Progetto Interreg “APRIS Apprendistato Italia Svizzera” id. 33671329
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REPORT
Analisi dei modelli di gestione della formazione in
impresa adottati dai tre differenti sistemi (svizzero,
piemontese e lombardo) attraverso l’animazione di
focus group rivolti agli enti di formazione
partecipanti al progetto, al fine di estrapolarne
buone prassi e individuare fattori di miglioramento
(Att 1.3)
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INDICE
ATTIVITA’ 1.3 ........................................................................................................................ 3
1. Analisi dei modelli di gestione della formazione in impresa: contenuti, metodologie e
certificazione delle competenze ................................................................................................ 3
1.1
L’esperienza svizzera ................................................................................................ 3
1.2
L’esperienza lombarda .............................................................................................. 5
1.3
L’esperienza della Provincia di Bolzano (sperimentazione e buone prassi) .................... 11
1.4
L’esperienza piemontese ......................................................................................... 15
1.4.1 L’apprendistato in Piemonte.................................................................................... 15
1.4.2 La Legge TREU e l’avvio delle attività formative per apprendisti in Piemonte ............... 16
1.4.3 Le ricerche sull’erogazione della formazione per apprendisti in Provincia di Novara ...... 17
1.4.4 La legge Biagi e la sua applicazione in Regione Piemonte .......................................... 19
1.4.5 Nuovi indirizzi per la programmazione e gestione dei servizi formativi per l’apprendistato
in Regione Piemonte ...................................................................................................... 21
1.4.6 Il Decreto Legislativo 167/2011 - Testo Unico dell’apprendistato e la sua applicazione in
Piemonte ....................................................................................................................... 26
2. Confronto tra i modelli lombardi, piemontesi e svizzero di gestione della formazione in
impresa. .............................................................................................................................. 27
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ATTIVITA’ 1.3
Analisi dei modelli di gestione della formazione in impresa adottati dai tre differenti sistemi (svizzero,
piemontese e lombardo) attraverso l’animazione di focus group rivolti agli enti di formazione partecipanti al
progetto, al fine di estrapolarne buone prassi e individuare fattori di miglioramento
1.
Analisi dei modelli di gestione della formazione
in impresa: contenuti, metodologie e
certificazione delle competenze
1.1
L’esperienza svizzera
In Svizzera la formazione professionale rappresenta la via maggiormente scelta dai giovani che
hanno concluso la scuola dell’obbligo. La percentuale di ragazzi e ragazze che fanno questa scelta
rappresenta il 70% del totale. A tutt’oggi sono circa 240.000 gli apprendisti suddivisi nelle diverse
professioni. Nel Cantone Ticino sono circa 9.000 gli apprendisti suddivisi in 120 professioni. Le
aziende autorizzate in Ticino a formare gli apprendisti sono indicativamente 5.000 (su un tessuto
economico di 20.000 realtà aziendali).
Le professioni maggiormente scelte dagli apprendisti ticinesi sono:
-
impiegato/a di commercio
-
impiegato/assistente del commercio al dettaglio
-
cuoco
-
meccanico di manutenzione per automobili,
-
installatore elettricista
-
muratore
-
assistente di farmacia
-
impiegato in logistica
-
installatore di impianti sanitari
-
giardiniere
-
polimeccanico.
Nelle formazioni a tirocinio in azienda è interessante notare la netta ripartizione di genere nei vari
settori professionali: il settore commerciale è scelto dal 40% dei maschi e dal 60% delle ragazze; il
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settore artigianale, industriale, agrario e artistico è scelto dall'87.5% dei maschi e solo dal 12.5%
delle ragazze; la situazione è completamente capovolta nel settore paramedico-sociale, dove i
maschi sono il 4%, contro il 96% delle ragazze.
In merito alle scelte effettuate dai giovani che hanno terminato l'obbligo a giugno 2012, il dettaglio
è il seguente: il 39.9% si è iscritto alle scuole medie superiori pubbliche e private (42% nel 2011);
il 21.2% a scuole professionali a tempo pieno (22%); il 24.6% ha iniziato un tirocinio (24%) e la
piccola percentuale restante ha fatto altre scelte.
Grazie alle soluzioni formative scelte, la Svizzera oggi può già vantare un tasso superiore al 90% di
persone che hanno concluso un percorso formativo con, al minimo, un titolo di studio del
secondario II.
La Confederazione, i Cantoni e le organizzazioni del mondo del lavoro contribuiscono al
finanziamento della formazione professionale. La formazione professionale superiore e quella
continua sono lasciate principalmente all’iniziativa delle aziende e dei studenti, che si assumono
anche gran parte del suo finanziamento.
Finanziamento pubblico
Nel 2011 lo Stato ha contribuito alla formazione professionale con circa 3,5 miliardi di franchi. I
Cantoni, organi esecutivi per la formazione professionale, contribuiscono per oltre tre quarti al
finanziamento. La quota della Confederazione per questo comparto del sistema educativo
ammonta a circa un quarto dei contributi pubblici. Il dieci per cento dei fondi federali è destinato a
progetti di sviluppo e prestazioni particolari di interesse pubblico.
Organizzazioni del mondo del lavoro
Con le loro attività, anche le associazioni professionali e le organizzazioni di settore contribuiscono
al finanziamento: svolgono attività preliminari, gestiscono istituti di formazione propri e
pubblicizzano le loro professioni. Complessivamente, per le imprese è conveniente partecipare alla
formazione professionale. Stando a uno studio condotto nel 2009, a fronte di una spesa lorda per
la formazione di 5,3 miliardi di franchi le prestazioni produttive delle persone in formazione hanno
raggiunto il valore di 5,8 miliardi di franchi.
Fondi a favore della formazione professionale
Con i fondi per la formazione professionale previsti dalla legislazione in materia, tutte le aziende
sono chiamate a fornire un adeguato contributo alle spese. I contributi provengono dalle aziende
appartenenti ad un stesso ramo professionale e sono impiegati per la promozione della formazione
professionale (sviluppo di offerte formative, organizzazione di corsi e di procedure di qualificazione,
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attività promozionali per le professioni, ecc.). Su richiesta, la Confederazione può dichiarare
l’obbligatorietà generale di un fondo per la formazione professionale.
In questo senso il Cantone Ticino ha istituito il Fondo cantonale per la formazione professionale
con un prelievo corrispondente allo 0.9/oo della massa salariale di ogni azienda attiva sul territorio
cantonale.
Molti studi effettuati sulla base di dati forniti dalle aziende testimoniano che la formazione degli
apprendisti comporta per le aziende stesse dei benefici. Secondo, infatti, dati raccolti da Strupler e
Wolter nel 2009 le prestazioni produttive degli apprendisti sono stati complessivamente
corrispondenti a 5,8 Mia di franchi, mentre i costi lordi di formazione sono risultati pari a 5,3 Mia di
franchi, con un beneficio netto complessivo di 0,5 Mia franchi.
1.2
L’esperienza lombarda
Il contratto di apprendistato professionalizzante sancisce la responsabilità dell’azienda nella
gestione e realizzazione della formazione all’apprendista, attraverso la pianificazione della
formazione interna all’impresa e la garanzia della regolare partecipazione dell’apprendista alle
attività formative esterne.
A questo proposito, l’art. 2 comma 1 del D.Lgs. 167/2011 prescrive che il contratto di
apprendistato professionalizzante contenga, quale parte integrante, un Piano Formativo Individuale
(PFI) sottoscritto dall’apprendista entro 30 giorni dall’assunzione e conservato dall’azienda insieme
al contratto di lavoro.
Il PFI contiene al suo interno un progetto formativo, stilato singolarmente per ogni apprendista,
che definisce – per tutta la durata del rapporto di lavoro – gli obiettivi formativi da perseguire,
l’articolazione generale dei contenuti e le modalità attraverso cui verrà erogata la formazione al
fine del conseguimento della qualifica di riferimento ai fini contrattuali.
In fase di redazione del PFI, l’azienda deve, dunque, conoscere e declinare i seguenti aspetti:

la qualifica da conseguire ai fini contrattuali, relativa alla figura professionale di riferimento;
questa è definita dai sistemi di classificazione dei CCNL a cui il percorso formativo
dell’apprendista fa riferimento in termini di competenze da conseguire;

la durata, i contenuti e le modalità di realizzazione della formazione formale per
l’acquisizione delle competenze tecnico-professionalizzanti, secondo quanto previsto dai
CCNL (o in via generale dagli accordi interconfederali), per la figura professionale di
destinazione del contratto di apprendistato;

la durata, i contenuti e la modalità di realizzazione della formazione formale per
l’acquisizione di competenze di base e trasversali secondo quanto previsto dagli standard
formativi minimi definiti dalla Regione Lombardia (QRSP);
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
la figura del tutor/formatore aziendale quale punto di riferimento dell’apprendista all’interno
del contesto aziendale e facilitatore dei rapporti con gli enti di formazione, a cui è
eventualmente demandata la formazione di base e trasversale. Il formatore aziendale
accompagna l’apprendista lungo tutto il percorso formativo previsto nel contratto di
apprendistato, trasmette le competenze necessarie all’esercizio delle attività lavorative e
presidia la realizzazione della attività formative previste nel PFI. A seguito delle abrogazioni
contenute nel Testo Unico spetta alla contrattazione collettiva definire i requisiti necessari
per svolgere tale funzione; ad oggi la maggior parte degli accordi interconfederali
intervenuti a disciplinare la figura fanno riferimento a due criteri: l’inserimento
nell’organizzazione dell’impresa e il possesso di un’adeguata professionalità.
Laddove la contrattazione collettiva ha definito moduli o formulari per la predisposizione del PFI,
l’azienda è tenuta ad utilizzare tali modelli. In ogni caso, al di là delle specificità previste, un
modello di PFI prevede:

