Periodico del DOPOLAVORO FERROVIARIO DI FIRENZE Spedizione in A.P. - 45% Art.2 Comma 20/5 Legge 662/96 Filiale di Firenze
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Grillo
N° 2 Marzo - Aprile 2016
LA FINESTRA DEL DIRETTORE
di Pasquale Tanzini
Solipsismo primaverile
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orse ho origini aristocratiche e non lo so. Forse ho le tasche sempre vuote perché sono ricco “in spiritu”, non
ho una lira perché i nobili rifuggono il contatto col danaro, conosciuto come sterco del diavolo. Me ne sono reso
conto di recente, sommando sensazioni che mi mettevano
fuori da comportamenti collettivi. Forse sto solo invecchiando male, ma non sono solo, almeno in questo ho, nelle mie
ugge, la condivisione di molti compari. Cose banali, come
uscite per shopping, settimane dei saldi, volantini promettenti sconti terrificanti, ammassi in negozi prossimi alla
chiusura, liquido tutto, cambio gestione e via dicendo. Non
mi sono mai piaciuti gli assembramenti, le resse, il premersi
addosso l’uno con l’altro, la coda all’inaugurazione, la fila
al botteghino, la ressa per l’apparizione di una divinità mediatica di qualsiasi genere, appunto in genere vissuta come
una liquefazione del sangue di san Gennaro. Ho visto lo
spettacolo di varia umanità che Roma ha offerto per l’esposizione della salma imbalsamata di Padre Pio. Ammetto di
averne viste molte, di salme imbalsamate, ma tutte lontano
dalla chiesa. Non che questo esoneri dal riconoscimento
della ritualistica dovuta al culto della personalità, ma collidono, per certi aspetti, le linee di pensiero sulla devozione
e sulla celebrazione di un mito. Ho visto la salma di Ataturk
ad Ankara, quella di Lenin a Mosca, quella di Mao a Pechino, più per curiosità intellettuale che per altro. Anche nell’osservare i fedeli che omaggiano un ”grande” c’è spazio
per delle considerazioni sulla dimensione trascendente nell’uomo, nel rapporto fideistico con il sovrumano, la deità.
Ragion di più se si interconnette a tutto questo la religione,
l’aspetto del miracolo, la visione mistica come momento di
illuminazione. Però, dal punto di vista della crescita intellettuale di un popolo, mi sa che stiamo marcando il passo.
Siamo ancora immersi in pregiudizi e superstizioni, perlomeno gli islamici che premono alle nostre porte queste incrostazioni di fideismo le hanno inglobate nella dimensio-
GRILLO Anno 28 - N°2 MARZO - APRILE 2016
Aut. Trib. Firenze N° 3556 del 25.02.87
BIMESTRALE DEL DLF FIRENZE
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ne ancora medioevale che
stanno vivendo e che cercano
di esportare. In effetti si assiste,
osservando un uomo pietrificato, ad una battaglia di civiltà,
santo o dittatore che sia: Le tradizioni, le religioni, le dittature
vivono di conservatorismo sociale. C’è una sensazione che
mi ha sempre impedito di partecipare a qualsiasi ressa, mi
dà noia persino accalcarmi alle bacheche per leggere i risultati degli esami dei ragazzi, mentre tutti sgomitano ad alta voce, ho sempre paura di veder spuntare una capretta tibetana, sentendone la traccia odorosa addosso a qualcuno,
o forse temo di essere ripreso in qualche selfie di gruppo,
dato che tutti, oggi, ormai, qualsiasi cosa stiano facendo, la
fanno con il telefonino all’orecchio. Le code, dicevo. Quando vado al supermercato, mi innervosisco già quando il carrello è semivuoto, e vedo gente che fa ressa anche da fantasma, posando i carrelli per correre all’ultimo prodotto
dimenticato. Anche nella ressa degli assenti, quando vedo
carrelli pieni e soli, appropinquati verso la tosatura della
cassa, mentre i loro portatori corrono tra gli scaffali per inseguire l’ultimo euro spendibile, ecco, io ricomincio il giro
ed aspetto che la quiete sopravvenga, magari leggo qualche
etichetta di vino, faccio qualche comparazione di costo,
perdo intenzionalmente tempo sbirciando la cassa che possa avere solo due o tre clienti in coda. Allora mi decido e
soffro, in misura ridotta, il sentirmi accomunato alla massa,
operando sicut questa fa. Sono i miei quarti di nobiltà, oltre
alla mia aristocrazia della semi-povertà, che scalpitano e rifiutano l’infilata nel mucchio. A volte penso che se fossi un
cavallo al Palio di Siena, con me ci avrebbero già fatto la
mortadella. Mi servirebbe, invece, una specie di telepass
che mi permetta di saltare ogni coda, dato che divento apprensivo pure all’uscita dell’autostrada, ressa obbligata dai
mezzi, ma so che dentro c’è gente che se potesse, si accalcherebbe indisciplinatamente addosso ai casellanti, per lo
spirito appecoronato che ormai pervade ogni atto ed ogni
gesto quotidiano. Per la legge del contrappasso, a me si scatenano le condizioni avverse, evidenziandomi l’idiosincra-
Direttore Responsabile: PASQUALE TANZINI
Direttore Editoriale: GIOVANNI RUSSO
Hanno collaborato:
Lucia Bruni, Simona Cavini, Donatella Fabbri,
Federico Napoli, Donatella Pezzoli,
Giovanni Russo, Chiara Sacchetti,
Enzo Sacchetti, Pasquale Tanzini
La foto di copertina è di:
Giovanni Russo
Grafica: Ermanno Allulli
Graphic Design
Firenze - Cell. 333 6419197
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a tutti. Il materiale inviato, anche se non pubblicato,
non si restituisce. La Direzione lascia agli autori degli
articoli la massima libertà nell’esprimere le proprie
opinioni e non si assume la responsabilità dei testi firmati.
sia con il mescolarsi, il fare gruppo, essere parte di quella
massa umana che si distingue per la sua invisibilità singola, ma solo come massa, in una specie di magma che, come nella sigla di Blob, transuma attraverso i cancelli della
vita. Questa moda ultima, quella del “selfie” non so se mi
fa più scuotere sconsolatamente il capo o mi fa riflettere
sulla superficialità che controlla l’oggi. E’ l’icona post-moderna per eccellenza, che richiama certe forme di superamento di valori. Come la perdita del senso di religione e di
religiosità, un moderno ateismo, radicale e strisciante, che
condiziona i pensieri, che spingerebbe la gente a farsi una
foto col Papa, ma per valorizzare sé stessi, non per altro.
Forse è l’effetto facebook, il significato dell’esserci e di
sentirsi al centro del mondo. Si ribaltano concetti. Quando
l’uomo, perdendo le pulsioni religiose, non è più creato ad
immagine di Dio, ma è Dio che viene rimodulato dall’uomo a sua immagine (e non è neppure una novità, l’aveva
scritto Feuerbach, fondatore dell’ateismo filosofico ottocentesco), in una sorta di religiosità “on demand” come
fosse un canale a pagamento per un rapporto con una dimensione ultraterrena. La storia è sempre maestra di vita.
Per fare l’Italia, perlomeno quella recente, quella che ha
superato fascismo e guerra, quella che ha prodotto la Costituzione, sono serviti dei giganti del pensiero, dei politici
che avevano orizzonti vasti ed intelligenza lungimirante.
La stessa Italia ha resistito una cinquantina di anni, dopo la
cura dei giganti. Per compiere l’impresa dello sfascio, poi
sono arrivati i nani. Oggi, che siamo già nell’anno III dell’era renziana, perché splende il sole, canta il gallo e il nostro Matteo sale a cavallo. Sì, Renzi, il mistico della misticanza, il mesticatore del mestiere di rimestare col
mestolo…. Perlomeno ha imparato l’emulazione del Cav.,
insegnando ai suoi che le cose sarebbero state meglio della demonizzazione, visto che questa per gli ultimi vent’anni è servita a ben poco, solo a dimostrare che le vecchie
oligarchie avevano fallito su ogni fronte, in ogni strategia.
La generazione (che è la sua, anche) che ha insediato nei
gangli del sistema politico, è molto meno bolsa nell’esercitare il potere, pensa all’oggi, non ha le remore della perpetuazione all’infinito delle logiche di partito. Come un peronista qualsiasi, con le camicie bianche che diventano il
simbolo delle maniche rigirate dell’homo faber, del fare,
rappresentano la continuità nella trasgressione fittizia, il
superamento delle grisaglie e della professione del politico seriosa, per una politica più complessa culturalmente,
carica di umanesimo. Un poco come il girocollo di Marchionne, che ha scardinato un sistema abolendo la cravatta e la formalità, entrambi emuli del lupetto di Steve Jobs,
vero guru della comunicazione. Ma il nostro sta diventando uno specialista del ciurlare nel manico. Un suo rottamato, tale Massimo D’Alema, quando bombardarono Belgrado la chiamò “difesa attiva”. Basta intendersi sul senso
delle parole. Matteo Renzi dice che “noi non vogliamo entrare in guerra”, ma poi spiega che “non ci facciamo trascinare in un’iniziativa senza gli Stati Uniti e la Russia”.
