaglio particolarmente vulnerabile. Un colpo potente può causare la rottura dell’organo e condurre alla morte. TESTICOLI E VESCICA La zona inguinale è delicatissima. Un colpo nei testicoli (sempre molto doloroso) può provocarne la rottura (tra i danni permanenti, in questo caso, c’è anche la sterilità). Anche la vescica e l’osso pubico possono essere rotti da un colpo potente (ad esempio un calcio): in questi casi si verifica un’emorragia interna che 98 capitolo 15 può condurre alla perdita di conoscenza. COSCIA Il colpo alla coscia è particolarmente adatto alla difesa personale, a patto che sia molto preciso e potente: può riuscire infatti a togliere mobilità all’aggressore (grazie allo spasmo muscolare che provoca) impedendogli di proseguire nel suo attacco, senza tuttavia procurargli danni permanenti (cioè senza il rischio di cadere in un eccesso colposo di legittima difesa). GINOCCHIO Anche questo è un bersaglio ideale, per il semplice motivo che è quasi sempre facilmente colpibile. Le conseguenze di un colpo ben assestato sono: forte dolore, probabile slogamento, possibile frattura. POLPACCIO Un colpo deciso può causare spasmo muscolare, difficoltà ad appoggiare la gamba e quindi temporanea perdita di funzionalità dell’intero arto. STINCO Quest’osso non è protetto da fasce muscolari, pertanto è particolarmente sensibile: un colpo allo stinco (anche se non molto potente) provoca sempre intenso dolore. E talvolta la frattura. CAVIGLIA, PIEDE, DITA DEI PIEDI Dolori intensi, fratture, paralisi dell’arto: sono queste le possibili conseguenze di un colpo in queste zone (in genere si tratta di un calcio, o di un “pestone” inferto con il tacco). Scala di pericolosità dei colpi 1 colpo doloroso o “fastidioso”, che però non causa danni reali all’organismo; 2 colpo che può causare danni non permanenti; 3 colpo che può causare perdita di conoscenza e danni permanenti (ma non gravissimi); 4 colpo che può causare gravi danni permanenti; 5 colpo letale. 99 la difesa personale Parata e contrattacco Nel gioco del calcio, anche il più ferreo dei “catenacci” prevede la necessità del contropiede. Nella difesa personale è lo stesso: parata e contrattacco sono concetti inscindibili. Se vi limitaste a parare o a schivare i colpi, senza portarli a vostra volta, continuereste ad esporvi agli attacchi avversari. E prima o poi la vostra difesa crollerebbe. Un efficace contrattacco, viceversa, può far cessare le offensive avversarie, con sentendo così di eliminare il rischio alla fonte. La sindrome di Leonida Talvolta l’inferiorità numerica rende eroi. Fu il caso di Leonida e compagni alle Termopili: tutti eroi; e, incidentalmente, tutti morti. Ricordatevi di Leonida se doveste trovarvi ad affrontare più aggressori: meglio cercare la sopravvivenza piuttosto che la gloria imperitura. Difesa contro una AGGRESSIONE alle spalle: COME LIBERARSI DALLA PRESA ALLE BRACCIA Tenete sempre gli occhi aperti: tutti e tre! Il terzo occhio, in questo contesto, non ha significati mistici. È una semplice metafora per indicare la necessità di guardarsi sempre le spalle, e di porre la massima attenzione nella prevenzione dei pericoli. Riflettete: nella maggior parte dei casi, subire un attacco alle spalle significa innanzitutto non aver usato ogni dovuta precauzione. Qualora subiate per davvero un attacco alle spalle, tuttavia, è inutile perdere tempo in recriminazioni: la situazione è critica e occorre reagire con la massima decisione. Per essere pronti anche a questa evenienza, esercitatevi in palestra assieme al vostro partner di allenamento. E l’attacco preventivo? «Altro che parata e contrattacco! La miglior difesa è l’attacco puro e semplice. Colpire per primi: ecco la regola base per sopravvivere». Una simile obiezione avrebbe certo qualche fondamento. Ma va ricordato che il Codice Penale punisce l’eccesso di difesa: nella maggior parte dei casi colpire per primi è un reato. Siate dunque saggi. E allenatevi nelle parate. 100 capitolo 15 Difesa contro un attacco di coltello? Non pensate al coltello! Intendiamoci: il titolo qui sopra non va preso alla lettera. Al coltello bisogna pensarci, eccome! Quello che si vuole dire è che la prima mossa del difensore non è necessariamente il tentativo di disarmare l’aggressore. Una valida alternativa è colpirlo altrove, a sorpresa, per guadagnare il tempo e lo spazio sufficienti a metterlo fuori combattimento o a fuggire. Uno dei possibili bersagli alternativi è l’articolazione del ginocchio. 101 la difesa personale Attacco di coltello:prevedere e parare Mai farsi “chiudere” Per difendersi al meglio da un attacco di coltello, occorre innanzitutto riuscire a mantenersi lontano dalla portata del braccio armato. È necessario, pertanto, disporre di molto spazio, evitando di farsi chiudere in un angolo dall’aggressore. Sarà fondamentale, in questo aspetto tattico, la capacità di muoversi rapidamente sulle gambe. difesa contro il bloccaggio del polso: pugno a martello con rotazione a 360° Qualcuno vi blocca il polso mentre state per aprire la portiera della vostra auto: è una situazione pericolosa, perché siete impossibilitati a reagire con il vostro arto superiore più forte. Le soluzioni possibili sono due: o ricorrere alle tecniche di calcio (se l’aggressore è a distanza ravvicinatissima, si può usare un “pestone” sul piede), o ricorrere ad una percussione con l’altra mano. In