CONTIENE INSERTO REDAZIONALE
anno XXXVIII • POSTE ITALIANE SpA. Spedizione in abbonamento postale
D.L.353/2003 (CONV. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1, Comma 2, DCB Roma
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Nel
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giardino
di
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CHIARA
Veramente non avremmo mai immaginato che la
sera del 23 dicembre, durante il nostro congresso, saremmo andate tutte da Chiara! In silenzio
per l'attesa e il sacro che si respirava, siamo entrate
in punta di piedi nel giardino interno della sua casa e
lì, dietro una vetrata, Chiara ci aspettava. Ci siamo
sentite accolte come figlie sue predilette e subito
abbiamo intonato: «Grazie, Chiara». Poi una voce,
che abbiamo riconosciuto all’istante, ci ha commosso
nel più profondo, mentre il cuore scoppiava di un'indescrivibile gioia! Era proprio Chiara che, prendendo
inaspettatamente il microfono, ci ha detto: «Gen!
Grazie di questa canzone. Gesù l'avrà sentita fino
in fondo e così la sua mamma Maria. Buon
Natale!». «Anche noi - le ha risposto Letizia a nome
di tutte le gen 3 del mondo - vogliamo augurarti buon
Natale, Chiara! Sei tu la nostra stella cometa che ci
guida da Gesù e noi vogliamo seguirti e portarti nel
mondo con l'Ideale». «Bello! - ha esclamato Eli, che
era al di là del vetro - Chiara vi dice che è molto contenta del vostro progetto di portare Gesù a tutto il
mondo e si augura che le gen 3 si moltiplichino».
«Ed anche i gen 3», ha aggiunto subito Chiara. E poi
ancora Eli: «Chiara vi dice che le avete dato tanta
gioia, una grande gioia. Vi augura un perenne
Natale con Gesù in mezzo che rinasca
sempre. Ciao, gen!».
Eravamo proprio alle stelle: «Forse sarà
così il Paradiso?», ci siamo chieste l’un
l’altra, immaginando di ritrovarci tutte unite
attorno a Chiara, in un’armonia di musiche
e danze, ognuna di noi una Parola vissuta,
come abbiamo sperimentato nei giorni del
congresso. Era difficile ripartire e, mentre
ciascuna piantava il proprio fiore luminoso
nel prato sotto quella grande finestra, nell'anima un solo desiderio: «Sì, Chiara, te
lo promettiamo, rimarremo per sempre
stelle accese nel tuo giardino per
costruire l'Opera che ci affidi».
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Senza i grandi!!!
E
ra questa la richiesta di un gruppetto di
gen 3 della zona dei Castelli Romani,
nell'ultima lettera scritta a Chiara: poterla
andare a trovare, ma senza i grandi! Come si
può vedere, il desiderio si è avverato!
Ci siamo presentati ad uno ad uno, donando
a Chiara i nostri regali di Natale. Tra questi un
alberello, perché per noi Chiara è come un
albero con le radici profonde, la punta alta in
cielo e con le foglie che sono gli atti d'amore
fatti a noi.
Con un album le abbiamo mostrato le nostre
azioni e l'amore che avevamo nel farle: le
visite a "Casa Verde" dove abitano alcuni
focolarini anziani e un po' malati che ormai
sono i nostri ‘nonnetti’, la vendita di lavori
artigianali per la scuola "Petite Flamme" in
Congo.
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Cos'è stato andare da Chiara per noi?
Federico: «Siamo felici! Felici!! Tutti! Ma non è quella felicità forzata che si ha quando si riceve
un regalo: è una felicità spontanea per un regalo spirituale. Ci spiace di non aver avuto una canzone pronta da cantarle, perché non abbiamo avuto il tempo di prepararci... chissà se possiamo
tornare un'altra volta, magari anche con la chitarra per il suo compleanno!».
Anna: «Era bello, perché siamo stati con lei. È una persona un po' speciale... Non solo i suoi occhi
brillavano, ma anche il suo sorriso aveva qualcosa di bello. Abbiamo anche visto che Eli e Doni
le erano molto vicine e si volevano bene. Si vedeva che vivono l'arte d'amare.
Mi sembrava che anche le persone del mondo più lontane fisicamente che pregano per Chiara,
siano vicine al cuore di Chiara e il loro amore
batte accanto a lei».
Irene ed Elisabetta: «Quando le abbiamo
stretto la mano, abbiamo sentito il calore di
una mamma. Se guardi Chiara veramente
negli occhi, vedi l'amore che ha dentro e che
riesce a trasmetterti. Infatti, anche se non sta
bene, i suoi occhi brillano pieni di felicità!».
