impaginato 30 settembre:Layout 1 30-09-2008 12:07 Pagina 1 N ell’ambito delle iniziative per il 50° anniversario dell’elezione al Soglio pontificio di Angelo Giuseppe Roncalli, abbiamo pensato ad una pubblicazione che, seppur nella sua brevità, prendesse in esame il rapporto del futuro Beato Papa Giovanni XXIII con la nostra città. Si tratta in particolare degli anni del Seminario e dei primi anni di sacerdozio, quando don Angelo viveva a Bergamo. Ma anche di tanti sprazzi della sua vita successiva, negli importanti ruoli ricoperti, fino a quando da Papa ricordava con nostalgia Bergamo. Con l’aiuto e la sensibilità di Emanuele Roncalli ripercorriamo gli anni della formazione sacerdotale, del fedele servizio al Vescovo Radini Tedeschi, l’azione costante in favore dei giovani, l’aiuto alle famiglie nelle crescenti difficoltà economiche di quegli anni. Insieme possiamo riconoscere l’amore per Bergamo che accompagnerà sempre don Angelo Giuseppe, Nunzio Apostolico, Patriarca di Venezia, Sommo Pontefice. Spesso di Giovanni XXIII si ricordano, giustamente, gli anni di un papato che ancora oggi è nel cuore di persone in ogni angolo della terra. Si ricordano con gratitudine le sue encicliche Pacem in Terris e Mater et Magistra; il Concilio Vaticano II, i famosi discorsi ai bambini ed ai carcerati. Ma la vita di Angelo Giuseppe Roncalli rimarrà per sempre legata al paese natio di Sotto il Monte e alla città di Bergamo. È auspicabile pertanto che in questa ricorrenza si riscopra la sua opera in ogni luogo dove fu chiamato ad esercitare il Ministero. Questo libretto è a disposizione di tutti per una riscoperta della sua opera nella nostra città; magari per molti sarà una felice occasione per conoscere e approfondire la conoscenza della sua vita. Ringraziamo l’editore e le aziende che hanno collaborato alla realizzazione di questa edizione, ringraziamo Emanuele Roncalli che è riuscito nella non facile opera di sintesi. Ci auguriamo che risulti un dono gradito e che soprattutto per le giovani generazioni costituisca un ulteriore stimolo per approfondire la conoscenza delle opere del nostro don Angelo. Roberto Bruni Marco Brembilla Sindaco Presidente Consiglio Comunale impaginato 30 settembre:Layout 1 30-09-2008 12:07 Pagina 2 “Dilettissima Bergamo...” on le dico se la nostalgia di «NBergamo e del mio nido di Testi Emanuele Roncalli “DILETTISSIMA BERGAMO...” Referenze fotografiche e ricerca iconografica Emanuele Roncalli, Sotto il Monte Giovanni XXIII Archivio Roncalli, Sotto il Monte Giovanni XXIII Thomas Magni, Bergamo Fotografia Pontificia Felici, Roma Grafica e impaginazione Pier Rocco Gianati © 2008 Edizioni Progetto 24020 Gorle, Bg www.velar.it Tutti i diritti di traduzione e riproduzione del testo e delle immagini, eseguiti con qualsiasi mezzo, sono riservati in tutti i Paesi. Stampa Litostampa Istituto Grafico Ottobre 2008 Sotto il Monte non venga di tratto in tratto a tentarmi. Chi sa! Forse alla fine potrà scappar fuori una visita di qualche giorno ai dolci luoghi noti. Ma per mio conto non chiederò nulla». Papa Giovanni così confidava a mons. Adriano Bernareggi, vescovo di Bergamo, il desiderio di tornare nei luoghi natali e nella propria città. Il sogno non poté mai realizzarsi, ma questo pensiero – uno dei tanti rivolti alla terra orobica – testimonia l’affetto di Giovanni XXIII per la sua città. Il legame con Bergamo e Sotto il Monte non venne mai meno. Dagli anni del Seminario a quelli trascorsi in Oriente, dal periodo della Nunziatura al Patriarcato di Venezia, al quinquennio sulla Cattedra di San Pietro, per tutta la vita insomma, il nome di Bergamo rimase impresso nella sua memoria, nei suoi ricordi personali, negli scritti ai sacerdoti e ai vescovi della città, nei messaggi ai sindaci, alle autorità bergamasche, ad amici e conoscenti. Ripercorrere le orme di Roncalli a Bergamo è impresa ardua: infiniti sono i riferimenti, i luoghi, i volti che associano Giovanni XXIII alla sua città e alla terra bergamasca, «riconosciuta – scrisse una volta al parroco di Sotto il Monte, don Giovanni Birolini – come la diocesi più fervorosa d’Italia». Lasciata la città per Roma, nel 1924 annotò ne Il Giornale dell’anima, suo diario spirituale: «Si compiono già tre anni dacché ho iniziato, per obbedienza, il ministero di presidente per l’Italia della Pontifica Opera della Propagazione della Fede nel mondo, che tu mi sii sempre presente, o mio Signore Gesù, e buono e misericordioso […]. Ho lasciato a Bergamo con pena ciò che tanto amavo, il Seminario dove il vescovo mi aveva voluto, inde- 3 impaginato 30 settembre:Layout 1 4 30-09-2008 gnissimamente, padre spirituale, e la Casa degli Studenti, figlia diletta del mio cuore. Mi son gettato con tutta l’anima nel mio nuovo ministero. Qui devo e voglio restare senza pensare, senza guardare, senza aspirare ad altro; tanto più che qui il Signore mi dà dolcezze inenarrabili». La statua di Durante un riSant’Alessandro tiro spirituale a sulla cupola del Duomo di Bergamo. Istanbul, sul Bosforo, presso i Lazzaristi, e al termine di una visita apostolica ai cattolici georgiani di Turchia, inviò gli auguri al vescovo di Bergamo mons. Marelli, affermando: «Bergamo non appare mai così bella, così fervorosa, così elevata nelle manifestazioni della fede e della pietà cristiana, come allorché la si osserva da lontano e nella visione immediata di altre terre». Divenuto Patriarca di Venezia, così esordì davanti al popolo veneto: «Alla fine della mia lunga esperienza, eccomi rivolto verso Venezia, la terra e il mare familiari ai miei proavi durante ben quattro secoli, più familiare ai miei studi, e alle mie simpatie personali. Forti vincoli mi legano a Venezia. Pro- 12:07 Pagina 4 vengo da Bergamo, terra di San Marco, patria di Bartolomeo Colleoni, dietro la mia collina è Somasca, lo speco di San Girolamo Emiliani». Da Papa, Bergamo non l’avrebbe mai più rivista se non nelle fotografie alle pareti delle sue stanze più intime nell’appartamento pontificio. In una lettera al coetaneo Pietro Donizetti, sindaco del paese scrisse: «Tu mi parli di Sotto il Monte […]. Io non so spiegare a me stesso l’attaccamento […] per questo piccolo angolo di mondo dove nacqui, donde rimasi quasi tutta la mia vita assente, e dove amerei finire in pace i miei giorni […]. Girando il mondo trovo tutto più vago ed interessante di quello che non siano i miti colli orobici, pur così belli, specialmente quelli che fanno corona alla città». Oggi il nome di Giovanni XXIII compare nella toponomastica di tutti i paesi della Bergamasca. Vie e piazze, in città e provincia, sono state intitolate negli anni al pontefice bergamasco e alle sue encicliche. Statue, busti, monumenti adornano giardini ed edifici di ogni angolo della terra orobica. Istituzioni civili, fondazioni religiose, associazioni – e ora anche il nuovo ospedale di Bergamo – portano impresso il nome del nostro cittadino più illustre: terranno viva la memoria di un grande personaggio della Chiesa e tramanderanno i suoi esempi alle nuove generazioni. Il seminario a prima famiglia di Bergamo conosciuta dal piccolo Angelo Roncalli fu certamente quella dei Conti Morlani. La casa natale del futuro pontefice appartenne sino alla