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Torre del Lago e il suo Adone
Maria Chiara Strappaveccia
In occasione del 60° Festival Puccini sabato 9 agosto alle 18,30 presso il Gran Teatro
Giacomo Puccini di Torre del Lago (Lucca) sarà presentato il volume di Marilena
Cheli ‘Adone del Lago. Quasi una biografia’ edito recentemente da Sidebook.
Nel libro la storia del Festival Puccini è vista con gli occhi di chi lo ha prima sognato e poi
realizzato, ossia Adone Spadaccini, di professione geometra e appassionato
melomane, figlio di Ultimo, meccanico di Giacomo Puccini. Tutto era cominciato
proseguendo la tradizione del ‘Carro di Tespi Lirico’ che Adone all’età di sette anni aveva
visto mettere in scena Bohéme e Butterfly, così come desiderava Puccini, proprio davanti alla
casa del maestro. Nel corso degli anni Adone fa crescere e rende credibile, prima in Italia e poi
nel mondo, una manifestazione che sarebbe diventata l’odierno Festival Pucciniano, uno degli
eventi più attesi della vita culturale toscana e uno dei più importanti in Italia per la musica lirica.
Il Festival è dedicato al noto compositore e si svolge ogni estate, nei mesi di luglio e di
agosto, proprio nel luogo dove egli visse e che gli ispirò le sue opere immortali. Fondato nel
1930, è diventato un appuntamento prestigioso con migliaia di spettatori provenienti da tutto
il mondo, che qui possono ascoltare i più grandi interpreti della lirica sotto la direzione di
importanti direttori d’orchestra ed ammirare straordinari allestimenti curati dai più famosi registi
dei capolavori pucciniani. Le opere vanno in scena in un teatro all’aperto di 3400 posti,
eretto in riva al lago, circondato dal verde, proprio davanti alla Casa Museo del maestro
Puccini dove sono custodite le spoglie del musicista e dove si possono ammirare reperti e
cimeli della sua vita e della sua gloriosa vicenda artistica. Il Museo, che è gestito con
competenza da Simonetta Puccini, nipote dell’illustre Giacomo, è per le decine di migliaia di
appassionati che lo visitano ogni anno un ideale punto di partenza alla scoperta di numerosi ed
interessanti itinerari a tema, che si snodano in tutta la provincia di Lucca e nelle più importanti
città d’arte della Toscana.
Il teatro nella sua attuale forma stabile è stato inaugurato nel 2008, ma già nel 1964 Adone
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Spadaccini presentò il plastico di quello che sarebbe dovuto diventare, situato proprio
dove ora è stato costruito. Più che sogno, la sua idea era considerata da tutti un’utopia
perché quel terreno era abbandonato, inagibile, fangoso, in poche parole inadatto. Ma il
1966 è l’anno della svolta, grazie ad un accordocon il Comune rinnovabile anno per anno,
che prevedeva in via sperimentale la cessione all’amministrazione comunale del terreno sulla
sponda sinistra del lago. All’inizio il teatro, detto dei Quattromila, venne precariamente
montato dove ora si trova la grande struttura stabile. La precarietà era dovuta al fatto che
tutta la struttura doveva essere smontata al termine di ciascuna stagione e ciò comportava
difficoltà enormi, in considerazione del fatto che in quegli anni la manifestazione si svolgeva tra
l’indifferenza, e spesso l’ostilità, di parte della classe politica e della pubblica opinione che
ravvisavano nel festival un divertimento per pochi melomani e uno sperpero di denaro pubblico.
In realtà, il festival di quei tempi costava il solo montaggio del teatro e riceveva dallo Stato un
modesto contributo come semplice stagione lirica di provincia. Dopo la stagione
economicamente disastrosa affidata al Maggio Musicale Fiorentino, per ben quattro anni a
Torre del Lago non si parlò più di Puccini né di Festival Pucciniano, facendo pensare ad un suo
definitivo accantonamento.