una prima parte contenente i dati dell’azienda, del tutor aziendale e dell’apprendista,
contenenti tutte le informazioni relative al suo passato professionale e formativo;

una seconda parte dedicata alla definizione del percorso formativo che dovrà svolgere
l’apprendista nell’arco della durata del contratto. Tale programmazione viene effettuata
tenendo conto dei seguenti aspetti:

figura professionale da conseguire ai fini contrattuali e durata del contratto di
apprendistato;

contenuti e obiettivi formativi: a ogni qualifica professionale è correlata una
descrizione di contenuti/obiettivi formativi tra i quali l’azienda deve individuare quali
saranno oggetto della formazione nell’intero periodo di apprendistato. Nella
compilazione si consiglia al tutor aziendale di confrontarsi con l’apprendista per
renderlo consapevole del percorso che dovrà seguire;

modalità formativa: a seconda delle caratteristiche dell’azienda, la formazione potrà
essere erogata internamente, demandata all’esterno o svolta in maniera integrata tra
l’azienda e enti esterni;
Nella definizione della durata del contratto di apprendistato e riguardo all’articolazione dei
contenuti formativi, è opportuno partire dalla esperienze effettuate dall’apprendista e dalle
competenze già in suo possesso.
Il Piano Formativo Individuale è modificabile in qualsiasi momento: le eventuali variazioni
apportate dovranno essere concordate con l’apprendista e registrate in una versione aggiornata
del PFI da conservare in azienda e da gestire come un PFI nuovo.
Per quanto riguarda la formalizzazione della formazione, il Testo Unico riconosce alla
contrattazione collettiva la possibilità di individuare schede e modelli per l’attestazione della
formazione effettuata.
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Il Piano Formativo Individuale di dettaglio, a tale proposito, è un modello utile all’azienda per
definire in maniera chiara e dettagliata i contenuti della formazione svolta sul posto di lavoro,
l’articolazione delle attività per tutta la durata del contratto di apprendistato e la formalizzazione
delle stesse all’interno del registro formativo.
ESEMPIO DI PIANO FORMATIVO INDIVIDUALE PER APPRENDISTI
Piano formativo individuale relativo all’assunzione, in qualità di apprendista,
del/la sig./ra __________________________________________________
A. Dati relativi al datore di lavoro
Denominazione datore di lavoro ____________________________________________________________
Codice fiscale / partita iva _________________________________________________________________
Indirizzo della sede legale _________________________________________________________________
Indirizzo dell’unità operativa interessata ______________________________________________________
Recapito telefonico/fax/e-mail ______________________________________________________________
Attività ________________________________________________________________________________
Contratto utilizzato ______________________________________________________________________
B. Dati relativi all’apprendista
Nome e cognome _______________________________________________________________________
Codice fiscale __________________________________________________________________________
Data e luogo di nascita ___________________________________________________________________
Residenza _____________________________________________________________________________
Recapito telefonico/fax/e-mail ______________________________________________________________
Cittadinanza ____________________________________________________________________________
Scadenza del permesso di soggiorno (nel caso di stranieri) __________________________________________
Centro per l’impiego di riferimento ai sensi del D.Lgs 297/2002 ____________________________________
C. Dati relativi alle esperienze formative e di lavoro

Titoli di studio posseduti ed eventuali percorsi di istruzione non conclusi ________________________
______________________________________________________________________________________

Esperienze lavorative _________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________

Eventuali periodi di apprendistato svolti dal ______ al _____

Formazione extra scolastica compresa quella svolta in apprendistato
a) _____________________________________________________________________________
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b) _____________________________________________________________________________
c) _____________________________________________________________________________
d) _____________________________________________________________________________

Eventuale possesso di una qualifica professionale (specificare quale) ____________________________
___________________________________________________________________________________________
Il presente piano formativo individuale ha lo scopo di far conseguire all’apprendista una qualificazione
attraverso una formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base e trasversali (funzionali alla
qualifica da conseguire) e tecnico-professionali.
D. Aspetti normativi

Qualifica da conseguire __________________________ (in base a quanto previsto dal contratto collettivo applicato)

Qualifica del SRQ (Sistema Regionale di Qualifica) assunta a riferimento quale esito del percorso formativo
_____________________________________________

Durata ___________ (Definita dalla contrattazione collettiva e comunque non inferiore da 2 anni e non superiore a 6 anni)

Orario di lavoro (a tempo pieno)

Orario di lavoro (a tempo parziale – specificare la dislocazione oraria) ________________________________________

Livello di inquadramento iniziale ____________
(Non potrà essere inferiore per più di due livelli rispetto alla categoria che, secondo il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato,
spetta ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è
preordinata l’assunzione. Il contratto collettivo può definire condizioni di miglior favore)

Livello finale di inquadramento _____________
E. Tutor

Tutor aziendale

Codice fiscale _______________________________________________________________________

Livello di inquadramento (se dipendente) ___________________________________________________

Anni di esperienza ____________________
(1)
Sig./Sig.ra ________________________________________________________
(1)
(Precisare se si tratta del titolare, di un socio o di un familiare coadiuvante, in quanto nelle imprese con meno di 15 dipendenti
e nelle imprese artigiane le funzioni di tutore possono essere svolte anche dai soggetti sopraindicati)
F. contenuti formativi
1. Competenze trasversali (in ragione delle caratteristiche dell’apprendista, sono possibili interventi diretti all’acquisizione di
competenze di carattere trasversale anche se questo non è previsto dal contratto collettivo)
a)
b)
c)
d) _____________________________________________________________________________
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2. Competenze tecnico-professionali
a) _____________________________________________________________________________
b) _____________________________________________________________________________
c) _____________________________________________________________________________
d) _____________________________________________________________________________
3. Modalità di erogazione e di articolazione della formazione _____________________________________
______________________________________________________________________________________
_______________________________ (Secondo quanto previsto dall’articolo 49 comma 5 lettera b) del DLGS 276/2003)
Il piano è stato definito in base a quanto previsto dal DLGS 276/2003, dalle direttive regionali e dal contratto collettivo
applicato dall’azienda.
Fermo restando il profilo e la qualifica professionale da conseguire, il presente piano potrà essere aggiornato in
relazione alle fonti sopra citate e all’evoluzione, tecnologica, organizzativa e produttiva dell’impresa.
L’impresa
________________________
L’apprendista
________________________
Il Registro formativo, invece, è un vero e proprio registro sul quale formalizzare i momenti dedicati
alla formazione in apprendistato; ciascuna attività viene dunque annotata indicando giorno, durata
della formazione e attività effettivamente svolte. La descrizione di ogni momento formativo viene
poi firmata dall’apprendista e dal formatore aziendale.
Nel caso tale formazione faccia parte di percorsi strutturati dall’azienda (ad esempio, formazione
per la sicurezza) che prevedono modalità di registrazione della partecipazione differenti, anche per
l’apprendista si utilizzano tali strumenti, conservandone una copia in azienda da aggiungere al
registro delle attività formative in apprendistato.
ESEMPIO MODELLO DI REGISTRO STAGE
Periodo / data
Oggetto
Istruttore / docente
Interna / esterna
Firma apprendista
La certificazione delle competenze
La contrattazione collettiva nazionale fornisce, in alcuni casi, esempi di modelli per la certificazione
della formazione formale realizzata in azienda.
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ESEMPIO MODELLO PER LA CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE NELLA FORMAZIONE FORMALE IN AZIENDA.
“Certificazione delle competenze
nella formazione formale realizzata in azienda”
Nome azienda ____________________________________________________________________________________________________________________________
Partita IVA
|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|
Telefono ____________________________
C.F.
Fax ______________________________
|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|__|
Mail ___________________________________________________________
Cognome e nome legale rappresentante _________________________________________________________________________________________________________
Cognome e nome del tutore aziendale ______________________________________________________________________
Cognome e nome apprendista ________________________________________________________________________________________________________________
Titolo Modulo
2° anno |__|
Progettazione
aziendale
1° anno |__|
Ripreso da
catalogo
Anno formativo
|__|
|
|__|
|__|
|
|__|
|__|
|
|__|
|__|
|
|__|
3° anno |__|
4° anno |__|
5° anno |__|
Prestazione attesa al termine del Modulo
Ore
6° anno |__|
Raggiunta
SI | NO
Il sottoscritto tutore aziendale dichiara che sono state acquisite le competenze indicate da ogni singolo Modulo su riportato.
Tale valutazione è stata effettuata nel rispetto dello standard produttivo stabilito dall’azienda e delle eventuali norme tecniche (ISO___, ecc.).
Luogo e data ___________________________________________________________
Firma del legale rappresentante (se diverso dal tutore)
Firma tutore
______________________________________________
_______________________________________
Firma Apprendista (per consegna)
____________________________________
L’art. 2 comma 1 del D.Lsg. 167/2011 prevede la possibilità di riconoscere, al termine del
contratto, sulla base dei risultati conseguiti alla fine del periodo di formazione, la qualifica
professionale ai fini contrattuali.
La qualifica professionale acquisita ai fini contrattuali deve essere registrata sul Libretto formativo
(ad oggi non ancora operativo) del cittadino. Tale registrazione è di competenza del datore di
lavoro.
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La certificazione delle competenze acquisite, invece, è un atto pubblico il cui rilascio è attribuito a
soggetti accreditati, pubblici o privati, individuati dalla Regione Lombardia alla quale è riservata la
potestà legislativa su tale materia. È, quindi, facoltà del singolo apprendista richiedere la
certificazione di tali competenze:

agli operatori accreditati per la formazione;

agli operatori per i servizi al lavoro, ovvero ad enti bilaterali accreditati ai servizi al lavoro
nel caso in cui la formazione sia stata svolta dall’impresa.
1.3 L’esperienza della Provincia di Bolzano (sperimentazione e buone
prassi)
La sperimentazione MISLA
MISLA è l’acronimo “Modelli
per l’integrazione scuola lavoro
nell’apprendistato”: progetto
sperimentale
avviato
nel
settore del commercio.
Il progetto ha coinvolto i
docenti, gli apprendisti del 1°
anno per il profilo di Commessi
di Vendita e Magazzinieri, e i
loro tutor/datori di lavoro.
La ratio alla base del progetto sperimentale MISLA è quella di migliorare l’intervento e l’incidenza
della Formazione Professionale all’interno del percorso di apprendistato. Il progetto è stato messo
a punto tenendo conto dell’esperienza accumulata negli anni sulle specificità e sulle esigenze
dell’utenza, come anche delle criticità evidenziate dalle aziende che assumono in apprendistato. Al
tempo stesso, il tentativo è stato quello di integrare il contesto normativo generale con un
approccio che tenesse in considerazione i recenti sviluppi del contesto sociale e le tendenze in atto
nel mercato.
Il progetto MISLA (come anche “Strumenti di formazione per l’apprendistato”) ha introdotto un
percorso formativo - pilota all’interno dei corsi della Scuola Professionale Commercio, Turismo e
Servizi “L. Einaudi” (Formazione Professionale in lingua italiana - Ripartizione 21) che si conclude,
dopo il triennio, con un esame di qualifica.
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L’obiettivo è quello di progettare e sperimentare un modello in apprendistato caratterizzato dai
seguenti aspetti:



Elaborazione di percorsi formativi integrati e/o individualizzati, con l’individuazioni di
soluzioni differenziati per garantire pari opportunità e favorire gli allievi meritevoli;
Adozione del modello delle “Unità Formative Capitalizzabili”, per creare un legame concreto
e diretto con il sistema dell’istruzione (con la possibilità di sostenere l’esame di diploma al
termine del periodo di formazione scolastico) alla Formazione Tecnica Superiore e delle
qualifiche post-secondarie;
Certificazione delle competenze (acquisite nella formazione sia extra aziendale aziendale) in
base ad un sistema strutturato di verifica e al riconoscimento dei crediti formativi all’interno
di percorsi definiti.
Al termine del periodo di formazione triennale, vi è la possibilità di conseguire la certificazione per
“Assistenti Professionali di Vendita” rilasciato dal CEPAS (Organismo di Certificazione delle
Professionalità e della Formazione).
Gli obiettivi del percorso formativo sono:
l'elaborazione degli strumenti di valutazione e
monitoraggio delle competenze acquisite sia
presso la Scuola Professionale, sia presso
l'azienda datrice di lavoro; l'identificazione di
metodologie didattiche attive ed innovative; la
predisposizione
di
materiali
didattici;
l'allineamento dei programmi all'interno del
sistema dell'istruzione e della formazione
professionale (cosiddette “passerelle”).
Campionato dei mestieri
La Fiera della Formazione – Alto Adige, “FUTURUM
offre ogni anno una panoramica sull’ampia offerta
formativa sul territorio Altoatesino. Nell’ambito
della Fiera della Formazione ha luogo, inoltre, il
“Campionato dei mestieri”, con apprendisti nei
settori
quali:
artigianato,
giardinaggio
e
gastronomia.
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Nell’edizione 2013 del Campionato, il Team Italy, composto da 14 apprendisti altoatesini, ha
ottenuto cinque medaglie (un oro, due argenti e due bronzi) e quattro diplomi d’eccellenza, ben
esprimendo il livello di qualità locale nei settori dell’artigianato, dell’industria e dei servizi.
Intervista a Cäcilia Baumgartner
Cäcilia
Baumgartner
è
Direttrice
dell'Ufficio
provinciale
di
Bolzano
sull’Apprendistato e Maestro Artigiano. L’intervista alla dott.ssa Baumgartner
nasce dalla necessità di approfondire la tematica dell’apprendistato in
Provincia di Bolzano. Il funzionamento del sistema normativo e attuativo della
Provincia Autonoma relativamente all’apprendistato di I livello, che ricalca il
modello duale tedesco, è caratterizzato dalla contestuale frequentazione di
scuole professionali e apprendimento on the job nell’ambito dello stesso
percorso di apprendistato.
L’intervista con la dott.ssa Cäcilia Baumgartner si è svolta il 18 ottobre 2013.
In quest’occasione sono state approfondite alcune tematiche relative al “Testo Unico”
sull’apprendistato. Inizialmente, l’Italia ha preso come riferimento il modello austriaco. Prima del
1955 l’apprendistato di fatto coincideva con l’attività lavorativa del giovane in azienda. Solo più
tardi, è stato introdotto il sistema duale, dove la frequenza di corsi di formazione presso scuole
professionali è divenuta obbligatoria. Con il Testo Unico, si è affermato in modo più deciso
l’orientamento per l’adozione di un modello di apprendistato più simile a quello tedesco.
L’apprendistato porta con una visione diversa rispetto ai percorsi tradizionali seguiti in Italia che
vedono una netta separazione temporale fra scuola, formazione e lavoro. Come spiega la dott.ssa
Baumgartner, l’apprendistato porta ad una qualifica ben definita, grazie al sistema duale che
alterna formazione formale in aula e formazione “on the job” e lavoro in azienda: proprio per
questo motivo, si definisce l’apprendistato come un contratto “a causa mista”. In questo contesto,
assumono un ruolo essenziale l’impresa e il datore di lavoro, che sono i soggetti in grado di
valorizzare le capacità e potenzialità del giovane apprendista.
La dott.ssa Baumgartner ha commentato gli esiti dei percorsi in apprendistato, prendendo spunto
dallo schema che segue.
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Con un percorso triennale in apprendistato, i giovani conseguono una qualifica, mentre al quarto
anno, dopo aver sostenuto l’esame finale di apprendistato, conseguono il diploma professionale. A
seguito dell’esame di apprendistato, vi è la possibilità di accedere al quinto anno della scuola
professionale per poter conseguire anche il diploma statale. Grazie a queste “passerelle” (che
prevedono un esame di ammissione), il giovane può accedere alla formazione professionale a
tempo pieno dopo la qualifica (terzo anno) oppure dopo aver conseguito il diploma professionale
(quarto anno).
E’ evidente, commenta la dott.ssa Baumgartner, che per un giovane che ha frequentato un
percorso in apprendistato è molto difficile entrare al quinto anno di una scuola professionale a
tempo pieno e riuscire a superare con profitto gli esami di maturità, visto l’approccio della
formazione legata all’apprendistato che è più specifica e non approfondisce le materie di cultura
generale. Un altro problema da non sottovalutare consiste nel fatto che molti giovani che
concludono la scuola media, anche se interessati a percorsi in apprendistato, non hanno ancora
l’età per accedervi (in media hanno 14 anni, mentre l’età minima per poter accedere a questi
percorsi di qualifica o diploma è di 15 anni) e si vedono, quindi, costretti a frequentare ancora un
anno scolastico a tempo pieno. Questo “sfasamento temporale”, tuttavia, crea in seguito problemi
di inserimento dei giovani, che, quando raggiungono i requisiti per essere inseriti come
apprendisti, spesso non trovano più aziende interessate ad assumerli. Si tratta di un dato rilevante,
che va ad evidenziare anche l’attuale situazione delle aziende sul territorio, che, a fronte del
periodo di crisi, decidono di assumere un apprendista solo se sono certe che, nel lungo periodo,
tale figura professionale sarà effettivamente necessaria per l’azienda. Va da sé che la situazione di
incertezza porta a prediligere la contrattualizzazione di personale adulto, che l’azienda può valutare
se mantenere o meno già nel breve termine.
Per quanto riguarda la figura del tutor, come afferma la dott.ssa Baumgartner si tratta di una
figura ancora poco valorizzata e, forse, sottovalutata. Infatti, il tutor è un punto di riferimento
molto importante per il giovane e per l’azienda stessa e dev’essere in possesso di specifiche
competenze, utili all’affiancamento dell’apprendista sia nell’attività lavorativa sia nella fase
formativa.
Secondo la dott.ssa Baumgartner, la scuola professionale a tempo pieno “distrugge
l’apprendistato”. In questo senso, la Germania rappresenta un punto di eccellenza rispetto
all’Italia. Infatti, nel contesto tedesco, le associazioni di categoria prediligono l’esperienza
formativa on-the-job alla frequenza della formazione frontale a tempo pieno, poiché aiuta
maggiormente i giovani nell’inserimento nel mondo del lavoro e trasmette a loro le competenze
tecniche favorendo, allo stesso tempo, lo sviluppo degli aspetti relazionali sul luogo di lavoro: non
a caso, in Germania l’esame di fine apprendistato ha più valore rispetto alla formazione a tempo
pieno.
La dott.ssa Baumgartner fornisce un ulteriore spunto per quanto concerne l’apprendistato
professionalizzante, sottolineando come rappresenti un istituto concorrenziale rispetto
all’apprendistato di I livello.
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Infine, la dott.ssa Baumgartner informa dei futuri orientamenti per sviluppare al meglio il modello
dell’apprendistato. A suo parere, poiché spesso per il giovane è difficile scegliere il percorso giusto
al termine della scuola secondaria inferiore, il passo necessario è prevedere un primo anno di
scuola definito di “orientamento” e un primo anno (e questa prospettiva pare andrà presto a
consolidarsi) rivolto ai giovani per consentire loro di crescere e acquisire gli strumenti utili, anche
in termini di consapevolezza di sé, per scegliere il percorso formativo/lavorativo ritenuto più
consono. Ciò che si sta attuando è un progetto finanziato dal Fondo Sociale Europeo per andare a
formare degli operatori sociali, che possano svolgere la loro attività nelle scuole e fungere da
“mentori” per i ragazzi, seguendoli individualmente. Questo aspetto va sicuramente ad aumentare
le possibilità di riuscita del ragazzo, che identifica, insieme al suo tutor/mentore, gli obiettivi da
raggiungere.
1.4
L’esperienza piemontese
1.4.1 L’apprendistato in Piemonte
In Piemonte, come nel resto d’Italia, l’avviamento di giovani al lavoro attraverso il contratto di
apprendistato, è stato istituito con la Legge 25 del 1955. Si trattava di un contratto “a causa mista”
in cui erano previsti non solo i contenuti del rapporto di lavoro, ma anche indicate le finalità
formative che dovevano realizzarsi all’interno dell’impresa attraverso un processo di
apprendimento in affiancamento a operai esperti e all’esterno attraverso “corsi di insegnamento
complementare”.
Già questa prima regolamentazione dell’istituto tendeva a valorizzare l’azienda, anche se in termini
prescrittivi, come luogo principale della formazione in apprendistato. Infatti l’articolo 11 prevedeva
che il datore di lavoro avesse il dovere “di impartire e di far impartire nella sua impresa
all'apprendista alle sue dipendenze l'insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità
per diventare lavoratore qualificato”.
Con lo sviluppo della grande industria e il progressivo ampliamento del numero di giovani che
accede al sistema scolastico questa tipologia di contratto si limita ad essere applicata all’artigianato
e alle piccole imprese e diventa sempre più residuale con l’introduzione, nel 1984, del contratto di
formazione-lavoro. Negli anni novanta, grazie a una maggiore sensibilità per il tema della
formazione e alla constatazione che, in Europa, l’apprendistato rappresenta una delle modalità
principali per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, esso è riproposto in una versione più
attenta allo sviluppo di un legame più saldo tra lavoro e formazione. Infatti la Legge 196 del 1997
(“legge Treu”) riforma il settore dell’apprendistato. Anche questa disposizione normativa pone
principalmente l’accento sui contenuti formativi di questo dispositivo - 120 ore annue per i
maggiorenni e 240 per i minorenni. Gli argomenti del percorso sono in parte di carattere
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trasversale mentre i contenuti di carattere professionale, tecnico, scientifico e le competenze da
acquisire mediante l’esperienza di lavoro in azienda sono determinati dalla specifica figura
professionale e dai diversi processi di lavorazione cui fa riferimento il settore aziendale. Per quanto
riguarda la formazione in impresa, attraverso un decreto ministeriale del 2000 viene introdotta la
figura del tutor aziendale che, nel periodo di permanenza dell’apprendista in azienda, ha la
funzione di trasmettere le competenze necessarie all’esercizio dell’attività lavorativa e di raccordare
le iniziative formative esterne e la formazione sul luogo di lavoro. La definizione della figura del
tutor e del suo ruolo rappresentano dei passi in avanti nella valorizzazione dell’impresa come
soggetto formativo.
1.4.2 La Legge TREU e l’avvio delle attività formative per apprendisti in Piemonte
A seguito dell’introduzione della nuova legge, la Regione Piemonte, insieme alle Parti Sociali, avvia
nel 1999 tre linee di sperimentazione finalizzate al rilancio dell’apprendistato e in particolare delle
attività formative obbligatorie attraverso fondi provenienti dal Ministero del Lavoro nei settori del
turismo, edile e metalmeccanico (ca. 800 apprendisti), di intese nazionali tra le parti sociali per
progetti nell’artigianato e P.M.I, nel settore tessile-abbigliamento (ca.1100 apprendisti) e con
risorse rese disponibili dal programma operativo del Parco Progetti nei settori artigianato e terziario
(ca.300 apprendisti). In totale sono stati investiti in Regione Piemonte oltre 5,5 MD per
l’attivazione di 164 corsi che hanno coinvolto 2200 apprendisti: in Provincia di Novara sono stati
attivati 14 corsi e coinvolti 178 apprendisti. La fase sperimentale prevista dalla Legge 196 termina
con il D.M 302/99 che richiede alle Regioni di attivarsi per la presentazione di un piano di attività
formative rivolto agli apprendisti predisposto di concerto con le Parti Sociali.
Alla Regione Piemonte sono state assegnate risorse per quasi 18 miliardi, di cui circa 9,5 finalizzati
a nuove iniziative formative. La Regione Piemonte ha recepito il Decreto 302/99 emanando la
“Direttiva 2000 – Attività formative per apprendisti”.
A questo punto le Province provvedono alla redazione di un catalogo dell’Offerta Formativa,
compilato in base alle disponibilità all’attuazione di corsi di formazione, presentato dal sistema
della formazione professionale. Questa disponibilità delle agenzie formative è correlata dagli uffici
provinciali con la Domanda Formativa desunta dalla banca dati regionale degli apprendisti e
comunicata alle imprese di appartenenza degli stessi, tenendo in considerazione la dislocazione
territoriale, tale da agevolare la frequenza, e il settore di attività dell’apprendista. Le discriminanti
per l’avvio in formazione sono determinate dalla data e anzianità di assunzione, ma in particolare
dalla fascia di appartenenza: infatti sono privilegiati gli apprendisti di età compresa fra i 16 e 18
anni (fascia 1). Vengono dunque organizzati, per la stragrande maggioranza, corsi di 240 ore rivolti
a giovani in obbligo scolastico.
La Direttiva 2001/2002 modifica in alcuni punti quella precedente. L’impresa deve scegliere, entro
30 giorni dall’assunzione, l’agenzia all’interno del Catalogo Provinciale, la quale formerà gruppi
classe omogenei ed erogherà la formazione. Le risorse a disposizione del sistema vengono quasi
raddoppiate.
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La direttiva 2002-2003 introduce una grossa novità per quanto riguarda la tipologia delle azioni