fine della Prima guerra mondiale a questi nobili della città, dei quali i Roncalli erano fittavoli e mezzadri, poi, nel 1919, divenne proprietà dei familiari del futuro Papa che la comprarono insieme ai quattro ettari di terra che già lavoravano a mezzadria. Un acquisto reso possibile con il risparmio di denari messi insieme con parsimonia. Si trattò di un’operazione del costo di cinquantamila lire di allora, garantita dal fido bancario di Carlo Ambrosioni, una persona vicina alla famiglia Roncalli. Il debito L scese lo stesso anno a undicimila lire grazie a un’eccezionale vendita di bozzoli dei bachi da seta. Ma il vero legame con Bergamo nacque allorquando il piccolo Angelo intraprese la strada del Seminario, dove avrebbe trascorso sette anni, dal novembre del 1892 al novembre 1899. Nel 1892 a 11 anni Angelo entrò nel Seminario vescovile – «uno dei più forti amori della mia vita» lo definirà da Papa – per gli studi ginnasiali e liceali, grazie anche all’aiuto economico del suo parroco don Francesco Rebuzzini e di mons. Giovanni Morlani. «Le vacanze dell’estate di quell’anno – scrisse il compianto mons. Mario Benigni, vice postulatore Il seminario vescovile di Bergamo oggi. In seminario, Roncalli trascorse sette anni: dal novembre 1892 al novembre 1899, dagli 11 ai 18 anni, dalla terza ginnasio alla teologia. 5 impaginato 30 settembre:Layout 1 6 30-09-2008 della Causa di beatificazione di Papa Giovanni, nonché biografo, in particolare del periodo bergamasco – devono essere state molto impegnate nello studio: la prima settimana di ottobre era atteso infatti, con altri 50 ragazzi, in Seminario a Bergamo per la prova di ammissione alla terza classe ginnasiale. Il primo vero esame della sua carriera scolastica durò due giorni, il 5 e il 6 ottobre. Il verbale numero 45 nel registro del Seminario non riporta da chi e su che cosa sia stato esaminato, ma solo il giudizio, chiaro e sibillino nello stesso tempo: ammesso in prova». Allora il Seminario era già sul colle San Giovanni, «in grandi antiche e nobili dimore – aggiunse Benigni – e in fabbricati di nuova costruzione terminati nel 1834 attorno alla bella e già antica chiesa dedicata al Santo evangelista». La lontananza da casa (rientro per le vacanze solo a Pasqua), la folla degli studenti, gli enormi dormitori, l’ambiente e i volti nuovi insomma, non misero a proprio agio il giovane Angelo. Non così le regole prescritte in un libretto dal vescovo Guindani, che rappresentarono per lui una prima guida, in quanto tracciavano la giornata tipo del seminarista. Di quel lungo periodo, Roncalli ricorderà ogni volto dei «cari condiscepoli», stilando una lunga lista trovata nelle sue carte del 1930, e anche dei docenti e rettori: Fran- 12:07 Pagina 6 cesco Mazzola, Pietro Zanchi, Vincenzo Foresti, Bernardo Longoni, Bernardo Motta, Luigi Pagani, Pietro Pandolfi, G. Battista Pesenti Rossi, Giovanni Battista Florindi, Isacco Fornoni, Giacinto Dentella. Quest’ultimo, rettore e canonico, lo benedì il 24 giugno 1895 giorno della vestizione dell’abito talare. Quattro giorni dopo, non ancora quattordicenne, ricevette la tonsura (il taglio a forma di croce di una ciocca di capelli) e fu iscritto tra i membri del clero bergamasco. Lo stesso anno, a novembre, iniziò la stesura de Il Giornale dell’anima, dove emerge sin dai primi scritti la determinazione di fare ogni sforzo per diventare Santo. Le tappe successive furono l’esorcistato e l’accolitato, due ordini minori che il chierico Roncalli ricevette nella chiesa del Seminario domenica 25 giugno 1899, alla fine del primo anno di teologia. «L’antico ordine dell’esorcistato – continuò Benigni – gli dava la facoltà di imporre le mani ai catecumeni nelle tappe di preparazione al Battesimo e ai posseduti dal demonio; l’accolitato gli dava invece la facoltà di servire più da vicino i ministri nella celebrazione dell’Eucaristia». Il 1900 è l’anno dell’addio al Seminario di Bergamo. Su invito dei superiori spedì la domanda all’Arciconfraternita dei Santi Bartolomeo e Alessandro in Roma per ottenere una borsa di studio del Collegio Flaminio Cerasola. E nel gennaio 1901 con i chierici bergamaschi Achille Ballini di Boltiere e Guglielmo Carozzi di Curnasco giunse a Roma e fece il suo ingresso come alunno del Seminario romano maggiore all’Apollinare. In realtà non fu un vero e proprio addio a Bergamo, quanto un arrivederci. Ordinato sacerdote, tornato in città, nominato segretario del vescovo Radini Tedeschi, don Angelo nel 1906, all’età di 25 anni e sacerdote da soli due anni, ricevette l’incarico di docente di Storia ecclesiastica del Seminario di Città Alta. Nei panni di insegnante, don Roncalli si espresse in modo «piuttosto monotono», riferì un alunno al vice postulatore Benigni, «si limitava a leggere il testo: scelta più che comprensibile e giustificata per il primo anno di insegnamento». Ancora in Seminario, nel 1907 ricevette l’incarico di insegnante di patrologia o lettore di patristica nei corsi teologici, e di apologetica in quelli liceali, entrambe le cattedre erano di nuova istituzione. Oggi il volto bonario di Roncalli accoglie chiunque varchi l’ingresso del nuovo Seminario di Città Alta. È il viso scolpito nel bronzo della grande statua che lo vede indossare le vesti papali. A quel luogo Giovanni XXIII guardò sovente con nostalgia. Seguì, per quanto possibile, la riedificazione dell’imponente struttura sul colle San Giovanni che la diocesi e il vescovo Giuseppe Piazzi gli vollero dedicare. Sin dai tempi del patriarcato di Venezia, accolse l’invito a far parte del Comitato d’onore per la ricostruzione del 7 impaginato 30 settembre:Layout 1 8 30-09-2008 grande istituto. Da Papa ricevette varie volte i seminaristi bergamaschi, donando loro una fascia con il suo stemma. Altre volte spedì libri per la biblioteca del Seminario. Per la riedificazione mise a disposizione una generosa somma in occasione della posa della prima pietra (20 settembre 1960). Ne Il Giornale dell’anima annotò alcune disposizioni testamentarie a favore del suo Seminario «sempre da me tanto amato e dove fui per 25 anni discens e docens». Quelle volontà, redatte quand’era cardinale e patriarca di Venezia, in seguito furono annullate, ma testimoniano l’attenzione viva e la sensibilità di Roncalli verso l’istituzione di Città Alta. Diventato nunzio ricordò: «Mi piace farmi vivo presso il mio sempre carissimo Seminario di Bergamo, salutare il rettore che ormai resta con pochi a ricordarmi gli anni in cui la nostra giovinezza fioriva insieme, docendo vel discendo (insegnando o apprendendo), e riguardava con fiducia a un avvenire che nessuno avrebbe immaginato così carico di complicazioni e di tristezza. Il tornare del mio pensiero al Seminario e a quegli anni ricrea il mio spirito e conferma il cuore. In fondo la vita si venne poi tessendo per tutti e per ciascuno, come era stato indicato allora, i principi ivi appresi non trovo affatto che siano invecchiati o sorpassati: e nel servizio che la 12:07 Pagina 8 Provvidenza chiese alla mia povera persona tanto in Oriente che ora in Occidente, vedo non mi occorre altro di dottrina e di direzione pratica da quella che il Seminario di Bergamo mi insegnò e rimase più profondo, perché