- Una storia tra le rive del fiume Po Aveva emesso i suoi primi “Qua, qua” tra le canne della riva del Po, dove il fiume, non ancora molto largo, faceva un’ampia ansa e si disperdeva tra stagni e isolette. Appena uscito dall’uovo aveva incontrato il becco e gli occhi dolci della mamma e le piume soffici dei fratellini. Lui era l’ultimo arrivato di cinque. La mamma e il papà, una coppia di magnifici germani reali, avevano orgogliosamente passato in rassegna i loro piccoli e assegnato a ciascuno un nome. Papà germano scrutava attentamente ogni figliolo per scoprire qualche particolare che gli fornisse l’idea per un nome adatto. “Beccoforte ... Alalvento … Collarino d’oro … Piumazzurra ...Uhm!” Lo esaminò bene. Con un colpetto di zampa lo capovolse perfino. Ma in quell’ultimo anatroccolo non c’era proprio niente di speciale. Sembrava solo un mucchietto di piume. Mamma germano, però, lo guardò teneramente, piegò il collo flessuoso e sospirò: “Questo si chiamerà Germanino …” E Germanino rimase. Era il più piccolo della famiglia e quando mamma germano partiva a nuoto sull’ansa del fiume, con tutti i suoi piccoli che la seguivano in fila indiana, Germanino era sempre l’ultimo. Per di più Germanino si lasciava facilmente distrarre dallo spettacolo rumoroso e brulicante di vita della riva. Il popolo del canneto lo affascinava: i ranocchi si tuffavano senza stancarsi mai e tra un “cra cra” e l’altro raccontavano delle imprese nelle spiagge della costa, di come era divertente sfrecciare sugli scivoli delle piscine, in compagnia di bambini vocianti e festosi. Le folaghe, elegantissime nella loro livrea color ebano, scivolavano sull’acqua come principesse al ballo dicendo: “Ma tu lo sai Germanino dove finisce il fiume?” “No, ma mi piacerebbe tanto poterlo vedere!” “Perché non ti unisci a noi? Vedrai che meraviglioso spettacolo! Domani all’alba si parte, raggiungeremo la zona centrale del fiume e ci lasceremo trasportare dalla corrente verso il sole nascente… E poi c’erano gli aironi, signorili e riservati che avevano imparato l’eleganza della vita di città e che con entusiasmo narravano a Germanino lo splendore dei mosaici e le storie affascinanti sugli antichi abitanti di Ravenna. Le libellule e una folla chiacchierona e impertinente di insetti, non faceva altro che parlare delle escursioni nella pineta di San Vitale, delle visite agli amici cavalli e alle furtive lepri e dei lauti banchetti a base di nettare di rose selvatiche e biancospino. Germanino era incantato dalle meraviglie che gli venivano narrate, grande era in lui il desiderio di cominciare un avventuroso viaggio insieme agli amici della palude. Guardando però gli svassi che si immergevano con la velocità di un proiettile e riemergevano stringendo nel becco pesci guizzanti, senza prestare la minima attenzione ai racconti, si chiedeva se valesse la pena rinunciare al suo mondo comodo e sicuro per affrontare la nuova avventura. Germanino restava indietro e guardava di qua e di là. Così quando la mamma dava l’alt alla sua prole, finiva per andare a sbattere contro il delicato posteriore di Piumazzurra che lo precedeva. “Ahi! Mama Germanino mi ha di nuovo urtato!”. “Non l’ho fatto apposta, perdonami” si scusava Germanino. “Sei proprio tonto!”, insisteva beffardo Beccoforte con l’autorità del primogenito. Germanino si era ribellato ed era cominciata una baruffa, ma lui aveva avuto la peggio. E si era anche preso una sgridata dalla mamma. “Basta figlioli! State attenti a me ora. Questa mattina impariamo come si avvista il cibo anche se l’acqua è un po’ torbida” Ma Germanino era di nuovo distratto e contemplava con occhi sognanti l’acqua del fiume che scorreva placida e spariva oltre la grande ansa senza fermarsi mai. Quella sera, mentre i fratellini si divertivano a scivolare in acqua, usando come scivolo la schiena di papà, Germanino si avvicinò alla mamma e disse: “Mamma, voglio andare a conoscere il mondo insieme ai miei nuovi amici” La mamma o guardò, sorpresa. “ Ma costa stai dicendo? Questo è