Stefano: «Ho visto che per Chiara anche sorridere è un atto d'amore, era darci tutto: un
sorriso d'amore. Chiara ed Eli hanno visto
quanto anche noi gen 3 ci volevamo bene».
Samuele: «Sono felice perché quando sono
vicino a Chiara sento che mi vuole bene anche
se non me lo dice. L’ho capito anche solo dandole la mano».
’
Daniele: «È la prima volta che vedo Chiara ed
è stato speciale. Prima ero molto emozionato,
poi mi sono sentito meglio e, trovandomi li con lei, ero tanto felice!!!».
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Parlaci
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LUI
«P
arlaci di lui». Possiamo immaginare che fosse la richiesta ricorrente rivolta dalle prime comunità cristiane a chi aveva vissuto con Gesù. E forse
anche noi, leggendo l'uno o l'altro episodio del Vangelo, abbiamo immaginato di
essere come quei primi uditori che raccoglievano a caldo le testimonianze dei
discepoli e ci siamo detti: «Che bello sarebbe saperne di più!». È evidente, quando si ama qualcuno, si vorrebbe conoscere tutto di lui! È ciò che è successo a
padre Fabio Ciardi che in un suo nuovo libro, di cui pubblicheremo alcuni episodi, dà voce ai testimoni, amici di Gesù che ci raccontano il loro incontro con il
Maestro. Cominciamo questa volta con Natanaele, uno dei primi discepoli, che
forse invitò Gesù a festeggiare le nozze di due suoi amici a Cana.
Ci fu festa nel mio villaggio
L'
avevo chiamato "Figlio di Dio" e lui si diceva "Figlio dell'uomo". Com'era diversa l'idea
del Messia che sognavo sotto il fico, dal
Gesù di Nazareth che avevo davanti a me. Lo
immaginavo forte e potente, con in mano uno
scettro di ferro con il quale avrebbe schiacciato i
nemici come si sbriciolano i cocci, scortato da
invisibili schiere di angeli, avvolto dal divino. E
invece eccolo così umano, capace di rallegrarsi
delle piccole gioie della vita, come la festa di
nozze dei miei amici avvenute appena tre giorni
dopo il nostro incontro. Non era come Giovanni il
Battista, l'asceta austero che digiunava e viveva
nella solitudine del deserto. Lui mangiava e beveva e stava in compagnia della gente. «Un mangione e un beone», dicevano i suoi denigratori.
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Non era un mangione e beone. Era
semplicemente amante degli uomini con i quali condivideva le gioie e
i dolori, i sogni e le speranze.
Fu in questo atto umano di infinita
bontà, di vicinanza con i miei amici
sposi che Egli manifestò la sua
potenza divina. Nessuno se n'era
accorto, ma era venuto a mancare
il vino. Una festa di nozze non è più
una festa senza il vino che rallegra
il cuore dell'uomo. Se n'era accorta
sua Madre, anch'ella accorsa alla
festa per servire sposi e invitati.
«Non hanno più vino», gli sussurrò.
Gesù guardò gli sposi. Lei, nella
larga tunica bianca, adornata di
lauro e di mirto, era pallida più del
velo candido che l'avvolgeva dalla
testa ai piedi. Lui volgeva lo sguardo all'intorno nel timore che ci si
fosse accorti della mancanza di
vino. Tra quanto qualcuno avrebbe
gridato: «Vino! Chi porta il vino?».
«Non hanno più vino». Nelle parole
della Madre, a Lui parve di ascoltare l'implorazione del nostro popolo
che attendeva il compiersi delle
promesse messianiche, da sempre
simboleggiate dall'abbondanza di
vino.
Quella festa dell'amore umano
poteva diventare il luogo in cui si
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lette
sarebbe potuto manifestare
l'amore divino. Maria, la
Madre, aveva intuito quello
che passava nel cuore del
figlio. Si conoscevano troppo
bene. Svelta e sicura si rivolse
ai servi: «Fate quello che vi
dirà».
I servi fecero quello che Egli
disse loro. Riempirono le
giare con ben 500, 700 litri
d'acqua. Poi, scettici, attinsero e porsero la brocca al faccendiere. «Cos'è?», domandò. Non osavano rispondere, i
servi. Sapevano che era
acqua. Come giustificare quel
gesto insano? «È vino - disse
titubante guardando bene la
brocca -. È proprio vino. Da
dove salta fuori? Pareva non
ci fosse più vino!». Ne prese
un sorso, chiuse gli occhi, trattenne il liquido in bocca,
deglutì. Spalancò gli occhi e
fissò i servi. «Da dove salta
fuori?», domandò ancora,
incredulo. Ripeté l'operazione
con più calma e intensità. Non
guardò più i servi, ma si diresse lesto al centro tavola col
boccale levato: «Un gran
signore il nostro sposo. Ci ha
riservato il vino buono per il
gran finale! Non fa come gli
altri che alla fine offrono la
feccia confidando che il gusto
sia ormai annebbiato. È un
vino eccellente, mai gustato
prima, provare per credere.