crebbe colla mia adolescenza e colla mia giovinezza, e non fu cosa appiccicaticcia degli anni successivi». Durante il periodo trascorso in Seminario, talvolta uscì con i seminaristi per una passeggiata in Città Alta. I tesori artistici, i monumenti, le testimonianze del passato non passarono inosservati al giovane Roncalli: si fermava in piazza del Duomo, scopriva la sontuosità della Basilica di Santa Maria Maggiore, gettava uno sguardo al Battistero del secolo XIV, disegnato da Giovanni da Campione, e all’esterno, in corrispondenza degli spigoli smussati dell’ottagono, notava sui pilastri a forma di nicchia le simboliche figure delle virtù: fede, speranza, carità; temperanza, giustizia, prudenza, fortezza. «Non le dimenticherà mai – ha scritto Marco Roncalli in una recente biografia giovannea – e, divenuto Papa, descriverà più volte il monumento al suo segretario Loris Capovilla, il quale sostiene di risentire ancora la voce di Roncalli dirgli: Tre statue rappresentano le virtù teologali, quattro le cardinali. Cosa raffigura l’ottava? La pazienza. Ricordatelo. Dove c’è la pazienza di- mora anche la letizia. Non si va a Dio senza la luce di queste sette lampade: le virtù teologali e cardinali, non si tiene saldo il gomitolo del nostro destino senza il culto della pazienza». Da Patriarca di Venezia, inviò un messaggio al vescovo mons. Giuseppe Piazzi: «Mezzo secolo fa la diocesi di Bergamo contava poco oltre 300 mila fedeli. Ora sorpassa i 600 mila. Le confesso: in questi ultimi tre anni seguii con rispettoso e ansioso silenzio quanto mi giungeva all’orecchio circa la minacciata stabilità dell’imponente edificio del Seminario Bergomense trasferito 135 anni orsono da via Tassis sul Colle San Giovanni in Arena: ed esultai quando seppi delle ultime decisioni adottate. E poiché mi restava in cuore l’obbligo di rispondere all’invito così amabile […] a dare il mio nome al Comitato d’onore per la ricostruzione del grande Istituto, son ben lieto di dichiarare ora la mia accettazione, e di ringraziare per la distinzione fatta al mio umile nome. Confido di poter offrire verso l’autunno di questo anno, al Seminario Bergomense, che resta sempre uno dei più forti amori della mia vita, il segno documentario e monumentale insieme, della mia fedeltà maturatasi in quarant’anni di sollecitudini dirette od associate alla illustrazione di uno dei periodi più interessanti della nostra Chiesa Bergomense». Roncalli (primo da destra) giovane seminarista a Roma (1901). 9 impaginato 30 settembre:Layout 1 30-09-2008 12:07 Pagina 10 Il Duomo e la Basilica ant’Alessandro e Santa Maria Maggiore. Il Duomo e la Basilica: le due chiese di Bergamo alle quali Roncalli legò indissolubilmente il proprio nome. Non a caso nel suo stemma volle inserire il giglio di Sant’Alessandro a significare il Capitolo di Bergamo, di cui Roncalli fu membro canonico onorario dal 1921. Nella casa di Camaitino, nello studio al piano superiore, aveva sotto gli occhi una tela di Giuseppe Orelli (1700-1774) raffigurante Sant’Alessandro vessillifero e un putto con fiori su un vassoio e la scritta: Miro ex sanguine flores. Il 28 settembre 1898, festa del XVI centenario del santo patrono di Bergamo, fu l’occasione per assistere in Sant’Alessandro in Colonna, alla messa del cardinale Giuseppe Sarto. Divenuto Papa, nei suoi scritti e discorsi, sovente riservò la propria attenzione al «suo» patrono. «Nei tempi della mia giovinezza – scrisse – ricordo di aver messo innanzi io stesso la breve invocazione che trovai su un antico sigillo medievale: Beate Alexander, serva clerum et plebem. O beato Alessandro, proteggi il clero e il popolo tuo. Bergamo ti sarà sempre fedele. E questi fiori di cui, come canta l’inno delle lodi, tu vessillifero delle schiere purpuree, ornasti morendo S 10 la fronte dei tuoi, trasforma ed accresci nelle età venture in frutti di salute e di gloria». In una lettera al vescovo mons. Piazzi, da Castel Gandolfo l’8 settembre 1960, Giovanni XXIII inviava uno speciale ricordo ai conterranei: «Diletti figli convenuti dalle varie chiese che abbelliscono la nostra città, da quelle ampie e magnifiche: Cattedrale di Sant’Alessandro e Basilica di Santa Maria Maggiore, fulgide corone del nostro amore, mons sanctus et collis praeclarus, sino alle altre egualmente splendide e devote, disposte sul pendio e nel centro urbano e popoloso dell’attività e del lavoro…». L’anno dopo, il 25 agosto, vigilia della festa patronale di Bergamo, ancora al vescovo di Bergamo rivolgeva parole piene di nostalgia: «Che gaudio sarebbe anche per me partecipare di presenza alla festa di Sant’Alessandro […]. Le parole del sigillo di Sant’Alessandro furono ispirazione dell’umile scrivente, ad ornamento del primo numero di La Vita Diocesana, nel 1909. Ci è sempre caro il ripeterle, pensando alla dilettissima e incantevole Bergamo nostra: Beate Alexander, serva clerum et plebem». Il 17 dicembre 1959, già nel secondo anno di pontificato, Papa Giovanni ai pellegrini di Bergamo giunti a Roma parlò con queste pa- role: «La storia di Bergamo è racchiusa, per lo più, entro i confini della stessa diocesi: ed è una storia di grande risalto per la vita dello spirito. Si direbbe che i gigli e le rose germogliati, secondo l’antico racconto, dalle gocce di sangue del martire Sant’Alessandro, corrispondano alle realtà consolanti di tanti secoli». Pensieri non meno intensi quelli rivolti alla Basilica di Santa Maria Maggiore, che fu oggetto anche di studi nel corso della stesura del volume sulla MIA, Misericordia Maggiore. Eccone uno stralcio. «Qui, dove parli tu, o tempio nostro glorioso di S. Maria Maggiore, che sorgesti testimonio e suggello della fede e della pietà di quei tempi in cui la città prosperava sotto gli auspici del libero Comune. Le tue pietre compongono il più splendido monumento alla memoria di quei devoti uomini, che proseguendo lungo le età il loro ideale purissimo Mons. Roncalli (seduto al centro), canonico onorario del Duomo (1921). 11 impaginato 30 settembre:Layout 1 30-09-2008 qui ti vollero grande e magnifico fra i più belli d’Italia». «Se fu infatti per uno slancio di pietà cittadina che verso la metà del secolo XII la maestosa fabbrica si iniziò e dopo lungo e dispendioso lavoro venne condotta a termine, è tuttavia alle benemerenze speciali del Consorzio della Misericordia che si ricollega quel lungo periodo di splendore le cui impronte noi ancora oggi ammiriamo, stupefatti, di tanta magnificenza, e insieme addolorati che la 12 12:07 Pagina 12 vicenda delle umane cose, mentre avvolse uomini, istituzioni e memorie abbia tolto qualche parte al decoro primitivo». E a proposito delle testimonianze artistiche presenti nella Basilica: «Ispirati […] al culto della bellezza […] questi nostri avi generosi tutte le arti belle vollero qui convocate in armonioso convegno, perché più eletto olezzasse il fiore della loro pietà; ed è con legittima e dolce compiacenza che noi additiamo ai forestieri, vagamente disposte intorno e dentro alla basilica insigne, le diverse forme onde apparve più gloriosa l’arte nostra italica». Passando in rassegna le opere d’arte, Roncalli così le descrisse: «Arte mistica e ingenua del Trecento, qui riflessa nel