Nel 1971, però, grazie al personale interessamento del sindaco Federigo Gemignani,
coadiuvato dall’allora assessore alla cultura e dal capogruppo del Pci, si riuscì a dar vita al
‘Centro per la diffusione della cultura musicale Giacomo Puccini’, alla cui presidenza
venne designato Adone Spadaccini. Fu questa la chiave diplomatica per riaprire le porte al
Festival.
Un’altra intuizione di Spadaccini alla fine degli anni Sessanta fu quella del ‘Puccineum’,
per usare un’espressione cara a Guido Marotti, illustre musicologo ed amico personale di
Puccini. Quello che Adone immaginava era appunto una sorta di ‘villaggio globale’, oggi
diremmo di ‘città della musica’, dove appunto la musica del maestro avrebbe dovuto essere
analizzata e vissuta in tutti i suoi molteplici aspetti. Questo sogno però non si realizzò,
anche se ora si torna a parlarne.
Federigo Gemignani propose di mutare quella che era la Stagione Lirica Pucciniana in
Festival Pucciniano, con la possibilità di richiedere quindi maggiori contributi e di poter
scritturare artisti stranieri che all’epoca non potevano essere ingaggiati dagli impresari
privati. Il Festival fece in tal modo un vero e proprio salto di qualità, che lo spinse a
divenire una vera e propria fucina di novità e si aprì l’epoca di celebri direttori artistici del tipo di
Sylvano Bussotti, Lorenzo Ferrero, Luciano Alberti, Renzo Giacchieri e di direttori d’orchestra
come Rescigno, Sonzogno, Ahronovitch, Gelmetti, Scaglia, Sinopoli, Oren, tanto per citarne
alcuni. Intorno al sogno di Adone si sono avvicinati e avvicendati uomini di cultura, politici,
amministratori, cantanti, registi, scenografi, direttori d'orchestra, decisi a rendere omaggio con
la loro attività,mettendo a disposizione il proprio ingegno e la propria personalità, all'immortale
compositore di memorabili pagine della lirica di ogni tempo. Nella presentazione del libro,
insieme ad Adone Spadaccini, all'editore e critico musicale Stefano Mecenate e all’autrice, gli
amici di Adone, vecchi e nuovi protagonisti del Festival e cantanti racconteranno quelle
testimonianze che il volume raccoglie, insieme a un ricco apparato iconografico di foto,
lettere e documenti legati alla vita e all'attività di Ultimo, Adone e del figlio Paolo Spadaccini,
che continua la passione del padre per la lirica. Insomma nel libro viene raccontata la storia di
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tre generazioni al servizio di Puccini e della sua musica immortale.
Abbiamo intervistato sull’argomento Marilena Cheli, autrice del libro.
Come è nata l’idea di questo libro?
L’idea del libro è nata con la conoscenza di Adone Spadaccini, una persona che compirà
quest’anno 90 anni e che ha fatto parte da sempre della vita del Festival Pucciniano, anche
prima che diventasse tale. Egli infatti è nato nel novembre del 1924 e il 29 novembre di
quell’anno è morto Puccini. Adone ha assistito alla seconda rappresentazione della Bohéme
nel 1931, quando era un ragazzino e da quel momento si è interessato sempre e
costantemente delle vicende del festival, agendo da volontario insieme ad altri amici di Torre del
Lago, per diventarne poi presidente dal 1973 al 1977. È una persona che ha passato tutta la
sua vita nell’ambito di questa manifestazione e tutt’ora, quando viene rappresentata un’opera
pucciniana, è possibile trovarlo nel quarto settore del Teatro dei Quattromila che lui stesso ha
contribuito a creare. Al momento della presidenza di Adone Spadaccini è stato scelto il progetto
da lui elaborato, in quanto era geometra, per la realizzazione di questo teatro chiamato dei
Quattromila. Egli è una figura che adora Puccini e vive della sua musica, figlio di quell’Ultimo
Spadaccini che è stato l’autista del maestro per 10 anni ma che non si è limitato ad essere solo
un suo dipendente, ma anche una persona in cui il compositore riponeva grande fiducia ed
estrema stima. Abbiamo anche Paolo, figlio di Adone, che è presidente del Club La Bohéme e
lo è stato della Fondazione nel 2011, che ha continuato la passione del padre per l’opera e per
il melodramma.