il tuo mondo, qui hai tutto ciò che ti serve, io sono l’unica che può proteggerti e insegnarti a vivere! “ Germanino per nulla soddisfatto si avvicinò al padre. “Papà voglio andare a vedere il mondo! Figliolo, mangia qualcosa e divertiti un po’, invece di pensare a questa sciocchezza” ribatte il padre. Germanino si girò verso il fiume e fissando l’orizzonte scandì deciso: “Voglio andare a vedere! Io ascoltando i miei amici ho capito la bellezza dello stare insieme e dello sperimentare nuove avventure. Non voglio fare come i tuffetti che al minimo rumore si nascondono spaventati e trascorrono tutta la giornata a fare sempre le stesse cose, senza gusto per la vita!” “Non ci pensare Germanino” disse la mamma raccogliendolo sotto una delle sue grandi ali. “Questo è un ottimo posto per vivere” Il giorno dopo, appena il sole fece capolino fra le canne, Germanino prese la grande decisione. Dopo essersi coccolato al tepore delle piume materne, si strinse forte sotto l’ala e in un bisbiglio disse: “Ho deciso mammina, voglio partire!” Mamma Germano emise un sospiro, poi con un colpo di becco gli sistemò le piume dicendo: “Va bene Germanino! Vai! È giusto che tu possa affrontare questa nuova esperienza, ma mi raccomando, stai molto attento!”. Scivolò in acqua, salutò con un cenno di ali la mamma e raggiunse i suoi amici nel punto stabilito. “Germanino, finalmente ti sei deciso! Vedrai come sarà bello vivere questa esperienza insieme. Scoprire il mondo è una meravigliosa avventura, quando la condividi con i tuoi amici. Oltre alle folaghe, si erano dati appuntamento due aironi, una combriccola di anatre selvatiche, due barbagianni, due pendolini, due picchi versi, una avocetta, ventidue germani reali, cinque falchi di palude, tre garzette, tre alzavole, tre volpoche e due testuggini palustri. Erano guidati da un magnifico esemplare di airone cenerino: tutti lo riconoscevano come il maestro, la guida da imitare ed ascoltare. Si misero in viaggio. Raggiunsero la zona centrale del fiume e si lasciarono trasportare dalla corrente che andava sempre più veloce. Dritti verso il sole nascente. Le prime ore furono inebrianti. Germanino era incantato dai paesaggi sempre nuovi e mutevoli delle rive. Riuscì persino a mangiare qualcosa. Salutò famiglie di anatre e di svassi e a anche un Martin pescatore che gli era sfrecciato accanto. Poi qualcosa cambiò. Il fiume si restrinse, costretto a correre tra due argini senza canne e senza verde. L’acqua era sempre più sporca e mandava un cattivo odore. Germanino era arrivato in città. Il fiume si era allargato, ma le rive erano fatte solo di cemento e pietre. L’anatroccolo, minuscolo in mezzo all’acqua, sembrava un mucchietto di piume sporche in balia della corrente. Germanino sentiva la propria fragilità. Dovette schivare più volte delle canoe che passavano veloci, con i remi che picchiano nell’acqua. Si fece male ruzzolando su alcuni scivoli di cemento che ostacolavano la corrente e lottò disperatamente per lunghissimi minuti per non essere risucchiato via da un canale laterale. Era però sostenuto dai compagni di viaggio che gli erano vicini, lo rassicuravano e lo accompagnavano nelle sue fatiche. L’airone cenerino lo spronava e lo aiutava nei momenti difficili, riparandolo sotto la sua ala forte e protettiva quando la nostalgia di casa si faceva sentire Tante e tante altre volte il sole del mattino vide l’intrepido anatroccolo e il gruppo dei suoi amici riprendere il viaggio! Il fiume sempre più largo, sempre più placido, continuava a correre attraverso città, campi e boschi. Germanino imparò insieme agli altri a difendersi dai gatti che operavano felpate incursioni notturne sulle rive e a difendere le sue prede dai gabbiani prepotenti. Con il passare dei giorni, le sue penne avevano acquistato un bel colore ambrato, che tendeva ad scurirsi. Gli era sempre più facile mimetizzarsi nel chiaroscuro delle rive. Aveva visitato la pineta di San Vitale, si era rinfrescato sotto le chiome dei pini ad ombrello., aveva giocato a nascondino