verecondo sorriso dei Santi e delle Madonne disegnate intorno alle cappelle ed alle pareti esterne dai nostri primi e buoni pittori, e nelle immagini giottesche dell’albero di San Bonaventura; mentre, sotto lo scalpello dei Campilio- ni, profili di apostoli, e figure d’angioli, e simboli, e geni, e fregi salivano ad adornare i magnifici portali; e Andreolo de’ Bianchi lavorava con finezza insuperabile la gran croce meravigliosa». «Arte signorile e svelta del Quattrocento – aggiunse –, che ispirò la creazione della prima sacristia» e poi «il bel campanile, quasi a destare le invidie del gran capitano (Bartolomeo Colleoni) che subito vi contrappose, nuovo prodigio di eleganza, la sua cappella incomparabile». «Arte fulgida del Cinquecento – proseguì –, trionfante nelle tarsie del coro, opera stupenda di unica più che rara bellezza posta là ad evocare intorno all’altare di Cristo e di Maria i grandiosi episodi della biblica storia». Ma Roncalli non mancò di fare alcuni rilievi critici, in particolare alla sovrapposizione degli stili nel corso del tempo, soprattutto quello barocco. «Fu un vero peccato quella decorazione – è doveroso ripeterlo –, ma noi perdoneremo di buon cuore ai nostri maggiori il peccato, che fu più della loro età che di loro, mentre essi ci diedero per tal modo un nuovo tempio di un’impronta originale tutta sua, e che riscuote unanime consenso di ammirazione». Infine un accenno alle tarsie del coro, agli arazzi «preziosissimi narranti tutti intorno alle pareti gli episodi più solenni della vita della Vergine augusta». Segretario del vescovo Radini Tedeschi el 1905, Roncalli fu scelto dal nuovo vescovo di Bergamo, Giacomo Maria Radini Tedeschi, quale segretario personale. Lo aveva già conosciuto nel settembre 1899 nella casa del parroco delle Ghiaie di Bonate, don Alessandro Locatelli, il quale era stato prefetto di camerata del giovane Radini nel Collegio Vescovile Sant’Alessandro a Bergamo negli anni 1870-1874. «Furono dieci anni di intenso im- N pegno – afferma Goffredo Zanchi in una biografia di Papa Roncalli – accanto ad un vescovo autorevole, molto dinamico e ricco di iniziative che contribuirono a fare della diocesi bergamasca un modello per la Chiesa italiana». Grazie a quell’incarico poté viaggiare in Italia e all’estero, da Roma a Lourdes, e soprattutto poté conoscere da vicino, durante le visite pastorali, anche le più piccole realtà della 13 impaginato 30 settembre:Layout 1 30-09-2008 12:07 Pagina 14 La Casa dello Studente ’idea di aprire un ritrovo serale per gli studenti fu proposta dal vescovo a don Angelo nel febbraio 1918. Il luogo scelto: palazzo Marenzi, in piazza San Salvatore a Città Alta, di fronte all’omonima chiesa e a due passi dall’episcopio. Qualche decennio prima, nel 1880, era stata aperta un’altra casa per gli studenti in via Solata, ma quell’esperienza fu destinata ad esaurirsi per vari motivi, non ultimo la mancanza di volontari. Roncalli accettò subito l’incarico e si diede da fare per assistere concretamente i giovani impegnati nella formazione e nello studio. L Don Angelo Roncalli (terzo da destra in piedi) con sacerdoti e il Vescovo mons. Radini Tedeschi. 14 Bergamasca, tessendo relazioni, incontri, amicizie con tantissimi bergamaschi. Dedizione, discrezione ed efficienza: furono questi i tratti distintivi del giovane segretario. A sua volta il vescovo Radini Tedeschi (morto il 22 agosto 1914) rimase per sempre guida ed esempio per don Angelo Roncalli. Il segretario del vescovo divenne una figura familiare a personaggi importanti come il cardinale Ferrari di Milano, il cardinale Desiré Mercier di Lovanio, e ad altri di primo piano, quali il Toniolo o il conte Dalla Torre, il conte Stanislao Medolago Albani o Niccolò Rezzara. Roncalli, grazie all’incarico di segretario, incontrò anche alte per- sonalità: come la regina madre Margherita di Savoia che – il 6 luglio 1905 – visitò Bergamo, accompagnata dal conte Suardi, e in duomo baciò l’anello di monsignor Radini Tedeschi prima di partire per il soggiorno al Grand Hotel di San Pellegrino Terme. «Preso nel vortice di impegni e incontri – annota Marco Roncalli – il segretario vescovile è sempre più in movimento, sino a sentirsi “un baule sempre in viaggio: quando non sto fuori, in città o in campagna in mezzo alla folla che è entusiasta per il vescovo […]; in casa sono preso d’assalto per le visite, corrispondenza e per un cumulo di piccole cose che rompono la testa e che non lasciano un momento di riposo mai”». Don Angelo con i ragazzi della Casa dello Studente. Rimboccò le braccia e iniziò a preparare la sede: gli arredi, i mobili, la cappella. Aiutato anche dalle sorelle Ancilla e Maria, e da alcuni chierici, Roncalli dopo pochi mesi poté tracciare un bilancio più che lusinghiero. Lo scrisse in una lettera del Natale 1918 a mons. Spolverini: «Chi l’avrebbe mai pensato? In poche settimane sono diventato il fondatore (!) nientemeno e il direttore di una Casa degli studenti con pensionato, scuole di religione, ritrovi serali, doposcuola eccetera, e il propulsore più notevole di un più vasto programma di formazione e di assistenza della gioventù 15 impaginato 30 settembre:Layout 1 30-09-2008 studiosa in Bergamo […]. L’opera incontra la generale simpatia della cittadinanza […]. Non mancano le preoccupazioni, spesso dolorose, specialmente per i giovani del pensionato». La Casa fu aperta – inizialmente per qualche ora al pomeriggio – nel giugno 1918, ma la vera inaugurazione avvenne più tardi e nel novembre giunsero i primi studenti del pensionato. Il giorno del suo 37° compleanno, Roncalli ricevette nella Casa la visita del Vescovo Marelli che nella circostanza 12:07 Pagina 16 benedì la cappella. Le attività erano ormai in pieno svolgimento. Roncalli pensò a replicare l’esperienza nella Casa aprendo altre sedi e pensionati come il Collegio Sant’Alessandro. Gli istituti vescovili della città infatti non parevano sufficienti a venire incontro alle esigenze della gioventù. Così si decise di progettare l’Opera di Sant’Alessandro. La stesura del progetto spettò a Roncalli. Il 30 ottobre 1918 si iniziò ufficialmente l’Opera e la Società Anonima Commerciale Juventus. Il servizio militare el 1901, a distanza di neanche un anno dal suo arrivo a Roma come studente del Seminario romano, Roncalli fu raggiunto dalla «cartolina gialla»: chiamato al servizio di leva. Una cartolina temuta, ma prevedibile. Consigliato anche dai familiari, fece richiesta di anticipo volontario, «sacrificandosi a favore del fratello Zaverio che era necessario a casa per i lavori nei campi». Riuscì a ridurre la ferma a un solo anno, contro i due previsti dalla legge, con il pagamento di 1200 lire, anticipati dalla curia diocesana, come permetteva il regolamento. Roncalli dunque lasciò l’abito nero per indossare la divisa grigioverde e arruolarsi nel settantatreesimo N 16 reggimento fanteria, brigata Lombardia, di stanza a Bergamo. Il 30 novembre 1901 tornò in città. Bergamo aveva cambiato volto. La cinta daziaria delimitata dalle mura quattrocentesche, le «muraine» che circondavano quasi completamente la città bassa, era stata distrutta. Rimaneva in piedi la torre del Galgario, a due passi dalla caserma Umberto