Proprietà letteraria dell'Editore REMO SANDRON. TIP. FRATELLI VENA, PALERMCX The University oi Chicago library A CHECCHINO MERCURI •li i i « M i • 111 u 11111 H H i n n 111 > i « i n • u n n ti' «i 11 Hill li i il ili 11 li li 11« Quei tre folletti, dato in fretta e furia un bacio alla m a m m a che ritornava da R o m a dopo otto o nove giorni di assenza, assediarono la donna di servizio che stava salendo le scale carica di scatole, di borse da viaggio e della gran valigiona che ogni buon provinciale non dimentica mai di riempir di un po' di tutto quando va a R o m a . — Rosa, da' a m e la valigia ! — No, la voglio io ! — No, a m e , a m e ! — A nessuno ! Andate avanti ! Mi farete cascar qualche cosa.... — Che c'è?.... incominciate presto!...—sgridò la m a m m a di capo a le scale. I bimbi lasciarono in pace la donna e salirono in fretta. — M a m m a , m r hai portato il lettino per la bambola ? — Sì, Giulietta; m a sii buona, altrimenti lo rispedisco a R o m a . 6 — Anche il cappellino per m e ? — domandò subito Ines. — Anche il cappellino per te. U n po' di pazienza.... — E la scatola dei colori per m e ?—disse Giorgio. — N o n li ho potuti trovare. — Già.... non m e li hai voluti comperare! — piagnucolò il ragazzo. — Sempre così ! Quel sempre così voleva significare che anche altre volte la m a m m a col pretesto di non averla trovata o di non essersene ricordata, non gli aveva portato una bella scatola di colori uguale a quella che il figlio del Pretore gli aveva un giorno mostrata a scuola. Era una strenna del suo nonno di Firenze pel Nàtale. U n a scàtola come quella, sarebbe stata una felicità per Giorgio! Lì, in quel paesucolo di provincia, non si trovava niente. Appena aveva potuto trovarne dal libraio una da due soldi. La signora Maria aveva la sua buona ragione di non appagare quel desiderio del figliuolo! D a quando aveva avuto in m a n o quella scatoletta di colori da due soldi e i tre colori ricomprati a quattro soldi l'uno dal figlio del Pretore, Giorgio era distratto nello studio assai più di prim a ; andava svogliato a scuola, ritornava svogliato a casa e coi libri e coi quaderni tutti imbrattati di colori. E quasi non bastasse, le pareti della sua cameretta, i muri della scala, gli usci erano ugualmente imbrattati qua e là di casette, alberi, cavallini, gatti e altre figure più o m e n o irriconoscibili o inverosimili. Che disperazione per la mani- 7. m a che a m a v a la pulizia e per la donna costretta a ripulire ! E per la lavandaia, dovrei aggiungere, perché Giorgio ripuliva spensieratamente i pennelli coi fazzoletti, con una falda della giacchetchettina, o stropicciandoli sui calzoni. Il suo babbo si arrabbiava più di tutti: Giorgio in quell'anno avrebbe ripetuto la classe: era stato bocciato. E un giorno, ritornando dalla stazione dove aveva accompagnato il secondo genito che andava a Bologna per l'Università, il signor Manni disse : — Ora ,basta ; due hanno voluto fare a modo loro. Medico l'uno, ingegnere l'altro; Giorgio però dovrà fare a m o d o mio. Altri due anni di scuola e poi al bureau dell'albergo. H o bisogno d'aiuto : da solo non basto. Ed estranei nell'amministrazione non ne ho voluti e non ne voglio. Il primo anno di ginnasio sarà sufficiente per quel che Giorgio dovrà fare. — Io voglio fare il pittore. — Voi, signorino, farete quel che vogliono il babbo e la m a m m a . — L a vedremo. — Impertinente! — A Roberto e Cesare perché.... ? — Roberto e Cesare hanno sempre studiato bene ! — rispose severamente il signor Manni, — e poi nessuno qui deve dir di no quando io dico di si. — Voglio fare il pittore ! Ecco ! — Invece, se non ti rimetti a studiare, vedrai che bella fine faranno i coloracci e gii sgorbi che tieni in camera tua. — Udita questa minaccia, Giorgio stette zitto. Sapeva che col babbo non si scherzava. 