Ci illustra meglio la figura di Adone Spadaccini?
Adone Spadaccini è una figura particolare, un uomo che da alcuni è stato descritto come una
vera e propria forza della natura, uno che ha sempre perseguito con una determinazione e
decisione qualsiasi obiettivo si sia posto. Egli ha preso il diploma di geometra come autodidatta
ed si è laureato in scienze politiche a 57 anni. La stessa determinazione è stata impiegata a
perseguire gli obiettivi relativi al Festival Pucciniano sia nel contattare i cantanti, sia nel
realizzare, come ho detto, il Teatro dei Quattromila, sia nell’inventare cose che fino a quel
momento non erano state fatte. Ha portato a Torre del Lago Pavarotti, Corelli, Katia Ricciarelli,
Del Monaco, tutti grandi personaggi, simboli della Golden Age del Festival Pucciniano. Ha
collaborato, insieme ad altri, al Premio Butterfly, un premio creato in Giappone per ricordare la
soprano Tamaki Miura, molto quotata e una delle migliori interpreti delle opere di Puccini.
Adone Spadaccini è stato colui che ha avuto l’idea di far fare una statua in marmo da collocare
poi a Nagasaki nel Garden Glover, di fianco alla statua di Cio-Cio-San, realizzata grazie alla
collaborazione di Franco Moretti, l’attuale direttore della Fondazione. Dalla sinergia di queste
due persone è dunque nato un progetto splendido. Adone Spadaccini con Federigo Gemignani,
a lungo sindaco di Viareggio, hanno creato il Premio Puccini, per dare un riconoscimento ogni
anno alle migliori interpreti pucciniane e tutt’ora nel Festival ci sono una serie di totem che
accompagnano il visitatore fino al foyer, in cui sono evidenziati tutti i Premi Puccini alla carriera
e non che ci sono stati in tutti questi anni. Adone Spadaccini è una persona notevole sotto tutti
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gli aspetti e che non può passare inosservata, sia per l’aspetto fisico, in quanto è ancora un
uomo alto ed è sempre presente ogni volta che c’è una rappresentazione di Puccini nelle
serate del Festival.
Quali battaglie ha sostenuto Adone per la realizzazione del teatro?
Le battaglie sono state tante perché, come tutti sappiamo, l’influenza della politica sopra
queste manifestazioni è sempre stata pesante e in alcuni casi limitante. Nel giugno 1978, per
fare un esempio, a conclusione del mandato come presidente della Fondazione, Adone
Spadaccini aveva già predisposto il tabellone e tutto ciò che era necessario per quella stagione,
proprio in previsione della chiusura del suo mandato e purtroppo a ridosso dell’apertura della
manifestazione, la giunta comunale di Viareggio era di sinistra e non ha accettato questo
discorso realizzando una commissione e rifiutando quello che era stata la collaborazione e il
supporto che egli aveva lasciato. Dato che l’andamento delle manifestazioni non era all’altezza
delle aspettative, è stato poi proposto ad Adone di collaborare, in modo tale che potesse
portare avanti il discorso che aveva già iniziato, ma egli si è rifiutato, dicendo che non lo
avrebbe fatto se non gli si fosse lasciata la completa gestione della situazione. Nei primi anni
Settanta, al momento della costruzione del Teatro dei Quattromila, Adone Spadaccini aveva
presentato il progetto di una vera e propria ‘città della musica’ con una foresteria, spazi per la
socializzazione e un centro studi, ma una volta presentato in Comune è stato approvata solo
per la parte relativa al teatro. All’interno delle istituzioni liriche spesso le varie correnti politiche
rappresentano degli ostacoli più che delle agevolazioni, anche se la politica non dovrebbe
entrare in queste fondazioni.