I (poi chiamata Montelungo), dove Roncalli divenne la matricola 11331/42, assegnata al Regio esercito italiano. Così recita il suo libretto personale: «Statura metri 1,66, capelli neri lisci, occhi castani, colorito pallido, dentatura sana, fronte alta, viso ovale». Il motto del reggimento – Il sergente Roncalli terzo da destra, seduto (1915). quanto di più lontano dal suo spirito e dalla sua educazione di giovane chierico – era: Acerrimus hostibus (durissimo ai nemici). Fu un vero purgatorio «eppure – scrisse il soldato Roncalli – sento il Signore con la sua Santa provvidenza vicino a me, oltre ogni aspettazione». Le giornate erano scandite da un rituale rigoroso: l’alzata, la branda, l’alzabandiera, le marce, le manovre a San Rocco di Ranica, le esercitazioni di tiro che lo costrinsero a impugnare le armi e a innestare le baionette, i turni di sentinella ai corpi di guardia della caserma e al reclusorio di San Fran- cesco (nel vecchio convento di Città Alta). Per un po’ trovò ottimi superiori che lo rispettavano come chierico concedendogli la libertà di professare le sue pratiche religiose. Alcuni commilitoni – bergamaschi e bresciani – lo aiutarono, evitandogli servizi e seccature. La sera, fuori dalla caserma, saliva in seminario. A svelare quale fosse l’animo di Roncalli in quel periodo, c’è una mirabile lettera inviata al rettore del Seminario romano, mons. Vincenzo Bugarini, scritta la notte del 28 marzo 1902, Venerdì Santo, tra un turno e l’altro di guardia. 17 impaginato 30 settembre:Layout 1 30-09-2008 Don Angelo Roncalli, sergente di Sanità, maggio 1915-marzo 1916, poi tenente cappellano. 18 «Sono qui armato di tutto punto, chinato su questo foglio, il solo che sia desto in questa bella notte del Venerdì Santo, in mezzo ai miei compagni di consegna sonnecchianti sui poco morbidi tavolacci. Godo ravvicinarmi a quei poveri soldati romani veglianti sulla tomba di Gesù, e perché il sonno funesto non mi sorprenda mentre aspetto l’ora solenne della risurrezione, mi è dolce pensare alla patria lontana, alle gioie passate, alle speranze, agli ideali di un tempo e sempre nuovi, alle persone più 12:07 Pagina 18 care che ho incontrato nel cammino della vita. C’è un po’ di poesia in tutto ciò, lo comprendo, ma è una poesia che mi sgorga dal cuore più che dalla fantasia e che mi aiuta a tenermi sollevato da tante miserie che mi circondano». Quello fu un periodo davvero duro per il soldato Roncalli. «Conosco la vita della caserma, ne inorridisco al solo pensiero. Quante bestemmie in quel luogo, quante sozzure» scriverà su Il Giornale dell’anima. E nelle stesse pagine: «Oh, il mondo come è brutto, quanta schifezza, che lordura! Nel mio anno di vita militare l’ho ben toccato con mano. Oh come l’esercito è una fontana donde scorre il putridume, ad allagare le città. Chi si salva da questo diluvio di fango, se Dio non lo aiuta? Ti ringrazio, o Dio mio, che mi preservasti da tanta corruzione […]. Io non credevo che un uomo ragionevole si potesse abbassare così. Eppure, è un fatto; ed oggi, con la mia poca esperienza, mi pare di poter dire che più d’una metà degli uomini, per qualche tempo della loro vita, diventano animali vergognosi. E i sacerdoti? Dio mio, io tremo, pensando come non siano pochi, anche fra di loro, quelli che deturpano il loro sacro carattere. Oggi non mi meraviglio più di niente; certe storie non mi fanno più impressione». Alla fine di maggio fu nominato caporale, passando dall’ottava alla prima compagnia sempre nella ca- serma di Bergamo. Le foto del tempo lo ritraggono con i gradi e i baffi che si è lasciato crescere. Sul Diario spirituale annotò: «Per me fu un cambio infelice. Forse l’essere io chierico urta un po’ i nervi al mio nuovo signor capitano, che mi crede meno amante dell’Italia e delle istituzioni per questo». A Dorga, in Valle Seriana, fu consegnato proprio dal capitano Galli assieme ai soldati rimasti indietro nella marcia: una punizione che proprio non si aspettava. Ma il 30 novembre arriverà il congedo e con esso la nomina a sergente. Si affrettò a darne notizia al suo rettore di Seminario a Roma: «S’immagini […] di quanta consolazione mi senta inondare il cuore in questi giorni. Finalmente sono ritornato Chierico un’altra volta e per sempre anche nell’abito. Appena uscito di caserma mi sono spogliato dell’uniforme aborrita, ho baciato piangendo la mia cara sottana e sono tornato fra i superiori e gli amici, fra i parenti fatto più degno della loro compagnia […]. L’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata. Qui, al mio paese l’inverno è appena cominciato, la nebbia e la neve sono cadute: eppure per me l’inverno è passato, spuntano già i fiori di primavera, i fiori di Pasqua. Sento la voce amica che mi chiama. Eccomi un’altra volta […]. Sono risorto, e ora sono con te, alleluia». Cappellano negli ospedali della città redici anni dopo, le porte della caserma militare, che Roncalli riteneva ormai chiuse definitivamente per lui, si spalancarono invece un’altra volta per richiamare in servizio il sergente Roncalli durante la guerra 1915-1918. «Domani parto per il servizio militare in Sanità – confidò nelle pagine de Il Giornale dell’anima qualche ora prima –. Dove mi manderanno? Forse sul fronte nemico? Tornerò a Bergamo, oppure il Signore mi ha preparata la mia ultima ora sul campo di guerra? Nulla so; questo T solamente voglio, la volontà di Dio in tutto e sempre, e la sua gloria nel sacrificio completo del mio essere» (23 maggio 1915). Il sergente di sanità Roncalli si trovò a prestare servizio nelle diverse sedi degli ospedali militari sussidiari di Bergamo. Il 28 marzo 1916 ricevette, grazie ai buoni uffici del Vescovo mons. Marelli, il grado di cappellano militare dell’Ospedale militare di riserva in città, chiamato anche Ricovero Nuovo (l’attuale Clementina). In questo periodo si trovò a pre- 19 impaginato 30 settembre:Layout 1 20 Cappellano militare (1917). 30-09-2008 12:07 Pagina 20 stare servizio anche all’Infermeria Presidiaria, nella caserma in Piazza d’Armi nella zona di Borgo Santa Caterina, mentre l’ospedale di riserva era al «Banco Sete», così chiamato perché era nella sede del mercato delle sete, all’interno del complesso delle filande Zophi e del setificio Zuppinger in via Broseta. Il sergente Roncalli ebbe l’incarico di coordinare l’assistenza religiosa ai soldati di stanza a Bergamo. A lui vennero anche affidati i prigionieri gravemente malati di malattie contagiose, provenienti dall’Austria via Svizzera. All’opera di assistenza religiosa ai militari, don Angelo unì sempre la propria collaborazione con il vescovo per la diocesi. Alla fine dell’ottobre 1918, a Bergamo giunse l’eco delle notizie dei soldati italiani impegnati sul Piave. In pochi giorni i nostri militari avevano preso Vittorio Veneto e fatto indietreggiare gli austriaci. L’esercito austriaco andò allo sbando, l’Italia conquistò la vittoria. «La sera del 3 novembre 1918, domenica – ha scritto Marco Roncalli ripercorrendo quei giorni – Bergamo s’illumina come d’incanto dopo tanti mesi di malinconico oscuramento. Punti di ristoro e negozi d’improvviso vengono rischiarati a giorno. Tutta la luce possibile viene accesa. E dove non bastano lampioni o lampadari esterni, si portano sui balconi gli abat-jour. Le truppe italiane sono a Trieste, Trento è presa, Udine libe- rata. La notizia ufficiale della vittoria viene data dal direttore de L’Eco di Bergamo, don Clienze Bortolotti, che la grida fuori dal bar Nazionale, sul Sentierone, nel cuore della città bassa, e subito passa di voce in voce. Nelle strade cittadine si formano cortei con bandiere, suoni e canti inondano ogni quartiere. Il tricolore viene esposto dappertutto, anche sui tram. Si grida “Sei fuori d’Italia, sei fuori straniero”. La città è tappezzata di manifesti inneggianti. E in questo 4 novembre don Roncalli può annotare: “Ieri fu firmato l’armistizio fra l’Italia e l’Austria-Ungheria e oggi alle 15 ha avuto esecuzione. A quell’ora io mi trovavo in chiesa qui al Ricovero con un buon numero di ex prigionieri e abbiamo insieme santificato l’ora preziosa del trapasso fra la lunga guerra e la cessazione delle ostilità nella preghiera di grazie al Signore che davvero ha usato tanta misericordia al popolo suo. La vittoria delle nostre armi ha veramente del grandioso”». Il giorno dopo, sempre sul Diario: «Il trionfo delle armi italiane si delinea attraverso le notizie sempre più splendide. La disfatta del nemico completa e disastrosa». Roncalli concluse il servizio militare il 10 dicembre 1918. A ricordo di quegli anni, e del servizio militare di Roncalli, nella caserma Montelungo di Bergamo è stata collocata una lapide commemorativa. 21 impaginato 30 settembre:Layout 1 30-09-2008 12:07 Pagina 22 Prete del Sacro Cuore boedientia et Pax è il motto dello stemma di Papa Giovanni. «Questo era l’indirizzo fondamentale della sua spiritualità – ha ricordato mons. Antonio Pesenti, in un profilo del Pontefice come prete del Sacro Cuore –. A dire il vero il suo direttore spirituale degli anni 1905-1914, monsignor Fachinetti, pro-vicario generale e primo superiore della Congregazione, usava un’altra frase: Semper in cruce, oboedientia duce. Don Angelo Roncalli, educato ad intingere la penna nel calamaio di San Francesco di Sales, adottò il motto del Baronio che ripeteva baciando la statua di San Pietro: Oboedientia et Pax. L’obbedienza, come disponibilità piena al proprio vescovo, è la caratteristica che dovrebbe distinguere il prete del Sacro Cuore». Don Angelo Roncalli ha sempre vissuto la sua missione secondo tale caratteristica, secondo lo spirito che deve animare la vita del prete del Sacro Cuore, perché fu sempre prete del Sacro Cuore. Al vescovo Radini si deve l’istituzione della Congregazione. Il nuovo vescovo, giunto a Bergamo, nominò una commissione formata da monsignor Giorgio Gusmini, futuro cardinale di Bologna, monsignor Giuseppe Fachinetti, provicario generale e proclamato O 22 primo superiore dei Preti del Sacro Cuore; monsignor Carlo Castelletti, prevosto di Sant’Alessandro in Colonna e ultimo capo del Collegio apostolico; monsignor Luigi Bana, rettore del Collegio S. Alessandro; monsignor Vittorio Masoni, cancelliere vescovile, il prevosto di Sant’Andrea don Luigi Bugada, e don Angelo Roncalli, con il compito di aiutarlo a ricostituire la Congregazione dei Preti del Sacro Cuore, che si era esaurita nella penultima decade dell’800. Il 25 luglio 1906 annunciò di aver ricostituito la Congregazione dei Preti del Sacro Cuore, che dovrebbero, così scrive: «Avere in diocesi un nucleo di sacerdoti i quali attendessero più fervidamente alla miglior perfezione propria e mediante opportune regole fossero al vescovo di singolare aiuto, ponendosi in modo speciale sotto la obbedienza di lui. Avrebbero questi potuto aiutare il vescovo nelle Sante missioni; nel curare gli esercizi per il Clero; nel fornire soggetti adatti alla spirituale direzione dei chierici in seminario e poi dei sacerdoti fuori del seminario e degli istituti femminili diocesani; nell’attendere alla educazione cristiana della gioventù in collegi, scuole pubbliche, oratori, ecc.; nell’imprimere un serio indirizzo alle associazioni cattoliche; nel dare al vescovo soggetti adatti da inviare nella diocesi o come economi nelle parrocchie o come speciali incaricati per affari di rilievo e in genere sacerdoti adatti a ben lavorare sotto l’alta direzione del Vescovo». Agli esercizi spirituali del settembre 1909, don Angelo decise di far parte della Congregazione come membro esterno. Lo rivela Il Giornale dell’anima: «In questi giorni mi sono deciso ad entrare nella nuova Congregazione diocesana dei Preti del Sacro Cuore, e spero di effettuare presto il mio desiderio». Ne esprime le caratteristiche: impone «nulla più di quanto già da tempo io ho promesso al Signore di mantenermi, cioè, come un uomo a completa disposizione dei miei superiori». Elenca i vantaggi: «Sarà però un eccitamento nuovo e continuo ad adempiere tutti i miei vecchi proponimenti a dar buon esempio anche agli altri sacerdoti, specialmente giovani, mi servirà a mantenere vivo in me lo spirito della più perfetta umiltà ed obbedienza e mi terrà più impegnato a non cercare più me stesso in alcun modo ma sempre la volontà di Dio, espressa in quella del mio Vescovo». La domanda di ammissione la presentò solo due anni dopo: nel 1911. Tre anni dopo, Radini morì; don Angelo scrisse nel suo Diario: «Sono Prete del Sacro Cuore. Le cose dette e proposte qui sopra hanno quindi una significazione speciale in relazione alle speciali promesse fatte al Signore quale membro di questa Santa Congregazione. Parteciperò più che mi sarà possibile agli atti in comune dei confratelli, procurando di far 23 impaginato 30 settembre:Layout 1 24 30-09-2008 onore, col mio buon esempio, innanzi a tutto il clero, alla Congregazione che mi ha accolto nelle sue braccia, e di corrispondere ai fini della medesima». Nel 1919, primo decennio della Congregazione – ricorda mons. Pesenti – don Angelo convinse i confratelli a scrivere a Benedetto XV, esponendo l’operato della Congregazione e a mandare le costituzioni. È don Angelo che redigerà la lettera che tutti i confratelli sottoscrivono. Ecco il testo: «Nel compiersi del primo decennio dalla fondazione dell’Istituto che ci accoglie, come membri di una sola famiglia, tutti insieme fraternamente Preti del Sacro Cuore il nostro fervido pensiero si leva a Voi, con espressione di più profonda riverenza, di verace filiale amore». E più oltre: «Padre Santo! Noi non siamo ancora che un piccolo drappello, e intendiamo mantenerci i più umili fra i tanti sacerdoti confratelli della diocesi di S. Alessandro, ma insieme è nostra ferma volontà sforzarci ad ogni potere per riuscire non impari all’altezza della nostra Santa vocazione, quali ci desiderarono i nostri fondatori, quali ci attende per suo aiuto e conforto il nostro Vescovo veneratissimo. Passata la tempesta che noi pure disperse, siamo lieti di constatare che la messe torna a maturare nei campi, e ci lascia sperare una raccolta copiosissima per l’avvenire». 12:07 Pagina 24 Benedetto XV rispose con un Breve in latino incoraggiando a continuare «come avete ben incominciato a ben meritare della diocesi, uniti al Vicario di Cristo con lena tanto maggiore quanto più largo è il campo, in tanta nequizia dei tempi, aperto alla vostra attività». Nel 1925 venne fatto arcivescovo e inviato in Bulgaria. Al superiore don Cesare Carminati nel 1926 confidò: «La volontà del Signore tiene la mia povera persona lontana, e credo ormai per sempre, dalla vita dei Preti del Sacro Cuore. Però solo dalla vita attiva esteriore nella diocesi, non da quel moto interiore dello spirito che ci tiene uniti fraternamente nella ricerca insaziabile del regno di Dio nel mondo, in una comunione di ricordi cari dei primi anni del nostro sacerdozio, in un amore speciale alla nostra Chiesa di Bergamo che contemplata da lontano, in un orizzonte più vasto, ci apparisce anche più splendente di bellezza spirituale incomparabile. Posso ben dire che tutti i giorni il mio pensiero viene a Bergamo e cerca tutti i cari confratelli radunati nella chiesetta di San Giuseppe, o attenti ciascuno all’ufficio suo; e in questo ritorno quotidiano la mia anima trova riposo da cure intense che non sono mai senza pena, anche se ogni pena mi è raddolcita dalla grazia del Sacro Cuore che fortifica ed allieta. Immaginate voi quanto io sia sensibile ad ogni novità che riguarda la congregazione, e come ogni giorno più mi cresca nel cuore il desiderio e il voto di vederla fiorente sicut vitis abundans in lateribus Ecclesiae Bergomensis, ad edificazione del popolo fedele, a collaborazione preziosa del Vescovo e del clero diocesano». E questi sentimenti lo accompagnarono sempre. Divenuto Papa, affermò il 30 settembre 1959: «Durante il mezzo secolo di appartenenza al nostro Istituto, solo per pochissimi giorni mi accadde di non portare la piccola croce d’argento che il Venerato nostro Vescovo, e indimenticabile fondatore mons. Radini Tedeschi mi aveva posto in petto, quando mi accolse ufficialmente come fratello esterno col primo gruppo del 1911. Il nostro caro Superiore attuale don Evaristo Lecchi me l’ha sostituita questa piccola croce, ed io me la porto sempre vicino al cuore ed associata in un palpito solo con la croce episcopale del Sommo Pontefice, che presiede alle sollecitudini per la Chiesa Universale». Ranica ra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento a Bergamo sorse un forte movimento di lavoratori che coinvolse anche le istituzioni della Chiesa. Lo sciopero di Ranica fu un fatto clamoroso e mise in subbuglio tutta la diocesi. Durò quasi cinquanta giorni e fu portato avanti da ottocentotrenta operai tessili (iscritti al sindacato cattolico). Alcune agitazioni si erano già avute negli anni precedenti: nel 1907 a Nembro si era costituito un sindacato. Tuttavia l’astensione del settembre 1909 a Ranica fu aspra. T La scintilla che aveva fatto divampare le reazioni dei lavoratori va rintracciata nel licenziamento del vicepresidente della Lega degli operai cotonieri, Pietro Scarpellini e nel dileggio riservato ad alcune operaie. Fra i motivi dello scontro, anche il contratto di lavoro, gli orari, i salari, il riconoscimento – negato – del diritto di organizzazione sindacale degli operai. Nonostante gli scioperanti fossero malvisti dal padronato e dai liberali, trovarono al fianco della loro resistenza silenziosa il 25 impaginato 30 settembre:Layout 1 26 30-09-2008 sostegno del vescovo, e di molti sacerdoti, tra i quali il segretario don Roncalli, tutti pronti ad aprire una sottoscrizione sul quotidiano cattolico della città L’Eco di Bergamo in segno di appoggio e solidarietà. In quella circostanza, su La Vita Diocesana Roncalli così si espresse: «Il recente episodio di Ranica, che singolari circostanze fecero assurgere all’importanza di un avvenimento molto significativo nella storia delle rivendicazioni sociali cristiane, merita bene di venir rilevato, e con parola tanto più schietta e serena oggi in cui sopra le fabbriche è tornato a fiorire l’ulivo della pace e, là dove le macchine e i telai tacquero per lungo tempo inoperosi, freme di nuovo la vita intensa del lavoro, elemento fecondo di letizia e di prosperità materiale e morale». A Ranica è dunque associato il nome del futuro Papa per questo drammatico fatto. E quelli erano gli anni successivi all’enciclica Rerum Novarum (1891), dedicata alla questione operaia da Papa Leone XIII. Di recente, Ermenegildo Camozzi, prete diocesano di Bergamo, ha pubblicato, lavorando all’Archivio Segreto Vaticano, un libro dal titolo La Chiesa e la questione sociale (Edizioni Lavoro) dove lo sciopero di Ranica è affrontato con una documentazione di estremo interesse. Al centro c’è l’intervento coraggioso di Giacomo Maria Radini Te- 12:07 Pagina 26 deschi, schieratosi appunto a favore dello sciopero, mentre il successore, Luigi Maria Marelli sarebbe stato più titubante e contrario alle agitazioni contadine. A fianco di Radini, il giovane sacerdote Angelo Giuseppe Roncalli. Furono giornate dure: da una parte gli operai, il Vescovo, il presidente della direzione diocesana Nicolò Rezzara e gli esponenti dell’Ufficio del Lavoro; dall’altra Stanislao Medolago Albani, presidente dell’Unione Economico-Sociale, esponenti del clero bergamasco e del Vaticano. Don Angelo dunque volle seguire in modo deciso il suo Vescovo, non solo perché suo segretario, ma perché veramente convinto della posizione a favore degli operai. L’appoggio del vescovo non fu ben visto da tutti. Ma uno scritto di Pio X (20 ottobre 1909) lo rincuorò: «Noi sentiamo – scrisse il pontefice – di non poter disapprovare quanto prudentemente avete creduto di fare nella piena conoscenza del luogo, delle persone e delle circostanze». Pio X con quelle parole di fatto approvò l’operato del vescovo e mise tutti a tacere. «Era bello – aggiunse don Roncalli – vedere la causa operaia arditamente difesa non solo dall’alta cattedra episcopale, ma anche e con non minore dignità, in piazza, fra le competizioni del capitale e del lavoro, affrontando critiche, opposizioni, dolori». La tiara a tiara del Beato Papa Giovanni XXIII, opera dell’artista Attilio Nani, venne donata al Pontefice dalla Provincia di Bergamo, a nome di tutti i bergamaschi, durante l’udienza del 2 maggio 1959. Di recente, è stata ripristinata in tutta la sua originaria bellezza, grazie ai figli e ai nipoti di Attilio Nani, in segno di devozione al Beato Papa Giovanni e in ricordo del centenario della nascita dell’artista. La tiara è stata esposta in varie occasioni a Bergamo e a Clusone, cittadina seriana che ha dato i natali a Nani. Per i bergamaschi ha un grande valore simbolico per la storia religiosa della nostra diocesi, ma anche un elevato valore artistico. Un vero pezzo d’eccezione – è stata definita dai critici –, secondo i quali il cesellatore Nani, alle forme baroccheggianti delle tiare tradizionali, oppose una purissima linea ellittica di gusto moderno, impreziosita con sobria raffinatezza. Le tre corone in oro con perle e rubini, della più bella qualità, ripetono alternati i gigli araldici e le rose. Sono gli elementi della simbologia di Sant’Alessan- L dro, per indicare, come narra l’antica tradizione, i fiori nati dal sangue sparso dai resti del martire durante il trasporto per la sua sepoltura. La crocetta terminale è in oro bianco tempestato di diamanti, con alla base una fitta teoria di rubini e di smeraldi. La calotta d’argento sbalzato richiama la rete del pescatore, cioè il Papa è pescatore di anime. La tiara, inoltre, può