-
Una storia tra le rive del fiume Po
Aveva emesso i suoi primi “Qua, qua” tra le canne della riva del
Po, dove il fiume, non ancora molto largo, faceva un’ampia ansa e
si disperdeva tra stagni e isolette. Appena uscito dall’uovo aveva
incontrato il becco e gli occhi dolci della mamma e le piume soffici
dei fratellini. Lui era l’ultimo arrivato di cinque. La mamma e il
papà, una coppia di magnifici germani reali, avevano
orgogliosamente passato in rassegna i loro piccoli e assegnato a
ciascuno un nome.
Papà germano scrutava attentamente ogni figliolo per scoprire
qualche particolare che gli fornisse l’idea per un nome adatto.
“Beccoforte ... Alalvento … Collarino d’oro … Piumazzurra ...Uhm!”
Lo esaminò bene. Con un colpetto di zampa lo capovolse perfino.
Ma in quell’ultimo anatroccolo non c’era proprio niente di speciale.
Sembrava solo un mucchietto di piume. Mamma germano, però, lo
guardò teneramente, piegò il collo flessuoso e sospirò: “Questo si
chiamerà Germanino …”
E Germanino rimase.
Era il più piccolo della
famiglia e quando mamma
germano partiva a nuoto
sull’ansa del fiume, con
tutti i suoi piccoli che la
seguivano in fila indiana,
Germanino era sempre
l’ultimo.
Per
di
più
Germanino si lasciava
facilmente distrarre dallo
spettacolo rumoroso e
brulicante di vita della riva.
Il popolo del canneto lo affascinava: i ranocchi si tuffavano senza
stancarsi mai e tra un “cra cra” e l’altro raccontavano delle
imprese nelle spiagge della costa, di come era divertente sfrecciare
sugli scivoli delle piscine, in compagnia di bambini vocianti e
festosi.
Le folaghe, elegantissime nella loro livrea color ebano, scivolavano
sull’acqua come principesse al ballo dicendo:
“Ma tu lo sai Germanino dove finisce il fiume?”
“No, ma mi piacerebbe tanto poterlo vedere!”
“Perché non ti unisci a noi? Vedrai che meraviglioso spettacolo!
Domani all’alba si parte, raggiungeremo la zona centrale del fiume
e ci lasceremo trasportare dalla corrente verso il sole nascente…
E poi c’erano gli aironi, signorili e riservati che avevano imparato
l’eleganza della vita di città e che con entusiasmo narravano a
Germanino lo splendore dei mosaici e le storie affascinanti sugli
antichi abitanti di Ravenna.
Le libellule e una folla chiacchierona e impertinente di insetti, non
faceva altro che parlare
delle escursioni nella
pineta di San Vitale, delle
visite agli amici cavalli e
alle furtive lepri e dei
lauti banchetti a base di
nettare di rose selvatiche
e biancospino.
Germanino era incantato
dalle meraviglie che gli
venivano narrate, grande
era in lui il desiderio di cominciare un avventuroso viaggio
insieme agli amici della palude.
Guardando però gli svassi che si immergevano con la velocità di
un proiettile e riemergevano stringendo nel becco pesci guizzanti,
senza prestare la minima attenzione ai racconti, si chiedeva se
valesse la pena rinunciare al suo mondo comodo e sicuro per
affrontare la nuova avventura.
Germanino restava indietro e guardava di qua e di là. Così quando
la mamma dava l’alt alla sua prole, finiva per andare a sbattere
contro il delicato posteriore di Piumazzurra che lo precedeva. “Ahi!
Mama Germanino mi ha di nuovo urtato!”. “Non l’ho fatto apposta,
perdonami” si scusava Germanino. “Sei proprio tonto!”, insisteva
beffardo Beccoforte con l’autorità del primogenito. Germanino si
era ribellato ed era cominciata una baruffa, ma lui aveva avuto la
peggio. E si era anche preso una sgridata dalla mamma.