fra le piante di pioppo e frassino, aveva stretto amicizia con picchi rossi, passerotti, civette e puzzole, aveva ammirato estasiato le galoppate dei cavalli allo stato brado, si era inebriato dei profumi del sottobosco. Finchè un giorno il fiume si allargò, si divise in tanti canali, si perse negli acquitrini, mentre la corrente principale si perdeva in mare. Erano arrivati alla meta. Contemplò le bellezze che aveva dinanzi a sé. Ripensò al percorso fatto insieme al gruppo di amici, a tutto ciò che aveva imparato, ai momenti di debolezza avuti e a come era riuscito a superarli con l’aiuto degli altri. Ora che era giunto alla meta era immensamente felice e soddisfatto. Iniziava però a sentire la nostalgia di casa. Ma subito si riprese immaginando con entusiasmo ciò che avrebbe raccontato ai suoi familiari al ritorno. Finalmente anche lui era protagonista di una delle tante avventure che aveva sentito narrare tra le canne della palude. Chissà cosa avrebbero detto i suoi fratelli! Forse sarebbe riuscito a convincerli a partecipare alla prossima avventura. Mentre faceva tutti questi pensieri notò il suo riflesso nel mare. Come aveva fatto a non accorgersene prima? Durante il viaggio si era trasformato: era diventato un magnifico esemplare di germano reale con la testa nobile e gli occhi vigili, il becco tagliente e scattante, le ali ampie e forti capaci di farlo scivolare velocissimo sull’acqua. “Tornerò a casa volando”, pensò. E così fece. Seguendo il nastro d’argento del fiume la compagnia volò verso casa. Giunti a destinazione, nel punto da cui erano partiti, Germanino salutò i suoi amici e ringraziò l’airone cenerino che l’aveva aiutato a crescere. Attraversò la palude dirigendosi verso casa. Grandi e piccoli, persino i superbi svassi, lo guardavano con ammirazione. Vide i suoi fratelli e si diresse verso di loro. Lo fissarono con rispetto imbarazzato. Non lo avevano riconosciuto. “Germanino!” Fu la mamma a sciogliere l’imbarazzo. Allora si abbracciarono tutti. “Uhm … Dovremmo cambiargli nome” brontolò papà germano. Era orgoglioso di suo figlio. Germanino si sentì veramente felice. “Allora com’è il mondo?” gli chiese Collarino d’oro. “Non riesco a spiegartelo. Quello che conta è andare a vedere!” Liberamente tratto da “Crescere è progredire” di Bruno Ferrero Disegni di www.midisegni.it AIRONE CENERINO. Si distingue dagli altri aironi per le grandi dimensioni. Ha una livrea grigio cenere (da cui il nome). Le parti superiori sono grigie, il collo e la testa bianchi con una striscia nera sulla nuca. Il lungo e affilato becco è giallastro, le grandi zampe brunastre, ma entrambi diventano di colore rossastro in primavera. Frequenta stagni, risaie, prati allagati, canali, fiumi, laghi, e coste marine. Se ne sta immobile per lungo tempo nell'acqua bassa nell'attesa della preda, di solito costituita da rane, pesci, rettili, che cattura con un fulmineo colpo del lungo becco. (www.animalinelmondo.com) Fonte: oasivirtuale.forumfree.it FOLAGA. Il piumaggio della folaga è completamente nero. Ha il becco bianco e una macchia bianca sulla fronte. I maschi, riconoscibili dalla macchia un po' più grande. Le folaghe sono ottime nuotatrici e tuffatrici, mentre sulla terraferma si muovono goffamente. Preferisce stagni calmi, laghi, terreni umidi e acque che scorrono lentamente con molte piante Si nutre di insetti acquatici, piccoli pesci, crostacei, molluschi, germogli di piante acquatiche. (www.wikipedia.it) Fonte: arcicacciasicilia.it fonte: cacciapassione.com GERMANO REALE. Il germano reale è certamente l’anatra selvatica più conosciuta. C’è una diversità di piumaggio fra il maschio e la femmina. Il maschio ha un piumaggio con colori molto appariscenti: il capo verde scuro, il petto nocciola rossiccio, un sottile collarino bianco e il becco giallino; la femmina ha invece colori poco appariscenti che servono per mimetizzarla fra la vegetazione durante il periodo di cova. Già il secondo giorno dopo la nascita i piccoli escono dal nido e subito nuotano, si