Gli 8 aspetti chiave di un’educazione amorevole e consapevole
Sara Bassot
Gli 8 aspetti chiave
di un’educazione
amorevole e consapevole
DI SARA BASSOT
N.B.: i disegni sono di Emanuela Ragusa, quando aveva 3 anni di Reggio Calabria
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Gli 8 aspetti chiave di un’educazione amorevole e consapevole
Sara Bassot
Introduzione
Di educazione si parla e straparla. Molto spesso viene
definita “in crisi” o necessaria di un’urgente revisione o
cambiamento, per non andare tutti allo scatafascio... La
tragicità è molto spesso nella reazione, ovvero quando
vengono incolpati a seconda della situazione o della
convenienza, genitori, insegnanti, nonni, politici, i media, la
società ecc. ecc.
Nella mia formazione e nella mia esperienza lavorativa e poi
pure come mamma, ho potuto apprendere numerosi
approcci all’educazione e alla relazione genitori-bambini,
ho potuto provare e valutare strategie, pensieri, teorie
come anche pratiche quotidiane. Ho visto l’educazione da
molti punti di vista, anche da quelli sistemici e da quelli
energetici. Insomma l’ho voluta conoscere bene e la sto
apprendendo comunque giorno dopo giorno.
Eppure l’educazione potrebbe basarsi su principi così
semplici, semplici e complessi quanto l’umanità stessa.
È mia intenzione in questo piccolo lavoro donarvi un
aiuto orientativo. Questo piccolo ebook ha comunque la
pretesa di essere un grande aiuto. Non andrò molto nel
dettaglio, perché è proprio ciò che voglio evitare… che vi
perdiate lungo la strada e che, magari, alla fine, per
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mancanza di tempo da dedicarci, lasciata perdere a metà
strada.
Voglio portarvi ad avere un orientamento, una direzione,
dei concetti base, dei principi, che vi aiuteranno in ogni
situazione. Voglio che siano molto generici e molto chiari,
memorizzabili, in modo tale che li possiate avere a portata
di mano sempre.
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Prima di iniziare avremo bisogno di partire da un punto in
comune, chiedendoci che cos’è l’educazione…
Un’educazione affettuosa è basata su amore,
rispetto, stima, tolleranza e cura dell’essere umano.
L’atteggiamento di base di questa educazione è affettuoso,
rispettoso, chiaro e con l’obiettivo di favorire al meglio lo
sviluppo personale del bambino.
L’educazione ha il compito di sostenere il bambino ad
imparare a gestire la sua vita, ad andare incontro alle sfide,
aprirsi alle relazioni con gli altri, sostenere le battute
d’arresto, accettare opinioni altrui e saper esprimere le
proprie, conoscere se stesso, il proprio corpo, le proprie
emozioni, i proprio pensieri, i propri atteggiamenti ed
imparare a cambiarli se non risultano funzionali o sensati.
L’educazione è un processo vitale ed emozionante. È
fondamentale per la società, perché con un’educazione
amorevole e consapevole il mondo ottiene il dono che i
vostri bambini sono e i bambini si aprono ai doni del
mondo.
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I bambini, come tutti noi, sono al mondo per fare
esperienza, hanno il diritto di farla, insieme ad eventuali
sbaglio o “cadute” e hanno pertanto bisogno di
accompagnatori affidabili sul cammino della loro vita.
Le persone con cui i bambini condividono la vita quotidiana
sono le persone che hanno maggiormente influenza su di
loro. Questo può spaventare un po’, ma in realtà è una delle
più grandi opportunità che viene data ai genitori.
Potremmo reagire con un bel sospiro di sollievo. Questo ci
ridà il potere di decidere cosa vogliamo che i nostri bambini
esperiscano e che atteggiamento alla vita vogliamo
trasmettere loro e che soprattutto vogliamo mostrare
loro con il nostro esempio. Naturalmente rispettando il
loro essere unici e speciali. Per lo meno abbiamo una
minore sensazione di impotenza riguardo l’influenza
deleteria dei mass media o di altre persone delle quali non
condividiamo il modo di vivere.
Con gli 8 aspetti chiave non vogliamo riempire un vuoto
nelle librerie in campo educativo, perché in realtà non c’è
un vuoto, bensì un sovraffollamento! Voglio semplificare il
tutto dando una linea guida.