Chiamare "iniziativa" la guerra, perché di questo si tratta, è
un modo farisaico (una volta si sarebbe detto gesuitico, ma
con il Papa in giro potrebbe suonare offensivo…) per edulcorare la realtà. Nessuno lo dice, ma siamo presenti con
25 missioni militari in 18 paesi. Per l’anno appena passato
abbiamo speso 900 milioni di euro, per questo. Negli ultimi dieci anni abbiamo speso, per missioni di pace, 13 miliardi di euro. Nessuno pronuncia la parola guerra, questo
termine non è politicamente corretto, adesso si chiama
“peace keeping”, siamo portatori di pace. Lo dice anche
papa Francesco, che dobbiamo parlare di pace, abbandonare le armi per il dialogo, anche se a Cuba incontra Cirillo e la strada da percorrere è ancora lunga. Peccato però
che siamo anche il primo paese al mondo esportatore di
armi leggere, tra i maggiori produttori di armi comuni. Basta intendersi sul valore delle parole. Il nostro GennaioRenzi, Giano bifronte, che dimise la Cancellieri, ministro
della Giustizia, per telefonate di solidarietà alla moglie di
Ligresti in ambasce per i guai legali e amministrativi, che
dimise il Lupi, neppure indagato, da ministro delle infrastrutture perché al figlio era stato regalato un Rolex (ditemi
voi se in questo mondo ipocrita si possa essere più ipocriti
di così), se ne guarda bene di perdere un ascaro fedele,
come dire, più di una banca una famiglia, padri, cognati e
sorelle, tutti insieme appassionatamente, e camminare, come Walden, ovvero la vita con i Boschi. Due pesi e due
misure, scuola del Machiavelli, farsi volpe e leone a seconda delle necessità, alcuni costano poco a perderli. Altri, cadendo metterebbero in crisi tutto il castello della
struttura politica che governa l’Italia. Fa sempre effetto, la
mozione degli affetti, basta accennarlo, che chi ha sbagliato deve pagare, padre o fratello che sia. Il doppiopesismo
paga, soprattutto perché non si rischia di andare al voto.
Gli accordi con l’M5S per i tre giudici per la Corte costituzionale, e poi pare che per il pasticciaccio delle banche i
grillini vedano solo una bella ministra al centro del problema, mentre qualcuno è più uguale di un altro… Da questo
inizio 2016 va in vigore la regola del bail-in, credo che
scorrerà del sangue nei depositi bancari, mentre ci divertiamo con i referendum e ci scassiamo i didimi a forza di
discutere dei cavalli di troia, le finte adozioni, giusto per
aver paura di parlare delle nozze gay. Come si fa a sfuggire a pensieri e parole scorrette politicamente, tipo islamofobia, omofobia, migrantofobia… Prodi raccontava che
avremmo fatto vedere i sorci verdi ai tedeschi, poi ci prelevò dei soldi dicendo di restituirceli, e le cose sono andate
come sono andate, chi è in fondo alla fila prende quello
che altri lasciano, spesso gli altri non lasciano nulla. Ed
ora si fa la voce grossa, si rilancia sempre più, aspettando
di andare alle elezioni. Ma bisogna fare almeno due, se
non tre, parti in commedia, per questo divento sempre più
misantropo, altro che Moliere, tutti coloro che mi stanno
intorno mi danno noia, anche perché mi risuona sempre
più forte nelle orecchie l’eco di una citazione di Abramo
Lincoln:” Potete ingannare tutti per qualche tempo e alcuni per tutto il tempo, ma non potete ingannare tutti per tutto il tempo”. Indovinate a chi mi riferisco.
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IL LONGOBARDO D’ORO
di Chiara ed Enzo Sacchetti
del Gruppo Archeologico fiorentino - DLF
Longobardi arrivarono a Chiusi
probabilmente alla fine del VI
secolo, dove formarono un
Ducato i cui confini
comprendevano i territori del Monte Amiata
fino a Castiglione
della Pescaia, Roselle e Sovana; a settentrione con i possedimenti di Siena
e Arezzo, e nella
parte orientale
con il corridoio
Bizantino formava
una stretta striscia di
territorio che univa Roma
all’Esarcato, separando la
Tuscia dai Ducati di Spoleto e
Benevento all’altezza del Trasimeno.
Qui in questi ultimi due secoli, sono
state molte le tombe trovate con corredi
funebri più o meno ricchi, ma quella più importante e degna di nota accadde nella zona di Arcisa nel
1874: nel gennaio di quell’anno, infatti, si ricorda la scoperta
del “Longobardo d’oro”, in uno scritto di Piero Galeotti in
cui si racconta le vicende che portarono a questo ritrovamento: per poter lavorare senza che dei curiosi venissero a
guardare; i due fratelli Foscoli avevano messo in circolazione
la storia che nelle notti, senza luna, nella zona di Arcisa, un
cavaliere sfavillante sopra un cavallo nero, galoppasse verso
Chiusi brandendo una spada fiammeggiante verso le mura e
che giunto in prossimità di queste sparisse, come se fosse inghiottito dalla terra, storia che creando delle paure gli permetteva di scavare indisturbati, scoprendo alcune tombe con
delle suppellettili anche in oro, e la loro più grande fortuna
fu quando uno dei fratelli, in uno scavo trovò una pietra molto pesante con una iscrizione (Da uno scritto dell’Orsi sappiamo che la tomba era nei pressi di una “piccola chiesa di-
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ruta da secoli [...] e che intorno ad essa si trovavano altri sepolcri più modesti”. La tomba era posta sotto un edificio ecclesiastico denominato il “Tempio della Pietà” identificato in
seguito con la chiesa di San Silvestro), chiamato il
fratello per aiutarlo, in due non riuscirono lo
stesso a rimuoverlo, decidendo quindi di
spezzarlo, e ciò che gli si presentò davanti li lasciò sterefatti: disteso c’era
un guerriero gigantesco con barba
e capelli lunghi che al contatto dell’aria si dissolsero assieme
alla ricca veste;
il teschio era
coronato da un
diadema, una
collana con medaglione gli arrivava sul petto con delle
croci di cui una molto
grande ed il tutto era di
oro; anche le else della
spada e del pugnale, le decorazioni delle guaine, gli anelli,
le fibbie dei calzari, i fermagli del
mantello, gli sproni e gli ornamenti
dello scudo; tutto quanto in oro.
Poco tempo dopo Pietro Nardi scrisse “Pochi
mesi orsono sia stato, presso una delle porte della
città rinvenuto un prezioso sepolcro spettante forse a uno dei
Duchi di Chiusi”.
I due tombaroli si affettarono a vendere i reperti ritrovati fra
vari acquirenti di Firenze, Roma e forse gli sproni a Perugia;
il marchese Strozzi ne acquistò due anelli d’oro, uno con
una “pietra incisa etrusca”, e l’altro con l’iscrizione faolfus e
due elementi decorativi in oro dell’elsa della spada; una parte divenne proprietà del Signor Baxter di Firenze rappresentante della Farmacia della Legazione Britannica che pubblicò gli oggetti nel 1876 consistenti in "due fibbie d’oro in sei
pezzi, anzi undici pezzi d’oro e più un piccolo bottone d’oro
[...], cinque crocette d’oro, piastre d’oro cioè tagliate con le
forbici a forma di croce greca". Gli acquisti comprendevano
diciotto pezzi in oro tra cui una fibbia aurea tipo bizantina
con ardiglione con scudetto, due fibbie e una decorazione
costituita da motivi geometrici a giorno, in seguito fu acqui-
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stato anche un elsa in oro da spada e
con lamina di ferro ossidata coperta
d’avorio, due fondi di oro inciso come
finale di guaina o foderi di spada, due
fibbie d’oro in tre pezzi e altri.
Questi ed altri oggetti fanno parte dell’elenco riportato dai verbali del tribunale dopo che fu fatta denuncia per
la trafugazione e la vendita illegale di
oggetti archeologici e l’investigatore
Nardi Dei che la tomba fosse molto
più ricca.
Altri personaggi furono implicati nell’acquisto di questo materiale come il
canonico Brogi, Giovanni Paolozzi,
Alessandro Castellani che scansò il
processo grazie a conoscenze politiche
e la sua collezione fu depositata al British Museum e dopo trasferita a Philadelphia per una mostra di oreficeria e il
23 agosto 1882 fu venduta al Museo di
Saint-Germain- En Laye di Parigi ove
ancora si trova. Il processo condotto
contro i due fratelli ed i compratori non
arrivò a niente, probabilmente grazie a
conoscenze altolocate e il 16 ottobre
1874 tutti gli imputati furono assolti, alcuni dei pezzi si possono ancora vedere esposti, oltre che a Parigi al Museo
Archeologico Nazionale di Perugia e al Museo Archeologico
Nazionale di Chiusi, questa è soltanto una piccola parte della nostra cultura dispersa fra collezioni private e Musei stra-
nieri che non sono per niente interessati a far sapere il modo
in cui gli sono arrivati, vedi ad esempio il carro etrusco esposto al Museo di New York.
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Il ricordo di un’Eco
di Pasquale Tanzini
R
endo omaggio ad
un intellettuale
che ha marcato
pesantemente il mondo
della cultura, della televisione, dei media, negli
ultimi cinquant’anni. Ha
portato la semiologia ad
essere una scienza del
quotidiano, elevando
Gutemberg a divinità
laica (suo l’aforisma: chi
non legge, a 70 anni
avrà vissuto una vita sola, la propria. Chi legge
avrà vissuto 5000 anni,
c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando
Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura
è un’immortalità all’indietro). Tanto di cappello, lo celebro attraverso il suo modo ironico di prendere in giro, attraverso la sua
capacità di ridere di sé stesso e del mondo accademico che lo
circondava, al suo spirito serio, serioso e al contempo goliardico. R.I.P. (da “la bustina di minerva”: Quaranta regole per parlare bene l’italiano)
1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
4. Esprimiti siccome ti nutri.
5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
7. Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.
8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
9. Non generalizzare mai.
10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le
citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.”
12. I paragoni sono come le frasi fatte.
13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa;
ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione
inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
14. Solo gli stronzi usano parole volgari.
15. Sii sempre più o meno specifico.
16. L’iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive.
17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
19. Metti, le virgole, al posto giusto.
20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due
punti: anche se non è facile.