tuffano e cercano cibo nell’acqua con estrema naturalezza. PENDOLINO. Piccolo uccello noto per le straordinarie doti di costruttore. Nell’adulto spicca la mascherina facciale nera sulla testa grigia e il dorso color ruggine. Predilige ambienti d’acqua dolce con. Costruisce un caratteristico nido a fiaschetta, con apertura rivolta verso il basso. Il nido si trova di solito appeso all’estremità della fronda di un salice, in vicinanza dell’acqua. Fonte: zoneumidetoscane.it fonte: parcoincisionigrosio.it PICCHIO VERDE. Tipico abitante delle foreste di alto fusto ricche di alberi morti in cui è più facile scavare il nido. Ha il piumaggio prevalentemente verde, più chiaro nelle parti inferiori. Si nutre prevalentemente di formiche che non esita a cacciare scavando i formicai. AVOCETTA. Questo elegante uccello porta un abito di piume come un vero e proprio smoking: il bianco puro domina; delle strisce nere impreziosiscono il dorso e ciascun lato, lungo delle linee diagonali ai bordi delle ali terminando sulla coda; anche la testa è coperta dal piumaggio nero, quasi fosse un cappello. Altra particolarità è data dal lungo becco fine e rivolto verso l’alto. Anche le zampe sono particolarmente slanciate e di color verde-blu¸ esse sono palmate, così da permettere il perfetto equilibrio anche in ambienti melmosi. Si nutre di crostacei, lombrichi ed insetti d’acqua che cattura dopo aver sondato il terreno melmoso e l’acqua con la testa. (www.migratoria.it) fonte: inoz.ilcannocchiale.it FALCO DI PALUDE. Vola basso a pochi metri dal suolo. Le zampe sono munite artigli molto affilati; il becco è curvo e tagliente, la vista acutissima, è specializzata nel riconoscere gli oggetti in movimento. Come dice il nome, questo rapace è strettamente legato agli ambienti umidi e agli argini ricchi di canneti nei quali cerca il cibo e costruisce il nido. Si ciba prevalentemente di piccoli mammiferi ed uccelli compresi le uova, senza disdegnare però pesci e insetti. Fonte: scuola21maserati.wordpress.com BARBAGIANNI. Il barbagianni vive negli anfratti rocciosi. E' un uccello sedentario. Si nutre di grossi insetti, talpe, ratti e piccoli uccelli che cattura durante le sua caccia notturna. Il suo corpo è caratterizzato da due dischi facciali di colore argenteo che formano un cuore sul volto. (www.animalinelmondo.com) Fonte: edizionidanaus.com GARZETTA. E' un piccolo airone bianco candido che vive in ambienti umidi. Molto snella, presenta piumaggio bianco, zampe nere e piedi gialli, collo sottile, becco nero e affusolato. La garzetta ha l’abitudine di pescare pesciolini nell’acqua molto. Si ciba anche di larve e crostacei che trova nelle acque basse e aperte; a volte capita che la preda venga trafitta dal becco potente e appuntito con un improvviso movimento del capo. (www.animalinelmondo.com) fonte: nature-diary.co.uk ALZAVOLA. L'alzavola la pi piccola fra tutte le anatre di superficie. D'estate si intrattiene in stagni e paludi circondati da canneti, d'inverno può svernare anche in baie e laghi. L 'alzavola nuota con grande agilità ed un'ottima tuffatrice, tanto che in caso di pericolo preferisce nascondersi tuffandosi, anziché alzandosi in volo. E’ un animale sociale e rumoroso quando è in gruppo, ma quando da sola molto timida e paurosa. Si nutre di piccoli insetti, molluschi e sementi. Fonte: cacciapassione.com VOLPOCA. Questa anatra deve il suo caratteristico nome all'abitudine di occupare le tane delle volpi e dei tassi. Popola le coste marine e le zone salmastre. Il piumaggio di base è bianco; la testa e il collo sono neri-Si nutre di pesciolini, molluschi, insetti, erbe, sementi e bacche. I piccoli appena nati vengono condotti dalla madre verso la più vicina zona d'acqua per insegnare loro a nuotare e a nutrirsi. (www.agraria.org) Fonte: summagallicana.it www.googlemaps.it Fonte: ita24.it Stemma del Comune di Ferrara; si notano la corona ducale, il ramo di ulivo (simbolo di pace) e il ramo di quercia (simbolo di forza). Ferrara è un comune italiano di 135.360 