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Gli 8 aspetti chiave di un’educazione amorevole e consapevole
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Gli 8 aspetti chiave sono:
·
sentire e mostrare amore, stima e cura
·
potere e sapere litigare e collaborare
·
sapere ascoltare e sentirsi ascoltati
·
saper porre dei limiti e dare struttura
·
dare spazio
·
conoscere i sentimenti e saperli esprimere
·
donare e donarsi tempo
·
incoraggiare e sostenere, favorendo lo sviluppo
Ora che li abbiamo elencati potreste dirvi che sono più che
ovvi. Ma allora perché non vengono vissuti in modo
ovvio e naturale? La risposta è molto semplice. Nella
società, o meglio nella nostra attuale cultura non vengono
vissuti abitualmente e non ci vengono mostrati come
modello. Benchè sembrino essere dei bisogni
fondamentali per vivere in modo sereno il rapporto
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genitori-bambini e la famiglia in generale, non sono
ancora integrati nel quotidiano vivere.
Avanti dunque, siate pionieri!
Educare significa…
Sentire e mostrare amore, stima e cura
Il bisogno primario di ogni essere umano è sentirsi amati
ed accettati così come si è. Non è una prerogativa solo
dei bambini, certo, ma essendo i genitori i principali modelli
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e punti di riferimento possono fare davvero tanto in questa
direzione.
Questo “amore a prescindere” infonde un senso di
sicurezza nel quale poter sperimentare comportamenti e
pensieri sul mondo senza paura di conseguenze nell’amore.
Si crea una fiducia nel mondo e soprattutto in loro stessi, in
cui poter conoscere anche le proprie debolezze, ansie e
paure e successivamente poterle superare, migliorare o
accettare con serenità.
Rientrano nel sentire e mostrare amore concetti e
comportamenti come affetto, proteggere, partecipare,
consolare, sorridere, creare un atmosfera serena,
permettere il contatto corporeo, dare attenzione
amorevole e affettuosa, mostrare premura e
compassione, avere un amore accorto.
Cosa se ne deduce? Il contatto fisico è di fondamentale
importanza, come anche solo la vicinanza, che i bambini
sentono benissimo con le loro “antenne” percettive. Questo
tipo di attenzione viene offerta sotto forma di abbracci,
“grattini”, carezze, anche solo contatti fugaci alla schiena
o le spalle in forma di supporto.
Le altre forme di interesse nei confronti del bambino si
dimostrano in un ascolto presente e curioso, nel
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consolare senza cadere nella pietà, ma mostrando proprio
una compassione al dolore, pur rimanendone neutrali.
Questa è l’empatia: comprendere come si sente l’altro
senza lasciarsene travolgere e rimanere un supporto saldo.
Atteggiamenti come tenere le distanze, respingere, evitare
il contatto corporeo, disinteressarsi, ignorare, voltarsi in
modo scortese, ma anche l’iperprotezione o
anche
pretendere il contatto corporeo vengono interpretati come
segnali di non-amore.
Ricordiamo che i bambini possono anche comportarsi in
modo scorretto, scortese o persino dannoso ecc., ma si
parla sempre e solo di comportamenti e non dell’essenza
del bambino stesso.
Dire “ti sei comportato male” oppure “il tuo comportamento
non lo condivido” è ben diverso dall’affermazione: “sei un
bambino cattivo” oppure “sei proprio stupido”. Le ultime,
oltre a creare sfiducia e scarsa autostima sono proprio
disfunzionali a ciò che vogliamo ottenere, ad esempio un
cambiamento di comportamento, oppure a ciò che vogliamo
per i nostri figli, ovvero che crescano sani, sereni, felici e
con tutte le risorse a disposizione per “farcela nella
vita”.
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Ricordiamoci sempre, quindi, di distinguere la personalità
i n t e ra d e l b a m b i n o, e l a s u a e s s e n z a , d a i s u o i
comportamenti e le sue azioni, che possono invece
essere reindirizzate.
È chiaro che non esiste persona che riesca sempre e
indipendentemente dalla situazione e dal suo stato di stress
ad agire in modo amorevole e funzionale, sarebbero dei
veri e propri angeli terrestri, mentre ricordiamoci che siamo
esseri umani, in evoluzione sì, ma sempre esseri umani!
Chiunque ha sperimentato prima o poi le caratteristiche
disfunzionali. L’obiettivo è di renderci sempre più
consapevoli di cosa aiuta e cosa non aiuta e già questo
porta un cambiamento!
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potere e sapere litigare e collaborare
Innanzitutto bisogna pensare alla parola litigio, che offre
quasi solo associazioni negative nel nostro immaginario.
Di fatti la nostra cultura “non sa” litigare, ovvero, non in
modo corretto e rispettoso.