21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai
all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
23. C’è davvero bisogno di domande retoriche?
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24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor
numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate
da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento
— affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal
potere dei media.
25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire,
Roosevelt, Niezsche, e simili.
30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza
perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.
31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
32. Cura puntiliosamente l’ortograffia.
33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
34. Non andare troppo sovente a capo.
Almeno, non quando non serve.
35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e
dunque avresti sbagliato.
37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
38. Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi
inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti
appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive
del destinatario.
39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di
quello che.
40. Una frase compiuta deve avere.
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“L’Angolo del Libro”
a cura di Lucia Bruni
“I padroni dei media si sforzano sempre di dare al pubblico ciò che esso vuole, perché sentono che il loro potere è nel medium e non
nel messaggio”. Sono parole del sociologo canadese Marshall McLuhan (1911-1980) il quale, senza aver mai conosciuto la comunicazione digitale, preconizzava con questa affermazione, gli effetti della rivoluzione mediatica. Dal canto suo il “nostro” sociologo Franco
Ferrarotti, ne “La parola e l’immagine” (Ed. Solfanelli, 2014) avvalora il concetto spostando l’attenzione sul trionfo attuale dell’immagine. “La parola è al suo servizio.”(dell’immagine) scrive Ferrarotti, “È in atto un’interessante inversione di posizioni, Il messaggio iconico, ossia il senso, muto dell’immagine, vince sulla parola che è, suono ma anche significato, voce ma anche segnale e senso o in altre
parole, musica più concetto.” Questa introduzione mi permette di entrare nell’argomento di un libro, abbastanza singolare, che tratta
proprio l’approccio mediatico dei blogger e i relativi effetti nel campo relazionale.
Un tema del tutto al passo con i tempi.
Matteo Pogliani, “Influencer marketing”, Dario Flaccovio Editore, Palermo, 2016, euro 25,00
Dodici, come gli apostoli. Sono gli esperti dai quali si fa affiancare Matteo Pogliani per entrare nel complesso universo delle odierne relazioni informatiche. Con una efficace prefazione di Riccardo Scandellari che ci introduce nel mondo (talvolta “perverso”, in quanto
oscuramente abusato) di internet e di tutta l’infinita popolazione che lo affolla durante le ventiquattro del giorno, il libro è un itinerario
che cerca di afferrare ciò che costantemente ci sfugge, vale a dire quel “significante”, ovvero la “faccia esterna del segno” (di desaussuriana memoria) e quindi del messaggio che intendiamo trasmettere, scegliendo i percorsi più consoni, incisivi e proficui al fine di attivare e sviluppare in forma dialogica una argomentazione.
“Valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand”, recita il sottotitolo del volume, a riprova delle esposizioni in esso contenute. Un percorso tra spunti teorici e consigli pratici, utile a illustrare ad aziende, agenzie e professionisti come dare vita a
relazioni di valore con gli influencer (ovvero, alla lettera, “persone influenti”); procedure, metodologie e strumenti per la resa migliore degli strand comunicativi. Così, dal primo capitolo
che tratta di “Mercati, conversazioni, reputazione” con un
contributo di Riccardo Esposito, si passa agli “Influencer”, a
cura di Salvatore Russo che recita: “Ognuno di noi è un influencer” […] Nella nostra seppur esigua rete sociale, siamo
tutti influencer. Possediamo una sfera d’ingerenza, una community (anche offline) dove far sentire la nostra voce e far agire
il nostro grado d’influenza”. Questo apre il lungo capitolo
l’”Influencer marketing” (anche titolo del libro), attraverso le
testimonianze di Rudy Bandiera, Rachele Zinzecchi, Benedetto Metisi. E ancora “I 3 step dell’influencer marketing”, con le
riflessioni di Stefano Chiarazzo, Gianluca Lisi, Roberto Venturini. E il capitolo “Influencer marketing tool”, con gli interventi
di Giovanna Montera e David Consolazio, a cui vanno aggiunti quelli curati interamente da Pogliani, come “Ascoltare prima
di agire”, oppure “Influencer marketing marketplace”, o l’ultimo “Case study”, dove si addentra nelle ultime strategie persuasive, capitoli che aiutano il lettore a districarsi nel dedalo
delle varie trattazioni.
Un libro, questo, dunque che ci accompagna passo passo fra i
sentieri della giungla informatica, nella quale, volenti o no, ci
troviamo immersi, e tenta di mostrarci e insegnarci a usare
quelle “liane virtuali” a cui potersi agganciare per attuare le difese migliori e raggiungere la meta dei nostri progetti. E lo fa
tenendo conto soprattutto, come si legge nella scheda sinottica
in quarta di coperta, che comunque “l’uomo resta la più grande risorsa possibile.”
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CRISTINA da PIZZANO
poetessa e scrittrice
di Donatella Fabbri
ristina nasce a Venezia nel 1365: il padre è Tommaso
da Pizzano, medico ed astrologo. Nel 1369, Tommaso
si trasferisce in Francia con la famiglia, accettando l'
invito del re Carlo V che ha sentito parlare della sua fama di
esperto in astrologia. La piccola Cristina – ormai Christine ha la fortuna di crescere in un ambiente ricco di stimoli intellettuali, con libero accesso alla Biblioteca Reale del Louvre e
riceve un'educazione rara per una donna in un'epoca convintamente misogina; merito soprattutto del padre che la segue e
la incoraggia. Si dedica fin dalla più tenera età al componimento poetico e le sue creazioni vengono subito apprezzate a
Corte.
A quindici anni sposa Étienne de Castel, notaio e segretario del
re, un matrimonio d'amore da cui nasceranno tre figli; purtroppo
l'amatissimo e sempre rimpianto marito morirà nel 1390.
C
Sono sola e sola voglio rimanere,
sono sola, mi ha lasciato il mio dolce amico;
sono sola, senza compagno, né maestro,
sono sola, dolente e triste.
Sono sola, a languire sofferente,
sono sola, smarrita come nessuna
sono sola, rimasta senz'amico.
Questi i primi versi di una lunga poesia piena di dolore, una tra
le molte sullo stesso tema, certo la più famosa, dedicata a Étienne. Con il padre morto nel 1385, Carlo V nel 1380, caduta in
disgrazia presso il nuovo re Carlo VI, Cristina, a venticinque anni, è costretta a trovare il modo di sopravvivere per sé, per i figli
e per l'anziana madre. Non si perde d'animo, scrive: “Allora diventai un vero uomo, non è una favola, capace di condurre le
navi.” E la conduce davvero con coraggio e determinazione la
nave della sua esistenza, iniziando una carriera autonoma, inizialmente come calligrafa, alla testa di una bottega di scrittura
dove, con la collaborazione di altri calligrafi, rilegatori e miniatori, si facevano raffinate riproduzioni di libri di lusso ma, in
contemporanea, continuando ad occuparsi con successo di
prosa e poesia. La si può considerare a tutti gli effetti la prima
scrittrice europea: Cristina sceglie la scrittura come professione
e riesce a mantenersi e a mantenere la famiglia con i proventi
del suo lavoro, ispirandosi - e anche questo è un tratto originale – alla propria esperienza di vita e non alla tradizione religiosa o mitologica. Riuscirà ben presto a dedicarsi unicamente all'attività intellettuale, con la protezione di nuovi e altolocati
amici: Filippo II di Borgogna, Giovanni di Valois e la regina Isabella di Baviera.
Scrive moltissimo, il suo ultimo lavoro è del 1429, dedicato a
Giovanna D'Arco che ammira incondizionatamente; l'unico testo sulla Pulzella scritto mentre la protagonista è ancora in vita.
Tra le sue numerose opere, il libretto “La città delle dame” in
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cui difende la dignità femminile e parla della necessità di fornire alle donne un'educazione scolastica, fondamentale per chi è
costretta a vivere isolata all'interno delle mure domestiche e
quindi nella totale impossibilità di apprendere: una prigione familiare che impedisce di migliorarsi e coltivare le proprie potenzialità e, di conseguenza, preclude ogni presenza sulla scena culturale.
Afferma la protagonista, con amarezza mista ad ironia: “Ahimè,
mio Dio, perché non mi hai fatto nascere maschio? Tutte le mie
capacità sarebbero state al tuo servizio, non mi sbaglierei in
nulla e sarei perfetta in tutto, come gli uomini dicono di essere.” “La città delle dame” - che nasce come risposta al libro
“De mulieribus claris” di Giovanni Boccaccio ( donne famose,
viste soprattutto nelle vesti di seduttrici) ed è ispirato a “La città
di Dio” di Sant'Agostino – può considerarsi anche ai nostri
giorni un libro attuale e affascinante e, nonostante l'epoca in
cui è stato scritto, risulta di comprensibile lettura.
“Sono certa che quest'opera farà chiacchierare a lungo i maldicenti”, scrive Cristina, riferendosi a questo testo, certamente il
più noto in tutta la sua produzione letteraria.
A sessantacinque anni, Cristina si ritira nel Monastero di Poissy
dove morirà probabilmente intorno al 1430, non ci è dato conoscere con esattezza la data della sua morte.