formative rivolte ad apprendisti. L’esperienza degli anni precedenti, relativa alla composizione delle
classi di apprendisti, aveva evidenziato il manifestarsi di difficoltà dovute all’inserimento nelle
stesse di allievi con caratteristiche non omogenee, per titolo di studio o funzioni professionali. Per
ovviare a questa criticità accanto al cosiddetto “corso strutturato”, rivolto a gruppi di allievi con
caratteristiche omogenee per fasce (fascia 1,2,3) e per tipologia di funzioni professionali, viene
introdotto ora il “progetto formativo”. Questa modalità di azione formativa, rivolta a quegli
apprendisti per i quali risulta difficile l’inserimento in corsi strutturati in una delle aree individuate
per la loro realizzazione, è caratterizzata dalla flessibilità dei percorsi formativi che, secondo
quanto previsto dal Bando, “si compongono mediante un’offerta modulare ampia che consentirà la
massima personalizzazione” degli stessi. L’agenzia deve dunque far riferimento ad una delle aree
di attività previste ed elaborare, in collaborazione con l’apprendista e l’azienda di appartenenza
dello stesso, nella persona del tutore aziendale, un progetto formativo individuale nel quale sia
esplicitato il percorso professionalizzante che si realizzerà attraverso la frequenza dell’apprendista
a particolari moduli relativi alle competenze di base e trasversali e moduli professionalizzanti
relativi alle competenze base di ogni settore. Inoltre sempre più rilievo viene riservato alla
formazione della figura del tutore aziendale realizzata dall’Agenzia formativa, che diviene anche
importante momento di confronto fra la formazione esterna e quella fornita dall’azienda
all’apprendista all’interno del proprio ciclo di produzione di beni o servizi. Questo ruolo è però
limitato dal fatto che la formazione interna all’azienda è erogata attraverso un processo che non
viene formalizzato e che non prevede strumenti di monitoraggio delle competenze apprese e la
valutazione delle stesse.
1.4.3 Le ricerche sull’erogazione della formazione per apprendisti in Provincia di
Novara
Per valutare l’applicazione di questa prima fase di erogazione delle attività formative e del loro
impatto sull’insieme degli attori che concorrono a definire il sistema dell’ apprendistato, nel 2003 la
Provincia di Novara, a seguito dell’espletamento di un bando pubblico, affida all’AFT IAL Piemonte
di Novara, ora FILOS, una ricerca sul tema. La stessa Agenzia ottiene un analogo incarico nell’anno
2005 che si concretizza con la presentazione di un report alla fine del 2007. I due documenti, pur
analizzando il fenomeno limitatamente al territorio della provincia di Novara, rappresentano uno
spaccato del fenomeno dell’apprendistato realizzato attraverso un’indagine quali quantitativa che
ha sicuramente un valore più ampio e che può essere assunto come uno specchio in cui gli attori
del sistema si riflettono ad un livello più ampio.
Le due ricerche hanno analizzato il fenomeno dal punto di vista qualitativo attraverso la
realizzazione di questionari strutturati rivolti sia agli apprendisti in formazione che alle imprese.
Riferendoci alla ricerca più recente, un apposito questionario è stato somministrato a 471 giovani
che rappresentavano, la totalità degli apprendisti in formazione nel periodo considerato. L’obiettivo
del questionario, oltre alla verifica dei dati elementari degli apprendisti, è stato quello di valutare la
formazione erogata sia all’esterno che all’interno dell’impresa. In merito all’utilità del percorso
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formativo esterno, solo 156 apprendisti hanno attribuito ad essa un punteggio positivo o
parzialmente positivo. La consistenza dei giudizi negativi è stata molto elevata e ha raggiunto le
156 unità. Da notare che ben 163 apprendisti, non esprimono un giudizio netto. Una parte del
questionario distribuito agli apprendisti era dedicata ad esplorare, sia pure in prima
approssimazione, le modalità con le quali avveniva l’apprendimento, nel questionario venivano
proposti due ambiti differenziati: l’azienda e l’aula. In questo caso si è proceduto a classificare le
92 risposte pervenute per gruppi dal contenuto omogeneo. Nel primo si collocano 15 allievi che
hanno espresso opinioni genericamente negative, esse consistono nel giudicare il corso noioso,
ripetitivo, esplicitamente “un doppione delle cose imparate a scuola”, un’ esperienza che viene
rifiutata perché “…sul lavoro si impara di più”. Negative anche le impressioni di un successivo
gruppo di 24 rispondenti i quali lamentano che i contenuti del proprio lavoro non siano stati trattati
per niente o non a sufficienza, con espressioni del tipo “i corsi devono essere piu' specifici per il
lavoro svolto” oppure “ritengo il corso abbastanza utile, ma penso che dovrebbe essere diviso in
base al lavoro che si svolge”. Variegato anche il gruppo, questa volta maggioritario, composto da
53 apprendisti che si esprimono in termini positivi. Le opinioni di questi ultimi vanno dal tono
entusiastico di chi dichiara semplicemente “ottimo il corso” a chi porta motivazioni quali “secondo
me serve a stare e collaborare in gruppo” oppure semplicemente “interessante” e/o “utile al mio
lavoro per via delle materie trattate”. All’interno di coloro che si esprimono positivamente un
piccolo gruppo di 9 apprendisti si caratterizza per l’aspetto propositivo delle risposte, i suoi
componenti ritengono ad esempio che sarebbe necessario “fare test ingresso per i diversi livelli di
apprendistato” e “cercare di far approfondire all' allievo i propri interessi anche se sono in
contrasto con le mansioni svolte” evitando di “concentrare eccessivamente le ore di certe materie”
e/o “evitare i periodi dell’anno coincidenti con i saldi”.
Per completare il quadro sono stati sentiti responsabili di aziende e tutor di apprendisti.
Ammontavano a 132 le imprese appartenenti ai settori dell’edilizia, metalmeccanico, commercio,
pubblici esercizi, estetiste-parrucchiere, studi professionali e attività impiantistiche che avevano
fornito risposte valide al questionario proposto; il questionario intendeva verificare, oltre alla
copertura territoriale e le caratteristiche generali delle imprese del campione, ma in particolare le
aspettative, la percezione e le convinzioni degli imprenditori nei confronti degli apprendisti. Queste
ultime indagate mediante una batteria di domande, hanno evidenziato l’importanza attribuita dalle
aziende al “raggiungimento dell’autonomia operativa” e lo sviluppo del processo di apprendimento
sul luogo di lavoro con l’obiettivo finale dell’autonomia appare il motivo dominante per il quale si è
attivata il contratto di apprendistato. In particolare le domande sul motivo della scelta di questa
tipologia contrattuale mettono in evidenza in modo prevalente il vantaggio legato ai benefici
contributivi, ma per oltre il 50% delle risposte accoppiato alla possibilità di formare i giovani
all’interno dell’azienda.
Da parte delle aziende erano comunque emerse criticità che riguardavano in generale il rapporto
tra il mondo della formazione e quello dell’ impresa. Quest’ultima continuava a interpretare la
formazione esterna come un’ imposizione che sottrae tempo all’apprendimento di competenze
tecnico specifiche, che può realizzarsi solo all’interno del sistema produttivo o in ambito aziendale.
Manca, dunque, una cultura che dia alla formazione in alternanza la necessaria valenza e che
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interpreti il processo formativo esterno come un momento di acquisizione di competenze di tipo
trasversale (organizzazione aziendale, sicurezza, qualità, diritto del lavoro, etc.) che rendano
l’apprendista più consapevole del proprio ruolo all’interno dell’azienda in un sistema di azioni
coordinate e di risultati da conseguirsi collettivamente.
Da quanto rilevato dalla ricerca si è evidenziato che le imprese sono chiamate a svolgere un ruolo
fondamentale nel recepire in modo attivo e propositivo la realizzazione di un contratto a causa
mista come quello dell’apprendistato e che devono superare una visione, spesso un po’ ristretta e
speculativa della funzione formativa dell’apprendistato.
1.4.4 La legge Biagi e la sua applicazione in Regione Piemonte
Nel 2003 la Legge 30/03 ed il D.Lgs 276/03 non solo avevano introdotto importanti riforme nel
mercato del lavoro, ma anche ridisegnato completamente l’apprendistato. E’ infatti col D.Lgs
276/03 che vengono istituite le tre nuove forme in cui il contratto di apprendistato si sviluppa, a
seconda delle diverse finalità formative cui è connesso.
L’articolo 49 del Decreto Legislativo 276/03 specifica gli elementi distintivi dell’apprendistato
professionalizzante e la sua applicabilità che deve essere regolata dalla normativa elaborata dalle
singole Regioni e/o dalla contrattazione collettiva dei singoli settori e quindi recepita nei CCNL.
L’apprendistato professionalizzante diventa il canale privilegiato per l’ingresso dei giovani nel
mondo del lavoro, sia per i fattori innovativi che porta con sè, come l’innalzamento dell’ età’
massima per l’assunzione, l’aumento della durata del contratto, ed infine per la possibilità di
erogare una formazione personalizzata agli apprendisti indifferentemente all’interno o all’esterno
dell’azienda.
La normativa relativa all’art. 48 del D.Lgs. 276/03, quella parte della Legge Biagi che riguarda gli
apprendisti in obbligo formativo (nell’arco di età che va dai 15 ai 18 anni) prevede per questa
tipologia di apprendisti 120 ore di formazione aggiuntiva rispetto a quella ordinariamente prevista
per gli altri, al fine di integrare le competenze tecnico professionali con quelle di base.
Molte delle criticità emerse nell’ambito delle ricerche sopra descritte, a riprova della
rappresentatività delle opinioni del campione anche a livello regionale, sembrano in parte risolversi
attraverso le proposte di riforma del sistema che va a delinearsi con la L.R. del 26.01.2007 n. 2
“Disciplina degli aspetti formativi dell’apprendistato” che per la prima volta valorizza la capacità
formativa dell’azienda e la mette al centro dell’attività di formazione dell’apprendista.
La successiva Deliberazione della Giunta Regionale n. 66-6528 del 23.07.2007 stabilisce
“Procedure, strumenti e modalità per:
Il Piano Formativo Individuale (PFI)
Il PFI, composto da una parte generale ed una di dettaglio, deve essere predisposto prima
dell’inizio delle attività formative e descrive il percorso formativo che l’apprendista seguirà per tutta
la durata del contratto. Esso si basa da un lato sulla distinzione tra “formazione formale” e
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“formazione non formale”, e dall’altro su competenze di base e trasversali e competenze tecnico
professionali.
La certificazione delle competenze
Dopo aver ribadito che gli attestati di qualifica e/o specializzazione vengono rilasciati dagli enti
pubblici in conseguenza di procedure d’esame disciplinate dalla Regione (certificazione di parte
III), la delibera specifica le modalità di certificazione delle competenze (certificazione di parte II)
da parte dei soggetti che erogano il percorso formativo (nello specifico i tutori aziendali ed il
personale di agenzie formative all’uopo autorizzate), infatti al tutore aziendale, in possesso dei
requisiti previsti dal provvedimento, spetta la valutazione delle competenze acquisite
dall’apprendista durante la formazione svolta all’interno dell’impresa. All’istituzione formativa
presso cui si e’ svolta l’attività esterna all’impresa spetta la certificazione delle competenze relative;
tale certificazione può essere utilizzata – quale credito formativo – nei sistemi della formazione e
dell’istruzione professionale.
Il ruolo del tutor aziendale
Il provvedimento in primo luogo ribadisce che i requisiti del tutor aziendale sono quelli indicati
dalla nuova legge regionale, mentre vengono definite dettagliatamente le sue funzioni e
competenze, con particolare riferimento a quattro macroaree di possibile intervento:
1. co-progettazione del percorso di apprendimento;
2. facilitazione e supporto all’apprendimento;
3. coordinamento;
4. valutazione degli apprendimenti.
Il provvedimento esplicita sia le funzioni di base – che competono al tutor nel caso in cui la
formazione sia erogata all’esterno dell’azienda – che le funzioni specifiche, che devono essere
svolte nel caso in cui l’azienda realizzi la formazione in parte o totalmente all’interno, definendole
con precisione in riferimento alle diverse fattispecie. Il tutore aziendale deve essere
adeguatamente formato.
Requisiti dell’impresa con capacità formativa ai fini della certificazione delle competenze
Le imprese che intendono erogare al proprio interno la formazione formale relativa
all’apprendistato professionalizzante devono rispettare alcuni “standard minimi” collegati alle
competenze del tutor e alla disponibilità di locali adeguati all’erogazione.
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1.4.5 Nuovi indirizzi per la programmazione e gestione dei servizi formativi per
l’apprendistato in Regione Piemonte
Un ulteriore definizione del percorso regionale è rappresentato dalla pubblicazione della DGR 7210516 del 29.12.2008 “Indirizzi per la programmazione e gestione dei Servizi formativi per
l’apprendistato”. Questo dispositivo si pone l’obiettivo di un’azione formativa che preveda il
superamento dei tradizionali schemi didattici di spazio, tempo e luogo al fine di favorire un
collegamento diretto con le attività connesse alle funzioni lavorative svolte dall’apprendista
all’interno dell’impresa e alla valorizzazione dell’impresa quale soggetto formativo.
La DGR indica che per favorire la piena interazione tra l’impresa e l’agenzia formativa, nell’ambito
del percorso dell’apprendista, la metodologia didattica preveda che, per ogni unità di competenza
professionalizzante siano realizzati due livelli di interazione tra loro coordinati:

livello teorico formativo, realizzato presso l’agenzia formativa, finalizzato al trasferimento
all’apprendista delle conoscenze tecniche disciplinari necessarie;

livello pratico formativo finalizzato al coinvolgimento dell’apprendista in esercitazioni
pratiche da svolgersi presso l’impresa.
L’agenzia formativa è responsabile della realizzazione dei due livelli di interazione e mette in atto le
necessarie misure per la verifica degli apprendimenti con particolare riferimento al livello pratico
formativo mediante incontri coordinati e strutturati presso le imprese.
L’agenzia formativa mette a disposizione del tutore aziendale gli strumenti e le metodologie
necessari affinché l’attività formativa realizzata dall’apprendista presso l’impresa mantenga le
caratteristiche della formazione formale rendendo possibile la valutazione degli apprendimenti ai
fini della certificazione delle competenze acquisite in esito al percorso formativo.
Una prima sperimentazione in riferimento alla D.D. Regionale n. 75 del 12/02/2009 finalizzata
all’acquisizione delle competenze tecnico professionali da conseguire all’interno dell’impresa è stata
realizzata nelle Province di Torino e di Cuneo, di intesa con le agenzie formative e le parti sociali.
L’obiettivo della sperimentazione era finalizzato alla responsabilizzazione diretta dell’impresa nella
formazione formale, per l’acquisizione delle competenze tecnico professionali dell’apprendista, e ha
rappresentato un’importante opportunità per integrare esperienza lavorativa e attività formative in
un coerente percorso di apprendimento. Il ruolo attivo dell’impresa doveva avvenire all’interno di
un quadro di riferimento e di un dispositivo operativo in grado di garantire, sia all’apprendista sia
alla stessa impresa, la qualità dei processi di apprendimento e il raggiungimento dei risultati attesi.
Il risultato della sperimentazione è stato particolarmente positivo, in particolare in riferimento alle
imprese che vi hanno partecipato. L’unanimità delle imprese considera, infatti, molto positiva
l’esperienza realizzata ed esprime un deciso apprezzamento del nuovo modello formativo proposto,
che viene ritenuto molto più congruente ed efficace del precedente. I punti di forza del nuovo
modello formativo sono ritenuti in primo luogo la possibilità di unire flessibilità e personalizzazione
della formazione.
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La gestione della formazione tecnico professionale all’interno dell’impresa permette di
programmare le attività in modo più congruente con l’organizzazione produttiva, favorendo un
utilizzo complessivamente più razionale ed efficiente delle risorse umane e di focalizzare la
formazione sullo sviluppo di capacità e conoscenze fortemente coerenti con il ruolo professionale
richiesto all’apprendista all’interno del contesto lavorativo. Un altro punto di forza attribuito da
molte imprese a queste esperienze riguarda, infatti, proprio la presenza dell’interlocuzione con
l’agenzia formativa. Essa viene vista come una risorsa da più punti di vista. In primo luogo
“costringe” a focalizzarsi sulla formazione, alla quale risulta abitualmente difficile all’interno del
contesto produttivo dedicare il tempo e l’attenzione che sarebbero necessari. In secondo luogo
fornisce un importante supporto metodologico per un’efficace definizione degli obiettivi e
programmazione delle attività, problematiche che molte imprese riconoscono non così agevoli da
affrontare. Inoltre, nei casi in cui le agenzie formative hanno messo a disposizione set di materiali
didattici strutturati, i tutor aziendali hanno mostrato di considerarli una risorsa di partenza molto
utile per le attività formative con i propri apprendisti.
Successivamente alla sperimentazione a Cuneo e Torino, nei primi mesi del 2011, l’operatività del
dispositivo sopra descritto viene estesa al resto del Piemonte attraverso Avvisi pubblici da parte
delle province. Contemporaneamente la Regione Piemonte ha portato a termine il lavoro di
correlazione tra i profili professionali standard presenti all’interno del proprio repertorio e quelli
previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro (1563 profili) definendo una correlazione diretta
per 469 profili, correlazioni multiple per 755, mentre per i restanti che non presentano correlazioni
la Regione Piemonte determina la mancanza di offerta formativa.
La realizzazione del nuovo sistema di formazione per l’apprendistato si fonda dunque sulla
valorizzazione dell’impresa quale soggetto in grado di interagire con il sistema di offerta pubblica
dei Servizi formativi per l’apprendistato, su un organizzazione della didattica basata su concreti
elementi di interazione tra le funzioni proprie del tutore aziendale e le attività di formazione
realizzate presso l’istituzione formativa contestualizzando la formazione formale alla realtà
aziendale e sviluppando metodologie di apprendimento di tipo esperienziale all’interno
dell’impresa.
Poiché i dispositivi provinciali davano indicazioni solo relativamente alle modalità formative che
dovevano essere concordate da Impresa e Agenzia a seguito della redazione del Piano Formativo
Individuale, ciascuna Agenzia nell’ambito stabilito dagli stessi dispositivi definiva la gestione
didattica dell’intero percorso. Lo stesso della durata totale di 120 ore doveva essere scorporato in
un livello relativo alle UF che prevedevano l’acquisizione delle competenze di base e trasversali
della durata di 48 ore e delle competenze professionalizzanti tecnico-scientifiche e operative della
durata di 72 ore. Per quest’ultimo la scelta era tra una gestione in impresa, presso l’Agenzia o una
mista. La condizione per cui la scelta potesse ricadere sulla gestione in azienda era legata al fatto
che questa conservasse tutte le caratteristiche della formazione formale e che la formazione in
impresa, erogata dal tutore aziendale, avvenisse sotto la responsabilità dell’Agenzia e con la
supervisione di un coordinatore formativo nominato da quest’ultima. La formazione in impresa
doveva essere indirizzata all’acquisizione da parte dell’apprendista delle competenze previste dal
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PFI concordato, monitorate attraverso strumenti
congiuntamente da tutore e coordinatore formativo.
predisposti
dall’agenzia
e
valutata
Le modalità di progettazione dei percorsi formativi in impresa adottate dalle Agenzie, rilevate da un
monitoraggio commissionato dalla Regione Piemonte rispecchiano questa traccia con alcune
varianti. In particolare per quanto riguarda la formazione in impresa “a partire dagli obiettivi
concordati, si lascia al tutore la più ampia discrezionalità su come perseguirli, con dei livelli di
interfaccia diversi in rapporto a quello che viene definito come «affiancamento»: in alcuni casi si
assume che il vincolo della formalizzazione costituisca opportunità di maggior focalizzazione e
riflessione, in altri si cerca di attivare e supervisionare apprendista e/o tutore nella acquisizione e
sistematizzazione degli apprendimenti, anche attraverso strumenti e momenti ad hoc. Nel caso
della valutazione degli apprendimenti, mentre in alcuni casi non si è proceduto ad attività
strutturate, in altri la valutazione dei tutori e l’autovalutazione da parte degli apprendisti si è
svolta a partire da una lista standardizzata di atteggiamenti/comportamenti che prescindono da
specifici domini professionali ma in altri casi su valutazione/autovalutazione centrate su specifici
domini professionali condivisi in sede di progettazione, attraverso schede strutturate. L’impatto
sulle imprese è stato valutato globalmente positivo. Esse hanno percepito il valore aggiunto legato
allo sforzo progettuale da parte delle Agenzie e in riferimento ad una modalità formativa che
valorizzava la centralità dell’azienda come soggetto in grado di trasmettere il proprio patrimonio di
competenze .
A titolo esemplificativo si riporta di seguito la procedura di applicazione del dispositivo attuata
dall’Agenzia Formativa Filos in Provincia di Novara.
1. Definizione del PFID e Patto formativo tra impresa, apprendista e agenzia formativa
Dopo che l’agenzia formativa riceve la preiscrizione dell’apprendista con il relativo PFI Generale, il
Coordinatore formativo inserisce l’azienda all’interno di uno specifico strumento denominato
“Agenda del Coordinatore” e fissa un appuntamento con il tutor aziendale e l’apprendista in modo
da definire il Piano Formativo Individuale di Dettaglio, che avrà validità per l’anno di riferimento: in
questa fase sono individuate le competenze e le attività oggetto della formazione.
Gli impegni reciproci e le modalità operative sono formalizzati attraverso la sottoscrizione del Patto
formativo tra i tre soggetti coinvolti. In particolare, si definisce la modalità di erogazione della
formazione formale relativa alle competenze professionalizzanti: in agenzia o in impresa.
Nel caso in cui l’impresa scelga di svolgere presso la propria sede il livello pratico formativo, nel
Patto il tutor aziendale si impegna a seguire una formazione specifica, in aggiunta a quella prevista
dalla normativa vigente, relativa al suo ruolo nella gestione della formazione formale
dell’apprendista in azienda.
2. Ruolo del Coordinatore Formativo
La nostra Agenzia reputa di primaria importanza l’individuazione di una figura di riferimento alla
quale l’impresa possa rivolgersi in ogni momento del percorso formativo.
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Pertanto, pur non essendo espressamente richiesto dal Bando se non limitatamente alla gestione
del livello pratico formativo in azienda, si è deciso che un Coordinatore Formativo si faccia carico
dell’azienda e dell’apprendista fin dalla fase di definizione del PFID.