Ce n'è per tutti. Abbiamo le
giare piene!». Ci furono grida
di gioia, un battimani fragoroso e una ressa alle giare. Ne
bevvi anch'io, un sorso appena e mi parve di gustare il
cielo.
Terminata la festa lasciai per
sempre il mio villaggio e lo
seguii a Cafarnao, il paese di
Pietro e di Andrea. Lasciai la
terra, con le vigne e le distese di frumento. Ero un
uomo di terra io, un contadino. E andai sull'acqua
del lago, con i pescatori. Non ero più un contadino
e non divenni mai un pescatore. Ero un altro, ero un
suo discepolo. Lui mi si era rivelato per quello che
è: Colui che trasforma l'acqua in vino, segno di un
miracolo ben più grande che operò con la sua
morte in croce e la sua resurrezione: trasformare
l'acqua della nostra fragile umanità nel vino della
sua divinità: ci ha resi partecipi della natura di Dio,
ci ha fatti Dio.
Tratto da: FABIO CIARDI, Parlaci di Lui, pp. 42-51,
Città Nuova Roma, 2007
La chiamata di Natanaele la trovi in Gv 1,43-51;
mentre le nozze di Cana in Gv 2,1-12
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io sono studente, cio
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Mi accorsi che avevo
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non facevo la sua
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sistemasse i miei gu
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trattavo Dio come
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sua volontà. Allora sì
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o a fare bene la
amore e cominciai subit
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sua volontà nello studio
orazione fra me e
grazie a questa collab
lto più alti.
Lui, ho ottenuto voti mo
David - Perugia
La risposta dell'Ideale
«So che voi siete essenziali e assetati
di cose vere, giuste». A dirci questo è
Peppuccio durante l'ultimo congresso
delle gen 3. «Leggendo le vostre
domande - ha continuato - ho avuto una
duplice impressione: da una parte ho
visto la maturità, anche di pensiero
che avete, e questo mi ha incoraggiato
a parlarvi di cose complesse; dall'altra
parte ho visto il mondo difficile nel
quale vivete. Vi trovate con un tesoro
prezioso nelle mani in un mondo, però,
che non vi aiuta né a viverlo, né a comunicarlo agli altri».
Così è partito con lui l'appassionante
viaggio alla ricerca delle cause più profonde della situazione attuale che vive
l'umanità.
In che mondo viviamo?
P
er spiegarvi qual è la situazione in
cui si trova oggi l'umanità, non ho
trovato una pagina più bella di quella di un grande filosofo, Nietzsche, che in
un suo libro, La gaia scienza, racconta:
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dell'Ideale alla 'notte' del mondo
Nietzsche
«Avete sentito parlare di
quel folle uomo che accese
una lanterna alla chiara luce del mattino,
corse al mercato e si mise a gridare
incessantemente: "Cerco Dio! Cerco
Dio!". E poiché proprio là si trovavano
raccolti molti di quelli che non credevano
in Dio, suscitò grandi risa. "È forse perduto?" disse uno. "Ha smarrito la strada,
come un bimbo?" fece un altro. "Oppure
sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è
imbarcato? È emigrato?" - gridavano e
ridevano in una gran confusione. Il folle
uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò
con i suoi sguardi: "Dove se n'è andato
Dio? - gridò - Ve lo voglio dire! Siamo stati
noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i
suoi assassini! Ma come abbiamo fatto
questo? Come siamo riusciti a bere tutto
il mare, fino all'ultima goccia? Chi ci ha
dato la spugna per cancellare tutto l'orizzonte? Che cosa abbiamo fatto, quando
abbiamo svincolato questa terra dal suo
sole? Ma in che direzione si muove,
adesso? In che direzione ci muoviamo
noi? Lontano da ogni sole? Non precipitiamo sempre più? E all'indietro, di lato, in
avanti, da ogni parte? Esistono ancora un
sotto e un sopra? Non vaghiamo attraverso un nulla infinito? Non avvertiamo l'alito
dello spazio vuoto? Non fa più freddo?
Non scende di continuo la notte, sempre
più notte? Non occorre accendere la lampada anche al mattino?"».
