Sant’Agnello 9-11 gennaio 2009 Venerdì, 9 gennaio 1 Ispettoria Meridionale Madonna del Buon Consiglio - Napoli quale colore dare alla tua vita? L'assenza (Fiorella Mannoia) Sarai distante o sarai vicino sarai più vecchio o più ragazzino starai contento o proverai dolore starai più al freddo o starai più al sole. Conosco un posto dove puoi tornare conosco un cuore dove attraccare. Se chiamo forte potrai sentire se credi agli occhi potrai vedere c'è un desiderio da attraversare e un magro sogno da decifrare. Conosco un posto dove puoi tornare conosco un cuore dove attraccare. Piovono petali di girasole sulla ferocia dell'assenza la solitudine non ha odore ed il coraggio è un'antica danza. Tu segui i passi di questo aspettare tu segui il senso del tuo cercare C'è solo un posto dove puoi tornare c'è solo un cuore dove puoi stare. “Conosco un posto dove puoi tornare / conosco un cuore dove attraccare”: questa espressione nasconde il senso di disagio delle nuove generazioni: disorientate e allo stesso tempo alla ricerca di un punto fermo, di un porto sicuro cui poter attraccare. S.Agostino nella sua vita ha vissuto questo travaglio interiore e alla fine ha trovato questo porto sicuro in Dio: “Siamo tuoi, tu ci hai fatti per Te e il nostro cuore trova pace solo quando riposa in Te”. In una società e in una cultura che ormai da tempo hanno operato “l’oblio di Dio” si avverte il vuoto di una Presenza. E’ l’eterna nostalgia inscritta nel cuore umano! Lontano da Dio l’uomo sperimenta il vuoto del non senso, l’inutilità del vivere. E da qui nasce il bisogno del ritorno, “di un cuore dove attraccare”: è il cuore stesso di Dio, origine e mèta di ogni creatura. 2 “Sarai più vecchio o più ragazzino”: in qualsiasi momento della vita è possibile il ritorno a Dio. Si tratta di un viaggio interiore che ci fa ritrovare noi stessi, il gusto e la gioia di vivere. “C’è un desiderio da attraversare”: si tratta del desiderio di Dio che in noi è da risvegliare perché spesso soffocato dalle preoccupazioni di questo mondo. “La solitudine non ha odore”: l’esilio di Dio operato dalla nostra cultura ha portato molti a rinchiudersi in un individualismo che spesso genera solitudine. In molti casi si tratta di una solitudine interiore, sperimentata come mancanza di senso, di valori e di motivazioni forti che manifestano un disagio esistenziale. E’ la malattia dell’uomo contemporaneo! “Tu segui i passi di questo aspettare / tu segui il senso del tuo cercare”: cercare ma, per fortuna, c’è anche chi non s’arrende e continua a cercare. E che cos’è l’uomo se non un essere in cammino, alla continua ricerca di Dio e della sua identità?! Nella Giornata Mondiale della Gioventù, celebrata a Roma durante il Giubileo del 2000, oltre due milioni di giovani lo dimostrarono. “Chi siete venuti a cercare?” chiese loro il Papa -…Siete venuti a cercare Gesù Cristo!”, “Cristo è sempre lo stesso, ieri oggi e sempre”, è l’eterno Presente. Siamo noi che ignorandolo lo rendiamo Assente. Oggi come non mai occorre recuperare la visione di Dio come orizzonte della vita, in cui trovano senso il nostro pensare e il nostro agire. Occorre un “nuovo umanesimo” animato da spirito cristiano che parta dalla consapevolezza che il Vangelo non ci diminuisce come uomini ma ci rende pienamente tali. PER RIFLETTERE: Ö In che misura Dio è presente o assente nella tua vita? Ö Per te qual è “il posto dove poter tornare” e il “cuore dove attraccare”? Ö La solitudine (interna e/o esterna) è una realtà che ti riguarda? Qual è la causa? Ö In te c’è la nostalgia di Dio, la fatica della ricerca? Come la vivi? IL GIOCO DELL’OCA – IL GIOCO DELLA VITA Giochiamo con i ricordi, evocandoli rivisiteremo il nostro vissuto e raccontandoci ci conoscere un po’ a caso e un po’ di più. Scopo del gioco: permettere la conoscenza reciproca, allenare la memoria per cominciare a scavare nella propria interiorità guardandoci alle spalle con un po’ di leggerezza e ironia. 3 CUORE SACRO Dopo il grande successo de La finestra di fronte (2003), il regista italo-turco Ferzan Ozpetek torna sugli schermi con il nuovo film Cuore sacro, scritto insieme al fidato sceneggiatore e collaboratore Gianni Romoli. Dedicato agli "sgusciati", il film tocca una pluralità di temi molto cari alla precedente produzione del regista: il recupero della memoria, il confronto con l’alterità del mondo, sia essa espressa nella sessualità, o più in generale nelle differenze che la società impone, la tensione verso la spiritualità. Ozpetek, la cui abilità registica è andata crescendo e affinandosi negli anni, propone in Cuore sacro un percorso di possibile salvezza, attraverso la ricerca di un riconoscimento del proprio autentico ruolo nel mondo; tale cammino passa nel film attraverso gli snodi fondamentali del peccato, della colpa, dell’espiazione, che danno al film un forte senso di misticismo, il cui spessore non sempre però riesce a restare all’altezza delle intenzioni. Lo stesso Ozpetek ha dichiarato, a proposito della dedica che apre il film, che gli "sgusciati" sono tutti coloro che pur essendo morti, in realtà non sono affatto lontani perché è come se fossero sgusciati (appunto) nella stanza accanto, e il nostro dovere dovrebbe essere quello di riuscire a ricordarli tra le risate, nelle chiacchiere di tutti i giorni. Il film parte dunque da questo forte nucleo tematico: il recupero di una memoria che non deve essere affatto cancellata, perché è forse in essa che si nasconde il mistero più profondo della realtà umana. Protagonista di questo viaggio all’indietro è Irene (Barbara Bobulova), bella e gelida donna d’affari che decide un giorno di ristrutturare l’antico palazzo di famiglia situato al centro di Roma per farne un complesso di mini-appartamenti. La ricca manager non riesce neanche lontanamente ad immaginare che dietro la porta chiusa di quel palazzo si nasconde non solo gran parte del suo passato, ma soprattutto le tracce di quello che sarà poi il suo futuro. Percorrendo le stanze vuote ed oscure di questa dimora signorile Irene entra nella stanza (chiusa con il chiavistello da molti anni per volere del padre) in cui per molti anni sua madre (un soprano drammatico) ha atteso la morte, soffocata dalle sue ossessioni e dalle tantissime parole incomprensibili scavate sulle pareti. In realtà per Irene sarà come aprire una porta verso un mondo di dolore, di sofferenza e di povertà che la farà scendere dal piedistallo della sua ricchezza, per condurla tra i diseredati, tra 4 altri sgusciati, quelli cioè che hanno perso tutto. Fuori dal palazzo Irene conosce una ragazzina, Benny (Camille Dugay Comencini), astuta e generosa tredicenne dedita a piccoli furti per racimolare qualche soldo, ma attiva nel volontariato della parrocchia di padre Carras (Massimo Poggio). Tra le due nasce un’amicizia che diventa lentamente un vero e proprio rapporto di reciproca scoperta. Irene resta colpita dalla semplicità e dall’innocenza di Benny e probabilmente rivede in lei non solo se stessa per come avrebbe voluto essere durante l’infanzia, ma l’immagine della madre stessa, della sua dolcezza sconosciuta, del suo misterioso mondo di donna a cui fu negata la vita. La disgrazia che colpisce Benny segna la vera cesura di Cuore sacro e il senso di colpa che travolge Irene la conduce verso una sorta di delirio altruistico: si allontana dall’azienda, trasforma il palazzo di famiglia in una di casa d’accoglienza per decine e decine di diseredati, arriva addirittura a spogliarsi dei propri vestiti per farne dono agli altri. RIFLETTI SUL FILM 1. Quale importanza assumono nel film i seguenti temi: recupero della memoria, confronto con l’alterità del mondo, tensione verso la spiritualità? _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ 2. Chi sono gli “sgusciati”? _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ 3. Che importanza assume il palazzo di Roma per Irene nel recupero del proprio passato e nel dispiegarsi del suo futuro? _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ 4. Cosa cambia in Irene dopo l’incontro con la piccola Benny ? _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ 5 _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ RIFLETTI PERSONALMENTE 1. Hai avuto il coraggio di aprire la porta del tuo cuore e rivedere i luoghi del tuo passato, i tuoi errori, le tue sofferenze? 2. Quando i tasselli della vita trascorsa sembravano non combaciare all’improvviso lungo il cammino ho incontrato la mia piccola Benny. Chi ti ha dato la forza di vedere la tua vita con occhi di speranza? 3. La crescita spirituale di Irene ha avuto inizio da una grande scoperta. “Si ha più gioia nel dare che nel ricevere”. Puoi collegarlo a qualche episodio della tua vita? 4. Spesso nel nostro andare ci innamoriamo del “vascello” perdendo di vista la meta. Ma tu hai una meta? Un obiettivo? Che cosa rappresenta il vascello per te? 5. Perché Irene lascia il “meglio” per il “peggio”? la sua scelta da cosa è stata causata? 6. “Ciascuno di noi ha “due cuori”, però uno dei “due cuori” eclissa l’altro. Se uno dei due riuscisse solo per un momento a intravedere la luce del suo cuore nascosto, capirebbe che quello è un cuore sacro”. Quali sono i due cuori? 7. Ci sono momenti in cui senti l’abbraccio di Gesù COINCIDENZE Non tutto ciò che accade è frutto della volontà o del caso. Ricostruisci alcune “coincidenze” che ti hanno permesso di cambiare qualcosa dentro o fuori di te, di fare nuove esperienza, di capire un po’ di più. Prova a guardarle da credente… le puoi chiamare proprio coincidenze? 6 1a tappa: ______________________________________ Interrogativo: ______________________________________ ______________________________________ Indicazioni interessanti: ________________________ A confronto con alcuni testimoni ______________________________________ ______________________________________ ______________________________________ ______________________________________ 2a tappa: ___________________________________________ Interrogativo: ___________________________________________ ___________________________________________ Indicazioni interessanti: _____________________________________________ _____________________________________________ _____________________________________________ _____________________________________________ 7 3a tappa: _____________________________________ Interrogativo: _____________________________________ _____________________________________ _____________________________________ Indicazioni interessanti: ____________________________________________ ____________________________________________ _____________________________________ _____________________________________ 4a tappa: A confronto con alcuni testimoni ___________________________________________ Interrogativo: ___________________________________________ ___________________________________________ Indicazioni interessanti: ____________________________________________ ____________________________________________ ____________________________________________ ____________________________________________ ____________________________________________ 8 Da “In cerca di autenticità” Paolo Gambini COME CAPIRE LA PROPRIA VOCAZIONE C'è chi pensa che il silenzio sia uno spazio vuoto. C'è chi, al contrario, crede che nel silenzio stia la pienezza della comunicazione. “Non c'è dialogo più comunicativo - scrive Padre Larranaga - di quello che non ha parole, o in cui le parole sono state rimosse dal silenzio. S. Giovanni della Croce e S. Teresa d'Avila constatano invariabilmente questo fatto: a misura che 1'anima eleva ed approfondisce le sue relazioni con Dio, spariscono in primo luogo le parole esteriori e poi le parole interiori; sparisce ogni dialogo. E non c'è comunicazione tanto intensa come nel momento in cui non si dice nulla”. (1988, 312). Se ci pensi bene, è proprio nel silenzio che si realizzano gli avvenimenti più importanti della vita. Nel silenzio ogni giorno nasce e muore il sole. Nel silenzio cresce una foresta. Nel silenzio del seno di una madre per nove mesi si forma I'uomo. Nel silenzio I'artista “geme” in sé quanto esprimerà nella sua opera, lo scienziato osserva e riflette sulla realtà per svelarne i suoi misteri. Nel silenzio un figlio sta accanto al suo padre morente. Nel silenzio del suo cuore la persona faticosamente cambia. Nel silenzio l'uomo incontra Dio. Ti propongo di pensare al silenzio come al clima indispensabile all'accoglienza. Lo scopo della nostra vita non è tacere, ma amare: incontrare Dio, i nostri fratelli e noi stessi. Ora per poter realizzare tutto ciò abbiamo bisogno di spazi d'interiorità. Per questo ti invito ad educarti a questa dimensione così dimenticata nella nostra cultura. So di chiederti qualcosa contro corrente e di non avere tante chance per convincerti, ma voglio provarci ugualmente. Solo I'esperienza potrà persuaderti. Prova e vedrai! Ti assicuro che una volta gustata la dolcezza del silenzio non potrai più farne a meno. Chiedi al Signore questo dono. L'uomo nascosto nel cuore “L’attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Os 2,16). Osea usa linguaggio degli innamorati per mostrare l'atteggiamento di Dio nei confronti del suo popolo. Israele in terra di esilio come sposa infedele si prostituisce agli idoli. Nonostante ciò Dio, da vero innamorato, è intenzionato a far di tutto pur di riconquistare il suo popolo. Per ristabilire la relazioneattrazione è necessario parlare al suo cuore. Per far questo c'è bisogno del deserto, di un luogo lontano da distrazioni e rumori, dove sia possibile incontrarsi a tu per tu. 9 Come vedi, ancora una volta è riproposto il leitmotiv dell'intera storie della salvezza: il desiderio di Dio di incontrare l’uomo. Ma, dove cercarLo? Dove trovare I'uomo se non nelle profondità del suo cuore! Per la Bibbia il cuore è il centro della persona, la sede delle sue facoltà affettive ed intellettive: dei sentimenti e dei ricordi, dei pensieri e dei progetti. Nel cuore risiede la pienezza dell'essere, I'originalità della propria identità e il significato del proprio esistere. E lì che siamo radicati in Cristo. È lì che possiamo adorare Dio in spirito e verità (Gv 4,23). E lì che è stato riversato l'amore di Dio (Rm 5,5). E lì che il Regno di Dio è già presente (Lc I7,21).È nel cuore che abita il meglio di noi stessi. Il compito della nostra esistenza sta proprio nel realizzare ciò che siamo al centro del nostro cuore, nel tirare fuori da esso le nostre ricchezze più profonde. Se vogliamo entrare in contatto con il nostro io più profondo e con l'amore che ci rende capaci di accogliere i nostri fratelli e comunicare con Dio, dobbiamo aprirci al suo mistero. Per fare tutto questo abbiamo bisogno del deserto: di tempi e spazi di silenzio per ascoltare la voce che sale dal profondo del nostro uomo interiore (2 Cor 4,t6). ll silenzio e la calma ci aiuterà a cercare la bellezza profonda e durevole nascosta nel nostro cuore (1 Pt 3,4). Il silenzio, clima indispensabile per accogliere. Entra nel mistero che il silenzio racchiude in sé. Ricorda comunque che non tutto il silenzio è fonte di vita. Esiste anche un silenzio sterile: quello dell'uomo ripiegato su se stesso che vuol sfuggire alla comunicazione. E il silenzio ricercato rigidamente o subito passivamente, frutto della nostra pigrizia o del nostro umore depresso. Il vero silenzio, invece, apre alla relazione e predispone all'incontro: ad accogliere noi stessi, ad adorare Dio ed amare i fratelli. Dio parla nel silenzio Per ascoltare Dio occorre saper tacere. Nel primo libro dei Re si racconta che ad Elia fu detto: “Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. profeta si aspettava che il Signore si manifestasse in un evento straordinario. “Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto,ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco - invece - ci fu un mormorio di un vento leggero. Come I'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna e udì una voce che gli parlava” (l Re 19,ll-13). Qui c'era il Signore. Il messaggio del racconto biblico è molto chiaro. Dio non ama rivelarsi negli eventi clamorosi ma in quelli ordinari. Non è nel frastuono di un vento potente, non è neppure nel terrore di un terremoto o nell'ardore del fuoco che brucia. La sua presenza è piuttosto nella leggera brezza del mattino. 10 E per questo che se vuoi ascoltarlo devi saper affinare il tuo udito ed imparare a stare zitto. E nel silenzio esteriore, unito a quello interiore, che possiamo “adorare il Signore nei nostri cuori” (1 Pt 3,15). E entrando nell'intimità della nostra stanza (Mt 6,5-6) che possiamo stare alla sua presenza. Anche Gesù quando vuol pregare ricerca la calma: va nel deserto (Mc 1,35), in luogo isolato (Lc 4,I2), prega nella quiete della notte o dell'alba (Mc 1,35; Lc 4,12). Silenzio significa entrare in uno stato di quiete totale e di ricettività pura che fa spazio a Dio e alla sua azione in noi. E accogliere l'invito del salmista che ci dice: “Fermati” (Sal 46,lI), “Sta in silenzio davanti al tuo Dio e spera in lui” (Sal 37,7). È rispondere con le sue stesse parole: “Sto in silenzio, non apro Ia mia bocca, perché sei tu che agisci” (Sal 39,10). Il silenzio per costruire l'uomo interiore Il contrario del silenzio è il rumore. La scienza ci dice che una persona può sopportare solo fino ad una certa quantità, misurata in decibel, di rumore. L’esposizione prolungata al di sopra di tale soglia porta alla pazzia. Ma se il rumore disintegra la nostra mente, altrettanto fa la vita frenetica. Le tante cose da fare atomizzano la nostra psiche; è come se si frantumasse in mille pezzi. Non a caso le malattie più diffuse nella nostra società sono quelle di natura psicologica a partire dall'ansia fino alla depressione. In questo clima caotico e stressante il silenzio e la calma rappresentano una via di guarigione e di unificazione interiore. Un esempio è dato dalle comunità di recupero per tossicodipendenti. I giovani lì accolti sono uomini interiormente disintegrati. Uno degli elementi principali della terapia è proprio il silenzio. Le comunità sono collocate in mezzo alla natura, lontane dal caos, i giovani sono invitati a rispettare durante la giornata tempi di silenzio. E nel silenzio e nella comunicazione profonda che in questi giovani si rimarginano le ferite. Ma se i benefici del silenzio sono così evidenti, perché la nostra società ne ha paura? Perché cerchiamo di sfuggirlo in ogni modo nei rumori o nella fretta? Ci alziamo la mattina e accendiamo la TV camminiamo per la strada con le cuffiette alle orecchie, studiamo “ascoltando” la radio. C'è poi il “mito dell'agenda pieno”: se abbiamo del tempo vuoto andiamo in crisi. Perché questa grande paura? Il motivo è che nel silenzio e nella calma la verità viene a galla. È quando stiamo zitti che può parlare la nostra coscienza. Il “grillo parlante” che è dentro di noi ha I'opportunità di dirci quelle cose che in mille modi abbiamo sempre cercato di soffocare. Il rumore diventa così un bisogno per non essere raggiunti dalla verità. Non so se hai mai notato il meccanismo che scatta dentro di noi quando stiamo per fare un peccato. Non è vero che in quel momento non abbiamo la consapevolezza di sbagliare. Sappiamo benissimo ciò che è bene e ciò che è male, ma scegliamo di distogliere I'attenzione dalla nostra coscienza. Per non pensare ci agitiamo, facciamo qualcosa oppure annebbiamo la nostra mente con mille 11 giustificazioni: “non c'è nulla di male”, “fanno tutti così”, “non sono mica un santo”, “solo per questa volta” ecc. Il rumore è il clima della menzogna e del peccato (Col 3,5-9). San Francesco di Sales diceva che “il bene non fa rumore” e che “il rumore non fa il bene”. ll silenzio, invece, seppur con fatica, ci apre alla verità e ci aiuta a costruire in noi I'uomo nuovo e a far regnare la pace di Cristo nei nostri cuori. Quando siamo agitati, stanchi o tentati, il silenzio ci aiuta a rimettere ordine dentro di noi, a dominare le nostre passioni. Esiste un silenzio esteriore ed uno interiore. ll primo è in funzione del secondo. È il silenzio interiore che ti deve stare più di tutto a cuore. Per silenzio interiore intendo l'atteggiamento che contraddistingue la persona autenticamente in ricerca: aperta alla verità, all’incontro e al confronto, attenta ai segni che possono orientare la sua vita facendo memoria di ciò che è più significativo. Alcuni verbi che mi sembrano contraddistinguere il silenzio interiore, sono: osservare, attendere, ascoltate, riflettere, ricordare, andare oltre l'evidenza. Tutti verbi passivi che comunque non devono farti pensare alla rassegnazione. Il vero silenzio, infatti, si realizza solo nell'azione o meglio, nella lotta. Esso è un atto interiore non finalizzato all'intimismo o al proprio benessere ma a preparare I'assunzione e I'adempimento delle proprie responsabilità. Il silenzio per ascoltare il fratello Il silenzio non è indispensabile solo alla preghiera e alla crescita interiore ma anche alla carità. Solo nel silenzio, infatti, può svilupparsi la comunicazione profonda. Nel silenzio la parola si purifica, diventa semplice. È parola che nasce dal cuore e, in quanto tale, come dice Goethe, è in grado di penetrare nel cuore dell'altro. È in grado d'incoraggiale, di sostenere, di correggere. Il silenzio bandisce ogni chiacchiera o pettegolezzo. Nel silenzio si realizza l' ascolto profondo, quel dinamismo essenziale dell'amore che fa sentire I'altro importante, riconosciuto ed apprezzato. Non è facile comunque ascoltare perché, prima di tutto, bisogna stare zitti! Un ascolto mi chiede di dimenticarmi di me stesso per mettere il fratello al primo posto. Per un po' di tempo lui diventa il centro delle mie attenzioni e delle mie cure. L’ascolto è un gesto di ospitalità: vuol dire far spazio all'altro dentro di sé. Tutto ciò comporta un brusco cambiamento di rotta dal pronome “io” al pronome “tu”. Nel semplice atteggiamento dell'ascolto abbiamo la possibilità di vivere nella logica del Vangelo che chiede di farci ultimi, di metterci al servizio gli uni degli altri (Gv 13,12-17). Mi piace sottolineare la dimensione dell'ascolto perché oggi ce n'è un grande bisogno. viviamo isolati gli uni accanto agli altri. Madre Teresa di Calcutta, esperta di umanità, ha detto che la povertà più profonda è proprio la solitudine. Le nostre affollate città sono popolate da persone sole. Anche se siamo nell'era 12 della tecnologia della comunicazione (satelliti, internet, fax, cellulari ecc.) non siamo capaci di comunicare tra di noi: di ascoltare e raccontare le nostre emozioni, i nostri dubbi, le nostre passioni, la nostra storia. La gente cerca uomini e donne che sappiano ascoltare. Andiamo dallo psicologo perché almeno lui, pagandolo, ci ascolti. Credo che oggi l'ascolto gratuito, al di fuori dei “centri di ascolto”, con le persone che incontriamo tutti i giorni, possa divenire una vera e propria missione. oserei definirla come “l'ottava opera di carità da inserire accanto alle altre già nominate nel capitolo 25 di Matteo. L'ascolto poi fa bene a tutti perché guarisce non solo colui che è ascoltato ma anche chi ascolta. Alcuni consigli per educarti al silenzio voglio ora offrirti alcuni spunti concreti per educarti al silenzio sia esteriore che interiore. A piccole dosi. La prima cosa che voglio dirti è che non è facile fare amicizia col silenzio. Per questo ti occorrerà molta pazienza, umiltà e costanza nel tentare e ritentare. Non puoi pretendere tutto e subito. Al contrario, dovrai proporti di camminare a piccoli passi. ogni rigidità e perfezionismo ti porterebbero solo ad. agitarti e a creare rumore dentro di te. Creare spazi di silenzio. C'è un nuovo tipo di monachesimo che si sta diffondendo in questi ultimi anni. Esso è rappresentato per esempio dalle “Fraternità Monastiche di Gerusalemme”. I loro monasteri sono collocati all'interno della città e sia i monaci che le monache svolgono un'attività lavorativa fuori del convento. un tipo di vita che unisce azione e contemplazione e che, proprio per questo, rappresenta una sfida per tutti noi che diciamo di non avere tempo per pregare. Per poter rimanere uniti a Dio durante la giornata questi consacrati cercano di coltivare un clima di silenzio interiore. Un passo della loro regola dice: “al lavoro, per la strada, quando esci o quando rientri o sui mezzi pubblici, fra il trambusto della città, porta con te il segreto del silenzio interiore. Riservati ogni giorno larghi spazi di silenzio e, quando ritorna la sera, medita sul tuo giaciglio, in pace e in silenzio. Dio vive in te, ascoltalo! Il silenzio è 1o slancio della tua preghiera nel cuore della città e ogni giorno la pace della tua anima (1987, 50). Tutto ciò è utile realizzabile anche da noi che non siamo dei monaci. Effettivamente sono tante le occasioni della giornata in cui possiamo entrare in silenzio nella nostra interiorità. Scoprile anche tu. Cerca quali sono gli spazi nel tuo quotidiano che ti permettono di adorare Cristo nel tuo cuore (1 Pt 3,15). Ti invito a curare in particolar modo due momenti: quello della sera prima di andare a letto e la mattina quando ti alzi. Sono due occasioni strategiche per coltivare in te la serenità (Sal 3,6). Dalla sera dipende la pace del sonno (Sal4,9), dal mattino I'intera giornata (SaI5,4). Alla fine del tuo giorno, mentre ti prepari per andare a riposare, lascia fuori della tua stanza tutti i pensieri e coltivane solo uno: quello di essere alla presenza di 13 Dio. Gesù ti ha promesso di essere con te (Mt 28,20), vivi in questa intimità. Nel silenzio del tuo cuore digli grazie per quanto hai vissuto. La mattina quando ti svegli come primo istante del nuovo giorno dì ancora grazie ed affidati a lui. A contatto con la natura. Un'ottima scuola per educarci al silenzio è il contatto con la natura. Essa che, come scrive Paolo, è misteriosamente unita a noi, soffre e geme nell'attesa di essere anche lei liberata (Rm 8,20-24), ha la straordinaria capacità di aprirci all'essenzialità dell'esistenza. In un istante ci riporta alla nostra origine. La natura è il clima ideale per lasciar parlare il nostro cuore. La natura è già silenzio. Il creato è una magia di cui ogni uomo subisce il fascino. Di fronte al quale è impossibile non domandarsi “perché” (Sap 13,6). La natura è già parola. Di fronte al creato è impossibile non “intuire” nel proprio profondo la sensazione di