ED. ITALIANA ISSN 2283-3013 LUGLIO-AGOSTO 2015 ANNO 66 n. 782-783 TRIBUNA LIBERA FONDATA NEL 1950 DA J. CONSTANTIN DRAGAN La lezione greca e l’Europa Dopo il referendum Guido Ravasi L’esito del referendum greco – che ha sancito la netta vittoria del “no” (oltre il 61% dei voti) al piano di accordo avanzato dalla Troika (Commissione europea, Bce e Fmi) all’Eurogruppo del 25 giugno scorso – apre uno scenario del tutto inedito non solo per Atene ma per l’intera Eurozona. Al proposito si è detto che la Grecia di Alexis Tsipras ha consumato con questa scelta il più grande strappo nella storia dei 65 anni di integrazione europea con conseguenze, quali possibili derive e contagi in altri Paesi, che rischiano di mettere a repentaglio la moneta unica o persino la stessa costruzione comunitaria. A questo proposito ci sembra opportuno chiarire alcuni punti: 1. Non è certo la prima volta che un referendum popolare indetto in uno dei Paesi membri si frappone a decisioni dell’Europa. Solo per menzionare un caso esemplificativo molto più grave – che ancora brucia per i filoeuropeisti – è sufficiente pensare al “no” del referendum francese e olandese che nel 2005 ha seppellito la Costituzione europea, rallentando di fatto il treno verso un’integrazione politica più piena e funzionale alle necessità del continente. Al confronto il referendum greco ha un carattere e una portata molto più marginale. 2. L’Unione europea è un processo lento, lungo, laborioso. Dopo 65 anni – l’età stessa che ha il “bulletin européen” (allorché nel marzo del 1950 il dott. Costantino Dragan diede il là a questa testata per fornire un contributo alla formazione di una “coscienza” europea) – l’Ue indubbiamente ha compiuto fondamentali passi in avanti ma è ben lontana dall’aver raggiunto un soddisfacente grado di integrazione. Come europei abbiamo avuto bisogno di secoli di guerre e due confitti esportati nel mondo prima capire che era meglio per tutti cercare un’altra strada. Una strada che prevedesse dapprima una condivisione di risorse (carbone e acciaio con la Ceca) per poi estendersi a settori sempre più ampi della vita economica e politica. I catastrofismi che leggiamo ora sulle pagine dei quotidiani dopo il referendum greco sono quindi da attribuire più alla nefasta abitudine del sensazionalismo giornalistico che dettati da un’analisi serena della situazione e soprattutto da una visione della storia recente dell’Europa. la permanenza della Grecia nell’eurozona, ciò che è stata chiamata con il neologismo di “Grexit”, è tutto sommato una questione secondaria ed è dipendente dalla carenza di una politica unitaria europea. A questo punto si impone un salto di qualità quale la creazione di un’Europa federata, una vera e propria Federazione europea. Altrimenti potremmo rimanere ancora a lungo invischiati nel pantano e nelle contraddizioni della frammentazione europea dove primeggia l’incedibilità della sovranità degli Stati nazionali. In altri termini ognuno guarda al proprio orticello, senza una visione comune, come del resto ha ampiamente mostrato anche il dramma dei migranti. 3. Il caso greco pone, tuttavia, alla ribalta un problema di fondo dell’Europa. Un problema che non è soltanto di carattere economico e monetario, quanto soprattutto strutturale e politico. Un organismo come l’Unione economica monetaria che attualmente, dopo il recente ingresso della Lituania (gennaio 2015), comprende ben 19 Paesi membri è strutturalmente squilibrato se non si dota di una comune politica economica. Realizzare la moneta unica senza condividere una comune politica economica è come camminare con una gamba sola: si può certo avanzare ma non si va lontano e il rischio di caduta è sempre imminente. Dopo una quindicina d’anni dall’introduzione dell’euro i progressi sulla strada della realizzazione di una politica economica e fiscale comune sono al di sotto anche delle più modeste aspettative. 5. Il messaggio che arriva dal referendum greco è un messaggio squisitamente politico: la questione non può essere risolta con gli automatismi di un sistema di default e con le regole imposte dalla Troika. Questo non significa venire meno alle regole. Senza dubbio le regole che ci siamo dati (e che i greci hanno sottoscritto) vanno rispettate. Ma non possiamo lasciare che la costruzione europea si risolva in una disputa contabile o ragioneristica. Il caso richiede una risposta politica ai massimi livelli istituzionali che coinvolga però l’intera Europa. Né si può lasciare che resti una sfida tra la rigidità teutonica di una Merkel e l’ostinazione orgogliosa di un Tsipras. 4. Il vero bivio in cui si trova l’Europa è pertanto quello di scegliere se dare un forte impulso al processo di integrazione politica dell’Ue o arrestarsi a mezza strada con tutto ciò di negativo che le cose incompiute comportano. La questione dell’uscita o del2 6. Al di là del contesto generale di fondo in cui sopra abbiamo cercato di inquadrare la questione greca, non vanno taciute tuttavia delle considerazioni più specifiche. La Grecia, pur su pressioni europee, ha applicato una politica di austerity che negli ultimi cinque anni ha pesantemente gravato sulla popolazione. Ma purtoppo Atene si è dimostrata inaffidabile (per incapacità o per mancanza di volontà e per la difesa di interessi parziali) nell’avviare le riforme strutturali al fine di consentire una ripresa degli investimenti e una flessibilità dell’economia. Si è fatto molto poco o nulla in Grecia in questi anni per modernizzare un’economia ingessata, per combattere il dilagante clientelismo, gli intoccabili privilegi delle corporazioni o l’enorme evasione fiscale. La sola politica di austerità, il taglio ai salari pubblici, l’assenza di investimenti (che è stata totale in molti settori come la sanità o la scuola) sta letteralmente distruggendo un sistema sociale oltre che economico. 7. Le questioni che hanno una rilevanza europea non andrebbero mai affrontate con referendum svolti in un singolo Paese. Abbiamo citato più sopra dei precedenti pericolosi (Olanda e Francia nel 2005). Semmai un referendum potrebbe e dovrebbe essere previsto a livello europeo ma non esclusivamente nazionale. C’è di più: un governo di un singolo Paese non dovrebbe arrogarsi il diritto di cambiare i termini di un contratto liberamente sottoscritto da altri Paesi (oltre che dal proprio) attraverso un referendum esclusivamente nazionale. Non vi era espressa nessuna alternativa, come sarebbe stato doveroso proporre. Del resto la classe politica dirigente greca, sia quella attualmente al governo, sia dei governi precedenti, non è mai stata in grado di presentare un piano di riforme coraggiose da perseguire per non lasciar ristagnare l’economia e marcire il Paese. Il premier greco si è mostrato fin qui molto abile e scaltro, ma sui tempi appena un po’ più lunghi (e per la situazione greca contano ormai le ore, nemmeno più i giorni) la sua tattica non porta vantaggi a nessuno. Le fiere esultanze per il successo del “no” al referendum, viste come una vittoria della Grecia contro l’Europa dei Paesi forti o dei burocrati lasceranno ben presto lo spazio al vuoto imperante di idee e di responsabilità politica di cui la Grecia ha dato ampia prova di sé. La demagogia non può salvare un popolo. Tsipras ha indetto il referendum popolare per evitare di assumersi la responsabilità politica di una decisione impopolare. Con la mossa furba del referendum ha ridato un momento di orgoglio ad un popolo in ginocchio. Ma ha poco da festeggiare: il tempo degli slogan e delle promesse non realizzate è ormai finito e la Grecia ha bisogno subito di misure concrete. Con o senza Europa. 