quest’ultimo caso, però, dovremo supplire in qualche modo alla minor potenza che siamo in grado di sprigionare. Faremo ricorso, pertanto, ad un pugno a martello, potenziato da 102 capitolo 15 un caricamento di 360°. Il bersaglio del pugno a martello può essere indifferentemente il volto dell’aggressore o il suo basso ventre. Nella sequenza qui illustrata, l’aggredito decide di colpire il basso ventre. Usando la stessa mano, immediata mente dopo, doppia il pugno con un colpo al viso portato con le nocche delle dita. Per quest’ultimo colpo, il bersaglio ideale è rappresentato dalla radice del naso. Difesa contro un attacco con la pistola? pensate alla Pistola! Il discorso fatto precedentemente sull’attacco di coltello non è valido, ovviamente, per gli attacchi con la pistola. In questo caso, disarmare o deviare il braccio armato dovrà essere il primo pensiero per chi si difende. Sempre. 103 la difesa personale Cercano di aggredirvi. Non perdete la calma. Mantenete una grande concentrazione è importantissimo anticipare l’avversario!!! 104 capitolo 16 capi tolo 16 Preparazione psicofisica tecniche di rilassamento e concentrazione La respirazione Una respirazione profonda ossigena tutti i muscoli, ed è in grado di rilassare sia il vostro fisico che la vostra mente. Spesso noi respiriamo soltanto con il torace, in modo superficiale e incompleto. Nella respirazione, invece, vanno coinvolti non solo i polmoni, ma anche il ventre e il diaframma. La fase espiratoria deve essere più lunga di quella inspiratoria: ciò vi permetterà di espellere meglio tutte le tossine, e preparerà una inspirazione più efficace, capace di apportare una maggiore quantità di ossigeno. Prima di ogni seduta di allenamento (e ogni volta che avrete bisogno di rilassarvi) fate dunque per qualche minuto questo semplice esercizio. Mettetevi comodi, magari seduti (con la schiena ben eretta), oppure - se pre ferite - sdraiati, avendo cura di scegliere un abbigliamento non “costringente” (niente cinture, niente stringhe che vi comprimano i piedi, eccetera) e di non incrociare gli arti, al fine di ottimizzare la circolazione sanguigna. Inspirate profondamente (con il naso, non con la bocca!), sollevando il ventre e spingendo in basso il diaframma, gonfiando il più possibile i vostri polmoni; quindi espirate molto lentamente. Nel frattempo, cercate di ripetere mentalmente a voi stessi un messaggio “positivo”, del tipo: «L’aria che sto inspirando mi farà stare bene, mi distenderà, mi caricherà di nuove energie». Dopo una ventina di inspirazioni-espirazioni di questo tipo, “lasciatevi andare”: lasciate cioè che il vostro respiro segua il suo ritmo naturale, non pensate a niente se non al vostro benessere e al vostro rilassamento. Quindi sgranchitevi, stiracchiatevi, assaporate l’energia vitale che scorre nei vostri muscoli e in tutto il vostro corpo. E pensate a cose serene, divertenti, simpatiche. Il rilassamento così ottenuto facilita sempre la successiva concentrazione: sia 105 la difesa personale nell’allenamento per la difesa personale che nel lavoro di tutti i giorni. Un consiglio: cercate di fare questo semplice esercizio in una situazione “tranquilla”, evitando di essere disturbati da circostanze impreviste. Se è il caso, ad esempio, staccate il telefono. Esercizi per tenersi IN forma fisica Senza una buona forma fisica, imparare le tecniche della difesa personale non vi servirà a nulla, perché non riuscireste a metterle in pratica. Per la difesa personale servono essenzialmente due presupposti: una discreta agilità (scioltezza nei movimenti) e una certa resistenza (“fiato”, capacità di sopportare la fatica). Praticare con un minimo di regolarità una qualsiasi attività sportiva servirà in modo eccellente a “conquistare” agilità e resistenza. A coloro che non praticano alcuno sport, ad ogni modo, proponiamo un piccolo programma di allenamenti per tenersi in forma a casa propria, senza necessità di recarsi in palestra o in altre strutture sportive, né di acquistare alcun attrezzo particolare. Il programma, semplicissimo, è fondato su quattro elementi: corsa; salto con la corda; stretching; esercizi a corpo libero per tonificare i muscoli (specie addominali, pettorali, muscoli delle braccia e delle spalle). È un programma adatto a tutti: basta possedere una normale costituzione fisica. Consultate comunque un medico. E non esagerate mai con gli sforzi, specie all’inizio. Inutile aggiungere che fare una vita sana serve moltissimo alla difesa personale 106 capitolo 16 (difesa nel senso più ampio!). Anche se non subirete mai una aggressione, vi farà benissimo porre attenzione alla alimentazione ed evitare gli eccessi (specie alcol e fumo). Se potete, fate tre allenamenti a settimana; mantenendo però come abitudine quotidiana (sia la mattina che la sera) lo stretching e gli esercizi a corpo libero. Per quanto riguarda la corsa, può bastare anche una sola seduta a settimana; quando sarete in forma (dal terzo mese in poi) il tempo di corsa potrà crescere gradatamente fino a 40 minuti, 1 ora o anche più. Corsa La corsa aumenta la nostra resistenza, migliora la nostra capacità respiratoria, rinforza in generale tutto l’apparato muscolare. Potete correre dove preferite: in strada, nel vostro giardino, su una pista d’atletica; e persino in palestra. La sola cosa importante è evitare di correre in ambienti a rischio di inquinamento atmosferico: rinunciate in partenza, pertanto, a correre in mezzo al traffico cittadino, giacché i danni potrebbero essere superiori ai benefìci. Per la corsa, dovete usare un abbigliamento comodo. E ricordate: nei primi due mesi di allenamento cercate di rispettare i tempi di corsa, senza preoccuparvi dell’intensità del suo ritmo; non fate sforzi eroici, insomma. Dal terzo mese in poi, potrete accelerare gradatamente anche il ritmo (cioè la velocità). 