Capitolo V.
IL PATTO DI STABILITA’ E CRESCITA
E
LA NUOVA GOVERNANCE EUROPEA
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1
IL TRATTATO DI MAASTRICHT
• Dal 1° gennaio 1999, 11 paesi europei, fra
cui l’Italia, hanno avviato l’Unione
Economica e Monetaria (UM)
• Dei paesi membri dell’UE a quella data non
hanno aderito UK, Danimarca, Svezia e,
per mancanza di requisiti, la Grecia
• Al 1 gennaio 2010 fanno parte dell’Unione
monetaria 17 paesi
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2
IL TRATTATO DI MAASTRICHT
Il Trattato, firmato nel febbraio del 1992,
contiene, fra l’altro:
• disposizioni per la creazione della BCE
• le Procedure di mutua sorveglianza e sui
deficit eccessivi (PDE)
• la clausola di no bail-out
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CONDIZIONI PER L’AMMISSIONE ALL’UM
• Tasso di inflazione non superiore a 1,5 punti al tasso
medio dei tre paesi più virtuosi
• Tasso di interesse a lungo termine non superiore di due
punti rispetto al paese con inflazione più bassa
• Tasso di cambio che per almeno due anni non abbia
subito oscillazioni superiori a quelle previste
dall’accordo di cambio dello SME
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CONDIZIONI PER L’AMMISSIONE ALL’UM
• Un disavanzo, definito come Indebitamento
netto delle AP, non superiore al 3% del Pil
• Un rapporto tra debito pubblico/Pil inferiore
al 60%.
Qualora tale rapporto sia superiore al 60%,
esso dovrà essere ridotto “in misura
sufficiente” ad avvicinarsi al valore del 60%
“a un ritmo adeguato”
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IL CONSIGLIO EUROPEO DI AMSTERDAM
E IL PATTO DI STABILITA’ E DI SVILUPPO
• Stipulato nel giugno del 1997
• Integra e corregge i contenuti del Trattato
di Maastricht
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IL PATTO DI STABILITA’
E CRESCITA
I paesi si impegnano a:
• “rispettare l’obiettivo di una situazione di bilancio a mediotermine comportante un saldo vicino al pareggio o positivo”
• adottare le misure correttive del bilancio che ritengono
necessarie per conseguire gli obiettivi dei programmi di
stabilità o convergenza
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IL PATTO DI STABILITA’
E CRESCITA
Prevede meccanismi di monitoraggio e controllo
- Braccio preventivo
- Braccio correttivo
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IL BRACCIO PREVENTIVO
Ogni anno, entro marzo, sono presentati al Consiglio europeo
• i Programmi di stabilità (dai paesi aderenti) o di
convergenza (da quelli non aderenti) che indicano in una
prospettiva triennale:
• l’obiettivo di disavanzo “prossimo al pareggio o in avanzo”
• il percorso di avvicinamento all’obiettivo
• l’andamento previsto del rapporto debito/Pil
Dal 1 gennaio 2011 i programmi seguono un calendario e una
procedura definita “Semestre europeo”
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IL BRACCIO PREVENTIVO
Il Consiglio europeo valuta i Programmi e, nel caso lo ritenga
necessario, può utilizzare due strumenti di controllo:
i) un avvertimento preventivo (early warning), proposto
dalla Commissione e sancito dall’Ecofin, nel caso in cui il
disavanzo di un paese si avvicini alla soglia del 3%, con
invito a mettere in atto azioni che evitino lo sfondamento del
limite.
ii) consigli di policy, in cui il Consiglio fornisce indicazioni su
misure di politica economica che il paese membro farebbe
bene ad attuare.
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IL BRACCIO CORRETTIVO
Che cosa succede se un paese non rispetta i vincoli in tema di
disavanzo?
Un paese può avere un disavanzo maggiore del 3% se il Pil è
calato in misura maggiore o pari al 2% in termini reali e se il
deficit è temporaneo e modesto.(ma vedi più avanti la
riforma del 2005)
Se il Pil è calato tra lo 0,75% e il 2%, può essere esentato se
la recessione ha carattere eccezionale e improvviso.
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IL BRACCIO CORRETTIVO
Al di fuori di questo casi,
lo sfondamento del vincolo del disavanzo del 3%
comporta l’apertura della
Procedura per Disavanzi Eccessivi (PDE),
che si traducono in
Raccomandazioni di politiche correttive
da realizzare di norma entro due anni;
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LE SANZIONI
In caso di mancata realizzazione è prevista la
imposizione di Sanzioni, non
particolarmente onerose (massimo 0,2%
del Pil), sotto forma di obbligo di depositi
infruttiferi presso la BCE e al limite di
ammende.
Con riferimento al vincolo del debito pubblico,
non sono previste sanzioni
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RAGIONI DEL PATTO DI STABILITA’
• Strumento addizionale di protezione della BCE da
pressioni a soccorrere paesi in difficoltà con
conseguenti pressioni inflazionistiche
• Ulteriore ragioni di prudenza verso le tendenze alla
dilatazione dei disavanzi pubblici
• Internalizzare gli effetti di spillover sui tassi di
interesse derivanti da politiche nazionali poco caute
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RAGIONI TEORICHE DEI VINCOLI
SUL DEBITO E SUL DISAVANZO
Perché il 60%, perché il 3%?
Il trattato di Amsterdam spinge al saldo in
pareggio, che comporta nel lungo periodo un
rapporto debito Pil pari a zero,
eccessivamente rigorista rispetto alla regola
del 60%
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RAGIONI TEORICHE DEI VINCOLI
SUL DEBITO E SUL DISAVANZO
Perché il 60%?
Ragioni non teoriche, ma pragmatiche.
Era il valore medio dei paesi europei ai tempi
della stesura del Trattato e molto vicino a
quello tedesco
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RAGIONI TEORICHE DEI VINCOLI
SUL DEBITO E SUL DISAVANZO
Perché il 3%?
Ancora, ragioni non teoriche, ma pragmatiche.
Era il valore medio delle spese di investimenti
pubblici su Pil nei paesi della comunità
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RAGIONI TEORICHE DEI VINCOLI
SUL DEBITO E SUL DISAVANZO
C’è coerenza tra il 60% e il 3%?
Sulla base della formula di Domar, possiamo
calcolare la relazione tra g e a coerente con un
valore di b del 60%.
Un disavanzo del 3% è coerente con una crescita
del Pil del 5,26%
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18
bt =
0,6 =
bt-1
(1+g)
0,6
(1+g)
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19
+ a
+ a
Relazione tra g e
a
coerente con b = 60
a
3
5,3
2
3,5
1
1,7
0
0
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g
20
RAGIONI TEORICHE DEI VINCOLI
SUL DEBITO E SUL DISAVANZO
Recenti interpretazioni del PSC vorrebbero imporre
un bilancio in pareggio.
Nel lungo periodo ciò implicherebbe un rapporto
debito Pil pari a zero!
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POLITICHE DI STABILIZZAZIONE
NELL’ UM
E’ necessario distinguere tra esigenze di
stabilizzazione indotte da:
• shock simmetrici
• shock asimmetrici
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SHOCK SIMMETRICI
L’ UM ha a disposizione gli strumenti della
• moneta
• cambio
La politica di bilancio potrebbe essere realizzata
attraverso:
• una politica centrale europea
• il coordinamento delle politiche nazionali
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SHOCK ASIMMETRICI
Lasciare maggiori gradi di libertà agli stati nazionali
Difficoltà
• Carattere settoriale e non nazionale degli shock
asimmetrici
• Resistenza a deroghe alle regole
• Preferenza per ricette fondate sulla flessibilità dei
salari reali
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Le riforme del PSC del 2005 e
le proposte di riforma del 2011
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Le modifiche del 2005
In concomitanza con una fase di scarsa
crescita dell’Europa, all’inizio del secolo
alcuni dei paesi più importanti dell’Unione
(Germania e Francia) hanno violato il
vincolo del disavanzo.
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I punti fondamentali della riforma del 2005
•
Nuova interpretazione dei criterio del deficit:
Si adotta il deficit aggiustato per il ciclo,
al netto delle misure una tantum e temporanee
• Per I paesi che non sono in regola col vincolo del
deficit o del debito, si impone l’adozione di misure dello
0,5% del Pil annue in media sul ciclo.
• si contrasta l’uso di politiche fiscali una tantum a cui
molti paesi, e in particolare l’Italia, hanno fatto ricorso per
migliorare temporaneamente il deficit.
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I punti fondamentali della riforma del 2005
• In caso di deficit eccessivo, si ammette una definizione più
edulcorata di “severa crisi economica”. E’ ammesso un
debordo dal 3% anche solo in presenza di un tasso di crescita
negativo o di una perdita cumulata di prodotto durante un
periodo protratto di basso sviluppo rispetto al potenziale.
• Nella valutazione delle situazione di un paese, la
Commissione si riserva di tenere conto delle eventuali riforme
messe in atto dai governi nazionali per garantire al sostenibilità
di lungo periodo delle loro finanze, con particolare riguardo alle
riforme pensionistiche che si muovano verso sistemi di
finanziamento a più pilastri obbligatori, ma a capitalizzazione.
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I punti fondamentali della riforma del 2005
La disposizione sulle pensioni rappresenta una
interferenza di non poco conto da parte delle regole del PSC
nei confronti delle politiche di welfare dei paesi aderenti
e sono un segno del peso crescente che gli aspetti di
stabilizzazione fiscale hanno rispetto allo sviluppo di politiche
sociale (la c.d. strategia di Lisbona)
La riforma non ha invece alcuna attenzione ad altri e forse
più meritevoli aspetti, come ad esempio la dinamica della
spesa di investimento pubblico rispetto al trend.
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I punti fondamentali della riforma del 2005
Sanzioni.
Si introduce maggiore flessibilità nei tempi di rientro.
La correzione di un deficit, che dovrebbe avvenire entro due anni dal suo
accadimento,
può essere spostata in speciali circostanze, anch’esse discrezionali, ancora
di un anno.
Gli orientamenti effettivi dipenderanno in misura maggiore dall’orientamento
politico e dalla capacità di mediazione politica dei policy-maker nazionali ed
europei.”
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Le proposte di riforma del 2010
Dopo la crisi del 2007, tra il 2009 e il 2010
tutti i paesi dell’Unione monetaria (ad
esclusione del Lussemburgo) si ritrovano
sottoposti a PDE
Si definisce un nuovo quadro della
governance europea fiscale e
macroeconomica
All’interno del quale sono previste proposte
di riforma del PSC
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Le proposte di riforma del 2010
Braccio preventivo
Affiancamento al vincolo del saldo di bilancio del
3% anche di un vincolo alla crescita della spesa.
Per i paesi che hanno già raggiunto l’obiettivo di
medio termine, il tasso di crescita dovrebbe non
eccedere il tasso “prudente” di crescita di medio
periodo del Pil.
Per i paesi invece che ancora non hanno
raggiunto l’obiettivo, la crescita della spesa deve
attestarsi al di sotto del tasso di crescita prudente.
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Le proposte di riforma del 2010
Braccio preventivo
Disincentivo all’uso ricorso a entrate straordinarie
Il gettito di tali entrate dovrà essere destinato
direttamente alla riduzione del debito (come già si
richiede anche per i proventi delle privatizzazioni) e
non del disavanzo
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Le proposte di riforma del 2010
Braccio correttivo
Disciplina del requisito del debito/Pil. Se il rapporto debito/Pil
supera il 60%, si deve realizzare una riduzione annua del
rapporto pari al 5% della differenza tra il livello raggiunto e il
limite del 60%.
Ad esempio, un paese che abbia un rapporto debito/Pil pari al 120%
dovrebbe ogni anno ridurre il rapporto di 3 punti.
Il mancato rispetto di questo nuovo vincolo potrà dare avvio
ad una PDE solo dopo una valutazione complessiva del
caso da parte della Commissione.
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La nuova governance
fiscale e macroeconomica europea
La crisi del 2007 ha stimolato interventi di varia natura.
1. Misure di carattere straordinario di contrasto della crisi
finanziaria realizzando nuovi organismi.
2. Nuove regole di monitoraggio che realizzano una
stretta interdipendenza tra rendicontazione alla
Commissione delle performance fiscali e prassi di
bilancio nazionali (Semestre europeo);
3. Misure di rafforzamento del PS (già descritte);
4. Un nuovo disegno di governance macroeconomica,
che si integra con quella fiscale costituita dal PS
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Misure di contrasto alle crisi finanziarie
Nel maggio 2010, a crisi inoltrata, dopo l’esplosione della crisi greca
e irlandese, con la cooperazione del FMI sono istituiti:
• l’European Financial Stabilisation Mechanisms (EFSM) di durata
temporanea (sino a giugno 2013), che può fornire prestiti fino ad un
massimo di 60 miliardi a paesi in difficoltà, utilizzando direttamente
risorse dell’UE.
• una società veicolo, l’European Financial Stability Facility (EFSF),
autorizzata a raccogliere fondi sul mercato emettendo titoli garantiti
dai governi dei paesi dell’area euro fino ad un massimo di 440
miliardi. I prestiti concessi sono condizionati all’assunzione da parte
del beneficiario di politiche di risanamento.
• il Securities Market Programme (SMP), promosso dalla BCE, un
programma di acquisto di titoli di stati membri in difficoltà con lo
scopo di contrastare le tensioni speculative sui mercati.
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Misure di contrasto alle crisi finanziarie
Il perdurare della crisi ha portato a definire anche uno strumento finanziario
di carattere stabile, che deve entrare in funzione nel giugno 2013, allo
scadere della validità dell’EFMS:
l’European Stability Mechanism (ESM)
analogo all’ EFMS, della potenzialità fino a 500 miliardi, che potrà essere
attivato per salvaguardare la stabilità dell’area euro come insieme.
mediante la concessione di finanziamenti strettamente condizionati a
comportamenti virtuosi per sopperire a crisi di liquidità,
attivato con il coordinamento con FMI e BCE, sulla abse di analisi accurate
della condizione di solvibilità, eventuali piani di ristrutturazione del debito
nel caso di insolvenza parziale o totale.
I nuovi istituti sono in parte giustificati dall’esigenza formale di non violare la
clausola di no bail out. L’art. 122.2 del Trattato consente infatti interventi
solo nel caso di difficoltà dovute a calamità naturali o a circostanze
eccezionali che sfuggano al controllo di paese
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Nuove regole di monitoraggio degli Stati
Il Semestre europeo
Vengono approntati più efficaci meccanismi di
prevenzione delle crisi o di comportamenti di moral
hazard (come è avvenuto nel caso delle rendicontazioni
del bilancio greco).
Dal 1 gennaio 2011 è introdotto il Semestre europeo.
Che definisce un nuovo calendario nella presentazione
dei Programmi di Stabilità e dei Piani di Riforma
Nazionali che gli stati membri devono sottoporre alla
Commissione annualmente
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Una nuova sorveglianza macroeconomica
La natura della crisi del 2007 – originata da
squilibri nel settore privato che si sono diffusi ai
bilanci dei settori pubblici –
ha messo in luce che
gli indicatori di bilancio pubblico non sono gli unici
e non sempre i più appropriati segnali di rischio
di crisi
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Una nuova sorveglianza macroeconomica
In analogia a quanto fatto con il PSC,
si propone di monitorare
un numero limitato di
indicatori di performance macroeconomica
(scoreboard),
prevedendo per gli stessi soglie di allerta da tenere
sotto controllo.
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Una nuova sorveglianza macroeconomica
Otto indicatori (fra parentesi le soglie di allerta)
1. Saldo corrente della Bilancia dei pagamenti in % del Pil (-/+4%)
2. Posizione finanziaria netta sull’estero, che è, seppure con difficoltà,
misurata dalla cumulata (stock) dei disavanzi correnti (-45% del Pil)
3. Tasso di cambio reale effettivo rispetto al dollaro basato sul costo del lavoro
(-/+4%)
4. Aumento del prezzo reale delle case (+9%)
5. Valore aggiunto del settore immobiliare come percentuale del valore
aggiunto globale (4% media triennale);
6. Rapporto tra debito del settore privato e Pil (180%)
7. Cambiamento delle condizioni di credito nel settore privato (5%), da
intendersi come proxy di bolla creditizia
8. Rapporto debito pubblico/Pil (il ben noto 60%)
Si noti il riferimento al debito privato che è stato alla base della crisi finanziaria
negli Usa e che appare distribuito in modo non correlato con il debito
pubblico negli stati membri (un esempio è appunto il caso italiano).
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Una nuova sorveglianza macroeconomica
Anche per questi indicatori macro verrebbe realizzata
una procedura di sorveglianza, analoga e coordinata a
quella del PS, anche se più blanda:
Il superamento delle soglie di allerta metterebbe in moto un
processo di valutazione e analisi, concertato, della
situazione a livello della Commissione che potrebbe
portare però all’apertura di una procedura per squilibri
eccessivi, che si traduce in Raccomandazioni da parte
del Consiglio agli stati membri.
Eventuali sanzioni sarebbero però previste solo nel caso in
cui un paese membro si sia dimostrato poco solerte
nell’intraprendere azioni (non quindi nel conseguire
risultati) di risanamento.
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La proposta degli Eurobonds
Possibilità che la UE possa emettere titoli di debito pubblico.
• Un’idea avanzata in passato (da Delors, Andreatta, Prodi e più tardi
Tremonti), con la finalità di finanziare progetti di investimento a
livello europeo, che rispondessero a obiettivi strategici e insieme
fornissero la strumento per politiche di sostegno della domanda, per
contrastare l’impostazione che domina il quadro istituzionale dell’UM
• La proposta è stata ripresa dopo l’inizio della crisi del 2008, con
diverso obiettivo: permettere l’istituzione di un mercato di titoli
pubblici di dimensione europea e quindi in grado di confrontarsi con
quelli delle altre grandi aree economiche emergenti (Cina, Asia) e
Usa, in grado di fornire un argine sicuro alla speculazione
finanziaria.
• I più ambiziosi e federalisti vedono anche in questa proposta non
solo una risposta difensiva alla crisi, ma la costruzione di un germe
di politica fiscale europea da affiancare a quella monetaria della
BCE.
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La proposta degli Eurobonds
Le emissioni di eurobonds permetterebbero a
paesi in crisi l’emissione di titoli del debiti
pubblico a tassi più bassi di quelli a cui
potrebbero indebitarsi, creando una condizione
più favorevole al mantenimento di un sentiero di
debito sostenibile, che richiede un tasso di
crescita superiore al tasso di interesse.
I paesi favoriti da queste opportunità dovrebbero
naturalmente impegnarsi a comportamenti fiscali
virtuosi.
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La proposta degli Eurobonds
Diverse articolazioni possibili della proposta
• Proposta di Delpla e von Weizsacker: prevede l’unionizzazione del
60% del debito pubblico di ciascuno degli stati Membri dell’UM (
creando così i c.d. blue bonds). In questo modo il livello ritenuto di
sicurezza previsto dal PS sarebbe anche integralmente garantito
dalla reputazione dell’intera unione. Resterebbe invece piena
responsabilità degli stati nazionali la gestione della parte eccedente
del debito.
• Proposta di Visco: simmetrica alla precedente, prevede di
sterilizzare con eurobond la parte del debito eccedente il 60% dei
paesi in difficoltà (una massa di debito assai inferiore al 60% del
debito dei paesi membri della precedente proposta) e creare un
segmento di mercato speciale, per il quale la garanzia della
restituzione sarebbe data dall’introduzione di una imposta sulle
transazioni finanziarie che garantirebbero il pagamento degli
interessi.
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La proposta degli Eurobonds
Diverse articolazioni possibili della proposta
• Proposta Prodi e Quadrio Curzio: è una sintesi delle due
precedenti, che prevede la creazione di un Fondo finanziario
europeo con due finalità:
- rilevare parte del debito dei paesi membri come nelle proposte
precedenti,
-nella tradizione di Delors, finanziarie progetti di investimenti
europei infrastrutturali.
Il Fondo finanziario europeo nascerebbe con un capitale di 1000
miliardi conferito dai paesi dell’UM in proporzione alla quote alla
BCE utilizzando
- le riserve auree dei singoli paesi
- azioni di società pubbliche.
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La proposta degli Eurobonds
La proposta incontra molte resistenze
1. Il superamento di alcuni ostacoli legali, in quanto tali
operazioni appaiono in contrasto con articoli del Trattato.
2. Difficoltà ad identificare le risorse che di fatto
forniscono la garanzia di tale segmento di mercato (un
bilancio rinnovato dell’UE? Contribuzioni dei singoli
stati?).
3. Infine si tratterebbe di risolvere il problema
distributivo, che comporta una partecipazione al costo di
una riforma di questo tipo più alto ai paesi ricchi e
virtuosi del nord europa.
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Il cammino della costruzione di un maggiore potere politico
dell’Europa sembra ancora lontano.
In ogni caso queste proposte e analisi rafforzano la
convinzione che dalla crisi apertasi nel 2007 si possa uscire
solo costruendo coraggiosamente un nuovo ordine
finanziario globale, di impegno analogo a quello che ha
portato alla nascita del sistema di Bretton Woods alla fine
della seconda guerra mondiale del secolo scorso.
Un evento a cui però ben pochi dei commentatori
attribuiscono una grado di probabilità elevato.
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Lezione 1