8. Il governo di Atene ha poi poco da rallegrarsi con la vittoria del “no”. Lo stesso quesito sottoposto alla votazione degli elettori costituisce una presa in giro nei confronti del popolo greco. La domanda scritta sulla scheda elettorale era la seguente: “Deve essere accettato il piano di accordo consegnato dalla Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale all’Eurogruppo il 25 giugno 2105 … ?” È come chiedere a qualcuno, dopo anni di sacrifici, se vuole ancora più tasse, più imposte, più tagli, una maggiore riduzione di stipendio o di pensione? Certo che la risposta sarà no. 9. Il caso greco ci deve poi spingere ad un’altra riflessione sugli errori dell’Europa: Atene non aveva i requisiti per entrare nella moneta unica, ma pur di favorire un grande allargamento dell’Eurozona si è fatto di tutto per farla entrare, anche sorvolando sui bilanci tutt’altro che limpidi presentati da Atene. È vero che altri Paesi, Italia in primis, non avevano e non hanno tutti i parametri in ordine. Ma la Grecia era il Paese che più di ogni altro si discostava dai criteri stabiliti e meno di ogni altro ha mostrato di sapere implementare misure di convergenza. Certi errori poi si ripresentano come nodi al pettine a distan3 za di tempo e si pagano a carissimo prezzo. Tutto ciò dovrebbe insegnare all’Europa che le grandi realizzazioni non vanno fatte con una certa superficialità, perché se la Grecia si trova oggi in questa situazione la responsabilità è anche in gran parte europea e non solo di Atene. 10. Questa crisi – come in genere ogni momento di difficoltà – deve essere vista anche e soprattutto come un’opportunità. Abbiamo bisogno di pervenire ad un governo europeo dell’economia, alla creazione di una 4 reale politica europea comune. Per questo occorre riaprire un grande confronto politico a livello europeo. Questa è l’occasione giusta, il momento da non perdere, prima che le derive sciovinistiche prendano il sopravvento. Il frangente richiede un salto di livello. Lo impone non soltanto ad Atene ma all’intera l’Europa. Non possiamo permetterci di aspettare ancora e perdere altro tempo. Questo è ciò che dobbiamo imparare dalla lezione greca. Le implicazioni e i risvolti della crisi sono dolorosi, ma non c’è niente di più insopportabile di un dolore inutile. Salvare l’Italia coinvolgendo gli italiani nelle attività di tutela e valorizzazione del nostro Patrimonio culturale e nelle azioni a favore della generalità dei cittadini* Fausto Capelli Professore di diritto comunitario Collegio europeo / Università di Parma 1. Premessa Il titolo del Convegno, che è anche quello dell’intervento assegnatomi, è stato formulato in modo volutamente provocatorio per riprendere, con una certa enfasi, quella “punta” di provocazione già presente nella prima parte del titolo del bel libro di Daniele Manacorda: L’Italia agli italiani, di cui oggi si parlerà durante il Convegno. Si tratta, soprattutto, di una provocazione “politica”, se così posso esprimermi, perché il mio intervento cercherà di suggerire anche un certo cambiamento di natura politica. 2. Chi trascura gli interessi della generalità dei cittadini Comincerei, quindi, con un’illuminante definizione della “politica” contenuta in un celebre aforisma di Paul Valéry, che si attaglia perfettamente al nostro tema: “La politica è l’arte di impedire ai cittadini di occuparsi delle cose che li riguardano”. La verità di questa massima è immediatamente percepita dagli italiani che hanno avuto modo di sperimentare, nel corso degli ultimi cento anni, alcune delle forme più deleterie di organizzazione politica: da quella fondata sulla dittatura del partito unico di stampo fascista, a quella fondata sulla dittatura di tutti i partiti fra loro coalizzati nella difesa dei propri interessi contro gli interessi della generalità dei cittadini. 2.1. Politici Chi entra in politica in Italia e fa politica di professione, finisce per interessarsi alla soluzione dei suoi problemi e di quelli del proprio gruppo, non di quelli della generalità dei cittadini. Anche la persona più disinteressata, che intende far politica di mestiere, è in effetti inesorabilmente condotta ad intrecciare i propri interessi privati a quelli pubblici con i quali entra in rapporto. La conseguenza, facilmente prevedibile, è stata magistralmente descritta dal filosofo americano John Dewey in un suo saggio del 1927: “Coloro che si occupano di politica non smettono di essere uomini; hanno interessi personali e interessi di gruppo da servire: quelli della famiglia, della cerchia e della classe alle quali essi appartengono”1. La massima di John Dewey vale sotto tutte le latitudini, ma gli effetti in essa descritti sono ancor più funesti in Italia che 5 altrove, a causa dell’impatto che la notorietà esercita sui nostri uomini politici. 2.1.1 La notorietà L’impatto più deleterio esercitato dalla notorietà sull’uomo politico, anche quando sia sprovvisto di potere effettivo, si riconosce nel fatto che gli trasforma la vita in una commedia, con la conseguenza che, come ricorda Ennio Flaiano, anche una persona fondamentalmente onesta, entrando in politica, diventa un commediante. Chi possiede un minimo di capacità di introspezione psicologica, non fa fatica a trovare sistematiche conferme di tale verità in una serie infinita di esempi. Se all’inconveniente appena segnalato, che riguarda la quasi totalità degli uomini politici italiani, si aggiunge lo scarso livello di preparazione culturale che caratterizza buona parte di essi, si comprende come la categoria dei nostri uomini politici non sia portata a tutelare gli interessi della generalità dei cittadini, segnatamente nei settori nei quali tali interessi si manifestano, con maggior frequenza, nella loro forma più viva e sentita. 2.1.2 L’arroganza del potere Se poi alle conseguenze funeste della notorietà si accompagnano quelle dell’arroganza connessa all’esercizio del potere che consente di mettere le mani sul pubblico denaro, è fatale che la situazione ulteriormente si deteriori2. Agli uomini politici che esercitano il potere come legislatori ed amministratori pubblici, Federico Bastiat ha dedicato una massima micidiale che aiuta a capire che cosa avviene generalmente in Italia quando si arriva a maneggiare il pubblico denaro: “Quando il comprare e il vendere dipendono dalle leggi, i primi ad essere comprati e venduti sono i legislatori”. 6 2.2 Burocrati Strettamente connessa e funzionalmente collegata a quella degli uomini politici, opera in Italia un’altra categoria di soggetti ugualmente restìa ad impegnarsi nella tutela degli interessi della generalità dei cittadini. Si tratta della categoria dei burocrati, che in Italia si distingue per aver offerto agli umoristi molte più occasioni di formulare arguti e taglienti aforismi sui loro difetti e sulle loro carenze di quante probabilmente siano state offerte agli umoristi di tutti gli altri Paesi. 2.2.1 I giudizi sulla burocrazia La più feroce e massacrante battuta contro i burocrati italiani è sicuramente questa, coniata da Mino Maccari: “Nella Pubblica amministrazione se scoprono che sei onesto, sei fottuto!” Ad essa fa seguito una sconsolata ammissione dello stesso Mino Maccari: “L’unica cosa di progressivo che funziona nel sistema pubblico italiano, è la paralisi”. A tali battute funge quindi giustamente da coronamento l’amaro consiglio di Ennio Flaiano: “Se hai un problema che può essere risolto soltanto dalla burocrazia, ti conviene cambiare problema”. 2.2.2. Gli effetti della burocrazia In realtà, quasi tutti i cittadini italiani hanno avuto modo di acquisire esperienze tali da poter testimoniare, fatte salve ovviamente le straordinarie eccezioni che sempre sorprendono chi riesce ad incontrarle, quale sia, di regola, il grado di inefficienza e di inefficacia delle prestazioni della nostra burocrazia, a tutti i livelli, quando deve impegnarsi in attività di tutela degli interessi della generalità dei cittadini. 