3. Progettazione del percorso formativo
A partire dal PFID il Coordinatore formativo progetta il percorso, declinato in Moduli a loro volta
composti da Unità Formative (UF), Argomenti e Saperi, che è inserito nel “Fascicolo
dell’apprendista”
Il modulo per l’acquisizione di competenze di base e trasversali è realizzato in conformità con
quanto previsto dal Bando, tenendo conto dei livelli di scolarità dell’apprendista.
Per quanto riguarda le UF finalizzate all’acquisizione di competenze professionalizzanti di tipo
tecnico scientifico e operativo, si definiscono le capacità e le azioni da realizzare attraverso la
modalità erogativa prescelta, i focus di verifica, le metodologie didattiche e gli strumenti.
4. Erogazione del percorso formativo
Questa fase prevede l’erogazione dei moduli di formazione per l’acquisizione di competenze di base
e trasversali da realizzarsi presso l’Agenzia Formativa e dei moduli per l’acquisizione delle
competenze professionalizzanti.
Questi ultimi possono essere attuati attraverso una metodologia didattica che contempla due livelli
di interazione: il livello teorico formativo (da svolgersi presso l’Agenzia) o il livello pratico formativo
(da svolgersi presso l’impresa o in alternativa presso l’Operatore). In entrambi i casi sarà l’Agenzia
ad avere la piena responsabilità della realizzazione del piano formativo.
Nel caso di erogazione del livello pratico formativo presso l’azienda: come previsto dal Bando, il
tutor aziendale è coinvolto in un momento di formazione specifica collettiva durante il quale si
esplicita il suo ruolo di erogatore di formazione formale, favorendo un confronto sulle metodologie
didattiche e sulle modalità relazionali, ma anche sugli adempimenti formali che essa prevede. Al
tutor aziendale viene fornito il “Vademecum del tutor”.
Al termine di ogni modulo viene rilasciata all’apprendista un’ attestazione di frequenza e profitto; al
completamento del PFID di ogni singola annualità viene rilasciata all’impresa un’attestazione
riguardante la frequenza della totalità delle ore previste.
Esempio di scansione relativa alla formazione di base e trasversale erogata presso l’Agenzia
Formativa e formazione professionalizzante a livello pratico formativo erogata presso l’impresa
Unità Formative
U.F. base e trasversali 1
Sede
Agenzia
formativa
Impresa
Agenzia
formativa
Impresa
U.F. professionalizzanti 1
U.F. base e trasversali 2
U.F. professionalizzanti 2
24
Durata
24 ore
36 ore
24 ore
36 ore
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Prima dell’avvio del Modulo professionalizzante il Coordinatore formativo incontra il tutor aziendale
per condividere gli strumenti di monitoraggio del percorso, sia quelli richiesti dalla Provincia che
quelli individuati dall’Agenzia: registro delle attività, scheda dei livelli di apprendimento, libretto
dell’apprendista, prove di verifica.
Al termine di ogni UF professionalizzante, il Coordinatore formativo incontra il tutor aziendale per
condividere la valutazione e raccogliere la documentazione compilata, e per somministrare il
questionario di rilevazione dei fabbisogni formativi predisposto dalla Provincia.
A conclusione del percorso modulare professionalizzante è previsto un momento di rientro presso
l’Agenzia, durante il quale si rielabora l’esperienza formativa anche attraverso l’utilizzo del Libretto
dell’apprendista, analizzando le attività, le criticità e le strategie di fronteggiamento, gli esiti delle
autovalutazioni e quelli delle eterovalutazioni.
Il Coordinatore formativo è a disposizione dell’impresa, durante tutto il modulo professionalizzante
per offrire un supporto a fronte di eventuali difficoltà riscontrate da parte del tutor nell’erogazione
della formazione formale.
5. Verifiche in itinere e finali
Durante il percorso di formazione formale in azienda sono previsti degli incontri tra il tutor
aziendale ed il Coordinatore formativo, all’interno dei quali si verifica il corretto e regolare
svolgimento delle attività previste.
In questi momenti si procede anche alla valutazione dei livelli di apprendimento, eventualmente
proponendo delle modalità di superamento delle difficoltà incontrate.
Al termine di ogni modulo viene somministrata all’apprendista una prova di valutazione che,
sommandosi ai giudizi espressi e formalizzati nelle “schede di rilevazione dei livelli di
apprendimento” dal tutor aziendale, concorre al rilascio dell’attestazione di frequenza e profitto.
6. Unità formative per apprendisti in età inferiore ai 18 anni
Le ricerche sul campo hanno dimostrato il rifiuto da parte degli apprendisti, soprattutto se
minorenni, delle attività formative d’aula.
Consapevoli della difficoltà a conciliare il ritorno sui “banchi di scuola” con il desiderio degli
apprendisti di entrare a pieno titolo nel mondo produttivo, la nostra proposta è tesa a sviluppare il
percorso formativo attraverso metodologie didattiche il più possibile coinvolgenti e stimolanti,
legate al loro mondo lavorativo e relazionale.
Il contesto formativo idoneo è ottenuto sviluppando la didattica attraverso le Unità di
Apprendimento (UdA), che costituiscono la struttura di base dell’azione educativa che intendiamo
mettere in atto. L’UdA prevede la definizione di: obiettivi formativi, compito/prodotto, competenze
mirate, obiettivi specifici di apprendimento correlati agli utenti e loro caratteristiche, aspetti
metodologici ed organizzativi.
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1.4.6 Il Decreto Legislativo 167/2011 - Testo Unico dell’apprendistato e la sua
applicazione in Piemonte
Nella primavera del 2012, con l’introduzione del T.U. dell’apprendistato e dopo una sola annualità
di applicazione, la sperimentazione promossa dalla Regione Piemonte che aveva come punto
qualificante l’erogazione della formazione formale in impresa, cessa di esistere. Il Decreto
Legislativo 167/2011 riforma il settore fino a quel momento regolato dalla Legge 276/03 e modifica
la disciplina del contratto di apprendistato, soprattutto nei suoi aspetti formativi. Questa legge
individua agli artt. 3), 4) e 5) le tre tipologie di apprendistato e delega all’impresa la piena
responsabilità nell’erogazione della parte professionalizzante della formazione. Per quanto riguarda
l’articolo 3)”Apprendistato per il conseguimento della qualifica professionale e del diploma”, i profili
formativi sono definiti dalle Regioni che stabiliscono un monte ore congruo al conseguimento delle
competenze trasversali e di base, mentre sono rinviati ai CCNL le modalità di erogazione della
formazione aziendale nell’rispetto degli standard regionali. Nell’articolo 4 che si occupa di
formazione professionalizzante, la competenza relativa agli aspetti formativi è quasi interamente
demandata alle aziende attraverso i CCNL e accordi interconfederali. Alle regioni, compatibilmente
con le risorse disponibili sono lasciate le competenze di base e trasversali, la cui durata è
fortemente ridimensionata a un totale di 120 ore per gli apprendisti con licenza media, 64 con
diploma o qualifica e un minimo di 40 ore per i laureati, sulla intera durata del contratto. La
Regione Piemonte tenuto conto che il D. Lgs. n. 167/2011 prevede un periodo di transizione per
consentire un adeguamento della disciplina regionale vigente e della contrattazione collettiva alle
disposizioni contenute nel Testo Unico dell’apprendistato al fine di garantire continuità all’offerta
formativa, con Deliberazione n. 65-3575 del 19/03/2012 approva il documento contenente gli
indirizzi per la gestione del regime transitorio. Entro la fine del 2012, era previsto che le Province
pubblicassero gli avvisi pubblici per individuare i soggetti gestori della sperimentazione.
Secondo quanto previsto dai dispositivi provinciali, la formazione per l’acquisizione di competenze
di base e trasversali si realizza mediante moduli che prevedono l’erogazione di un’unità formativa
riferita all’adozione di comportamenti sicuri sul luogo di lavoro e di una seconda relativa
all’organizzazione e qualità aziendale, relazione e comunicazione nell'ambito lavorativo, diritti e
doveri del lavoratore e dell'impresa, legislazione del lavoro, contrattazione collettiva,
interculturalità e pari opportunità.
Per quanto riguarda la terza unità formativa della durata di 24 o 40 ore a seconda del titolo di
studio, oltre a una scelta riferita a una serie di UF da erogarsi presso l’agenzia formativa che
comprendono competenze comunicative, informatiche, matematiche e sociali, è possibile che
l’impresa possa optare per un’UF da attuarsi presso l’impresa denominata “Imparare ad imparare”.
Questa non è un’unità professionalizzante, ma ha l’obiettivo di “sviluppare la capacità di
apprendere nel contesto lavorativo, anche mediante una gestione efficace del tempo e delle
informazioni. Durante quest’UF l’allievo dovrebbe imparare ad avere consapevolezza del proprio
processo di apprendimento e dei propri bisogni sul luogo di lavoro, a concentrarsi per periodi
prolungati, riflettere in modo critico su obiettivi e finalità dell’apprendimento, riconoscere la
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coerenza tra l’obiettivo e la strada utilizzata per raggiungerlo, comprendere i punti di forza e
debolezza delle proprie competenze al fine di gestire efficacemente la propria carriera e i propri
schemi lavorativi. Sicuramente quelli su esposti sono obiettivi, a nostro avviso, eccessivamente
ambiziosi e che richiederebbero da parte del coordinatore formativo e del tutore aziendale tempi di
intervento non paragonabili a quelli concessi dal dispositivo e competenze di supervisione ed
orientamento ottenuti in esito a percorsi di formazione specifici. La realtà è ben diversa poiché il