“Basta figlioli! State attenti a me ora. Questa mattina impariamo
come si avvista il cibo anche se l’acqua è un po’ torbida” Ma
Germanino era di nuovo distratto e contemplava con occhi
sognanti l’acqua del fiume che scorreva placida e spariva oltre la
grande ansa senza fermarsi mai. Quella sera, mentre i fratellini si
divertivano a scivolare in acqua, usando come scivolo la schiena di
papà, Germanino si avvicinò alla mamma e disse: “Mamma, voglio
andare a conoscere il mondo insieme ai miei nuovi amici” La
mamma o guardò, sorpresa. “ Ma costa stai dicendo? Questo è il
tuo mondo, qui hai tutto ciò che ti serve, io sono l’unica che può
proteggerti e insegnarti a vivere! “
Germanino per nulla soddisfatto si avvicinò al padre. “Papà voglio
andare a vedere il mondo! Figliolo, mangia qualcosa e divertiti un
po’, invece di pensare a questa sciocchezza” ribatte il padre.
Germanino si girò verso il fiume e fissando l’orizzonte scandì
deciso: “Voglio andare a vedere! Io ascoltando i miei amici ho
capito la bellezza dello stare insieme e dello sperimentare nuove
avventure. Non voglio fare come i tuffetti che al minimo rumore si
nascondono spaventati e trascorrono tutta la giornata a fare
sempre le stesse cose, senza gusto per la vita!”
“Non ci pensare Germanino” disse la mamma raccogliendolo sotto
una delle sue grandi ali. “Questo è un ottimo posto per vivere”
Il giorno dopo, appena il sole
fece capolino fra le canne,
Germanino prese la grande
decisione.
Dopo
essersi
coccolato al tepore delle piume
materne, si strinse forte sotto
l’ala e in un bisbiglio disse: “Ho
deciso mammina, voglio partire!”
Mamma Germano emise un sospiro, poi con un colpo di becco gli
sistemò le piume dicendo: “Va bene Germanino! Vai! È giusto che
tu possa affrontare questa nuova esperienza, ma mi raccomando,
stai molto attento!”.
Scivolò in acqua, salutò con un cenno di ali la mamma e
raggiunse i suoi amici nel punto stabilito. “Germanino, finalmente
ti sei deciso! Vedrai come sarà bello vivere questa esperienza
insieme. Scoprire il mondo è una meravigliosa avventura, quando
la condividi con i tuoi amici.
Oltre alle folaghe, si erano dati appuntamento due aironi, una
combriccola di anatre selvatiche, due barbagianni, due pendolini,
due picchi versi, una avocetta, ventidue germani reali, cinque
falchi di palude, tre garzette, tre alzavole, tre volpoche e due
testuggini palustri. Erano guidati da un magnifico esemplare di
airone cenerino: tutti lo riconoscevano come il maestro, la guida
da imitare ed ascoltare.
Si misero in viaggio. Raggiunsero la zona centrale del fiume e si
lasciarono trasportare dalla corrente che andava sempre più
veloce. Dritti verso il sole nascente. Le prime ore furono inebrianti.
Germanino era incantato dai paesaggi sempre nuovi e mutevoli
delle rive. Riuscì persino a mangiare qualcosa. Salutò famiglie di
anatre e di svassi e a anche un Martin pescatore che gli era
sfrecciato accanto. Poi qualcosa cambiò. Il fiume si restrinse,
costretto a correre tra due argini senza canne e senza verde.
L’acqua era sempre più sporca e mandava un cattivo odore.
Germanino era arrivato in città.
Il fiume si era allargato, ma le rive erano fatte solo di cemento e
pietre. L’anatroccolo, minuscolo in mezzo all’acqua, sembrava un
mucchietto di piume sporche in balia della corrente.
Germanino sentiva la propria fragilità.