2.3 Organismi sindacali e corporativi Infine, la terza categoria di soggetti cui occorre far riferimento, è quella degli organismi sindacali e corporativi. Si tratta di organismi che perseguono il precipuo obiettivo di tutelare gli interessi dei propri associati ricorrendo all’utilizzo di tutti gli strumenti legalmente consentiti. 2.3.1 I difetti A differenza, quindi, delle prime due categorie, che dovrebbero prendersi cura degli interessi della generalità dei cittadini e non lo fanno, la terza categoria deve curare gli interessi dei propri associati e lo fa, senza infingimenti, anche contro gli interessi della generalità dei cittadini. Ciò che caratterizza questa categoria è la fissità nel tempo, dovendo perdurare salda nei suoi principi e nei suoi fondamenti: se cambia, teme di sgretolarsi, perdendo potere. 2.3.2. Le critiche Per questa categoria, e per i membri degli organismi sindacali e corporativi che essa comprende, può valere pertanto la massima dedicata da Winston Churchill ai faziosi: “Non possono cambiare idea e non intendono cambiare argomento”. 2.4 Conclusioni Le tre categorie summenzionate (politici, intesi anche come rappresentanti pubblici istituzionali, burocrati, dei sindacati e delle corporazioni), sono quelle che generalmente detengono il potere e sono legittimate ad esercitarlo in quattro importanti settori nei quali appare rilevante l’interesse pubblico che concerne la generalità dei cittadini. Si tratta dei settori che riguardano: (a) la tutela dei beni culturali, (b) la tutela dell’ambiente, (c) le problematiche sociali e (d) le problematiche sanitarie. 3. Chi tutela gli interessi della generalità dei cittadini In questi settori, come è noto, sono attive diverse Associazioni, Fondazioni ed Organizzazioni di varia natura che operano in Italia a livello nazionale, nonché una miriade di piccoli enti ed organismi, strutturati in molteplici forme associative, che svolgono la loro attività a livello locale avvalendosi, soprattutto, dell’apporto di collaboratori volontari. 3.1 Le associazioni, le fondazioni e le organizzazioni operanti a livello nazionale e locale Per menzionare alcuni esempi, noti a tutti, ricordiamo che nel settore della tutela dei beni culturali operano, a livello nazionale, benemerite Associazioni come il FAI (Fondo Ambiente Italiano), Italia Nostra e il Touring Club che svolgono attività con interventi di rilievo per tutelare il patrimonio culturale italiano. Nel settore della tutela dell’ambiente operano in modo analogo, a livello nazionale, insieme ad altre organizzazioni molto attive, il CAI (Club Alpino Italiano), la LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli), la stessa Italia Nostra e il WWF Italia (Fondo mondiale per la natura)3. Anche negli altri due settori (sociale e sanitario), sono presenti come è noto, diversi Enti, numerose Fondazioni ed Organizzazioni che operano a livello nazionale a favore delle persone bisognose, dei disabili, delle persone inferme e dei malati gravi4. In tali settori sono pure attive molteplici piccole Associazioni che svolgono la loro attività a livello locale, perseguendo finalità specifiche. 3.2 I settori di attività Per sintetizzare in modo rapido quali interventi vengano effettuati dalle Asso7 ciazioni, dalle Fondazioni e dalle Organizzazioni predette, nei settori di loro specifica competenza, possiamo fornire alcuni esempi in forma schematica. a. Settore dei beni culturali Per quanto riguarda il settore dei beni culturali, tutti sono al corrente delle iniziative meritorie del FAI, di Italia Nostra e del Touring Club, che consentono, con l’apporto di volontari, di restaurare e recuperare beni importanti, di sostenere l’attività di organizzazioni valide, trascurate dall’amministrazione pubblica e di tenere aperte molte strutture, ugualmente neglette dall’amministrazione, che sarebbero condannate a rimanere chiuse. vanno da quelle importanti programmate a livello nazionale, ai circoscritti interventi locali. A quest’ultimo proposito si possono ricordare, a titolo di esempio, gli interventi effettuati dalle famiglie per aiutare le scuole pubbliche frequentate dai loro stessi figli. Suscita veramente una certa meraviglia, e persino una indubbia tenerezza, leggere sui giornali che vi sono casi in cui alcune famiglie provvedono a rimettere in sesto le scuole dove studiano i loro figli, sistemando perfino i pavimenti sconnessi e i soffitti scrostati, imbiancando le pareti, aggiustando gli infissi e rifornendo addirittura i bagni della carta igienica mancante. d. Settore sanitario b. Settore dell’ambiente Lo stesso si può dire delle numerose iniziative intraprese nel settore sociale, che Nel settore sanitario, infine, l’apporto delle Associazioni risulta molto valido per i sostegni forniti, ma sarebbe sicuramente provvidenziale se queste Associazioni potessero intervenire e prestare aiuto anche nei posti di pronto soccorso che il nostro sistema sanitario ha trasformato in veri e propri luoghi di pena e sofferenza per tutti, per i pazienti e i loro congiunti, oltre che per i medici e gli infermieri che vi lavorano. (continua). Sintesi dell’intervento effettuato da FAUSTO CAPELLI al Convegno tenutosi a Napoli il 6 marzo 2015 presso la sede della Casa Editrice “Editoriale Scientifica”, in occasione della presentazione del libro di Daniele Manacorda L’Italia agli italiani – Istruzioni ed ostruzioni per il Patrimonio culturale”, Edipuglia, Bari, 2014. Cfr. J. DEWEY, The Public and its Problems, New York, H. Holt, 1927, p. 76, trad. italiana, Comunità e potere, Firenze, Ed. La Nuova Italia, 1971. Sul punto v. L. INFANTINO, Alexis de Tocqueville: metodo, conoscenza e conseguenze politiche, Roma, Luiss Edizioni, 2002, p. 55 s. 2 Cfr. MAX WEBER, La politica come professione, Roma, Armando, 1997, p. 33: “Chi fa Per quanto concerne l’ambiente, non si contano le iniziative del CAI, della LIPU, di Italia Nostra, del WWF Italia e di altre Associazioni che si sono rivelate preziose ed efficaci a sostegno dell’attività di protezione dell’ambiente. c. Settore sociale * 8 1 politica aspira al potere: potere come mezzo al servizio di altri obiettivi, ideali o egoistici, o potere ‘in senso stretto’, cioè per godere del senso di prestigio che esso conferisce”. Riferendosi ad un celebre passo tratto da Il principe, di N. MACHIAVELLI (capitolo XVIII), S. PETRUCCIANI, Modelli di filosofia politica, Torino, Einaudi, 2003, p. 21, così si esprime: “Se chi fa politica è un attore in lotta con altri per il potere, allora costui deve aspettarsi che i suoi competitori usino, contro di lui, tutti i mezzi che consentono loro di combattere vittoriosamente la lotta per il potere”. Secondo Jean Monnet bisogna diffidare di chi dice “Io sarò qualcuno nella vita” e fidarsi invece di chi dice “Io farò qualcosa nella vita”. Questo vale soprattutto in un Paese, come l’Italia, dove l’individualismo prevarica. Già lo riconosceva Niccolò Macchiavelli che ne Il Principe, dopo aver elogiato le qualità straordinarie dei singoli guerrieri italiani, lamentava la loro incapacità di combattere efficacemente insieme quando si trovavano nello stesso esercito. Sulle conseguenze della degenerazione del potere si veda S. RIZZO e G. A. STELLA, La casta, Rizzoli, Milano, 2007. 3 Con riferimento alle attività delle Associazioni e Fondazioni benemerite indicate nel testo, si veda F. CAPELLI, Rilancio dell’attività economica in Italia attraverso la valorizzazione dei beni culturali, in “Diritto comunitario e degli scambi internazionali”, 2013, p. 281 ss. spec. p. 283 ss. Un esempio di recupero e valorizzazione di beni culturali è quello avviato dagli “Amici del CIDNEO Onlus” di Brescia: si tratta di recuperare e valorizzare un importante complesso, comprendente un castello, su un’altura che domina la città di Brescia. 4 Per quanto riguarda le iniziative che possono essere avviate nei settori culturale, sociale e sanitario, si vedano quelle intraprese dalla FONDAZIONE ROMA, efficacemente descritte dal suo Presidente, prof. Emmanuele F. M. Emanuele, nella relazione dal titolo: Progetto ‘Big Society’: una grande opportunità per la società civile, pubblicata in “Diritto comunitario e degli scambi internazionali”, 2011, p.585 ss. Nel settore della protezione del patrimonio storico ed artistico italiano, svolge attività importanti la Fondazione Enzo Hruby, con sede in Milano: si veda il volume Un capolavoro chiamato Italia, Milano, 2014. Nel settore sociale, diverse iniziative sono state avviate da Organizzazioni ed Associazioni benemerite. Tra queste, possiamo citare l’Associazione Dynamo Camp, una Onlus presieduta da Vincenzo Manes, che presta assistenza a bambini e ragazzi, disabili o affetti da serie patologie, provenienti da tutti i Paesi (v. www.dynamocamp.org). 9 La normalità è ciò che corrisponde alle necessità in misura adeguata, determinata, per non dire limitata, poiché tutto ciò che supera tali necessita e esagerazione. Non capisco il lusso perché è un’esagerazione, mentre l’uomo deve condurre una vita normale. Il lusso e un’esibizione che non porta nulla di buono. La normalité est ce qui correspond aux nécessités dans une mesure normale, déterminée, ou plutôt limitée, car tout ce qui dépasse ces nécessités est une exagération. Je ne comprends pas le luxe parce qu’il est une exagération, tandis que l’homme doit vivre une vie normale. Le luxe est une forme d’ostentation qui n’apporte rien de bon. Normality is what corresponds to necessities in normal doses, determined, or rather limited, because anything beyond such necessities is an exaggeration. I do not understand luxury because it is an exaggeration, whereas man should live a normal life. Luxury is an ostentation, which brings nothing good. Normalitatea este ceea ce corespunde necesităţilor intr-o măsură normală, determinată, ca să nu spun limitată, pentru că orice depăşeşte aceste necesităţi este exagerare. Nu inţeleg luxul, pentru că este o exagerare, omul trebuie să aibă o viaţă normală. Luxul este o exhibiţie care nu duce la nimic bun. Tratto dal volume: Iosif Constantin Dragan, Călătorie În timp, Viaggio nel tempo, Journey through time, Milano, 2008. 10 Giuseppe Costantino Dragan 11 “Trattiamo bene la terra su cui viviamo: essa non ci è stata donata dai nostri padri, ma ci è stata prestata dai nostri figli” è un proverbio che esprime bene la filosofia della Veroniki Holding, la quale si inserisce, innovandolo, nel lascito imprenditoriale, culturale ed etico di Giuseppe Costantino Dragan. È un lascito per il soddisfacimento del fabbisogno di energia, nel rispetto dell’ambiente, per una economia al servizio dell’uomo e per la promozione della sua cultura e dignità. Questo perché per noi la “cultura dell’energia” e “l’energia della cultura” non sono soltanto uno slogan, ma un principio e un criterio, al contempo, imprenditoriale ed etico: in pratica una filosofia di vita. 12 Il mistero di Kogaionon, il sacro monte dei daci Lettura e commento di un’opera paradigmatica Guido Ravasi 1. Per motivi legati al mio lavoro, tempo fa mi è capitato di dover leggere, analizzare e poi redigere una sintesi di un libro decisamente curioso. Si tratta di un’opera pubblicata in Romania alcuni anni fa dal titolo di Taina Kogaiononului Muntele Sacru al dacilor [“Il mistero di Kogaionon, il sacro monte dei daci”]. L’autrice è Cristina Panculescu ed è pubblicata dalla Editura Stefan di Bucarest nel 2008. Quando mi fu affidato questo compito, mi limitai a scrivere una sintesi del libro, evidenziandone i concetti principali. Non aggiunsi alcun commento in quanto, in quel caso, non era richiesto e previsto. Ho poi praticamente dimenticato questo volume per diverso tempo. Oggi invece l’ho rispolverato e, in seguito anche a numerose sollecitazioni esterne, ho deciso di aggiungere un mio commento, del tutto personale, all’opera e di pubblicarlo. Ciò che mi ha spinto a farlo non è il volume in sé o il suo contenuto quanto la proliferazione, ormai abnorme e incontrollata, di opere di questo genere e tenore. Pertanto mi sono deciso a commentare quest’opera non tanto o soltanto in se stessa, ma in quanto rappresentante di un genere di pubblicazioni ormai ampiamente diffuso e che vedo spesso inondare le librerie e suscitare ampio interesse in tanti lettori. Il volume ha la pretesa di chiarire un presunto mistero mai sinora svelato, at- traverso l’uso che personalmente ritengo, sempre nel rispetto dell’Autrice, piuttosto disinvolto di diverse discipline scientifiche (dalla archeologia all’astrofisica) e l’accesso a sapienze esoteriche, in un incredibile pot-pourri di dati e informazioni. Questi dati sono tra i più diversi ed eterogeni, non solo per l’appartenenza disciplinare, ma anche per il valore scientifico o pseudoscientifico. Tutto questo è possibile per il fatto che accanto a citazioni strumentali di studiosi che sono punti di riferimento nel loro campo, si accostano altre citazioni di autori che non hanno alcun spessore accademico. Vi è così un affastellamento di argomentazioni e ragionamenti tra i più diversi che sono funzionali a sostenere tesi tra le più stravaganti presentate come rivelazioni di misteri arcani. Ho deciso di parlarne non perché io abbia un interesse oppure un’avversione nei confronti di queste tesi, ma perché la loro proliferazione e diffusione è così estesa e imperante che si sentono e si leggono le concezioni più incredibili presentate come la nuova frontiera della scienza e della sapienza (che convergerebbero in una sintesi superiore di origine trascendente). Il libro che qui commento è solo un esempio di un fenomeno largamente diffuso ed il segno di una grave crisi sociale che si accompagna, in pari tempo, ad una decadenza di carattere culturale. L’opera è paradigmatica di questa crisi e decadenza e cercherò di illustrane i motivi. 13 2. Vediamo ora più da vicino cosa contiene quest’opera. L’introduzione al volume prende le mosse citando un’autorità nel campo degli studi di storia della religione: Mircea Eliade (Bucarest 1907 – Chicago 1986). Questo studioso, di origine romena ma che ha passato gli ultimi decenni della sua vita ad insegnare nella prestigiosa università di Chicago, è considerato uno dei più importanti conoscitori di religioni al mondo del secolo scorso. Cristina Panculescu utilizza anzitutto uno degli scritti giovanili del grande studioso, Cosmologia e alchimia babilonese, pubblicato per la prima volta a Bucarest nel 1937 e, abbastanza recentemente, tradotto anche in lingua italiana. In questo volumetto, dedicato agli antichi riti e miti legati alla cosmologia e all’alchimia babilonese, Eliade si prende agio, nella prefazione, anche di scrivere incidentalmente del folklore romeno a cui dedicherà altre pagine più significative (soprattutto ne Il folklore come strumento di conoscenza). Eliade in questo libretto si limita a sottolineare, con qualche enfasi, che la Romania ha una preistoria e una protostoria di grande valore e un folclore di importanza incontestabilmente superiore a tutte le altre nazioni europee. La scienza romena – aggiunge Eliade – ha ora l’opportunità e il privilegio unico di valorizzare la spiritualità e la storia segreta del popolo romeno. È quello che hanno cercato di far in molti, prima e dopo Eliade, ma con scarso successo o addirittura con esiti controproducenti. Vorrei ribadire che Eliade è certamente diventato uno dei più importanti studiosi nel suo campo e i suoi libri sono tuttora oggetto di studio nelle università, ma egli è riuscito ad affermarsi, al di là del suo genio e del suo impegno, anche perché era consapevole di appartenere, secondo le sue stesse affermazioni, ad una cultu14 ra minore o provinciale e ha voluto porvi rimedio. In altri termini era conscio che per produrre qualcosa di importante nel campo di studi da lui intrapreso avrebbe dovuto anzitutto innalzarsi al di sopra del proprio ambito culturale di partenza, apprendendo tutta la migliore letteratura scientifica esistente nelle altre lingue (e non certo solo quella pubblicata nella sua lingua madre) per poter così eventualmente pervenire a dei risultati degni di nota in ambito accademico, cosa che fece egregiamente. Cristina Panculescu, dopo aver utilizzato alcune citazioni ben scelte di Eliade, sviluppa le sue argomentazioni in modo quanto meno curioso. Per sostenere il mistero che riguarda l’antica Dacia l’Autrice ricorre anche ad altre citazioni, come quelle di Busuioceanu che scrive che “nel mondo antico la Dacia era circondata da mistero e su questo si è poi venuto a creare un vero mito”. Del resto, prosegue Panculescu, i daco-geti erano considerati “ermetici” per gli antichi. Il concetto di ermetici si ricollega a Hermes Trismegisto e all’alchimia come vedremo. Ma Panculescu crede di mostrare le sue credenziali dichiarando che il suo studio “utilizza i risultati di una ricerca condotta per anni sui monti Bucegi” e che si avvale della documentazione messa a disposizione dalla mitologia comparata, dalla storia antica, dal folclore e dall’arte antica romena, dalla storia delle religioni, dall’ermeneutica e dalla scienza tradizionale. In effetti, una documentazione proveniente da queste aree disciplinari viene utilizzata: dovremmo aggiungere con fin troppa disinvoltura. Del resto il fatto che abbia passato degli anni, come dichiara, a studiare sui monti Bucegi, centro della sua indagine, di per sé non dovrebbe significare che abbia svelato un presunto mistero inerente a questi monti. Piuttosto ci sembra ormai chiara, dopo solo alcune pagine, la mancanza di un basilare criterio e scrupolo epistemologico. 3. Il tema centrale del libro è il seguente: secondo l’Autrice “è stato dimostrato senza equivoci” nel gennaio del 1986, con studi sul luogo, in concomitanza con la riapparizione della cometa di Halley, che sui monti Bucegi, (quindi in Romania), e nello specifico nell’area della vetta Omu (l’antica montagna che i daci chiamavano “Kogaionon”), “si trova il più importante Centro Energetico Informazionale Naturale del mondo” (corsivi nostri). E Panculescu sottolinea più volte l’aggettivo “naturale”, ossia non artificiale o costruito dall’uomo e dalla tecnica. Chiedere cosa sia poi esattamente un Centro Energetico Informazionale Naturale (che dovrebbe essere una domanda più che legittima e spontanea) costituisce invero un quesito superfluo, soprattutto perché è una “realtà segnalata da tutte le tradizioni con il nome o, più esattamente, con il concetto di Centro”. È vero che di un Centro (e di Centro del Labirinto) parlano molte mitologie e tradizioni. Il Centro è un Axis Mundi (Asse del Mondo), ossia la porta che collega la Terra al Cielo, la porta che collega l’uomo all’eternità secondo le mitologie. Tale Centro del Labirinto nella mitologia e nella storia delle religioni non è una pura fantasia ma solo nel senso che corrisponde ad una realtà simbolica, ha una valenza simbolico-iniziatica, come ha ben documentato Eliade nel volume La prova del labirinto. E potemmo aggiungere una dimensione psicologica. Sostenere che invece questo Centro sia una realtà materiale e identificarla con un monte preciso che avrebbe una particolare “Energia” o “Energia-Informazionale” è un passo ulteriore. Questa realtà materiale viene individuata dall’Autrice nel centro del santuario principale di Kogaionon. Non è tutto: l’antica montagna sacra dei daci non può che essere individuata per Panculescu che sui Monti Bucegi. Inoltre essa è strutturata in tre livelli: il primo livello è l’antica grotta di Zalmoxis (che viene identificata con la grotta Ialomitei), il secondo livello è il Platoul Babelor (dove si trova la roccia a forma di Sfinge), il terzo livello l’area della vetta Omu che costituisce il Santuario principale. Secondo l’Autrice, gli antenati dei romeni – gli antichi daci – conoscevano questo Centro attraverso le leggi che ne governavano il funzionamento.Panculescu, a testimonianza di ciò, fa ricorso anche ad Erodoto che nel IV libro delle sue Storie afferma che i geti-daci sono “i più valorosi e giusti tra i traci”, così che diventano “immortali”. 4. La montagna sacra Kogaionon non avrebbe mai cessato la sua attività di centro Energetico-Informazionale, tanto che l’Autrice lo definisce “la più grande Accademia del pianeta”. Peccato che noi non ce ne siamo accorti prima, altrimenti avremmo dato una ben altra impronta alla nostra formazione. Ma anche qui c’è una spiegazione: la coscienza diretta di questa realtà è stata interrotta. Personalmente non ne ho capito bene il motivo. In ogni caso è indubbio che Kogaionon – scrive l’Autrice romena – è stato “il più grande tesoro dei nostri antenati, un grande tesoro nascosto sotto il sigillo del segreto”. Bene: se è segreto non possiamo capire tutto! Del resto si tratta di realtà più grandi di noi perché “le età dell’umanità sono determinate dalle variazioni energetiche-informazionali di questo Centro e tale attività è soggetta alla leggi del ciclo universale. Le leggi che governano questo Centro planetario riguardano le connessioni, il funzionamento e le attività cosmiche e in generale portano alla chiave dei problemi fondamentali rimasti senza risposta della cosmogonia e della cosmologia.” Moltissime mitologie parlano di un Cen15 tro del Mondo che rappresenta il punto di contatto tra Cielo e la Terra, attraverso il quale gli uomini possono salire al Cielo e riconquistare l’immortalità. Il Centro del Mondo, nelle diverse tradizioni può assumere la forma del Monte Cosmico, della Piramide Cosmica, dell’Albero della Vita, Albero Cosmico, Asse del Mondo o Cardini del Mondo. Panculescu si attarda su questa simbologia dell’Axis Mundi ma solo per indentificare un reale Centro del Mondo nella montagna Kogaionon. Cosmologia e cosmogonia, a questi livelli di conoscenza, naturalmente non possono che pervenire a collegarsi con i saperi antichi. Qui vi è il superamento della divisioni tra scienza e altre forme di sapere. L’Autrice ha buon gioco (nel Cap. 1 intitolato “Tradizione, simboli e simbolismo tradizionale”) a rispolverare un maestro della Tradizione (rigorosamente in maiuscolo!) come Guenon per applicarlo al suo oggetto. Tutto fa brodo. Del resto Guenon, i cui libri si continuano a ristampare e vendere ancor oggi, ha mostrato (cioè ha parlato, ma spesso in questo ambito parlare significa mostrare e dimostrare, soprattutto se aggiungiamo un po’ di citazioni colte: questo è un criterio da tener presente in questo tipo di letture) dell’esistenza di una Tradizione Universale Primordiale (Conoscenza Sacra, o Scienza per eccellenza) la quale si manifesta attraverso varie rivelazioni o in diverse forme tradizionali. Per Guenon le 18mm 528 FULVIO SCAPARRO APERTI SUL MONDO NON TANTO UORE E LA MENTE. CON NOI STESSI, RIUSCIREMO IL PROSSIMO A LASCIARCI IN PACE.” FULVIO SCAPARRO L’ANTISPOCCHIA L’ANTISPOCCHIA ENDERMI DAGLI ARROGANTI coltà che la vita assegna in sorte umani sembrano recidivi ente una dose altrettanto no le piccole prepotenze e abusi, ioni, invidie, cafonerie, nerie che avvelenano la nostra nel tempo, ci distolgono onta nella vita, insidiano la nostra rmarsi in vera e propria infelicità. eggera, Fulvio Scaparro racconta e ci regala una guida preziosa i che ogni giorno assediano ornalista e psicoterapeuta. a Milano, dove ha insegnato gia e psicologia all’Università Da anni impegnato nella difesa i bambini, ha ideato e realizzato iziative a favore dell’infanzia. ella Sera, per il quale cura Figli’. X,00 I GRANDI TASCABILI BOMPIANI www.bompiani.eu In copertina: © Look and Learn / Bridgeman Images. Progetto grafico: Polystudio. Copertina: Sara Pallavicini. PARRO COME HO IMPARATO A DIFENDERMI DAGLI ARROGANTI BOMPIANI 31/03/15 11:30 16 diverse forme di tradizione sono gli adattamenti della Tradizione Primordiale, che è unica ma si manifesta in seguito in forme diverse. Vi è quindi una Dottrina unica contenuta nella Tradizione Primordiale, che si manifesta in luoghi e tempi differenti e in diverse varianti. Secondo Guenon, i “simboli” sono le manifestazioni di questa Scienza Sacra o Tradizione Primordiale. Pertanto non sono invenzioni, ma manifestazioni di tale Tradizione e come tali esistono in natura, non sono creazioni degli uomini. L’Autrice poi riprende tutta una serie di concetti correlati: vi sono simboli che hanno forma di immagini (allegorici e geometrici), simboli del suono, simboli dei colori, simboli numerici. Il mistero dei simboli sta nel denominatore comune che è la “vibrazione”. Il simbolo è una “chiave”, un codice naturale di accesso ad una fonte energetico-informazionale cosmica specifica che ha generato quel simbolo. La comprensione dei simboli può avvenire attraverso la tecniche particolari, come la meditazione, lo yoga ecc. 5. Per avallare la sua tesi, Cristina Panculescu ricorre all’astronomia e, nella fattispecie, alle comparse della cometa di Halley nel sistema solare. Questa cometa ha infatti un ciclo di movimento di 76 anni e ha avuto i suoi ultimi due passaggi nel sistema solare e vicino alla terra rispettivamente nel 1910 e 1986. Queste due date per la nostra Autrice sono fondamentali: non solo vi è la comparsa della cometa di Halley nel nostro sistema solare, ma nel 1910 e nel 1986 si verificano due episodi da lei ritenuti importantissimi che danno validità alla sua tesi. Il primo episodio è costituito dalla pubblicazione del volume di Nicolae Densusianu, Dacia Preistorica. Secondo Panculescu, l’erudito Densusianu dimostrerebbe in quest’opera che la Colonna del Cielo (il Centro o Axis Mundi) si trova nei Carpazi. Inoltre, 76 anni dopo, nel 1986, durante l’ultimo passaggio della Cometa Halley nel nostro sistema solare, sarebbe stato definitivamente e scientificamente identificato questo Axis Mundi più precisamente sui monti Bucegi (che fanno parte dei Carpazi), proprio nel monte Kogaionon. A parte il fatto che l’enciclopedico volume di Densuşianu è stato pubblicato nel 1913 (non nel 1910), tale opera, secondo il nostro modesto e fallibilissimo parere, non dimostra proprio nulla di scientifico, se non una estrema erudizione e accozzaglia sterminata di dati, fonti e di citazioni che vengono acriticamente assemblati per sostenere tesi precostituite. Non è il caso qui di svolgere un’analisi anche di questa, mi spiace dirlo, ingloriosa Dacia Preistorica che costituisce un monumento ad un pregiudizio culturale di tipo sciovinistico: basti dire che Nicolae Denşusianu cita praticamente pressoché tutti gli autori antichi e utilizza dati dell’archeologia, del folklore, della mitologia ecc. per valorizzare l’antica civiltà dei Daci, quasi fosse la civiltà originaria. Chi ha avuto la ventura di dover leggere le oltre 1150 pagine di Dacia Preistorica nell’edizione originaria del 1913 (chi scrive era stato coinvolto negli anni Novanta nella supervisione e cura di un’edizione italiana poi opportunamente mai pubblicata) senza la presunzione o il pregiudizio che il libro debba di per sé costituire la prova della originarietà (quindi originalità-superiorità) della civiltà geto-daca, si rende conto facilmente che il profluvio dei dati riportati e la sovrabbondanza oceanica delle citazioni è direttamente proporzionale all’insostenibilità delle tesi presentate. Per un commento spassionato di Dacia Preistorica, non disponibile in edizione italiana, rimando alla seguente recensione (http://www.observatorcultural.ro/Daciatot-mai-preistorica*articleID_1314-arti17 DRAGAN UNIVERSITY - GOLDEN AGE ELENCO DEI CORSI Anno Accademico 2015/2016 ARCHITETTURA DEI GIARDINI CINEMA CLASSICI DELLA LETTURA ITALIANA LA CULTURA AL FEMMINILE LE ETÀ D'ORO DI MILANO* FILOSOFIA GEOGRAFIA GRAFOLOGIA LETTERATURA GRECA LETTERATURA ITALIANA MEDICINA MEDITERRANEO ANTICO E MEDIOEVALE PSICOLOGIA COGNITIVA SAPER VEDERE UN'OPERA D'ARTE SCIENZE NATURALI STORIA CONTEMPORANEA STORIA DELL’ARTE STORIA DELLA MUSICA STORIA DELLE RELIGIONI STORIA DEL PENSIERO ANTICO STORIA DI MILANO LE VIE DELL'ARTE CONVERSAZIONE INGLESE LINGUA INGLESE ELEMENTARY LINGUA INGLESE PRE-INTERMEDIATE LINGUA INGLESE INTERMEDIATE LINGUA SPAGNOLA PREINTERMEDIO LINGUA TEDESCA INTERMEDIO YOGA E BENESSERE Iscrizioni Da lunedì 22 giugno fino al 31 luglio 2015. Riprenderanno il 1° settembre e comunque fino ad esaurimento posti. L'Anno Accademico avrà inizio lunedì 12 ottobre 2015 e terminerà venerdì 13 maggio 2016. SEGRETERIA Milano - Via Larga, 11 (1° piano) da lunedì a venerdì ore 9.30-12.00 / 14.30-17.30, Tel. 02.58.37.12.38/48 - E-mail: [email protected] Sito web: www.draganuniversity.org Facebook: Dragan University 18 cles_details.html) di uno studioso molto serio e promettente come Eugen Curtin. Costui ha parlato di “lavoro anche onirico” di Densusianu e di “trattato fantasmatico” che dà corpo ad una “filosofia della storia azzardata, combinando una preistoria coraggiosa (ma di fatto falsa) con il folklore”. 6. Seguendo un po’ il metodo di Densuşianu anche se su scala minore (accozzaglia di dati e riferimenti tra i più disparati senza alcun criterio o metodo critico), la nostra Autrice riprende elementi dall’opera di Eliade. Tra questi i suoi studi sul simbolismo alchemico, al mito del Labirinto, sul già citato Axis Mundi o Centro. Sull’alchimia si rieccheggiano tesi eliadiane secondo cui scopo dell’alchimia è la trasmutazione dei metalli per ottenere la “Pietra filosofale”, ma anche questo va inteso in modo simbolico. La formulazione “Solve et coagula” contiene in modo segreto il processo della manifestazione universale, sintetizza il segreto della trasmutazione alchemica. Questa è legata alla trasformazione del mondo, alla rigenerazione legata alla Tradizione mitica Primordiale (per questo l’alchimia è una Scienza sacra che non ha nulla a che vedere con la chimica moderna). Sull’Axis Mundi o Centro si riportano riferimenti presentati dal Eliade e altri nelle tradizioni cristiana, islamica, ebraica, egizia, greco-romana, induista. Non manca al proposito anche un po’ di numerologia per cui, ad esempio, il numero 17 è il simbolo numerico del funzionamento del Centro in quanto simbolo alfanumerico derivato da “i7” che sarebbe la chiave per decodificare la parola “io”. Il 17 è composto da “i” e da “7” e 7 sono le parti in cui si è divisa la “Tradizione Primordiale” (sempre rigorosamente in maiuscolo). Così “I7” simbolizza la sintesi delle parti in cui si è divisa la Tradizione Primordiale, sintesi che si può realizzare con l’intermediazione del Centro. In questa accozzaglia di riferimenti e citazioni sul Centro non poteva evitare di richiamare, oltre ad Eliade, un altro grande nome della cultura romena ben noto a livello internazionale: lo scultore Constantin Brancusi. Come non citare la sua Colonna dell’Infinito che rappresenta un Axis Mundi ed è, secondo la Panculescu, “una continuità di Kogaionon”. In effetti, per questa Autrice, Brancusi avrebbe concepito la sua opera dopo aver “sentito parlare della Colonna del Cielo nei Carpazi dai pastori” e pertanto si sarebbe ispirato alla realtà concreta del Kogaionon, rappresentato anche come Colonna infinita che sostiene il Cielo secondo una credenza arcaica che si collega, sempre secondo Panculescu, una verità inoppugnabile (anche se non sempre chiara, ma piuttosto misteriosa): la realtà secondo cui il Centro Energetico-Informazionale Naturale più importante del pianeta si trova