dott. giandomenico bellettini
LA Difesa personale
Manuale pratico
1
dott. giandomenico bellettini
LA Difesa personale
Manuale pratico
la difesa personale
Un grazie a maestri e campioni italiani che hanno partecipato con servizi
fotografici alla stesura di questo libro:
Davide Carli
Cristina Savioli
Stefano Gianneschi
Vincenzo D’Onofrio
Anna Maria Longhi
Mauro Icicli
Rino Sala
Andrea Casadei
Marco Mazzoni
4
Gabriele Pari
Francesco De Donato
Antonio Primante
Michaela
indice
INDICE
Capitolo 01Introduzione ..................................................................... Pag.
7
Capitolo 02Premessa.......................................................................... Pag. 10
Capitolo 03Le situazioni di pericolo................................................... Pag. 13
Capitolo 04
Come prevenire il pericolo............................................... Pag. 20
Capitolo 05La voce come arma.......................................................... Pag. 22
Capitolo 06La posizione di guardia.................................................... Pag. 24
Capitolo 07Le armi del corpo umano................................................ Pag. 34
Capitolo 08I colpi poco ortodossi........................................................ Pag. 53
Capitolo 09Prese e leve articolari...................................................... Pag. 58
Capitolo 10Proiezioni........................................................................... Pag. 65
Capitolo 11Le tecniche difensive........................................................ Pag. 68
Capitolo 12Armi di fortuna.................................................................. Pag. 74
Capitolo 13Difesa contro più aggressori........................................... Pag. 80
Capitolo 14Pronto soccorso................................................................ Pag. 85
Capitolo 15
Tecniche di difesa personale........................................... Pag. 94
Capitolo 16Preparazione psicofisica.................................................. Pag. 105
Capitolo 17Autodifesa: nozioni giuridiche......................................... Pag. 115
Capitolo 18
Come dominare la paura................................................. Pag. 118
Capitolo 19La filosofia della Difesa.................................................... Pag. 121
Capitolo 20Dignità filosofica della fuga............................................. Pag. 122
Capitolo 21Difesa contro lo stupro..................................................... Pag. 123
Capitolo 22E se la psicologia non funziona?..................................... Pag. 125
Capitolo 23Primo: non prenderle. Secondo: prenderle!.................. Pag. 126
5
la difesa personale
Cercano di aggredirvi. Non perdete la calma.
Non avendo nulla con cui difendervi utilizzate come
armi le vostre gambe.
Normalmente, l’aggressore non si apetta una difesa
di calcio (è la migliore difesa) la vostra gamba è
più lunga del pugno dell’aggressore, così lo tenete
lontano, senza rischiare di prendere un pugno,
colpendolo con un calcio laterale sullo stomaco.
6
capitolo 1
capi
tolo
01
Introduzione
Violenze, aggressioni, sopraffazioni:
la storia quotidiana dell’umanità prescinde, purtroppo, dalle intenzioni dei
migliori.
E persino chi è animato dalla più sincera coscienza pacifista deve scontrarsi
con una realtà che contraddice continuamente i princìpi etici.
«Non è vero - diceva un mio amico
pugile - che sono un violento. La realtà ha cominciato a fare a pugni con la
mia visione del mondo molto prima che
cominciassi a fare a pugni io».
Battute a parte: aprite un qualsiasi
giornale alle pagine di cronaca locale.
Basterà una scorsa veloce per convincervi che subire una violenza può capitare a tutti, in qualsiasi momento.
Che fare, allora? Non vi chiediamo certo di “buttare a mare” i vostri princìpi
etici. Anzi.
Il dott. Giandomenico Bellettini, presidente
della IAKSA - Italia
Si racconta che Beniamino Franklin, al tavolo dell’Assemblea Costituente degli
Stati Uniti d’America, appena liberatisi dal giogo inglese, si adirasse con un collega senatore.
Il collega aveva così concluso - tra gli applausi - la sua retorica concione:
«perché là dove è la libertà, quello è il mio paese».
7
la difesa personale
Franklin batté il pugno sul tavolo e corresse:
«No! Là dove NON è la libertà, quello è il mio paese!».
Gli applausi furono ancora più forti.
I vostri princìpi, insomma, sono ancora più importanti laddove sono minacciati.
I capitoli che vi accingete a leggere non vogliono insegnarvi a “picchiare”, non
vogliono trasformarvi in “giustizieri della strada”, né poggiano sulla massima
biblica “occhio per occhio, dente per dente”.
Questi capitoli, al contrario, intendono semplicemente darvi una mano per evitare le violenze; innanzitutto con una grande attenzione agli atteggiamenti preventivi.
Troppo spesso sono i più deboli a soccombere alle prepotenze altrui. In questi
casi le violenze subìte non rappresentano l’unica ingiustizia.
C’è un’altra profonda ingiustizia, conseguenza della prima; un’ingiustizia che si
protrae nel tempo, come una cicatrice eterna: il fatto, cioè, che le vittime debbano troppo spesso convivere con la paura, con l’insicurezza, con una scarsa fiducia in sé stessi, il che finisce con l’avvelenare la loro vita di tutti i giorni.
Come imparerete da queste pagine, noi vogliamo far sì che la paura, l’insicurezza e la sfiducia scompaiano. E assieme ad esse scomparirà gran parte dei potenziali rischi di subire un’aggressione.
La difesa personale - come vedremo - è una “filosofia”, più che una disciplina
marziale. Una filosofia per tutti, ma adatta specialmente ai più deboli, specialmente alle “vittime predestinate” di questa società che, assieme a tante luci,
presenta anche troppe ombre.
Per questi soggetti “a rischio” (parlo soprattutto delle donne, le più esposte alle
violenze di tutti i giorni) imparare la filosofia e le tecniche della difesa personale
non servirà soltanto nell’eventualità di una loro applicazione pratica: servirà,
soprattutto, sotto il profilo psicologico; servirà a restituire quella tranquillità e
quella fiducia in sé che sono il bene più prezioso (e più minacciato) per la stessa
qualità della vita.
È proprio questo l’auspicio mio , che vi avvicinate per la prima volta alla filosofia
della “difesa personale”, auguriamo di cuore una felice... “serendipità”.
8
capitolo 1
Per chi non lo sapesse, il termine “serendipità” deriva dall’antica favola dei tre
prìncipi di Serendip, che si mettevano alla ricerca di qualcosa... e regolarmente
ne trovavano un’altra.
Se cercavano il drago da uccidere, venivano coinvolti in tutt’altra avventura, e
finivano magari col liberare una bella principessa; quando intendevano sconfiggere i pirati, rinvenivano per caso un fantastico tesoro; e così via...
Anche Cristoforo Colombo si trovò a vivere una felice “serendipità”: cercava la via
per le Indie, e scoprì l’America.
Ebbene: voi, novelli Colombo, state forse cercando - nelle tecniche di “difesa
personale” - la possibilità di rispondere con efficacia alla prossima aggressione
di cui sarete vittime. Ma forse (è proprio questo il nostro augurio) non avrete mai
occasione di applicare concretamente le tecniche apprese: è certo, tuttavia, che
troverete fiducia e serenità, in una nuova consapevolezza del vostro corpo e della
vostra mente. Ecco: alla fine dell’avventura (la più bella e la più preziosa che possa capitare ad un essere umano) troverete voi stessi.
9
la difesa personale
capi
tolo
02
Premessa
Innanzitutto, una premessa: quest’opera consiste di testi e fotografie, che insieme forniscono un ap­proc­cio “integrato” alle tematiche del­la difesa personale.
Pur essendo tra loro complementari, tuttavia, il metodo “scritto” e quel­lo “visivo-fotografico” sono concepiti per es­sere anche strumenti “autonomi” per
in­trodurre il lettore alle tecniche del­la difesa personale: il che vuol dire che
potreste raggiungere risultati soddisfacenti persino escludendo in partenza uno
dei due strumenti.
Vorrei però sottolineare la parola “introdurre”: lo studio teorico (ma­gari integrato, cioè uno studio che si avvalga tanto dei testi quanto delle fotografie ) da so­lo
sarebbe in­suf­ficiente a farvi ap­prendere in modo efficace le tecniche della difesa
personale.
Per raggiungere appieno questo obiettivo è ne­ces­sario, da parte vo­stra, un
impegno fattivo, fat­to di esercitazioni, di al­lenamenti e (in parte) di “sudore”. Ma
di questo impegno (possiamo as­sicurarvelo) non dovrete mai pentirvi: giacché
vi farà stare meglio, sia fisicamente che psicologicamente; così che sarete più
in forma, più sicuri di voi, più sereni, più capaci di reagire di fronte alle difficoltà
quotidiane che la vita ci propone...
Ciò premesso, ecco qui a fianco uno schematico consiglio su come procedere.
1
2
3
4
Ecco come vi consigliamo di procedere:
leggete innanzitutto l’intera opera scritta (e guardate le sequenze fotografiche), in modo da avere un’idea generale della materia;
curate la vostra preparazione fisica;
studiate bene i punti vulnerabili del corpo umano; questa conoscenza è fondamentale per reagire con efficacia in caso di pericolo;
studiate bene tutte le tecniche della difesa personale descritte nei vari capitoli;
10
capitolo 2
Cercano di scipparvi. Non perdete la calma. Non avendo nulla con cui difendervi utilizzate come armi le vostre mani.
5
esercitatevi con impegno nell’applicazione di tutte le suddette tecniche:
ricordate che è necessaria - almeno in questa fase e in quella successiva la
presenza di un partner di allenamento;
6
dopo esservi ben allenati, scegliete poche tecniche (che abbiano per
o­biettivo pochi punti vulnerabili) da approfondire; dovrete scegliere, naturalmente, le tecniche che sono più congeniali al vostro fisico e alle vostre
capacità: diventeranno le vostre “armi segrete”, in grado di trarvi d’impaccio in una eventuale situazione a rischio (meglio conoscere bene poche
cose, che avere idee confuse su tutto).
11
la difesa personale
12
capitolo 3
capi
tolo
03
Le situazioni di pericolo
Tipologie di aggressioni... e di aggressori
Quando improvvisamente ci troviamo in una situazione di pericolo, la cosa più
difficile è saper valutare con esattezza l’entità del pericolo stesso, e quindi scegliere il modo più opportuno per fronteggiarlo.
Sarà allora utile, al fine di ottimizzare le possibilità di fare la scelta giusta, tentare una sorta di “classificazione” dei vari tipi di situazioni a rischio, identificando
per ciascuna di esse le reazioni “ideali”.
Certo: la realtà è poi altra cosa dalla teoria, e ciascuna situazione concreta
richiederà non l’applicazione di modelli di comportamento precodificati, bensì
improvvisazione e creatività. Ma è altrettanto vero che una “griglia” teorica di
riferimento potrà facilitare la vostra capacità di improvvisare.
Ciò premesso, potremmo identificare 6 tipologie di aggressioni, che elenchiamo
in ordine crescente di pericolosità potenziale:
1
2
3
4
5
6
liti che degenerano in ag­gres­sioni;
aggressioni da parte di teppisti;
aggressioni a scopo di rapina;
aggressioni da parte di u­bria­chi o drogati;
aggressioni da parte di ma­niaci;
aggressioni finalizzate a nuo­cere alla persona.
Intendiamoci: questa “classificazione” (che adesso andremo ad approfondire
voce per voce) non pretende di avere una scientificità sociologica o antropologica. È semplicemente uno schema pratico di riferimento, la conoscenza del quale
potrebbe esservi d’aiuto nella concreta valutazione del pericolo.
13
la difesa personale
✔
Liti che degenerano in aggressioni
Liti che tendono a degenerare possono capitare tra conoscenti, e persino tra
amici e fratelli. In questi casi non è davvero necessario fare ricorso alle tecniche
della difesa personale. È sufficiente controllare il proprio stato emotivo, oltre che
quello della “controparte”, e ragionare pacatamente per evitare lo scontro.
Se anche lo scontro avvenisse, si tratta in genere di un “combattimento
ri­tualizzato”, dove l’aggressività è comunque controllata da forti freni inibitori.
Per questi motivi il livello di pericolosità delle liti tra conoscenti è solitamente
quasi nullo. La pericolosità cresce se la lite che minaccia di degenerare avviene
con sconosciuti (ad esempio in seguito a un banale incidente in auto).
In queste situazioni l’assenza di freni inibitori (non si ha di fronte un amico) può
sommarsi alla carica nervosa (nell’esempio precedente, lo stress da “giungla
del traffico”). Occorre dunque fare una maggiore attenzione, ed essere pronti
anche all’evenienza peggiore (subire un attacco violento). Anche in questo caso,
tuttavia, bisogna cercare a tutti i co­sti di evitare lo scontro attraverso l’autocontrollo, un atteggiamento calmo e conciliante (seppure non arrendevole), un tono
di voce pacato.
Siate saggi, insomma. E usate le tecniche della difesa personale solo come ultima eventualità: nel 99 per cento dei casi, basta un po’ di diplomazia per “sgonfiare” sul nascere questo tipo di rischio.
Morale: in queste situazioni bisogna usare la testa... e non fare a testate!
✔
Aggressioni da parte di teppisti
Lo “scontro” con eventuali teppisti è innanzitutto uno scontro psicologico.
Generalmente chi va in cerca di pretesti per una rissa ha forti problemi di insicurezza, cui cerca di reagire mostrando aggressività nei confronti dei più deboli.
L’insicurezza di fondo della maggior parte dei teppisti, tuttavia, non ne diminuisce affatto la pericolosità: anche perché i teppisti agiscono molto spesso “in
branco”, e il timore di perdere la faccia di fronte al gruppo rafforza l’aggressività dei singoli. In queste situazioni occorre mostrarsi sempre sicuri di sé, ma
senza spavalderia o altri atteggiamenti provocatori. Il “branco” di teppisti si eccita maggiormente proprio in queste due situazioni apparentemente opposte: da
un lato nella consapevolezza di provocare paura, dall’altro lato nell’opportunità
di mostrare il proprio (presunto) “coraggio” di fronte alle provo­ca­zioni. Il fine
14
capitolo 3
ultimo dei teppisti non è tanto fare del male a noi, quanto cercare di dimostrare
qualcosa a sé stessi e al “branco” cui appartengono. Se si dovesse arrivare allo
scontro fi­si­co, tut­tavia, questa di­stinzione non avrebbe molto valore sotto il profilo pratico. Perché l’aggressione po­treb­be di fatto configurarsi co­me un’aggressione del sesto tipo, cioè un’aggressione diretta a farci del male. A complicare il
tutto, potremmo trovarci in netta inferiorità numerica. Nel caso in cui siate da
soli contro più teppisti, ricordatevi di restare sempre in movimento, per non farvi
immobilizzare; e di comportarvi come fece l’Orazio... contro i Curiazi.
15
la difesa personale
16
capitolo 3
✔ Aggressioni a scopo di rapina
Queste aggressioni sono potenzialmente pericolose perché generalmente sono
perpetrate da “professionisti” che tendono a programmarle per ridurre al minimo i rischi. Ma dobbiamo ricordarci che lo scopo del rapinatore è quello di sottrarci un valore, non quello di farci del male. L’aggressione non è il fine, bensì il
mezzo per raggiungere il fine. Soprattutto di fronte ad un’arma, allora, sarà
meglio non fare gli eroi: consegnare al rapinatore quello che pretende da noi
sarà quasi sempre il metodo migliore per uscire incolumi dall’avventura. Meglio
ancora se avremo usato alcuni accorgimenti preventivi (per esempio quello di
tenere con noi un secondo portafoglio, con qualche sol­do e nessun documento).
La pericolosità della rapina può nascere proprio da una nostra reazione sbagliata:
il rapinatore è preparato all’eventualità di farci del male, sia psicologicamente che
“tecnicamente” (in genere ha con sé un’arma). Questa “premeditazione” di una
eventuale violenza non si riscontra (o almeno non sempre) nelle tipologie di
aggressione precedentemente esaminate. Ed è un elemento che gioca a sfavore
della possibilità di una efficace difesa personale: proprio perché il rapinatore è preparato a neutralizzarla. Sta a voi, caso per caso, valutare se esiste la concreta possibilità di una reazione: nel caso decidiate di non assecondare l’aggressore, tuttavia, comportatevi come se la rapina fosse un’aggressione di tipo “6”. A mio avviso,
comunque, nessun portafoglio vale il rischio di una pallottola o di una coltellata.
✔ Aggressioni da parte di ubriachi o drogati
L’aggressore alterato da alcool o da al­tra droga è da un lato pericolosissimo, giacché le sostanze ingerite ten­dono ad allentare ogni freno i­ni­bitorio; dall’altro lato,
tuttavia, po­­trebbe essere in condizioni fisiche non ottimali (riflessi rallentati, scarsa coordinazione, eccetera), il che favorirebbe una nostra pron­ta reazione al tentativo di offesa. Se l’assalitore è in evidente stato confusionale, si potrebbe cercare di
calmarlo con l’uso della pa­ro­­la: talvolta il raptus di aggressività (non certo logico,
né premeditato) di chi è alterato dall’uso di certe so­stan­ze si spegne da un istante
all’altro. Ma teniamo presente che è davvero difficile compiere, in poche frazioni di
secondo, una completa analisi psicologica del nostro alterato assalitore: i nostri
tentativi di calmarlo potrebbero produrre effetti del tutto opposti a quelli desiderati. Teniamoci pronti, allora, a colpire velocemente per poi fuggire. I punti più vulnerabili dell’ubriaco sono lo stomaco e il fegato: un colpo ben assestato in una di
17
la difesa personale
18
capitolo 3
queste parti (specie nello stomaco) ha buone probabilità di provocare una crisi di
vomito e lasciarci quindi tutto il tempo necessario per allontanarci. Se chi ci attacca è un drogato in crisi di astinenza, molto probabilmente intende non tanto farci
del male, quanto impossessarsi dei nostri valori per comprarsi la “dose” a lui
ne­ces­saria: la sua aggressione, pertanto, potrebbe rientrare tra quelle del ter­zo
tipo (vedi), sia pure con le va­ria­bili sopra analizzate (mancanza di freni inibitori, a
nostro svantaggio; condizioni fisiche non ottimali, a no­stro vantaggio). Ricordatevi:
an­che per i drogati lo stomaco e il fegato so­­no punti particolarmente vulnerabili.
✔ Aggressioni da parte di maniaci
Il maniaco soffre di un’alterazione psichica, e questo lo rende assimilabile, per
alcuni versi, a ubriachi e drogati. Ma il maniaco è molto più pericoloso, perché - a
differenza di ubriachi e drogati - le sue condizioni fisiche non sono “compromesse” da fattori debilitanti esterni. Le sue azioni possono essere finalizzate a nuocere alla nostra persona (come in una aggressione di sesto tipo), ma anche in
questo caso il raptus aggressivo potrebbe essere calmato da un tono di voce dolce e conciliante: il dialogo ha sempre la possibilità di allentare la tensione interna
del nostro assalitore. Se non siete psicanalisti o psichiatri, tuttavia, ricordatevi
che le probabilità di azzeccare una “terapia lampo” sono davvero scarsine...
Tenetevi dunque pronti a reagire come in una aggressione di sesto tipo.
✔ Aggressioni finalizzate a nuocere alla persona
Si tratta naturalmente di situazioni limite: ma non c’è soltanto il caso della vendetta personale (“regolamento di conti”) o quello del rapimento. Anche aggressioni di origine diversa (come l’aggressione da parte di teppisti, o quella da parte
di un maniaco) possono degenerare in questa pericolosissima tipologia... Una
volta valutato che ci troviamo di fronte a una serissima minaccia per la nostra
incolumità e per la no­stra stessa vita, occorre reagire con la massima decisione.
Qui c’è una so­la regola da tener presente: so­pravvivere a tutti i costi. Occorre
dunque cercare subito la fuga. Se que­sta non è possibile, bisogna ri­cor­rere ai
colpi più efficaci (massimo danno inflitto nel minor tempo pos­sibile, con il fine di
procurarci la via di fuga: si vedano i capitoli dedicati alle tecniche della difesa
personale).
19
la difesa personale
capi
tolo
04
Come prevenire il pericolo
prevenire ogni rischio: altri consigli particolari
■
È utilissimo tenere i soldi in tasche e portafogli diversi, nonché predisporre un
apposito portafogli - con poche lire e nessun documento - da consegnare a un
eventuale rapinatore.
■
Precauzione anti-scippo: borse, valigie e altri contenitori di valori vanno sempre
portati sottobraccio (stretti con decisione) e sempre dal lato interno del marciapiede.
■
Bisogna evitare, se possibile, di camminare da soli in zone buie o sconosciute.
Di notte, tenersi sempre sul lato più illuminato della strada.
■
Occorre la massima prudenza con gli sconosciuti: specie quando si è da soli, evitare contatti con questuanti e persone sospette.
■
Se un individuo sospetto vi chiede che ore sono, non abbassate la testa per guardare l’orologio: quell’individuo potrebbe approfittare di questo momento per
colpirvi. Piuttosto, mostrategli direttamente l’orologio, continuando a guardarlo
in viso. Se chi vi ha chiesto l’ora covava cattive intenzioni, resterà “spiazzato”, poiché non potrà più contare sul fattore sorpresa; se invece voleva semplicemente
informarsi sull’orario... beh, il vostro gesto avrà accontentato efficacemente la
sua curiosità.
■
Ogni volta che dovete spostarvi in una città o in una zona che non conoscete
(anche quando vi accingete ad andare in vacanza), prendete le adeguate informazioni. Spesso un avvertimento preventivo (ad esempio: «non girate in quella zona
con la macchina fotografica al collo: potrebbero cercare di strapparvela») può
evitare un sacco di guai.
■
20
capitolo 4
Se proprio non potete evitare di passare accanto a individui sospetti, ricorrete a
questo stratagemma: ostentando un atteggiamento guardingo, infilate la mano
all’interno della vostra giacca, o del vostro cappotto (o della borsetta, se siete donne); e tenetela lì, come se doveste impugnare una rivoltella nascosta! Questo trucco, che si ispira alla “fiction” cinematografica, è vecchio ma sempre efficace: è poco
probabile che un eventuale malintenzionato corra il rischio di aggredire proprio voi!
■
Un consiglio per le donne. Quando andate al cinema, evitate la vicinanza di eventuali molestatori con un semplice accorgimento: mettete sempre vostro marito o
il vostro accompagnatore tra voi e gli altri uomini... Oppure, se siete sole, sedetevi sempre vicino a un’altra donna o all’estremità di una fila. In quest’ultimo caso,
potrete agevolmente scappare al primo cenno di pericolo.
Difronte al pericolo: sette consigli generali
1Evitare in partenza, e possibile, luoghi e situazioni a rischio.
2Fare sempre attenzione a ciò che accade intorno a noi.
3Restare comunque calmi.
4Avere in ogni situazione un atteggiamento equilibrato, né spavaldo né timoroso.
5 Come prima cosa, esaminare sempre la possibilità di una fuga immediata.
6Non mostrare mai pubblicamente i valori che si portano con sé.
7 Contare innanzitutto su sé stessi.
21
la difesa personale
capi
tolo
05
La voce come
“arma” e come “scudo”
La voce è uno strumento molto importante per la difesa personale, a patto di utilizzarla bene. Con questo non vogliamo dire che dovrete imparare a cantare! Più semplicemente, dovrete usare con accortezza la parola
(o il grido) a seconda delle circostanze.
Nella difesa personale, la voce ha molteplici funzioni, che sinteticamente possiamo suddividere in tre gruppi:
A
Calmare l’aggressore
Parlare con tono pacato, assumendo un atteggiamento conciliante e trovando le
giuste argomentazioni, talvolta “sgonfia” sul nascere una situazione potenzialmente pericolosa.
■
Questo approccio va sempre ten­tato, lo ricordiamo, nei casi di aggressioni del
“primo tipo” .
B
Invocare aiuto
Invocare aiuto, o comunque attirare l’attenzione di terzi, può avere un ef­­­fetto
deterrente sul potenziale ag­gres­sore.
■
Nel caso, ad esempio, che un maniaco importuni una donna in pubblico, costei
non dovrebbe esi­tare a reagire verbalmente con fermezza.Anche un semplice
«Giù le mani, porco!» - detto a voce alta - avrà l’effetto di at­ti­rare l’attenzione
dei presenti e di scoraggiare l’importuno, con buone probabilità di prevenire gli
ulteriori tentativi di aggressione e i relativi rischi “degenerativi”.
22
capitolo 5
Emettere grida marziali
Accompagnare i vostri colpi con grida “marziali” avrà un duplice effetto: da un
lato fornirà a voi una “carica” psicologica, dall’altro scoraggerà l’assalitore.
■
Il grido deve provenire dal vostro ventre, quasi a infondere ulteriore potenza al
colpo che state portando: questa efficace tradizione “guerriera” è praticata da
millenni, ed è tutt’ora in voga nella maggior parte delle arti marziali.
«Al fuoco!»
Un altro (importante) consiglio pratico: in tutti i casi di aggressione in cui è utile
cercare di ri­chiamare altre persone (ma­gari non presenti proprio sul posto ma
“a portata di voce”), evi­ta­te di gridare «Aiu­to!» o cose si­mi­li.
L’esperienza in­segna che la gente non accorre a questo tipo di richiamo, per la
semplice ragione che ha pau­ra, e che non vuole “gra­ne”.
Ha paura, so­prattutto, perché non sa a co­sa può andare incontro (che vuol
dire “aiuto”?; quale reale pe­ricolo ci
aspetta dietro l’angolo?).
Vi suggeriamo, pertanto, di ri­cor­rere
a un richiamo psicologicamente più
efficace, da un lato perché legato
alle memorie ataviche della specie
umana, dall’altro lato perché non
generico.
Questo richiamo è: «Al fuo­co!».
Chi ode un simile ap­pel­lo avrà meno
paura, perché sa­prà (o meglio: crederà di sa­pe­re!) ciò che lo aspetta, e
si sentirà in grado di proteggere la
propria incolumità.
Sarà dun­que meno “frenato” nel
de­si­derio di accorrere per prestare
soccorso. Non importa se poi questo potenziale soccorritore in­terverrà
attivamente o meno: il solo fatto che
qualcuno ac­cor­ra potrebbe far desistere l’ag­gressore dalla sua azione.
23
la difesa personale
capi
tolo
06
La posizione di guardia
Le situazioni in cui sarete costretti
ad usare le tecniche di difesa personale saranno ben diverse da
quelle della palestra o del ring.
Non sempre, pertanto, avrete la
possibilità di prepararvi adeguatamente al contrattacco.
Molto spesso, al contrario, occorrerà colpire l’assalitore da posizioni e da angolazioni inusuali: potreste - a titolo di esempio - essere
bloccati da una pre­sa, oppure trovarvi con le mani piene di pacchi
dopo lo shopping, o ancora seduti
su una panchina, e così via. È
impossibile, naturalmente, sperimentare in anticipo tutte le possibili situazioni concrete (anche se in
quest’opera ne esaminiamo moltissime).
Quello che occorre fare è allenarsi
per sviluppare l’agilità, la prontezVelocità e precisione: è questo, in fondo, il binomio più za di riflessi, la ve­lo­cità di moviimportante per le tecniche della difesa personale. Il solo mento, il senso dell’equilibrio, la
modo di raggiungerlo è lavorare in palestra con costanza funzionalità del nostro meccanied applicazione.
smo biologico. Sarà utile, allora,
ricercare nei vo­stri allenamenti
una efficace “posizione di guardia”: cioè quella posizione di partenza che vi consentirà di difendervi e di contrattaccare nel modo migliore possibile.
24
capitolo 6
È vero: talvolta potreste essere co­stretti a
sferrare il primo colpo da po­sizioni diverse. Ma l’efficacia della vostra difesa
dipenderà anche dalla rapidità con cui
assumerete correttamente la “guardia”.
È da qui, dalla posizione di guardia, che
do­vrete partire nei vostri allenamenti. In
una fase successiva, ov­viamente, sarà
utile sperimentare (con il vostro partner
d’allenamento) reazioni efficaci anche
partendo da posizioni differenti, cioè da
quelle posizioni “naturali” che assumiamo nelle diverse situazioni della nostra
vita quotidiana: la “posizione di guardia”,
tuttavia, resta un punto di partenza obbligatorio.Va tenuto presente che talvolta
assumere rapidamente una corretta
posizione di guardia può avere un effetto
dissuasivo nei confronti dell’assalitore.
Specie se sarete naturali e sciolti nell’assumere la posizione (il che vuol dire “ben Foto 1-2: esercizio per sviluppare le capacità
allenati”), il vostro aggressore potrebbe tecniche. Partendo dalla posizione 1, portate il
giudicare imprudente venire alle mani diretto destro (2) senza scoprire la vostra guardia.
Ripetete per 2 minuti, aumentando gradatamente
con voi, e quindi decidere di “filarsela”.
Ora forniremo alcuni princìpi generali per la velocità.
una corretta posizione di guardia. Ma
ricordate che voi do­vre­te “personalizzarli”, cioè adattare questi princìpi astratti
alle vostre concrete caratteristiche fisiche: e questo è possibile solo con la pratica, con l’allenamento.
Princìpi generali della posizione di guardia
Gli arti inferiori
Le gambe devono essere leggermente piegate, in modo che possiate efficacemente... “molleggiarvi” su di esse. Una gamba deve essere più avanzata rispetto
all’altra. La distanza tra i vostri piedi dovrebbe più o meno corrispondere a quel-
25
la difesa personale
la tra le vostre spalle. In questo modo il peso del vostro cor­po sarà equamente
distribuito tra le due gambe, e ciò vi renderà più pron­ti ai movimenti e agli scatti (in qualsiasi direzione) che si rendano ne­cessari.
Gli arti superiori
Le braccia non devono essere troppo vicine o
troppo distanti dal vostro corpo: i gomiti entrambi piegati - non devono fare “attrito”
con il tronco, ma d’altro canto devono anche
“proteggerlo”.
Se i gomiti saranno nella giusta posizione
(ripetiamo: vicino al tronco, ma non a contatto)
i contrattacchi di pugno potranno essere più
efficaci, in quanto potranno sfruttare traiettorie lineari e quindi veloci. La mano che si trova
dalla stessa par­te della gamba più avanzata
de­ve essere “avanzata” anch’essa (chiu­sa a
pugno a circa venti-quaranta centimetri dal
26
capitolo 6
naso): in questo modo, pugno e avambraccio formeranno una sorta di “scudo
frontale”, pron­to anche a trasformarsi in mez­zo offensivo. L’altra mano
(an­ch’es­sa chiusa a pugno) deve essere più arretrata, all’incirca all’altezza del­la
mascella: in questo modo con lo stesso arto superiore attuerete due protezioni,
una al viso (con la ma­no e l’avambraccio) e l’altra alle co­stole (con il gomito ed
il braccio).
Una posizione del genere consente anche a questo braccio di distendersi rapidamente per colpire, mutando la difesa in contrattacco.
27
la difesa personale
Il busto e la testa
Il busto deve essere lievemente raccolto su sé stesso e in posizione obliqua (cioè
quasi “di fianco”, assecondando la mano e la gamba avanzate), per offrire una
minore superficie ai colpi dell’aggressore. I muscoli ventrali e i glutei devono
essere contratti, a formare una sorta di “corazza difensiva naturale”. La testa
deve essere comunque eretta, lo sguardo fisso sull’aggressore e attento a tutti
i suoi movimenti.
Scatti e movimenti
Dovrete allenarvi a spostarvi rapidamente in ogni direzione. In questi mo­­vimenti
dovrete muovere per primo, tra i due piedi, quello più vicino alla direzione in cui
volete andare, in modo da non incrociare mai le gambe (cosa che ridurrebbe il
vostro e­quilibrio). Non fate mai il passo più lungo... della gamba! I passi de­vono
essere sempre piccoli ma veloci.
Durante gli spostamenti, la guardia non va mai abbandonata: l’aggressore
potrebbe approfittarne. Ricordate che la coordinazione dei movimenti è fondamentale, sia in at­tacco che in difesa. È fondamentale anche la corretta valutazione del­le distanze (al fine sia degli spostamenti, sia delle parate, sia dei col­pi
da portare). E c’è un solo mo­do per raggiungere una buona coordinazione e una
corretta valutazione delle distanze: l’allenamento costante.
Variare la posizione di guardia
Com’è la vostra guardia “naturale”? Destra o mancina? Cioè: quale braccio e
quale gamba vi viene spontaneo avanzare? Qualunque sia la posizione di guardia
a voi congeniale, vi consigliamo di allenarvi anche in quella esat­tamente speculare: nelle situazioni di pericolo (non si sa mai) potrebbe esservi utile saper
cambiare rapidamente la posizione di guardia.
La “guardia mascherata”
Cos’è la guardia mascherata
Con la mano destra, fingiamo di massaggiarci una tem­pia, oppure di sistemarci
i capelli. Appoggiamo nel contempo il pollice della mano sinistra alla cintura.
Sembrano atteggiamenti quasi naturali, ma so­no in grado di garantire una
buona protezione del no­stro corpo. La mano destra difende il viso, ed è pron­ta a
contrattaccare. La sinistra protegge il basso ven­tre.
28
capitolo 6
Possiamo distendere il braccio destro per parare o deviare il colpo dell’aggressore.
Il braccio destro ripiegato
sulla testa, insomma,
costituisce un efficace
scudo per tutti i colpi portati
dall’avversario con gli arti
superiori: può parare, a titolo
di esempio, tanto i diretti (jab)
quanto i ganci (swing).
La “guardia mascherata”
consente una grande efficacia
nelle parate, ma è nella
possibilità di anticipare
l’aggressore che offre le
migliori potenzialità. Nella
foto, il braccio si distende
velocemente per colpire
l’avversario alla tempia.
29
la difesa personale
“Guardia mascherata”: quando e come usarla
La “guardia mascherata” è un’ottima alternativa alla classica posizione di guardia in tutte le situazioni in cui è necessario dissimulare di essere preparati alla
lotta. Mostrare di essere pronti al combattimento, infatti, spesso è un modo di
provocarlo. Ma il saggio sa che «l’unico modo per non essere mai sconfitti è
quello di non combattere mai».
La “guardia mascherata” consente, appunto, un prudente atteggiamento preventivo. È in questa posizione, ad e­sem­pio, che potreste tentare un approccio
verbale per calmare un potenziale assalitore. Se l’approccio funziona, bene. Se
non funziona, sarete pronti al peggio.
È inutile sottolineare che, una volta cominciato il com­battimento, la “guardia
mascherata” non serve più. In questo caso tornerete ad assumere la normale
posizione di guardia che avrete collaudato (ed eventualmente “per­sonalizzato”)
durante gli allenamenti.
A proposito di allenamenti: sarà utilissimo esercitarsi, as­sieme al partner,
anche in questa variante difensiva. Le simulazioni in palestra renderanno più
efficace, e nel contempo più “naturale”, la vostra “guardia mascherata”.
Un ultimo suggerimento: talvolta la posizione di guardia classica potrebbe avere
una maggiore efficacia preventiva della “guardia mascherata”. La valutazione è
psicologica. E spetterà a voi farla, caso per caso. Una cosa è certa: se il vostro
potenziale aggressore non è “convintissimo”, assumere velocemente la classica posizione di guardia potrebbe avere un effetto dissuasivo. L’aggressore
po­trebbe pensare: «Questo qui è uno che sa “picchiare”. Si vede dalla posizione
che ha assunto. Io me la batto».
La mano sulla cintura
Nella “guardia mascherata”, la mano sulla cintura svolge un ruolo fondamentale. È in grado, infatti, di proteggere il basso ventre da ogni tipo di attacco. E
consente inoltre di parare, bloc­care o deviare eventuali calci o ginocchiate.
30
capitolo 6
Foto 1-6: tre esercizi per migliorare velocità, precisione nell’esecuzione delle tecniche di gomitata. Per
questi esercizi è necessario che il partner d’allenamento sia protetto dallo scudo-sacco.
Foto 1-2: portate la gomitata laterale cercando
soprattutto la velocità di esecuzione, senza tuttavia
penalizzare la fase di caricamento (foto 1). Non colpite
con la punta, ma con l’esterno del gomito.
Foto 3-4: dopo esservi allenati con la gomitata laterale, passate alla gomitata circolare in avanti, cercando
la massima scioltezza dei movimenti. Il colpo deve
essere fluido e veloce.
Foto 3-4: anche in questo caso, non colpite con la
punta del gomito. Usate i colpi “di punta” solo per
migliorare la “penetrazione” delle gomitate all’indietro (laddove il bersaglio è meno “duro”, e minore è il
rischio di infortunio al gomito).
Foto 5-6: allenatevi, infine, con la gomitata in avanti
dal basso verso l’alto. Come per gli altri esercizi, cercate di aumentare gradatamente la velocità del colpo.
Foto 5-6: anche nella gomitata dal basso verso l’alto,
il colpo non deve sbilanciarvi, né scoprire la vostra
guardia lasciando pericolosi varchi all’aggressore.
31
la difesa personale
Simuliamo in palestra una possibile situazione a rischio: un litigio verbale minaccia di degenerare. Che cosa fare per
tenersi pronti ad ogni evenienza, senza tuttavia assumere atteggiamenti provocatori?
Sarebbe fuori luogo assumere la classica posizione di guardia: costituirebbe di per sé un invito alla lite.
Meglio ricorrere alla “guardia mascherata” , in grado di coniugare un atteggiamento “naturale” e una efficace
protezione del corpo.
Se l’avversario accenna ad aggredirci, possiamo anticiparlo colpendolo al volto. La “guardia mascherata”,
infatti, ci permette una rapida distensione del braccio destro, per un pugno di grande efficacia.
32
capitolo 6
Velocità e precisione
UN BINOMIO INDISPENSABILE ALLA DIFESA
Foto 1-2: un esercizio specifico per migliorare la velocità e la precisione delle tecniche percussive di pugno. Il partner
d’allenamento dovrà disporsi di fronte a voi con le mani aperte, “chiamando” poi la mano da colpire (ad es.: «Destra!»).
Foto 2: reagite il più rapidamente possibile per colpire la mano “chiamata”. Ripetete l’esercizio per qualche
minuto, cercando di aumentare la velocità senza perdere precisione. Curate, in particolare, la velocità reattiva.
33
la difesa personale
capi
tolo
07
Le armi del corpo umano
colpi con la mano e con il gomito
Pugni: Considerazioni generali
✔ Perché il pugno non faccia più male alla vostra mano che all’aggressore
dovete innanzitutto sa­perlo chiudere correttamente. Le dita, serrate, vanno
ripiegate su loro stesse fino a congiungersi con il palmo; il pollice deve essere
tenuto all’esterno delle dita ri­chiuse, e stretto sulle falangi (ve­di le foto).
✔ Quando portate il pugno, cercate sempre di colpire con precisione il pun­to
che sceglierete come ber­sa­glio (per tale scelta, è im­por­tante conoscere il
capitolo sui pun­ti vulnerabili del corpo umano).
✔ Dopo il pugno, l’arto che ha portato il colpo va immediatamente ri­tratto, per
evitare che il vostro as­salitore possa bloccarlo, torcerlo, o usarlo per una
“proiezione” a vostro danno.
✔ Nelle situazioni in cui sarete co­stret­ti a usare i pugni, cercate non tanto il
singolo colpo, quanto piuttosto le “scariche”, possibilmente alternando le
tipologie di colpi e le relative angolazioni. La vostra difesa, in questo modo,
sa­rà meno prevedibile e più efficace.
✔ Il pugno è una efficace tecnica di difesa personale, ma è consigliabile in particolare a chi è muscolarmente dotato, e possiede un cer­to peso corporeo.
Per una don­na di co­sti­tuzione minuta che deb­ba cercare di portare un colpo
ri­solutivo per poi fuggire, insomma, è generalmente più efficace il ricorso
ad altre tecniche (vedi ol­tre). Lo stesso discorso va­le per chi ha polsi/mani/
dita piuttosto “fragili”, poiché con il “pu­gno nudo” rischierebbe (assai più che
con altre tecniche) fratture, slogature, contusioni, e così via.
Passiamo ora ad esaminare le tre fon­damentali tipologie di pugno: diretto,
gancio e montante. Ricordate che la corretta posizione di partenza per portare i
pugni, così come gli altri colpi che vi illustreremo, è la “posizione di guardia” (di
cui abbiamo già parlato).
34
capitolo 7
Il diretto (jab)
Il diretto è un colpo veloce (giacché si
avvale di una traiettoria lineare), il cui
bersaglio per eccellenza è costituito
dal viso dell’avversario, e in particolare dalla radice del naso.
Per portare il colpo, il braccio va di­ste­so
con forza e velocità verso il ber­saglio; il
gomito, tuttavia, non de­ve essere del
tutto teso, altrimenti po­trebbe slogarsi.
In questo movimento è utile accompagnare il colpo con una rotazione delle
spalle (que­sta rotazione, che deve partire dai fian­chi, coinvolge in realtà tutto il
corpo: in questo modo il pugno avrà maggiore forza, perché “sostenuto” dall’intero peso corporeo). Al momento dell’impatto il dorso della mano chiusa a pugno
deve essere rivolto verso l’alto. Protagoniste dell’impatto saranno in particolare
le prime due nocche, che in quel momento saranno in linea con i vo­stri occhi.
Il gancio (swing)
Il gancio è un colpo di notevole
po­tenza, se correttamente portato, da
eseguire a distanza ravvicinata, il cui
bersaglio ideale è costituito dalla
mascella. Il gomito va alzato all’esterno, mentre braccio e avambraccio
devono for­mare un angolo di circa 90°:
quest’angolo non deve mutare assetto
durante il colpo. Il colpo, semicircolare, va portato ruotando assieme all’arto sia le spalle che le anche, in modo
da trasferire il peso del corpo sulla
gamba più arretrata. Al momento dell’impatto le nocche devono essere più o
meno all’altezza della spalla. Per colpire il “bersaglio grosso”, pertanto, dovrete
nel contempo piegarvi sulle ginocchia: in questo modo potrete mirare anche al­lo
stomaco o al fegato, che costituiscono bersagli alternativi alla ma­scella.
35
la difesa personale
Il montante (uppercut)
Il montante è un colpo efficace se diretto al fegato, allo stomaco o alla punta
del mento.
L’arto va “caricato” formando un angolo retto tra braccio e avambraccio
(angolo che va mantenuto al momento
dell’impatto), e piegandosi lie­vemente
sulle gambe. Il colpo va in­ferto dal basso verso l’alto. Quando scari­cate la
po­tenza nel colpo, sarà utile distendere
le gambe che avevate piegato nella fase
di caricamento: ciò darà al vo­stro montante una forza maggiore.
Va tenuto presente che raggiungere la punta del mento con questo colpo è più
difficile che raggiungere gli altri possibili bersagli, per la semplice ragione che la
traiettoria da percorrere è più lunga. Il nostro consiglio, pertanto, è di privilegiare
gli obiettivi “fegato” e “bocca dello stomaco”, anche se la punta del mento sarebbe in teoria, per il montante, un punto più vulnerabile.
Per le donne, per i più giovani, per i meno dotati dal punto di vista mu­scolare vale
la considerazione generale fatta all’inizio di questo paragrafo sui pugni: meglio
ricorrere ad altre tecniche, giacché questa richiede una notevole forza.
Colpi con il taglio della mano
Considerazioni generali
✔ I colpi con il taglio della mano rappresentano tecniche ideali per la difesa personale: se ben eseguiti, infatti, consentono una gran­de efficacia anche a chi
non è muscolarmente dotatissimo. Inoltre, a differenza di quando si ri­corre ai
pugni, per esempio, so­no notevolmente ridotti i rischi di infortunio.
✔ La mano deve essere irrigidita, con tutte le dita unite fra di loro (anche il pollice deve essere ben serrato lungo l’indice): in questo modo potrà infliggere
colpi con entrambi i bordi (shuto e haito, nella terminologia del Karate).
✔ I colpi possono essere portati sia dall’interno verso l’esterno che dall’esterno
verso l’interno.
✔ Sia nei “tagli” dall’interno verso l’esterno sia in quelli dall’esterno verso l’inter-
36
capitolo 7
no, vi suggeriamo di ricorrere ai colpi portati con il bordo esterno della mano
(shuto). Per i colpi dall’esterno all’interno, in teoria, potreste usare an­che
l’altro bordo (quello dalla parte del pollice, per intenderci): ma in questo movimento è assai più probabile una completa apertura della vostra guardia.
“Taglio” dall’interno verso l’esterno
Questo colpo è particolarmente efficace se diretto alla gola dell’avversario.
Anche il naso e la nuca, tuttavia, sono bersagli possibili: dipende dal­­la posizione vostra e da quella del vostro assalitore. Nella fase di caricamento la mano
(ir­rigidita come spiegato) va portata (come al solito partendo dalla “posizione
di guardia”) verso la vostra spal­la (quella opposta alla mano stes­sa) o verso il
vostro orecchio (sem­pre quello “opposto”): quindi il brac­cio va disteso velocemente avendo cura che il gomito resti al di sot­to del vostro mento; il movimento
di distensione va accompagnato da una rotazione dei fianchi nella stes­sa direzione, per imprimere mag­giore forza al colpo. Al momento dell’impatto il braccio
deve essere completamente teso (con la mano sempre irrigidita), e la linea ideale che congiunge i vostri fianchi dovrà essere parallela alla linea ideale che va
dalla punta delle vostre dita al vostro naso.
“Taglio” dall’esterno verso l’interno
I bersagli ideali di questo colpo sono gli stessi del colpo precedente.
Cambia, naturalmente, la fase di ca­ricamento: la mano andrà portata ver­so
l’orecchio corrispondente (de­stro se la mano è quella destra, si­ni­stro se la mano
è quella sinistra). Per aiu­tarvi nella fase di caricamento, po­trete stendere davanti
37
la difesa personale
a voi il brac­­cio opposto a quello che porta il col­­po.
Oltre alla fase di caricamento, nella tecnica “dall’esterno verso l’interno” cambia
anche un altro elemento fondamentale: il braccio, anziché distendersi, resterà
sempre piegato fino all’impatto finale.