Forse si potrebbe definire discutere, ma anche quello non
sempre fa ricordare piacevoli discorsi di chiarimento. Ecco,
forse, discorsi di chiarimento... già ci avviciniamo a cosa
potrebbe essere, in realtà, un litigio.
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Alla base di un litigio, di solito, ci sono delle incomprensioni.
Quindi, litigare in famiglia, non è solo inevitabile, ma
assolutamente fondamentale affinchè vengano chiarite le
posizioni, quindi i propri interessi, i bisogni soprattutto, i
desideri, le proprie opinioni e visioni.
Solo in un clima di rispetto, ascolto, accettazione e
riconoscimento è possibile poi abbandonare le proprie
posizioni iniziali per trovare nuovi compromessi, nell’ottica
del win-win, ovvero dove tutti i coinvolti “vincano”, o
meglio siano soddisfatti della soluzione.
È qui molto chiara la metafora dell’arancia. Se due bambini
litigano per avere l’unica arancia rimasta, potrebbero
litigare per giorni, alzare la voce, anche le mani a volte,
battersi per chi “la vince”, cercare alleanze contro l’altro
ecc. ecc.
Se vengono esortati a chiarire i motivi per cui vogliono
quell’arancia, i loro bisogni, si potrebbe scoprire che uno
voleva un bel succo d’arancia e l’altro voleva la buccia per
fare un bel lavoretto creativo. Tò, trovata la soluzione!
Certo, non sempre è così semplice. A volte potrebbe essere
necessario cedere una volta per ottenere in cambio un
favore una volta successiva. Oppure comprese le
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motivazioni, si può cedere per puro spirito di compassione e
amore.
Oppure al contrario, parlandone, si può anche scoprire che
dopotutto quel certo obiettivo non era nemmeno così
importante raggiungerlo, era solo un pensiero che si era
fissato ma che è potuto volare via. Tutto è possibile se c’è
un clima di accoglimento e ogni persona, anche la più
piccola, con ogni sua idea viene presa sul serio.
Ricordiamoci che:
1) a
litigare bene si impara, come tutto
2) i
genitori sono dei modelli importanti nella gestione
rispettosa dei conflitti
3) rispettare
le diverse opinioni e le persone
4) idealmente
avere tempo! La fretta è cattiva consigliera.
Saper litigare bene vuol dire anche ricercare un
equilibrio. Se una persona cede sempre, probabilmente, in
lei si creeranno delle convinzioni disfunzionali, come “tanto
quel che dico non vale niente” oppure “io non ho alcun peso
in famiglia” oppure ancora “non ottengo mai ciò che
desidero” ecc.
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È quindi fondamentale che tutti i membri della famiglia si
sentano custodi dell’equilibrio in famiglia. È importante
che i bisogni vengano soddisfatti e i modi possono essere
origine di un bel brainstorming (ricerca senza giudizio di
una soluzione, lasciando fluire le idee creative, anche le più
strampalate...).
I bambini devono avere la possibilità di litigare fra di
loro senza l’intervento dei genitori. Questi ultimi possono
intervenire quando è a rischio l’incolumità, quindi
raramente.
Se i bambini non trovano soluzioni da soli, si possono
aiutare e accompagnare, di solito con domande, a trovare
una via.
Alcuni impulsi: “Come ti fa sentire questa situazione?” - “Se
avessi la bacchetta magica quale sarebbe la soluzione
ideale per te... - e per entrambi?” - “Come ti sentirai
quando avrete trovato la soluzione?” - “Che cosa vorresti
che faccia o dica l’altro bambino per risolvere la
situazione?”
“Che cosa potresti fare TU per risolvere questo impiccio?” “Se domani mattina ti alzassi e fosse accaduto un miracolo
e tutto si fosse risolto magicamente, cosa sarebbe
accaduto, quanto diversa sarebbe la situazione?”
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Sono solo alcuni impulsi. È importante incoraggiare i
bambini a riflettere e a trovare da sè la loro via.
Imporre una soluzione può essere una soluzione veloce, ma
che si ritorcerà contro a lungo, perchè i bambini crederanno
di non essere in grado di farcela da soli e creeranno in
continuazioni situazioni di stallo e magari esasperate in cui
interviene l’adulto.
I bambini sono ottimi mediatori dei conflitti, perchè sono
molto empatici. Questa caratteristica naturale è uno dei
maggiori aspetti positivi per gestire i conflitti. Ricordatevelo
ogni volta che avete la tentazione di intervenire. :-)
Magari tenete a mente anche quando avete avuto una
discussione sul posto di lavoro e la soluzione è stata
imposta “dall’alto” o “da fuori”, come un capo-ufficio o un
direttore...