sui Monti Bucegi. La nostra Autrice, sempre citando gli studi di storia delle religioni di Mircea Elaide, recupera il tema della analogia tra Microcosmo e Macrocosmo che sottende a concezioni presenti nell’alchimia e nello yoga. Ad esempio fa riferimento alla corrispondenza tra i due piani contenuta nella Tabula Smaragdina, un testo classico dell’alchimia. La legge della corrispondenza tra Macrocosmo e Microcosmo è attribuita, secondo la leggenda, a Hermes Trismegisto e stabilisce che l’uomo è un piccolo universo e, viceversa, l’universo è assimilabile ad un grande uomo. Viene, in altri termini, sancita la corrispondenza tra Uomo e Cosmo. Da qui è facile per Panculescu sostenere che questa corrispondenza non è solo una concezione astratta, una teoria appartenente alla storia delle idee, ma è una realtà concreta che come tale ha applicazioni pratiche: per esempio l’energia cosmica si 19 trova latente nei chakra presenti nel corpo umano e di qui avvalla tutto un filone di medicina alternativa corrispondente. Gli studi di Eliade sullo yoga mostrano – secondo la interpretazione di Panculescu – come nel corpo, che va inteso come corpo fisico ma anche come corpo più sottile, l’energia cosmica si trova latente nei chakra e l’energia vitale sotto forma di “spiriti” circola attraverso i canali. Di qui la Panculescu si spinge a sostenere che, proprio seguendo l’analogia tra Microcosmo e Macrocosmo, la Terra – che è un organismo macrocosmico – ha una struttura energetica analoga alla struttura energetica dell’essere umano e quindi i canali sottili e i centri energetici-informazionali (chakra) hanno una corrispondenza con la struttura energetica della Terra. Tutto questo ha costituito l’oggetto proprio di una Scienza Tradizionale in parte oggi perduta: la Geografia Sacra. I Centri di cui si è parlato come Axis Mundi sono “porte” che danno accesso all’umanità verso l’oceano infinito dell’energia e dell’informazione cosmica. Come nell’alchimia la trasmutazione non si può attuare senza un aiuto divino – dice l’Autrice – così queste porte non possono essere valicate senza lo spirito della Conoscenza Tradizionale, in primo luogo l’amore e la conoscenza di Dio e l’assimilazione delle “Leggi”. Conformemente alla Tradizione, la funzione principale di Hermes Trismegisto è quella di mediatore tra Cielo e Terra. Lo scettro di Hermes rappresenta l’Axis Mundi. In questo vi sarebbe senz’altro una convergenza – sostiene Panculescu – tra la tradizione induista ed ermetica. 7. La nostra Autrice arriva ad affermare che i Carpazi sono la regione del mondo dove è situato il Centro europeo della più antica cultura sinora conosciuta. Le testimonianze della storia e letteratura antica 20 (riorganizzate e reinterpretate da Nicolae Densusianu) confermerebbero, per Panculescu, questa tesi. Densusianu è il campione della raccolta, interpretazione e organizzazione in una tesi coerente quanto fragile di questa teoria in Dacia Preistorica. Uno dei punti salienti di questa teoria di Densusianu risiede nel fatto che attribuisce ad Apollodoro di Damasco la collocazione del monte Atlas (Atlante) che sostiene il polo nord del cielo non in Africa, ma nella terra degli “iperborei”, una popolazione di stirpe pelasgica del nord della Tracia o del Danubio meridionale. Gli “iperborei” non sarebbero altro che i daci ovviamente. Densusianu identifica la terra degli iperborei con la terra dei geto-daci, attribuendo peraltro l’intera mitologia degli iperborei al popolo geto-daco. Secondo la Panculescu, in particolare Densusianu avrebbe dimostrato che il monumento di pietra della vetta Omu dei monti Bucegi è parte della leggendaria Colonna del Cielo di cui parla la tradizione pre-omerica. Questa Colonna è stata considerata il più sacro simbolo religioso del mondo pelasgico. In questa ricostruzione-invenzione di Geografia Sacra non ci si pone più limiti alle identificazioni. Per cui si può anche “riscontrare l’identificazione assoluta tra il simbolo egiziano (trinità tra Cielo, Aria e Terra) e la Colonna dei Carpazi”. Identità assoluta vi è anche tra la Colonna del Cielo dell’Omu nei Bucegi e la figura il titano Atlas (o Atlante). In altri termini la vetta del monte Omu è il punto culminante del leggendario monte Atlas. Il monte (e titano) Atlas testimonia, come l’Autrice non si stanca di ripetere, il più importante Centro Energetico-Informazionale Naturale del pianeta. Per Densusianu, nella tradizione popolare romena (comprensiva delle colinde) si è conservato sino ad oggi sotto il nome di Omul o Omul Mare, i caratteri che aveva Saturno (o Zalmoxis) nella religione anti- ca, a cui si attribuisce il simbolo del potere sul mondo. Hermes è originario, in realtà, della Tracia. L’Autrice stabilisce la genealogia di Atlas, rilevando la discendenza da Atlas ad Hermes attraverso Maia (figlia di Atlas e madre di Hermes). Atlas e Hermes sono considerati legislatori, intermediari tra gli uomini e gli dei. Hanno il potere delle chiavi per aprire e chiudere (il passaggio dell’Axis Mundi, tra Terra e Cielo, tra uomini e divino), o il potere alchemico del “Solve et coaugula”. 8. La localizzazione di Kogaionon corrisponde alle informazioni provenienti dalla Grecia antica. Il Monte Sacro dei daci si è rivelato un grandioso tempio naturale che si sviluppa su tre livelli: 1) il primo livello è la grotta di Zalmoxis – oggi è conosciuta sotto il nome di Pestera Ialomitiei (a 1600 m altitudine); 2) il secondo livello è il Platoul Babelor (altopiano di 2000-2200 m. di altitudine). Per Densusianu il nome di “Baba” si attribuisce alle divinità nazionale pelasgiche. Qui si trova la Sfinge dei Bucegi, (Sfinxul din Bucegi); 3) il terzo e ultimo livello è l’area della vetta Omu. Kogaionon era la sede e il santuario di Zalmoxis, e il luogo sacro dei Daci. Naturalmente anche qui si cita la documentazione raccolta e reinterpretata, da Densusianiu. Tra le fonti principali viene usata la Geografia di Strabone, oltre ad altre fonti e alla tradizione orale. I tre livelli del Kogaionon rimandano ad una struttura tradizionale e mitica di iniziazione. L’iniziazione è strutturata dal simbolismo della morte e della rinascita. Secondo Eliade, la vita dell’uomo stesso può essere definita come una prova iniziatica, una metamorfosi che prevede la morte e nuova nascita (con regressus ad uterum, per es. nella grotta della montagna). Il simbolismo dell’alchimia è, fondamentalmente, un simbolismo iniziatico per la trasformazione dell’umanità. I geto-daci erano convinti di raggiungere l’immortalità seguendo l’insegnamento di Zalmoxis. Zalmoxis era in grado di conferire l’immortalità. Inoltre, insegnava la presenza di uno “spirito” distinto dal corpo che sopravviveva dopo la morte. A Zalmoxis Platone fa risalire la distinzione della medicina che cura l’anima dalla medicina che cura solo il corpo. La religione di Zalmoxis implicava il concetto di Centro, di Axis Mundi, della Colonna del Cielo. Implicava anche una iniziazione nei cosiddetti “Misteri di Zalmoxis”. Un sacrificio sanguinoso collegato all’iniziazione religiosa che conferisce immortalità. In questo contesto, Cristina Panculescu inserisce anche le riflessioni sul simbolismo del drago daco. Lo stendardo nazionale dei daci, rappresentato in numerose scene della Colonna di Traiano, era proprio un drago. Il drago daco aveva la testa di lupo e continuava con corpo di serpente. Il simbolismo del drago è ambivalente. In ogni caso si può collegare il drago daco al simbolismo fondamentale dell’Asse del Centro (tramite l’immagine “i”). Il drago è anzitutto il guardiano dei tesori nascosti, in conformità al simbolismo tradizionale. Tutti gli attributi simbolici del drago si identificano in funzione del simbolismo del Centro Supremo. Tradizionalmente il drago ha la funzione di mantenere ordine del Mondo, il drago-soma procura immortalità. Il drago è l’immagine del Centro del Mondo, risolve le opposizioni e unisce i contrari (coincidentia oppositorum). In definitiva il drago si manifesta nel Centro Supremo. Nel volume vengono inoltre svolti temi relativi al simbolismo del bersaglio e della stella legati a momenti della storia daca e romena (Sarmizegetusa, Stefan cel Mare, Voivodati, Vlad Tepes) quindi sviluppati temi d’araldica romena nel rapporto con Kogaionon. Nell’Araldica in terra romena 21 si manifestano forme della ruota cosmica, stemmi che rimandano all’Asse Cosmico, Axis Mundi o al Centro (anche per tramite del drago). 