Dovette schivare più volte delle canoe che passavano veloci, con i
remi che picchiano nell’acqua. Si fece male ruzzolando su alcuni
scivoli di cemento che ostacolavano la corrente e lottò
disperatamente
per
lunghissimi
minuti per non essere risucchiato via
da un canale laterale. Era però
sostenuto dai compagni di viaggio che
gli erano vicini, lo rassicuravano e lo
accompagnavano nelle sue fatiche.
L’airone cenerino lo spronava e lo
aiutava
nei
momenti
difficili,
riparandolo sotto la sua ala forte e
protettiva quando la nostalgia di casa
si faceva sentire
Tante e tante altre volte il sole del mattino vide l’intrepido
anatroccolo e il gruppo dei suoi amici riprendere il viaggio! Il fiume
sempre più largo, sempre più placido, continuava a correre
attraverso città, campi e boschi. Germanino imparò insieme agli
altri a difendersi dai gatti che operavano felpate incursioni
notturne sulle rive e a difendere le sue prede dai gabbiani
prepotenti. Con il passare dei giorni, le sue penne avevano
acquistato un bel colore ambrato, che tendeva ad scurirsi. Gli era
sempre più facile mimetizzarsi nel chiaroscuro delle rive.
Aveva visitato la pineta di
San
Vitale,
si
era
rinfrescato sotto le chiome
dei pini ad ombrello.,
aveva giocato a nascondino
fra le piante di pioppo e
frassino,
aveva
stretto
amicizia con picchi rossi,
passerotti,
civette
e
puzzole, aveva ammirato
estasiato le galoppate dei
cavalli allo stato brado, si era inebriato dei profumi del sottobosco.
Finchè un giorno il fiume si allargò, si divise in tanti canali, si
perse negli acquitrini, mentre la corrente principale si perdeva in
mare.
Erano arrivati alla meta.
Contemplò le bellezze che aveva dinanzi a sé. Ripensò al percorso
fatto insieme al gruppo di amici, a tutto ciò che aveva imparato, ai
momenti di debolezza avuti e a come era riuscito a superarli con
l’aiuto degli altri.
Ora che era giunto alla meta era immensamente felice e
soddisfatto. Iniziava però a sentire la nostalgia di casa. Ma subito
si riprese immaginando con entusiasmo ciò che avrebbe
raccontato ai suoi familiari al ritorno. Finalmente anche lui era
protagonista di una delle tante avventure che aveva sentito
narrare tra le canne della palude. Chissà cosa avrebbero detto i
suoi fratelli! Forse sarebbe riuscito a convincerli a partecipare alla
prossima avventura.
Mentre faceva tutti questi pensieri notò il suo riflesso nel mare.
Come aveva fatto a non
accorgersene prima? Durante il
viaggio si era trasformato: era
diventato
un
magnifico
esemplare di germano reale con
la testa nobile e gli occhi vigili, il
becco tagliente e scattante, le ali
ampie e forti capaci di farlo
scivolare velocissimo sull’acqua.
“Tornerò a casa volando”, pensò.
E così fece.
Seguendo il nastro d’argento del fiume la compagnia volò verso
casa. Giunti a destinazione, nel punto da cui erano partiti,
Germanino salutò i suoi amici e ringraziò l’airone cenerino che
l’aveva aiutato a crescere.
Attraversò la palude dirigendosi verso casa. Grandi e piccoli,
persino i superbi svassi, lo guardavano con ammirazione. Vide i
suoi fratelli e si diresse verso di loro. Lo fissarono con rispetto
imbarazzato. Non lo avevano riconosciuto.
“Germanino!” Fu la mamma a sciogliere l’imbarazzo. Allora si
abbracciarono tutti. “Uhm … Dovremmo cambiargli nome”
brontolò papà germano. Era orgoglioso di suo figlio.
Germanino si sentì veramente felice.
“Allora com’è il mondo?” gli chiese Collarino d’oro. “Non riesco a
spiegartelo. Quello che conta è andare a vedere!”