8 — N e parlerò alla mamma.... — pensava. — L a m a m m a è buona. — E se divento un altro Giotto ? =— A questa uscita la m a m m a non potè fare a m e n o di ridere : m a fattasi subito seria rispose : — Per diventare un altro Giotto, come tu dici, bisogna prima di tutto' nascere Giotto , poi studiare sotto un bravo professore di pittura... e qui non ci sono neppur pittori da strapazzo-. Il babbo, bimbo mio, non può mantenerti in una città e pagare un buon maestro ! — M a Roberto e Cesare... però.... — Essi tra qualche anno potranno aiutare la famiglia, e un pittore, prima di diventar bravo e di guadagnare un po' di soldi, ci vogliono anni ed anni. — Imparerò presto, m a m m a , diglielo al babbo. — Al babbo — hai visto come è in collera con te?.... — dirò piuttosto che mi hai promesso di studiare, perché vuoi aiutarlo nell'amministrazione dell'Albergo. — Gli dici una bugia. Io non ti ho promòsso niente! — M a lo devi promettere a m a m m a tua se non vuoi che anch'io ti tenga il broncio come il babbo.... — Per tre o quattro giorni parve che Giorgio riprendesse amore allo studio. M a una mattina il figlio del Pretore venne a proporgli : — Per una lira la vuoi questa bella scatola di 9 colori? È quasi intatta. Presto vado dal nonno a Firenze e m e ne faccio comprare un' altra più grande. Giorgio non ebbe più pace. — U n a lira ! Dove la prendo ? Prima aveva sempre qualche soldino in tasca, m a da qualche tempo in qua babbo e m a m m a non gliene davano più per gastigarlo. Per una lira tutti quei bei colori grandi quanto una cioccolatina da un soldo, quattro pennelli e due piattini di porcellana ! — Ti regalo anche sei cartoncini da disegno che mi sono rimasti, — aveva soggiunto quel goloso di Italo che voleva spendere quella lira in ghiottonerie. — Proprio un buonissimo affare ! — pensava Giorgio da due giorni, — m a come procurarsi la lira? — Non osava chiedere alla m a m m a neppure un soldo. Era anch' essa in collera, sfido! Proprio quel giorno egli aveva riportato a casa il libretto dei punti settimanali con 5, 6 e 4, e appena un 7 in condotta ! Tutt'a un tratto, si rammentò che Mario Morri a scuola gli aveva confidato: — Non lo dire a nessuno, Manni; io vado ogni sera a servir la benedizione a San Domenico, e piglio due soldi per volta. Quando avrò messo insieme quattro franchi comprerò il teatrino che è in mostra nel bazar in piazza. — Non poteva anche lui far così? In dieci sere, avrebbe avuto la lira per comprare i colori! E senza pensarci su due volte, quel dopopranzo 10 allestiti in fretta i compiti di scuola con gran gioia del babbo e della m a m m a che non erano mai riusciti a farlo studiare tranquillamente un' ora di seguito, né con le buone né con qualche scappellotto, Giorgio verso le sei scese dalla m a m m a occupata coi conti di due forestieri che ripartivano. — M a m m a , vado a fare una passeggiatina? — Dove ? — Fuori di porta. — Giudizio eh.... E non tornare troppo tardi. — N o n dubitare. — Uscì dall' albergo gongolante. Se il curato di Santa Margherita lo accettava, era fatta ! Tra dieci giorni avrebbe detto al Fellini : — Ecco qua la lira : d a m m i i colori. — Aveva scelto Santa Margherita invece di San Lorenzo sua parrocchia, perché la m a m m a non scoprisse niente. Arrivò in chiesa ; inginocchiatosi vicino all'altare dove il prete cominciava la funzione, stette a osservare attentamente quel che il chierico faceva. A benedizionefinita,Giorgio si sentì sicuro che avrebbe imparato anche lui subito subito 1' ufficio di chierico. Seguì il prete fino alla porta della sacrestia, e dopo qualche minuto entrò. Il prete si era già svestito e il chierico ripiegava la cotta e la stòla per riporle. — Che vuoi? — gli domandò il prete. — Vorrei parlar con lei...,—rispose timidamente Giorgio, senza osare di inoltrarsi. 11 — Avanti! Ti faccio paura? — Signor don Catolfi... vorrei... vorrei.... — Mi chiamo don Luigi, non già signor don Catolfi,— lo interruppe il prete sorridendo,—Avanti, che vuoi dirmi ? — Signor don Catolfi, — replicò Giorgio impappinandosi,— vorrei venire a servir la benedizione per qualche sera. — Per qualche sera soltanto ? — Sì,fino....— Stava per dirgli:finoche avrò guadagnato una lira! M a si riprese in tempo. — Fino che vorrà lei.... — L'hai servita in qualche altra chiesa ? — No. — E allora ? — Se la m'insegna... imparerò subito. — Vedremo. Veramente, ora, il chierico ce l'ho... Basta, torna domani sera; m a se questo zuccone qua....—e indicò il chierico che ancora non aveva finito di riporre la stola,...—se questo zuccone qua non impara meglio.... — E....? — — E... che cosa ? — Il prete aveva capito e sorrideva, mentre Giorgio, confuso, rosso rosso, rigirava il cappello tra le mani. — U n mio compagno di scuola prende due soldi a ogni benedizione.... — E io te ne darò tre se la servirai bene! M a tu non sei ilfigliodel... del signor Manni, il proprietario dell'Albergo Nuovo? — Sissignore.... 12 — E tuo padre che è presidente della Società dei Reduci, ti permette di venire a servir la benedizione ? — Il babbo non sa niente, e n e m m e n o la m a m m a . — Alla m a m m a almeno dovresti dirglielo !... Perché non vuoi farglielo sapere? — Giorgio non sapeva che rispondere. — Perché? — ripetè il prete. — Perché —'disse subitamente — coi soldi che guadagnerò voglio farle una bella sorpresa. — Bravo ! Il buon prete lo accarezzò affettuosamente. M a a Giorgio quel bravo e quella carezza avevano fatto l'effetto d'una doccia. — Cominceremo da domani sera; sai il Pater, le litanie ? — Sissignore. — Il resto lo imparerai subito... — Mi raccomando signor... don Luigi..., la m a m m a non deve saper niente. t — Va'... va'... non saprà niente. —• Giorgio baciò rispettosamente la m a n o al prete; infilato l'uscio della sagrestia, traversò la chiesa quasi di corsa, senza inginocchiarsi d % vanti agli altari, e uscì di chiesa, stordito dello sforzo fatto e lietissimo della buona riuscita. * — Dunque, vogliamo fare i nostri conti ? — Facciamoli,—rispose Giorgio con voce velata dall'emozione. — Io ti devo dare... ti devo dare... tre per otto... ventiquattro soldi. 13 — Sissignore, — E c c o qua. — Il prete cavò dalla tasca il borsellino e contò ventiquattro soldi allineandoli sul piano inclinato e sgangherato dell'inginocchiatoio quasi nascosto in un angolo della sagrestia. Giorgio li prese avidamente, tirò dalla tasca un fazzoletto tutto macchiato d'inchiostro e li legò in una cocca. — Sei contento? Anch'io sono contento di te; se tu potessi venire anche per la novena della Madonna, che incomincia quest'altra settimana, mi faresti proprio un regalo. — Verrei, m a ho paura che qualcuno lo dica al babbo... — Se non glielo hanno detto fino a oggi ! — replicò il prete. — Lunedì o martedì passerò per dirle se potrò venire. — A Giorgio, ora che aveva i soldi per i colori, non premeva più di far quel sacrificio ogni sera. Aveva servito la benedizione sempre tremando, studiandosi di voltare le spalle ai fedeli per non essere riconosciuto. Ormai aveva la lira che gli occorreva, e non aveva nessuna intenzione di ritornare a far da chierichetto. Il pittore spagnuolo , venuto in paese per la villeggiatura e che ogni giorno si metteva a far la siesta fumando sigarette al balconcino riparato da una tenda di juta , (quel balconcino del pa- 14 lazzo Ferranti dava sul giardinetto dell'Albergo), il pittore spagnuolo nella mente di Giorgio diventò subito un secondo Cimabue, venuto là*quasi a posta per lui! Mai come in quei giorni Giorgio aveva riletto con tanto interesse il bel racconto del Giannetto! Tra le notizie