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Emilia-Romagna. Il palazzo ducale era l’abitazione dei duchi di Ferrara, gli Estensi. Nato come una fortezza fu poi trasformato in residenza ducale grazie anche al lavoro di molti artisti. Situata nella bassa pianura emiliana, la città di Ferrara sorge sulle sponde del Po di Volano che separa la città medioevale dal primitivo borgo di San Giorgio e delimita il confine con i quartieri più recenti a sud delle mura. Ferrara gode di un importante periodo ricco quando nel Basso Medioevo e nel Rinascimento sotto il governo della famiglia degli Este viene trasformata in un centro artistico di grande importanza non solo italiano, ma anche europeo, arrivando ad ospitare personalità come Ludovico Ariosto e Torquato Tasso (scrittori), Niccolò Copernico e Paracelso (scienziati), Andrea Mantegna e Tiziano (pittori), Pico della Mirandola e Pietro Bembo (scrittori). Durante il Rinascimento a Ferrara si realizza una delle più importanti progettazioni della città della storia europea moderna, l'Addizione Erculea, il primo esempio di pianificazione ragionata degli spazi urbani, commissionata nel 1484 dal duca Ercole I d'Este (da cui prende il nome) all'architetto Biagio Rossetti. La nuova parte della città viene chiamata Arianuova sia perché in periferia, sia perché caratterizzata da ampie aree verdi prive di edifici, dette "orti e giardini". Questo quartiere fu circondato da possenti mura. Grazie a quest'opera architettonica Ferrara viene considerata dagli studiosi la prima città moderna d'Europa. Ferrara ha una consistente presenza ebraica, favorita dall’ospitalità e dalla protezione che garantivano i duchi: diviene così un centro internazionale di cultura ebraica. Il ghetto (quartiere) si trova nei dintorni di via Mazzini dove possiamo vedere la sinagoga. L'UNESCO le conferisce il titolo di patrimonio mondiale dell'umanità per la prima volta nel 1995 come città del Rinascimento e successivamente, nel 1999, riceve un ulteriore riconoscimento per il Delta del Po. Ferrara inoltre è una dei 4 capoluoghi di provincia (assieme a Bergamo, Lucca e Grosseto), il cui centro storico è rimasto quasi completamente circondato dalle mura che, a loro volta, hanno mantenuto pressoché intatto il loro aspetto originario nel corso dei secoli. Ferrara è antica sede universitaria (Università degli Studi di Ferrara) e sede arcivescovile (Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio). Ospita importanti centri culturali: la Pinacoteca Nazionale del Palazzo dei Diamanti, la sede della Fondazione Ermitage Italia, il Museo Archeologico Nazionale, il Museo del Risorgimento e della Resistenza, il Museo d'arte moderna e contemporanea Filippo de Pisis, il Museo della Cattedrale, il Museo Giovanni Boldini e numerosi altri musei. Il Palazzo dei Diamanti si chiama così perché è rivestito interamente da mattonelle, chiamate bugne, a punta e inclinate in modo diverso per catturare maggiormente la luce e così facendole sembrare tante punte di diamante. La cattedrale è dedicata a san Giorgio, patrono della città. E’ stata edificata con stili architettonici diversi. L’interno è diviso in tre navate da due ordini (file) di colonne. La città contemporanea vive di un'economia basata sulla produzione agricola e industriale che ne fanno un centro di primaria importanza grazie alla presenza di numerosi impianti industriali presenti nell'area del petrolchimico e della piccola e media impresa. I settori più rappresentativi sono quelli della chimica industriale, dell'industria metalmeccanica, dell'elettrotecnica e dell'industria tessile e alimentare. Inoltre le reti stradali e ferroviarie la inseriscono all'interno del circuito commerciale sia regionale che nazionale grazie alla presenza di adeguate vie di comunicazione come l'Autostrada A13, lo scalo merci della stazione ferroviaria e gli scali portuali situati a Pontelagoscuro che collegano la città al Po e al Mar Adriatico. Fonte: comuni-italiani.it Gli elementi che maggiormente caratterizzano lo stemma