9. Il sesto capitolo del volume è dedicato alla “attività energetico-informativa del Centro e le età degli uomini”. Qui l’Autrice ribadisce concetti che ha presentato numerose volte nel corso del libro: Il Centro del Mondo (Axis Mundi) è il punto di comunicazione tra la Terra e Cielo, esiste una corrispondenza tra il simbolismo del ciclo cosmico e il simbolismo alchemico. Come ha mostrato Eliade, il ciclo cosmico nelle religioni si connette a quattro fasi che nell’alchimia sono collegato ai colori (nigredo, albedo, xiantosis e rubedo), processo che ottiene la Pietra filosofale, che va interpretata in funzione soteriologica e cosmologica. Ma le operazioni fondamentali sono due: sintetizzabili nella formula già evidenziata del “Solve et coagula”. Compaiono però anche considerazioni intorno ai cicli cosmici temporali della dottrina induista: durata del ciclo del Mahayuga e del Kaliyuga. Nella tradizione induista, le quattro parti di un ciclo completo Mahayuga sono in rapporto con il simbolismo del numeri 4,3,2,1, che corrispondo a precise fasi. Da notare, sempre secondo Panculescu, la corrispondenza della fine del Kaliyuga nell’anno 1986 con il contemporaneo inizio dell’altra fase, Kritayuga, in corrispondenza all’intensificazione dell’attività del Centro: la pellicola fotografica delle fotografie scattate allora mostrano una intensificazione della “Luce del Centro”, con “fiori di Loto da mille petali”, e corrispondono al passaggio della Cometa di Halley. Vi è una corrispondenza tra la comparsa della Cometa di Halley nella storia e nella stessa storia romena – come ricostruisce l’Autrice. Ad esempio il primo anno di dominio di Vlad Tepes (1456) o la 22 comparsa della Stella dei Re Magi corrispondono al transito della Cometa di Halley. Altre considerazioni che concludono il capitolo 6 sono sviluppate sull’Uroboros, simbolo della manifestazione ciclica e del tempo ciclico, tipico tra l’altro dell’Alchimia. 10. Il settimo e conclusivo capitolo è intitolato “Cosmologia e cosmogonia”. In questo capitolo la commistione, confusione, assimilazione tra idee appartenenti alla storia delle religioni e della mitologia e concetti scientifici è definitivamente compiuta. Qui Panculescu evidenza che in tutte le religioni tradizionali la cosmogonia e i miti delle origini costituiscono la “Scienza Sacra”. I miti cosmogonici presenti nelle religioni arcaiche – come ha evidenziato Eliade –rappresentano un “modello esemplare” di realizzazione di tutte le cose. In questo senso la cosmogonia mitica permette di dare origine alle varie realtà (attività, istituzioni ecc.). Il simbolo del Centro è universalmente un buric, un “ombelico” e tutte le strutture dell’universo, cosmiche e macrocosmiche pianeti, stelle, galassie, supergalassie, presentano un Centro proprio, un ombelico da cui hanno origine. Dal canto suo, Panculescu riprendendo questi dati, afferma che il Centro del Mondo è legato al Polo Celeste attraverso l’Asse del Mondo che non è altro che un’asse della manifestazione universale. Tutte le strutture macrocosmiche dell’Universo sono connesse con il Polo Celeste attraverso questo Asse Cosmico, l’Asse della Manifestazione Universale. La struttura del sistema solare riproduce in scala ridotta la struttura dell’intero cosmo. Questo schema è valido per tutte le stelle e per tutte le strutture stellari che compongono la nostra galassia e ogni altra galassia. L’Asse del Mondo lega il polo della Terra con il Polo Celeste e collega, attraverso il Centro del Sole, il Centro della galassia e attraverso questo Centro le altre strutture cosmiche. Ulteriori riflessioni sono dedicate dall’Autrice al concetto di Albero, Scala, Croce. Un altro simbolo tradizionale dell’Asse del Mondo è la Scala e la legge che governa l’universo è simbolizzata dall’Albero Cosmico che è associato al Centro. L’Albero Cosmico, come ha evidenziato Eliade a cui la Panculescu fa costante riferimento, esiste in molte culture. In realtà è un segreto dell’universo che è corrisponde al segreto della condizione umana. In questo vi è una solidarietà tra la condizione umana e la condizione cosmica. L’Albero e la Croce parlano proprio di questo mistero della morte e della rinascita. L’Albero Cosmico va inteso come ierofania, come manifestazione del Sacro. Solo recuperando questo senso del Sacro possiamo recuperare una dimensione originariamente autentica. Perché, in effetti, da cosa nasce la nostra crisi profonda? Conclude la Panculescu che la causa profonda della crisi moderna consiste nel fatto che si è perduto il senso religioso. La crisi moderna è soprattutto una crisi religiosa, esistenziale – come aveva già sostenuto Eliade – che fa vivere gli uomini contemporanei in una dimensione priva di senso. Per cui, conclude l’Autrice, “la morte esiste perché gli uomini hanno perso il gusto dell’immortalità”. Riaccostandoci nel giusto modo a realtà come quella da lei descritta nel corso dell’intero libro – il sacro monte dei daci – ci si può riappropriare di questa apertura al Sacro. E quindi sconfiggere la “cultura della morte” oggi imperante. Fin qui la Panculescu. Peccato che per operare questa “apertura”, nelle modalità presentate, si dovrebbe abdicare a qualsiasi senso critico e razionale in una “morte della cultura”. Sono consapevole che la ragione umana sia uno strumento limitato e che l’apertura al senso del mistero vada mantenuta. Ma qui si tratta di rinunciare non tanto e non soltanto alla ragione, con tutti i suoi limiti, ma a qualsiasi buon senso. Per cosa? Per una presunta e dichiarata “Scienza del Sacro”, ossia una presunta “conoscenza superiore” che è, in realtà, un assemblaggio maldestro di concetti tra i più eterogenei, di diversa estrazione e provenienza e di livelli tra i più diversi. Questa roba oggi abbonda nelle librerie. In tutti i Paesi. Qui io ho voluto fornirvi un esempio di una versione ... romena, arricchita dalle varianti locali. Il Bulletin européen è una tribuna libera fondata nel 1950 da J. Constantin Dragan per lo sviluppo del dibattito sull’Europa. Le opinioni, liberamente espresse dagli autori, non necessariamente corrispondono a quelle del giornale. Bulletin européen Tribuna libera per l’Europa fondata nel marzo del 1950 da Giuseppe Costantino Dragan ISSN 2283-3013 già 0407-8438 (cartaceo) Direttore Responsabile: Guido Ravasi Direzione e Redazione: Via Larga 9/11 - 20122 Milano Tel. 02 58371405 - e-mail: [email protected] Registrazione Tribunale Milano n. 390 del 3-6-1998 Chiuso in redazione: 6 luglio 2015 . ... si la Communauté économique européenne est la base de l’unification de l’Europe, la Communauté culturelle en permettra sa réalisation durable. SOMMARIO Guido Ravasi: La lezione greca. Dopo il referendum......................................... 1 Fausto Capelli: Salvare l’Italia coinvolgendo gli italiani nelle attività di tutela e valorizzazione del nostro Patrimonio culturale e nelle azioni a favore della generalità dei cittadini................................................................... 5 Guido Ravasi: Il mistero di Kogaionon, il sacro monte dei daci. Lettura e commento di un’opera paradigmatica................................................ 13