Attorno alla figura di Adone ci sono altri personaggi che hanno collaborato alla
realizzazione del teatro e del festival: ce ne parla?
Nel libro si parla abbondantemente di tutta una serie di ‘amici di Adone’ che come lui erano dei
veri e propri melomani volontari. Il primo teatro all’aperto che è stato realizzato a Torre del
Lago era nel piazzale davanti alla casa di Puccini, il palcoscenico era costruito su palafitte sul
lago e le panche per la platea poste sulla riva venivano prese in prestito alla chiesa
parrocchiale. Il lavoro per predisporre questo teatro, che poi doveva essere smontato al termine
di ogni rappresentazione, così come il Teatro dei Quattromila (infatti solo quello attuale
inaugurato nel 2008 è stabile), era molto complesso. Tutti questi amici erano persone di varia
estrazione sociale: uno era Aldo Picchi, un maestro elementare; Eugenio Belluomini, che aveva
un deposito di carburante, ma era il creatore e coordinatore della Banda Pardini a Torre del
Lago; il maestro Salvatore Orlando, che rappresentava il Comune di Viareggio e Enzo Gucci,
proprietario di un negozio di alimentari ma melomane appassionato. Questo gruppo, di cui oggi
probabilmente non è rimasto nessuno tranne Adone, andava a trovare i vari cantanti e li
convinceva a venire a Torre del Lago per le rappresentazioni, a volte con cachet inferiori a quelli
che essi erano soliti richiedere. Gli amici di Adone erano supportati alla Scala di Milano da
Oreste Mogherini, direttore di palcoscenico, che collaborava con loro da lontano. Erano tutte
persone animate dall’amore per la musica e su base volontaria, che hanno contribuito a creare
una realtà che ora è tangibile e ricca di iniziative.
Il volume risulta ricco di materiale iconografico: che cosa illustra e dove è stato reperito?
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Tutto il volume è scandito da una serie di fotografie in corrispondenza dei vari momenti narrativi,
come ad esempio quelle che ritraggono Ultimo Spadaccini e la moglie Ottavia Del Cima, sorella
di quell’Adone che era a capo della corazzata Roma, perito nell’affondamento della nave il 9
settembre del 1943 e insignito di medaglia d’argento al valore militare. C’è poi una ricca
appendice iconografica di 80 pagine che contiene riproduzioni di documenti originali autografi,
reperiti nello studio di Adone Spadaccini. Qui esiste una enorme quantità di materiale che sarà
alla base di un Fondo Spadaccini, destinato a raccogliere i documenti conservati di tutta la sua
vita.
Dall’epistolario documentato che cosa emerge relativamente alla figura di Puccini e al
suo sogno di poter rappresentare le sue opere a Torre del Lago?
Relativamente alla vita di Puccini c’è una serie di lettere che ripercorrono i rapporti di fiducia e
perfino di amicizia che legavano il musicista ad Ultimo, che è stato il suo autista per oltre 10
anni, fino a quando non fu richiamato in guerra come capo motorista in aviazione. Già da quelle
lettere possiamo ricavare un’idea sulla figura di Puccini che affidava ad Ultimo incarichi molto
precisi e di estrema fiducia. Ad esempio ce n’è una nella quale Puccini si rivolge all’autista
dicendogli di vendere il motoscafo a cui era molto affezionato, ma di farsi pagare prima di
cederlo, cosa che ci fa comprendere come il musicista fosse attento alle sue entrate. C’è anche
un’altra lettera in cui Puccini cerca di confortare Ultimo, particolarmente sconsolato perché era
stato richiamato in aviazione, dicendogli che avrebbe provveduto a parlare con personaggi di
sua conoscenza per farlo stare un po’ meglio. Siamo anche riusciti a trovare una lettera
autografa di Ultimo Spadaccini scritta alla moglie Ottavia, in cu si parla di una piccola
incomprensione sorta fra loro; un’altra scritta dallo zio di Adone racconta gli ultimi istanti di vita
del suo fratello maggiore morto diciottenne. Ci sono poi le fotografie che ritraggono Puccini.