attuale sono: i due campi oro e rosso, contenenti due leoni e al centro un pino verde. Uil colore dello stemma era già presente in quello dei Da Polenta, signori della città dalla metà del 1200 fino al 1441 quando essi furono sostituiti dai veneziani il cui stendardo recava gli stessi colori. Probabilmente questo è il motivo per cui nello stemma sono presenti non solo i due colori ma anche i due leoni con colori opposti: figura rossa in campo oro (come era l’aquila dei Da Polenta) e figura oro in campo rosso (come il Leone di San Marco). Il pino che sale a dividere lo scudo ricorda la pineta di Ravenna. Si riconosce inoltre: lo scudo come contenitore, il contorno di rami di quercia e di alloro, il nastro e la corona (rappresenta la Porta Aurea). Le origini di Ravenna sono antichissime e la città ha conosciuto diverse dominazioni nel corso dei secoli: dagli Etruschi, ai Romani fino a i Bizantini. Venne scelta come capitale dell’Impero d’Occidente nel 402 per diventare snodo e passaggio fra la cultura bizantina e quella romana. Con la caduta dell’Impero, Ravenna diventa la capitale del regno di Odoacre e poi di quello di Teodorico ricoprendo così il ruolo di potenza bizantina in Italia. Nel Medioevo, terminati i rapporti con l’Oriente, la città affronta un periodo di forte degrado e isolamento che finirà solo con la dominazione veneziana durante il quale la città tornerà a splendere e a svilupparsi. ’ La basilica di Sant'Apollinare in Classe è una basilica situata a circa 5 chilometri dal centro di Ravenna. È stata costruita nella prima metà del VI secolo ed è stata dedicata a sant'Apollinare, il primo vescovo di Ravenna. Egli morì lapidato e le sue spoglie furono sepolte fuori dalla città, nel luogo ove sorge la basilica. Quando fu costruita, 1500 anni fa, la basilica si trovava in riva al mare. L’imponente architettura della pianta della basilica che oggi si erge nella campagna alle porte di Ravenna, fu a suo tempo pensata e realizzata sulle rive dell’Adriatico che oggi si trova a qualche chilometro di distanza. Infatti accanto alla chiesa troviamo una grande area archeologica dell’antica città di Classe, sede della flotta romana. La basilica è a tre navate. L’esterno della chiesa è molto semplice, edificato in mattoni lunghi e stretti, alternati con spessi strati di calce che creano l’effetto cromatico di strisce bianche e rosse. A sinistra della chiesa c'è il campanile del IX secolo che si alza con la sua forma cilindrica, mentre le finestre, dal basso verso l'alto, prima sono monofore, poi bifore e infine trifore. Questo accorgimento permette di rendere l'edificio più stabile e leggero, in modo che possa reggersi senza crollare. All'interno della basilica le pareti sono spoglie, eccetto la zona absidale, ricoperta da mosaici, risalenti ad epoche diverse. Sono divisi in due fasce. Nella parte superiore un grande disco racchiude un cielo stellato nel quale campeggia una croce gemmata. Nella zona più bassa si allarga una verde valle fiorita, con rocce, cespugli, piante e uccelli. Al centro si erge solenne la figura di sant'Apollinare, primo vescovo di Ravenna, ritratto nel momento di innalzare le sue preghiere a Dio. perché conceda la grazia ai fedeli affidati alla sua cura, qui rappresentati da dodici agnelli bianchi. La basilica di san Vitale è una delle chiese più famose di Ravenna ed è esemplare capolavoro dell’arte paleocristiana (l’arte dei primi secoli dell’era cristiana) e bizantina in Italia soprattutto per la bellezza dei suoi mosaici. Ha la pianta ottagonale (l’otto era simbolo di Resurrezione, essendo la somma di sette, il tempo, più uno, Dio). L’influenza orientale, sempre presente nell’architettura ravennate, assume qui un ruolo dominante. Quando si entra nella basilica lo sguardo viene catturato dagli alti spazi, dalle stupende decorazioni e dagli affreschi barocchi della cupola. Su un lato del pavimento ottagonale è rappresentato un labirinto. Le piccole frecce partono dal centro del labirinto e attraverso un percorso tortuoso