107 la difesa personale Salto con la corda Il lavoro con la corda svilupperà le nostre capacità coordinative, sincronizzando i movimenti delle braccia e gambe. Allo stesso tempo ci permetterà di aumentare la capacità aerobica, di rinforzare i tendini di Achille, e di rassodare i muscoli posteriori di gamba e coscia. I tempi di lavoro inizialmente saranno brevi (1 o 2 minuti) fino ad arrivare ad un massimo di 6-8 minuti. Ricordate: durante il salto con la corda, è importante non appoggiare i talloni. Dopo il lavoro con la corda, respirando profondamente recuperiamo la giusta frequenza cardiaca. Stretching Sotto il nome di stretching sono compresi tutti gli esercizi di allungamento muscolare. Lo stretching permette ai muscoli di migliorare la loro elasticità, consentendoci una maggiore scioltezza/agilità e una più ampia possibilità di movimento. Lo stretching, inoltre, riduce il rischio di strappi e di altre noie muscolari, rendendo più sicuro (e più efficace) il nostro allenamento. A causa della nostra vita sedentaria, sono soprattutto i muscoli delle gambe ad aver bisogno di esercizi di stretching. Qui vi proponiamo un solo esercizio, corredato però di alcuni princìpi generali che possono essere estesi a tutte le tipologie di stretching. A chi volesse saperne di più sullo stretching, consigliamo di ricorrere a un manuale specifico (esiste in materia una vastissima letteratura). Sappiate, ad ogni modo, che applicando scrupolosamente i prìncipi generali qui sotto enunciati potete tranquillamente “inventarvi” altri allungamenti, senza che il vostro fisico corra alcun rischio. ✔ 1° principio: prima dello stretching, frizionate i muscoli interessati con alcool canforato o con altri prodotti idonei, al fine di aumentare le potenzialità di estensione dei muscoli stessi. 108 capitolo 16 ✔ 2° principio: il modo corretto di allungarsi non è mai doloroso; quando mettete in tensione il muscolo, pertanto, non spingetevi mai oltre la soglia del dolore. ✔ 3° principio: una volta raggiunta la prima tensione muscolare, mantenetela fino a raggiungere il rilassamento; mantenetela, cioè, fino a che non vi sarete perfettamente abituati a quella tensione. ✔ 4° principio: una volta abituati alla posizione di tensione, cercate di aumentare leggerissimamente la tensione stessa, fermandovi però al primo accenno di dolore, e continuando a respirare regolarmente. ✔ 5° principio: frizionate il muscolo fino a che non vi sarete abituati al piccolo aumento di tensione sopra descritto. Quindi sciogliete i muscoli e rilassatevi. Esercizio: appoggiate il tallone su un tavolo, su un muretto o su altra superficie (che comunque non superi l’altezza dei vostri fianchi), mantenendo la gamba rigida; spingete la punta del piede verso di voi, fino a che non sentite “tirare” i muscoli del polpaccio e della coscia; mantenete la posizione per un paio di minuti; con la mano, quindi, andate a stringere la pianta del piede (mano destra per il piede destro; mano sinistra per il piede sinistro). Se il piede è troppo “lontano” per voi, non preoccupatevi: riuscirete a raggiungerlo dopo qualche settimana di allenamento. Rispettando i princìpi enunciati, evitate il dolore; e per le prime sedute afferrate la caviglia anziché il piede. Infine, ripetete l’esercizio con l’altra gamba. ESERCIZI A CORPO LIBERO Flessioni Stendetevi a pancia in giù. Contraendo i muscoli in modo che il vostro corpo rimanga diritto, e che la schiena non si pieghi, appoggiate le palme delle mani a terra, immediatamente a lato delle vostre spalle, e tiratevi su a forza di braccia 109 la difesa personale (fino stenderle), guardando non verso terra ma davanti a voi. Mentre vi tirate su (sempre mantenendo il corpo lungo un unico asse, cioè senza piegare la schiena), espirate con la bocca. Quindi riavvicinatevi al terreno, inspirando con il naso. Ripetete 10 volte il movimento. Variando leggermente la posizione delle mani, cambierete anche la distribuzione dello sforzo sui muscoli. Con le mani parallele, lavorerete soprattutto sui muscoli delle spalle e del petto (il rispettivo carico di lavoro dipenderà anche dalla distanza tra le mani). Con le mani rivolte verso l’interno o verso l’esterno, invece, tonificherete maggiormente i muscoli della braccia. Per ridurre la fatica delle braccia, si può ricorrere ad una semplice variante: piegate le gambe, in modo che il sollevamento del corpo sia compiuto mantenendo a terra le ginocchia anziché le punte dei piedi. Sollevamenti per gli addominali Sdraiatevi a terra sulla schiena, con le gambe piegate (a formare un angolo di circa 90°), il collo sollevato, e le mani incrociate dietro la nuca: in questa posizione devono toccare il pavimento soltanto le piante dei piedi, il bacino e la schiena. 