Il padre di Adone Spadaccini era il meccanico di fiducia di Puccini: nel libro si parla
anche della passione di Puccini per le prime autovetture?
Non ho insistito in particolare su questo argomento, perché tanti altri autori hanno parlato di
questa passione di Puccini per la meccanica, per le macchine, i motoscafi e per le donne. C’è il
libro ‘Puccini per amico’ di Mario Fedrigo che parla in modo diffuso di questo argomento. Io ho
puntato più che altro sul rapporto tra Adone e Puccini e sui legami famigliari di Adone, dove egli
tiene molto a sottolineare perché si è mantenuta la passione per la musica, ossia per il
melodramma e per la musica di Puccini in particolare, in tutta la famiglia.
Abbiamo intervistato sul tema anche Stefano Mecenate, giornalista, critico musicale ed
editore.
Qual è la storia del Festival Puccini?
La storia del Festival Puccini nasce con il maestro, che prima di morire dice a Forzano che gli
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sarebbe piaciuto tanto vedere un giorno le sue opere presentate sul lago, davanti alla sua casa.
Forzano, insieme a Mascagni, raccolse questo desiderio come ultima volontà del maestro e nel
1930 con una compagnia mettono in scena la Bohéme, che viene rappresentata, come aveva
chiesto il maestro, proprio davanti alla villa di Puccini prospiciente Torre del Lago. Da lì in poi la
storia del Festival Puccini è cresciuta a tappe, privilegiando inizialmente quelli che potevano
essere i bisogni locali, attraverso uomini come Adone e i suoi vicini, che hanno realizzato delle
iniziative da fare sul e nel territorio. Adone, come anche gli altri, voleva che Puccini fosse
riconosciuto e ricordato a livello nazionale ed internazionale dove aveva vissuto e aveva
realizzato le sue opere. E ciò attraverso la volontà di creare un teatro più grande e più
accogliente, la necessità di contattare i più grossi interpreti della lirica nazionale ed
internazionale, così il Festival Pucciniano diventa pian piano da realtà locale, un evento
nazionale e poi internazionale. Si realizza dapprima un teatro provvisorio, e successivamente
un teatro semistabile, nel senso che non viene più smontato tutti gli anni, ma rimane fisso su
ponteggi di tubi innocenti fino al Teatro dei Quattromila, che fino al 2008 produrrà le più belle
opere realizzate in nome di Puccini: non dimentichiamo che Torre del Lago, tramite il Festival
Puccini, diventa anche il luogo dove le migliori edizioni vengono portate e ospitate, poi
seguiranno tutta una serie di produzioni internazionali ivi presentate. Dal 2000 in poi, il Festival
Puccini decide di fare un’operazione ulteriore, intitolata ‘Costruire l’opera’ che consiste nel
creare un rapporto tra artisti e opere liriche affidando a maestri di levatura internazionale (parlo
di Mitorai, Cascella, Miller) la produzione, la messinscena e le scenografie delle opere che
verranno prodotte in quell’anno. E ciò fino al 2008, quando il sogno di Adone si realizza, cioè
quando il teatro diventa il Gran Teatro Giacomo Puccini, una struttura stabile, in cemento
armato e legno, sistemata più o meno davanti al lago e in grado finalmente di poter accogliere il
pubblico internazionale che sta diventando sempre più numeroso.
Qual è il programma del Festival Puccini di quest’anno?