di uomini illustri che conteneva il Giannetto, quelle riguardanti Michelangelo, Raffaello, e altri pittori e scultori, a Giorgio non avevano mai suscitato tanta ammirazione quanto l'incontro di Giotto con Cimabue.... Si era fino immaginato una volta, che se fosse nato pecoraio come Giotto, a quest'ora.... M a ecco finalmente quel pittore spagnuolo che doveva essere per lui un secondo Cimabue mandato là dalla provvidenza ! Con quel caldo, il babbo, la m a m m a e le sorelline dormivano qualche ora non appena finito di far colazione; Giorgio invece, fìngendo di andare a riposarsi come tutti gli altri, non appena il babbo , la m a m m a e le sorelline si erano coricati, preparava scatola, cartoncini, pennelli un bicchier d'acqua sul davanzale della sua finestra, che dava appunto dirimpetto al balconcino del pittore spagnuolo. Appena questi si era sdraiato su la poltrona, Giorgio afferrava i pennelli, diluiva i colori, e all'opera a imbrattare cartoncini, menando in su e in giù il pennello lestamente, e più guardando verso'il pittore che non a quel che pretendeva di fare. Colui doveva accorgersene, allafine! Invece... quello seguitava a fumare tranquillamente spiegazzando giornali dietro giornali. Giorgio arrabbiato di quel contegno, cominciò 15 a mandargli sotto voce qualche benedizione al rovescio ! Villanaccio ! N o n si voltava n e m m e n o ! M a forse, — lo scusava subito — non mi dice niente perché eli lassù non può distinguere ! Domani però.... Il giorno dopo, con in m a n o tutto l'occorrente, all' ora solita quando il pittore spagnuolo si fu sdraiato su la poltrona, al balconcino, Giorgio scese in giardino per essere più in vista e si mise a dipingere un paesaggio, come egli chiam a v a quel menare in su e in giù il pennello.... Niente, neppure quel giorno ! Giorgio incominciava già a spazientirsi. N o n voleva però rinunziare a quell'ora di lavoro, come lui la chiamava. Con la testardaggine propria dei ragazzi, si era fissato nell' idea che dovea accadergli quel che era accaduto a Giotto, e che quel pittore spaglinolo doveva essere il suo Cimabue. U n giorno, mentre lavorava, ecco il pittore che lo chiamò : — Ehi ! ragazzo ! — , Giorgio, mezzo stordito dalla gioia, corse sotto il balconcino e con un filo di voce rispose \ — Comandi.... — Raccattami la scatola dei cerini, dev'essere caduta là, vicino a quel sedile. — Quella voce baritonale e quel comando cosi imperioso fecero perdere la bussola a Giorgio. Senza far motto, raccattò la scatola e la riportò al pittore che neppure lo ringraziò. — Maleducato ! — brontolò Giorgio. E risalito in camera, buttò con mal garbo la scatola di colori e cartoncini in fondo a una cas- 16 setta fabbricata da lui stesso, e rimessala nel solito nascondiglio sopra l'armadio, si stese sul letto mordendosi le mani dalla stizza; e singhiozzando balbettava : .— Dev'essere una bestia costui! U n bue, non Cimabue ! Dopo qualche giorno Giorgio ritornò a scendere in giardino a sgorbiare peggio di prima. Soltanto — diceva — per far dispetto a quel tanghero.—Non era vero. Gli era rinata in cuore la speranza. — Il sole ti farà male al cervello ! Va' a dor*mire...—gli gridò quel giorno il pittore quasi sgridandolo. Giorgio stava per rispondergli una impertinenza ma... si contenne pensando che se il babbo e la m a m m a lo avessero saputo, guai !... M a non potè trattenersi di fargli le boccacce e le corna con tutte e due le mani, e quel villano invece d impermalirsi, gli rise in faccia ! Giorgio che si sentiva pittore, che si sentiva Giotto anzi, quella volta non pianse, m a risalì le scale pensando : — Costui dev'essere un imbianchinaccio arricchito che si fa dire pittore !..., — Per una o due settimane lasciando in pace i colori, non aveva però tralasciato di sbatacchiare al pittore lafinestrain faccia, ogni volta che. lo vedeva. Ed era ritornato a servir la benedizione per la novena alla Madonna. Voleva guadagnare un'altra liretta che gli occorreva. U n suo amico pel suo compleanno gli aveva mandato da Foggia una carta da visita con la 17 scritta : Remo Leonardi, studente. Se avesse anche lui potuto restituire una carta da visita uguale a quella ! E per Natale mandarne altre ai cugini di Spoleto che crepavano d'invidia ogni volta che Giorgio scriveva: L a m a m m a mi ha comperato questo o quel giocattolo ! Il babbo questo e quest'altro ! — Studente ! A Giorgio quella parola sembrava troppo comune. Con che altra sostituirla? M a , prima di tutto, bisognava averci almeno una lira per cento carte da visita, come aveva letto in un avviso dello stampato. Per questo era ritornato a servire la benedizione. Intanto faceva altri abbozzi. — Giorgio Manni, alunno di 5a elementare! — È brutto ! — E stracciava il quadretto di carta ritagliato secondo la misura del cartoncino. — Giorgio Manni, proprietario dell' Albergo Nuovo. — Rise. Il proprietario era il babbo , non lui! E tornò a stracciare. — Lo domanderò al maestro, — conchiuse. — Io farei mettere così, — rispose il maestro : Giorgio Manni, eterno bocciato negli esami. — N o , signor maestro ! M e lo dica — insistè, nascondendo la faccia sul braccio appoggiato al tavolino. 18 — Metti allora studente ! — Non mi piace... Senta... quando i dottori non sono ancora dottori.... — Che pasticcio è questo ! Vuoi forse dire, quando gli' studenti in medicina non sono ancora dottori ? — Sissignore, come si chiamano ? — Dottori in erba ! — rispose ridendo il maestro. — Proprio cosi ? — Proprio così. Sei studente in medicina tu ? Vai... vai, al posto ! Sei ancora troppo bimbo da avere carte da visita. — M a un ragazzo, della stessa mia età m e ne ha mandata una, — Quel ragazzo ha soldi da buttar via. — Anche lui, in questo caso, ci aveva una lira da buttar via, e andò dal tipografo ! — Cento carte da visita con questa dicitura. E porse un fogliolino piegato. — Proprio così dobbiamo stampare? — disse il proto ridendo. — Quando i clienti vi dicono fate così ! — replicò Giorgio impettito. — Sta bene; per domani... alle dieci. U n a lira.... — Eccola. — E Giorgio cavò di tasca la lira d' argento, riscossa poco prima da don Luigi. Giorgio si aspettava tutt' altro che quel birbante del suo amico gli rimandasse il biglietto 19 da visita, diretto all' albergo, e che alle parole : Pittore in erba, avesse aggiunto : e fagiuoli /... F u un disastro. L e beffe col danno ! Il babbo e la m a m m a poi, dopo aver riso alle sue spalle , vollero sapere come aveva Tatto per pagare il tipografo. Chi gli aveva dato la. lira ? Messo alle strette, Giorgio dovè confessare ogni cosa: le benedizioni servite, le due lire guadagnate e la scatola dei colori comprata dal figlio del Pretore e nascosta in camera. E, preso l'aire, Giorgio raccontò anche quel che era accaduto con quel villano del pittore spagnuolo. — Per ciò hai preso la bella bocciatura di quest'anno ! — gli disse il babbo, m a da domani in poi, là, al chiodo, al bureau. Se avrai volontà, quando torneranno i tuoi fratelli, potrai apprendere tanto da diventare avvocato ! — Il signor Manni non fu profeta. Giorgio, rinunziando per sempre al. suo sogno di diventar un secondo Giotto, non rinunziò all'altro di farsi un bel n o m e e guadagnarsi una lapide simile a quella di certi uomini illustri del suo paese e di essere nominato in un libro come il Giannetto. L a sorte lo favorì. N o n pittore, non avvocato, m a eroe ! Egli è morto a Dogali, combattendo da valoroso ; e oggi il suo n o m e è scritto a lettere dorate su una lapide di m a r m o nero nell'atrio della casa municipale, accanto a quella dedicata alla memoria di altri illustri suoi compaesani !