110 capitolo 16 Quindi sollevatevi a forza di addominali fino a toccare le ginocchia col busto. Tornate (non troppo velocemente) nella posizione di partenza. Anche in questo esercizio si deve inspirare quando si è sdraiati, ed espirare quando ci si solleva (cioè nel momento del massimo sforzo). Per tonificare i muscoli addominali esistono tantissimi altri esercizi. Ma non è il caso, in questa sede, di dilungarsi nel loro esame. A chi volesse approfondire, consigliamo di consultare la letteratura specifica sulla preparazione fisica. 111 la difesa personale E’ molto importante avere un minimo di preparazione fisica, può voler dire la differenza tra il “vincere” o il “perdere” e se perdete siete fregati!!! 112 capitolo 16 Tenersi in forma con gli esercizi a corpo libero Come abbiamo già detto, è possibile raggiungere e mantenere la forma fisica senza particolari investimenti in attrezzature. In quest’ottica, gli esercizi a corpo libero rappresentano uno dei cardini del “programma minimo” da noi proposto. “AL + AL” No, il computer di “2001 Odissea nello spazio” non c’entra nulla... “AL + AL” significa “allenamento più alimentazione”: è un binomio importante. Feuerbach sosteneva che «l’uomo è ciò che mangia». Non serve, in questa sede, soffermarci sulle implicazioni ontologiche del materialismo feuerbachiano. Ma è certamente vero che la nostra forma fisica dipende anche dalla quantità e dalla qualità di ciò che mangiamo. Facciamo dunque attenzione tanto agli allenamenti quanto alla alimentazione. Vale la pena, su entrambi i fronti, chiedere qualche consiglio al nostro medico di fiducia. Mente fredda... in corpo caldo Le “teste calde” non potranno mai comprendere appieno la filosofia della difesa personale. Conviene dunque mantenersi “freddi”, specie nelle situazioni difficili, dove occorre più che mai ragionare lucidamente. Il discorso esattamente opposto va fatto per i nostri muscoli. Se non vengono adeguatamente “scaldati”, rischiano strappi e contratture persino durante gli allenamenti. Quando fare riscaldamento Ricorrete sempre agli esercizi di riscaldamento ✔ prima di cominciare gli allenamenti in palestra con il partner; ✔ prima dell’allenamento a base di corsa; ✔ prima delle eventuali sedute con i pesi (rammentiamo tuttavia che, nel programma minimo da noi proposto per raggiungere e mantenere la forma fisica, i pesi non sono indispensabili). Il riscaldamento può sempre essere preceduto dallo stretching. Quando i mezzi giustificano il fine Di solito è il fine che giustifica i mezzi. Ma talvolta può accadere il contrario. Se avete cominciato ad allenarvi soltanto per paura, al solo scopo di essere pronti a difendervi, vi accorgerete, strada facendo, che la forma fisica è un premio in sé, capace di migliorare la qualità della vita. Anche un semplice esercizio nel parco può procurare gioia e benessere... 113 la difesa personale Mens sana in corpore sano Per molti anni abbiamo vissuto con l’idea sbagliata che la ginnastica servisse soltanto per formare dei “mister muscolo”. Ora, fortunatamente, si sta acquisendo un’idea chiara del modo in cui l’educazione fisica deve essere applicata: dagli allenamenti basati su movimenti scattanti e rigidi si è passati ad un sistema di movimenti eseguiti con grazia, eleganza e armonia. La ginnastica, infatti, è qualcosa di più che un mezzo per gonfiare muscoli e consumare energie; è, soprattutto, un mezzo per tonificare, abbellire, equilibrare il corpo umano, nonché per renderlo più funzionale. La ginnastica aiuta a essere più forti e a vivere in salute e in armonia; ma per ottenere questi obiettivi occorrono impegno e volontà. Bisogna rammentare, allo stesso tempo, che non basta fare ginnastica per vivere una vita più sana. Il nostro corpo e i nostri muscoli rappresentano solo una parte della nostra persona. L’altra parte è costituita dallo spirito, dalla volontà, dall’intelligenza. E anche queste componenti vanno stimolate e “allenate”. Trascurarle sarebbe come camminare con una gamba sola avendole tutte e due in perfetto stato. Cosa accade quando si smette di fare ginnastica Il corpo umano si comporta come una macchina: se si smette di oliarla e di usarla, arruginisce e invecchia. Con uno svantaggio ulteriore: smettere di praticare ciò che dà maggior salute e energia porta con sé l’avvilimento e la rovina di quel che si era ottenuto. Coloro che hanno praticato a lungo una ginnastica forte, dura e senza alcuna regola, e quelli che praticano un qualsiasi sport con la stessa mancanza di metodo, e senza una base di ginnastica, se cessano improvvisamente ogni attività, tendono, continuando a mangiare nelle stesse proporzioni, ad ingrassare. È logico: se si consumano meno calorie e non si riduce la quantità di cibo, si accumulano i grassi ingeriti in eccesso. 114 capitolo 17 capi tolo 17 Autodifesa: nozioni giuridiche la parola agli esperti Autodifesa e diritto Il nostro sistema giuridico garantisce ad ognuno il diritto alla legittima difesa, che è considerata una “scriminante”. Il che vuol dire che persino un omicidio può essere lecito se commesso per proteggere la propria vita. Ma la legittima difesa è ammessa dal codice con un limite preciso: la reazione, cioè, deve essere proporzionata all’offesa; altrimenti l’eccesso di difesa potrebbe configurare una fattispecie di delitto colposo. Facciamo un esempio concreto: se subite un tentativo di scippo, siete certamente autorizzati a difendervi, ma senza procurare lesioni gravi (o addirittura la morte) al malcapitato scippatore. Non ci sarebbe proporzione fra il diritto minacciato (quello di proprietà) e il diritto leso dalla reazione (quello all’integrità fisica). Così recita l’articolo 52 del Codice Penale: «Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro un pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa». In questo articolo ci sono altre parole chiave, oltre a “difesa proporzionata all’offesa”. Sono le seguenti: pericolo attuale di un’offesa ingiusta. Sia pure sinteticamente, cercheremo di chiarirle bene. Pericolo Il legislatore intende dire che l’offesa deve essere soltanto minacciata, non già realizzata. Altrimenti saremmo di fronte alla vendetta, alla ritorsione. Facciamo degli esempi concreti. Venite aggrediti: per evitare il pericolo di danni fisici alla vostra persona, colpite l’aggressore procurandogli la frattura del setto nasale. Non siete punibili di “percosse” e “lesioni personali” (anche se il fatto in sé configurerebbe queste fattispecie di reati) perché avete agito in una situazione di “pericolo”. Immaginiamo adesso un’altra situazione. 115 la difesa personale Venite ingiustamente aggrediti e malmenati. Poche ore dopo, incontrate nuovamente il vostro aggressore e questa volta siete voi a picchiare lui. Qui non si tratta di legittima difesa, perché, pur essendoci l’offesa ingiusta, non c’è l’elemento del pericolo (giacché l’offesa è già stata realizzata). A posteriori, insomma, non potete farvi giustizia da soli. Attuale Il pericolo deve essere attuale: cioè reale e immediato. Non può essere “ipotetico” o “eventuale”. Perché la reazione si configuri come legittima difesa, insomma, deve interrompere una concatenazione di eventi che (senza la reazione stessa) produrrebbe la lesione del diritto. Un esempio concreto chiarirà come il concetto dell’attualità riguardi anche le armi (improprie o meno) che ciascuno di noi potrebbe usare per difendersi da una eventuale aggressione. Se venite aggrediti in una macelleria da un aggressore armato, potrete certamente impossessarvi del coltello da macellaio per difendervi... Ma non potete portarvi appresso quello stesso coltello (né tanto meno una pistola) senza apposite autorizzazioni. Non vale invocare - per la detenzione di armi - la legittima difesa “eventuale”, proprio perché manca l’attualità del pericolo. Offesa ingiusta Qui va precisato che l’offesa ingiusta è tale quando si concretizza in un comportamento contrario alle leggi. Il criterio per valutare l’ingiustizia, insomma, è oggettivo, e prescinde dalla percezione e dalle personali concezioni morali dei soggetti coinvolti. Torniamo adesso al concetto di “eccesso di difesa”. Così recita l’articolo 55 del Codice Penale: «Quando nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53, 54 (sono gli articoli che si occupano delle “scriminanti”, tra cui - art. 52 - la legittima difesa; ndr) si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge e dall’ordine dell’autorità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo». Questo, naturalmente, non è un manuale di diritto. Pertanto non approfondiremo il concetto di “colpa”: basterà dire che è meno grave del “dolo”, e che è caratterizzata da negligenza, imprudenza o imperizia. Nel caso specifico della legittima difesa, l’eccesso colposo può configurarsi in una errata valutazione o del pericolo o dei mezzi di difesa usati per affrontarlo. 116 capitolo 17 In entrambi i casi, gli effetti della reazione sono sproporzionati rispetto alla reale entità del pericolo in essere. Vi renderete conto che prevenire un eccesso colposo di legittima difesa è... la semplicità difficile a farsi. Occorre infatti la capacità di valutare esattamente la situazione, mentre le circostanze ci impongono spesso di reagire in una frazione di secondo... E la fretta, si sa, è generalmente una cattiva consigliera. Ma non dovete spaventarvi. La difesa personale, lo abbiamo già sottolineato, è molto più che un insieme di tecniche marziali: se vi allenerete con coscienza, seguendo i consigli di queste pagine, acquisterete una consapevolezza e una fiducia in voi stessi che vi aiuteranno a prendere le decisioni giuste nel momento giusto. E non dimenticate quello che abbiamo già spiegato: il primo principio filosofico della difesa personale è - per così dire - un principio “pacifista”; le situazioni di pericolo vanno evitate ad ogni costo, e lo scontro fisico deve essere solo l’extrema ratio per salvare la vostra incolumità. 117 la difesa personale capi tolo 18 Come dominare la paura «Una vigile e provvida paura è la madre della sicurezza». (Edmund Burke) Di fronte a una situazione di grave pericolo, sicuramente avremo paura. Questo è un dato assodato. Dobbiamo “accettare” il sentimento della paura, perché in sé non è affatto negativo. Il problema è come si reagisce a questo sentimento. Molto spesso, purtroppo, la paura ci impedisce di pensare freddamente per analizzare la situazione, e talvolta ci paralizza bloccando tutti i muscoli (ad ecce- Persino l’oggetto bramato dal rapinatore può trasformarsi in un’arma improvvisata. In questo caso, l’aggressore ci minaccia con una siringa, ma la nostra valigetta ci consente un allungo maggiore. Mentre con la mano sinistra cercheremo di bloccare l’arto armato di siringa, con la destra sferreremo un colpo di valigetta al basso ventre. 118 In alternativa, il bersaglio può essere il mento. Quelli qui illustrati sembrano colpi semplici: vi consigliamo, tuttavia, di allenarvi col vostro partner anche nell’uso delle armi improvvisate. capitolo 18 zione del muscolo cardiaco, che comincia a battere all’impazzata!). Capirete che, se ci troviamo confusi e paralizzati di fronte al pericolo, non abbiamo molte probabilità di reagire nel modo giusto. Dobbiamo far sì che la paura diventi per noi un sentimento positivo. La paura è in grado di produrre un effetto opposto a quello della “paralisi” fisica e mentale: la scarica di adrenalina che susciterà in noi può velocizzare i nostri tempi di reazione, alzare la nostra soglia del dolore, aumentare la nostra determinazione e la volontà di sopravvivere. Come riuscirci? In alcuni centri anti-violenza degli Stati Uniti d’America, in cui si insegna la difesa personale, i partecipanti vengono avvisati che durante i corsi saranno coinvolti (quando meno se l’aspettano) in simulazioni di aggressioni “improvvise”: viene loro raccomandato di non reagire assolutamente a queste aggressioni, ma di limitarsi a viverle fino in fondo dal punto di vista emotivo, per poi pensare e ripensare alla paura provata. Certo: vivere in anticipo una situazione (che per giunta si sa simulata) non ci toglierà la paura quando la situazione si verificherà davvero. Ma ci toglierà - almeno in parte - la sorpresa. Non la sorpresa dell’evento, ma la sorpresa che ci coglie di fronte alla nostra stessa paura. Il “trucco” funziona. Di fronte al pericolo, la paura sarà sempre lì con noi; ma non ci coglierà impreparati; ci aiuterà, anzi, a reagire nel modo più giusto. n Il primo consiglio, pertanto, è quello di simulare più volte - magari con gli amici e/o le amiche con i quali leggerete queste pagine e con i quali vi allenerete - le eventuali aggressioni che potreste subire. n Il secondo consiglio è quello di aggiungere alla simulazione “fisica” (cioè alla ricostruzione concreta dell’aggressione) la simulazione “mentale”. Chiudete gli occhi e immaginate passo per passo il “film virtuale” di una aggressione che vi veda protagonisti: immaginate ogni attimo, immaginate l’aggressore, immaginate la vostra paura, immaginate la vostra reazione. Facendo questo “gioco di ruolo” più e più volte, cercando di immedesimarvi al massimo grado nella parte di chi subisce un attacco violento, abituerete la vostra mente ad avere “confidenza” con certe situazioni. Quando queste si verificheranno sul serio, saprete reagire con maggiore efficacia. Ai fini dell’accumulo di esperienza, infatti, la nostra mente non fa distinzioni tra emozioni vere ed emozioni virtuali. Basta che l’emozione ci sia. E la presenza dell’emozione facilita sia l’apprendere sia il saper applicare l’apprendimento. 119 la difesa personale n Il terzo consiglio è quello di esercitarvi a lungo con le tecniche di difesa personale che apprenderete in questo corso. Allenatevi con i vostri amici e le vostre amiche. Abituatevi anche al contatto fisico, a dare e a ricevere i colpi (ovviamente in modo “controllato”, mi raccomando!). Ciò aumenterà la conoscenza del vostro corpo e delle vostre reazioni psico-fisiche, facendo crescere anche la vostra consapevolezza (in generale) e la fiducia in voi stessi. n Il quarto consiglio, infine, è quello di esercitarvi nelle tecniche di rilassamento e di concentrazione che vi proponiamo in uno specifico capitolo. Anche queste tecniche consentiranno di migliorare l’armonia tra la vostra parte razionale e la vostra parte emotiva, permettendovi un maggiore autocontrollo nei momenti “topici”. Se seguirete questi quattro consigli, scoprirete che paura e lucidità possono “felicemente” convivere. E qualora dovesse capitarvi (ma non ve lo auguriamo!) di trovarvi in circostanze difficili, la vostra mente sarà sveglia e lucida, pronta a cercare la soluzione giusta per la circostanza. Fuggire? Se sì, come? Lottare? Se sì, come? Fare qualcos’altro? Ad esempio parlare o gridare? Non esistono risposte astratte, preconfezionate. Ma siamo certi che voi saprete rispondere. 120 capitolo 19 capi tolo 19 La filosofia della difesa «Il nemico da battere è dentro di noi. Le arti marziali non significano violenza, ma conoscenza di sé stessi». (Wang Wei, Maestro di Kung Fu e Tai Chi; 1996) Un balzo nel tempo di oltre 2.000 anni. Un salto nello spazio di oltre 6.000 chilometri (dalla Grecia alla Cina). Ma c’è un filo preciso (un filo... sofico!) che collega Socrate a Wang Wei. Intendiamoci: se imparerete le tecniche di difesa personale, non diventerete per questo esperti di gnoseologia; più semplicemente migliorerete il rapporto con voi stessi e con il mondo. Quella che vi proponiamo, in definitiva, è una filosofia pratica per la qualità della vita. 121 la difesa personale capi tolo 20 Dignità filosofica della fuga Si racconta che Demostene, rimproverato per essere fuggito da una battaglia, così replicasse: «Chi fugge può combattere un’altra volta». Parafrasando il noto proverbio sull’asino e sul professore, potremmo dire: è meglio un vile vivo che un eroe morto. Ma questa parafrasi, in effetti, è sbagliata: non può dirsi “vile” chi riesce ad evitare un rischio inutile; sarà il caso, piuttosto, di definirlo “saggio”. Non permettete mai, dunque, che un “deviato” senso dell’orgoglio vi impedisca di sottrarvi a un pericolo (del resto, dovrete pur mettere a frutto gli allenamenti a base di “corsa” che vi consigliamo in questi fascicoli!). La cosa è diversa, naturalmente, qualora la vostra fuga lasciasse in balìa degli aggressori altri innocenti indifesi: in questa ipotesi correre dei rischi avrebbe certamente un senso, e non sarebbe affatto inutile. Anche in un caso come quello appena ipotizzato, tuttavia, non bisogna mai lasciarsi sopraffare né dall’emozione né dai propri “imperativi categorici”. Bisogna invece mantenere - sempre - la massima lucidità: “fare l’eroe”, insomma, ha un senso soltanto se c’è almeno una possibilità di essere davvero d’aiuto a chi ne ha bisogno. Per concludere con una battuta, ricordate sempre che la fuga ha dignità filosofica... e persino artistica: basti pensare alle fughe di Bach! 122 capitolo 21 capi tolo 21 Difesa contro il tentativo di strupro Una legge del nostro Parlamento stabilisce che lo stupro non è un reato contro la morale, bensì un reato contro la persona. A nostro avviso, la scelta del legislatore è correttissima: il tentativo di stupro, tra l’altro, rappresenta una delle aggressioni più pericolose per la donna. Sotto ogni punto di vista. La violenza sessuale, infatti, produce traumi fisici e psichici che si protraggono nel tempo, fino a determinare, in taluni casi, danni irreversibili. Ecco perché, al tentativo di stupro, bisogna reagire con la massima deter minazione, come se fosse in gioco la vita stessa: non sono rari, d’altronde, i casi in cui il maniaco, sùbito dopo lo stupro, uccide la propria vittima. Non sottilizzeremo sulle cause della pulsione omicida: sia che il maniaco uccida per un piacere perverso sia che uccida per paura di essere denunciato, per la vittima cambia ben poco. Nel caso in cui subiate un tentativo di stupro, pertanto, non abbiate freni inibitori; non preoccupatevi delle norme del codice penale sull’eccesso colposo di legittima difesa. Ricordatevi, invece, che è in gioco la vostra vita. Prevenzione e psicologia Prima di affrontare l’argomento della “difesa contro il tentativo di stupro”, sarà utile ribadire l’importanza degli accorgimenti di prevenzione. Sulla prevenzione abbiamo già fornito alcuni consigli generali. Oltre a quei consigli, teniamo a mente quanto segue: ✔ se siete importunate da un molestatore con atteggiamenti da bullo, cercate di non provocarlo con reazioni verbali che possano farlo arrabbiare: spesso, infatti, il “bullo” va a caccia di pretesti per “legittimare” le proprie violenze («Mi ha provocato? Adesso le faccio vedere io...»). Limitatevi dunque a ignorare l’importuno, cercando immediatamente una via di fuga. Il discorso è diverso se la molestia avviene in pubblico, ad esempio su un autobus: in questo caso svergognare il molestatore con un «Giù le mani, por- 123 la difesa personale co!» (o altra espressione del genere) può attirare l’attenzione dei presenti e indurre l’aggressore ad allontanarsi. Prestate sempre attenzione, dopo questi episodi di molestie “pubbliche”, a eventuali pedinamenti da parte del molestatore. Se vi accorgeste di essere seguite, rimanete in zone frequentate dalla gente; se possibile, rivolgetevi ad un poliziotto oppure telefonate a qualche amico per procurarvi una “scorta”. Sarà utilissimo, in caso di pedinamenti sospetti, conoscere preventivamente la dislocazione delle sedi delle forze dell’ordine: così potrete condurre il pedinatore in un luogo a lui poco gradito. ✔All’interno della vostra auto oppure nella vostra borsetta tenete sempre una torcia. Vi servirà, ad esempio, nei casi in cui dovrete fermare l’auto in ambienti particolarmente bui: prima di scendere, e prima di alzare le “sicure” delle portiere, esaminate i dintorni con la torcia. All’occorrenza, la torcia costituirà anche un’eccellente “arma impropria”. ✔ Se, nonostante le vostre precauzioni, vi trovate da sole di fronte a qualcuno che cerca di stuprarvi, non perdete la testa. Cercate di guadagnare tempo e di procurarvi un vantaggio psicologico. A questo proposito, sarà molto utile un atteggiamento di finta sottomissione. Ad esempio potreste dire: «Non farmi del male, non ce n’è bisogno: farò tutto quello che vuoi». Oppure: «Sii gentile con me, e non te ne pentirai». Un atteggiamento del genere può allentare la tensione nel potenziale violentatore, che talvolta s’illude di “dominare” già la vittima: e pertanto può favorire (con un “effetto sorpresa”) l’efficacia della vostra reazione successiva. Ci sono molti altri possibili diversivi psicologici. Ad esempio potreste dire qualcosa del genere: «Il sesso per me è sempre stato un piacere: ma purtroppo devo avvertirti che sono sieropositiva. Hai con te un preservativo?». La paura di un contagio potrebbe far desistere il violentatore dalle sue intenzioni. La battuta sul preservativo, in particolare, testimonierà la vostra volontà di cercare delle soluzioni, e ciò renderà più credibile la vostra “storiella”. Come alternativa alla “minaccia” della sieropositività, suggeriamo di ricorrere a un ancora più esplicito “AIDS”, oppure a una malattia venerea. Possono essere efficaci anche riferimenti a una gravidanza o ai giorni del ciclo mestruale. 