Già nel 1800, l'anima sensibile di
Nietzsche ha l'impressione di essere in un
mondo che si è distaccato da Dio. Si
accorge anche che gli uomini, ad esempio
quelli del mercato che continuano a ridere
e a prendere in giro l'uomo 'folle' - ed il
mercato ci ricorda l'economia, il denaro non si rendono conto di ciò che di grave è
accaduto.
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Cosa era
successo?
millenni, l'uomo aveva
P ersempre
avuto un punto di
riferimento. Si può chiamare in tanti modi,
ma era qualcuno o qualche cosa di assoluto - cioè completo in sé, che non manca
di niente, perfetto - che governava e aiutava l'uomo a vivere. Ad un certo punto
nella storia, questa realtà comincia a cancellarsi. Ci siamo staccati dal sole - avverte Nietzsche - ed allora questo legame, il
filo d'oro che ci univa all'assoluto, si spezza: Dio se ne sta per conto suo e noi ce
ne andiamo per conto nostro. L'umanità è
diventata come una navicella spaziale che
si muove senza più direzione: gira, ma
non capisce, non vede più dove va.
È senza meta e intorno c'è solo buio e
freddo.
È ciò che si avverte dalle vostre domande
dalle quali emerge il disorientamento che
provate nel costatare la confusione di idee
presente oggi anche tra i ragazzi della
vostra età. Prima era Dio che rispondeva
agli interrogativi fondamentali: da dove
veniamo? dove andiamo? che senso ha la
vita? che cos'è bene e cosa è male?
Una volta sganciati da Dio, invece, ognuno stabilisce da sé quel che è giusto o
sbagliato e per me può essere vero ciò
che per te è falso. È il relativismo, realtà
nella quale vive sempre di più la nostra
cultura.
Nietzsche e, prima di lui anche un grandissimo poeta tedesco, Hölderlin, sono
diventati pazzi proprio per il dolore di sentire questo staccarsi dell'uomo da Dio,
perché è difficile che la ragione resista a
quest'urto, a meno che non si decida di
metterla da parte. Ed il mondo nel quale
viviamo, quello che ha in mano le redini
del potere, cerca di ubriacare anche noi
per non farci rendere conto della realtà.
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È quel che succede ad esempio con la
pubblicità che ci stordisce, abituandoci al
consumo. Vi sarà capitato: state vedendo
un film molto bello che vi pone di fronte a
dei problemi che vi fanno pensare ed ecco
che arriva la pubblicità della macchina, del
detersivo ecc., che distrugge quel momento di riflessione appena cominciato.
Perché siamo arrivati
a questo punto?
Perché per migliaia di anni
siamo andati avanti ed ora ci
troviamo di fronte ad una realtà del tutto
diversa che ci separa da Dio? Voi conoscete Gesù abbandonato che ha sentito
nella sua anima che Dio lo abbandonava.
Gesù si è fatto uno con noi e con noi ha
avvertito che ci eravamo separati da Dio.
Questo ha gettato ombra sulla sua anima
e la Scrittura dice che quando Gesù gridò:
«Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?» si fece buio su tutta la terra. Era il
buio che gravava sull'umanità. L'umanità
allora non se ne accorgeva, mentre ora si
avverte questa 'notte' e anche Chiara ce
l'ha confermato.
Gesù nell'abbandono ci rivela che Dio non
è quel solitario, perso nelle altezze, tutto
chiuso, come una sfera con cui non si può
comunicare, come normalmente il mondo
antico lo pensava. «Quest'immagine che
vi siete fatti di Dio - sembra dirci Gesù non è giusta. Io sono venuto a farvi conoscere il vero volto di Dio che è Padre, che
vi ama ed io ve lo dimostro fino al punto di
dare la vita per voi. Sono Dio, eppure
sono nato a Betlemme come un bambino,
ho parlato, camminato per le strade della
Palestina, ed ora, guardatemi sono qui su
una croce... Dio non è lontano, siete voi
che vi siete allontanati da Lui, ma Lui continua a cercarvi». Sempre nell'abbandono
Gesù ci rivela che Dio non è nemmeno
quel blocco monolitico inscalfibile, con cui
non si può comunicare, perché Dio è uno
ma in tre Persone: Padre, Figlio e Spirito
Santo. Gesù dice all'uomo: «Guarda,
siamo talmente distinti che il Padre può
abbandonarmi, ma per riprendermi con sé
subito - tanto è vero che risorgerò - perché siamo uno, io e il Padre siamo lo stesso Dio».