Per quanto riguarda la collaborazione possiamo ricordare
che i bambini hanno bisogno di una minima direzione, che
indichi punti di riferimento, ma che abbiano la possibilità
di sperimentare. Solo così potranno assumersi la
responsabilità dei loro gesti.
Collaborare con i bambini significa anche
compartecipazione e codeterminazione delle scelte e
delle iniziative, per quanto sia possibile, come ad esempio
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la scelta del prossimo viaggio, oppure dei vestiti da
comprare. Così si favorisce l’autonomia e
l’indipendenza.
Collaborare, però, include anche accettare gli errori e le
prove impacciate dei bambini. Far apparecchiare la tavola
potrebbe implicare qualche danno o imperfezione. Ogni
apprendimento può essere un gioco, e anche la
collaborazione può diventarlo. Chi farà il ruolo di
maggiordomo oggi e chi del giardiniere?
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sapere ascoltare e sentirsi ascoltati
Cosa vuol dire sapere ascoltare?
È una domanda che trova una semplice risposta nella
seguente contro-domanda: “come vi sentite ascoltati?”
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Cosa deve fare l’interlocutore per darvi l’impressione di
ascoltarvi veramente?
Molto spesso accade che se si ascolta attivamente si crea
come una bolla, uno spazio sacro intorno, che nemmeno
altri bambini urlanti o una radio o altri rumori può
disturbare. Quasi come si fosse in meditazione.
In effetti é necessaria l’intenzione di ascoltare,
l’attenzione e la concentrazione, senza interrompere
l’altro. Il proprio turno arriva...
Saper ascoltare significa anche abbandonare per un
momento tutte le nostre esperienze, opinioni, visioni,
associazioni che il racconto dell’altro suscita. Si rimane
nel mentale.
Mentre l’ascolto vero parte dal cuore. Questo si apre, e
raggiunge l’altro in un abbraccio, appunto di attenzione
e di presenza.
Se le nostre opinioni erano importanti, affioreranno lo
stesso, successivamente.
Dire una cosa è un conto, ma non è detto che il messaggio
arrivi veramente intatto al destinatario. Siamo persone
così uniche, ricche di esperienze, caratteri, idee così
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diverse e queste creano anche dei filtri attraverso i quali
vediamo il mondo e recepiamo i messaggi.
Per questo motivo, anche se a volte può sembrare un po’
artificioso, può essere utile riassumere per essere sicuri
di aver compreso bene.
Un consiglio che danno tutti gli educatori, psicologi
familiari, counselor ecc. è quello di creare degli spazi e
dei tempi in cui il colloquio in famiglia è facilitato oppure
incoraggiato.
Rituali come la cena in comune oppure una specie di
“consiglio di famiglia” sono dei tesori per mantenere la
condivisione e il coinvolgimento in famiglia, esprimere il
proprio sentire e i propri desideri, e non solo quando i bimbi
sono piccoli.
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saper porre dei limiti e dare struttura
I bambini nascono come degli stranieri saggi, ovvero hanno
già in sè una miriade di conoscenze e memorie, a volte
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inconsce, e a volte, solo impossibili da esprimere e
comunicare. Crescono nel loro piccolo mondo come stranieri
che non conoscono quindi nè la lingua, nè la cultura di quel
“luogo”, usanze, credenze, valori... tutti da scoprire.
I limiti, i confini del loro mondo sono una di quelle
cose da scoprire.
È un compito difficile ma altrettanto importante per i
genitori trovare essi stessi i limiti che vogliono dare ai
loro bambini, che può anche essere un processo, man
mano che il bambino cresce e aumenta il suo spazio di
azione, di influenza e competenza.
Ma ancora di più hanno il compito di comunicare
chiaramente e in modo tranquillo e ripetuto, se
necessario, questi limiti. Il compito più arduo, è la
costanza e la coerenza.
Meglio pochi limiti, ma affidabili. Per i bambini le loro
regole diventano anche dei punti di riferimento.
Ricordiamoci che diamo questi limiti per due motivi
principali: la protezione dai pericoli dentro e fuori casa e
il secondo motivo è che avere delle regole sensate e
coerenti trasmettono un senso di sicurezza al bambino.
Prima di fissare una regola pensate molto bene al perchè
la volete introdurre. Molto spesso vengono semplicemente
importate regole della propria infanzia, perchè “si fa così”,
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ma questo non basta per sentirsi sicuri nell’impartire la
regola.