considerarsi una vera reliquia, perché indossata dal Beato Papa Giovanni. Alla morte del Pontefice, passò alla sagrestia pontificia, ma monsignor Loris Capovilla, segretario di Papa Roncalli, ottenne dalla Segreteria di Stato di poter inviare la tiara a Bergamo per esporla in Cattedrale. Infine la tiara venne donata alla Diocesi di Bergamo. Il vescovo mons. Giuseppe Piazzi, il 28 giugno 1963, la lasciò in custodia al Capitolo Cattedrale, di cui Angelo Giuseppe Roncalli aveva fatto parte come canonico onorario fin dal 1921, anno in cui fu chiamato a Roma con l’incarico di presidente per l’Italia della Pontificia Opera di Propagazione della Fede. 27 impaginato 30 settembre:Layout 1 30-09-2008 12:07 Pagina 28 Biblioteca Civica Angelo Mai l 17 settembre 1962, la biblioteca civica Angelo Mai inaugurò la Sala Giovanni XXIII alla presenza del cardinale Gustavo Testa, del vescovo mons. Giuseppe Piazzi e del sindaco Tino Simoncini. Nelle intenzioni dei promotori, tra i quali il direttore della biblioteca, monsignor Luigi Chiodi, e il presidente della commissione amministratrice della stessa, Gian Pietro Galizzi, la sala avrebbe dovuto fungere da luogo di raccolta e conservazione della documentazione sul pontificato giovanneo. A distanza di anni è interessante riaprire la porta della sala intitolata al pontefice per riscoprire il vasto archivio di lettere, libri e altri documenti, originali o in copia, scritti da Papa Roncalli o a lui inoltrati: una documentazione sterminata ad uso degli studiosi, un corpus ampio che è anche memoria per i secoli a venire. La sala giovannea è stata oggetto negli anni di sistemazione e ricatalogazione delle opere e dei documenti. In particolare sono presenti le corrispondenze di Roncalli: le Lettere ai familiari, le Lettere dall’Oriente, le Lettere ai vescovi di Bergamo. Troviamo poi le lettere scritte da Roncalli dal 1933 al 1958 a Marco Tiraboschi, procuratore della ditta Pietro Greppi di Bergamo, di via S. Alessandro 4, che I 28 svolse le funzioni di persona di fiducia di Roncalli a Bergamo. Ci sono poi i carteggi con la nipote suor Angela M. Roncalli, Piero Donizetti sindaco di Sotto il Monte, monsignor Luigi Drago Vescovo di Civitavecchia. Maggiore attenzione andrebbe rivolta ai materiali preparatori, alle schede bibliografiche, agli appunti e alle bozze della pubblicazione di Roncalli degli Atti della visita apostolica di San Carlo Borromeo a Bergamo, una monumentale opera ancora oggi consultata da studiosi e storici. Di non minore interesse l’apparato iconografico e fotografico che custodisce la raccolta delle immagini riguardanti l’attività del pontefice realizzata dallo Stabilimento Fotografico Felici di Roma e da Foto Attualità Giordani di Roma, su incarico del Comune di Bergamo; le riprese filmate degli avvenimenti del pontificato e la registrazione sonora delle conversazioni e dei discorsi tenuti da Papa Roncalli alla radio, concessi gentilmente dalla Rai. Di particolare interesse le opere d’arte: la scultura in bronzo Papa Giovanni XXIII in preghiera di Piero Brolis (1963); il ritratto alla parete di Alexander Clayton (1961), il tondo in bronzo firmato da Stefano Locatelli. Altre sezioni conservano medaglie commemorative, monete e franco- Giovanni XXIII con un gruppo di bergamaschi ricevuti in udienza. bolli, articoli di giornali e riviste di tutto il mondo: oltre 20 mila pezzi. Tutto il materiale della sala giovannea è descritto in una pubblicazione-inventario – un estratto da Bergomum (luglio-settembre 1995) – a cura di Orazio Bravi, Sandro Buzzetti e Francesca Giupponi. È infine da rilevare che Angelo Mai, cui la biblioteca è intitolata, fu personalità particolarmente cara al pontefice. Giovanni XXIII così si espresse a tale proposito rivolgendosi ai pellegrini di Bergamo ricevuti in udienza nel dicembre 1959: «Un personaggio di primissimo ordine. Angelo Mai. Tutti sanno di questo valoroso letterato ed erudito: un vero monumento di scienza e di cultura. Qualcuno vorrebbe muovere qualche critica a taluni suoi metodi di indagine: ma la eccelsa figura non viene affatto scalfita dai piccoli tentativi e sempre vivida rimane in lui la grande luce, che il Leopardi volle acclamare con speciale ode. Basterebbe, a voler citare un esempio, la scoperta del De Republica di Cicerone, e i ritrovamenti nel campo della patristica, specialmente di quella greca, per esaltare l’ingegno, la tenacia, le opere del Mai». 29 impaginato 30 settembre:Layout 1 30-09-2008 12:07 Pagina 30 Il nuovo ospedale intitolato al Papa Buono Il 25 dicembre 1958 Papa Giovanni XXIII si reca in visita all’ospedale romano del Bambin Gesù. È la prima volta che un Pontefice varca l’ingresso di un nosocomio per portare conforto agli ammalati. Basterebbe questo episodio per spiegare l’intitolazione del nuovo ospedale di Bergamo al Papa Buono. Non si tratta solo di una scelta campanilistica, che vuole rendere omaggio al bergamasco più noto e più amato di sempre, ma anche di un accostamento che sottolinea la filosofia del nuovo presidio degli Ospedali Riuniti. «Il nuovo ospedale nasce per essere vicino al malato e alle sue esigenze – spiega il Direttore generale Carlo Bonometti –, grazie a una rivoluzione organizzativa nei percorsi di cura e di assistenza: quella vicinanza che Papa Giovanni XXIII ha sempre espresso con grande sensibilità». Ma come si attuerà concretamente questa medicina incentrata sul paziente come persona? «Un ospedale moderno e tecnologico deve porsi al servizio del malato, offrendogli qualità e sicurezza delle prestazioni, senza dimenticare il comfort di una struttura alberghiera. Si tratta di proporre i contenuti di sempre – l’eccellenza che ci caratterizza in tanti settori – in una forma nuova, più vicina alle esigenze di chi si rivolge a noi per essere ricoverato o per chiedere una visita o un esame specialistico», commenta ancora il Direttore generale degli Ospedali Riuniti. I percorsi diagnostici non saranno più dettati dai singoli reparti, ma prenderanno forma a partire dai livelli d’intensità di cura, un’organizzazione che architettonicamente si traduce nella distinzione tra la piastra centrale – che ospiterà il Pronto Soccorso, le Terapie intensive, il blocco operatorio e la diagnostica per immagini – e le sette torri, destinate alle degenze ordinarie. Particolare importanza assumerà l’area destinata all’Emergenza-urgenza, il Pronto Soccorso, che potrà contare su un eliporto all’interno dell’area ospedaliera. «Le novità saranno molte e importanti, ma contiamo che da qui all’inaugurazione, nella primavera del 2010, riusciremo a rendere familiare ai bergamaschi il “Papa Giovanni XXIII”», conclude Bonometti. OGNI GIORN GIORNO MILIONI DI ITALIANI CI CONFER CONFERMANO LA LORO FIDUCIA. Un assortimento mirato ai tuoi bisogni quotidiani, in un punto vendi vendita razionale ed ordinato. Una politica comm commerciale pensata per offri offrirti prodotti di qualità ai prezzi più vant vantaggiosi, ogni giorno dell’anno. Un personale cor cortese e un’insegna sempre al tuo ser servizio attraverso il Numero V erde, Internet e la News Letter. Verde, Oltre 327 dis discount in Nord Italia e Sardegna. impaginato 30 settembre:Layout 1 30-09-2008 12:07 Pagina 32