Liberamente tratto da “Crescere è progredire” di Bruno Ferrero
Disegni di www.midisegni.it
AIRONE CENERINO. Si distingue dagli altri aironi
per le grandi dimensioni. Ha una livrea grigio
cenere (da cui il nome). Le parti superiori sono
grigie, il collo e la testa bianchi con una striscia
nera sulla nuca. Il lungo e affilato becco è
giallastro, le grandi zampe brunastre, ma
entrambi diventano di colore rossastro in
primavera. Frequenta stagni, risaie, prati allagati,
canali, fiumi, laghi, e coste marine. Se ne sta
immobile per lungo tempo nell'acqua bassa
nell'attesa della preda, di solito costituita da rane,
pesci, rettili, che cattura con un fulmineo colpo del
lungo becco. (www.animalinelmondo.com)
Fonte: oasivirtuale.forumfree.it
FOLAGA. Il piumaggio della folaga è completamente nero. Ha il
becco bianco e una macchia bianca sulla fronte. I maschi,
riconoscibili dalla macchia un po' più grande. Le folaghe sono
ottime nuotatrici e tuffatrici, mentre sulla terraferma si muovono
goffamente. Preferisce stagni calmi, laghi, terreni umidi e acque
che scorrono lentamente con molte piante Si nutre di insetti
acquatici, piccoli pesci, crostacei, molluschi, germogli di piante
acquatiche.
(www.wikipedia.it)
Fonte: arcicacciasicilia.it
fonte: cacciapassione.com
GERMANO REALE. Il germano reale è certamente
l’anatra selvatica più conosciuta. C’è una diversità di
piumaggio fra il maschio e la femmina. Il maschio
ha un piumaggio con colori molto appariscenti: il
capo verde scuro, il petto nocciola rossiccio, un
sottile collarino bianco e il becco giallino; la
femmina ha invece colori poco appariscenti che
servono per mimetizzarla fra la vegetazione durante
il periodo di cova. Già il secondo giorno dopo la
nascita i piccoli escono dal nido e subito nuotano, si
tuffano e cercano cibo nell’acqua con estrema
naturalezza.
PENDOLINO. Piccolo uccello noto per le straordinarie doti di
costruttore. Nell’adulto spicca la mascherina facciale nera sulla testa
grigia e il dorso color ruggine. Predilige ambienti d’acqua dolce con.
Costruisce un caratteristico nido a fiaschetta, con apertura rivolta
verso il basso. Il nido si trova di solito appeso all’estremità della
fronda di un salice, in vicinanza dell’acqua.
Fonte: zoneumidetoscane.it
fonte: parcoincisionigrosio.it
PICCHIO VERDE. Tipico abitante delle foreste di alto fusto ricche di
alberi morti in cui è più facile scavare il nido. Ha il piumaggio
prevalentemente verde, più chiaro nelle parti inferiori. Si nutre
prevalentemente di formiche che non esita a cacciare scavando i
formicai.
AVOCETTA. Questo elegante
uccello porta un abito di piume
come un vero e proprio smoking: il bianco puro domina;
delle strisce nere impreziosiscono il dorso e ciascun lato,
lungo delle linee diagonali ai bordi delle ali terminando
sulla coda; anche la testa è coperta dal piumaggio nero,
quasi fosse un cappello. Altra particolarità è data dal
lungo becco fine e rivolto verso l’alto. Anche le zampe
sono particolarmente slanciate e di color verde-blu¸ esse
sono palmate, così da permettere il perfetto equilibrio
anche in ambienti melmosi. Si nutre di crostacei,
lombrichi ed insetti d’acqua che cattura dopo aver
sondato il terreno melmoso e l’acqua con la testa.