“Attraversare la strada tenendo la mano del genitore”
quando i bambini sono piccoli può essere una regola molto
sensata e la cui motivazione è chiara.
“A tavola ci si siede diritti e si sta fermi finchè tutti hanno
finito” può essere una regola che alcuni vogliono inserire
nel proprio repertorio, la cui motivazione, però potrebbe
non essere chiarissima o ovvia. Riflettete bene su questo.
Anche i bambini comprendono meglio la regola se gli viene
spiegato il perchè.
Ideale sarebbe avere regole in comune tra i genitori.
Purtroppo, di solito per mancanza di tempo dedicato a
queste discussioni, accade che i bambini si possano
comportare diversamente con la mamma e con il papà, e
ancora di più se i genitori sono separati.
I bambini possono imparare in tali occasioni che i genitori
possono avere anche opinioni differenti su alcune
regole di comportamento ed essere d’accordo nel
mantenere questa diversità.
A maggior ragione è importante comunicare bene le
regole e cosa accade quando i genitori sono insieme, e
perchè no, come mai si vogliono mantenere regole
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differenti. I bambini vogliono conoscere il loro mondo
in cui si sono ritrovati a vivere!
Non mantenere i limiti da parte dei genitori, rende
inaffidabili e rischia di non essere presi sul serio ogni volta
che si introdurrà una nuova regola, o in caso di non
osservazioni, l’introduzione delle conseguenze logiche (che
non sono punizioni. La violenza è vietata in qualsiasi forma,
anche quella psichica).
Ogni regola ha le sue eccezioni... in casi eccezionali per
l’appunto. Se si è in visita da amici con bambini e si può
soggiornare da loro, magari l’orario di coricamento può
essere spostato. Basta comunicare ai bambini che quella é
un’eccezione e il perchè.
Quando i bambini sono più grandi e specialmente quando
sono adolescenti è
utile che vengano coinvolti
nell’istituzione delle regole e potrà essere necessaria una
continua “negoziazione”, man mano che diventano più liberi
e responsabili. Proprio così, la libertà cresce con la
responsabilizzazione.
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dare spazio
Lo spazio per i bambini è una conquista. Maggiori sono le
competenze che acquisiscono (camminare, mangiare da
soli, andare in bagno ecc.) più grande diventa il loro
territorio di azione e quindi di influenza.
È una sensazione che deriva dalla preistoria, che abbiamo
memorizzato nei nostri geni per migliaia di anni. Il nostro
territorio è quello in cui si sentiamo a nostro agio, che
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conosciamo molto bene, di cui conosciamo le regole e
le persone, mentre il territorio sconosciuto è
un’avventura, una scoperta, che a volte può essere
anche un po’ paurosa o mettere ansia.
La conquista degli spazi viene fatta un po’ alla volta, man
mano che si apprendono le capacità per gestirla.
Pensiamo anche alla paghetta. Dare dei soldini da gestire in
autonomia a un bambino di tre anni potrebbe essere poco
sensato, anche se fargli conoscere le monete o parlargli di
prezzi quando si va a far la spesa va bene.
Mentre per un bambino delle elementari è una tappa
fondamentale per sapersi gestire anche da adolescente,
quando le tentazioni al consumo si moltiplicano a dismisura.
Qui vale il concetto dei limiti e delle regole, maggiore è la
competenza con relativo senso di responsabilità,
maggiore sarà la libertà di movimento e di azione.
Anche dare spazio nel senso letterale, ovvero creare un
posto del bambino in cui si può rifugiare e per cui
anche l’adulto deve portare rispetto, bussando prima di
entrare o chiedendo il permesso è una forma di radici che
creeranno le ali per volare in alto.
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conoscere i sentimenti
e saperli esprimere
Per saper esprimere in modo sano i sentimenti e le
emozioni è necessario anche conoscerli.
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In una cultura che reprime molto i sentimenti e predilige la
razionalità e l’aspetto mentale è ancora più importante
arricchire l’educazione dei bambini di queste
fondamenta. Molto spesso comportamenti aggressivi o
non funzionali sono solo conseguenze di emozioni
represse o non riconosciute.
Come al solito i genitori e gli adulti di riferimento
fanno da modello. Quanto spesso avete sentito dei
genitori dire al proprio figlio: “questo tuo comportamento
mi rende triste, perchè non mi sento ascoltata”.
La norma, purtroppo è il contrario: “sei sempre il solito, non
mi ascolti mai, ora basta, se non obbedisci immediatamente
ce ne andiamo”.
Riflettiamoci.
Parlare dei propri sentimenti e dei propri bisogni è una
questione di allenamento. Per chi non è abituato è un vero
training. Fa parte della comunicazione non - violenta.
Siamo dei veri analfabeti affettivi. Non tanto perchè non
percepiamo le emozioni, quello è inevitabile, ma appunto
non le sappiamo ascoltare nè tantomeno gestire.
Purtroppo la nostra società ha paura delle emozioni quali la
rabbia, l’ira, la disperazione, la frustrazione e tende a
reprimerle. In realtà non esistono emozioni negative in sè.
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L a p a u ra , d ava n t i a d u n p e r i c o l o i m m i n e n t e , è
fondamentale per innescare un processo istintivo che è
l’attacco, la fuga o la paralisi. Ma in quasi tutte le altre
situazioni è disfunzionale, ovvero ci limita e ostacola
nei nostri obiettivi, scopi
e nelle nostre azioni e
atteggiamenti.
Quello che crea l’emozione è sempre il pensiero che valuta
la situazione. Ovviamente sono processi mentali velocissimi
e noi ci accorgiamo solo dell’emozione, pensando che sia la
situazione ad averla provocata.
Ma se così fosse, ogni situazione identica
provocherebbe emozioni identiche in tutti. Invece le
percezioni sensoriali (ciò che vediamo, sentiamo, udiamo,
gustiamo, odoriamo) passano attraverso la mente e
attraverso le convinzioni generali e specifiche sulla
situazione in questione, che sono come programmi, che
emettono poi la reazione emotiva. Notare bene: reazione
emotiva, quindi viene causata da qualcosa, non c’è e
basta.
Gestire i pensieri che provocano le reazioni emotive
indesiderate può essere un processo un po’ più lungo, un
processo di crescita.
Ma percepire le emozioni, osservarle e poterle
esprimere senza fare danni è già una competenza che
vale un tesoro.
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Come si esprimono i sentimenti e le reazioni? Basta
pensare all’amore e all’affetto e come lo dimostrano i
bambini: alcuni lo esprimono abbracciando e stringendo,
alcuni preferiscono regalare un disegno fatto con le proprie
manine, altri aiutare nei lavori di casa o facendo un bel
sorriso.
E la rabbia? La paura? Purtroppo a volte non ci piace il
modo in cui vengono espresse, che può essere anche
dannoso, quando diventano aggressivi, oppure impotenti e
bloccati, quando hanno incubi notturni ripetuti oppure non
ci mollano un attimo...
Questi sono i comportamenti associati alle emozioni, non le
emozioni stesse. I comportamenti si possono anche
cambiare, le emozioni si sentono e basta.
Qui è richiesta tanta fantasia e ascolto e soprattutto
domande... chiediamo pure al bambino come pensa di dare
forma alla propria rabbia. Evviva le idee. Poi si può valutare
insieme quale sia la migliore. Dare un pugno in un cuscino?
Facendo un disegno e poi strappandolo in mille pezzettini?
Facendo dieci giri di corsa intorno alla casa?
Esortare i bambini all’autocontrollo potrebbe risultare
efficace solo temporaneamente e far crescere bambini pieni
di emozioni inespresse e con i sensi di colpa quando invece
sbottano. Non è il controllo da ricercare, ma una gestione
ed espressione sana.
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Importante è ricordare di prendere sul serio i sentimenti e
le emozioni dei bambini. Se in un dato momento si sentono
tristi, anche se non sappiamo perchè, prendiamone atto,
non c’è nulla di sbagliato in ciò.
A volte i bambini vivono situazioni per noi banali come vere
e proprie catastrofi e drammatizzano più di noi. In realtà è
un reazione sana per dare forma all’emozione che già
sentono. Reprimerla in quel momento è dannoso, bisogna
trovare una via di espressione.
La via maestra è fare da modello, quindi non esitiamo a
parlare di come ci sentiamo e di come vorremmo
sentirci. Ingannare i bambini è praticamente
impossibile.
Ascolterebbero le vostre parole e con il loro sistema
percettivo
sensibilissimo e perfetto sentirebbero invece
che c’è qualcos’altro, che c’è incoerenza fra parole e ciò
che sentono le loro “antenne” percettive.
I bambini sono abilissimi detective, fra l’altro, di
microespressioni, fondamentali per la loro sopravvivenza,
quindi spieghiamo come ci sentiamo in maniera autentica e
adatta alla loro età. I bambini non devono diventare i
nostri confidenti, sarebbe un peso troppo grande da
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Gli 8 aspetti chiave di un’educazione amorevole e consapevole
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sopportare, ma amano la verità, l’autenticità
e la
coerenza.
Ultima magia consigliata: chiedere scusa quando siamo
scoppiati, alzando la voce o agendo ingiustamente. È un
gesto importantissimo che insegna che si può anche
sbagliare, che si è esseri umani e non robottini asettici, ma
che si deve tentare la riconciliazione e di rimediare, come si
può.
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Gli 8 aspetti chiave di un’educazione amorevole e consapevole
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donare e donarsi tempo
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Mi ha colpito e toccato il cuore un libro autobiografico di
André Stern, figlio di Arno Stern, famoso ricercatore e
pedagogista, e di un’insegnante di elementare (uscita
dall’istituzione per mancata condivisione dei principi), che
crebbe senza andare a scuola. Il libro, per ora in tedesco e
francese si intitola: “Non sono mai stato a scuola. La storia
di un bambino felice.”
Lui scrive che era ed è tuttora signore del proprio
tempo... e che aveva la possibilità, se voleva, di ascoltare
musica anche sei ore al giorno, o leggere diverse biografie
anche contemporaneamente.
Imparò i fondamenti della conoscenza come leggere,
scrivere e far di conto, nella vita quotidiana con i suoi
genitori e i loro amici e conoscenti.
Di fatti, queste competenze le usiamo in continuazione e la
curiosità di un bambino le fa acquisire in fretta e
perfettamente, se seguiamo il suo ritmo e non un ritmo
impostato.
È così che abbiamo imparato a parlare, attraverso
l’osservazione, l’ascolto attento e una gioiosa imitazione del
nostro ambiente. Insomma un libro che consiglio a tutti di
leggere, specialmente agli insegnanti e agli educatori.
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La vita è la scuola per i bambini, quindi ogni attività
svolta insieme a tutta la famiglia è fonte di
apprendimento.
Ma il concetto di donare tempo non deve essere visto solo
come mezzo per ottenere dei risultati, bensì come un dono
vero e proprio. Sappiamo che il tempo è l’unico tesoro che
si esaurisce inesorabilmente e che non è possibile
acquistare o ottenere in alcun modo. Bisogna viverlo nel
momento in cui c’è.
Nella nostra società il tempo trascorso insieme ai bambini è
pochissimo. Non cito statistiche, specialmente quelle sul
tempo dei papà insieme ai piccoli, che benchè migliorato, è
veramente spaventoso.
Non si tratta solo di educazione, anche il tempo investito
nella coppia è ridotto al minimo. Qui si parla proprio di
tempo dedicato e reso sacro, come dire, separato dal
resto, dai lavori di casa, dalle faccende burocratiche, dal
pendolarismo casa-scuola o casa-ufficio. Tempo per un
“noi”.
È proprio nel quotidiano, nella vita semplice, che i bambini
hanno bisogno di tempo. Per i genitori che lavorano molto è
indispensabile che il tempo trascorso insieme sia ben
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vissuto e si sia presenti con corpo, mente e spirito. I
rituali della buona notte sono importantissimi e sono
nutrimento dello spirito e della relazione genitorebambino.
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Per sperimentazione familiare si potrebbero provare ad
eliminare per un po’ di tempo televisione, DVD, Playstation
o computer che sono dei ruba-tempo e scoprire,
improvvisamente, che in casa scoppia il silenzio e magari
anche la noia. Ottima cosa.
La noia è il precursore della creatività. Ogni cosa
innovativa e geniale nasce da un vuoto, mai da una “tazza
piena”.
Darsi tempo invece si riferisce più ai genitori. È
fondamentale e vitale organizzare del tempo per sè stessi
e un tempo per la propria relazione. Idealmente si può
scegliere un giorno fisso o un momento fisso da dedicarsi.
Stare bene con sè stessi e una buona relazione di
coppia fa bene a tutto il clima familiare, quindi anche ai
propri figli.
Cosa fare? Sicuramente scegliere qualcosa che fa piacere,
senza dimenticare di divertirsi. Sarà un vero
rifornimento di energia.
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Incoraggiare e sostenere,
favorendo lo sviluppo
I bambini sono da amare sempre. I risultati, invece,
possono essere raggiunti incoraggiando l’apprendimento
passetto per passetto.
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Il bambino è curioso di natura e vuole imparare, imparare
e imparare. Questo vuol dire anche affrontare sbagli,
cadute, ostacoli. Più grandi diventano più si lasciano
scoraggiare o abbattere facilmente.
I genitori possono sostenere con la lode, che è un’arte in
sè (lodare in modo preciso, positivo e con discontinuità),
ma anche con un atteggiamento positivo e costruttivo, che
vede il successo nel cammino e non solo nel traguardo,
quindi anche nell’impegno e nella determinazione, piuttosto
che nella competizione.
Atteggiamenti che scoraggiano: impedire esperienze
sensoriali (“non toccare la terra che ti sporchi”), smorzare
la curiosità, rifiutare di dare risposte (“non rompermi con
queste domande”), educare troppo severamente o con
ambizione.
Quello che possono fare i genitori è offrire ai bambini un
ambiente ricco di stimoli (raro che non lo sia) e un
accesso alla cultura (libri, possibilità di informarsi, viaggi
i n t e r e s s a n t i , a m b i e n t i n a t u r a l i ) . Tu t t o q u e s t o ,
possibilmente, a misura di bambino.
La cosa fondamentale per far vivere ai bambini
l’esperienza di soddisfazione per ciò che hanno fatto è
dare ai bambini la responsabilità e la libertà di imparare
qualcosa.
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Dare loro delle scatole agevoli per mettere a posto i loro
giochini favorisce che si sentano “in grado” di farlo e
ottengano successivamente l’approvazione dei genitori.
Non esageriamo con le lodi. Non è per le sole approvazioni
che un bambino impara, anzi. Incoraggiare vuol dire
soprattutto esserci e dare la possibilità di sperimentare
e di sbagliare.
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Di cosa hanno bisogno di genitori?
Spesso i genitori “lamentano” che i bambini non sono nati
con il libretto di istruzioni. Vero. Da una parte per fortuna,
perchè altrimenti educheremmo a ricetta, come se i
bambini fossero creati a stampino, come le macchine.
Dall’altra parte è vero che i genitori, al giorno d’oggi non
fanno apprendistato. Come ogni lavoro degno di tale
nome, si apprende. Il lavoro di genitore è uno dei più
ricchi di competenze e impegnativi a livello di orari di
risorse che si conosca.
Faresti il genitore se avessi saputo che è un lavoro di
grande responsabilità, che devi essere disponibile 24 ore su
24, avere conoscenze almeno basiche in educazione,
mediazione dei conflitti, organizzazione delle risorse
finanziarie, pronto soccorso, team-management, psicologia,
di approvvigionamento risorse, cucina salutare,
accompagnamento nella natura, animazione alle feste,
sviluppo senso-motorio ecc. ecc. tutto questo non pagato e
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spesso nemmeno riconosciuto? Ah... l’amore fa fare questo
ed altro.
In tempi addietro questo ”apprendistato” veniva fatto
osservando sorelle e fratelli maggiori, zii e zie e ogni tanto,
assumendo il ruolo di baby sitter per i nipoti o per fratelli
minori, come anche per i bambini del vicinato.
Questi tempi non ci sono più. È vero che, anche se ci fosse
stato, il modello educativo di vent’anni fa, ma forse
addirittura di dieci anni fa non funziona più.
Il mondo sta cambiando a velocità vorticosa e bisogna
adattare tutto, anche l’educazione dei bambini. Non per
niente vengono chiamati “nuovi bambini”. Ma questo è un
argomento a sè stante.
È importante per i genitori che si sentono sotto pressione
nella loro vita familiare, di ammettere di avere toccato un
limite. Un aiuto professionale è permesso in quasi tutti i
mestieri.
Chi cerca aiuto fa un passo coraggioso, per sè, per la
propria famiglia e, dopotutto, per tutta la società. Siamo
tutti collegati e ai genitori che vogliono riflettere e ridefinire
il loro modello educativo dico già ora: Grazie!
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Concedersi del tempo e dello spazio per sè stessi o per
la relazione non è un gesto egoistico, ma molto
amorevole. Solo una persona che si ama ed è centrata e
ricaricata può donare amore e sostegno in modo
equilibrato.
Parlare del proprio modello educativo è un tabu. Ogni tanto
sento persone parlare delle loro regole educative come se
facessero pubblicità: “più bianco non si può”. Non c’è nulla
di più dannoso e che crea ancora più sensi di colpa e
solitudine.
Forse, come situazione ponte, finchè la nostra società non
tornerà ad essere coerente, sincera... e autentica, ci si può
affidare a dei training per genitori.
Questi sono spazi protetti in cui ciò che viene detto è
riservato e in cui ci si sostiene a vicenda, con l’aiuto
competente di un formatore o di una formatrice.
Non mi resta che augurarti che la tua vita familiare
trovi equilibrio, gioia, serenità e soddisfazione!
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Ispirazione, sostegno, energia! Sara
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