compito del coordinatore formativo si riduce ad organizzare un incontro di informazione
preliminare, rivolto ai tutori aziendali, finalizzato a fornire metodologie adeguate al trasferimento
delle competenze all’apprendista, e predisporre strumenti adeguati alla corretta valutazione degli
esiti della formazione svolta in impresa . Inoltre deve effettuare almeno una vista in impresa (2 nel
caso di percorso da 40 ore) e prevedere, a conclusione dell’UF, un rientro finale degli apprendisti
della durata di almeno 4 ore al fine verificare la regolarità del processo di apprendimento svolto in
impresa.
L’atto di indirizzo regionale e i relativi Bandi provinciali cercano di recuperare alcune delle buone
prassi che erano state evidenziate durante la sperimentazione appena conclusa, in particolare in
riferimento alla figura del coordinatore formativo, come punto di riferimento e sintesi tra la
formazione in Agenzia e quella in impresa. Il ruolo di quest’ultimo è però limitato da una riduzione
drastica degli incontri programmati con il tutore aziendale, mentre viene meno il suo ruolo di
collaborazione nell’elaborazione del piano formativo e nella valutazione delle competenze acquisite
dall’apprendista in quanto il Testo Unico delega all’impresa la piena responsabilità nell’erogazione
di questa parte della formazione. Il suo compito relativo all’UF “Imparare ad imparare” appare poi
sproporzionato in riferimento agli obiettivi posti dalla stessa.
2.
Confronto tra i modelli lombardi, piemontesi e
svizzero di gestione della formazione in impresa
Il sistema duale svizzero può contare su un’esperienza di più di un secolo e mezzo di storia nel
quale le imprese e le associazioni di categoria hanno assimilato a fondo un modello che vede la
formazione in alternanza tra la scuola e l’impresa come la base imprescindibile per permettere di
formare risorse qualificate necessarie all’economia svizzera.
L’apprendistato italiano invece, anche per le molte modifiche normative intercorse (dal 1997 con il
“pacchetto Treu”, alla “Legge Biagi” del 2003, al “Testo Unico” del 2011), non ha ancora avuto il
tempo sufficiente e le condizioni economiche e culturali per sviluppare un approccio positivo verso
la formazione nella maggior parte delle imprese italiane.
Dall’analisi dei modelli emerge chiaramente come una prima differenza stia a monte, perché
l’apprendistato in Italia è considerato un contratto “di lavoro” in senso stretto, mentre nel modello
svizzero esso è un contratto “formativo”, a tempo determinato, stipulabile solo dalle imprese che
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mettono a disposizione strumenti e formatori che permettano agli apprendisti di raggiungere nei
tempi previsti gli obiettivi formativi (il superamento dell’esame di qualifica professionale).
Un’altra notevole differenza di fondo è che l’apprendistato svizzero è una tipologia contrattuale
unica mentre in Italia il legislatore ha istituito tre tipologie differenti di apprendistato che sono
state esaminate nel dettaglio nei paragrafi precedenti. L’apprendistato svizzero può essere
paragonabile all’apprendistato di primo livello italiano (art. 3 D.Lgs. 167/2011) in quanto entrambi
si rivolgono prioritariamente ai minori in uscita dalla scuola dell’obbligo, ed entrambi prevedono il
rilascio di un titolo di studio secondario, la qualifica o il diploma professionale. Molto diverso è il
caso dell’apprendistato professionalizzante (art. 4 D.Lgs. 167/2011) la cui finalità è il rilascio di una
qualificazione ai fini contrattuali e dell’apprendistato di alta formazione (art. 5 D.Lgs. 167/2011)
che rilascia titoli accademici ed universitari rivolti entrambi ai maggiorenni. L’apprendistato
utilizzato in Italia è quasi esclusivamente quello professionalizzante che prevede che la parte di
formazione tecnico-professionale sia impartita sotto la responsabilità dell’impresa.
Ciò premesso dal punto di vista della gestione della formazione in impresa le differenze sono
notevoli. In primis in Svizzera le aziende devono essere qualificate come “formative” e tale
riconoscimento è di competenza del cantone. I requisiti che un’impresa deve possedere sono
innanzitutto la presenza di un formatore aziendale, che deve obbligatoriamente sostenere un corso
di formazione della durata di 40 ore con contenuti soprattutto psico-pedagogici, e poi il possesso di
luoghi e strutture idonee che vengono verificate dal personale ispettivo. Le imprese formative
costituiscono circa il 25% delle imprese totali (circa 4.000 su 20.000) ed è obiettivo del cantone
quello di riuscire ad aumentarle nei prossimi anni. Anche a tal fine, dal 1 gennaio 2014 il corso di
formazione obbligatorio per chiunque voglia diventare un formatore aziendale sarà gratuito e non
più a pagamento; il finanziamento sarà a carico del Canton Ticino.
In Svizzera, nel caso l’impresa non sia in grado di offrire l’opportunità di apprendere tutti i
contenuti professionali previsti, ne permette l’apprendimento all’esterno presso consorzi di imprese
che si siano candidati a fornire formazione interaziendale specifica (in particolare per le imprese
artigiane e le piccole imprese dove il fenomeno è molto frequente).
In Italia, come declinato nei paragrafi precedenti, la gestione della formazione in impresa è
regolata dalla contrattazione collettiva. Essendoci oltre 400 contratti nazionali di lavoro la
regolamentazione è ovviamente molto frammentata e varia. Solo in pochi casi sono previsti ad
esempio dei requisiti puntuali per la figura del tutore o referente aziendale (frequenza di appositi
corsi di formazione, anni di esperienza etc..), mentre la maggior parte dei contratti si limita ad
affermare che devono avere competenze “adeguate”. Non esistono quindi dei criteri stringenti per
definire quale impresa può essere “formativa” e quindi assumere con il contratto di apprendistato
così come avviene in Svizzera.
Da quando, nel 1997 con il “Pacchetto Treu”, è stata introdotta la formazione esterna di 120 ore
annue, essa è stata spesso considerata come inutile e quindi percepita come un costo da parte
delle imprese. Dopo circa dieci anni in cui si è strutturato un sistema di formazione in
apprendistato finanziata dalla Regione tramite le singole Province, è emersa la difficoltà di
trasferire contenuti professionalizzanti agli allievi in corsi di formazione troppo teorici e con aule
spesso eterogenee. La Regione Piemonte ha cercato di ovviare a questa situazione e di favorire
l’alternanza azienda/aula, ritenendo che possa costituire un’occasione particolarmente favorevole
per lo sviluppo di conoscenze, abilità e competenze, oltre a contribuire a rendere coerente l’attività
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lavorativa e formativa. Inoltre, la Regione ha cercato di perseguire lo sviluppo di una “cultura della
formazione” nelle imprese e dei metodi e delle tecniche necessarie per praticarla. A tal fine ha
introdotto dal 2010 la possibilità di erogare una parte di formazione direttamente in impresa con il
coordinamento e la supervisione delle agenzie formative. Il Testo Unico del 2011 ha
successivamente sottratto alla competenza delle regioni la formazione di tipo professionalizzante,
ma dal 2012 è stato introdotto anche un modulo di formazione di base e trasversale che può
essere erogato in impresa dal titolo: “Imparare ad imparare” (vedi paragrafo precedente).
La “Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006” definisce
imparare a imparare come “l’abilità di perseverare nell’apprendimento, di organizzare il proprio
apprendimento anche mediante una gestione efficace del tempo e delle informazioni, sia a livello
individuale che in gruppo”.
Si tratta dunque di un’abilità che consente alla persona di perseguire obiettivi di apprendimento autoregolato, cioè basato su scelte e decisioni prese in modo consapevole ed autonomo, per apprendere,
ma soprattutto per continuare ad apprendere, lungo tutto l’arco della vita e nella prospettiva di una
conoscenza condivisa e di un apprendimento come processo socialmente connotato.
Inoltre l’abilità di perseverare nell’apprendimento, lungi dal limitare il concetto ad una serie di
capacità puramente tecniche e strumentali, apre la via alla considerazione dell’imparare a imparare
come una competenza personale che si fonda anche su convinzioni e atteggiamenti adeguati.
Da un apprendimento passivo, in cui le informazioni sono trasmesse in modo unidirezionale dal
docente, ci si sta muovendo verso modalità di apprendimento attive e intenzionali, in cui la
conoscenza si costruisce nelle menti dei singoli e dei gruppi attraverso l’interazione continua tra il
“già noto” e il “nuovo”.
In impresa il formatore, più che un insegnante, è un “facilitatore” dell’apprendimento. A maggior
ragione oggi che questo ruolo non ricade più unicamente in capo al canonico “docente d’aula” ma
anche formalmente all’azienda. Dal punto di vista dell’apprendista, il giovane lavoratore si trova ad
interagire con una figura (il tutore aziendale) abituata a trasferire un mestiere “facendo”/”facendo
fare”. Una figura certamente detentrice di un sapere ma probabilmente non padrona di una tecnica
che gli permetta di organizzare e trasformare la conoscenza in una “metodologia”. Rispetto alla
formazione in aula, l’apprendista deve imparare ad interpretare un linguaggio che non sia più il
linguaggio scolastico della formazione ma un linguaggio del “saper fare”.
La vera sfida da questo punto di vista è proprio verso i tutori o referenti aziendali, i quali devono
essere messi in grado di trasferire le competenze agli apprendisti in maniera più consapevole e
strutturata.
Per il singolo tutor, ma anche per i sistemi formativi nel loro complesso, diventa indispensabile
progettare approcci che siano:

integrati, nel senso di correlare in modo sistematico il lavoro sul saper apprendere ai
contenuti e ai processi (inter) disciplinari, come obiettivo trasversale di un curricolo;

esperienziali, nel senso di procedere “per problemi e per progetti”, facendo però anche
concettualizzare le nuove esperienze attraverso la pratica del pensiero critico;
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
infine espliciti, che aiutino cioè le persone a far emergere, verbalizzare e socializzare le
riflessioni sui prodotti ottenuti e sui processi messi in atto: l’itinerario di consapevolezza alla
base dell’”imparare a imparare” si qualifica allora come percorso socialmente condiviso.
Il fatto di imparare a imparare fa sì che i discenti prendano le mosse da quanto hanno appreso in
precedenza e dalle loro esperienze di vita per usare e applicare conoscenze e abilità in tutta una
serie di contesti – a casa, sul lavoro, in situazione di istruzione e formazione.
Il coordinatore dell’agenzia formativa fornisce concetti basilari su come capitalizzare l’esperienza e
definisce congiuntamente strumenti e metodologia per pianificare momenti di verifica e di
confronto. Momenti che hanno la finalità di stimolare l'apprendista nell’autovalutazione del proprio
operato traendo spunti per evidenziarne aspetti positivi e per discutere su come affrontare e
risolvere le eventuali criticità attraverso colloqui con il tutore formativo per un supporto nella
rielaborazione dell'esperienza.
L'apprendista impara a riflettere sull'esperienza lavorativa (sulle strategie di intervento utilizzate e
sulle strategie alternative) per interiorizzare le strategie operative da mettere in atto per eseguire
specifiche attività. Obiettivo è quello di favorire in questo modo un orientamento al lavoro. Il tutore
aziendale per ottenere un risultato efficace deve riuscire a trasferire non solo un “lavoro” ma una
prassi, per far diventare veramente l’apprendista parte attiva e propositiva in un processo
lavorativo.
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Output Attività 1.3