una risposta (Gb 12,7-10). Come pane della natura, trova qualche occasione per tornare alle tue radici. Lascia qualche volta la città, il cemento, la confusione per immergerti in un bosco, per passeggiare a piedi nudi in riva al mare, per salire una montagna, per distenderti su di un prato. Immergiti nel creato e contempla. La natura ti educherà: osserva, ascolta, annusa, tocca quanto ti circonda e insieme al sole o alla luna ti sorprenderai a lodare Dio (Sal 148,3). “C'era una volta una foresta che di giorno si riempiva del canto degli uccelli e di notte di quello degli insetti. Gli alberi crescevano rigogliosi. i fiori sbocciavano e creature di ogni genere vagavano libere. E tutti quelli che vi entravano venivano condotti alla Solitudine, la casa di Dio, il quale pone la sua dimora nel silenzio e nella bellezza della natura. Ma poi arrivo l'Età dell'lncoscienza, quando fu data alla gente la possibilità di costruire edifici alti centinaia di metri e di distruggere nel giro di un mese fiumi, foreste e montagne. Furono così costruiti luoghi di culto con il legno degli alberi della foresta e le pietre del sottosuolo. Si stagliarono contro il cielo pinnacoli, guglie e minareti. l'aria riecheggiava del suono delle campane, di preghiera, canti ed esortazioni. E di colpo Dio restò senza casa” (A. De Mello). Vincere alcune schiavitù. Se vuoi essere deciso nel tuo cammino devi essere anche molto concreto. Non potrai arrivare a gustare il silenzio se non sei disposto a liberarti dalle tue schiavitù. I loro nomi possono essere: tivù, radio, musica, telefono, internet, ecc. Non mi fraintendere! Non sono cose negative. Sono realtà buone che possono diventare controproducenti se usate con eccesso. E come se mangiassi tre chili di gelato gustosissimo. Il mal pancia non ti viene perché il gelato non era buono ma perché ne hai mangiato troppo! A te l’impegno di riconoscere i tuoi eccessi e di stabilire con intelligenza un equilibrio. 14 Esercitarsi nell'arte di ascolto. Puoi educarti al silenzio esercitandoti ad ascoltare gli altri. Ascolta chiunque col cuore: l'amico che si confida come I'anziano che racconta sempre le stesse cose, il bambino che inventa storie fantastiche come il tuo genitore che ti corregge, chi la pensa come te come chi ti critica. Per poter ascoltare gli altri devi essere capace di togliere i rumori di fondo presenti nella tua comunicazione: - L'egocentrismo. Nel dialogo non cercare di metterti in mostra. Non monopolizzare la conversazione. Non strumentalizzare la comunicazione per far vedere che sei intelligente o furbo. Smettila di ripetere continuamente il pronome “io”. Se vuoi ascoltare veramente togliti dal centro e mettici I'altro. - L'impazienza. Sino a quando I'altro non ha finito, stai zitto. Non sbuffare dentro di te, non guardare I'orologio o da un'altra parte, non iniziare a giocherellare con quanto ti capita in mano. Sii invece generoso anche quando I'altro diventa barboso, si ripete, fa fatica ad esprimersi o non dice niente di interessante. - Le distrazioni. È facile distrarsi. Quante volte ti sarà capitato di “ascoltare” una persona e di avere la testa da qualche altra parte. L'unica cosa da fare è non sgomentarsi e tornare a concentrarsi su quanto l'altro dice, magari, chiedendogli di ripetere se hai perso il filo del discorso. - Il pregiudizio. Spesso I'altro la pensa in maniera diversa da te. stai attento a non “chiudere la comunicazione” concentrandoti unicamente sulla risposta da dargli. così ti precluderai l'ascolto, non riuscirai a comprendere fino in fondo ciò che l'altro vuol dirti. Astieniti da ogni giudizio sino a quando non avrai capito sino in fondo il suo pensiero. - L'egoismo. Alla fine ciò che determina la capacità di ascolto è l'atteggiamento col quale incontri l'altro. L'egoista avvicinando I'amico, fondamentalmente si domanda: “cosa posso guadagnare in questa relazione?”. Il generoso, invece, si chiede: “Come posso rendere più contento questo mio amico?”. così l'atteggiamento dell'egoista riduce o azzera I'ascolto mentre quello della persona generosa lo dilata. L’ascolto richiede che tu vada all'altro col “cuore aperto”, col desiderio di donare qualcosa. Sarebbe bello se tu vivessi ogni incontro animato da questo spirito. Certamente non ti sarà possibile, ma più ci proverai più ti darai l,opportunità di vedere il mondo con occhi nuovi. Ti sarai accorto che ascoltare non è facile ma ti assicuro che più tenterai di farlo, più ti renderai conto di cambiare: di divenire sempre più profondo, di crescere nella carità, di affinare la tua sensibilità, di riuscire a pregare meglio. COME CAPIRE LA PROPRIA VOCAZIONE I cerchi concentrici della vocazione Nella riflessione teologica postconciliare la dimensione vocazionale è stata suddivisa in tre grandi ambiti distribuiti in cerchi concentrici. Quello più grande è 15 rappresentato dalla vita come vocazione all'interno del quale si trova il cerchio della vocazione cristiana che a sua volta porta in sé quello delle vocazioni nella Chiesa. La vita come vocazione La prima grande vocazione si identifica con la chiamata alla vita. Questa accomuna tutto il creato e, in particolare, tutti gli uomini. Dio chiamando ogni essere all'esistenza gli affida un compito da realizzare. Paolo VI nella Populorum progressio (n. 15) afferma che ogni vita è vocazione. Così ogni persona è chiamata a svilupparsi in conformità col progetto che Dio ha pensato per lei. Il compito di ogni uomo è quello di lasciare il mondo migliore di come lo ha trovato. L'impegno di migliorare la realtà che ci circonda è la missione che Dio affida ad ogni persona. Siamo al mondo non come spettatori ma per essere artefici di una umanità nuova. Questa è una vocazione che molti uomini di «buona volontà» hanno preso sul serio. Tantissime sono le persone che, pur non conoscendo il messaggio di Cristo o non credenti, sono impegnati nel rispondere a questa chiamata universale e primordiale. La vocazione cristiana All’interno della vita come «vocazione» troviamo la «vocazione cristiana». Questa non è contrapposta alla prima ma ne è un approfondimento. Dalla semplice assunzione della vita come vocazione alcuni uomini ed alcune donne, venuti a conoscenza ed affascinati dal messaggio cristiano, decidono di vivere la propria esistenza alla sequela di Cristo. Per questi cambiare il mondo significa realizzare il Regno di Dio seguendo l’ insegnamento del Vangelo ed appartenendo alla Chiesa di cui Cristo è il capo. È una vocazione alla quale l'uomo aderisce esplicitamente atttraverso il proprio battesimo (At 2,37-39). Le vocazioni nella Chiesa La vocazione cristiana a sua volta si specifica in una multiforme varietà di vocazioni. Ogni cristiano in pratica è chiamato a seguire lo stesso Cristo ma con un proprio modo particolare. Due sono i rami principali dai quali nascono le varie specifiche vocazioni appartenenti alla Chiesa. Il primo è rappresentato dalle così dette vocazioni «sacre»: il sacerdozio e la vita religiosa. Il secondo, invece, dalla chiamata al matrimonio. È a questo livello che devi verificare la tua vocazione. Questo è il primo bivio di fronte al quale un cristiano è chiamato ad interrogarsi. Tra le varie vocazioni non esiste una priorità. Prioritario è ciò che Dio vuole per noi. Non esistono vocazione di prima o di seconda categoria. Tutte vengono da Dio e tutte hanno come finalità la collaborazione alla realizzazione del suo Regno. Tutte chiamano l'uomo alla santità. 16 Per capire la differenza tra la vocazione alla vita consacrata e quella al matrimonio basta tornare all'esperienza di Gesù. I suoi discepoli erano di due tipi. Alcuni, pur aderendo alla sua parola, restano nelle proprie case, al proprio lavoro ed alle proprie occupazioni. Altri, invece, gli apostoli ed alcune donne» aderiscono alla dottrina di Gesù e sono disposti a lasciare padre, madre, moglie, figli, barche e reti, pur di seguire il Maestro dovunque andasse. Chiaramente la prima forma di sequela è oggi rappresentata dai cristiani laici mentre la seconda dai cristiani che abbracciano il sacerdozio e la vita religiosa. Da quanto avrai potuto capire, il sacerdozio, la vita consacrata e la vocazione matrimoniale hanno lo stesso fine di seguire Cristo ma ciascuno in maniera diversa. La chiamata al matrimonio Chi è chiamato al matrimonio deve come ogni altro cristiano raggiungere la santità: la piena comunione con Dio e con i fratelli. La particola-rità della vocazione matrimoniale è che questo obiettivo, oltre che come singolo, lo si persegue insieme al proprio coniuge. I due, marito e moglie, si mettono alla sequela di Cristo insieme, come piccola comunità di credenti stretti da un forte vincolo, un vincolo di carne. La Bibbia esprime questa forte comunione dicendo che «i due diverranno una sola carne» (Gn 2). II