La nuova
immagine di Dio
Gesù, nell'abbandono, fa morire in sé l'immagine di Dio che noi avevamo e ce ne
presenta un'altra: Dio è Amore, è Unità e
Trinità. Quest'immagine. però, resterebbe
incomprensibile per noi, se non potessimo
farne esperienza nella nostra vita, se
anche noi non potessimo amare, fino al
punto di sperimentare un po' la vita della
Trinità. Per questo Gesù ci dà il comandamento, che Egli chiama "suo": «Io vi do il
mio comandamento: amatevi gli uni gli
altri come io ho amato voi». Se ci amiamo
così, capiremo chi è Dio, che è Trinità e
Unità, perché nell'amare così ognuno è se
stesso, ma è anche uno con tutti.
In sintesi
Perché il mondo d'oggi sta vivendo questa
notte? Perché ha perso il Dio prima di
Gesù, il Dio sommo, lontano, giustiziere,
forse anche un po' crudele; però non ha
ancora trovato del tutto il Dio che Gesù ci
ha portato, al quale ancorarci perché Lui
ci indichi la strada: «Io sono la Via, la
Verità e la Vita», ci ha detto. Non l'abbiamo ancora trovato, perché lo possiamo
incontrare solo se mettiamo in pratica il
comando di Gesù: «Amatevi gli uni gli
altri».
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Battistrada - Mariapoli celeste
«Ero in pullman, quando improvvisamente mi sento poco bene.
Avverto il ragazzo seduto accanto a me, ma non vuole saperne di
aiutarmi. Poi mi passa un pensiero: “L'unica cosa che posso fare adesso è amare”. Ho un forte mal di testa, ma cedo il posto ad una signora. Il
pullman è strapieno, tutti spingono, ma non protesto, cerco di perdonare. Poi mi
ricordo che in tasca ho il foglio della Parola di vita, la prendo e trovo questa frase
di Chiara: “Vivere le Sue parole è come lasciare che Dio ci prenda per mano e ci conduca”. Allora - mi dico - voglio ‘vivere di più’! Cerco di farmi uno con chi viaggia con
me, scoprendo Gesù in ogni volto. Dopo alcuni minuti, mi sento proprio bene, come
se non avessi avvertito quel malore poco prima. Amare Gesù abbandonato, mi aveva
fatto sentire nuovo, un'altra persona. Valeva la pena vivere la Parola!».
Q
uesta è una delle ultime esperienze scritta da Osvaldo André, gen 3
dell'Angola che, da vero atleta, ha terminato la sua corsa raggiungendo la
metà: Gesù.
Aveva conosciuto l'Ideale nel 2002 e avendo capito di aver trovato ciò che cercava, non ha perso occasioni per inserirsi subito tra i gen 3. Da allora è diventato una locomotiva, trainando ragazzi, giovani ed adulti a vivere il
Vangelo.
«Appena si accorgeva che qualcuno di noi stava vivendo un momento difficile
- dicono i gen 3 della sua unità -, prima di andare all'incontro passava a trovarci, incoraggiandoci a ricominciare. Eppure la sua casa era distante dal focolare
ma, correndo, riusciva ad arrivare sempre per primo per preparare la sala.
Lui non si misurava nell'amore, aveva sempre un saluto, una parola, una battuta, un abbraccio carico d'affetto, in modo che tutti vicino a lui si sentissero
importanti».
L'anno scorso aveva ricevuto da Chiara un nome nuovo: Valdis, a sottolineare la vita nuova che aveva iniziato. La sua famiglia ricorda che
portava sempre la pace, tanto che la mamma lo considerava suo
consigliere.
Il sacerdote durante il funerale, una vera festa per la presenza
di tantissimi ragazzi che hanno cantato le canzoni del
Supercongresso, ha detto: «Osvaldo ha corso verso la santità, lasciando dietro a sé una scia di luce. Per noi sarà sempre
un modello di un gen 3 che ha saputo mettere al primo posto
l'Ideale».
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Direttore responsabile Doriana Zamboni - Direzione in Grottaferrata - via della Pedica 310 - Tel. 069412364 - ccp n.93153005 intestato a PAMOM - Redazione Giornale Gen - e-mail: [email protected] - Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 17622 del 24/3/79. Stampa: Tipografia Città Nuova della P.A.M.O.M - Via S.Romano in Garfagnana, 23 - Roma - Finito di
stampare: febbraio 2008. AI LETTORI: ai sensi della legge n. 675/1996 per la tutela dei dati personali, comunichiamo che gli indirizzi degli abbonati fanno parte dell’archivio di “Gen 3”, gestito dalla PAMOM (etichette indirizzi c/o ditta spedizioni E.D.P. di Domenico - RM), esclusivamente per le finalità dell’invio di tale rivista. Ad uso interno del Movimento dei Focolari.
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