Quest’anno è il centodecimo anno della Madama Butterfly: quindi è stato realizzato un nuovo
allestimento con la regia di Renzo Giacchieri che ha scelto costumi e scene dell’opera, poi c’è
stata Boheme con la regia di Ettore Scola, una versione notevolissima, e quando presenteremo
il libro (9 agosto) ci sarà la sera il debutto di Turandot, anche questa in una nuova produzione e
allestimento. Il 3 agosto c’è stata la prima de Il Trittico con un progetto decisamente
interessante voluto dal nuovo direttore artistico Daniele De Plano, ovvero opere ideate e
cantate da giovani dell’Accademia di Alto Perfezionamento per voci Pucciniane, con scene,
costumi e regia affidati a giovani artisti scelti con un bando pubblico aperto a tutti a inizio anno.
Il bando è stato vinto da un gruppo di ragazze che hanno messo in scena Il Trittico, ovvero Il
Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi, in forma molto originale, interessante e davvero
molto applaudito dal pubblico. Ci sarà anche una produzione giapponese, scritta proprio da un
giapponese, presentata in lingua originale negli anni 2000 e oggi viene riproposta per la prima
volta in italiano, riguardante la storia del figlio di Madama Butterfly (il seguito quindi della più
nota Butterfly), che tornato in Giappone nel 1945 con l’esercito americano, si innamora di una
ragazza giapponese (storia per certi versi analoga a quella di Pinkerton), ma i giorni della
guerra sono anche quelli di Hiroshima e quindi questo amore che sboccia fra due diverse realtà,
fra Occidente e Oriente, svanisce a causa di questa bomba che distrugge ancora una volta un
sentimento.
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Come si colloca questa presentazione del libro di Marilena Cheli nell’ambito delle
manifestazioni 2014?
Poiché questo è il 60° Festival Puccini, è un anno importante, come non omaggiare in qualche
modo colui che ha pensato a questa manifestazione e che l’ha voluta così fortemente da
impegnare tutta la vita per realizzarla. La stessa Fondazione ha voluto dare un segno di alto
riconoscimento a questo personaggio e da parte della casa editrice e mio personale, oltre di chi
l’ha curato, il desiderio di ricordare insieme agli amici il protagonista tuttora vivente. Sarà un
momento conviviale e di scambio nel quale egli, insieme con quelli che dopo di lui hanno fatto
grande il Festival Puccini e agli ospiti, racconteranno e confronteranno i loro vissuti.
Chi prenderà parte in forma attiva a questa presentazione del libro?
Ci sarò io come editore, la dottoressa Cheli che lo ha scritto, i rappresentanti del Festival
Puccini, De Plano come direttore artistico, il direttore generale Franco Moretti, la
Presidente salvo imprevisti dell’ultimo momento, il sindaco e l’assessore alla cultura. Inoltre,
come ospite avremo Lucetta Bizzi, una delle voci nazionali e internazionali del Festival che
attualmente dirige la Accademia di Alto Perfezionamento del Festival Puccini. Abbiamo invitato
anche altri artisti che, compatibilmente con i loro impegni stagionali, dovrebbero essere con noi.
A che punto è oggi il progetto del Puccineum?
In realtà si è fermato al primo stadio, a quel teatro che dicevo essere un punto d’orgoglio
perché è una struttura che ha una grandissima visibilità e grandissimo riscontro. Il progetto del
Puccineum che in realtà significa trasformare Torre del Lago in una piccola Salisburgo è di là da
venire, la volontà politica a tratti sembra esserci, la capacità di attuarlo purtroppo no. E lì
probabilmente lo sforzo dell’amministrazione comunale non sarebbe sufficiente, richiederebbe
l’unione di provincia e regione, per far sì che questo territorio bellissimo (tra l’altro Torre del
Lago ha alle spalle il lago di Massaciuccoli, le colline della Versilia al lato opposto il mare, quindi
si trova in una posizione fantastica) si trasformi alla maniera di Salisburgo, di Macerata o di
Bayreuth, con una sinergia e integrazione fra le varie istituzioni, che possa intervenire sulla
viabilità, sull’urbanistica e sulle varie infrastrutture locali. Altra cosa che caratterizza a livello
mondiale Torre del Lago è la presenza della casa di Puccini, la villa dove egli ha scritto le sue
opere, dove ha vissuto e dove voleva tornare dovunque fosse nel mondo, e che oggi è abitata e
gestita dalla nipote Simonetta Puccini: una rarità che potrebbe essere meglio valorizzata e dare
al territorio una spinta verso una riconversione più culturale e vitale rispetto a quella attuale.