(www.migratoria.it)
fonte: inoz.ilcannocchiale.it
FALCO DI PALUDE. Vola basso a pochi metri dal
suolo. Le zampe sono munite artigli molto
affilati; il becco è curvo e tagliente, la vista
acutissima, è specializzata nel riconoscere gli
oggetti in movimento. Come dice il nome,
questo rapace è strettamente legato agli
ambienti umidi e agli argini ricchi di canneti nei
quali cerca il cibo e costruisce il nido. Si ciba
prevalentemente di piccoli mammiferi ed uccelli
compresi le uova, senza disdegnare però pesci e
insetti.
Fonte: scuola21maserati.wordpress.com
BARBAGIANNI. Il barbagianni vive negli anfratti rocciosi. E'
un uccello sedentario. Si nutre di grossi insetti, talpe, ratti e
piccoli uccelli che cattura durante le sua caccia notturna. Il
suo corpo è caratterizzato da due dischi facciali di colore
argenteo che formano un cuore sul volto.
(www.animalinelmondo.com)
Fonte: edizionidanaus.com
GARZETTA. E' un piccolo airone bianco candido che vive in ambienti
umidi. Molto snella, presenta piumaggio bianco, zampe nere e piedi
gialli, collo sottile, becco nero e affusolato. La garzetta ha
l’abitudine di pescare pesciolini nell’acqua molto. Si ciba anche di
larve e crostacei che trova nelle acque basse e aperte; a volte
capita che la preda venga trafitta dal becco potente e appuntito con
un improvviso movimento del capo.
(www.animalinelmondo.com)
fonte: nature-diary.co.uk
ALZAVOLA. L'alzavola la pi piccola fra tutte le anatre di
superficie. D'estate si intrattiene in stagni e paludi
circondati da canneti, d'inverno può svernare anche in
baie e laghi. L 'alzavola nuota con grande agilità ed
un'ottima tuffatrice, tanto che in caso di pericolo
preferisce nascondersi tuffandosi, anziché alzandosi in
volo. E’ un animale sociale e rumoroso quando è in
gruppo, ma quando da sola molto timida e paurosa. Si
nutre di piccoli insetti, molluschi e sementi.
Fonte: cacciapassione.com
VOLPOCA. Questa anatra deve il suo caratteristico nome all'abitudine
di occupare le tane delle volpi e dei tassi. Popola le coste marine e le
zone salmastre. Il piumaggio di base è bianco; la testa e il collo sono
neri-Si nutre di pesciolini, molluschi, insetti, erbe, sementi e bacche.
I piccoli appena nati vengono condotti dalla madre verso la più vicina
zona d'acqua per insegnare loro a nuotare e a nutrirsi.
(www.agraria.org)
Fonte: summagallicana.it
www.googlemaps.it
Fonte: ita24.it
Stemma del Comune di Ferrara; si notano la corona ducale, il ramo di ulivo (simbolo di
pace) e il ramo di quercia (simbolo di forza).
Ferrara è un comune italiano di 135.360 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in
Emilia-Romagna.
Il palazzo ducale era l’abitazione dei duchi di Ferrara, gli Estensi. Nato come una fortezza fu poi
trasformato in residenza ducale grazie anche al lavoro di molti artisti.
Situata nella bassa pianura emiliana, la città di Ferrara sorge sulle sponde del Po di Volano
che separa la città medioevale dal primitivo borgo di San Giorgio e delimita il confine con i
quartieri più recenti a sud delle mura. Ferrara gode di un importante periodo ricco quando
nel Basso Medioevo e nel Rinascimento sotto il governo della famiglia degli Este viene
trasformata in un centro artistico di grande importanza non solo italiano, ma anche
europeo, arrivando ad ospitare personalità come Ludovico Ariosto e Torquato Tasso
(scrittori), Niccolò Copernico e Paracelso (scienziati), Andrea Mantegna e Tiziano (pittori),
Pico della Mirandola e Pietro Bembo (scrittori). Durante il Rinascimento a Ferrara si realizza
una delle più importanti progettazioni della città della storia europea moderna, l'Addizione
Erculea, il primo esempio di pianificazione ragionata degli spazi urbani, commissionata nel
1484 dal duca Ercole I d'Este (da cui prende il nome) all'architetto Biagio Rossetti.
La nuova parte della città viene chiamata Arianuova sia perché in periferia, sia perché
caratterizzata da ampie aree verdi prive di edifici, dette "orti e giardini". Questo quartiere
fu circondato da possenti mura. Grazie a quest'opera architettonica Ferrara viene
considerata dagli studiosi la prima città moderna d'Europa.
Ferrara ha una consistente presenza ebraica, favorita dall’ospitalità e dalla protezione che
garantivano i duchi: diviene così un centro internazionale di cultura ebraica. Il ghetto
(quartiere) si trova nei dintorni di via Mazzini dove possiamo vedere la sinagoga.
L'UNESCO le conferisce il titolo di patrimonio mondiale dell'umanità per la prima volta nel
1995 come città del Rinascimento e successivamente, nel 1999, riceve un ulteriore
riconoscimento per il Delta del Po.
Ferrara inoltre è una dei 4 capoluoghi di provincia (assieme a Bergamo, Lucca e Grosseto), il
cui centro storico è rimasto quasi completamente circondato dalle mura che, a loro volta,
hanno mantenuto pressoché intatto il loro aspetto originario nel corso dei secoli.
Ferrara è antica sede universitaria (Università degli Studi di Ferrara) e sede arcivescovile
(Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio). Ospita importanti centri culturali: la Pinacoteca
Nazionale del Palazzo dei Diamanti, la sede della Fondazione Ermitage Italia, il Museo
Archeologico Nazionale, il Museo del Risorgimento e della Resistenza, il Museo d'arte
moderna e contemporanea Filippo de Pisis, il Museo della Cattedrale, il Museo Giovanni
Boldini e numerosi altri musei.
Il Palazzo dei Diamanti si chiama così perché è rivestito
interamente da mattonelle, chiamate bugne, a punta e
inclinate in modo diverso per catturare maggiormente la
luce e così facendole sembrare tante punte di diamante.
La cattedrale è dedicata a san Giorgio,
patrono della città. E’ stata edificata con
stili architettonici diversi. L’interno è
diviso in tre navate da due ordini (file) di
colonne.
La città contemporanea vive di un'economia
basata sulla produzione agricola e industriale
che ne fanno un centro di primaria importanza grazie alla presenza di numerosi impianti
industriali presenti nell'area del petrolchimico e della piccola e media impresa. I settori più
rappresentativi sono quelli della chimica industriale, dell'industria metalmeccanica,
dell'elettrotecnica e dell'industria tessile e alimentare. Inoltre le reti stradali e ferroviarie la
inseriscono all'interno del circuito commerciale sia regionale che nazionale grazie alla
presenza di adeguate vie di comunicazione come l'Autostrada A13, lo scalo merci della
stazione ferroviaria e gli scali portuali situati a Pontelagoscuro che collegano la città al Po e
al Mar Adriatico.
Fonte: comuni-italiani.it
Gli elementi che maggiormente caratterizzano lo stemma attuale sono: i due campi oro e
rosso, contenenti due leoni e al centro un pino verde. Uil colore dello stemma era già
presente in quello dei Da Polenta, signori della città dalla metà del 1200 fino al 1441
quando essi furono sostituiti dai veneziani il cui stendardo recava gli stessi colori.
Probabilmente questo è il motivo per cui nello stemma sono presenti non solo i due colori
ma anche i due leoni con colori opposti: figura rossa in campo oro (come era l’aquila dei Da
Polenta) e figura oro in campo rosso (come il Leone di San Marco). Il pino che sale a
dividere lo scudo ricorda la pineta di Ravenna. Si riconosce inoltre: lo scudo come
contenitore, il contorno di rami di quercia e di alloro, il nastro e la corona (rappresenta la
Porta Aurea).
Le origini di Ravenna sono antichissime e la città ha conosciuto diverse dominazioni nel
corso dei secoli: dagli Etruschi, ai Romani fino a i Bizantini.
Venne scelta come capitale dell’Impero d’Occidente nel 402 per diventare snodo e
passaggio fra la cultura bizantina e quella romana. Con la caduta dell’Impero, Ravenna
diventa la capitale del regno di Odoacre e poi di quello di Teodorico ricoprendo così il ruolo
di potenza bizantina in Italia. Nel Medioevo, terminati i rapporti con l’Oriente, la città
affronta un periodo di forte degrado e isolamento che finirà solo con la dominazione
veneziana durante il quale la città tornerà a splendere e a svilupparsi.
’
La basilica di Sant'Apollinare in Classe è una basilica situata a circa 5 chilometri dal centro di
Ravenna. È stata costruita nella prima metà del VI secolo ed è stata dedicata a
sant'Apollinare, il primo vescovo di Ravenna. Egli morì lapidato e le sue spoglie furono
sepolte fuori dalla città, nel luogo ove sorge la basilica. Quando fu costruita, 1500 anni fa,
la basilica si trovava in riva al mare. L’imponente architettura della pianta della basilica che
oggi si erge nella campagna alle porte di Ravenna, fu a suo tempo pensata e realizzata sulle
rive dell’Adriatico che oggi si trova a qualche chilometro di distanza. Infatti accanto alla
chiesa troviamo una grande area archeologica dell’antica città di Classe, sede della flotta
romana.
La basilica è a tre navate. L’esterno della chiesa è molto semplice, edificato in mattoni
lunghi e stretti, alternati con spessi strati di calce che creano l’effetto cromatico di strisce
bianche e rosse. A sinistra della chiesa c'è il campanile del IX secolo che si alza con la sua
forma cilindrica, mentre le finestre, dal basso verso l'alto, prima sono monofore, poi bifore
e infine trifore. Questo accorgimento permette di rendere l'edificio più stabile e leggero, in
modo che possa reggersi senza crollare.
All'interno della basilica le pareti sono spoglie,
eccetto la zona absidale, ricoperta da mosaici,
risalenti ad epoche diverse. Sono divisi in due
fasce.
Nella parte superiore un grande disco racchiude
un cielo stellato nel quale campeggia una croce
gemmata. Nella zona più bassa si allarga una verde
valle fiorita, con rocce, cespugli, piante e uccelli. Al
centro si erge solenne la figura di sant'Apollinare,
primo vescovo di Ravenna, ritratto nel momento di innalzare le sue preghiere a Dio. perché
conceda la grazia ai fedeli affidati alla sua cura, qui rappresentati da dodici agnelli bianchi.
La basilica di san Vitale è una delle
chiese più famose di Ravenna ed è
esemplare
capolavoro
dell’arte
paleocristiana (l’arte dei primi secoli
dell’era cristiana) e bizantina in Italia
soprattutto per la bellezza dei suoi
mosaici.
Ha la pianta ottagonale (l’otto era
simbolo di Resurrezione, essendo la
somma di sette, il tempo, più uno, Dio).
L’influenza orientale, sempre presente
nell’architettura ravennate, assume qui un ruolo dominante.
Quando si entra nella basilica lo sguardo viene catturato dagli alti spazi, dalle stupende
decorazioni e dagli affreschi barocchi della cupola. Su un lato del pavimento ottagonale è
rappresentato un labirinto. Le piccole frecce
partono dal centro del labirinto e attraverso un
percorso tortuoso portano verso il centro della
basilica. Nei primi anni della cristianità il
labirinto spesso era il simbolo del peccato e del
percorso verso la purificazione. Trovare la via
d’uscita dal labirinto rappresentava un atto di
rinascita.
Una volta completato il percorso del labirinto
si possono alzare gli occhi verso l’altare e
contemplare i mosaici più belli della cristianità.
Famosissimi sono i mosaici collocati entro due
pannelli in posizione speculare, con il corteo
dell’imperatore Giustiniano e della moglie
Teodora. Le figure sono ritratte frontalmente
con al centro Giustiniano e Teodora circondati
da dignitari e guardie.