Il colpo va portato con movimento semicircolare, accompagnato dalla consueta
rotazione dei fianchi; al mo­mento dell’impatto la linea ideale tra i fianchi sarà
parallela (come nel­la tecnica precedente) alla linea ideale che corre tra la punta
delle vo­stre dita e il vostro naso.
Colpi con la punta delle dita
Questa tecnica rappresenta una sorta
di via di mezzo tra il colpo di pugno e il
colpo con il taglio della mano.
I movimenti con cui portare il colpo
saranno identici a quelli con cui portare i pugni. Ma la mano è atteggiata
a taglio, cioè tesa e irrigidita. Particolarmente efficace è il “diretto” con la
punta delle dita: in questo caso uno
dei bersagli più vulnerabili è costituito dall’occhio dell’aggressore. Abbiate
l’accortezza, nell’eseguire questa tecnica, di flettere lievemente il dito medio e (in
misura ancora minore) l’anulare, in modo che le punte siano in linea con la punta
dell’indice.
38
capitolo 7
Colpi con il palmo della mano
Anche i colpi con il palmo della ma­no, al pari di quelli con il “taglio”, so­no particolarmente adatti alla di­fe­sa personale: innanzitutto perché la superficie che
va all’impatto (la par­te inferiore del palmo della ma­no) è, rispetto al pugno, per
esempio, assai più resistente all’impatto stes­so.
Si riducono quindi i rischi di infortunio, mentre il colpo resta di grande efficacia
anche per chi non possiede una grande forza muscolare (a patto, naturalmente,
che la tecnica di esecuzione sia corretta).
Bersaglio ideale di questa tecnica è il viso dell’avversario: in particolare il mento,
il naso e la fronte (per es­se­re precisi: la parte bassa della fron­te, vicino alla parte
superiore del setto nasale).
Il movimento del colpo è simile a quello del jab, oppure a quello dello swing: deve
essere, cioè, o diretto o se­micircolare.
39
la difesa personale
Gomitate
Considerazioni generali
✔ La gomitata è senza dubbio uno dei
colpi più efficaci in assoluto per la
difesa personale: è infatti un colpo
di facile esecuzione, che si avvale di
una parte del no­stro corpo adattissima a procurare danno, in quanto
dura e relativamente appuntita, cioè
in grado di percuotere con un ottimo coefficiente di penetrazione.
✔ La gomitata è particolarmente
in­dicata quando l’aggressore si trova a corta distanza, o addirittura a contatto.
✔ Nella preparazione del colpo, l’a­­vambraccio va sempre ripiegato, in modo
da “appuntire” il go­mito. Il polso va ruotato in mo­do che il palmo della mano
“guardi” il vostro bicipite, e la ma­no va chiusa a pugno.
✔ In alcune tipologie di gomitata (ad esempio nella gomitata al­l’in­dietro o in
quella laterale) l’al­tra mano può appoggiarsi al pu­gno dell’arto impegnato a
colpire, con un “effetto spinta” in grado di aumentare la potenza del colpo.
✔ In altri casi (ad esempio nelle go­mitate frontali dirette al viso del­l’aggressore)
la mano libera po­trebbe afferrare il bersaglio del colpo e “tirarlo” verso il go­mi­
to: anche in questo caso la po­ten­za del colpo viene accresciuta. Nell’esempio
testè fatto (le gomitate frontali al viso) la mano libera potrebbe afferrare i
capelli dell’assalitore.
40
capitolo 7
Gomitata all’indietro
Se l’aggressore si trova alle vostre spalle, la gomitata all’indietro può rappresentare una reazione davvero ef­ficace. Se il movimento sarà eseguito correttamente,
non ha grande importanza dove andrà a colpire (del resto è più difficile “mirare” ad
un bersaglio preciso quando l’assalitore è dietro di voi): il colpo produrrà sempre
un dolore intenso, sia che rag­giunga lo stomaco sia che raggiunga il fegato sia che
raggiunga le costole, e così via.
Nella fase di caricamento, il braccio va portato davanti a voi; quindi do­vrete ripiegare l’avambraccio e girare il polso (come sopra spiegato), e in­fine colpire all’indietro ruotando nel contempo il busto per imprimere una maggiore potenza.
Se l’avversario vi sta bloccando le spalle con le sue braccia, potrebbe ri­sultare
impossibile accompagnare il colpo con la rotazione del busto. In questo caso sferrate una gomitata al­l’indietro dal basso verso l’alto, cer­cando nello stesso tem­po
di piegarvi in avanti: il colpo sarà ugualmente efficace.
Gomitata frontale
Alla gomitata frontale potreste ricorrere quando l’aggressore si trova di
fronte a voi, a media o a breve distanza.
Obiettivi ideali di questo colpo sono la
punta del mento oppure la radice del
naso, ma anche la ma­scella o la gola.
Il movimento - semicircolare - è quasi identico a quello dello swing, tranne
la fase finale. Nella fase finale, infatti,
si piega l’avambraccio (co­me spiegato
41
la difesa personale
nelle considerazioni generali sulle gomitate) e, continuando a ruotare le anche e
le spalle, come nel gancio, e facendo un passo in avanti, si colpisce il bersaglio con
la punta del gomito. Un possibile movimento alternativo per la gomitata frontale
(ma di esecuzione più difficile) è quello tipico del montante (dal basso verso l’alto):
anche in questo movimento l’avambraccio si piega nella fase finale. Ideale, in questo caso, è cercare di colpire sotto il mento dell’avversario. Il punto con cui “impatterete” è la zona immediatamente superiore alla punta del gomito (osso radiale).
42
capitolo 7
Gomitata laterale
Alla gomitata laterale farete ricorso, naturalmente, quando l’aggressore è al
vostro fianco. La tecnica di ca­ricamento è simile a quella degli al­tri tipi di gomitata: ma abbiate l’av­vertenza, in questo caso, di tenere le spalle basse e rilassate, e di ruo­tare la testa nella direzione in cui in­tendete colpire; le gambe vanno
leg­germente piegate, per poi distendersi al momento di scaricare nel col­po tutta
la potenza. La mano libera potrebbe appoggiarsi al pugno dell’arto che esegue la
tecnica, e spingere per aumentare l’efficacia del colpo.
Gomitata dall’alto verso il basso
La gomitata dall’alto verso il basso è sempre
molto dolorosa anche perché sfrutta la forza di
gravità.
Uno dei bersagli ideali di questa tecnica è costituito dall’arto con il quale il vostro assalitore sta
cercando di col­pirvi, specie se con una mano
sie­te riusciti ad afferrare l’arto in que­stione:
con l’altro vostro braccio, in questo caso, potete
infliggere una gomitata dall’alto verso il basso,
diretta ad esempio all’avambraccio o alla coscia
del vostro aggressore, a seconda dell’arto che
questi sta u­ti­lizzando.
La gomitata dall’alto verso il basso può anche
rappresentare il secondo (e decisivo) colpo in
una combinazione di tecniche di difesa personale.
Qualora siate riusciti a costringere il vostro assalitore a piegarsi in avanti (ad esempio in seguito a
un ef­fi­cace calcio nella zo­na inguinale), po­treste
colpirlo nuo­vamente con que­sto tipo di go­mi­tata:
il bersaglio i­deale, nella fattispecie, è costituito
dalla spina dorsale (in un qualsiasi pun­to, anche
nella zo­na cervicale) op­pure dalla zona re­nale.
43
la difesa personale
Calci e ginocchiate
Considerazioni generali su calci e ginocchiate
A causa delle leggi fisiche della “le­va”, i colpi portati con gli arti in­fe­rio­ri sono
sempre più potenti di quel­li portati con gli arti superiori, e costituiscono pertanto
un eccellente mezzo di difesa personale: con queste tecniche persino un bambino (ad esempio con un calcio bene assestato sullo stinco o sul ginocchio) può
met­tere un adulto in condizioni di non nuocere.
Rispetto ad un pugno, inoltre, un calcio (o una ginocchiata) presenta minori rischi
di infortunio. I piedi, in particolare, sono meno vulnerabili delle mani, anche perché generalmente sono “protetti” da calzature.
Considerazioni sui calci
Scordatevi i colpi spettacolari alla Bruce Lee, cioè i calci che raggiungono il viso
dopo prodezze di agilità: il bersaglio ideale dei vostri calci è sempre “basso”, cioè
compreso tra i piedi e la cintura dell’aggres­so­re.
Se terrete presente questo principio, i vostri colpi sa­ran­no più efficaci, e si ridurranno i ri­schi di perdere l’equilibrio, nonché il ri­schio che l’aggressore possa
af­fer­rare la vostra gamba.
■
Il calcio è una tecnica che si adatta in modo particolare alle donne, giac­ché queste posseggono un’articolazione coxo-femorale più mobile rispetto a quella degli
uomini. Nelle donne, in­somma, il “differenziale medio” tra la potenza dei colpi
portati con le brac­cia e la potenza dei colpi portati con le gambe è ancora più
accentuato.
44
capitolo 7
■
Il calcio può essere sferrato in tutte le
direzioni, e con diverse traiettorie. Col
mutare delle traiettorie e dei ber­sagli
muta anche la parte del vo­stro piede
che va all’impatto: può es­sere la punta
della scarpa, oppure il taglio interno
del piede, o quello esterno, o la pianta
(cioè la suola del­la scarpa, specie in
corrispondenza della zona che si trova
fra le dita e l’incavo del piede), oppure
il tacco. Dipenderà da voi, a seconda
delle cir­costanze, scegliere la tecnica,
la traiettoria, il bersaglio, il punto con
cui colpire.
N.B. - Nell’esempio qui sopra abbiamo
ipotizzato la presenza delle calzature:
non va dimenticato, tuttavia, che potreste
trovarvi nella necessità di usare il calcio a
piedi nudi. Basti pensare ad una aggressione d’estate sulla spiaggia; oppure al
fatto che po­treste essere... carmelitani scalzi! Bat­tute a parte: è preferibile
usa­re que­­sta tecnica quando il piede è
adeguatamente protetto; ma in cer­­ti casi
si può calciare an­che a piedi nudi (privilegiando, pe­rò, i colpi con la pianta del
piede, specie con la zona sottostante le
dita, che vanno ri­pie­gate verso l’alto per
evitare ri­schi di fratture; e rinunciando
del tutto ai colpi “di punta”).
■
Tutte le tecniche di calcio che illustreremo possono essere eseguite privilegiando la velocità oppure privilegiando la potenza: in questo secondo caso, il colpo
farà più male ma nel contempo sarà leggermente più prevedibile, proprio perché
verranno “esasperate” la fase di caricamento e la spinta.
45
la difesa personale
■
Una componente molto im­portante
per tutte le tecniche di esecuzione del
calcio è l’equilibrio.
Qualora vi mancasse l’e­quilibrio quando comincerete a sperimentare queste
tecniche, tuttavia, non dovete spa­ven­
tarvi, né ritenere che sia meglio per
voi fare ricorso ad altre tecniche tralasciando i calci. L’equilibrio, in­fatti, non
è una dote “innata”, che si ha oppure
non si ha: è, viceversa, un obiettivo che si può raggiungere. Ba­sta allenarsi con
costanza.
■
A proposito di equilibrio: se la situazione in cui vi trovate lo rende possibile, per
sfer­rare meglio il vostro cal­cio cercate un appoggio. Le vostre mani po­trebbero
ap­poggiarsi, ad e­sempio, al­la portiera di un’a­u­tomobile, o al corrimano di una
sca­­la, oppure stringersi at­tor­no a un palo o ad un lampione: l’appoggio vi permetterà non solo di conservare l’equilibrio durante e dopo il calcio, ma anche di
imprimere maggiore po­tenza al calcio stesso.
■
I colpi di calcio si prestano a essere sferrati anche in situazioni anomale o in
momenti critici. Se ad esempio veniste aggrediti mentre siete seduti su una
panchina, potreste calciare sfruttando l’appoggio dello schienale della panchina. Lo stesso dicasi per le si­tuazioni che vi vedano a terra (ma­gari in seguito ad
una spinta o ad un colpo efficace del vostro assalitore): poggiando sul terreno la
schie­na (op­pu­re un braccio e il fianco corrispondente) potreste opporre all’aggressore una scarica di calci che fun­gerà an­che da “barriera” rispetto a un
e­ventuale tentativo di immobilizzarvi.
■
Ultimo consiglio generale: a prescindere dalla parte del vostro piede che sosterrà l’impatto, e anche se in­dos­sate robuste calzature, quan­do cal­ciate contraete
sem­pre le di­ta dei piedi, ma­gari arcuandole verso l’alto quando vi ac­cingete a
colpire con la pian­ta del piede; ciò eliminerà quasi del tutto il ri­schio di fratture.
46
capitolo 7
Considerazioni sulle ginocchiate
I bersagli possibili per una ginocchiata sono molteplici: per esempio la zona
in­guinale (i testicoli in particolare), o le costole, o la boc­ca dello stomaco. La scelta
dipende, naturalmente, da alcune va­ria­bili, co­me il rapporto fra la vo­stra altezza e
quella dell’aggressore, le reciproche posizioni, e così via. Fra i bersagli possibili,
ad ogni modo, non dimenticate la coscia: una gi­noc­chiata nei muscoli della co­scia
può provocare dolore in­tenso e persino una “paralisi” momentanea dell’arto.
Calcio frontale
Va premesso che il calcio frontale può essere portato sia con la gamba avanzata
che con quella arretrata: nel primo caso sarà più veloce e meno prevedibile, nel
secondo caso sarà invece più potente. La scelta, come al solito, spetterà a voi, a
seconda della situazione concreta in cui vi troverete.
Gli obiettivi da preferire per questo calcio sono: la zona in­guinale, quella addominale, lo stinco, il ginocchio (ma anche la caviglia, oppure il piede). In ogni caso
sconsigliamo vivamente (per le ragioni già indicate) di scegliere obiettivi “spet­
tacolari” come quelli si­tua­ti al di sopra della cintura del vostro aggressore.
47
la difesa personale
Nella fase di caricamento, il gi­nocchio va portato verso il petto (non è necessario,
tuttavia, superare col ginocchio stesso l’altezza dei vo­­stri fianchi), mentre il pe­so
del cor­po grava tutto sul pie­­de che rimane a terra (i mu­scoli della gamba che
pog­­­gia, pertanto, vanno man­tenuti con­­tratti).
Il ginocchio ha una funzione molto importante nel caricamento: ricordate che in
questa tecnica di calcio il ginocchio va sollevato prima di portare il colpo; in questo modo fungerà da fulcro per la migliore trasmissione della potenza (una sorta
di “perno”, insomma, sia per il calcio singolo che per una serie di calci in rapida
successione). La gamba che porta il colpo, raccolta su sé stessa du­rante la fase
di sollevamento del gi­nocchio, va poi di­stesa velocemente in avanti (il movimento
complessivo - caricamento + scaricamento - deve ricordare quello di una molla).
La traiettoria deve essere il più possibile diretta, e in ogni caso mai “ascendente”
(ciò toglierebbe forza al colpo).
Nella fase di scaricamento, accompagnate la gamba slanciata in avanti con
una lieve rotazione sia dell’anca che del piede d’appoggio: il calcio sarà così più
potente e più efficace. La parte del vostro piede che andrà all’impatto sarà o la
punta (specie se state portando calzature “rinforzate” in quella zona) o la pianta
(cioè la suo­la della scarpa).
Quando comincerete ad allenarvi in questa tecnica di calcio, vi consigliamo di
partire suddividendo il movimento in quattro fasi distinte:
1 alzate il ginocchio (in modo che la coscia sia all’incirca per­­pendicolare al vostro
bu­sto, e che la parte superiore del­­la gamba formi un angolo ret­to con quella
inferiore) te­nendo il corpo e la testa di­rit­ti, e lo sguardo fisso su un “im­ma­ginario”
aggressore;
2 distendete la gamba velocemente, per portare il colpo;
3 ripiegate il piede in modo da tornare alla posizione “1” (in pratica, la gamba che
forma un angolo retto);
4 poggiate a terra la gamba, tornando alla posizione di guardia.
Nei vostri primi allenamenti scandirete bene queste quattro fasi, facendo una
pausa tra una fase e l’altra. Solo successivamente vi allenerete ad effettuare il
movimento completo in modo fluido e veloce.
Il calcio frontale ha due possibili varianti (entrambe destinate a bersagli molto
bassi: da preferire lo stinco e la caviglia), che prevedono differenti tecniche di
caricamento e di slancio.
48
capitolo 7
■
Nella prima variante, il piede che colpirà va portato all’indietro (come per calciare il pallone), per essere poi mosso velocemente in avanti andando ad impattare
con il lato in­terno della scar­pa (oppure con la punta).
Al fine di rendere più facili e più efficaci sia il ca­ricamento che la distensione
dell’arto, è preferibile, nell’esecuzione di questa variante, ricorrere alla gamba
più arretrata (si veda il capitolo sulla “po­sizione di guardia”).
Questa tecnica è efficace quan­do la distanza tra voi e l’aggressore è più ridotta;
è molto utile farvi ricorso specie quando l’assalitore vi ha afferrato i polsi e sta
cercando di immobilizzarvi. Nell’esecuzione di questa va­riante, consigliamo di
piegare all’indietro il busto mentre portate avanti la gamba per colpire, flettendo
lievemente anche la gamba d’appoggio: ciò consentirà (ad un tempo) un maggiore equilibrio, una maggiore potenza, una maggiore protezione del vostro viso
(che sarà allontanato all’indietro) da eventuali at­tac­chi dell’aggressore.
■
Nella seconda variante (“calcio a falce”), la fase di caricamento è simile a quella
della prima va­riante: il piede va portato all’indietro, senza sollevare il gi­nocchio
verso il petto. Ma la seconda fase è diversa: il movimento infatti è circolare (come
quello di una falce), e tutto il corpo deve ruotare assieme al piede che porta
il calcio. Qualora mancaste il bersaglio, pertanto, tenetevi pronti a completare questo movimento rotatorio: in
pratica, farete un giro completo su voi
stessi. Un possibile obiettivo di questo
tipo di calcio è costituito dalle caviglie
dell’avversario, e il movimento circolare avrebbe, in questo caso, lo scopo di
far cadere l’aggressore.
Protagonista dell’impatto potrebbe
essere la parte interna del vostro piede, ma anche la tibia.Un altro possibile obiettivo è costituito dalla coscia
dell’assalitore, al fine di procurare un
“effetto paralisi”: in questo caso, però,
il movimento è più ampio e più difficile, e comporta un lungo e duro allenamento.
49
la difesa personale
Calcio laterale
Se l’aggressore si trova al nostro fianco, lo si può colpire con questa tipologia di
calcio. La fase di caricamento è la stessa del calcio frontale. Ma la gamba va poi
a colpire slanciandosi lateralmente.
Un consiglio: per evitare movimenti poco naturali (che presupporrebbero una
mobilità articolare da “contorsionista”), colpite sempre dall’alto verso il basso.
Gli obiettivi privilegiati, a questo punto, diventano il ginocchio o lo stinco o la
caviglia. O anche la zona inguinale, a patto che si accompagni il colpo con un
corrispondente piegamento del busto (che praticamente si dispone “in linea”
con la gamba distesa, facilitando lo scaricamento “naturale” del calcio, senza
contorsioni circensi!).
Il principale vantaggio del calcio laterale è la sua scarsa prevedibilità (data la
posizione inconsueta), unita alla notevole potenza che caratterizza i colpi ben
eseguiti. Anche per questo calcio sarebbe molto vantaggioso riuscire ad appoggiarsi con le mani a un eventuale sostegno (una parete, un palo, eccetera).
Calcio all’indietro
Questo è un tipo di calcio che trova scarsa applicazione pratica nella difesa personale, in quanto è un colpo difficile e rischioso.
Il suo utilizzo potrebbe limitarsi al caso in cui dobbiate affrontare due aggressori,
uno davanti a voi e uno dietro di voi: in questo caso potreste usare come “appog-
50
capitolo 7
gio” l’assalitore di fronte a voi, cercando di sorprendere (con il calcio all’indietro)
quello alle vostre spalle. In altri casi è un colpo che conviene poco: se avete un
solo aggressore molto vicino alle vostre spalle (che sta cercando di bloccarvi)
è molto meglio ricorrere alla go­mi­tata all’indietro, magari seguita da un calcio
laterale dopo aver ruotato il busto; se invece l’aggressore alle vostre spalle non è
così a ridosso, allora è meglio che vi giriate e che assumiate la posizione di guardia. Se addirittura l’aggressore è da­vanti a voi, beh, perché voltargli le spalle,
seppure per la sola frazione d’un secondo? Chiarito perché questo sia un colpo
poco applicabile, va comunque sottolineato che è sempre meglio conoscerlo
(non si sa mai!). Vediamo dunque come si esegue.
La fase di caricamento è simile a quella del calcio frontale. La fase di “scaricamento” della potenza avviene invece all’indietro, mentre piegherete il busto in
avanti (cercate tuttavia di non piegarlo troppo). Il busto può anche essere ruotato lateralmente (assieme alla testa e alle anche) in modo che possiate vedere
meglio il bersaglio ed ottenere così una maggiore precisione del colpo: in questo
caso la fase finale dell’esecuzione ricorderà da vicino quella tipica del calcio
laterale.
Per questo calcio più che mai, vale il consiglio generale di mirare a obiettivi come
il ginocchio o le caviglie dell’aggressore, in modo che il colpo possa arrivare a
segno dall’alto verso il basso; altrimenti sarebbe facile perdere l’equilibrio o,
ancor peggio, farsi afferrare l’arto dall’aggressore stesso.
Alcune considerazioni generali già fatte a proposito dei pugni
sono valide anche per calci e ginocchiate. Ripassiamole:
1 cercate sempre la massima precisione;
2 dopo il colpo, ritraete subito l’arto, per evitare che il vostro assalitore possa
afferrarlo a suo vantaggio;
3 non limitatevi a portare un singolo colpo, ma cercate le “scariche” in rapida
successione, possibilmente alternando le tipologie di colpi e le relative angolazioni: il vostro contrattacco, in questo modo, sarà meno prevedibile e più
efficace.
51
la difesa personale
52
capitolo 8
capi
tolo
08
I colpi “poco ortodossi”
una arma in più nell’emergenza
I colpi “poco ortodossi” servono soprattutto quando il nostro assalitore,
prendendoci di sorpresa o utilizzando la sua forza superiore, è già giunto a
distanza ravvicinata e cerca di immobilizzarci. Un caso tipico è il tentativo di stupro,
in cui la vittima si ritrova per forza di cose a stretto contatto con l’aggressore.
In certi casi, dunque, non dovete esitare a servirvi di morsi, graffi, testate, strappo
dei capelli e quant’altro. Vediamo come.
Il morso
Se avete a portata di denti una delle seguenti “parti sensibili” del vostro aggressore, mordetela senza esitare: il collo, le dita (ma anche qualsiasi altra parte del
braccio), le orecchie, il naso.
53
la difesa personale
La testata
Se l’assalitore è di fronte a voi e vicinissimo, potete assestargli un colpo con la
parte superiore della testa alla radice del naso. Ricordatevi: dovete colpire con la
fronte e mi­rare al setto nasale. Un errore di un solo centimetro potrebbe trasformare la vostra testata in un clamoroso autogol, che procurerà a voi stessi tutto il
danno che volevate infliggere all’assalitore.
Per usare la “testata”, ovviamente, non deve esserci troppa differenza di altezza
tra aggressore ed aggredito. Qualora siate molto più bassi, potete portare una
testata al mento: dovete colpire con la parte superiore della fronte, con un movimento dal basso verso l’alto.
54
capitolo 8
Il graffio
Va premesso che graffi e pugni sono tecniche di combattimento che si escludono a vicenda.Per graffiare, infatti, occorre avere le unghie un po’ più lunghe del
normale; il che impedisce di serrare correttamente le dita per portare il pugno.
L’obiettivo del graffio è il viso dell’assalitore: l’ideale è mirare agli occhi.
Lo strappo dei capelli
Afferrate le chiome del vostro assalitore e strappatele con forza. Questo colpo
è molto doloroso, ma non solo. Può presentare anche un altro vantaggio: infatti
lo strappo dei capelli stimola le ghiandole lacrimarie, così che la vista del vostro
assalitore potrebbe offuscarsi, dandovi il tempo per portare altri colpi in rapida
successione o per fuggire.
55
la difesa personale
Le torsioni e le pressioni
In alcune situazioni potreste avere gli arti superiori semi-immobilizzati, cioè non
in grado di effettuare i movimenti necessari per “caricare” il colpo. In questi casi
è possibile (ed efficace) ricorrere alle pressioni o alle torsioni.
Ad esempio: l’assalitore - più grande e più forte di voi - vi stringe in una morsa
cingendovi con le braccia; i vostri arti superiori sono dunque compressi contro le
vostre co­stole e i vostri fianchi; con la ma­no, tuttavia, potreste riuscire a raggiungere i testicoli dell’aggressore, e piazzare un semplice quanto efficace “pizzicotto” (bastano due dita). Questa torsione (dolorosissima) co­stringerà l’aggressore
a mollare la presa, e consentirà a voi di recuperare la posizione di guardia e/o di
portare altri colpi.
Altri obiettivi ideali delle torsioni sono i capezzoli, il naso, le orecchie. Anche la
pelle dei fianchi o delle braccia potrebbe essere raggiunta da efficaci pizzicotti:
certo, questi non sono mai colpi risolutivi, ma talora potrebbero avere un’efficacia “di­ver­siva”, atta cioè a farvi uscire da situazioni davvero molto scomode (ad
esempio una presa che vi sta bloccando).
Lo stesso dicasi per le pressioni: nel caso che le vostre mani possano raggiungere il viso dell’assalitore, una pressione dei pollici nella zona oculare potrebbe
ribaltare le sorti di un corpo a corpo che vi veda soccombenti.
56
capitolo 8
NIENTE SCRUPOLI CONTRO CHI NON HA SCRUPOLI
In una situazione di reale pericolo, non bisogna avere
remore: si possono usare anche i colpi che in altre
circostanze si giudicherebbero “scorretti”. Ricordatevi
che non siete su un ring, e che il vostro aggressore
non è un leale avversario di una leale competizione
sportiva. Ricordatevi che le intenzioni di chi vi vuole
nuocere sono ancora meno “ortodosse” dei colpi che
vi apprestate a portare...
57
la difesa personale
capi
tolo
09
Prese e leve articolari
Prese
Le prese sono, in sostanza, azioni che immobilizzano l’avversario per mezzo di
una “stretta”, solitamente con le braccia.
Ma nella difesa personale non è consigliabile ricorrere alle prese. E il motivo è
molto semplice: se il principio della difesa personale è quello di reagire all’attacco per cercare al più presto la via di fuga, esercitare una presa produce una
sorta di stallo; infatti non potete fuggire senza “mol­lare” l’avversario, ma se lo
mol­­late costui è in grado di aggredirvi.
Nella difesa personale, pertanto, le prese sono (quantomeno) poco utili. Ma c’è
58
capitolo 9
di più: mantenere a lungo una presa significa tenere impegnati i muscoli delle
vostre braccia, e lasciare all’avversario il tempo per organizzare una reazione.
Il nostro consiglio, pertanto, è questo: studiate bene la tecnica delle prese, ma
solo per potervi meglio difendere da esse.
Qui di seguito illustreremo le principali prese, rimandando l’illustrazione e la
spiegazione delle relative contromosse difensive al capitolo dedicato a «Le tecniche strettamente difensive».
La presa alle spalle
Questa tecnica di presa utilizza una forte stretta delle braccia per immobilizzare,
da dietro, il tronco e gli arti superiori dell’avversario; chi subisce questo tipo di
presa, tra l’altro, non riesce a vedere bene l’aggressore, proprio perché colto
alle spalle.
È particolarmente pericolosa la cosiddetta “presa all’americana”, azione condotta da più aggressori: in questa tecnica uno degli assalitori utilizza la presa
alle spalle, mentre l’altro (o gli altri) colpisce (colpiscono) ripetutamente la vittima immobilizzata.
59
la difesa personale
La “cravatta”
Anche questa tecnica di presa utilizza una forte stretta delle braccia. Ma il bersaglio, questa volta, è il collo, che viene afferrato da una posizione laterale: uno
dei due arti superiori coinvolti svolge direttamente l’azione della presa, mentre
l’altro coadiuva il primo nella stretta. Ciò produce uno strangolamento e, allo
stesso tempo, una torsione in avanti del busto della vittima, che ha quindi notevoli difficoltà a tornare in posizione eretta e a reagire efficacemente.
Lo strangolamento
Questa tecnica consiste in una forte pressione alla gola (diretta o indiretta)
esercitata per mezzo delle mani o di un avambraccio (in quest’ultimo caso, lo
strangolamento viene effettuato da dietro).
Lo strangolamento “indiretto” può avvalersi di corde o di altri strumenti; può
essere utilizzato persino il colletto della vittima: in questo caso, gli avambracci
dello strangolatore si incrociano, tirando il bavero in modo che questo si stringa
attorno al collo.
60
capitolo 9
■
La pressione può essere esercitata sulle arterie carotidee (specie usando le dita) o sulla trachea (specie usando l’avambraccio da tergo).
Nel primo caso si impedisce il regolare afflusso di sangue al cervello: pochi secondi possono essere sufficienti per far perdere i sensi
alla vittima, o addirittura per ucciderla. Nel
secondo caso si impedisce il regolare afflusso
di aria nei polmoni; qui il tempo necessario
per far perdere i sensi (o per uccidere) è leggermente superiore; ma appare chiaro come
questa presa sia ugualmente molto pericolosa.
61
la difesa personale
■
Durante gli allenamenti col vo­stro partner, sarà sicuramente utile sperimentare
le tecniche di strangolamento e le relative tecniche di difesa.
Ma, considerando la particolare pericolosità di questo tipo di presa, occorre
la massima prudenza. Bisogna ricordarsi, innanzitutto, che l’uso della voce è
spesso com­promesso dall’azione di stran­gola­mento, e che pertanto po­treste
non essere in grado di dire «basta» al vostro partner.
Vi consigliamo, in proposito, di ricorrere a una semplice metodologia, usata in
diverse arti marziali: per far desistere il partner dalla sua azione, battete più
volte la mano sul pavimento (se vi trovate a terra) o sul corpo del partner (se vi
trovate in posizione eretta). Sarà questo il segnale convenuto per interrompere
immediatamente l’esercitazione.
Leve articolari
Nelle leve articolari si im­mobilizza una articolazione del corpo dell’avversario, al
fine di impedirgli di nuocervi. L’articolazione, naturalmente, va costretta in una
posizione innaturale, il che si ottiene applicando una leva ed esercitando con
forza una pressione continua nella direzione opportuna. Le possibili articolazioni-bersaglio sono tre: il polso, il gomito, la spalla. Come si vede, appartengono
tutte agli arti superiori. In teoria, potrebbero essere oggetto di una leva anche
le articolazioni delle gambe: ma in pratica ciò potrebbe accadere soltanto se il
vostro avversario fosse già a terra, e voi sopra di lui. In questo caso avreste a
vostra disposizione molte mosse più facili (e più efficaci). Lasciamo dunque che
siano i lottatori di catch a occuparsi di leve al piede. E concentriamoci sulle due
leve articolari più semplici da eseguire: quella al polso e quella al gomito.
■
Innanzitutto bisogna tenere a mente 4 princìpi generali, che valgono sia per il
primo che per il secondo tipo di leva:
1Il punto di leva va applicato il più vicino possibile all’articolazione che intendete immobilizzare.
2La forza, viceversa, va applicata lontano dall’articolazione, e quindi lontano
dal punto di leva. Prima ancora che alle tecniche della difesa, questi primi
due prin­cìpi appartengono ad Archimede! (Ricordate? «Datemi un punto
d’ap­poggio e vi solleverò il mondo»).
62
capitolo 9
Allenamento in palestra. Il partner vi afferra per i polsi. Con una rotazione delle mani volgete i palmi verso di voi avvicinandoli al viso, con il minimo sforzo vi sarete liberati della presa. Sferrategli un calcio dal basso verso l’alto ai genitali.
3Il braccio su cui si intende esercitare la leva va tenuto lontano dal corpo
dell’avversario.
4 Mentre esercitate la leva, non dovete commettere l’errore di concentrarvi
esclusivamente sulla leva stessa.
Ricordate: il resto del corpo dell’avversario va tenuto costantemente sotto
controllo.
Leva al polso
Per eseguire questa tecnica dovete afferrare con una mano il polso dell’avversario (stringendolo con forza), mentre con l’altra mano torcerete il polso stesso
in una posizione in­naturale: ad esempio, potreste spingere sul dorso della mano
av­versaria imprimendo nel contempo una rotazione. Questa leva è sicuramente
la più agevole da eseguire per i soggetti non particolarmente dotati sotto il profilo muscolare, proprio perché non richiede una grande forza.
Leva al gomito
Nell’esecuzione di questa tecnica, la leva va applicata sul braccio (stringendolo
in un punto quanto più possibile vicino al gomito), mentre la forza va applicata
sull’avambraccio (l’ideale è il polso). La rotazione “innaturale” deve portare
l’avambraccio dietro la schiena dell’avversario.
63
la difesa personale
■
Una possibile variante prevede una leva sul gomito teso anziché sul gomito piegato. In questo caso afferrerete il braccio destro dell’avversario, stando al suo
fianco. La leva sarà applicata dal vostro petto, sul quale, con l’aiuto del vostro
bicipite sinistro, “ap­poggerete” l’articolazione del gomito dell’aggressore.
La forza sarà sempre applicata al polso: ma questa volta userete en­trambe le
vostre mani per torcere verso il basso il braccio destro dell’avversario, in un
movimento che tenda a far piegare il braccio stesso dalla parte opposta a quella
naturale.
64
capitolo 10
capi
tolo
10
Proiezioni
Le proiezioni sono tecniche di straordinaria efficacia, che non richiedono una
forza particolare poiché sfruttano quella dell’avversario: tuttavia sono di difficile
esecuzione, e pertanto non consigliabili per i principianti.
Le proiezioni sono tecniche atte a sfruttare la forza e il movimento con cui l’aggressore porta il colpo (o co­mun­que una sua situazione di equilibrio precario), allo
scopo di atterrare l’aggressore stesso. Queste tecniche, pertanto, non ne­cessitano
di una particolare forza muscolare (giacché sfruttano quella dell’avversario); ma
la loro esecuzione abbisogna del massimo tempismo e della massima precisione
il che presuppone una padronanza e una disinvoltura ottenibili soltanto attraverso
la costanza negli allenamenti. Nella considerazione testè fatta è quasi implicito il
seguente consiglio: ricorrete alle proiezioni soltanto quando siete assolutamente
sicuri delle vostre capacità tecniche. In una situazione di pericolo, infatti, i muscoli
tendono a irrigidirsi (è un fatto istintivo); le proiezioni, per converso, richiedono
sempre fluidità e scioltezza di movimenti, cose che non sono del tutto compatibili
con l’istintivo irrigidimento muscolare. Per un “principiante” della difesa personale, in­som­ma, è sempre me­glio far ricorso alle tecniche di percussione, per la semplice ragione che sono perfettamente compatibili con l’irrigidimento dei muscoli.
■
Le proiezioni, abbiamo detto, tendono a sfruttare la forza e il movimento dell’avversario, al fine di atterrarlo. Per raggiungere questo fine, occorrerà afferrare
una parte del suo corpo (può essere la gamba o il braccio che porta il colpo,
oppure il bavero, o ancora la cintura), assecondandone lo slancio.
■
I tre princìpi fondamentali, pertanto, sono i seguenti:
1 fruttare il momento di equilibrio pre­cario dell’aggressore, o pro­­vo­ca­re attivamente uno squilibrio;
2 tirare quando l’aggressore spinge e spingere quando l’aggressore tira;
3 afferrare per atterrare.
65
la difesa personale
Per far perdere l’equilibrio all’avversario (in
ossequio al principio “tira quando spinge, spingi quando tira”) le possibili direzioni del relativo movimento spaziano a 360°. Semplificando, potremmo considerare 8 direzioni fondamentali, che praticamente corrispondono agli
8 punti principali della “rosa dei venti”: nord,
nord-est, est, sud-est, sud, sud-ovest, ovest e
nord-ovest.
■
Questo non è un manuale sportivo, ma una
introduzione alla difesa personale. Pertanto non
è op­portuno, in questa sede, descrivere tutte
le possibili proiezioni e le relative tecniche nel
bagaglio teorico dell’esperto judoka sono almeno cinquanta! Ba­sterà descrivere una tecnica di
base: la “proiezione d’anca”. Un’altra tecnica (lo
“sgambetto”, efficace ri­sposta difensiva ai calci)
sarà il­lu­strata nel capitolo su «Le parate, le schivate, le al­tre tecniche strettamente difensive».
La proiezione d’anca
Condizione indispensabile per poter effettuare
la proiezione d’anca è il contatto diretto con
il corpo dell’avversario. Ora descriveremo la
tecnica della proiezione fa­se per fase. Va tenuto
pre­sente, comunque, che la distinzione in fasi
ha scopo esclusivamente di­dattico, giacché la
proiezione è un’azione continua, fluida, ininterrotta, senza “cesure” tra una fase e l’altra.
Fase 1: cercando il contatto con il corpo dell’aggressore, afferrate il suo braccio, e cominciate
a tirarlo. Questa “trazione” del braccio, che ha
lo sco­po di squilibrare l’avversario, dovrà essere continua, senza pause, anche durante le fasi
successive.
66
capitolo 10
Fase 2: ruotate busto e gambe, in modo che
i vostri piedi as­sumano la stessa direzione di
quelli dell’assalitore. In pratica, dovete trovarvi
con l’aggressore al­le vostre spalle, ma con il
suo braccio davanti a voi.
Fase 3: chinate in avanti il busto, piegando nel
contempo le ginocchia, mentre con l’anca cercate l’appoggio (e la leva) sul corpo dell’aggressore. Va precisato che questo ap­poggio d’anca
va cercato al di sot­to della cintura dell’av­ver­
sa­rio, al fine di ottimizzarne la funzione di leva:
l’aggressore si troverà sol­levato e pro­iet­tato in
avanti, grazie anche alla trazione del braccio
(che, ricordiamolo, comincia nella “fase 1” e
continua durante tutte le fasi).
Fase 4: una volta sollevato l’avversario, la
vostra azione traente nei confronti del suo
braccio dovrà “ruotare” verso il basso; nel contempo, raddrizzerete le ginocchia: in questo
modo il vostro assalitore si troverà proiettato
a terra.
Fase 5: fatevi i complimenti, perché la pro­ie­
zione d’anca è stata correttamente eseguita!
Ma ricordate che non bisogna mai “restare sui
colpi”: approfittate subito del vantaggio ottenuto, o fuggendo immediatamente, se è possibile,
o continuando la controffensiva sull’aggressore. In quest’ultimo caso, potreste ricorrere a
tecniche percussive; potrebbe essere particolarmente efficace, ad esempio, un calcio diretto
ai muscoli della coscia: è un colpo che non crea
danni irreparabili, ma che è in grado di impedire all’avversario, già a terra, di rialzarsi e di
continuare la sua aggressione.
67
la difesa personale
capi
tolo
11
Le tecniche difensive
Premessa
Sono “difensive”, in senso lato, tut­te le tecniche e tutte le indicazioni con­tenute
in quest’opera; comprese le tecniche d’offesa (talvolta è proprio vero che «la
miglior di­­fesa è l’at­tacco»).
Ma in questo capitolo ci occuperemo delle tecniche difensive in sen­so stretto,
cioè delle mosse che do­vremo attuare in risposta a specifiche tipologie di attacco
da parte del­l’aggressore.
Schivare e parare
Schivare e parare sono le azioni più squisitamente difensive: è importantissimo
allenarsi bene su quanto vi il­­lustreremo in questo capitolo, giac­­­ché nella maggior parte dei ca­si la difesa personale comincerà pro­­­prio con una schivata o una
pa­ra­­­ta. Su­bire un’aggressione, in­fatti, im­pli­ca il fatto che la “pri­ma mos­sa” spetti
all’aggressore: sono rari i ca­si in cui riuscirete ad anticipare le sue intenzioni e
a colpire per pri­mi. Le schivate e le parate, tuttavia, non servono solo ad evitare
i colpi del­l’avversario: sono determinanti per guadagnare lo spazio, il tempo e
l’angolazione necessari ad un ef­fi­cace contrattacco, poiché è difficile pensare
che l’assalitore si fermi dopo un solo colpo andato a vuoto.
Considerazioni generali sulle schivate
✔La schivata è un movimento rapido che vi permette di uscire dalla traiettoria
del colpo avversario.
✔Due princìpi generali: la posizione di partenza per schivare (o al­me­no per
allenarvi a schivare) è quel­la di guardia; il movimento per evitare il colpo va
fatto sempre nella direzione opposta a quella da cui proviene il colpo stesso.
✔La schivata sarà più efficace se, oltre a evitare il colpo, consentirà di raggiungere una posizione da cui sia possibile o sferrare il contrattacco o fuggire agevolmente. Nel primo caso la schivata dovrà essere “di misura” (cioè
portarvi ap­pena fuori dalla traiettoria del colpo, ma comunque vicini al vo­stro
68
capitolo 11
assalitore); nel secondo caso la schivata dovrà essere ampia, così che possiate allontanarvi celermente approfittando del vantaggio spaziale e del fatto che
l’avversario è preso “in contropiede”. Questa seconda ipotesi, va sottolineato,
non è di facile realizzazione: può tuttavia essere applicata quando l’aggressore è palesemente meno agile di voi.
✔Il movimento della schivata può essere fatto sia lateralmente, sia all’indietro, sia in basso, a seconda del tipo di colpo da schivare e della direzione di
provenienza. Tutto il corpo deve accompagnare il movimento: nella schivata
all’indietro il busto si flette all’indietro, nella schivata laterale i fianchi ruotano, nella schivata in basso le ginocchia si piegano assieme al tronco.
✔Durante la schivata, evitate sempre di incrociare le gambe (lo ab­biamo già
detto in un’altra occasione): ciò potrebbe farvi perdere l’equilibrio e compromettere la vostra difesa.
✔Per imparare bene a schivare, vi consigliamo di esercitarvi a lungo con il
vostro partner di allenamento. All’inizio il partner porterà colpi “al rallentatore”, per poi progressivamente accelerare l’esecuzione dei colpi stessi.
Considerazioni generali sulle parate
✔Innanzitutto, una premessa: il termine “parata”, efficace per definire la
sostanza delle tecniche che il­lustreremo, in realtà è im­pro­prio. Più correttamente do­vrem­mo parlare di “deviazione”, giacché la parata implica l’op­
po­sizione di forza a forza (cosa che sconsigliamo in quanto pericolosa). La
“deviazione”, invece, riesce a raggiungere lo stesso obiettivo (rendere inefficace il colpo portato dall’avversario) anche applicando una forza inferiore.
Quando in questo testo incontrerete il termine “parata”, pertanto, sappiate
che intendiamo riferirci a un movimento delle braccia atto a deviare il colpo
dell’assalitore per portarlo fuori misura.
✔Per la parata è necessario un mo­vi­mento rotatorio delle braccia, movimento
che andrà a intercettare l’arto avversario che porta il colpo quando il colpo
non è ancora giunto a segno. La deviazione del colpo stesso avverrà sempre
con un movimento dall’interno verso l’esterno.
✔Per meglio preparare la parata, è utile tenere le braccia in movimento. Anche
questo movimento di preparazione sarà di tipo rotatorio: le vostre braccia e
le vostre mani devono formare una sorta di “scudo mobile” davanti al vostro
corpo.
✔La parata che “devia” il colpo sa­rà tanto più efficace quanto maggiore sarà
la superficie con cui an­­drete a cercare l’impatto: vi con­sigliamo, pertanto,
69
la difesa personale
di parare sem­pre con la mano aperta (de­via­zione “a schiaffo” o “a manrovescio”).
✔La parata è una questione di tempismo. Anche per imparare questa tecnica,
pertanto, vi consigliamo di esercitarvi a lungo con il vostro partner di allenamento. La metodologia è la stessa che abbiamo illustrato per le schivate:
all’inizio il partner porterà colpi “al rallentatore”, per poi progressivamente
ac­celerare l’esecuzione dei colpi stessi.
Difesa contro calci e ginocchiate
✔ Quando l’assalitore sta per colpirvi con uno degli arti inferiori, potete naturalmente fare ricorso alle schivate e alle parate.
✔ Qualora riusciste ad intuire con un certo anticipo l’intenzione dell’aggressore, potreste ricorrere ad un efficacissimo “contropiede”: per colpirvi con un
calcio o con una ginocchiata, infatti, l’assalitore dovrà rimanere su un’unica
gamba d’appoggio. Proprio quella gamba diventerà il vostro obiettivo; un colpo deciso sulla gamba d’ap­poggio (magari un calcio fron­t­ale diretto al ginocchio), farà molto male: è probabile che l’assalitore cada a terra, ed è possibile
che resti per qualche minuto in condizioni di non nuocere, dandovi modo di
allontanarvi dal pericolo.
✔ È sempre possibile, naturalmente, ab­binare le due tecniche in rapida suc­
cessione: dapprima schivare (o pa­­rare), e subito dopo (quando la gam­­­ba
dell’avversario non è an­co­ra ridiscesa a terra) colpire il gi­noc­­chio dell’aggressore (con un cal­­cio frontale o laterale, a seconda delle reciproche posizioni). Con il vostro partner d’allenamento, esercitatevi a lungo a com­­bi­na­re
in un’uni­ca azione que­ste e altre tecniche.
✔Ricordate: il “tempismo” è un elemento necessario a tutte le tecniche di
difesa attiva; e per essere davvero “tempisti” è indispensabile allenarsi con
costanza. A proposito di tempismo, c’è un altro mo­do per rispondere a un
calcio o a una go­mi­tata: afferrare la gamba del­l’aggressore. Qualora ci riusciate, ricordatevi di utilizzare al meglio il vantaggio ottenuto: se avete afferrato la gamba con en­tram­be le mani, potreste alzarla immediatamente (con
un movimento deciso) per far cadere l’aggressore; se l’avete afferrata con
una mano o siete riusciti a bloc­carla sotto il braccio, potreste ri­cor­rere, con
l’altro braccio, alla go­mitata dall’alto verso il basso, che avrà come obiettivo i
muscoli della coscia.
✔Lo sgambetto. Lo sgambetto è una tecnica difensiva che combina una schivata, una proiezione e una o più percussioni. Lo sgambetto comincia sempre
70
capitolo 11
con la fase della schivata: occorre evitare di misura il calcio o la ginocchiata dell’aggressore, portandosi il più vicino possibile al suo corpo, al fine di
sfruttare il suo momento di equilibrio precario. Quindi bisogna afferrare con
una mano la gamba con cui l’aggressore ha portato il calcio; l’altra mano,
eventualmente, può cercare di sferrare un colpo (al volto o al busto) che
accentui lo squilibrio all’indietro dell’avversario. Contemporaneamente, o
im­me­diatamente dopo, si falcerà la gam­ba d’appoggio dell’aggressore per
farlo cadere. A questa fase, che è quella dello “sgambetto” ve­­ro e proprio, può
eventualmente seguirne un’altra: una o più per­­­cussioni che “accompagnino”
la caduta a ter­ra dell’avversario, al­lo scopo di met­terlo definitivamente in
condizioni di non nuocere.
Difesa contro pugni e gomitate
Le parate e le schivate sono efficaci anche quando l’assalitore sta per col­pirvi
con uno degli arti superiori.
Anche in questo caso è necessario che l’azione con cui si para o si schi­va non
rimanga un’azione isolata. Contemporaneamente alla schivata, o immediatamente dopo, occorre con­trattaccare.
L’ideale sarebbe riuscire a colpire “d’incontro” il vo­stro assalitore, cioè colpirlo
proprio men­tre il suo cor­po è proiettato ver­so di voi per il ten­tativo di offesa.
Difesa contro prese e leve articolari
Sia nel caso che l’aggressore ricorra a una presa, sia nel caso che si serva di una
leva articolare, il suo scopo è quello di immobilizzarci.
E trovarsi immobilizzati è una situazione poco piacevole e molto pericolosa. In
questi casi, allora, occorrerà reagire il più velocemente possibile.
Difesa contro la leva al polso e la leva al gomito
Primo consiglio: assecondate il mo­vi­mento che l’aggressore impone al vo­stro
arto. Ricordate? Se l’as­salitore tira, oc­cor­re spingere; se l’assalitore spinge,
bisogna tirare. Mai dunque lasciare l’arto inerte nelle mani dell’avversario. Cercate di torcerlo, di muoverlo, e nel contempo tentate una diversione. Le mani
dell’aggressore sono impegnate nella leva, e questo potrà avvantaggiare la
vostra reazione. Avete un braccio e due gambe libere: usateli, preferendo l’uno o
l’altro colpo a seconda della posizione in cui la leva vi costringe. Sarà utilissimo
sperimentare in palestra, assieme al partner di allenamento, le varie tipologie di
leva e le tecniche per liberarsene.
71
la difesa personale
Difesa contro la presa alle spalle
Se l’aggressore utilizza la presa alle spalle, sarete impossibilitati a muovere efficacemente gli arti superiori. Se vi accorgete presto del tentativo di presa, cioè se
non siete an­co­ra immobilizzati, potreste ricorrere alla gomitata all’indietro. Se,
viceversa, l’aggressore ha già portato a compimento la presa, per liberarvi do­vrete
ricorrere agli arti inferiori: un calcio “di tacco” sulla ca­vi­glia o sullo stinco, oppure
un “pe­stone” dall’alto verso il basso sull’alluce av­versario, potrebbero es­se­re molto ef­ficaci: l’aggressore, per il forte do­lore, potrebbe mollare o allentare la presa. A
questo punto po­treste insistere con una serie di gomitate e altre percussioni.
Difesa contro la “cravatta”
Per effettuare la “cravatta”, l’aggressore dovrà tenere impegnati entrambi gli
arti superiori. Se sarete veloci nella reazione, questo po­trebbe trasformarsi in un
vantaggio per la vostra difesa, giacché l’aggressore non potrà utilizzare quegli
arti per parare la contromossa.
Data la vostra posizione (la “cravatta” dovrebbe costringervi ad un piegamento
in avanti) la contromossa più agevole sarà quella di colpire nel punto vulnerabile
meglio raggiungibile: i testicoli dell’avversario. Con una mano, stringeteli con
forza: una ta­le presa, dolorosissima, costringerà il vostro aggressore a mollare
la “cravatta”.
Come proseguire la vostra reazione difensiva?
Potreste utilizzare uno sgam­betto, oppure un colpo (o pres­­sione) agli oc­chi,
oppure delle go­mi­tate laterali. La scelta fra un’azione o l’altra, na­turalmente,
dipenderà in gran parte da come il vostro aggressore mollerà lo strangolamento
a “cravatta”, e quindi dalla posizione in cui si verrà a trovare.
Difesa contro lo strangolamento
Considerata la pericolosità di questa presa, la reazione dovrà essere il più possibile rapida e decisa. Innanzittutto occorre divincolare il collo, per sottrarsi alla
pressione av­versaria (o almeno allentarla). Nello stesso tempo occorre colpire
con “cattiveria” il più vicino punto vulnerabile dell’aggressore.
Se il tentativo di strangolamento viene effettuato alle vostre spalle, la ri­sposta più
efficace è la gomitata al­l’indietro, anche perché le braccia dell’assalitore sono
impegnate a stringere il vostro collo, e quindi non in grado di proteggere il busto.
Se invece avete lo strangolatore di fronte a voi, potreste ricorrere ancora una volta alla presa ai testicoli. Potete starne certi: in questo caso, quello che stringete
voi è molto più vulnerabile di quello che sta stringendo lui.
72
capitolo 11
Difesa “passiva”
La difesa passiva consiste nel proteggere le parti vitali del proprio organismo con
le parti meno sensibili e più resistenti, senza reagire agli attacchi dell’aggressore: nella di­fesa passiva, pertanto, ci si chiude a riccio, alzando mani e avambracci
a protezione del capo. È una difesa “istintiva”, specie quando l’aggressore continua a tempestare di calci e pu­gni chi è finito a terra: la vittima (i­stintivamente)
tende a ran­­nic­chiar­si in posizione quasi fe­ta­le. Se foste su un ring per un match
di pugilato, la difesa passiva potrebbe essere tatticamente conveniente in certe
situazioni, per “tirare il fiato” e per cercare di uscire dai momenti di crisi con il
minimo dei danni. Sul ring, infatti, i pugili calzano i guantoni, e questi sono particolarmente efficaci per proteggere il capo e per assorbire i pugni altrui (a loro
volta “ammorbiditi” dai guantoni). Ma nella difesa personale questa tecni­ca è
assolutamente suicida. Pri­mo, perché l’aggressore non è vincolato dalle regole
sportive che vigono sul ring (ad esempio: non colpire al di sotto della cintura);
secondo, per l’assenza dei guantoni da boxe; terzo, perché nessun gong interromperà mai l’azione del vostro aggressore.
Il nostro consiglio, pertanto, è molto semplice: scordatevi la difesa passiva!
73
la difesa personale
capi
tolo
12
Armi di fortuna
Nella difesa personale è importante poter sfruttare a proprio vantaggio l’ambiente
circostante, così come saper utilizzare gli oggetti a portata di mano.
Certo, occorre talvolta un po’ di fantasia. Ma è soprattutto la
“semplicità applicativa” che farà della vostra difesa una difesa vincente.
Facciamo sùbito un esempio concreto: una ragazza viene aggredita all’interno di
una cabina telefonica.
Per difendersi, la ragazza non perde tempo: colpisce l’aggressore al volto, usando la cornetta del telefono che ha già in ma­no.
Questa difesa è istintiva, semplice, e nel contempo la più logica e la più efficace.
La cornetta telefonica, nell’esempio citato, nuocerà all’aggressore molto più che
un semplice pu­gno, e allo stesso tempo eviterà all’aggredita il rischio di farsi
male alla mano.
Un altro esempio: la ragazza viene aggredita poco prima di entrare nella cabina.
In questo caso, ella ha in mano la sche­da telefonica che si accingeva ad usare.
Impugnando la scheda con due dita, sferra di taglio un efficacissimo colpo al volto dell’aggressore, procurandogli una dolorosa ferita. L’aggressore interrompe
l’azione di at­tac­co, portandosi istintivamente le ma­ni al volto, e la ragazza approfitta di quest’attimo per fuggire.
Come si è visto, persino le schede te­­lefoniche, o le carte di credito, pos­­sono trasformarsi in armi di fortuna.
A ben vedere, sono tantissimi gli og­getti di uso quotidiano che, op­por­tunamente
usati, possono diventare preziosi “alleati” della nostra di­fesa.
Provate a fare un esercizio mentale. Chiudete gli occhi e immaginate diverse
situazioni in cui dovete difendervi da una aggressione: mentre passeggiate per la
strada, mentre entrate in un bar (o ne uscite), mentre siete in casa vostra, mentre scendete dall’auto, e così via. Provate a focalizzare, situazione per situazione,
gli oggetti a portata di mano che potreste usare per migliorare l’efficacia della
vostra difesa.
74
capitolo 12
Questo semplice esercizio, che vi aiuterà a essere mentalmente più preparati in
caso di una reale aggressione, può essere fatto più volte al giorno, nelle situazioni più disparate: ad esempio mentre aspettate un autobus (servirà anche ad
ingannare l’attesa).
La domanda da porsi è la seguente: «se mi aggredissero proprio qui, ades­so,
cosa potrei usare per difendermi?».
L’esercizio testè proposto non è me­ra­mente “accademico”.
Quando vi tro­­­verete davvero coinvolti in una situazione pericolosa, sarà per voi
più naturale, più spontaneo, fare ri­corso a tutte le opportunità che quella situazione vi offre.
75
la difesa personale
Non conviene, in questa sede, dilungarsi in una analisi approfondita di tut­te le
situazioni possibili e delle relative “armi di fortuna” utilizzabili. Le ipotesi da
prendere in esame sa­reb­bero troppe: e nemmeno molte cen­tinaia di pagine
sarebbero sufficienti a descriverle in modo esaustivo.
Ci limiteremo a fare qualche altro esempio, ricordandovi che nelle con­­crete
situazioni di pericolo do­vran­no essere la vostra fantasia e il vo­stro senso pratico
a trarvi d’impaccio.
76
capitolo 12
Se riusciamo a prevedere l’attacco avversario, sarà più
facile pararlo. Anche una rivista arrotolata (foto 4 e 5)
può essere idonea allo scopo.
La rivista arrotolata, o altro oggetto analogo, si presta
a pa­rare con più efficacia. Per due motivi: aumenta la
po­tenza della parata (per le leggi della leva), e costituisce
uno scudo di superficie più ampia rispetto alla mano nuda.
Oggetti comuni che diventano armi
In caso di necessità, anche una ma­tita, una stilografica o una bi­ro possono diventare pericolose armi da punta. Specie se indirizzate in linea retta verso gli occhi o
altre “parti molli” dell’aggressore.
■
La vostra borsa o la vostra valigetta possono trasformarsi, da vir­tuale “bersaglio”
per gli scippatori, in efficaci armi da contrattacco. Si prestano, in particolare, ad
essere roteate affinché i loro spigoli colpiscano l’aggressore dopo una traiettoria
circolare.
■
L’ombrello può sempre es­se­re im­pu­gnato come un ba­stone o come un fioretto,
per colpire l’ag­­­gressore sia di ta­glio sia di punta.
Se impugnate l’om­brello dalla punta, po­te­te persino usare il manico co­me un
“cappio” o come un “un­cino”: il bersaglio po­trebb­e es­se­re una caviglia del­
l’aggressore, al fine di far­lo ca­de­re; oppure la sua go­la.
■
Una volta ar­ro­tolata, la rivista che portate sotto braccio può di­ven­­tare un efficace pro­lun­gamento del vostro ar­to, adatto sia a portare colpi che a pa­rare i colpi
dell’aggressore.
77
la difesa personale
■
Le chiavi di casa o dell’auto possono essere usate in tanti modi: sia per portare
colpi di taglio (co­me nel già citato caso delle schede telefoniche), sia per “rinforzare” i vostri colpi con la mano. In quest’ultimo caso, lascerete spor­gere la chiave tra le dita strette a pugno, disponendo così di una sorta di “artiglio artificiale”.
■
Sono ancora tanti gli oggetti che potete usare a vostro vantaggio per difendervi
più efficamente: pensate al pettine o alla spazzola, impugnati per il manico; o
alla vostra cintura, da usare come “frusta”; se venite aggrediti in un lo­cale pubblico, pensate anche al­la sedia o allo sgabello sul quale siete seduti, o al portacenere davanti a voi, o alla bottiglia che è sul tavolo; se siete aggrediti men­tre siete
in auto, pensate alla por­tiera, da aprire violentemente contro l’aggressore.
Come vedete, gli esempi sono davvero innumerevoli.
Le armi improprie
Un discorso diverso va fatto per le armi improprie, che sono per lo più proibite
dalla legge. Le normative vigenti in Italia, infatti, non vi consentono di portare con
voi pugni di ferro, nunchaku, bombolette spray con gas urticante o al­tri oggetti
78
capitolo 12
analoghi. Usare oggetti simili, anche se li teneste con voi per il solo caso di difesa, comporterebbe la fattispecie giuridica di “eccesso di difesa”, con spiacevoli
conseguenze penali. Meglio allora dimenticare le armi improprie e far ricorso
alle sole tecniche di difesa personale che avete appreso, eventualmente aiutandovi con le armi di fortuna.
Con le armi improvvisate... meglio non improvvisare
Suggerimento conclusivo: allenandovi con il vostro partner, non trascurate di
simulare in palestra qualche situazione concreta con l’uso di armi “improvvisate”. L’allenamento vi consentirà, all’occorrenza, non solo di usare queste armi
con maggiore naturalezza, ma anche di di­fen­dervi meglio nel caso in cui sia l’aggressore ad usarle contro di voi.
79
la difesa personale
capi
tolo
13
Difesa contro più aggressori
“Spezzare la catena”
Il primo principio, “spezzare la catena” per cercare la fuga, merita alcune considerazioni più approfondite.
Facciamo un’ipotesi: vi trovate improvvisamente circondati da quattro malintenzionati, uno per ogni punto cardinale. Per cercare una via di fuga, potreste
valutare ve­lo­cemente quale dei quattro aggressori sia, almeno in apparenza, il
più debole. Una volta individuato quello che vi sembra il meno pericoloso, potreste scagliarvi contro di lui, colpirlo decisamente con un calcio al bas­so ventre,
scavalcarlo mentre si accascia al suolo e fuggire di gran carriera. In questo caso,
avete scelto di “spezzare l’anello debole della ca­tena”. Ma talvolta potrebbe convenirvi adot­­tare una tattica esattamente op­po­­sta: spezzare l’anello forte della
catena. Se ad esempio gli aggressori fossero sei, otto o dieci, sarebbe molto più
difficile spezzare l’accerchiamento: anche se colpiste il più debole, avreste meno
tempo, meno spazio e meno probabilità per una fuga che vi allontani dal pericolo.
Lo stesso ragionamento può farsi nell’ipotesi che gli aggressori, pur essendo
“soltanto” tre, vi abbiano costretto in un angolo: anche in questo caso gli spazi
potrebbero essere troppo ridotti per tentare una sortita del tipo “spezzare l’anello debole”.
In questi casi, allora, potreste tentare di individuare il più forte e il più pericoloso
tra gli aggressori, quello, cioè, che la “banda” riconosce come “capo”. Se riusciste a mettere fuori combattimento proprio lui, i restanti malintenzionati potrebbero impaurirsi, disunirsi, esitare, consentendovi quantomeno di guadagnare
un vantaggio psicologico nei loro confronti; sarebbe per voi più facile, a questo
punto, approfittare della loro esitazione per fuggire. Sarete voi, di volta in volta, a
dover decidere quale tattica specifica adottare. Non esistono ricette precostituite. Per dimostrarvelo vi racconterò un episodio realmente accaduto.
Luigi G., in discoteca, aveva conosciuto Marina, una ragazza bella e simpatica, e
aveva trascorso con lei buona parte della serata, chiacchierando e ballando. Men-
80
capitolo 13
L’aggressore vi individua mentre passeggiate. Si avvicina
e vi afferra la borsetta; voi per prima cosa non perdete la calma, agite con prontezza di spirito e decisione. Allungate il braccio libero in avanti e ruotando
il busto colpite con violenza e velocità il viso dell’aggressore.
Se vicino col gomito, se più distante con un pugno a
braccio teso. In seguito, non restate ferme pensando di
averlo sconfitto, ma scappate e chiedete aiuto.
tre parlava con lei al bancone del bar, ad un certo punto, aveva colto lo sguardo
insistente e minaccioso di un tipo dall’aspetto poco raccomandabile; tuttavia, non
aveva dato importanza alla cosa. Alle tre di notte, dopo aver ottenuto il numero di
telefono della ragazza, con la promessa di risentirsi all’indomani, Luigi lasciò la
discoteca per avviarsi verso casa. Stava per raggiungere la sua moto, in un angolo
81
la difesa personale
deserto del grande parcheggio, quando all’improvviso si vide circondato da sette
teppisti. Alcuni di loro brandivano delle catene, altri delle mazze. E alle proprie
spalle sentì una voce: «Diamo una lezione a questo bastardo».
Luigi ebbe un’intuizione. Immaginò, infatti, che la voce alle sue spalle fosse quella del tipo che lo guardava minacciosamente in discoteca, e che la ragione del
suo “odio” fosse proprio la ragazza. Forse il tipo era stato scaricato o respinto da
82
capitolo 13
Marina, e l’azione che stava per intraprendere era dettata da un’insana gelosia.
Senza nemmeno voltarsi, allora, Luigi parlò così:
«Non ti meravigliare se Marina pre­ferisce me a te: le donne non amano i vigliacchi. Tu sei alle mie spalle, e per giunta hai bisogno di tanti amichetti per le tue
bravate. Non hai abbastanza coraggio per risolvere la situazione da solo?».
«Lasciatelo a me!», ringhiò a questo punto la voce alle sue spalle. Punto sul
vivo dalla provocazione verbale di Luigi, il teppista non voleva perdere la faccia
da­vanti al suo “branco”.
E così Luigi poté af­frontare il rivale da solo, tra­sformando una lotta impari (uno
contro sette) in un più abbordabile “duello”.
A dire il vero, Luigi non uscì benissimo da quel duello: due costole incrinate! Senza la sua prontezza psicologica, tuttavia, con ogni probabilità gli sarebbe andata
molto peggio.
Quando ci si trova da soli contro due, tre o più aggressori, occorre es­sere particolarmente reattivi, rapidi, precisi e veloci. Ecco 7 princìpi generali da tenere
sempre a mente in caso di ag­gressione multipla:
1 puntare a “spezzare la catena” il più velocemente possibile, al fine di guadagnare una via di fuga;
2 restare costantemente in movimento, in modo da evitare accerchiamenti e
tentativi di immobilizzazione;
3 far sì che il proprio movimento sia di intralcio ai movimenti degli avversari,
ad esempio manovrando in modo da frapporre un av­ver­­sa­rio fra sé e un altro
aggressore;
4 scegliere, tra le tecniche della di­fe­sa personale, i colpi più efficaci e più rapidi;
5 agire sempre con la massima de­ter­minazione e “cattiveria”, ma, nel contempo, anche con calma e lucidità;
6 urlare o fare comunque un gran baccano se esiste una possibilità di richiamare soccorritori; viceversa, qualora siate in un territorio “ostile”, combattere in silenzio per evitare il sopraggiungere di altri potenziali aggressori;
7 controllare costantemente i movimenti di tutti gli aggressori; i vo­stri sensi
percettivi dovranno es­se­re sempre all’erta: mai concentrarsi unicamente su
un avversario, ma cercare d’avere in ogni istan­te una visione d’insieme della
situazione. Insomma, usate anche la “coda dell’occhio”.
83
la difesa personale
Allenarsi è bello
La teoria senza la pratica è nulla. La pratica senza la teoria è cieca.
L’allenamento è indispensabile per poter utilizzare con efficacia, in ca­so di bisogno, le tecniche di difesa personale che avrete appreso nello studiare queste
pagine.
Senza allenamento, la teoria vi servirà a ben poco, perché vi troverete impreparati quando sarete costretti ad ap­pli­carla. Oltre che apportare be­ne­fì­ci a tutto
il vostro organismo, man­tenendovi in una buona forma fi­sica, l’allenamento
costante mi­gliorerà il vostro tempismo nel portare i colpi, la vo­stra determinazione, la vostra precisione, il vostro senso dell’equilibrio, la capacità di valutare le
di­stanze, l’abitudine al contatto fisico, la ca­pa­cità di sopportare i colpi, e co­sì via:
tutte cose indispensabili per una efficace difesa personale.
«Ma l’allenamento - può obiettare qualcuno - è faticoso e noioso. Non c’è una
via più facile per raggiungere l’obiettivo di potersi difendere?». Non c’è. Tuttavia
è possibile rendere l’allenamento meno noioso, e persino meno faticoso. Ecco
qualche consiglio in merito.
✔ Cercate un partner con cui vi sia un buon affiatamento. L’allenamento
di­venterà così un’occasione per stare insieme ad una persona amica: ciò lo
renderà più piacevole.
✔ Variate il più possibile gli esercizi, e alternateli con le simulazioni. Così l’allenamento sarà meno ri­petitivo, e vi apparirà come una con­tinua scoperta:
non solo scoperta delle tecniche, ma anche sco­perta del vostro corpo e del
vostro animo. Uno degli obiettivi della difesa personale (forse il più importante) è proprio quello di giungere ad una migliore conoscenza di sé stessi, ad un
migliore rapporto con sé e con gli altri.
✔ Cercate di immedesimarvi sempre in ciò che fate durante gli allenamenti.
Viveteli come se fossero un’avventura, un “gioco di ruolo”. Durante le simulazioni, fate finta di essere davvero ag­grediti, immaginate che sia una questione
di sopravvivenza. La noia passerà, e cresceranno la fiducia in voi stessi e la
vostra determinazione.
✔ Usate ogni allenamento come test per scoprire i vostri limiti. Sarà e­sal­tante
accorgervi che questi li­mi­ti potete progressivamente su­pe­rarli, raggiungendo
nuove frontiere: ogni allenamento vi darà la misura dei vostri progressi, e ciò
sarà oltremodo gratificante. Quando individuate un pun­to debole, ripromettetevi di mi­gliorarvi proprio in quel punto: sarà una sfida stimolante, capace di
“uccidere” la noia degli esercizi reiterati.
84
capitolo 14
capi
tolo
14
Pronto soccorso
Premessa
Sapere le regole fondamentali del pronto soccorso è, a nostro avviso, molto più
di una conoscenza utile: è quasi un “dovere civico” che all’occorrenza può consentirci di salvare una vita umana, magari quella di un nostro amico o familiare.
Il nostro primo suggerimento, pertanto, è di approfondire in ogni caso il presente
argomento: potreste rivolgervi alla Croce Rossa della vostra città (che senz’altro
promuove e organizza appositi corsi), oppure al Dipartimento di Prevenzione
della locale Azienda Usl, che potrà fornirvi manuali o altro materiale divulgativo.
Abbiamo detto che conoscere le norme del soccorso di emergenza è utile in ogni
caso: tanto più lo sarà per un cultore della difesa personale, che nelle situazioni
di pericolo si trova esposto soprattutto al rischio di traumi. Approfondire questo
argomento, allora, potrebbe talvolta servirvi per limitare i danni da voi stessi
subiti. Oppure per soccorrere un amico meno fortunato, vittima assieme a voi
dell’aggressione. Oppure ancora (perché no?) per soccorrere il vostro stesso
aggressore, magari messo KO da una reazione fin troppo efficace. Leggete
dunque con attenzione queste pagine, che offrono un primo panorama del “cosa
fare” durante le emergenze. Ricordatevi comunque il nostro sug­gerimento: non
fermatevi all’ABC che qui vi proponiamo, ma cercate di approfondire le vostre
conoscenze in materia.
Cosa fare... e cosa non fare
L’emergenza medica varia le sue caratteristiche a seconda della natura del danno che la persona subisce, nonché del luogo e delle circostanze in cui il danno
si verifica, suggerendo o imponendo al soccorritore, di volta in volta, comportamenti e procedure diverse. Va detto che, a meno di un addestramento specifico
e di una qualche esperienza, il soccorso di emergenza rischia di risolversi il più
delle volte in una serie di interventi precipitosi, inutili nel migliore dei casi, a talvolta tali da aggravare le condizioni dell’infortunato.
Da questa considerazione nasce la prima indicazione: se, di fronte a una situa-
85
la difesa personale
zione di emergenza, non si ha, almeno in modo approssimativo, un’idea di come
ci si deve comportare, meglio rinunciare a prestare un prolungato soccorso
diretto e cercare invece l’aiuto di persone più preparate e, soprattutto, delle istituzioni specificamente deputate agli interventi di emergenza (ospedali, polizia,
pompieri).
La persona più esperta di quanti e­ventualmente si trovino presso la vittima deve
immediatamente procedere alla verifica della respirazione dell’infortunato: con
attenzione, controlla che il torace e l’addome si muovano seguendo la respirazione. Se non vi è respirazione o se questa viene giudicata difficoltosa o insufficiente, è d’obbligo procedere con la respirazione artificiale. Si ricordi che basta
1 minuto di mancata ossigenazione dei centri cerebrali per comprometterne il
regolare funzionamento, e 5 minuti perché si determino lesioni irreversibili.
Il controllo della respirazione deve essere sempre associato a quello del polso,
perché se il polso è assente (e quindi vi è un arresto o una insufficienza del cuore), oltre che alla respirazione artificiale bisogna procedere al massaggio cardiaco esterno.
86
capitolo 14
Se vi sono fratture, queste devono essere immobilizzate prima di qualsiasi spostamento. Non si devono somministrare be­vande ad una persona priva di conoscenza, così come si deve impedire che un infortunato si alzi e cammini prima
che si sia va­lutata la possibilità che questo venga fatto senza pericolo.
Quanto al ricovero, meglio aspettare l’am­bulanza o soccorsi comunque qua­
lificati. Non si tenti mai, per nessun motivo, di trasportare un infortunato costringendolo sul sedile po­steriore di una automobile. Le misure urgenti che devono
essere intraprese seguono questa rapida successione:
1 se vi è arresto della respirazione, si proceda con la respirazione artificiale;
2 se vi è arresto cardiaco, si pratichi il massaggio cardiaco esterno. Deve essere ricordato che, all’occorrenza, un solo soccorritore può provvedere sia alla
respirazione artificiale sia al massaggio cardiaco;
3 se vi è emorragia, la si arresti me­diante pressione;
4 se vi è perdita di coscienza, si faccia assumere al paziente la posizione laterale di sicurezza;
5 se vi è frattura, si proceda ad immobilizzarla.
Si provveda sempre a sorvegliare il pa­ziente, mentre ci si attiva per ri­chie­dere i
soccorsi qualificati del ca­so.
Respirazione artificiale
È importante durante queste manovre mantenere la pervietà delle vie respiratorie. Bisogna verificare se il cavo orale è libero da materiale e­straneo o se la
lingua è retratta.Una volta liberato il cavo orale, se non vi è respirazione occorre
procedere in questo modo:
✔ mantenere l’estensione del capo e chiudere le narici con una mano;
✔ respirare profondamente;
✔ appoggiare la bocca su quella del soggetto;
✔ soffiare con forza controllando l’espansione toracica del soggetto;
✔ avvenuta questa, staccare la bocca per permettere l’espirazione;
✔ ripetere 3-5 volte in successione;
✔ verificare la presenza del polso ca­ro­tideo; se è presente insufflare o­gni 5
secondi.
Massaggio cardiaco
Se non c’è polso:
✔ inginocchiarsi di lato al soggetto supino;
✔ appoggiare il palmo di una mano sulla metà inferiore dello sterno; appog-
87
la difesa personale
88
capitolo 14
giare il palmo dell’altra ma­no sul
dorso della prima;
✔ premere energicamente verso il
basso, con le braccia tese, sfruttando il peso del corpo;
✔ agire solo sullo sterno, non sulle
costole o al di sotto del processo
xifoideo;
✔ controllare l’abbassamento dello
sterno, che deve aggirarsi sui 3-5
cm;
✔ alternare 15 compressioni sternali
con 2 insufflazioni polmonari.
Se si è in due soccorritori:
✔ mentre uno comprime l’altro esegue le insufflazioni polmonari (1
ogni 5 compressioni) controllando il
polso arterioso;
✔ si eseguono 60 compressioni al
minuto.
Ribadiamo comunque il nostro consiglio: frequentate un corso, privato o della
Croce Rossa, per essere me­glio preparati a queste e­mergenze.
Strappi e stiramenti
Poche misure generali possono alleviare il dolore ed evitare (o limitare) maggiori
complicazioni; per procedure più specifiche occorre di solito un minimo di competenza, senza la quale è meglio avviare subito l’in­for­tunato al Pronto Soccorso.
✔Lo strappo muscolare è uno stiramento doloroso di uno o più mu­scoli, che
può verificarsi a seguito di uno sforzo eccessivo o di un mo­vimento sbagliato
che può produrre la rottura delle fibre dei mu­scoli coinvolti o lo stiramento o
la rot­tura del tendine mediante il qua­le il muscolo è fissato all’osso.
✔Relativamente frequente è lo stiramento dei muscoli della parte inferiore del
dorso, spesso dovuto al tentativo di sollevare un peso ec­cessivo facendo lavorare soltanto questi muscoli, anziché distribuire il peso su tutto il corpo.
La diagnosi dello strappo muscolare in questa sede è semplice: a seguito dello
89
la difesa personale
sforzo compiuto, il paziente av­verte un dolore lacerante nella par­te inferiore del
dorso con possibi­le irradiazione lungo le gambe, e si irrigidisce nella posizione
in cui è avvenuto lo strappo; ogni mo­vi­mento esacerba il dolore e lo spasmo
muscolare.
Il trattamento di questo tipo di strappo muscolare è articolato in due tem­pi.
Innanzitutto, si deve porre il paziente in una posizione di riposo che garantisca la
minor tensione pos­sibile dei muscoli del dorso. Questa posizione, di solito, viene
assunta spontaneamente dallo stesso paziente. Si provveda, quindi, ad alleviare lo strappo muscolare sia mediante applicazioni di calore alla parte lesa sia
mediante somministrazione di analgesici che, riducendo il dolore, interrompono
il circolo vi­zioso “dolore-spasmo-dolore”. L’aspirina può essere il farmaco più
in­dicato, in ragione di 0,50-0,60 gr. ogni 4 ore.
In un secondo tempo, superata almeno in parte la crisi dolorosa, il paziente può
assumere la stazione eretta e potrà essere accompagnato in sede appropriata
per l’intervento medico.
✔Lo strappo dei muscoli della gamba. Di solito è un muscolo gastrocnemio,
uno dei grandi muscoli del polpaccio, a subire lo strappo, spesso in competizioni sportive in cui si devono produrre improvvisi spunti di velocità, come nel
tennis. L’intervento immediato consiste in applicazioni fredde per sedare le
reazioni locali (gonfiore, emorragia, ecc.; 10-20 ore); quindi si possono applicare delle strisce di nastro adesivo lungo la superficie del ginocchio fin sotto
al calcagno onde alleviare la tensione muscolare.
Per qualche giorno è bene che il paziente deambuli servendosi di grucce,
smesse le quali è prudente e confortevole indossare una calza elastica.
Distorsioni e lussazioni
✔Le distorsioni. Sono lesioni traumatiche dei legamenti articolari e/o delle capsule fibrose che circondano le articolazioni. Tipica è la “storta”, che si produce quando si appoggia un piede in malo mo­do e si grava con il peso del cor­po
sulla caviglia che non è in as­se con la gamba.
La distorsione può essere di scarsa entità oppure tale da compromettere l’integrità dei tessuti coinvolti fino alla rottura; in conseguenza varia l’entità della
sintomatologia che consiste prevalentemente in dolore, gonfiore, perdita della funzione.
Il trattamento generale di tutte le distorsioni consiste, innanzi tutto, nel mettere a riposo completo la parte del corpo che ha subito il danno, possibilmen-
90
capitolo 14
te in posizione sollevata per facilitare il drenaggio venoso; quindi si provvede
ad applicazioni fredde per 24 ore per ridurre gli eventuali fatti emorragici e il
gonfiore. Durante questo periodo si può molto opportunamente applicare una
fascia elastica, avendo tuttavia cura che non sia troppo stretta.
Quando si ri­ter­rà che la fase acuta della distorsione è stata superata e che
non vi è più pericolo di ulteriori rigonfiamenti, sarà necessario provvedere la
parte lesa di un sup­porto che la immobilizzi consentendone tuttavia un certo
uso, purché questo non comporti danni ulteriori.
✔La distorsione del ginocchio. Do­po il trattamento generale, si provveda a predisporre un supporto all’articolazione mediante una benda elastica che parta
da una quindicina di centimetri al di sotto della rotula e arrivi a una decina di
centimetri sopra.
✔Le lussazioni sono caratterizzate da una perdita permanente dei rap­porti articolari tra i capi di un’articolazione.
La lussazione può essere intracapsulare, quando il capo lussato resta
nell’ambito della capsula articolare, oppure extracapsulare, quando, attraverso una lacerazione della capsula, ne fuoriesce. Inoltre, la lussazione è
completa se il capo articolare è del tutto fuori sua sede; incompleta se il capo
articolare è solo parzialmente fuori sede (sublussazione).
✔ Trattamento delle lussazioni. La prima misura in caso di lussazione è di mettere a riposo il paziente e immobilizzare la parte lussata me­diante stecche
o braccioli. Se la lus­sazione appare troppo complicata o riguarda sedi per
le quali la riduzione non è possibile senza anestesia o richiede una particolare esperienza (come il polso, il pol­­lice, l’anca, la caviglia), non ma­­­nipolare
inutilmente il paziente, ma avviarlo prontamente all’ospedale, mantenendo
sempre im­mo­bilizzata la parte lesa.
✔Lussazione della spalla. È la forma più frequente di lussazione: per lo più il
capo articolare dell’omero perde il rapporto con la scapola verso l’avanti.
La lussazione della spalla può essere pericolosa per la concomitante compromissione dei fasci nervosi e dei vasi che transitano in questa regione.
Poiché la “riduzione” è molto do­lo­rosa e può produrre danni, è con­sigliabile
immobilizzare l’articolazione con un bendaggio triangolare fissato al collo e
mandare il paziente in ospedale. Quando questo non è possibile si può tentare
la “riduzione”. La posizione preferibile del pa­ziente è quella seduta, mentre il
soccorritore sta al suo lato, ovviamente in piedi. Questi afferra con delicatezza
il gomito e lo avvicina al petto del paziente, spostandolo leggermente indietro;
mantenendo con una mano il gomito in questa posizione, con l’altra si fa ruo-
91
la difesa personale
tare l’avambraccio in fuori in modo da formare un angolo retto con il corpo;
con cautela si spinga ora il gomito verso l’alto e poi, rapidamente, sempre
mantenendo il gomito in posizione sollevata, si porti l’avambraccio sul davanti
del petto. Se la ma­novra riesce, il rientro della testa dell’omero è contrassegnato da un rumore caratteristico e netto. Se la manovra non riesce, non
ri­tentarla.
Le fratture
Un’errata manipolazione della vittima può seriamente aggravare le conseguenze della frattura, per cui si devono sempre rispettare alcune norme fondamentali
anche quando la frattura è soltanto sospetta.
La frattura è una “soluzione di continuità” di un osso prodotta da una forza che
supera la resistenza della struttura cui viene applicata.
Molto frequentemente le fratture si verificano a seguito di un evento traumatico:
ad esempio una caduta improvvisa e violenta, o anche un colpo forte e preciso
durante una colluttazione.
In tutti i casi, pur essendo le fratture delle lesioni locali, tutto l’organismo vi reagisce; perciò di fronte a un fratturato la preoc­cupa­zione deve essere duplice: da
una parte ci si de­ve preoccupare della lesione, dall’altra dello stato generale del
pa­ziente.
A prescindere dai vari tipi di frattura, una distinzione importante deve essere fatta tra le fratture “chiuse” e fratture “esposte” o “aperte”.
Si parla di frattura aperta quando la soluzione di continuità di un osso è an­che
accompagnata da una ferita at­traverso la quale l’osso fratturato è in comunicazione con l’esterno, per cui la lesione è quasi sempre infetta.
Si parla invece di frattura chiusa quando la rottura di un osso avviene senza soluzione di continuità dei tessuti che lo ricoprono.
Sia nelle fratture chiuse che in quelle aperte vi possono essere compromissioni
di vario grado dei nervi, dei vasi sanguigni e linfatici e dei tessuti molli circostanti.
Non sempre è facile rendersi conto che una frattura si è verificata, ma è necessario ridurre al minimo i margini di errore per e­vitare, nella ma­nipolazione del
pa­ziente infortunato, di provocare dan­ni talvolta assai gravi.
In generale, si può dire che non riconoscere una frattura è molto più grave di
sup­porla quando non c’è. Nelle fratture complete, i segni sono quasi sempre
piuttosto apprezzabili: do­lore circoscritto, tumefazione, im­potenza funzionale,
abnorme mo­bi­lità dei monconi, rumori caratteristici (scroscio osseo) che tuttavia
non vanno mai provocati, deformità (al­­­lungamento o accorciamento, de­via­­zioni
92
capitolo 14
laterali, rotazioni, eccetera). Naturalmente, per il riconoscimento di una frattura,
elemento essenziale è la conoscenza del fatto traumatico che ha provocato l’insorgere della sin­­tomatologia.
Le regole fondamentali che devono es­sere rispettate quando si accorre in soccorso di un fratturato sono rias­sumibili nei sette “comandamenti” qui proposti:
1 non cambiare la posizione dell’infortunato se non dopo aver stabilito sede e
natura della lesione;
2 non consentirgli di mettersi a sedere e tanto meno di cercare di alzarsi se non
dopo aver ragionevolmente ac­certato che non vi può essere pericolo;
3 a meno che non sia assolutamente necessario, non muovere il paziente prima di aver immobilizzato la frattura;
4 non tentare mai di accelerare il trasporto in ospedale con mezzi non i­donei;
ad esempio: non caricare mai il paziente sul sedile posteriore di una vettura,
costringendolo a contorsioni e piegamenti che possono gravemente complicare le sue lesioni;
5 nelle fratture aperte, non cercare di disinfettare la ferita, ma limitarsi a stendervi sopra, senza toccarla, delle compresse di garza sterile (se è disponibile), altrimenti una tela pulita;
6 immobilizzare la frattura il più presto possibile;
7 mantenere disteso il fratturato, in attesa dell’ambulanza.
Regola numero 1
Quando non si sa che cosa fare, meglio non fare nulla e cercare immediatamente aiuti qualificati.
93
la difesa personale
capi
tolo
15
Tecniche di difesa personale
Premessa
Dove colpire (i punti vulnerabili)
Se vi troverete in una situazione in cui è necessario contrattaccare per difendere
la vostra incolumità, è molto importante sapere dove e come colpire. È importante anche sotto il profilo giuridico, giacché la vostra reazione (lo abbiamo già
spiegato) deve essere proporzionale all’offesa minacciata.
In certi casi, pertanto, sarà consigliabile ricorrere ad un contrattacco “leggero”,
giusto per fermare l’azione del vostro assalitore e procurarvi un’opportunità di
fuga.
In altri casi, quelli più pericolosi, non dovete esitare a ricorrere ai colpi più duri,
cercando gli obiettivi maggiormente vulnerabili.
Qui di seguito vi proponiamo una sin­­tetica scheda sui punti vulnerabili del corpo
umano (per sapere do­ve col­­pire in caso di ne­ces­sità).
Conoscere questa scheda è importante, ma ricordate che la teoria senza la
pratica non vale nulla. Dovrete imparare non solo dove colpire, ma anche come
colpire. Ricordatevi, quindi, di allenarvi con impegno nelle tecniche della difesa
personale che illustreremo nei capitoli successivi.
Non fatevi spaventare dalla quantità dei punti vulnerabili qui elencati, né dalla
quantità delle tecniche più avanti descritte. Lo abbiamo già detto all’inizio: dopo
aver studiato tutti i punti, ed esservi allenati in tutte le tecniche, basterà che vi
esercitiate in modo approfondito in pochi colpi (sono sufficienti sei o sette, quelli
a voi più congeniali), per far sì che possiate difendervi con efficacia in qualsiasi
situazione.
Scala di pericolosità
Per avere un’idea di massima (necessariamente semplificata) dei punti vulnerabili del corpo umano, e quindi dell’efficacia dei colpi che li raggiungono, abbiamo
deciso di ricorrere ad una “scala di pericolosità”.
Tale scala, beninteso, è puramente indicativa, giacché la pericolosità di un colpo
94
capitolo 15
non si determina unicamente dall’obiettivo che il colpo raggiunge. Le variabili
sono tantissime: la violenza del colpo portato, la sua tecnica, il punto preciso
d’impatto (talvolta un millimetro può rappresentare la differenza tra la vita e la
morte), le condizioni fisiche di chi viene colpito, e così via. Ciò premesso, proponiamo nella pagina successiva una “scala di pericolosità dei colpi” che servirà a
“leggere” meglio (semplificandolo) il seguente elenco dei punti vulnerabili del
corpo umano.
Congiunzione tra l’osso parietale e l’osso frontale
Un colpo violento può causare shock vascolare e perdita di conoscenza. Attenzione: un colpo particolarmente violento nel punto esatto della congiunzione
potrebbe provocare anche la frattura del cranio e la morte.
Zona frontale
Un colpo violento può causare il cosiddetto colpo di frusta.
Zona oculare
Colpire l’occhio provoca dolore, lacrimazione, offuscamento della vista. Se il
colpo è potente, e inferto ad esempio con la punta delle dita, può provocare addirittura la rottura del bulbo e la perdita definitiva della vista.
Zona auricolare
Colpire l’orecchio può provocare un doloroso shock al timpano. Se il colpo è particolarmente violento, po­treb­be causare la concussione della mas­sa cerebrale e
quindi la morte.
Zona nasale
Rompere il naso (sia con un pugno che con una testata) causa sempre un dolore
molto intenso; può produrre lacrimazione, fuoriuscita di sangue e perdita dei
sensi; se il colpo è particolarmente violento, e indirizzato dal basso verso l’alto,
potrebbe causare la penetrazione dell’osso nella massa cerebrale, e dunque la
morte.
Bocca, labbra, denti, mascelle
Un colpo potente in queste zone (sempre molto doloroso) può causare rottura di
denti e labbra, emorragie, slogamento o frattura della mascella, e talvolta perdita dei sensi.
95
la difesa personale
Mento
Il colpo può essere davvero pericoloso se consiste in un pugno portato dal basso
verso l’alto (il classico “montante”): attenzione, può causare perdita della co­no­
scenza (concussione della massa ce­rebrale) e talvolta anche la morte. A mani
nude, ovviamente, il colpo è più pericoloso che con i guantoni da boxe...
Nuca
La nuca, il retro delle orecchie e le zo­ne immediatamente vicine (che in­te­ressano
la giugulare, la carotide e il ner­vo vago) sono punti particolarmente vulnerabili,
specie se raggiunti da colpi portati con il taglio della ma­no. Se il colpo è violento,
la perdita di conoscenza è altamente probabile.
Gola
Il colpo alla gola è sempre pericoloso: le conseguenze vanno dal senso di soffocamento alla morte.
Clavicole e costole
La clavicola è uno degli ossi più delicati del corpo umano: un colpo po­ten­te sulla
clavicola può provocare frat­tura, dolore e perdita di conoscenza. Quando il colpo
è particolarmente forte, può causare (in casi estremi) la penetrazione dell’osso
nel polmone, con conseguenze davvero gravi. Lo stesso dicasi per le costole;
queste, tut­tavia, sono in genere più elastiche della clavicola, e la loro frattura
produce un dolore meno intenso; sono minori anche i rischi di collasso polmonare.
96
capitolo 15
Spalle e ascelle
Le spalle sono soggette a slogamenti e lussazioni, specie se colpite con colpi
particolarmente penetranti, che provocano dolore intenso e temporanea “paralisi” dell’arto. Un’analoga pa­ralisi può essere provocata da un colpo ben assestato
sotto l’ascella, at­traversata da un nervo sensibilissimo.
GOMITI
Un colpo in una giuntura delicata come il gomito provoca dolore intenso e (talvolta) incapacità di usare appieno l’arto.
DITA DELLE MANI
Dolore intenso, fratture, distorsioni: i colpi sulle dita (o le prese, o i morsi) possono produrre questi risultati, rendendo complicato, per chi li subisce, lo stesso
uso della mano.
COLONNA VERTEBRALE
Un colpo potente - sempre molto doloroso - può danneggiare seriamente le vertebre e il loro giusto assetto, causando anche la paralisi. In caso di colpo molto
potente, la spina dorsale potrebbe addirittura spezzarsi, procurando la morte.
PETTO
La zona toracica non è un punto particolarmente vulnerabile, giacché è protetta
dalle costole e dai muscoli pettorali (assai dolorosi, tuttavia, sono i colpi ai sensibilissimi capezzoli: specie torsioni e “pizzicotti”). Il discorso è diverso, natu-
97
la difesa personale
ralmente, se bersaglio del colpo è il petto di una donna: in questo caso un colpo
potente può provocare grande dolore ed emorragie.
PLESSO SOLARE
Un pugno ben indirizzato può provocare la perdita di coscienza, giacché il punto
è particolarmente sensibile. I colpi più potenti (come i calci) possono produrre
lesioni agli organi interni.
DIAFRAMMA
Colpire il diaframma può creare problemi alla respirazione, e in certi casi può
anche provocare una perdita di conoscenza.
STOMACO
È il bersaglio ideale per mettere in condizione di non nuocere un aggressore
ubriaco: è molto probabile, infatti, che un colpo ben assestato susciti conati di
vomito. Anche ai non ubriachi, tuttavia, un colpo potente può causare spasmi e
conati.
FEGATO
Quando un pugile si trova alla corta di­stanza, cerca spesso di colpire il fe­gato
dell’avversario. Se è inferto con un pugno senza guantone (o con un calcio), il colpo al fegato è molto più pericoloso, e può produrre spasmi e svenimenti. In caso
di colpo par­ticolarmente potente, il fegato può “spappolarsi”, causando la morte.
MILZA
Per la milza vale lo stesso discorso fatto per il fegato: un colpo diretto a quest’organo può causare emorragie, perdita di conoscenza e persino la morte.
RENI
Anche il rene (al pari di fegato e milza) è un bersaglio particolarmente vulnerabile. Un colpo potente può causare la rottura dell’organo e condurre alla morte.
TESTICOLI E VESCICA
La zona inguinale è delicatissima. Un colpo nei testicoli (sempre molto doloroso) può provocarne la rottura (tra i danni permanenti, in questo caso, c’è anche
la sterilità). Anche la vescica e l’osso pubico possono essere rotti da un colpo
potente (ad esempio un calcio): in questi casi si verifica un’emorragia interna che
98
capitolo 15
può condurre alla perdita di conoscenza.
COSCIA
Il colpo alla coscia è particolarmente adatto alla difesa personale, a patto che
sia molto preciso e potente: può riuscire infatti a togliere mobilità all’aggressore
(grazie allo spasmo muscolare che provoca) impedendogli di proseguire nel
suo attacco, senza tuttavia procurargli danni permanenti (cioè senza il rischio di
cadere in un eccesso colposo di legittima difesa).
GINOCCHIO
Anche questo è un bersaglio ideale, per il semplice motivo che è quasi sempre
facilmente colpibile. Le conseguenze di un colpo ben assestato sono: forte dolore, probabile slogamento, possibile frattura.
POLPACCIO
Un colpo deciso può causare spasmo muscolare, difficoltà ad appoggiare la
gamba e quindi temporanea perdita di funzionalità dell’intero arto.
STINCO
Quest’osso non è protetto da fasce muscolari, pertanto è particolarmente sensibile: un colpo allo stinco (anche se non molto potente) provoca sempre intenso
dolore. E talvolta la frattura.
CAVIGLIA, PIEDE, DITA DEI PIEDI
Dolori intensi, fratture, paralisi dell’arto: sono queste le possibili conseguenze di
un colpo in queste zone (in genere si tratta di un calcio, o di un “pestone” inferto
con il tacco).
Scala di pericolosità dei colpi
1 colpo doloroso o “fastidioso”, che però non causa danni reali all’organismo;
2 colpo che può causare danni non permanenti;
3 colpo che può causare perdita di conoscenza e danni permanenti (ma non
gravissimi);
4 colpo che può causare gravi danni permanenti;
5 colpo letale.
99
la difesa personale
Parata e contrattacco
Nel gioco del calcio, anche il più ferreo dei “catenacci” prevede
la necessità del contropiede.
Nella difesa personale è lo stesso: parata e contrattacco sono concetti inscindibili. Se vi limitaste a parare o a schi­vare i colpi, senza portarli a vostra volta,
con­ti­nue­reste ad esporvi agli attacchi avversari. E prima o poi la vostra difesa
crol­le­rebbe.
Un efficace contrattacco, vi­ceversa, può far ces­sa­re le offensive avversarie, con­
sentendo così di elimi­na­re il rischio alla fonte.
La sindrome di Leonida
Talvolta l’inferiorità numerica rende eroi. Fu il caso di Leonida e compagni alle
Termopili: tutti eroi; e, incidentalmente, tutti morti.
Ricordatevi di Leonida se doveste trovarvi ad affrontare più aggressori: meglio
cercare la sopravvivenza piuttosto che la gloria imperitura.
Difesa contro una AGGRESSIONE alle spalle:
COME LIBERARSI DALLA PRESA ALLE BRACCIA
Tenete sempre gli occhi aperti: tutti e tre!
Il terzo occhio, in questo contesto, non ha significati mistici. È una sem­plice
metafora per indicare la neces­sità di guardarsi sempre le spalle, e di porre la
massima atten­zione nella prevenzione dei pericoli. Riflettete: nella mag­gior
parte dei casi, subire un attacco alle spalle significa innan­zitutto non aver usato
ogni dovuta pre­cauzione.
Qualora subiate per davvero un at­tac­co alle spalle, tuttavia, è inutile per­dere
tempo in recriminazioni: la si­tua­zione è critica e occorre reagire con la massima
decisione. Per essere pronti anche a questa evenienza, esercitatevi in palestra
assieme al vostro partner di allenamento.
E l’attacco preventivo?
«Altro che parata e contrattacco! La miglior difesa è l’attacco puro e semplice.
Colpire per primi: ecco la regola base per sopravvivere». Una simile obiezione
avrebbe certo qualche fondamento. Ma va ricordato che il Codice Penale punisce l’eccesso di difesa: nel­la maggior parte dei casi colpire per primi è un rea­to.
Siate dunque saggi. E allenatevi nelle parate.
100
capitolo 15
Difesa contro un attacco di coltello? Non pensate al coltello!
Intendiamoci: il titolo qui sopra non va preso alla lettera. Al coltello bisogna pensarci, eccome! Quello che si vuole dire è che la prima mossa del difensore non
è neces­sa­ria­mente il tentativo di disarmare l’aggressore. Una valida alternativa
è colpirlo altrove, a sorpresa, per guadagnare il tempo e lo spazio sufficienti a
metterlo fuori com­bat­ti­men­to o a fuggire. Uno dei possibili bersagli alternativi è
l’articolazione del ginocchio.
101
la difesa personale
Attacco di coltello:prevedere e parare
Mai farsi “chiudere”
Per difendersi al meglio da un attacco di coltello, occorre innanzitutto riuscire
a mantenersi lontano dalla portata del braccio armato. È necessario, pertanto,
disporre di molto spazio, evitando di farsi chiudere in un angolo dall’aggressore.
Sarà fondamentale, in questo aspetto tattico, la capacità di muoversi rapidamente sulle gambe.
difesa contro il bloccaggio del polso:
pugno a martello con rotazione a 360°
Qualcuno vi blocca il polso mentre state per aprire la portiera della vostra auto:
è una situazione pericolosa, perché siete impossibilitati a reagire con il vostro
arto superiore più forte. Le soluzioni possibili sono due: o ricor­rere alle tecniche
di cal­cio (se l’ag­gres­sore è a distanza ravvi­cinatissima, si può usare un “pestone”
sul piede), o ri­correre ad una percussione con l’altra mano. In quest’ultimo caso,
però, do­­vre­mo supplire in qualche modo alla minor potenza che siamo in grado
di spri­gionare. Faremo ricorso, pertanto, ad un pugno a mar­tello, potenziato da
102
capitolo 15
un caricamento di 360°. Il bersaglio del pugno a martello può es­se­re indifferentemente il volto dell’ag­gressore o il suo basso ventre. Nella sequenza qui illustrata,
l’aggredito decide di colpire il basso ventre. Usando la stessa mano, im­me­dia­ta­
men­te dopo, dop­pia il pugno con un colpo al viso portato con le nocche delle dita.
Per quest’ultimo colpo, il bersaglio ideale è rappresentato dalla radice del naso.
Difesa contro un attacco con la pistola? pensate alla Pistola!
Il discorso fatto precedentemente sull’attacco di coltello non è valido, ovviamente, per gli attacchi con la pi­stola. In questo ca­so, disarmare o de­viare il braccio
ar­mato do­vrà essere il primo pensiero per chi si difende. Sempre.
103
la difesa personale
Cercano di aggredirvi. Non perdete la calma.
Mantenete una grande concentrazione è importantissimo anticipare l’avversario!!!
104
capitolo 16
capi
tolo
16
Preparazione psicofisica
tecniche di rilassamento e concentrazione
La respirazione
Una respirazione profonda ossigena tutti i muscoli, ed è in grado di rilassare sia
il vostro fisico che la vostra mente.
Spesso noi respiriamo soltanto con il torace, in modo superficiale e incompleto.
Nella respirazione, invece, vanno coinvolti non solo i polmoni, ma anche il ventre
e il diaframma.
La fase espiratoria deve essere più lunga di quella inspiratoria: ciò vi permetterà
di espellere meglio tutte le tossine, e preparerà una inspirazione più efficace,
capace di apportare una maggiore quantità di ossigeno.
Prima di ogni seduta di allenamento (e ogni volta che avrete bisogno di rilassarvi) fate dunque per qualche minuto questo semplice esercizio.
Mettetevi comodi, magari seduti (con la schiena ben eretta), oppure - se pre­
ferite - sdraiati, avendo cura di scegliere un abbigliamento non “co­strin­gente”
(niente cinture, niente stringhe che vi comprimano i piedi, eccetera) e di non
incrociare gli arti, al fine di ottimizzare la circolazione sanguigna. Inspirate profondamente (con il naso, non con la bocca!), sollevando il ventre e spingendo in
basso il diaframma, gonfiando il più possibile i vostri polmoni; quindi espirate
molto lentamente.
Nel frattempo, cercate di ripetere mentalmente a voi stessi un messaggio “positivo”, del tipo: «L’aria che sto inspirando mi farà stare bene, mi distenderà, mi
caricherà di nuove energie».
Dopo una ventina di inspirazioni-espirazioni di questo tipo, “lasciatevi andare”:
lasciate cioè che il vostro respiro segua il suo ritmo naturale, non pensate a
niente se non al vostro benessere e al vostro rilassamento.
Quindi sgranchitevi, stiracchiatevi, assaporate l’energia vitale che scorre nei
vostri muscoli e in tutto il vostro corpo. E pensate a cose serene, divertenti,
simpatiche.
Il rilassamento così ottenuto facilita sempre la successiva concentrazione: sia
105
la difesa personale
nell’allenamento per la difesa personale che nel lavoro di tutti i giorni.
Un consiglio: cercate di fare questo semplice esercizio in una situazione “tranquilla”, evitando di essere disturbati da circostanze impreviste. Se è il caso, ad
esempio, staccate il telefono.
Esercizi per tenersi IN forma fisica
Senza una buona forma fisica, imparare le tecniche della difesa personale non
vi servirà a nulla, perché non riuscireste a metterle in pratica. Per la di­fesa personale servono es­senzial­men­te due presupposti: una discreta agi­lità (scioltezza
nei movimenti) e una certa resistenza (“fiato”, capacità di sopportare la fatica).
Praticare con un minimo di regolarità una qualsiasi attività sportiva servirà in
modo eccellente a “conquistare” agilità e resistenza. A coloro che non praticano
alcuno sport, ad ogni modo, proponiamo un piccolo programma di allenamenti
per tenersi in forma a casa propria, senza necessità di recarsi in palestra o in
altre strutture sportive, né di acquistare alcun attrezzo particolare. Il programma, semplicissimo, è fondato su quattro elementi: corsa; salto con la corda;
stretching; esercizi a corpo libero per tonificare i muscoli (specie addominali,
pettorali, muscoli delle braccia e delle spalle). È un programma adatto a tutti:
basta possedere una normale costituzione fisica. Consultate co­munque un
medico. E non esagerate mai con gli sforzi, specie all’inizio.
Inutile aggiungere che fare una vita sana serve moltissimo alla difesa personale
106
capitolo 16
(difesa nel senso più ampio!). Anche se non subirete mai una aggressione, vi farà
benissimo porre attenzione alla alimentazione ed evitare gli eccessi (specie alcol
e fumo).
Se potete, fate tre allenamenti a settimana; mantenendo però come abitudine
quotidiana (sia la mattina che la sera) lo stretching e gli esercizi a corpo libero.
Per quanto ri­guarda la corsa, può bastare anche una sola seduta a settimana;
quando sarete in forma (dal terzo mese in poi) il tempo di corsa potrà crescere
gradatamente fino a 40 minuti, 1 ora o anche più.
Corsa
La corsa aumenta la nostra resistenza, migliora la nostra capacità respiratoria,
rinforza in generale tutto l’apparato muscolare. Potete correre dove preferite: in
strada, nel vostro giardino, su una pista d’atletica; e persino in palestra. La sola
cosa importante è evitare di correre in ambienti a rischio di inquinamento atmosferico: rinunciate in partenza, pertanto, a correre in mezzo al traffico cittadino,
giacché i danni potrebbero essere superiori ai benefìci. Per la corsa, dovete usare un abbigliamento comodo.
E ricordate: nei primi due mesi di allenamento cercate di rispettare i tempi di
corsa, senza preoccuparvi dell’intensità del suo ritmo; non fate sforzi eroici,
insomma. Dal terzo mese in poi, potrete accelerare gradatamente anche il ritmo
(cioè la velocità).
107
la difesa personale
Salto con la corda
Il lavoro con la corda svilupperà le nostre capacità coordinative, sincronizzando i
movimenti delle braccia e gambe. Allo stesso tempo ci permetterà di aumentare
la capacità aerobica, di rinforzare i tendini di Achille, e di rassodare i muscoli
posteriori di gamba e coscia. I tempi di lavoro inizialmente saranno brevi (1 o 2
minuti) fino ad arrivare ad un massimo di 6-8 minuti. Ricordate: durante il salto
con la corda, è importante non appoggiare i talloni. Dopo il lavoro con la corda,
respirando profondamente recuperiamo la giusta frequenza cardiaca.
Stretching
Sotto il nome di stretching sono compresi tutti gli esercizi di allungamento muscolare. Lo stretching permette ai muscoli di migliorare la loro elasticità, consentendoci una maggiore scioltez­za/agilità e una più ampia possibilità di movimento. Lo
stretching, inoltre, riduce il rischio di strappi e di altre noie muscolari, rendendo più
sicuro (e più efficace) il nostro allenamento. A causa della nostra vita sedentaria,
sono soprattutto i muscoli delle gambe ad aver bisogno di esercizi di stretching.
Qui vi proponiamo un solo esercizio, corredato però di alcuni princìpi generali che
possono essere estesi a tutte le tipologie di stretching. A chi volesse saperne di più
sullo stretching, consigliamo di ricorrere a un manuale specifico (esiste in ma­teria
una vastissima letteratura). Sap­piate, ad ogni modo, che applicando scrupolosamente i prìncipi generali qui sotto enunciati potete tranquillamente “inventarvi”
altri al­lun­gamenti, senza che il vostro fisico corra alcun rischio.
✔ 1° principio: prima dello stretching, frizionate i muscoli interessati con
alcool canforato o con altri prodotti idonei, al fine di aumentare le potenzialità
di e­stensione dei muscoli stessi.
108
capitolo 16
✔ 2° principio: il modo corretto di allungarsi non
è mai doloroso; quando mettete in tensione il
muscolo, pertanto, non spingetevi mai oltre la
soglia del dolore.
✔ 3° principio: una volta raggiunta la prima tensione muscolare, mantenetela fino a raggiungere il rilassamento; mantenetela, cioè, fino a
che non vi sarete perfettamente abituati a quella
tensione.
✔ 4° principio: una volta abituati alla posizione
di tensione, cercate di aumentare leggerissimamente la tensione stessa, fermandovi però al
primo accenno di dolore, e continuando a respirare re­golarmente.
✔ 5° principio: frizionate il muscolo fino a che
non vi sarete abituati al piccolo aumento di tensione sopra descritto. Quindi sciogliete i muscoli
e rilassatevi.
Esercizio: appoggiate il tallone su un tavolo, su un
mu­retto o su altra superficie (che comunque non
su­pe­ri l’altezza dei vostri fianchi), mantenendo la
gamba rigida; spingete la punta del piede verso di voi,
fino a che non sentite “tirare” i muscoli del polpaccio
e della coscia; mantenete la posizione per un paio
di minuti; con la mano, quindi, andate a stringere
la pianta del piede (mano destra per il piede destro;
ma­no sinistra per il piede sinistro). Se il piede è troppo “lontano” per voi, non preoccupatevi: riuscirete a
rag­giungerlo dopo qualche settimana di allenamento. Rispettando i princìpi enunciati, evitate il dolore; e per le prime sedute afferrate
la ca­viglia anziché il pie­de. Infine, ripetete l’esercizio con l’altra gamba.
ESERCIZI A CORPO LIBERO
Flessioni
Stendetevi a pancia in giù. Contraendo i muscoli in modo che il vostro corpo
rimanga diritto, e che la schiena non si pieghi, appoggiate le palme delle ma­­ni a
terra, im­me­­diatamente a la­to delle vostre spalle, e tiratevi su a forza di braccia
109
la difesa personale
(fino stenderle), guardando non ver­so terra ma da­vanti a voi. Mentre vi tirate su
(sempre mantenendo il corpo lungo un unico asse, cioè senza piegare la schiena), espirate con la bocca. Quindi riavvicinatevi al terreno, inspirando con il naso.
Ripetete 10 volte il movimento. Variando leggermente la posizione delle mani,
cambierete anche la distribuzione dello sforzo sui muscoli.
Con le mani parallele, la­vo­rerete soprattutto sui muscoli delle spalle e del petto
(il rispettivo carico di lavoro dipenderà anche dalla distanza tra le mani).
Con le ma­ni rivolte verso l’interno o verso l’esterno, invece, tonificherete maggiormente i muscoli della braccia. Per ridurre la fatica delle braccia, si può ricorrere ad una semplice va­rian­te: piegate le gambe, in modo che il sollevamento del
corpo sia com­piuto mantenendo a terra le ginocchia anziché le punte dei piedi.
Sollevamenti per gli addominali
Sdraiatevi a terra sulla schiena, con le gambe piegate (a formare un angolo di
circa 90°), il collo sollevato, e le mani incrociate dietro la nu­ca: in questa posizione devono toc­care il pavimento soltanto le pian­te dei piedi, il bacino e la schiena.
110
capitolo 16
Quindi sollevatevi a forza di
addominali fino a toccare le
ginocchia col busto. Tornate (non troppo velocemente)
nella posizione di partenza.
Anche in questo esercizio si deve inspirare quando si è sdraiati, ed espirare
quando ci si solleva (cioè
nel momento del massimo sforzo). Per tonificare i
muscoli addominali esistono tantissimi altri esercizi.
Ma non è il caso, in questa
sede, di dilungarsi nel loro e­same. A chi volesse approfondire, consigliamo di
consultare la letteratura specifica sulla preparazione fisica.
111
la difesa personale
E’ molto importante avere un minimo di preparazione fisica, può voler dire la
differenza tra il “vincere” o il “perdere” e se perdete siete fregati!!!
112
capitolo 16
Tenersi in forma con gli esercizi a corpo libero
Come abbiamo già detto, è possibile raggiungere e mantenere la forma fisica
senza particolari investimenti in attrezzature. In quest’ottica, gli esercizi a corpo
libero rappresentano uno dei cardini del “programma minimo” da noi proposto.
“AL + AL”
No, il computer di “2001 Odissea nello spazio” non c’entra nulla... “AL + AL”
significa “allenamento più alimentazione”: è un binomio importante.
Feuerbach sosteneva che «l’uomo è ciò che mangia». Non serve, in questa sede,
soffermarci sulle implicazioni ontologiche del materialismo feuerbachiano. Ma è
certamente vero che la nostra forma fisica di­pende anche dalla quantità e dalla
qualità di ciò che man­giamo. Facciamo dunque attenzione tanto agli al­le­namenti
quanto alla alimentazione. Vale la pena, su en­trambi i fronti, chiedere qualche
consiglio al nostro me­dico di fiducia.
Mente fredda... in corpo caldo
Le “teste calde” non potranno mai comprendere appieno la filosofia della difesa
personale. Conviene dunque mantenersi “freddi”, specie nelle situazioni difficili, dove oc­corre più che mai ragionare lu­ci­da­mente. Il discorso esattamente
opposto va fatto per i nostri muscoli. Se non vengono adeguatamente “scaldati”,
rischiano strappi e contratture persino durante gli allenamenti.
Quando fare riscaldamento
Ricorrete sempre agli esercizi di riscaldamento
✔ prima di cominciare gli allenamenti in palestra con il partner;
✔ prima dell’allenamento a base di corsa;
✔ prima delle eventuali sedute con i pesi (rammentiamo tuttavia che, nel programma minimo da noi proposto per raggiungere e mantenere la forma
fisica, i pesi non sono indispensabili).
Il riscaldamento può sempre essere preceduto dallo stretching.
Quando i mezzi giustificano il fine
Di solito è il fine che giustifica i mezzi. Ma talvolta può accadere il contrario. Se
avete cominciato ad al­lenarvi soltanto per paura, al solo scopo di essere pronti a
difendervi, vi accorgerete, strada facendo, che la forma fisica è un premio in sé,
capace di mi­gliorare la qualità della vita. Anche un semplice esercizio nel parco
può procurare gioia e benessere...
113
la difesa personale
Mens sana in corpore sano
Per molti anni abbiamo vissuto con l’idea sbagliata che la ginnastica servisse
soltanto per formare dei “mister muscolo”. Ora, fortunatamente, si sta acquisendo un’idea chiara del modo in cui l’educazione fisica deve essere applicata:
dagli allenamenti basati su movimenti scattanti e rigidi si è passati ad un sistema di movimenti eseguiti con grazia, eleganza e armonia. La ginnastica, infatti,
è qualcosa di più che un mezzo per gonfiare muscoli e consumare energie; è,
soprattutto, un mezzo per tonificare, abbellire, equilibrare il corpo umano, nonché per renderlo più funzionale. La ginnastica aiuta a essere più forti e a vivere
in salute e in armonia; ma per ottenere questi obiettivi occorrono impegno e
volontà. Bisogna rammentare, allo stesso tempo, che non basta fare ginnastica
per vivere una vita più sana. Il nostro corpo e i nostri muscoli rappresentano
solo una parte della nostra persona. L’altra parte è costituita dallo spirito, dalla
volontà, dall’intelligenza. E anche queste componenti vanno stimolate e “allenate”. Tra­scu­rarle sarebbe come camminare con una gamba sola avendole tutte
e due in perfetto stato.
Cosa accade quando si smette di fare ginnastica
Il corpo umano si comporta come una macchina: se si smette di oliarla e di
usarla, arruginisce e invecchia. Con uno svantaggio ulteriore: smettere di praticare ciò che dà maggior salute e energia porta con sé l’avvilimento e la rovina
di quel che si era ottenuto.
Coloro che hanno praticato a lungo una ginnastica forte, dura e senza alcuna
regola, e quelli che praticano un qualsiasi sport con la stessa mancanza di
metodo, e senza una base di ginnastica, se cessano improvvisamente ogni attività, tendono, continuando a mangiare nelle stesse proporzioni, ad ingrassare. È
logico: se si consumano meno calorie e non si riduce la quantità di cibo, si accumulano i grassi ingeriti in eccesso.
114
capitolo 17
capi
tolo
17
Autodifesa: nozioni giuridiche
la parola agli esperti
Autodifesa e diritto
Il nostro sistema giuridico garantisce ad ognuno il diritto alla legittima difesa,
che è considerata una “scriminante”.
Il che vuol dire che persino un omicidio può essere lecito se commesso per
proteggere la propria vita. Ma la legittima difesa è ammessa dal codice con un
limite preciso: la reazione, cioè, deve essere proporzionata all’offesa; altrimenti
l’eccesso di difesa potrebbe configurare una fattispecie di delitto colposo.
Facciamo un esempio concreto: se subite un tentativo di scippo, siete certamente autorizzati a difendervi, ma senza procurare lesioni gravi (o addirittura la
morte) al malcapitato scippatore.
Non ci sarebbe proporzione fra il diritto minacciato (quello di proprietà) e il diritto leso dalla reazione (quello all’integrità fisica).
Così recita l’articolo 52 del Codice Penale:
«Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro un pericolo attuale di un’offesa
ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa».
In questo articolo ci sono altre parole chiave, oltre a “difesa proporzionata all’offesa”. Sono le seguenti: pericolo attuale di un’offesa ingiusta.
Sia pure sinteticamente, cercheremo di chiarirle bene.
Pericolo
Il legislatore intende dire che l’offesa deve essere soltanto minacciata, non già
realizzata. Altrimenti saremmo di fronte alla vendetta, alla ritorsione.
Facciamo degli esempi concreti. Venite aggrediti: per evitare il pericolo di danni
fisici alla vostra persona, colpite l’aggressore procurandogli la frattura del setto
nasale.
Non siete punibili di “percosse” e “lesioni personali” (anche se il fatto in sé configurerebbe queste fattispecie di reati) perché avete agito in una situazione di
“pericolo”. Immaginiamo adesso un’altra situazione.
115
la difesa personale
Venite ingiustamente aggrediti e malmenati. Poche ore dopo, incontrate nuovamente il vostro aggressore e questa volta siete voi a picchiare lui.
Qui non si tratta di legittima difesa, perché, pur essendoci l’offesa ingiusta, non
c’è l’elemento del pericolo (giacché l’offesa è già stata realizzata). A posteriori,
insomma, non potete farvi giustizia da soli.
Attuale
Il pericolo deve essere attuale: cioè reale e immediato. Non può essere “ipotetico” o “eventuale”. Perché la reazione si configuri come legittima difesa, insomma, deve interrompere una concatenazione di eventi che (senza la reazione
stessa) produrrebbe la lesione del diritto.
Un esempio concreto chiarirà come il concetto dell’attualità riguardi anche le
armi (improprie o meno) che ciascuno di noi potrebbe usare per difendersi da
una eventuale ag­gressione.
Se venite aggrediti in una macelleria da un aggressore armato, potrete certamente impossessarvi del coltello da macellaio per difendervi...
Ma non potete portarvi appresso quello stesso coltello (né tanto meno una pistola) senza apposite autorizzazioni.
Non vale invocare - per la detenzione di armi - la legittima difesa “eventuale”,
proprio perché manca l’attualità del pericolo.
Offesa ingiusta
Qui va precisato che l’offesa ingiusta è tale quando si concretizza in un comportamento contrario alle leggi. Il criterio per valutare l’ingiustizia, insomma, è
oggettivo, e prescinde dal­la percezione e dalle personali con­cezioni morali dei
soggetti coinvolti. Torniamo adesso al concetto di “eccesso di difesa”.
Così recita l’articolo 55 del Codice Pe­nale:
«Quando nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53, 54
(sono gli articoli che si occupano delle “scriminanti”, tra cui - art. 52 - la legittima difesa; ndr) si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge e dall’ordine dell’autorità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi se il fatto
è preveduto dalla legge come delitto colposo».
Questo, naturalmente, non è un manuale di diritto. Pertanto non approfondiremo il concetto di “colpa”: basterà dire che è me­no grave del “dolo”, e che è
caratterizzata da negligenza, imprudenza o imperizia.
Nel caso specifico della legittima difesa, l’eccesso colposo può configurarsi in
una errata valutazione o del pericolo o dei mezzi di difesa usati per affrontarlo.
116
capitolo 17
In entrambi i casi, gli effetti della reazione sono sproporzionati ri­spet­to alla reale
entità del pericolo in essere.
Vi renderete conto che prevenire un eccesso colposo di legittima difesa è... la
semplicità difficile a farsi.
Occorre infatti la capacità di valutare esattamente la situazione, mentre le circostanze ci impongono spesso di reagire in una frazione di secondo... E la fretta, si
sa, è generalmente una cattiva consigliera. Ma non dovete spaventarvi.
La difesa personale, lo abbiamo già sottolineato, è molto più che un insieme di
tecniche marziali: se vi allenerete con coscienza, seguendo i consigli di queste
pagine, acquisterete una consapevolezza e una fiducia in voi stessi che vi aiuteranno a prendere le decisioni giuste nel momento giusto. E non dimenticate
quello che abbiamo già spiegato: il primo principio filosofico della difesa personale è - per così dire - un principio “pacifista”; le situazioni di pericolo vanno
evitate ad ogni costo, e lo scontro fi­si­co deve essere solo l’extrema ra­tio per
salvare la vostra incolumità.
117
la difesa personale
capi
tolo
18
Come dominare la paura
«Una vigile e provvida paura è la madre della sicurezza».
(Edmund Burke)
Di fronte a una situazione di grave pericolo, sicuramente avremo paura. Questo
è un dato assodato. Dobbiamo “accettare” il sentimento della paura, perché in
sé non è affatto ne­ga­tivo. Il problema è come si reagisce a questo sentimento.
Molto spesso, purtroppo, la paura ci impedisce di pensare freddamente per
analizzare la situazione, e talvolta ci paralizza bloccando tutti i muscoli (ad ecce-
Persino l’oggetto bramato dal rapinatore può trasformarsi in un’arma improvvisata. In questo caso,
l’aggressore ci minaccia con una
siringa, ma la nostra valigetta ci
consente un allungo maggiore.
Mentre con la mano sinistra cercheremo di bloccare l’arto armato
di siringa, con la destra sferreremo un colpo di valigetta al basso
ventre.
118
In alternativa, il bersaglio può
essere il mento. Quelli qui illustrati
sembrano colpi semplici: vi consigliamo, tuttavia, di allenarvi col
vostro partner anche nell’uso delle
armi improvvisate.
capitolo 18
zione del muscolo cardiaco, che comincia a battere all’impazzata!). Capirete
che, se ci troviamo confusi e paralizzati di fronte al pericolo, non abbiamo molte
probabilità di reagire nel modo giusto. Dobbiamo far sì che la paura diventi per
noi un sentimento positivo. La paura è in grado di produrre un effetto opposto a
quello della “paralisi” fisica e mentale: la scarica di adrenalina che susciterà in
noi può velocizzare i nostri tempi di reazione, alzare la nostra soglia del dolore,
aumentare la nostra determinazione e la volontà di sopravvivere.
Come riuscirci?
In alcuni centri anti-violenza degli Stati Uniti d’America, in cui si insegna la difesa personale, i partecipanti vengono avvisati che durante i corsi saranno coinvolti (quando meno se l’aspettano) in simulazioni di aggressioni “improvvise”:
viene loro raccomandato di non reagire assolutamente a queste aggressioni,
ma di limitarsi a viverle fino in fondo dal punto di vista emotivo, per poi pensare
e ripensare alla paura provata. Certo: vivere in anticipo una situazione (che per
giunta si sa simulata) non ci toglierà la paura quando la situazione si verificherà davvero. Ma ci toglierà - almeno in parte - la sorpresa. Non la sorpresa
dell’evento, ma la sorpresa che ci coglie di fronte alla nostra stessa paura. Il
“trucco” funziona. Di fronte al pericolo, la paura sarà sempre lì con noi; ma non
ci coglierà impreparati; ci aiuterà, anzi, a reagire nel modo più giusto.
n
Il primo consiglio, pertanto, è quello di simulare più volte - magari con gli amici
e/o le amiche con i quali leggerete queste pagine e con i quali vi allenerete - le
eventuali aggressioni che potreste subire.
n
Il secondo consiglio è quello di aggiungere alla simulazione “fisica” (cioè alla
ricostruzione concreta dell’aggressione) la simulazione “mentale”. Chiudete
gli occhi e immaginate passo per passo il “film virtuale” di una aggressione
che vi veda protagonisti: immaginate ogni attimo, immaginate l’aggressore,
im­maginate la vostra paura, immaginate la vostra reazione.
Facendo questo “gioco di ruolo” più e più volte, cercando di immedesimarvi
al massimo grado nella parte di chi subisce un attacco violento, abituerete la
vostra mente ad avere “confidenza” con certe situazioni. Quando queste si verificheranno sul serio, saprete reagire con maggiore efficacia. Ai fi­ni dell’accumulo
di esperienza, infatti, la no­stra mente non fa di­stinzioni tra emozioni vere ed
emozioni virtuali. Basta che l’emozione ci sia. E la presenza dell’emozione facilita sia l’apprendere sia il saper applicare l’apprendimento.
119
la difesa personale
n
Il terzo consiglio è quello di esercitarvi a lungo con le tecniche di difesa personale che apprenderete in questo corso. Allenatevi con i vostri amici e le vostre amiche. Abituatevi anche al contatto fisico, a dare e a ricevere i colpi (ovviamente in
modo “controllato”, mi raccomando!). Ciò aumenterà la conoscenza del vostro
corpo e delle vostre reazioni psico-fisiche, facendo crescere anche la vostra
consapevolezza (in generale) e la fiducia in voi stessi.
n
Il quarto consiglio, infine, è quello di esercitarvi nelle tecniche di rilassamento
e di concentrazione che vi proponiamo in uno specifico capitolo. Anche queste
tecniche consentiranno di migliorare l’armonia tra la vostra parte razionale e
la vostra parte emotiva, permettendovi un maggiore autocontrollo nei momenti
“topici”. Se seguirete questi quattro consigli, scoprirete che paura e lucidità possono “felicemente” convivere. E qualora dovesse capitarvi (ma non ve lo auguriamo!) di trovarvi in circostanze difficili, la vostra mente sarà sveglia e lucida,
pronta a cercare la soluzione giusta per la circostanza.
Fuggire? Se sì, come? Lottare? Se sì, come?
Fare qualcos’altro? Ad esempio parlare o gridare?
Non esistono risposte astratte, preconfezionate. Ma siamo certi che voi saprete
rispondere.
120
capitolo 19
capi
tolo
19
La filosofia della difesa
«Il nemico da battere è dentro di noi. Le arti marziali non significano violenza, ma
conoscenza di sé stessi».
(Wang Wei, Maestro di Kung Fu e Tai Chi; 1996)
Un balzo nel tempo di oltre 2.000 anni. Un salto nello spazio di oltre 6.000 chilometri (dalla Grecia alla Cina). Ma c’è un filo preciso (un filo... sofico!) che collega
Socrate a Wang Wei. Intendiamoci: se imparerete le tecniche di difesa personale, non diventerete per questo esperti di gnoseologia; più semplicemente
migliorerete il rapporto con voi stessi e con il mondo. Quella che vi proponiamo,
in definitiva, è una filosofia pratica per la qualità della vita.
121
la difesa personale
capi
tolo
20
Dignità filosofica della fuga
Si racconta che Demostene, rimproverato per essere fuggito da una battaglia,
così replicasse: «Chi fugge può combattere un’altra volta».
Parafrasando il noto proverbio sull’asino e sul professore, potremmo dire: è
meglio un vile vivo che un eroe morto.
Ma questa parafrasi, in effetti, è sbagliata: non può dirsi “vile” chi riesce ad evitare un rischio inutile; sarà il caso, piuttosto, di definirlo “saggio”.
Non permettete mai, dunque, che un “deviato” senso dell’orgoglio vi impedisca
di sottrarvi a un pericolo (del resto, dovrete pur mettere a frutto gli allenamenti a
base di “corsa” che vi consigliamo in questi fa­sci­coli!).
La cosa è diversa, naturalmente, qua­lora la vostra fuga lasciasse in ba­lìa degli
aggressori altri innocenti indifesi: in questa ipotesi correre dei rischi avrebbe
certamente un senso, e non sarebbe affatto inutile.
Anche in un caso come quello appena ipotizzato, tuttavia, non bisogna mai
lasciarsi sopraffare né dall’emozione né dai propri “imperativi categorici”. Bisogna invece mantenere - sempre - la massima lucidità: “fare l’e­roe”, insomma,
ha un senso soltanto se c’è almeno una possibilità di essere davvero d’aiuto a chi
ne ha bi­sogno.
Per concludere con una battuta, ri­cor­date sempre che la fuga ha di­gnità filosofica... e persino artistica: basti pensare alle fughe di Bach!
122
capitolo 21
capi
tolo
21
Difesa contro
il tentativo di strupro
Una legge del nostro Parlamento stabilisce che lo stupro non è un reato contro
la morale, bensì un reato contro la persona.
A nostro avviso, la scelta del legislatore è correttissima: il tentativo di stupro, tra
l’altro, rappresenta una delle aggressioni più pericolose per la donna. Sotto ogni
punto di vista. La violenza sessuale, infatti, produce traumi fisici e psichici che si
protraggono nel tempo, fino a determinare, in taluni casi, danni irreversibili.
Ecco perché, al tentativo di stupro, bisogna reagire con la massima de­ter­
minazione, come se fosse in gio­co la vita stessa: non sono rari, d’altronde, i casi
in cui il maniaco, sùbito dopo lo stupro, uccide la propria vit­tima. Non sottilizzeremo sulle cau­se della pulsione omicida: sia che il maniaco uccida per un piacere per­verso sia che uccida per pau­ra di es­sere denunciato, per la vittima cambia
ben poco.
Nel caso in cui subiate un tentativo di stupro, pertanto, non abbiate freni inibitori;
non preoccupatevi delle nor­me del codice penale sull’eccesso colposo di legittima difesa. Ricor­datevi, invece, che è in gioco la vostra vita.
Prevenzione e psicologia
Prima di affrontare l’argomento della “difesa contro il tentativo di stupro”, sarà
utile ribadire l’importanza degli accorgimenti di prevenzione.
Sulla prevenzione abbiamo già fornito alcuni consigli generali. Oltre a quei consigli, teniamo a mente quan­to segue:
✔ se siete importunate da un molestatore con atteggiamenti da bullo, cercate
di non provocarlo con reazioni verbali che possano farlo ar­rabbiare: spesso,
infatti, il “bullo” va a caccia di pretesti per “le­git­timare” le proprie violenze
(«Mi ha provocato? Adesso le fac­cio vedere io...»). Limitatevi dunque a ignorare l’importuno, cercando immediatamente una via di fuga.
Il discorso è diverso se la molestia avviene in pubblico, ad e­sem­­pio su un
autobus: in questo ca­­so svergognare il molestatore con un «Giù le mani, por-
123
la difesa personale
co!» (o al­tra espressione del genere) può attirare l’attenzione dei presenti e
in­durre l’aggressore ad allontanarsi.
Prestate sempre attenzione, dopo questi episodi di molestie “pubbliche”, a
eventuali pedinamenti da parte del molestatore. Se vi ac­corgeste di essere
seguite, rimanete in zone frequentate dalla gente; se possibile, rivolgetevi ad
un poliziotto oppure telefonate a qualche amico per procurarvi una “scorta”.
Sarà utilissimo, in caso di pedinamenti sospetti, conoscere preventivamente
la dislocazione delle sedi delle forze dell’ordine: così potrete condurre il pedinatore in un luogo a lui poco gradito.
✔All’interno della vostra auto op­pu­re nella vostra borsetta tenete sempre una
torcia.
Vi servirà, ad esempio, nei casi in cui dovrete fermare l’auto in ambienti particolarmente bui: prima di scendere, e prima di alzare le “sicure” delle portiere, esaminate i dintorni con la torcia.
All’occorrenza, la torcia costituirà anche un’eccellente “arma impropria”.
✔ Se, nonostante le vostre precauzioni, vi trovate da sole di fronte a qualcuno
che cerca di stuprarvi, non perdete la te­sta. Cercate di guadagnare tempo e di
procurarvi un vantaggio psicologico.
A questo proposito, sarà molto utile un atteggiamento di finta sottomissione.
Ad esempio potreste dire: «Non farmi del male, non ce n’è bisogno: farò tutto
quello che vuoi». Op­pure: «Sii gentile con me, e non te ne pen­tirai».
Un atteggiamento del genere può allentare la tensione nel potenziale violentatore, che talvolta s’illude di “dominare” già la vittima: e pertanto può favorire (con un “effetto sorpresa”) l’efficacia della vostra reazione successiva.
Ci sono molti altri possibili diversivi psicologici.
Ad esempio potreste dire qualcosa del genere: «Il sesso per me è sempre
stato un piacere: ma purtroppo devo avvertirti che sono sieropositiva. Hai con
te un preservativo?».
La paura di un contagio potrebbe far desistere il violentatore dalle sue intenzioni. La battuta sul preservativo, in particolare, testimonierà la vostra volontà
di cercare delle soluzioni, e ciò renderà più credibile la vostra “storiella”.
Come alternativa alla “minaccia” della sieropositività, suggeriamo di ricorrere a un ancora più esplicito “AIDS”, oppure a una malattia venerea. Possono essere efficaci anche riferimenti a una gravidanza o ai giorni del ciclo
mestruale.
124
capitolo 22
capi
tolo
22
E se la psicologia
non funziona?
Se la psicologia non dovesse funzionare, allora agite con “cat­tiveria”. Ri­­cor­rete ai
colpi più ef­ficaci (compresi quelli “non ortodossi”), mirando agli obiettivi più vul­
nerabili: oc­chi, gola e genitali. Se avete una buona dentatura, potreste simulare
(co­me extrema ratio) di gradire particolarmente un rapporto orale. La vo­stra pri­
ma mossa offensiva, in questo caso, sarà un morso molto, molto deciso!
Se subiamo un’aggressione mentre siamo fermi in automobile, non
dobbiamo allarmarci. Possiamo
ribaltare a nostro vantaggio la
situazione apparentemente sfavorevole.
È vero: noi siamo seduti, costretti
in un abitacolo, mentre l’aggressore è più libero nei movimenti. Ma se
riusciamo a tirarlo con forza verso
di noi, lui sbatterà la testa sulla
portiera dell’auto.
125
Una buona alternativa è quella di
usare un’arma improvvisata. In questo caso, avremo sicuramente con
noi le chiavi della macchina: cerchiamo di colpire con la punta delle
chiavi gli occhi dell’aggressore.
la difesa personale
capi
tolo
23
Primo: non prenderle.
Secondo: prenderle!
Il titolo qui sopra è contraddittorio solo in apparenza. Vi spieghiamo perché. Il
primo principio del­la di­fesa personale è quello di evitare qualsiasi danno alla
propria persona: “primo non prenderle”, in­somma (cioè: prevenire). Tutta­via,
nelle situazioni in cui non è pos­si­bile evitare lo scontro fi­sico, “pri­mo non prenderle” ri­ma­­ne un prin­­cipio a­stratto; nel­l’adatta­men­­to realistico alla si­tua­zione
con­creta, questo principio si trasforma, diventando: “pren­derle il me­no possibile”. L’imperativo categorico, in questi casi, è so­prav­vi­vere. Eb­bene, le possibilità di
so­pravvivenza au­mentano se aumenta la nostra ca­pacità di re­si­stere ai colpi portati dal­l’ag­gres­sore. Pro­vate a pensare ai gran­di campioni del pugilato: la quasi
totalità di questi campioni ha fondato le proprie vittorie an­che sulla capacità di
“incassare”. Le “mascelle fragili”, per con­­verso, non hanno mai raggiunto grandi
risultati. Da ciò deriva che dobbiamo allenarci anche a subire i colpi. Col vostro
partner, pertanto, cercate di abituarvi al contatto fi­si­co, sia pure senza esagerare. Prima, però, oc­corre po­tenziare le fasce muscolari che proteggono il vostro
corpo. Va ribadito, a commento conclusivo di questa sequenza, che le tecniche di
calcio al volto non si addicono ai principianti della difesa personale: è consigliabile, per i non esperti, ricorrere sempre a bersagli bassi, come le articolazioni del
ginocchio o le caviglie, poiché sono più facili e più veloci da raggiungere e, nel contempo, riducono le possibilità di farsi afferrare la gamba dall’aggressore. Rimane
validissimo il principio generale: sfruttare il maggiore allungo degli arti inferiori.
Il piano “B”
Due soluzioni sono meglio di una!
Tenere pronto un “Piano B” potrebbe salvarvi la vita. Quando vi allenate con il
partner, pertanto, preparate sempre almeno due risposte per ogni ti­po­logia di
aggressione. Fate in modo che la ri­spo­sta “B” coinvolga un arto diverso rispetto
alla ri­sposta “A”.
126
capitolo 23
Arrivederci!
Nel salutarVi, amici lettori, formuliamo l’auspicio che non dobbiate mai aver
bisogno di mettere in pratica quanto appreso da queste pagine. Da parte nostra,
abbiamo cercato di presentarVi un’opera il più possibile completa, per metterVi
in grado di acquisire da soli, senza dover ricorrere ad ulteriori esperti, tutte le
competenze necessarie alla difesa personale.
Adesso dipende da Voi. La volontà, l’applicazione, la costanza negli allenamenti
Vi saranno indispensabili. Buon lavoro dunque. E arrivederci!
127
L’autore, il maestro Giandomenico Bellettini, campione mondiale di kick boxing, nel 1977.
129
Molte sono le ragioni che possono indurvi a prendere in mano questo libro, se non
avete mai seguito dei corsi di arti marziali per imparare tecniche di difesa personale, questo libro è essenziale per voi. Se invece avete frequentato palestre di arti
marziali, questo libro amplia e completa le vostre conoscenze e le vostre tecniche.
è, insomma, un compendio di tecniche di difesa personale condotto con un metodo
sperimentato dal più grande maestro di arti marziali che abbiamo in Italia, l’unica
cintura Nera 9° Dan di Kick Boxing del Mondo.
Giandomenico Bellettini è nato a Ravenna il 21-03-53, il
primo giorno di primavera, segno zodiacale “Ariete”. Laureato in Giurisprudenza con il massimo dei voti è iscritto
nell’elenco speciale dei Giornalisti. Direttore della rivista
“Living Informa - Contact Internazional - Beach Magazine”.
Sportivamente parlando proviene dal Karate / Kick Boxing,
dove attualmente è il Presidente della Iaksa-Italia, la federazione di kick boxing riconosciuta dalla Iaksa Internazionale
(International Amateur Kick Boxing Sport Association). è
l’unica cintura nera 9° dan nel mondo, dopo Geert Lemmens,
Peter Land e Jeremy Yau (10° dan).
Ha scritto 15 libri, tra cui il “Karate del Futuro” nel 1977 (il primo libro della storia
sulla kick boxing) e il “Beach Tennis (il primo libro al mondo sul beach tennis).
Un autentico primatista. Il primo e unico che ha portato il Karate Contact (semi,
light e full contact) in Italia nel 1975. La prima federazione in assoluto a fare il
contatto pieno. Il primo che ha portato Bill Wallace in Europa ed in Italia.
Campione Italiano di Kick Boxing dal 1975 al 1980. Nel 1977 è stato Campione
Mondiale di kick boxing. Detiene, tutt’ora, due titoli Mondiali di smashing cars e
tameshi wari (dimostrazioni di potenza). Nella sua carriera agonistica vanta un
record di 71 vittorie per K.O.
Attualmente si è specializzato in “Diritto Sportivo” ed è il Procuratore dei più forti
atleti di Kick Boxing. è responsabile legale della Federazione Mondiale della Iaksa (International Amateur Kick Boxing Sport Sssociation).
prezzo consigliato
E 30,00
Scarica

LA Difesa personale