Nel 2010, un bel film, dal titolo Christine-Cristina, con la regia
di Stefania Sandrelli e attrice protagonista Amanda Sandrelli, ha
raccontato le vicende di questa figura poco conosciuta ma non
per questo meno esemplare della letteratura del periodo che
intercorre dal medioevo all' umanesimo.
di Pasquale Tanzini
C
ircola una storiella che, tirandola per i capelli, si
può ritenere verosimile, illustrando il percorso dell’uomo e la sua evoluzione tecnica. Si dice che i
due booster attaccati allo Shuttle nelle rampe di lancio
siano stati misurati con il culo. Il culo dei cavalli. Procedo
con la spiegazione del percorso che ci porta a questo articolo. Qual è il nesso tra i posteriori dei cavalli e i due razzi a combustibile liquido della navetta spaziale? Questi,
costruiti nello Utah, hanno una forma allungata poiché
trasportati alla rampa di lancio in treno. Sono appena più
larghi di una carrozza, la ferrovia ha lo scartamento di 4
piedi e 8,5 pollici (è il nostro stesso standard, ma noi la
esprimiamo in millimetri), una misura che appare alquanto bizzarra. Perché? Era la misurazione inglese, le ferrovie
americane sono state fatte da progettisti inglesi. Ma perché i british le costruivano a questo modo? L’acuto Stephenson, quando ideò la ferrovia, prese a campione quello che sarebbe diventato lo “scartamento Stephenson”,
usando le misure degli assi per le carrozze stradali, misure
derivate dai solchi scavati nei lastricati delle strade di origine romana, create dall’impero con i carri standardizzati,
tutti con lo stesso passo calcolato approssimativamente
pensando all’ingombro di due cavalli, sia per la biga da
guerra come al carro da trasporto (tra l’altro i treni viaggiano ancora oggi a sinistra poiché, al tempo, l’unico codice di circolazione era quello navale, che prevede la guida a sinistra). Un secolo dopo, anche Ford, quando fece il
modello T, inaugurando la produzione in serie, utilizzò lo
stesso passo stretto, nonostante che i fondi stradali fossero
in terra battuta. Anch’esse divennero poi “streets”, da strade, che deriva da “stratus”, poiché le strade romane erano
costruite a strati (anche oggi continuano a costruirle così).
Ergo, il culo di due cavalli ha determinato la forma dei
propulsori dello Space Shuttle. Quanto è lungo un metro?
Cosa significa questa unità di misura? Un tempo si misurava con dei bastoni, da cui probabilmente deriva la misurazione in yarde, circa 90 cm, che avevano pure come
sotto-misure (in sistema binario) in 2, 4 ,8,16, mezza iarda, span,(oggi si dice ancora, del misurare a spanne, approssimativo) finger e nail. Derivazioni da secoli nei quali
la misurazione era basata su parti del corpo (piede, braccio, palmo, pollice) estremamente variabili e non standardizzate tra i popoli, anche per differenze antropomorfiche. L’origine pare fosse dovuta alle misurazioni egizie, e
la yarda ne rappresentava, grossomodo, un doppio cubito
cultura
Un peso e molte misure
(da gomito, circa mezzo metro). C’era poi il furlong (circa
250 metri di oggi) termine usato per misure agrarie (e corse di cavalli). Questo per quanto attiene una grossa parte
dell’Europa. Noi avevamo le misure romane, la pertica,
(circa tre metri), divisibile in circa dieci piedi. E poi il
braccio romano, Per cambiare metodo bisogna arrivare
alla Rivoluzione Francese. E’ grazie alla filosofia illuminista che si misurano le cose in questo modo. A fine ‘700,
l’Assemblea Costituente creò la commissione pesi e misure, si deve la sbarra di platino (sezione rettangolare di
25.3 mm X4mm) della lunghezza di un metro, campione
da allora in poi usato come riferimento occidentale per
misurare lo spazio. Dal greco Metron, che significa una
misura, e la lunghezza fu stabilita basandosi su un decimilionesimo della distanza tra polo nord ed equatore. Risulta oggi il denominatore comune che segnò l’inizio e la
nascita di una società moderna. Da allora un metro misu-
cultura
Grillo
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cultura
ra un metro. Anche se le cifre scorrono come acqua sulle
nostre spalle, talvolta occorre fare il punto, comprendere
il valore degli zeri, capire l’importanza dei numeri, leggere attraverso le cifre l’andamento delle cose. Giusto per
dire: ogni anno produciamo nel mondo 300 milioni di
tonnellate di plastica, un peso pari ai 7 miliardi di persone che ci abitano dentro, a questo mondo. Dal dopoguerra alla fine del secolo passato abbiamo pure messo al
mondo 500 milioni di tonnellate di alluminio. Mentre siamo capaci di estrarre dal sottosuolo, e questo lo facciamo
ahimè, annualmente, qualcosa come 57 miliardi (sì, letto
bene, miliardi) di tonnellate di minerali. Una curiosità: il
cemento, prodotto fino dall’epoca romana, oggi ricopre la
superfice del pianeta per 50 miliardi di tonnellate, di cui
almeno la metà prodotte negli ultimi cinque lustri. Mi sa
che queste cifre dovrebbero perlomeno far riflettere. Anche se qualcuno ha scritto che le statistiche e le cifre sono come i bikini, mostrano ciò che è ovvio, ma nascondono le parti più interessanti. Un altro invece ha detto
che il bikini espone il 90% del corpo femminile, ma se un
uomo, pure se è un perfetto gentleman, non guarderà altro che il 10%, quello che resta coperto. Spesso chi cerca
trova, ma trova solo quello che stava cercando (potremmo aprire una comparazioni con il principio di Serendipity, ma ci porterebbe lontano). La scienza empirica, che
affonda le sue radici nella filosofia aristotelica, da Newton in poi si è basata invece sull’assunto che tutto segue
delle leggi di causa ed effetto, e oggi appare sempre più
difficile vedere al linea di demarcazione tra soggetto ed
oggetto, tra chi osserva e chi viene osservato, tra attore e
spettatore. Quindi come trovare la verità, il bianco ed il
nero, il giusto e lo sbagliato, il vero e il falso? Noi classifichiamo la nostra esistenza dietro a queste semplici regole, anche ammantandole di sofismi, forti del concetto che
la scienza ha sempre avuto il monopolio sulla verità, così
come la religione ha avuto quello sulla spiritualità. Ma
nell’ultimo secolo la fisica, la filosofia e la psicologia si sono avvicinate,
spesso intersecandosi con l’aspetto fideistico, religioso. Inoltre si sono pure innescate delle spiritualità che non
attingevano più al vocabolario della
religione. La sincronicità si è portata
alla ribalta degli eventi, sottolineando
connessioni non più casuali tra eventi correlati. Con i neutrini, sono arrivati i condizionamenti del famoso
principio di Heisenberg, quelli di cui
ogni esperimento è influenzato dalla
persona che lo conduce. L’osservatore che influenza l’oggetto delle sue
osservazioni. La sincronicità come
interazione tra parte interna dell’essere umano e quello che accade nel
mondo esterno. Vale a dire tra spirito
e materia. Un passo avanti oltre i
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Grillo
cultura
confini della fisica conosciuti, un qualcos’altro oltre a
quello che conosciamo e che siamo portati a credere
(ogni tanto è bene ricordare a qualcuno che gli asini volano, no?). Per fortuna che oggi si hanno più delle conferme
che delle smentite (praticamente l’inverso della politica) e
ci gratifica un poco sapere che le onde gravitazionali, teorizzate un secolo fa da Einstein, oggi il mondo della scienza sia in festa per averle trovate. Gli asini volano, d’accordo, la matematica non è un’opinione, molti danno i
numeri, ma conforta il sapere che in fondo, la scienza ci
porta sempre più avanti, sposta i nostri traguardi, obbedendo alla nostra curiosità, alla nostra voglia di conoscenza, al
nostro desiderio di dominio del mondo e delle cose.
di Simona Cavini pranoterapeuta
Circa il 70% degli adulti accusano bruciori di stomaco e il
50% dei soggetti sopra i 45 anni soffre di gastriti croniche.
Perché?
La gastrite è un processo infiammatorio a carico della mucosa dello stomaco. Sono le ghiandole che secernono il succo
gastrico, un liquido trasparente formato da acqua, sali minerali, muco, acido cloridrico e pepsina; un adulto in media ne
produce circa 2000 ml al giorno. Tutto ciò che aumenta l ’acidità gastrica o diminuisce le barriere protettive della mucosa, causa il processo infiammatorio. Spesso il dolore è localizzato nella parte superiore dell’addome, in genere viene
descritto come sensazione di bruciore.
La nausea indica una situazione percepita come invasiva che
non va ne su ne giù.
Una patologia molto fastidiosa è il reflusso esofageo. Durante la digestione si ha come un fuoco di ritorno, qualcosa che
prepotentemente torna indietro. il processo di digestione
agisce tramite l’acido cloridrico, la fiamma che smonta pezzo per pezzo il cibo. Nel reflusso gastroesofageo la fiamma
sta ad indicare la polemica dello stomaco che non intende
accettare, sta praticamente esprimendo i nostri NO.
Stiamo forse subendo qualcosa?
La digestione avviene in maniera autonoma e intelligente. Le
cellule endocrine, chiamate in passato Kuitschitzky, sono
state definite recentemente come paraneuroni essendo simili
alle cellule nervose; esse inviano appositi segnali a fegato,
pancreas, cuore e polmoni per far sì che la digestione avvenga in modo adatto alla situazione. Il cervello enterico (gastrointestinale) produce sostanze psico-attive che influenzano direttamente gli stati d’animo come la serotonina e
dopamina. I due cervelli, quello cranico ed interico sono
connessi da una fitta rete di fibre nervose comunicando interattivamente. Non sempre la gastrite si risolve con un semplice antiacido. Il paziente và considerato nella sua interezza
che lo contraddistingue dagli altri in quanto unico e diverso
in ogni suo aspetto. Non si può pensare che uno specifico
farmaco vada bene per tutti quelli che manifestano la stessa
patologia, non per la medicina olistica.
Oltre il sintomo c’è l’universo dei sentimenti.
Per info: Simona Cavini 3394223158
e mail:[email protected]
cultura
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cultura
La dimora del fuoco nella mancata
espressione di se stessi
cultura
DOVE VIVEVANO I SAVOIA
CON FIRENZE CAPITALE
di Federico Napoli
U
na nuova mostra su Firenze capitale: per la verità una delle
poche realizzate fra il 2015 e la prima parte di quest’anno,
come se la ricorrenza non avesse particolare significato sia
per la Nazione che per la stessa città di Firenze. Nuoce senz’altro
un clima generalizzato di disaffezione alla politica e di conseguenza allo spirito nazionale unitario. Comunque, la mostra “Firenze capitale 1865-2015. I doni e le collezioni del Re” ospitata a Pitti tra la
Galleria d’Arte Moderna e la Galleria Palatina è qualcosa di più di
una per quanto documentata celebrazione, bensì anche l’opportunità di vedere alcuni angoli di Pitti solitamente nascosti. Posto in un
angolo della Galleria d’Arte Moderna, è aperto l’appartamento della duchessa di Aosta, Anna di Orleans, moglie di Amedeo di Savoia
Aosta e abitato sino al 1946: sono 13 stanze quasi tutte arredate secondo i gusti della seconda metà dell’Ottocento, già usate da Maria
Pia e Maria Clotilde figlie di Vittorio Emanuele II e successivamente
appartamento privato di Margherita di Savoia, prima regina d’Italia,
ma frequentato anche dallo stesso Vittorio Emanuele II. I nomi delle stanze - Sala della Guardia, Sala da ballo, Sala della musica, Studio del re, camera da letto blu - rimandano all’uso e all’arredamento delle stesse. Accanto ai mobilio rintracciato dopo decenni e
riunito in base a un inventario delle Gallerie datato 1911, compaiono oggetti che rivelano la passione di Vittorio Emanuele II per le cineserie (paraventi con lo stemma Savoia, laccati, secondo una tecnica che valorizzava le maestranze artigianali del tempo) o
l’attenzione per la città, Firenze, nuova capitale del Regno qui illustrata da una serie di immagini di Gasparo Maria Terreni rappresentanti feste alle Cascine o lo
stesso palazzo Pitti. Ma in
locali attigui e privi di arredamento sono riunite
una serie di opere in pittura e scultura che documentano il duplice atteggiamento del primo re
d’Italia verso la città che
lo ospita: da un lato la
grande attenzione proprio
per le diverse tecniche
dell’artigianato, per l’istruzione anche femminile e
per le opere assistenziali.
Infatti, avviene negli anni
1865-1871 l’apertura dell’Istituto dei ciechi e del
Collegio La Querce: inoltre, la spalliera del trono è
un’opera trapunta e decorata con immagini e stemmi realizzata dalle allieve
dell’Istituto magistrale
femminile. Altro aspetto
promosso da Vittorio Emanuele II in quegli anni, sono le opere di pittura spes-
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Grillo
cultura
so a tema storico, volte cioè a dare un saldo passato etico al nuovo
Regno. Acquistate o anche commissionate direttamente dal re, mostrano questa sensibilità verso una nascente nazione necessitante di
un passato che possa porsi come riferimento per le nuove generazioni. Ecco così accostate fra loro “Pia de’ Tolomei” di Pio Fedi, “I
novellieri del Trecento” di Vincenzo Cabianca, “Il buon tempo antico” di Francesco Altamura, “Piccarda Donati” di Raffaello Sorbi,
“Ritratto di Laura” di Pietro Saltini, “Maria Stuarda” di Antonio Ciseri. Il perfetto connubio fra arte e artigianato in mostra è rappresentato da due teli da finestra di Nicola Sanesi rappresentanti la “Disfida
di Barletta” e “Francesco Ferrucci a Gavinana” che esaltano l’indipendenza degli italiani dallo straniero. Questa prima parte della
mostra si conclude nella Sala di Bona, affrescata interamente da
Bernardino Poccetti alla fine del Cinquecento.
Presso la Galleria Palatina ritroviamo il proseguo della mostra dedicata agli anni di Firenze capitale: visitiamo così gli appartamenti ufficiali e attigui della regina Margherita e di re Umberto I: qui ai locali di epoca Savoia si intrecciano ricordi e tracce della precedente
presenza dei Lorena e dei Medici: ad esempio, la camera da letto
del Gran Principe Ferdinando, fratello di Giangastone, in epoca
successiva diventa una cappella; la sala del trono è usata anche in
epoca lorenese; la sala delle guardie è tale con i Medici, ma viene
trasformata in uno dei tanti salotti dai due regnanti Savoia. E ancora
si susseguono: il cosiddetto “Quartiere delle stoffe” (dagli arredi alle pareti) con le camere da letto dei due personaggi regali, lo studio
del re, la toilette della regina, in un continuo susseguirsi di arredi,
tappeti fiamminghi, ritratti dinastici dei Medici, orologi di epoca ottocentesca, opere del Sustermans, del Dolci e del Foggini.
Firenze capitale 1865-2915.
I doni e le collezioni del re
Galleria d’Arte Moderna e Galleria Palatina, Pitti
Fino al 3 aprile
cultura
Il futuro è già ieri
di Pasquale Tanzini
N
el nostro comportamento quotidiano, anche se a volte non ce ne rendiamo conto, ci sono ormai una serie
di gesti che hanno sostituito degli altri, progressivamente abbandonati o superati. C’è stato un tempo che ci sedevamo magicamente davanti alla tv in bianco e nero, e nella penombra la serata offriva al massimo un’alternativa. Poi
venne lo zapping, il passaggio alla frenetica ricerca d’altro
nella moltitudine dei canali. Oggi ogni telefono si sfoglia con
uno scorrere di un dito, la foto si ingrandisce allontanando
pollice ed indice mentre si preme lo schermo (la fotografia,
morte e resurrezione, dalla reflex ai megapixel telefonici),
con un pizzicotto si riporta in piccolo l’immagine, si emulano i presentatori televisivi, che con un semplice tocco fanno
scorrere giornali e argomenti. Qualche filosofo ha sentenziato: “L’uomo si estinguerà quando gatti, ricette e tramonti troveranno finalmente un modo per farsi i selfie da soli.” Mentre nessuno più pensa ai gettoni, poi superati dalle schede,
telefoni pubblici oggi dinosauri della comunicazione, con
qualche cabina che racconta di un tempo che c’è stato, e
che questa non serviva solo a far
cambiare d’abito Superman. I tablet,
oggi orfani della tastiera, con il solo
schermo, sono il giocattolo tecnologico che ti permette di stare agganciato al mondo, di comunicare con
persone in modo immediato, facendo sapere a tutti che sei vivo. Gesto
magico, questo del tablet, che appare come un completamento del percorso dell’uomo, sovrapponendosi
alla tabula romana, quella fatta con
la cera, ai tempi dell’impero, segno
di civiltà e di evoluzione civile. Permettendo l’uso del dito al posto dello stilo, sostituendo la retina alla cera, attraverso il touch screen nuovi
cittadini dell’impero comunicano
non più mostrando i loro scarabocchi al vicino, ma premono il logo di
invio e si raccontano agli altri. Viviamo nell’epoca dell’onanismo da selfie, con appendici telescopiche a
certificare che l’imbecillità ha bisogno di un campo ancora più vasto
del panorama immediato. I nostri ragazzi non sanno farsi più il segno
della croce, ma sanno usare ancora
il loro pollice opponibile, pur nella
regressione scimmiesca dei loro comportamenti sociali. Ormai ogni strumento elettronico ha imparato a gestirsi, se metti a ricaricare il telefono, dopo che si è riempita la pila, lo
strumento si mette in sonno, aspettando l’essere staccato, così come il led dello stand by del pc, della tv, del lettore dvd
racconta che aspetta solo di essere usato, facendo perdere
l’uso delle funzioni acceso-spento. Quando il cassiere batteva il prezzo sulla calcolatrice (e tirava la leva come fosse una
slot machine ) nessuno pensava al bip che facendo scorrere
l’oggetto, oggi racconta al supermercato non solo cosa compri, ma le tue abitudini, i tuoi gusti, le tue preferenze, il tuo
numero di scarpe, il colore dell’elastico delle tue mutande.
Non è passata a cosa di moda quello di accendere e spegne-
cultura
Grillo
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cultura
re le luci di casa con un battito di mani, ma non siamo lontani dal chiedere al rubinetto di aprirsi, alla macchinetta di fare
il caffè, al frigo di raccontarci cosa c’è senza bisogno di
aprirlo. Spariscono gesti, usi e costumi, si innescano altri movimenti, delle dita, delle mani, della voce. Le auto si aprono
quando ci avviciniamo, per partire basta premere un bottone, la rotazione della chiave nella toppa sembra destinata a
sparire, prossimo cimelio come la leva di accensione della
vecchia 500, manca solo il laser che faccia la scansione dell’iride per aprirci l’armadio per scegliere camicie e calzini,
ma non siamo poi lontani. Si estraeva il borsello, si contavano i biglietti, ora si passa la smart-card e si paga, si preleva,
si passa il casello, si fa benzina. La matematica non serve più
a contare, basta ricordarsi la sequenza del pin, come fosse
una novella serie di Fibonacci. E la cosa più inutile al giorno
d’oggi diventa l’elenco telefonico, o le pagine gialle, poiché
un invio con Google apre scenari di informazioni ed indirizzi impensabili.
È scomparso Umberto Eco, se oggi avesse rifatto il suo “nome della Rosa” forse avrebbe ipotizzato altro che l’umettarsi
il dito per girare pagina, probabilmente i monaci odierni si
farebbero avvelenare dalle radiazioni dei monitor, chissà. E
le passeggiate pascolanti per guardare le vetrine, transumanze sabbatiche o domenicali a guardare le novità, che oggi
Amazon in 24 ore ti suona il campanello di casa col pacco
in mano, non importa di cosa. Sorridevo tra me, quando, nel
1984, alle tre di notte, a New York, quando comprai un telefono (da un fruttivendolo, aperto round the clock, libertà
che allora mi faceva impazzire) di quelli cordless, con la
cornetta senza filo, ma con l’antenna, allora oggetto futuristico per parlare per casa senza restare prigionieri del tavolo e
della spirale del cavo. Oggi ho guardato un poco immusonito il corriere che mi ha consegnato il mio nuovo smart-phone, comprato attraverso l’e-commerce, ma consegnato in
ben due giorni, anziché uno. Scansione di tempi e di modi
cari a Einstein, alle sue considerazioni sulla relatività. Un poco come quando si accendeva il
computer e si metteva la macchinetta
del caffè sul fuoco, tanto era il tempo
di riscaldamento motori del pc, con
la clessidra che girava. Adesso, se
l’attesa supera i 10 secondi, partono
gli accidenti.
Cose si perdono, gesti si dimenticano
(io non conosco i numeri di cellulare
dei miei figli, mai avuto necessità di
ricordarli, tanto c’è la rubrica che lo fa
per me), altri si assimilano in automatico, tipo l’allacciarsi la cintura in auto
o alzare il piede alla vista del controllo velocità, siamo passati dal fare le
corna al mostrare il dito medio, a dimostrazione di una cambio epocale,
intendo nella forma, non nella sostanza. Così come ricordo che un tempo
mi pettinavo i capelli con ampi gesti,
oggi con uno leggero scossone alla
cabeza ho risolto, e non mi ricordo
14
Grillo
cultura
neppure più di quanta
bellezza c’era in quei
gesti rituali. Chi si ricorda del fermo posta
e della casella postale?
La Volvo ha brevettato
un sistema per far individuare il baule dell’auto, tramite Gps,
apribile in modo digitale dal corriere per
depositare e consegnare gli acquisti direttamente, nel parcheggio o laddove sosta
l’auto, eliminando le
attese nell’abitazione.
Un tempo il vicino ritirava il pacco, ora si
può chiedere la consegna presso un distributore di benzina, un
centro commerciale.
Questo si chiama (in
inglese, va da sé),
crowdsourcing. In ogni film neorealista c’era il cestino che
scendeva dalla finestra per prendere il pane, nel 2017 Google ha annunciato per gli Usa l’inizio di consegne a distanza
tramite droni telecomandati. Forse i cieli torneranno ad essere carichi di pacchetti, novelle cicogne portatrici di attese
novità. Non c’è più tempo per prendere delle abitudini, solo
per perderle, la magia del futuro impedisce di trovare consuetudini nei comportamenti, svanisce solo la capacità di ricordare gesti che condizionavano in automatico il nostro vivere. Il nostro futuro, mentre lo viviamo, è già ieri.
La sostanza dolce e cristallina che si estrae dalle piante, da sempre compagna dell’uomo
di Donatella Pezzoli
L
a scoperta del saccarosio si perde nella
notte dei tempi. Nell’Asia meridionale
era estratto dalla canna da zucchero in
forma di melassa e, se asciugata al sole, si
trasformava in scaglie inalterabili e molto
nutrienti.
I persiani di Dario contribuirono a estenderne la coltivazione in tutto il Medio Oriente.
Nel Trecento, il “sale dolce” costava moltissimo, almeno quanto l’argento, e le classi
agiate ne facevano sfoggio sulle tavole più
sontuose. Dopo le grandi scoperte marittime, gli europei pensarono di ottenere immensi profitti dalla coltivazione della canna
da zucchero nei territori tropicali che avevano appena conquistato. La stupefacente
canna da zucchero fu messa a coltura nelle
isole Canarie e Azzorre. Prima dell’estensione di questa coltivazione, ogni continente, per addolcire i cibi, usava ciò che trovava in natura: il miele o i glucidi della frutta
nel Mediterraneo e lo sciroppo d’acero in
America. Nel Settecento, il saccarosio era
ancora una sostanza riservata a principi e
re, almeno quanto la cioccolata e il caffè. Si
deve attendere l’Ottocento per vedere questo prodotto entrare nell’uso quotidiano,
grazie ad un’operazione senza scrupoli che
implicava lo sfruttamento degli schiavi neri
nelle “isole dello zucchero” delle Antille e
dell’America meridionale, e la distribuzione nei porti europei da dove lo zucchero
partiva per essere commercializzato in tutta
Europa.
Divenuto un genere di consumo indispensabile, l’estratto cristallino della canna da zucchero ebbe una sospensione durante le guerre napoleoniche. In quel periodo turbolento,
fu messa a frutto la scoperta del tedesco Andreas Sigismund Marggraf (1709-1782) che
aveva trovato il modo di estrarre il saccarosio dalla barbabietola da zucchero, sfruttando le sue competenze chimiche e gli studi
dell’agronomo Olivier de Serres, vissuto in
Francia nella seconda metà Cinquecento.
Nacquero i primi zuccherifici industriali, il
primo ad Anversa, per opera di Franz Karl
Achard, allievo di Marggraf, poi grandi stabilimenti si diffusero in tutto il Continente. Era
nata l'era della produzione saccarifera come
lo conosciamo noi.
Il procedimento di produzione prevede la
lavatura, la sminuzzatura, la macerazione e
la torchiatura della canna da zucchero. La
melassa ottenuta, di colore scuro, viene poi
depurata, attraverso un procedimento chimico. Se decolorato, si ottiene lo zucchero
raffinato dal colore bianco, brillante e sottile
al tatto. Lo zucchero di canna non è decolorato e non contiene additivi, mentre quello
integrale non è raffinato, né sbiancato.
Il fascino gastronomico dello zucchero, oltre al gusto, risiede nel fatto che può essere
trasformato a piacimento modificando la
temperatura e la quantità di acqua. Filamento traslucido e ventrino oppure impasto
morbido e opaco, basta scegliere una temperatura che va dai centocinque ai cento-
sessanta gradi. A centottanta gradi, lo zucchero caramella. Aggiungendo dell’acqua
bollente si ottiene il caramello liquido,
generalmente impiegato per accompagnare creme e budini, gelati e yogurt. Se centrifugato, il saccarosio assume le sembianze di una matassa cotonosa, il fiabesco
zucchero filato, apparso alla fine dell’Ottocento, grazie all’invenzione del dentista
William Morrison e del pasticcere John C.
Wharton, scoperta amata dai bambini di
tutto il mondo.
servizi
Grillo
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servizi
Basta un poco di zucchero...
turismo
TURISMO SOCIALE
Lo struscio fiorentino
13 Marzo 2016
Quartiere dei Rossi di S.M. Novella
PROGRAMMA
Un modo nuovo di conoscere
e apprezzare la nostra città entrando nei minimi particolari
degli avvenimenti avvenuti nel
tempo (visita consigliata a tutti
i Fiorentini per apprezzare di
più la propria città).
Camminata per le vie fiorentine per conoscere gli avvenimenti avvenuti nel medioevo
descritti dal libro “il canto dei
bischeri”
Ritrovo dei partecipanti, ore
10.00 in Piazza della Repubblica di fronte alla colonna
dell’Abbondanza (ombelico
della città), inizio visita guidata con il nostro esperto per conoscere le origini dei proverbi,
detti, e tanti altri avvenimenti
avvenuti nel tempo, tutto questo ha formato la fiorentinità,
orgoglio degli stessi.
Ore 12:00/12:30 circa fine
della visita.
Per completare il ciclo delle visite dello struscio fiorentino, sono cinque giornate, di cui la prima già descritta, la seconda si effettuerà il 20 Marzo (Quartiere
dei Verdi di San Giovanni) , la terza il 3 Aprile (Azzurri
di Santa Croce), la quarta il 10 Aprile (i Bianchi di
Santo Spirito), la quinta il 17 Aprile (incontro con l’Artusi lungo i confini dei quartieri). 8 Maggio struscio a
Siena.
INIZIATIVA RISERVATA AI POSSESSORI DI TESSERA
D.L.F. Firenze:
per partecipare è necessaria la prenotazione presso la
nostra sede sociale di via Paisiello 131, telefonando al
numero 055 2609524/534, dalle ore 10 alle ore 12,30
da Lunedì al Venerdi.
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Grillo
turismo
9 Giorni di Viaggio
ALBANIA - MACEDONIA - KOSOVO - MONTENEGRO
7 - 15 Maggio 2016
1° Giorno: Apt TIRANA – Durazzo
Arrivo all’aeroporto di Tirana alle 19.50, incontro con la guida e
l’accompagnatore e trasferimento a Durazzo. Cena e pernottamento
in HOTEL ARVI 4****, o simile con cena di 3 portate. No bevande
incluse.
2° Giorno: Durazzo – Berat – Ocrida
07.30 – 08.30 Prima colazione in albergo e partenza per Berat
08.30 – 09.30 Passeggiata al centro della città di Durazzo. Durazzo
fu una colonia illira ed aveva il doppio nome di Epidamnos o
Dyrrhachion. Il secondo nome indicava più specificatamente il porto. Fu fondata con la partecipazione di Corinto e di Corcira nel VII
secolo a.C. Visita del anfiteatro di Durazzo (Opzionale)
09.30 – 11.00 Trasferimento in pullman a Berat
11.00 – 13.30 Visita di Berat
13.30 – 14.30 Tempo per il pranzo (opzionale)
15.00 – 18.30 Trasferimento in Pullman a Ocrida, attraversando la
frontiera di Qafe Thana con la Macedonia. Cena e pernottamento in
hotel MILLENIUM PALACE 4* o simile. Menu Pasto di 3 portate. No
bevande incluse.
3° Giorno: Ocrida
08.00 – 09.00 Prima colazione in albergo.
09.00 – 12.00 Arrivo a Ocrida e visita di questa bellissima città,
dichiarata Patrimonio UNESCO fin dal 1979.
12.00 – 13.00 Pranzo in ristorante locale (Opzionale)
13.00 – 14.00 Pomeriggio a disposizione per lo shopping.
Cena in ristorante locale. Sistemazione e pernottamento
in OCRIDA HOTEL MILLENIUM PALACE 4* o simile
Menu Pasto di 3 portate. No bevande incluse.
giorno
1°
Apt TIRANA
DURAZZO
OCRIDA
2°
DURAZZO
BERAT
3°
OCRIDA
OCRIDA
OCRIDA
4°
OCRIDA
BITOLA – SKOPJE
SKOPJE
5°
SKOPJE
PRISTINA – SCUTARI SCUTARI
SCUTARI
CATTARO
BUDVA
6°
4° Giorno : Ocrida – Bitola – Skopje
BUDVA
ULCINJ – KRUJIA
KRUJIA
7°
07.30 – 08.30 Prima colazione.
08.30 – 10.00 Partenza in pullman per Bitola.
KRUJIA
TIRANA
8°
10.00 – 11.00 visita di Heraklea.
TIRANA
Partenza
9°
11.15–12.00 Successivamente, arrivo a Bitola conosciuta come
“città delle chiese, delle moschee e delle campane”: città serba,
città turca, città macedone.
12.00 – 13.30 Trasferimento a Stobi per pranzo.
13.30 – 15.00 OPZIONALE Pranzo in ristorante locale a Stobi (Degustazione del vino )
15.00 – 16.00 Nel pomeriggio, proseguimento per Skopje.
16.00 – 18.30 Visita del centro cittadino e tempo libero in Skopje. Cena in ristorante locale con menu di 3 portate. No bevande
incluse e pernottamento in HOTEL IBIS 4****, o simile.
5° Giorno: Skopje – Pristina – Shkodra
07.30 - 08.30 Prima colazione in albergo. Check out e partenza in pullman per Pristina.
08.30 – 10.30 Trasferimento a Pristina, via la frontiera di Hani i Elezit.
10.30 – 13.00 Visita di Pristina.
13.00 – 14.00
Pranzo in ristorante locale (Opzionale)
14.00 – 18.00
Partenza per Scutari / Albania con la sosta lungo il viaggio per rinfreschi.
Cena e pernottamento in albergo SCUTARI HOTEL COLOSSEO 4**** o simile con menu di 3 portate. No bevande incluse.
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TURISMO SOCIALE
turismo
TURISMO SOCIALE
6° Giorno: Scutari – Cattaro – Budva
07.30 – 08.30
Prima colazione in albergo.
Check out e proseguire con il tour della città di
Scutari.
08.30 – 10.30
Tour di Citta di Scutari e della
Fortezza di Rozafa come maggiore attrazione
della città.
11.00 – 14.00
Trasferimento in pullman per
Cattaro, attraversando la frontiera “Murriqan”
per Montenegro.
14.00 – 15.00 Pranzo opzionale in Cattaro.
15.00 – 17.30 Tour di Cattaro.
17.30 – 18.10 Proseguimento verso Budva.
Arrivo, cena e pernottamento. Cena e pernottamento in Hotel QUEEN OF MONTENEGRO 4*
o simile Menu Pasto di 3 portate. No bevande
incluse
7° Giorno: Budva– Ulcinj – Krujia
08.00 – 09.00 Prima colazione in albergo. Check
out e partenza per Ulcinj.
09.00 – 10.30 Visitare Citta Vechia di Budva.
10.30 – 12.00 Proseguimento sulla zona costiera
fino a Ulcinj
12.00 – 15.00 Visita di Citta di Ulqini
15.00 – 18.00 Proseguimento per Krujia, attraversando la frontiera di Muriqan per l’Albania
Cena e pernottamento KRUJIA HOTEL PANORAMA 3*** o simile. Menu Pasto di 3 portate.
No bevande incluse
8° giorno KRUJIA – TIRANA
08.00 – 09.00 Prima colazione in albergo
09.00 – 11.30 La mattinata é dedicata alla visita
della città.
12.00 – 13.00 Trasferimento in pullman per Tirana.
13.00 – 14.00 Tempo di pranzo opzionale a Tirana
14.00 – 16.30 Pomeriggio dedicata alla visita della capitale dell’Albania.
Cena in ristorante locale Menu Pasto di 3 portate. No bevande incluse. Pernottamento TIRANA INTERNATIONAL 4 ****, o simile.
9° giorno Tirana
08.30 – 09.00 Trasferimento in aeroporto
11. 10 Partenza del volo per l’Italia
Fine dei nostri servizi
Quota di partecipazione possessori di tessera DLF: euro 910.00,
Altri: euro 940.00
Supplemento singola euro 180.00
Minimo partecipanti 18 pax
La quota comprende: voli Alitalia da Pisa andata e ritorno tasse incluse, Tariffa valida fino al 25 Marzo, tour come da programma, tutti i trasferimenti con bus riservato, trattamento di mezza pensione, visite guidate con guida parlante italiano, assicurazione medico e annullamento, accompagnatore locale, assistenza di un collaboratore del DLF,
La quota non comprende: mance ed extra in genere, quant’altro non menzionato alla voce la quota comprende.
Organizzazione Albtoursd – Tirana Email: [email protected] Web: www.albtoursd.al
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turismo
Museo Nazionale del Bargello
3 Aprile 2016
Il Dopolavoro Ferroviario di Firenze organizza una
visita guidata al Museo Nazionale del Bargello
per il giorno 3 aprile 2016 alle ore 9.30
Iniziativa riservata ai possessori della tessera del D.L.F. di Firenze per il 2016
È il Museo più rilevante ed il più importante al mondo fra i musei italiani di scultura
rinascimentale. Conserva capolavori di Michelangelo, Donatello, Ghiberti, Cellini,
Giambologna, Ammannati ed altri importanti scultori.
Il nome del palazzo del Bargello detto anche Palazzo del Popolo si instaurò con la
costituzione di Firenze a libero Comune e la creazione della figura del Capitano del
Popolo.
Alla metà del trecento divenne anche sede del Podestà.
Con il consolidarsi dell’egemonia medicea nella seconda metà del quattrocento divenne prima la sede del Consiglio di Giustizia e dei Giudici di Ruota e sotto il duca
Cosimo I° dei Medici, sede del Bargello, ovvero il Capo delle Guardie o di Piazza,
che provvedeva agli arresti, interrogatori ed anche ad eseguire le condanne capitali.
La figura del Podestà come gabelliere
generò poi una frase idiomatica divenuta famosa : Ecco fatto il becco all’oca (e le corna al podestà).
Nei tre secoli, in cui venne adibito a
carcere , nel cortile furono murati
gli archi del loggiato e del verone, le
sale più grandi vennero suddivise
per ricavarne un maggior numero di
celle e furono coperte le pitture e le
decorazioni.
La trasformazione del Palazzo in
museo nazionale avvenne in occasione delle feste dantesche nel 1865,
quando vi confluirono alcune delle
più importanti sculture del rinascimento.
Il patrimonio conservato consiste oggi
in circa 30.000 pezzi fra monete, avori, maioliche provenienti dalle fabbriche di Cafaggiolo e di Deruta, stoffe rinascimentali, armi, smalti e bronzetti grazie alle donazioni di antiquari e collezionisti come Louis Carrand, Costantino Ressman e
Giulio Franchetti .
Al piano superiore si accede alla Cappella della Maddalena, impreziosita dagli affreschi della Scuola di Giotto.
Alle ore 12.00 circa termina la visita al Bargello.
La quota comprende :
visita con guida euro 10.00 per un minimo di 15 persone oltre ad euro 11.00 (costo del biglietto) a persona comprensivo
della prenotazione con assistenza di un nostro accompagnatore.
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turismo
TURISMO SOCIALE
turismo
TURISMO SOCIALE
Fine settimana
tra Sabina e Ciociaria
9/10 Aprile 2016
PRIMO GIORNO
Ritrovo dei partecipanti (vedi punti partenza) e
partenza in direzione della Ciociaria; sosta a Farfa
per la visita della famosa Abbazia, pranzo presso
il convento delle suore. Proseguimento per Veroli.
“Veroli” fa parte dell’elenco dei borghi più interessanti. Tanti sono i monumenti che attestano la
sua importanza: della città preromanica rimangono resti di mura poligonali che cingono la Rocca
di San Leucio e risalgono il foro, il camminamento del quarto secolo d.C. e i Fasti Verulan (1°
sec. d.C.) raro calendario con la commemorazione di alcuni eventi della storia romana.
Proseguimento per Ceprano, cena e pernottamento in hotel Villa Ida tre stelle superiore.
SECONDO GIORNO
Prima colazione e pranzo in hotel. Visita di Anagni; Nota come la“città dei Papi”per aver dato i natali a quattro pontefici (Innocenzo 3°, Alessandro 4°, Gregorio 9°, e Bonifacio 8°) e per essere stata a lungo residenza e sede papale. In particolare il
nome di Anagni e legato alle vicende di papa Bonifacio 8° per l’ episodio noto come lo schiaffo di Anagni. Nel centro medioevale, fatto di edifici eleganti, austeri, di chiese romaniche e campanili. Tempo permettendo sosta a Frosinone
Rientro per il pranzo; ore 15.30 circa partenza per rientro in sede di residenza.
Quota di partecipazione euro 160.00
Base 40 pax: Supplementi euro14.00 base 30 pax da pagare in corso di viaggio.
Supplemento singola euro 18.00
La Quota comprende: viaggio con bus riservato G.T. per tutta la durata del tour, pensione completa, pasti come da programma, ingresso e guida Abbazia di Farfa, assistenza di esperto del territorio, accompagnatore del D.L.F.
La Quota non comprende: mance, bevande ai pasti,ingressi ed extra in genere non menzionati alla quota comprende.
PUNTI DI PARTENZA:ore 06,00 di fronte sede sociale via delle Cascine angolo via Paisiello, ore 06,05 viale Belfiore di fronte edicola lato INPS, ore 6,10 P.za della libertà, angolo via S. Gallo, ore 06,15 P.za Beccarla di fronte al cinema Astra,
06,20 P.za Elia Dalla Costa fermata ATAF, ore 06,25 Viale Europa distributore Esso di fronte hotel Holyday Inn.
Organizzazione Tecnica Agenzia Pitti Viaggi srl – Via Italia, 12 - Pian di Sco (AR)-mail: www.pittiviaggi.it
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Grillo
turismo
sport
GRUPPO TREKKING
GRUPPO TREKKING DOPOLAVORO FERROVIARIO FIRENZE
Via G. Paisiello, 131 50144 Firenze Tel. 055 350802 - Fax 055 352738
[email protected] [email protected] sito: www.gruppotrekking-dlf-firenze.com
Descrizione: Assisi si allunga sulle pendici del Monte Subasio. Il nucleo più antico
della cittadina è protetto da un apparato
difensivo costituito da otto porte di accesso fortificate e da una lunga cinta muraria.
Assisi è una città che offre moltissimo al
turista in quanto è un piccolo borgo medievale ed è anche famosa perché è luogo
di nascita di San Francesco. Visitare Assisi
ha quindi un significato religioso, storico
ed artistico.
ASSISI Monte Subasio
La montagna della pace
23-24-25 Aprile 2016
Programma
Sabato 23. Ritrovo presso Obihall alle ore
7.45 e partenza ore 8.00 per Perugia–Assisi. Lasciato il bagaglio presso l’albergo faremo un breve percorso sul sentiero francescano. Da Assisi, dopo alcuni saliscendi, per la strada forestale di fonte Maddalena, evitando il sentiero originario chiuso
per frana, si arriva a Costa di Trex con il sentiero n.51. Rientro sullo stesso sentiero. Pranzo al sacco.
Dislivello: m.100 – Lunghezza: km.7
Domenica 24. Partenza per Spello. Da Porta Bulgarella (270 m), nella parte più alta di Spello si trova l’attacco del sentiero
n.50. E’ uno dei percorsi più affascinanti e completi del monte, facile, molto panoramico e vario. All’inizio del sentiero si gode di un bellissimo panorama di Spello. Dopo aver attraversato gli uliveti, si entra in un bel bosco di carpine e roverella fino a
Fonte Bregno, seguono poi gli ampi dossi erbosi della cresta del Subasio. Giunti allo Scoglio di Sasso Piano, da cui si gode un
bel panorama sulla valle umbra, ci si immette nel sentiero degli ulivi, che idealmente collega Assisi-Spoleto attraverso il quale,
con rapida discesa, si arriva all’Eremo delle Carceri. Dopo una breve visita all’eremo (uno dei luoghi più suggestivi di Assisi e
del contesto francescano), con un’ultima ora di cammino in discesa, si arriva ad Assisi.
Dislivello: m.820 – Lunghezza: km.16 – Tempo: ore 6.30 – Pranzo al sacco
Lunedì 25. Visita alla città di Assisi: Cattedrale e Porziuncola. Partenza per Perugia e sosta per la visita di uno dei “ Borghi
più belli d’Italia” Corciano a km.12 da Perugia. Rientro in serata a Firenze.
Note: Per motivi tecnici non saranno ammessi animali. Il Gruppo Trekking e gli accompagnatori non assumono alcuna responsabilità nei confronti dei partecipanti per ogni eventuale incidente od infortunio che dovesse verificarsi prima, durante o
dopo l'escursione per negligenza o mancato rispetto delle indicazioni fornite.
Il costo dell’escursione è di euro155,00 e comprende: albergo con il trattamento della mezza pensione e il viaggio. Pernottamento presso l’Hotel tre stelle “la Porziuncola”- Piazza Garibaldi n.8 - S.Maria degli Angeli ( Tel.075- 8043677)
Per informazioni e prenotazioni: Catia cell.3286767781 – tel.055667110
Accompagnatori: Catia Funai – Annalisa Confi
Per informazioni ed iscrizioni rivolgersi alla Sede del Gruppo Trekking Via G. Paisiello, 131 - 50144 Firenze
tutti i Giovedi dalle ore 13.30 alle 18.00
Il Capogruppo Trekking
(Catia Funai)
sport
Grillo
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servizi
IALE
SPECPEGG I
M
CA
GRUPPO CAMPEGGIO DLF FIRENZE
MARE 2016 Camping IL SOLE
Marina di Grosseto
Stagione dal 22 Aprile al 18 Settembre
Convenzione Prezzi DLF Firenze
I PREZZI SI INTENDONO A SETTIMANA
ACCONTO CIRCA- 30% ALLA PRENOTAZIONE
I Prezzi NON comprendono: Tessera DLF, Tessera Gruppo Campeggio, Uso Spiaggia.
Persona Aggiunta: Bassa Stagione euro 50,00 Alta Stagione euro 70,00
Per pulizie euro 36,00. Da pagare alla Direzione assieme al saldo, all’arrivo.
Case Mobili per 4 Persone:
NB: IN PARENTESI SONO RIPORTATI I PREZZI CASE MOBILI CON ARIA CONDIZIONATA
22/4/-12/6 + 11/9--18/9
12/6- 3/7 + 28/8--11/9
3/7--7/8 + 21/8--28/8
7/8--21/8
euro 240.00
euro 360.00
euro 525.00
euro 670.00
Bungalow per 4 Persone:
22/4---11/6
10/9--18/9
11/6----2/7
27/8--10/9
2/7-----6/8
20/8--27/8
6/8--20/8
euro 365.00
euro 540.00
euro 690.00
euro 840.00
BAGNO TROPICAL 2016
LISTINO CONVENZIONATO PER I SOCI D.L.F.
PER PRENOTARE CONTATTARE FABIO Cell. 347.3073671.
info prenotazioni x Case mobili e bungalow
Attilio Nencetti = 055/2609532(SEDE)Cel. 329.412 0523
[email protected]
[email protected]
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Grillo
servizi
(315,00)
(425.00)
(615.00)
(755.00)
servizi
IALE
SPECPEGG I
M
CA
GRUPPO CAMPEGGIO DLF FIRENZE
Camping Villaggio “Il Sole” Marina di Grosseto
Tariffe PZ. Privati - Stagione 2016
22 Aprile - 18 Settembre
Per info/ni:Tel. 055/2609532/Fax. 055/2609555/Capogruppo Nencetti Attilio Cel. 329.4120523
Locazione Piazzole:Solo Intera Stagione: Dal 22/4/2016 Al 18/9/2016
PERIODI
INTERA STAGIONE:
SOCI F.S. in servizio e pensionati
SOCI Frequentatori
22 Aprile - 18 Settembre
4 - PERSONE MAX (*)
Euro 2.450,00 (1° Acc. euro 800)
Euro 2.500,00 (1° Acc. euro 800)
4 - PERSONE MAX (*)
Euro 2.800,00 (1° Acc. euro 900)
Euro 2.850,00 (1° Acc. euro 900,)
(*) Per le Persone Aggiunte, supplemento da pagare alla Direzione.
La quota non comprende: tessera DLF e tessera Gruppo Campeggio, 2016
Riconferme Pz : Soci Fs. e Soci Fq.= Dal 1 Al 15 Marzo 2016. (Date solo x il 2016.)
Nb: Le piazzole non riconfermate al 15 Marzo 2016, restano a disposizione del D.L.F.Fi
Per NUOVE Prenotazioni: Contattare Prima NENCETTI: 329.4120523. Soci FS. (in servizio e pensionati) : 21 e 22 Marzo 2016.
Soci Frequentatori : dal 23 Marzo 2016.
Gli animali ammessi sono, (Cani di piccola taglia e tenuti a guinzaglio) Vedi regolamento del Campeggio
(Convenzione Ombrelloni Spiaggia con “ BAGNO TROPICAL” Tel. 0564/34492.
( Per informazioni: anche presso Uff. Sole inver. 0564/491573. oppure Sig. Fabio 347.3073671.
Per ragioni amministrative le piazzole saranno locate solo per periodi interi = Termine ultimo 8 Aprile 2016
NB: I PREZZI NON COMPRENDONO: TESSERA DLF e TESSERA GRUPPO
Modalità di pagamento
1° Acc/to: euro 800 x 2 Pax. e euro 900 x 4 Pax. alla prenotazione, con Bonifico Bancario a questi Codici:
IBAN=IT34 K032 6814 3020 5290 6386 030.
Banca Sella Via Gioberti GR.
Intestato a : Società Cooperativa Tempo Libero Campeggio il Sole
Via Papa Giovanni, XXIII n.45 58100 Grosseto.
Consegnare copia dell’avvenuto pagamento al Gruppo Campeggio Fi.
A mano, con Fax. 055/2609555, o per E-mail: [email protected] (E Comunicare se per 2 o 4 Persone.)
Al momento della riconferma ( o prenotazione) della Piazzola.
2° Acc/to: euro 800 x 2 Pax. e euro 900 x 4 Pax. entro il 30 Giugno
alla Direzione del Campeggio.
il Restante a (Saldo) entro il 10 Agosto alla Direzione del Campeggio.
Il Capo Gruppo Campeggio
Attilio Nencetti Cel.329.4120523 - E-mail: [email protected]
Ps. Nb: In allegato, pianta spiaggia e listino prezzi del Bagno TROPICAL
prego dare conferma o prenotazione entro il 10 APRILE 2016
al Sig. FABIO Cel. 347.3073671
servizi
Grillo
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N° 2 Marzo - Aprile 2016 N° 2 Marzo - Aprile 2016