124 capitolo 22 capi tolo 22 E se la psicologia non funziona? Se la psicologia non dovesse funzionare, allora agite con “cattiveria”. Ricorrete ai colpi più efficaci (compresi quelli “non ortodossi”), mirando agli obiettivi più vul nerabili: occhi, gola e genitali. Se avete una buona dentatura, potreste simulare (come extrema ratio) di gradire particolarmente un rapporto orale. La vostra pri ma mossa offensiva, in questo caso, sarà un morso molto, molto deciso! Se subiamo un’aggressione mentre siamo fermi in automobile, non dobbiamo allarmarci. Possiamo ribaltare a nostro vantaggio la situazione apparentemente sfavorevole. È vero: noi siamo seduti, costretti in un abitacolo, mentre l’aggressore è più libero nei movimenti. Ma se riusciamo a tirarlo con forza verso di noi, lui sbatterà la testa sulla portiera dell’auto. 125 Una buona alternativa è quella di usare un’arma improvvisata. In questo caso, avremo sicuramente con noi le chiavi della macchina: cerchiamo di colpire con la punta delle chiavi gli occhi dell’aggressore. la difesa personale capi tolo 23 Primo: non prenderle. Secondo: prenderle! Il titolo qui sopra è contraddittorio solo in apparenza. Vi spieghiamo perché. Il primo principio della difesa personale è quello di evitare qualsiasi danno alla propria persona: “primo non prenderle”, insomma (cioè: prevenire). Tuttavia, nelle situazioni in cui non è possibile evitare lo scontro fisico, “primo non prenderle” rimane un principio astratto; nell’adattamento realistico alla situazione concreta, questo principio si trasforma, diventando: “prenderle il meno possibile”. L’imperativo categorico, in questi casi, è sopravvivere. Ebbene, le possibilità di sopravvivenza aumentano se aumenta la nostra capacità di resistere ai colpi portati dall’aggressore. Provate a pensare ai grandi campioni del pugilato: la quasi totalità di questi campioni ha fondato le proprie vittorie anche sulla capacità di “incassare”. Le “mascelle fragili”, per converso, non hanno mai raggiunto grandi risultati. Da ciò deriva che dobbiamo allenarci anche a subire i colpi. Col vostro partner, pertanto, cercate di abituarvi al contatto fisico, sia pure senza esagerare. Prima, però, occorre potenziare le fasce muscolari che proteggono il vostro corpo. Va ribadito, a commento conclusivo di questa sequenza, che le tecniche di calcio al volto non si addicono ai principianti della difesa personale: è consigliabile, per i non esperti, ricorrere sempre a bersagli bassi, come le articolazioni del ginocchio o le caviglie, poiché sono più facili e più veloci da raggiungere e, nel contempo, riducono le possibilità di farsi afferrare la gamba dall’aggressore. Rimane validissimo il principio generale: sfruttare il maggiore allungo degli arti inferiori. Il piano “B” Due soluzioni sono meglio di una! Tenere pronto un “Piano B” potrebbe salvarvi la vita. Quando vi allenate con il partner, pertanto, preparate sempre almeno due risposte per ogni tipologia di aggressione. Fate in modo che la risposta “B” coinvolga un arto diverso rispetto alla risposta “A”. 126 capitolo 23 Arrivederci! Nel salutarVi, amici lettori, formuliamo l’auspicio che non dobbiate mai aver bisogno di mettere in pratica quanto appreso da queste pagine. Da parte nostra, abbiamo cercato di presentarVi un’opera il più possibile completa, per metterVi in grado di acquisire da soli, senza dover ricorrere ad ulteriori esperti, tutte le competenze necessarie alla difesa personale. Adesso dipende da Voi. La volontà, l’applicazione, la costanza negli allenamenti Vi saranno indispensabili. Buon lavoro dunque. E arrivederci! 127 L’autore, il maestro Giandomenico Bellettini, campione mondiale di kick boxing, nel 1977. 129 Molte sono le ragioni che possono indurvi a prendere in mano questo libro, se non avete mai seguito dei corsi di arti marziali per imparare tecniche di difesa personale, questo libro è essenziale per voi. Se invece avete frequentato palestre di arti marziali, questo libro amplia e completa le vostre conoscenze e le vostre tecniche. è, insomma, un compendio di tecniche di difesa personale condotto con un metodo sperimentato dal più grande maestro di arti marziali che abbiamo in Italia, l’unica cintura Nera 9° Dan di Kick Boxing del Mondo. Giandomenico Bellettini è nato a Ravenna il 21-03-53, il primo giorno di primavera, segno zodiacale “Ariete”. Laureato in Giurisprudenza con il massimo dei voti è iscritto nell’elenco speciale dei Giornalisti. Direttore della rivista “Living Informa - Contact Internazional - Beach Magazine”. Sportivamente parlando proviene dal Karate / Kick Boxing, dove attualmente è il Presidente della Iaksa-Italia, la federazione di kick boxing riconosciuta dalla Iaksa Internazionale (International Amateur Kick Boxing Sport Association). è l’unica cintura nera 9° dan nel mondo, dopo Geert Lemmens, Peter Land e Jeremy Yau (10° dan). Ha scritto 15 libri, tra cui il “Karate del Futuro” nel 1977 (il primo libro della storia sulla kick boxing) e il “Beach Tennis (il primo libro al mondo sul beach tennis). Un autentico primatista. Il primo e unico che ha portato il Karate Contact (semi, light e full contact) in Italia nel 1975. La prima federazione in assoluto a fare il contatto pieno. Il primo che ha portato Bill Wallace in Europa ed in Italia. Campione Italiano di Kick Boxing dal 1975 al 1980. Nel 1977 è stato Campione Mondiale di kick boxing. Detiene, tutt’ora, due titoli Mondiali di smashing cars e tameshi wari (dimostrazioni di potenza). Nella sua carriera agonistica vanta un record di 71 vittorie per K.O. Attualmente si è specializzato in “Diritto Sportivo” ed è il Procuratore dei più forti atleti di Kick Boxing. è responsabile legale della Federazione Mondiale della Iaksa (International Amateur Kick Boxing Sport Sssociation). prezzo consigliato E 30,00