Corteo di Giustiniano
Il corteo dell'imperatore si presenta con
tanti personaggi schierati.
L'imperatore spicca di più perché è al
centro, ha un abbigliamento ricco e
appariscente, è davanti a tutti, non è
coperto da nessun altro, e ha l'aureola
(editto di Costantino). Ha una patera
d'oro in mano da portare in offerta per
la messa.
Poi si riconosce il vescovo Massimiano,
indicato dalla scritta. Il generale con la
barba è Belisario, il conquistatore di
Ravenna.
Corteo di Teodora
La disposizione delle figure è la stessa
dell'altro corteo. Queste due scene
rappresentano le offerte imperiali alla
città di Ravenna. Si tratta di cerimonie
simboliche, mai avvenute nella realtà.
Questa scena è più vivace dell'altra
perché i costumi femminili sono più
variati nelle fogge e nei colori.
L'imperatrice si riconosce perché è più
alta, ha le vesti e i gioielli più ricchi, ha
l'aureola. In mano porta il calice d'oro
per la messa. Sull'orlo della veste si
vede un ricamo con i re magi.
Vicino a lei le due dame sono Antonina e Giovannina, la moglie e la figlia di Belisario.
Le altre dame che entrano in scena sembrano essere molte e continuare anche oltre la
tenda.
In questi mosaici non esiste prospettiva spaziale, tanto che i vari personaggi sono su un
unico piano, hanno gli orli delle vesti piatti e sembrano pestarsi i piedi l’un l’altro.
’
Fu fatta costruire da Teodorico per
gli ariani intorno al 493 – 496 e fu
poi convertita al culto cattolico nel
secolo successivo. La basilica
assunse il suo nome attuale solo
intorno al IX secolo dopo che vi
furono portate le reliquie di
Sant’Apollinare, primo vescovo di
Ravenna per sottrarle al pericolo
delle scorrerie dei pirati.
È a tre navate divise da 24 colonne di marmo greco, con le pareti della navata maggiore
rivestite da mosaici che risalgono a due periodi. La fascia superiore fu eseguita al tempo di
Teodorico, quella inferiore risale al tempo di Giustiniano.
I mosaici della basilica di Sant’Apollinare Nuovo sono molto importanti, oltre che per la
qualità altissima anche perché mostrano l’evoluzione dello stile bizantino proprio perché
appartengono a per iodi diversi .
Sul lato destro la chiesa è affiancata da un bel campanile cilindrico.
La basilica è uno degli otto monumenti ravennati dichiarati dall’UNESCO patrimonio
mondiale dell’umanità.
Il Battistero Neoniano, detto anche degli Ortodossi (per distinguerlo da quello degli Ariani)
risale al V secolo e prende il nome dal vescovo Neone che ne ha fatto proseguire la
costruzione dopo il suo predecessore Orso. La sua costruzione fu avviata intorno al 400 e si
concluse nel 459 circa. Sorge sul fianco sinistro del Duomo.
La pianta è di forma ottagonale.
Esternamente
ha
un
semplice
rivestimento in laterizio.
Il battistero è conosciuto soprattutto
per il mosaico che occupa tutto lo
spazio
della
cupola
centrale
dell0’edificio. All’interno di tre anelli
concentrici sono rappresentati vari
soggetti. In particolare, la seconda
fascia presenta i dodici aposto li su
sfondo azzurro, con le vesti alternate
nei colori bianco e oro. Nel tondo centrale, su sfondo oro, si trova la scena del Battesimo di
Gesù con San Giovanni Battista nell’atto di somministrare il sacramento a Cristo immerso
fino alla vita nel fiume Giordano. Sopra Cristo svetta la colomba dello Spirito Santo.
LIMparo by Anna Soldavini is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia
License
Scarica

scarica il libretto in formato pdf