È quindi possibile paragonare il Festival Puccini a quello di Salisburgo?
Sì, perché ha la stessa valenza. Sono sessant’anni che esiste, quindi non è una realtà
dell’ultimo minuto, ma si è conservata nel tempo, dove le realtà internazionali rappresentano
ormai una costante. Come a Bayreuth Wagner è vissuta a tempo pieno, qui è Puccini a essere
protagonista, ma certo si potrebbe fare ancora di più.
Che peso ha oggi la musica di Puccini nel panorama lirico internazionale?
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Ritengo, come critico musicale, che essa sia tra le prime nel panorama lirico internazionale,
perché il tipo di musicalità che Puccini propone è di una ‘empatia molto popolare’, che arriva ai
sentimenti delle persone con molta facilità, non è un percorso intellettuale, ma giunge alla
pancia dell’ascoltatore e quindi a livello internazionale molto riconoscibile e apprezzato anche
da ascoltatori che non hanno la nostra stessa cultura. Dal punto di vista più scientifico, più
tecnico, sicuramente Puccini è stato oggi rivalutato, dopo le critiche musicali dei decenni
precedenti, e negli ultimi cinque o sei anni la sua musica e le influenze di questa sono state
riesaminate e acquistano risonanza internazionale: non dimentichiamo che Puccini si reca a
Bayreuth su mandato di Ricordi e qui si innamora di Wagner e lo studia a fondo, come fa anche
a proposito della musica francese, da Debussy in poi, al punto che la sua produzione musicale
non ha un sapore strapaesano, ma riesce a riconnettere la grande musica di fine Ottocento e
del Novecento europeo con una lettura decisamente italiana.
Qual è l’attualità di questo festival?
L’attualità è saper raccontare di anno in anno, ogni volta in modo diverso, quelle che sono le
opere di Puccini, la capacità di fare attraverso gli strumenti idonei e la regia una messainscena
sempre attuale e originale, di dare una lettura ogni volta possibile della vasta produzione del
maestro con artisti diversi a livello nazionale e internazionale.
Come la lirica può essere ammodernata per essere gestibile e gustabile al pubblico di
oggi?
Essa non va ammodernata, ma riproposta con grande rispetto di dove è nata e come è nata.
Per renderla attuale e gestibile, bisogna soltanto educare il pubblico. Soprattutto in Italia manca
purtroppo l’educazione alla musica lirica nelle scuole, la musica lirica nasce come musica
popolare, destinata alla gente: non dimentichiamo che proprio il contenuto musica-scenaimmagine è quello che oggi è il film, serviva per fare vedere alla gente in modo immediato,
facile, delle storie di un certo periodo storico. Oggi quando si parla di un’opera si dice: la
Bohéme di Zeffirelli o di Scola, ma in realtà Bohéme è di Puccini; il fatto che un regista o uno
scenografo oggi qualche volta si impossessino dell’opera, travisandola, alterandola o anche
cambiandone la struttura, è una violenza inutile, gratuita e dannosa: bisogna avvicinare la gente
all’opera, portare i ragazzi a teatro, far vedere loro che non si tratta di una cosa noiosa o
intellettuale, che sono storie piacevoli e interessanti, che quelle persone che sono sul
palcoscenico non urlano, ma raccontano alla loro maniera una bella vicenda, e se forniti di
libretto, magari riescono a interessarsi anche alla melodia dei cantanti.
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