centro del matrimonio è sempre Dio. Strano, ma vero! Anche se non molte coppie cristiane pongono Dio al centro della loro unione, di fatto dovrebbe essere così. Il Vaticano II definisce la famiglia «piccola chiesa domestica» (LG 11), perché in essa si evidenziano le stesse caratteristiche della Chiesa universale. Essa è una piccola comunità in dialogo con Dio, al servizio della vita, una comunità che evangelizza e testimonia la propria fede nella carità. famiglia in dialogo con Dio famiglia al servizio della vita famiglia e testimonianza della carità La chiamata al sacerdozio e alla vita consacrata La particolarità del sacerdote e del consacrato è quella di non formare una propria famiglia di carne per aderire ad una famiglia spirituale nella quale servire il Signore e i fratelli. Chi è fatto per il sacerdozio e per la consacrazione, in altre parole, sente dentro di sé la spinta a non legarsi con nessuno in particolare per poter essere di tutti. Infatti, anche il prete e il consacrato sono chiamati a vivere una propria paternità 17 o maternità come lo sposo e la sposa, ma in una dimensione così aperta da accogliere chiunque abbia bisogno di loro. Il consacrato e il presbitero, per loro vocazione, sono chiamati a stringere molte mani senza afferrarne alcuna in particolare. I due sono per tutti e a tempo pieno, cosa che non potrebbe fare il laico sposato. Occorre comunque stare attenti a non scambiare queste vocazioni con un semplice servizio sociale, una missione puramente filantropica. Il sacerdote e il consacrato fanno tutto questo con lo scopo ben preciso di portare ad ogni uomo un riflesso dell'amore di Dio. Perché ognuno possa scoprire che esiste un Padre che lo ama. Significativamente Madre Teresa di Calcutta, ad un giornalista che gli chiedeva cosa la motivasse nel suo servizio, rispose che non avrebbe fatto tutto ciò neppure per un miliardo. L'unica cosa che ha motivato il suo servizio ai poveri è che in loro c'è Cristo. È per raggiungere questo alto ideale che il consacrato e il prete rinunciano ad esercitare la propria sessualità. Non perché non ne sentano il bisogno o non ne siano capaci. Sono uomini e donne come tutti gli altri. Se ti chiedi se sia possibile vivere perfettamente casti la risposta è affermativa, ma solo a due condizioni: che ci sia una reale chiamata di Dio e di vivere a pieno questa vocazione, nella donazione a Dio e ai fratelli. Nello stato religioso, come del resto in quello matrimoniale, le vie di mezzo sono molto pericolose. Chi non si sforza di stare in questo sentiero prima o poi resta sommerso in mille contraddizioni. Il discernimento va fatto attraverso 4 strade: 1. d. con la Parola; Ci vuole un rapporto quotidiano con la Parola: “frequentazione costante” (V.C.). E’ punto di partenza fondamentale per far emergere il “desiderio di Dio”. - lettura della Parola e coinvolgimento personale: scrivo ciò che mi colpisce - confronto la mia situazione con la provocazione della Parola di Dio - mi chiedo sinceramente qual è il passo concreto e proporzionale da fare, che il Signore mi chiede. Verifìco se ho dei timori e resistenze di fronte a questo passo cerco dei mezzi concreti per attuare questo passo mi immergo nel ringraziamento, nello stupore e nella fiducia 2. d. attraverso il percorso vocazionale (= “via del desiderio”). Il desiderio si innesta sulle cose profonde che ci sono in noi. So cogliere i desideri nella savana e nel groviglio di pulsioni? Dentro di noi c’è questo sottobosco e groviglio di desideri, paure, pulsioni, bisogni… C’è bisogno della luce della Parola, del discernimento con essa. 3. d. motivazionale. 18 Saper distinguere fra: m. fondamentali, m. importanti, m. secondarie, m. inconsistenti Giocano pure molto le motivazioni inconsce e l’immagine di sé (il suo aggiustamento dura tutta la vita) Gli esami di coscienza dovrebbero muoversi di più sulla linea del discernimento. 4. d. con la storia della vita. saper distinguere tra: - - - Memoria psichica = percezione di sé e della propria esistenza come mozziconi di esperienza e segmenti di vita senza filo conduttore Storia impazzita: . il passato = deposito di rimpianti e pentimenti . il presente = insignificante . il futuro = buco nero delle paure Memoria biblica = capacità acquisita di ritrovarsi e dare senso e consistenza alla propria vita e alle vicende interrogative e contraddittorie di questo tempo = capacità di porre i singoli segmenti di esistenza sul nastro continuo e robusto della storia della salvezza Storia biblica = capacità di ritrovarsi e dare senso alla propria storia attraverso le vicende e storie di vita dei personaggi biblici e nelle parabole della simbologia biblica Passare dall'esistenza come contenitore di segmenti impazziti alla mia storia di salvezza che è tutta grazia e misericordia SOPRA LA SCELTA DELLA PROPRIA VOCAZIONE Nel suo sogno provvidente, Dio ha pensato per te una vocazione - un modo, una forma precisa per vivere il rapporto con Lui e che ti da la sicurezza di essere suo figlio, prezioso ai suoi occhi e irrepetibile - ricolmandola di grazie e dandoti la forza per realizzarla. Come in tutte le situazioni della vita, a maggior ragione nella vocazione, il cristiano deve cercare e corrispondere alla volontà di Dio, imitando Gesù che, in un dialogo schietto con i propri genitori, ti indica il senso profondo della ricerca vocazionale: “…Non sapevate che io devo compiere la volontà del Padre mio?” (Lc 2,49). Carissimo è quindi di massima importanza conoscere la vocazione cui Dio ti chiama per non impegnarti in scelte di vita che non fanno per te e per le quali il Signore non ti ha creato. Ad alcuni uomini, pochi, Dio svela in modo straordinario la sua volontà. Ma normalmente non è così e non pretendere tanto! Sii tranquillo nella certezza che il Signore ti guida a Lui: l’insistenza dell’amore di Dio e la sua volontà di alleanza possono essere scovati da ciascun uomo nella propria storia, 19 nella propria quotidianità. Bada però, non tutti manifestano la libertà, la fiducia, il desiderio, il coraggio e l’umiltà necessari per guardare la propria storia con gli occhi del Padre, fino a scoprirvi i segni della propria personale vocazione. E’ necessario che tu sappia seguire alcuni consigli e adoperare alcune strategie per poter prendere la decisione più determinante della vita. Primo: la Libertà. Vivi la purezza, purificando quanto della tua vita è già contaminato dal peccato, liberandoti, con l’Aiuto del Cielo, da ciò che ti lega l’anima. Dai un taglio con ciò che ti impedisce di dar retta alla voce di Dio: l’individualismo, il menefreghismo, lo sfruttamento degli altri, l’idolatria del piacere e del divertimento… Sforzati di non assecondare quei desideri che ti isolano e che ti illudono di trovare in te stesso la gioia, la realizzazione e la pienezza. Solo se distogli gli occhi da te, gli orecchi dai tuoi illusori monologhi, la fantasia da ciò che inquina l’amore e incatena la speranza, puoi raccogliere la sfida di un Dio che si dona a te in un’esistenza piena e gioiosa. Secondo: la Fiducia. Solo l’intimità con Dio ti rende accessibile una certezza: Lui, non tu, conosce la via della tua gioia, perché È quella Via ed È quella Gioia. In questa intimità, costruita attraverso una preghiera semplice ma intensa e fedele, possono fiorire anche sulle tue labbra le parole dell’apostolo Paolo: “Signore che vuoi che io faccia?”; del giovane Samuele: “Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta”; del re Davide che cantava così: “Insegnami a fare la tua volontà, perché sei il mio Dio”. Terzo: Coltivare un desiderio audace. Lasciati contagiare dalla vita dei santi, il tuo desiderio diviene vigoroso, capace di sognare in grande. Tempra la tua vita, sull’esempio di tante vite veramente riuscite rivolgendoti a Dio con una preghiera soda e costante, celebrando con partecipazione la Santa Messa e facendo con passione la Comunione. Un forte amore per la Madre del Signore, per San Giuseppe e per tutti i santi, un colloquio fiducioso con il proprio Angelo custode, rendono forte il tuo desiderio di compiere il cammino della vita secondo il disegno di Dio per partecipare della sua Grazia e della sua Gioia già in questa terra e poi in Paradiso. Quarto Il Coraggio: Senza coraggio la tua vocazione non fiorisce. Il coraggio è un dono che Dio assicura a noi figli, ma che spesso non sappiamo accogliere, perché fragili nella nostra libertà, superficiali nella nostra fede, impauriti nei nostri desideri. Ricordati però: Dio è affidabile, non ti frega. Se ti fidi di Lui, ti rimbocchi le maniche nel servizio, anche quando ti costa, malgrado le apparenti difficoltà, le disapprovazioni e i giudizi sprezzanti degli altri che troppo spesso giudicano con gli occhi del mondo. Proprio in quelle opere scoprirai come Dio non manchi mai di parola e non si lasci mai vincere in generosità. Coraggioso è chi fa esperienza della folle contabilità di Dio: ogni goccia d’acqua, briciola di pane, minuto di tempo, donati per suo amore, sono oggi e nell’eternità ricompensati con un centuplo di gioia e di pienezza, perché, 20 come Gesù ti ha detto e ti insegnato con la sua vita “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Quinto: L’Umiltà. E’ l’atteggiamento che matura grazie alla crescita nella libertà, nella fiducia, nel desiderio e nel coraggio. Umile è chi si apre con verità nel confronto accogliente con la guida dell’anima e il confessore, persone sagge innamorate di Dio, che ti aiutano a vincere le incertezze, gli ostacoli, le incomprensioni, le derisioni. Talvolta le opposizioni degli amici, delle persone care, forse anche dei tuoi stessi genitori possono minacciare i primi passi di un autentico cammino vocazionale ma, nel rispetto che devi a loro, non porre in secondo piano la volontà di Dio unica fonte della tua gioia. Il giovane fedele alla sua vocazione Quando San Francesco di Sales rivelò in casa che Dio lo chiamava al sacerdozio, i genitori gli fecero osservare che, essendo il più grande della famiglia avrebbe dovuto gestirne l’amministrazione e l’economia, e che quindi il desiderio della vita consacrata a Dio fosse frutto di un’devozione eccessiva e che avrebbe dovuto invece santificarsi continuando a vivere in società. Per convincerlo del tutto ad assecondare le loro intenzioni gli proposero un matrimonio con una ragazza ricca, bella e buona. Ma nulla servì a distoglierlo dalla sua decisione. Egli diede sempre il primo posto alla volontà di Dio anziché a quella del padre e della madre (che pur rispettava e amava teneramente), e preferì rinunciare ai vantaggi dati dalla sicurezza economica e sociale della sua famiglia anziché lasciar scappare il dono della sua vocazione. I genitori, che inizialmente si erano lasciati prendere dalle stesse logiche opportuniste del mondo, in seguito diedero più ascolto alla loro fede e furono contenti della scelta e della vita del figlio. PREGHIERA Per conoscere la propria vocazione Eccomi ai tuoi piedi, Vergine d’Amore, per chiederti la grazia più grande di conoscere a cosa Dio mi chiama. Io vorrei vivere la volontà di tuo Figlio Gesù per tutto il tempo della mia vita. Desidero con tutto me stesso di rispondere a quella vocazione che mi colmerà l’esistenza e mi renderà felice in punto di morte. Madre del Buon Consiglio, fammi sentire quella voce che allontani ogni dubbio dalla mia mente. Tu che sei stata la Madre del Salvatore, sii anche la Mamma della mia salvezza. Perché se tu Maria non m’illumini con un raggio della luce divina, quale luce mi rischiarerà? 21 Se Tu non m’insegni o Madre della Sapienza, chi mi farà da maestra? Ascolta Maria le mie umili preghiere, guidami nel dubbio e nell’incertezza, sostienimi e incoraggiami sulla via che conduce alla felicità senza fine. Tu solo sei l’unica speranza di virtù e di vita i cui frutti sono gloria e onestà. UN CAMMINO SALESIANO … PER DUE Lo spirito salesiano incarnato nelle coppie che vivono lo stile di Don Bosco fra la vita di tutti i giorni, in oratorio e in famiglia. COS’È LO SPIRITO SALESIANO? Si tratta di un quesito che, probabilmente, molti di noi si sono posti. Lo spirito salesiano è gioia profonda e serena che, però, non è semplicemente buon umore. È un vero e proprio stato d’animo di chi ha riposto e ripone sempre la propria vita nelle mani di Dio. Un atteggiamento che non può non tener conto della presenza di quotidiana di Cristo Risorto e dell’amore che lui ha per noi. Ecco svelato il segreto della felicità dalla quale veniamo circondati quando si è in compagnia di un salesiano. Tutti i salesiani hanno queste caratteristiche. Ma come si vive lo spirito salesiano nella coppia (fidanzati, sposati)? DA GIOVANI FIDANZATI Anche le giovani coppie sperimentano il significato dello spirito salesiano nella vita di tutti i giorni e nella vita dell’oratorio. Il gruppo è il luogo d’incontro privilegiato per i giovani: si stringono amicizie e relazioni, ci si confronta, si maturano scelte che segnano la vita di ognuno. In particolare, qui i giovani imparano a dare attenzione ai più piccoli, imparano il senso dell’accoglienza . (Proprio per questo Don Bosco creò le famose “compagnie”!). E’ qui che ritroviamo le giovani coppie che, vivendo nello stile di Don Bosco, incontrano tante persone e hanno la possibilità di mettere a servizio dell’altro il loro amore. Ma perché passare il tempo con gli altri, invece trascorrere un po’ di tempo solo come coppia? Perché credo sia giusto trasmettere, condividere e sfruttare al meglio questo amore, soprattutto se si pensa che c’è chi ha mandato suo figlio per la nostra salvezza. Può capitare di pensare che siano degli alieni (e io lo penso tuttora, anche se ho scoperto che parlano la mia lingua), ma l’invito è quello di osservarli nella vita di tutti i giorni e notare che vivono tutto ciò come una vocazione con gioia e felicità. 22 DA SPOSATI L’attenzione è sempre rivolta ai giovani, infatti sono sempre partecipi alla vita dell’oratorio, ma in questo caso ci si dedica maggiormente alla famiglia e all’educazione dei figli (e, anche se non si sa come, trovano sempre il tempo per entrambe le cose). La famiglia è il primo luogo dove i figli imparano la vita: l’amore fraterno, le gioie e le fatiche della vita quotidiana. È quindi compito dei genitori instaurare in loro un senso critico e una capacità di giudizio per affrontare gli eventi. Non è un compito facile e questo la sapeva anche mamma Margherita. Ed è per questo che si affidava al Signore mentre andava e tornava dalla campagna e durante le faccende domestiche, ma soprattutto insegnando a pregare ai propri figli. I genitori, infatti sono i primi testimoni di fede e, attraverso di loro, si trasmette il senso di Dio. Così, la famiglia prega insieme e acquista un’anima grande composta da tenerezza, perdono, comprensione e Dio: un clima che permette a marito e moglie di sostenersi a vicenda nelle scelte di tutti i giorni, nei momenti di prova e di tensione e trasmettere il valore della vita. Questo è lo spirito di famiglia che coinvolge anche coloro che, propriamente, non fanno parte della famiglia. Quindi, come si comportano tutte le “coppie salesiane” nella vita di tutti i giorni, negli ambienti di lavoro e di studio? Testimoniano senza paura la loro fede, prestando il loro aiuto nelle situazioni di bisogno e lasciandosi guidare dall’amore di Cristo. Che dite sono davvero extra-terrestri o solo veri cristiani? ISTRUZIONE SUL TEMA VOCAZIONALE Vorrei brevemente, quasi a modo di istruzione, rispondere a qualche domanda, espressa o inespressa sulla vocazione. l. Quali sono i segni certi della volontà di Dio? Oggi più che in ogni altro tempo, i giovani sono, e molto, incerti nelle loro decisioni. E’ vero tuttavia che, quando si tratta di compiere scelte definitive per la vita, la nostra creatività resta particolarmente coinvolta e non possiamo pretende di avere delle certezze prefabbricate. Le incertezze, dunque, da una parte sono giuste, si purificanti, ma dall'altra si devono diradare gradualmente nella misura in cui ci convinciamo che il Signore vuole la nostra cooperazione libera nella vocazione. Egli desidera elaborarla con noi e in noi; attraverso le incertezze, che causano sempre sofferenza, ci aiuta a costruire il 23 cammino lungo il quale arriviamo alla decisione. Mi sembra perciò utile offrirvi tre criteri. Anzitutto occorre diradare le incertezze mediante strumenti legittimi: l'ascolto della Parola, l'esercizio della lectio divina, il silenzio, la riflessione, il dialogo con il direttore spirituale. Dobbiamo comunque assumerci un rischio, fatto ineliminabile nelle decisioni creative della nostra libertà. Chi non ama non rischia; quando, per esempio, decidiamo di dare fiducia a una persona, rischiamo. Nella scelta della vocazione, non possiamo dunque cullarci in una eterna incertezza, adducendo la scusa che non vediamo ancora chiaro. Dobbiamo nutrire una grande fiducia in Dio, nel senso di credere, cioè, che egli dentro di me pone dei criteri e i princìpi per una scelta giusta. Non è fiducia in Dio il non impegnarsi per scegliere aspettando chissà quale rivelazione miracolosa! Quello che ci viene chiesto è di affidarci al Dio che opera in noi. La libertà di elaborare un atteggiamento di disponibilità, comporta un rischio che però si appoggia alla fiducia. Tuttavia, all'origine delle nostre incertezze, si trova spesso il cosiddetto senso della indegnità. Non ci sembra possibile di essere oggetto di una predilezione divina, non finiamo mai di convincerci che il Signore ci ama davvero. E questo vuol dire che la nostra fede è ancora debole. Dobbiamo infatti credere che Dio ci ama, ci ama come non potremo mai immaginare, mai capire, mai pensare, mai esprimere. Siamo quindi invitati a cogliere nel Battesimo, nell'Eucaristia, nel mistero di Gesù crocifisso, i segni visibili di questo ineffabile e infinito amore personale di Dio, siamo invitati a viverli con una più profonda coscienza. 2. Come discernere i progetti di Dio? Un secondo interrogativo può riguardare il cosiddetto discernimento, che è qualcosa di molto serio. Nella vita quotidiana, il discernimento è la capacità di distinguere ciò che nelle mie azioni è secondo lo Spirito di Cristo e ciò che gli è contrario. Spirito di Cristo è attenzione all'umiltà, all'accettazione della prova, alla carità, alla pazienza, alla benignità, alla gioia. Spirito contrario a Cristo è volontà della realizzazione di sé, gusto della mondanità, ricerca del successo, pretenziosità, malagrazia. Il discernimento ci dà la consapevolezza di essere continuamente sotto la mozione dello Spirito santo (che ci spinge a vivere le Beatitudini) e sotto la mozione dello spirito maligno (che ci spinge all'ambizione, alla vanità, al successo, al parlar male degli altri). Ancora, il discernimento è la capacità di non agire per impulso, di capire da dove viene quell'impulso e se produce amarezza, invidia, irritazione, oppure pace,gioia, serenità, desiderio di pregare. Questo discernimento quotidiano crea l'abitudine al discernimento vocazionale; a discernere, nell'insieme dell'impostazione della mia vita, che cosa è più conforme 24 allo spirito di Cristo: E quando si è giunti a una scelta definitiva, pur se sofferta, ci fa cogliere subito se produce dentro di noi fiducia, letizia, consolazione dello Spirito santo. Diventa allora facile capire se i nostri progetti corrispondono a quelli di Dio. I progetti di Dio h conosciamo dalla Sacra Scrittura; il Signore ha condotto il suo popolo fuori dalla schiavitù dell'Egitto verso la libertà della terra promessa e a poco a poco l'ha portato alla vita in Cristo, agli atteggiamenti evangelici delle Beatitudini. I nostri progetti sono dunque conformi a quelli di Dio quando corrispondono ai progetti di Cristo. Per questo è assolutamente importante l'esercizio della lectio divina, che ci permetto di conoscere, giorno dopo giorno, come Gesù agiva, pensava, amava, godeva, voleva, serviva, si donava. Il comportamento di Gesù dodicenne nel tempio, per esempio, ci insegna che la giusta attenzione ai genitori non può mai impedire la realizzazione di una vocazione al presbiterato o alla verginità consacrata. Tanto più che i genitori non impediscono in genere a un figlio la scelta matrimoniale, come pure l'impegno di un lavoro, o addirittura la ricerca del successo. Naturalmente, sarà necessario giudicare caso per caso, soprattutto se i genitori sono anziani e ammalati, ma il criterio di base lo abbiamo. Nel nostro tempo la maggior parte delle famiglie, anche cristiane, non vede bene la scelta di consacrazione da parte dei figli. Vorrei però sottolineare che tale vocazione è sommamente importante nella Chiesa. Le istituzioni religiose possono cambiare, nascere e morire, e la storia lo attesta; gli Ordini e le Congregazioni possono lasciare il posto a nuove forme, ma se venisse a mancare la figura della verginità consacrata per il Regno, la Chiesa non ci sarebbe più. La Chiesa infatti esiste in quanto genera continuamente figure carismatiche di dedicazione evangelica, che costituiscono il sale e il fermento della comunítà cristiana. 3. In quale modo parla il Signore? Ho l'impressione che non abbiamo sempre un'idea esatta di che cosa significa 'ascolto dei Signore'. Il primo è l'ascolto di quella parola di Dio che, la Chiesa ci trasmette attraverso il Vangelo, l'Antico Testamento, la voce del Papa e dei Vescovi. Ascoltare la voce di Dio non vuol dire quindi percepire il fruscio di un’aria leggera, bensì leggere la sua Parola con disposizioni di umiltà, preghiera, obbedienza, riverenza. C'è un secondo modo di ascolto. Passando dal momento della lectio di un brano biblico, di un salmo, di una pagina dell'Antico o del Nuovo Testamento, al momento della meditatio, dobbiamo applicare la parola di Dio alla nostra situazione personale, dobbiamo lasciarci interpellare dal Signore chiedendoci: come questa parola mi spiega, mi scuote, mi tocca, si realizza in me qui e adesso? Questo ascolto è molto importante per la nostra vita concreta, quotidiana. Ci può essere un terzo tipo di ascolto, meno abituale, più interiore: si avverte dentro di sé una parola di Dio, una sorta di voce. Ovviamente, perché sia vera e 25 non invece frutto della mia immaginazione, occorre sentirla ripetutamente, insistentemente, e non solo in un momento di euforia. E allora bisogna confrontarsi con il direttore spirituale. A noi, comunque, spetta anzitutto di esercitarci nella prima e nella seconda forma di ascolto, senza le quali non ci può essere mai la terza. 4. L'aridità nella preghiera Abbiamo parlato dell'aridità vissuta da santa Teresa di Gesù Bambino. Tutti però, prima o poi, conosciamo questa aridità che può portare allo scoraggiamento, alla tristezza e addirittura alla decisione di impiegare in altro modo il tempo stabilito per la preghiera. E’ perciò utile sapere che l'aridità può sopravvenire per due ragioni. La prima è quella della prova: Dio vuole purificarci, vuole farci passare a una fede più pura, vuole suscitare una ricerca nuova. La seconda ragione va ricercata in noi stessi: l'aridità infatti può essere frutto di dissipazione, di pigrizia, di affettività sregolate che, a poco a poco, inducono 9 disgusto delle «cose dei Padre». Naturalmente non è facile discernere tra questi due tipi di aridità, occorre l'aiuto dei direttore spirituale. Ordinariamente, quando una persona, malgrado il silenzio di Dio, rimane fedele al tempo della preghiera e continua a dire: Signore, ti amo, mi dono a re; quando una persona è interiormente molto addolorata per l'aridità che sperimenta, significa che si tratta di una prova purificatrice. Quando, al contrario, l'aridità non provoca dolore e tentiamo di giustificarla con scuse pretenziose, è frutto della nostra dissipazione. Talora, però, la prima e la seconda forma sono mescolate insieme e per questo è necessario il consiglio del direttore spirituale. La trattazione più scientifica e più completa sugli stati di aridità, la troviamo nella « Notte oscura » di san Giovanni della Croce, libro tuttavia che è bene leggere solo dopo aver fatto esperienze spirituali profonde. 5. Come si affretta la venuta del Regno? Molte volte mi sento chiedere dai giovani dove e come devono esercitare l'apostolato per affrettare la venuta del regno di Dio. Penso che per affrettare la consumazione di tutte le cose, o -in altre parole per fare in modo che il Signore regni in tutti i cuori, dobbiamo anzitutto pregare: Venga il tuo regno, invocazione fondamentale del «Padre nostro ». In secondo luogo, dobbiamo crescere nella consapevolezza che il regno di Dio è già tra noi (cf Lc 17,20). Il Regno viene in ogni azione nella quale esercitiamo fede, speranza, carità, pazienza, umiltà, verità. Così affrettiamo la venuta del Regno. Se tutti, in questo momento, nel mondo, ci mettessimo d'accordo per esercitare contemporaneamente quelle virtù, noi avremmo la pace universale, la riconciliazione tra i popoli, e il Regno sarebbe consumato. Il primo 26 apostolato, dunque, consiste nel rendere presente il Regno nella nostra quotidianità. Mentre non dobbiamo dimenticare che il Regno viene distrutto, C. M. Martini profanato, da ogni nostro gesto antievangelico. E se Dio avesse una proposta per te? Uno dei segreti della vita di don Bosco e di Madre Mazzarello è stato la completa disponibilità d’animo di fronte a Dio, un lasciare totale in modo che sia Lui a formare, attraverso gli eventi, quel futuro sognato tante volte da bambino. Don Bosco Ogni passaggio interiore richiede una conversione e consiste in un risposta, in un dono d’amore all’amore che Dio ha per noi. Si tratta di un movimento in due tempi: conversione e dono di sé a Dio. Dobbiamo innanzitutto prendere coscienza di noi stessi con realismo. Questo può avvenire in vari momenti e in forme diverse. A me capitò in modo assai più chiaro ed efficace quando stavo per compiere vent’anni. Devo ammettere che prima ero stato piuttosto dissipato, vanaglorioso, occupato in divertimenti, giochi, esercizi fisici e altre cose, che rallegravano momentaneamente, ma non appagavano il mio cuore. In fondo, ero molto ripiegato su me stesso, come capita alla maggior parte dei giovani. Sul finire delle scuole superiori, per la prima volta mi sono posto il problema del futuro con grande serietà. Mi rendevo conto che i sogni coltivati fino a quel momento, erano rimasti molto vaghi. Sentivo, è vero, la propensione a diventare prete per prendermi cura dei giovani. Ma dovevo essere realista: la mia maniera di vivere, certe abitudini del mio cuore e la mancanza assoluta delle virtù necessarie a quello stato di vita, rendevano difficile la decisione. Dovevo lavorare più in profondità. In un primo tempo ho cercato di fare di testa mia. La lettura dei libri spirituali e il contatto con le comunità religiose di Chieri mi avevano indotto a credere di essere chiamato alla vita contemplativa. Pensavo che l’entrata nel chiostro mi avrebbe aiutato a vincere le passioni, soprattutto la superbia, profondamente radicata nel mio cuore. Ma stavo costruendo il futuro a partire da punti di vista limitati e dalle mie paure, senza tener conto dei piani di Dio. Nonostante fossi stato accettato tra i Francescani, il progetto si arenò. Allora mi consigliai con Luigi Comollo, l’amico più fidato e serio. Egli mi face capire in quale stato d’animo dovevo collocarmi: quello di una piena disponibilità a compiere la volontà del Signore, un’offerta senza condizioni, una fiducia e una confidenza in Lui senza fine. In fondo, ogni vocazione cristiana non è altro che la conseguenza della decisione a darsi pienamente a Dio, a partire da una radicale conversione del cuore. 27 Mi misi in stato di preghiera. Iniziai una novena, preceduta da una buona confessione generale. Nel frattempo Luigi aveva scritto una lettera allo zio prete, che già mi conosceva, spiegandogli il mio problema. L’ultimo giorno della novena mi confessai nuovamente, partecipai alla Messa e feci la Comunione: ero finalmente disposto a fare qualsiasi cosa il Signore mi avesse richiesto, perché deciso ad essere tutto di Dio. Nulla più mi stava a cuore se non mettermi, da buon cristiano, al suo servizio, ovunque egli mi avesse chiamato. Mi sono reso conto in seguito che si trattava di una conversione, vera e definitiva. Quello stesso giorno arrivò la risposta dello zio di Luigi. Mi consigliava a lasciar perdere per il momento la scelta precedente. Mi invitava ad entrare in seminario. Nel corso degli studi avrei potuto capire meglio i progetti di Dio. Non dovevo aver paura di sbagliare strada: con la custodia del cuore, il raccoglimento interiore e la preghiera avrei superato ogni difficoltà. Ho fatto quanto mi suggeriva. Mi sono seriamente applicato in ciò che poteva prepararmi a quel passo. Andato a casa per le vacanze, ho cessato di fare il ciarlatano (quanta vanità e quanta ricerca di lodi in quegli spettacoli). Mi sono dato a buone letture, che fino allora avevo trascurato. Ho però continuato a occuparmi dei ragazzi, trattenendoli in racconti, in piacevoli ricreazioni e nel canto. Molti erano totalmente ignoranti nella religione e ho cercato di istruirli e introdurli nella preghiera. M.Mazzarello Ho capito a poco a poco dove il Signore mi stava portando. Io vivevo in un piccolo paese in una famiglia numerosa e di me c’era bisogno in casa. Questo però non mi ha impedito di partecipare attivamente alla vita della mia comunità parrocchiale. Don Pestarino, che aiutava il parroco, mi aveva aiutato progressivamente a mettere il Signore al centro della mia giornata, mi aveva portato a vincere il mio orgoglio e il mio desiderio di primeggiare. Il mio amore per Gesù era così forte che ancora adolescente gli ho promesso, con il voto di castità, che la mia vita sarebbe stata solo per Lui. E così ho sempre cercato di coltivare e comunicare questo grande amore. Don Pestarino aveva fatto nascere l’Associazione delle Figlie dell’Immacolata. Con le altre ragazze di quel gruppetto cercavo di essere sale e luce e di curare la formazione dei gruppi di donne e mamme che don Pestarino ci affidava. Dopo essermi ammalata di tifo non avevo più forze e il lavoro dei campi diventava impossibile. In quel disorientamento ho capito che il Signore mi indicava un’altra direzione: diventare sarta per aprire un laboratorio per le ragazze e preoccuparmi della loro crescita. Anche l’oratorio festivo prese piede. Poi due orfane avevano bisogno di una casa ed ecco che il Signore mi chiedeva di diventare loro madre. Dopo che don Pestarino aveva incontrato don Bosco e aveva deciso di farsi salesiano, don Bosco stesso ci fece una proposta. Io 28 sentivo che era un santo, e ho abbracciato con tutto il cuore la scelta di essere Figlia di Maria Ausiliatrice. Non avrei mai pensato di poter diventare una suora… e ora addirittura tante ragazze e suore vogliono che diventi la loro Madre. Chi con l’aiuto di una buona guida si fida del Signore cercando di rispondere ‘sì’ con totalità ai piccoli-grandi inviti che Egli ci fa, è portato ad andare sempre oltre e si trova progressivamente dove il Signore stesso vuole. Domande: - Ti sei già chiesto “cosa farai nel tuo futuro con grande serietà”, come don Bosco e Madre Mazzarello? - ai chiesto a Dio che proposta ha per la tua vita? - Stai rispondendo ‘sì’ agli inviti che già oggi il Signore ti fa? - Il segreto dell’incontro con Dio è presentarsi davanti a Lui disposti a fare qualsiasi cosa ci chieda; la preghiera, la confessione e la comunione ci portano a questo. Provare per credere! RICERCA VOCAZIONALE In questo periodo approfondisci la tua ricerca vocazionale riprendendo le tematiche esposte in questa tappa. Fallo anzitutto chiedendoti quale è il tuo atteggiamento nei confronti del discernimento della tua vocazione. A questo proposito Sovernigo individua tre tipi di atteggiamenti: quello di ristagno, quello di annaspamento ed, infine, quello di effettiva ricerca. Nell'atteggiamento di ristagno vocazionale I'individuo, ripiegato su di sé, non cerca di capire, anzi fa finta di non sentire le provocazioni della vita e di Dio. Secondo I'autore “è come essere e vivere "interiormente seduti", quasi disinteressati di sé. Ne risulta una situazione di stallo, di surplace, talora un tagliar corto: "Non voglio saperne. Vivo come meglio mi piace". [...] Subentra allora uno stato di prevalente mediocrità, un vivere alla giornata, tirando avanti, rimandando i problemi, cercando di salvare la faccio. L atteggiamento di annaspamento vocazionale, invece, “si configura come un vivere e un impostare la propria esistenza in uno stato di "vagabondaggio" interiore, spesso anche esteriore. Si manifesta come un gironzolare di cosa in cosa, di attività in attività, di persona in persona, talora un brancolare senza punti di riferimento sufficientemente stabili e orientanti”. Infine 1'atteggiamento di ricerca vocazionale, prosegue Sovernigo, “consiste in un desiderio e in un impegno fattivo a individuare e concretizzare il proprio compito nella vita, quella missione per cui ci si sente fatti, corrispondente alla propria identità personale” (1985, 65-70). 29 SCHEDA DI RIFLESSIONE Quali sono gli atteggiamenti indispensabili per un buon discernimento? 1. La conoscenza di te stesso, in particolare delle tue capacità e dei tuoi limiti. 2. La preghiera, l'ascolto della Parola di Dio, una buona vita sacramentale. 3. Avere una guida spirituale con la quale confrontarti anche da questo punto di vista. 4. Svolgere un'attività di volontariato in cui metterti al servizio dei poveri. 5. Vivere bene la tua vocazione attuale di giovane cristiano fedele ai tuoi doveri quotidiani (famiglia, scuola, lavoro, ecc.). e poi… 1. Attenzione ai segni di Dio La vocazione non è un fungo che spunta da un momento all'altro. Dio la prepara e la fa crescere dentro di noi inviandoci piano piano dei piccoli segni: - Rileggendo la tua storia sapresti evidenziare alcune esperienze che per te hanno ricoperto un significato del tutto speciale, punti essenziali del tuo cammino? 2. Persone «faro» Ci sono delle persone che nella nostra vita sono state particolarmente significative, che abbiamo, che in qualche modo ci piacerebbe imitare… - Ci sono persone «faro» nella tua vita? - Perché le definisci tali? - Cosa rivela di te stesso l'ammirazione che nutrì per queste persone? 3. Il grido dei poveri La vocazione cristiana, qualsiasi essa sia, deve farsi attenta al «grido dei poveri». Essa non si chiude mai alle necessità degli altri. Dio sempre, in ogni vocazione, ci invita a metterci a servizio di qualcuno. - Quali necessità Dio ti sta ponendo dinanzi? - Per quali di queste ti senti portato? - Quali esperienze di servizio hai già svolto? Cosa hai capito di te stesso svolgendo tali attività? 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 Ancora oggi Dio cerca cuori giovani, cerca giovani dal cuore grande, capaci di fare spazio a Lui nella loro vita per essere protagonisti della Nuova Alleanza, capaci di lasciarsi interpellare dalla sua novità, per intraprendere con Lui strade nuove. Cari giovani, lasciatevi coinvolgere nella vita nuova che sgorga dall’incontro con Cristo e sarete in grado di essere apostoli della sua pace. (Benedetto XVI ai giovani di Loreto 2.9.07) 40