portano verso il centro della basilica. Nei primi anni della cristianità il labirinto spesso era il simbolo del peccato e del percorso verso la purificazione. Trovare la via d’uscita dal labirinto rappresentava un atto di rinascita. Una volta completato il percorso del labirinto si possono alzare gli occhi verso l’altare e contemplare i mosaici più belli della cristianità. Famosissimi sono i mosaici collocati entro due pannelli in posizione speculare, con il corteo dell’imperatore Giustiniano e della moglie Teodora. Le figure sono ritratte frontalmente con al centro Giustiniano e Teodora circondati da dignitari e guardie. Corteo di Giustiniano Il corteo dell'imperatore si presenta con tanti personaggi schierati. L'imperatore spicca di più perché è al centro, ha un abbigliamento ricco e appariscente, è davanti a tutti, non è coperto da nessun altro, e ha l'aureola (editto di Costantino). Ha una patera d'oro in mano da portare in offerta per la messa. Poi si riconosce il vescovo Massimiano, indicato dalla scritta. Il generale con la barba è Belisario, il conquistatore di Ravenna. Corteo di Teodora La disposizione delle figure è la stessa dell'altro corteo. Queste due scene rappresentano le offerte imperiali alla città di Ravenna. Si tratta di cerimonie simboliche, mai avvenute nella realtà. Questa scena è più vivace dell'altra perché i costumi femminili sono più variati nelle fogge e nei colori. L'imperatrice si riconosce perché è più alta, ha le vesti e i gioielli più ricchi, ha l'aureola. In mano porta il calice d'oro per la messa. Sull'orlo della veste si vede un ricamo con i re magi. Vicino a lei le due dame sono Antonina e Giovannina, la moglie e la figlia di Belisario. Le altre dame che entrano in scena sembrano essere molte e continuare anche oltre la tenda. In questi mosaici non esiste prospettiva spaziale, tanto che i vari personaggi sono su un unico piano, hanno gli orli delle vesti piatti e sembrano pestarsi i piedi l’un l’altro. ’ Fu fatta costruire da Teodorico per gli ariani intorno al 493 – 496 e fu poi convertita al culto cattolico nel secolo successivo. La basilica assunse il suo nome attuale solo intorno al IX secolo dopo che vi furono portate le reliquie di Sant’Apollinare, primo vescovo di Ravenna per sottrarle al pericolo delle scorrerie dei pirati. È a tre navate divise da 24 colonne di marmo greco, con le pareti della navata maggiore rivestite da mosaici che risalgono a due periodi. La fascia superiore fu eseguita al tempo di Teodorico, quella inferiore risale al tempo di Giustiniano. I mosaici della basilica di Sant’Apollinare Nuovo sono molto importanti, oltre che per la qualità altissima anche perché mostrano l’evoluzione dello stile bizantino proprio perché appartengono a per iodi diversi . Sul lato destro la chiesa è affiancata da un bel campanile cilindrico. La basilica è uno degli otto monumenti ravennati dichiarati dall’UNESCO patrimonio mondiale dell’umanità. Il Battistero Neoniano, detto anche degli Ortodossi (per distinguerlo da quello degli Ariani) risale al V secolo e prende il nome dal vescovo Neone che ne ha fatto proseguire la costruzione dopo il suo predecessore Orso. La sua costruzione fu avviata intorno al 400 e si concluse nel 459 circa. Sorge sul fianco sinistro del Duomo. La pianta è di forma ottagonale. Esternamente ha un semplice rivestimento in laterizio. Il battistero è conosciuto soprattutto per il mosaico che occupa tutto lo spazio della cupola centrale dell0’edificio. All’interno di tre anelli concentrici sono rappresentati vari soggetti. In particolare, la seconda fascia presenta i dodici aposto li su sfondo azzurro, con le vesti alternate nei colori bianco e oro. Nel tondo centrale, su sfondo oro, si trova la scena del Battesimo di Gesù con San Giovanni Battista nell’atto di somministrare il sacramento a Cristo immerso fino alla vita nel fiume Giordano. Sopra Cristo svetta la colomba dello Spirito Santo. LIMparo by Anna Soldavini is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia License