El Piò enVèrs edizione 2015 Via S. Zeno, 69 - 25100 Brescia Tel. 030 2457511 Raccolta di poesie in dialetto bresciano per un viaggio alla riscoperta del proprio territorio 15 15 I l dialetto bresciano rappresenta una ricchezza da tutelare perché custodisce un patrimonio linguistico legato alle tradizioni, alle abitudini, agli usi e ai costumi della gente e del territorio. Purtroppo oggi il vernacolo ha perso parte della grande varietà di vocaboli che un tempo lo caratterizzava e che, soprattutto in ambito rurale, consentiva di definire con precisione l’ampia gamma di oggetti e utensili utilizzati dai contadini. Forse solo gli anziani continuano a utilizzare termini ormai desueti, che rischiano di cadere nell’oblio. Proprio in virtù del grande valore linguistico e sociale del dialetto credo sia utile leggere e diffondere questa raccolta di poesie in vernacolo bresciano tratta dal concorso “El Piò EnVèrs”. Scorrendo i versi pubblicati risulta evidente il gusto per la concretezza e l’aderenza alla realtà. In queste poesie ricorrono vocaboli che richiamano il lavoro dei campi, parole intrise di poesia e suggestioni. Così, per illustrare la potenza evocativa di queste composizioni, mi permetto di citare un passo parafrasato in italiano della poesia di Armando Azzini di Rezzato dal titolo “‘Na lama de vanga”, che ha vinto il primo premio del concorso: “e noi che siamo prestati / a questa terra che respira e beve la notte / quando batte la falce della Luna / che sguazza nel secchio del latte / tiriamo l’orecchio per ascoltare / il chiacchiericcio dei fossi che ci attraversano”. Queste parole hanno il potere di affastellarsi nella mente del lettore e di comporre un affresco ricco di colori e immagini che si riferiscono alla vita contadina, alla terra coltivata e ai suoi prodotti, agli strumenti utilizzati quotidianamente, a una natura che per i contadini è fonte di vita e sostentamento. Il dialetto bresciano comprende diverse varianti, parlate nelle varie zone della nostra provincia, che si estende da Edolo in Val Camonica fino a Pontevico nella pianura padana. Ovviamente le inflessioni, i gerghi e gli stili risentono degli idiomi in uso nelle province confinanti. È importante sottolineare che, nonostante questa grande mescolanza, il dialetto bresciano mantiene la funzione di collettore delle diverse identità locali, malgrado oggi nell’uso comune il vernacolo sia spesso mescolato con l’italiano e i nuovi linguaggi. Auguro ai poeti che hanno partecipato al concorso fortuna e successo nella consapevolezza che la loro opera contribuisce a tramandare un elemento distintivo della nostra comunità e della nostra cultura, che suscita in tutti noi emozioni intense e nostalgia per un’epoca che non esiste più. El Piò enVèrs 2015 Emilio Del Bono Sindaco di Brescia Si ringrazia Con il Patrocinio di Finito di stampare dicembre 2015 Progetto e realizzazione grafica TREPUNTOZERO s.c. Torino 1 Introduzione I l successo dell’agricoltura italiana sta nella sua sostenibilità e nella sua bellezza che derivano da straordinarie qualità, varietà, distintività e articolazione sul territorio che non hanno uguali al mondo. Si tratta di un risultato che è figlio di cura, di equilibrio, di tradizione e di innovazione, di buon lavoro, di rispetto, i quali rendono il Made in Italy a tavola esclusivo, quindi prezioso e vendibile su tutti i mercati della terra. Se siamo ai vertici mondiali per la produzione biologica, se la nostra rete di mercati in vendita diretta è la più estesa in Europa, se l’agricoltura giovane italiana è la più numerosa e più innovativa d’Europa, se i nostri formaggi e i nostri vini sono i più ricercati, è perché in questi anni abbiamo costantemente mantenuto e innovato per garantire competitività al settore agroalimentare che rappresenta il 15 per cento del Pil nazionale, con un valore complessivo di 250 miliardi di euro di fatturato alimentato da 1,6 milioni di aziende agricole. Se siamo ai vertici mondiali nell’agroalimentare è anche perché il popolo degli agricoltori si nutre della tradizione e della cultura che caratterizza l’unicità di questa raccolta di poesie intrise di valori e di amore per la nostra bella terra bresciana. Ettore Prandini Presidente Coldiretti Brescia I l dialetto: lingua delle nostre radici che a detta di tutti va scomparendo. Ed è vero, perché scompaiono termini che solo i nostri nonni usavano, l’italiano li sta pian piano “colonizzando” e annacquando, i giovani ormai vivono con linguaggi nuovi. Ma il malato … è malato, e dunque molti si stanno impegnando a fornire le migliori cure. E Palcogiovani è da sempre in prima linea: abbiamo iniziato cantando il vino, e poi il pane. Due dei prodotti locali che fanno grande la nostra provincia. Ma ecco, da quest’anno il nostro amore per il dialetto ci ha riportato alle origini, alla terra. E dunque andiamo, leggiamo insieme e gustiamo queste pagine preziose, dove il dialetto è stato coccolato dal sapiente lavoro della Giuria e posto tra le calde zolle accoglienti della bassa; noi e tutti i poeti che hanno partecipato abbiamo deposto un seme tra i solchi. Ora sta a tutti voi farlo crescere. PRIMO PREMIO Armando Azzini (Rezzato) ‘NA LAMA DE VANGA Quan el tratùr el dorma sóta ‘l portech e no postàcc al mür deentóm scagnèla per i gacc l’è ‘na lama de vanga che riólta i pensér spès come gaṡù menemà che toca ‘l cel el manech löster dal bofà de mila mà salta föra ‘n mès a le raìs j.òs che parla ciar ensèma ai sas UNA LAMA DI VANGA Quando il trattore / dorme sotto il portico / e noi appoggiati al muro / diventiamo seggiolina per i gatti / è una lama di vanga che rivolta / i pensieri spessi come zolle // man mano che tocca il cielo il manico / lucido dall’ansimare di mille mani / saltano fuori in mezzo alle radici / le ossa che parlano chiaro insieme ai sassi // e noi che siamo prestati / a questa terra che respira e beve la notte / quando batte la falce della Luna / che sguazza nel secchio del latte / tiriamo l’orecchio per ascoltare / il chiacchericcio dei fossi che ci attraversano // e se l’acqua risciacqua il cuore / nel portar via malumori e rovi / l’anima guarda dritto il Sole anche senza occhiali // luminosa a far semente resta addosso / una briciola di speranza / che lucida il ferro dell’aratro / ed è tutto ciò che occorre a farci fiorire / fino a quando dissolveremo / nel sussurro del mondo. e nó che sóm prestacc a chèsta tèra che respira e bef la nòt quan ciòca la ranṡa de la Lüna che ṡbarbacia nel sedèl del lat tiróm l’orècia per scultà el ciacolà d’i fòs che na streèrsa e se l’aiva la reṡenta ‘l cör nel portà vià magù e roéde l’anima la mira ‘l Sul a’ sensa öciai lüminùṡa a fa somésa rèsta adòs ‘na briṡa de speransa che ṡgüra ‘l fèr del piò e l’è töt chèl che ocór a fan fiurì enfina a quan desfantaróm nel süsür del mond. L’Associazione Palcogiovani 2 3 SECONDO PREMIO Anna Maria Marsegaglia (Edolo) TERZO PREMIO Velise Bonfante (Rivoltella) QUETE GRANDESE DE GRÀ SE SÈNT NE L’ARIA Trape seche de rùer becade dal vet, bioscuse ariete che sfanta i cricc sgarlacc dele grole; in om gris ‘ngobit con occ de calabrusa ‘l sluma la tera parnisa. Se sènt ne l’aria en laùr zèrp e noèl desfàt el gias, se desèda el fosadèl de onda, en frèsa el se pesega a nà du ghèi de acqua che dis che ria l’istà isé se dèrf le crènchene sfasade a töcc le mostra el cör bé distindide, Che dé ‘ncarognat, magher ‘mpich come ì sò bras sdernacc, üt e ngrügnat come sté piò de teré che ‘l gà gnà in’onsa de ert per dai culur ale ‘nsomie. con fòje a gucì e fiur a balunsì en sö se slonga en pé pó i ciocarì, MITI SPLENDORI DI GRANO Tralci secchi di rovere / pizzicati dal vento, / fugaci arpeggi che smorzano / gridi aspri di cornacchie; / un’ombra ingobbita / dagli occhi di brina / scruta la terra macchiettata. // Che giorno malinconico, / magro sfinito / come le sue braccia spossate, / cupo e vuoto /come questo pezzo di terra /che non ha un filo di verde / che dia colore ai suoi sogni. / Ma di là / di un recinto scheggiato / un barbaglio di luce /annuncia la bella stagione, /quando questa terra gelida / si aprirà al solletico /di un aratro che la rivolta: / e sarà come una risata /di un bambino che si sveglia. /E ripagherà tutti i sospiri, /l’orgoglio dei vecchi, /l’amore della gente, le fatiche, /con miti splendori di grano /e col profumo del pane nuovo. Ma de spüs de ‘na spalanga s-cepada ‘na barbaiada de lüs la segna la bela stagiù, quant che sté tera zelada la‘s derverà al gasolì de n’arat che ‘l la smöf: ‘l soméerà la grignada de ‘n pì che se deséda. E ‘l pagherà tücc i sospir, la front alta dei vecc l’amur dela zet, le fadighe, con quete grandese de grà e col perfum del pà nöf. 4 per fas véder, ciapa ala la salvia, e se slarga la gramegna gajarda e gh’è la malva col ròza a righine e gh’è ‘l cincèl de ae e bestiuline e ‘l papaciüch, l’erba eva e la spagna la mènta, el mentù mat, la piantagna, ai, trifoi, milafòi, en möcc de fiùr risulade sbrofade de culùr. La campagna l’è lé coi sgrìzoi a spetà ma l’istà l’è za pasada en del rià. 5 SI AVVERTE NELL’ARIA Nell’aria si avverte qualcosa di acerbo e novello / sciolto il ghiaccio, si ridesta il ruscello // sollecito e svelto si affretta / due dita d’acqua ad annunciare l’arrivo dell’estate // così si aprono le cicorie sfacciate / ben distese mostrano a tutti il loro cuore // con foglie a spillo e fiori a palloncino / si ergono le silene, // si pavoneggia baldanzosa la salvia / striscia ovunque la gramigna tenace // e c’è la malva col rosa a righine / c’è lo svolazzare continuo di api e insetti // e l’erba eva, l’acetosella, l’erba medica / la mentuccia, il mentastro, la piantaggine // agli, trifogli, millefoglie, un sacco di fiori / spruzzate arricciate di colori. // In campagna, è un fondersi di fremiti d’attesa / ma l’estate è fuggita prima ancora d’arrivare. PREMIO SPECIALE intitolato a LEONARDO URBINATI Dario Tornago (Brescia) PREMIO SPECIALE intitolato a ANNA TERESA CELESTE Mary Chiarini Savoldi (Ghedi) NÓNO E NIÙT De là del védre i varda l’éra e i ciós, e i và ‘n spalèta coi dé del so laurà. Vùza mà che g’hà schisàt manése e piò che sintìa zamó de pa, che g’hà sinsigàt bò e molàt le ranze, che g’hà ligàt ensèma cöe e orasiù, mà che g’ha smunzìt e g’hà ‘nsonnàt somense e angòse, che g’hà fat vìa el südà benedèt del sùl. NONNO E NIPOTE Dietro la finestra / guardano l’aia e i campi, / portandosi addosso / i giorni del lavoro. // Gridano mani / che hanno fatto forza su manici e vomeri / che già odoravano di pane, / che hanno incitato buoi / e affilato falci, / che hanno legato tra loro / covoni e preghiere, / mani che hanno munto / e seminato chicchi e angosce, / che hanno asciugato / il sudore benedetto del sole. // Dietro la finestra / due mani grinzose / poggiano calli e speranze / su una sapienza nuova, / due occhi di specchio / corrono su un tappeto / dove una vita / si fa balle di fieno / e grani di Rosario / che chiedono al Tempo, / signore dei nostri Contadini, / che continui / a far giudizio. De là del védre dó mà grime posta cai e speranse sö de ‘n saì töt nöf, du öcc de spècc i cór sö de ‘n tapé endóe ‘na vita la sa fà bale de fé e grà de Curùna che domanda al Temp, signùr dei nòs Paezà, che ‘l sögöte a fa giödése. GRÀ SPARPAJÀCC GRANI SPARPAGLIATI Rosari di giorni / che raccontano / la fatica del contadino che ara. / L’odore / della terra graffiata / che fuma, / di mani che spargono semenza /nella zolla tenera e profumata. // Sfumano i colori, / e passeri fra i rami / attendono il buio / per beccare / grani sparpagliati nel campo. // Piano, la nebbia silenziosa mette il suo velo. Rozàre de dé che i cönta la fadiga del contadì che ara. L’udur de la tèra zgröbiàda che föma, de mà che sparnéga semènsa ne la tópa mulsìna e pröfumada. Sföma i culur, e pasarì fra i ram i speta ‘l fósch per becà i grà sparpajàcc nel ciós. Abelàze, la ghèba silensiùsa la mèt ‘l sò vél. 6 7 PREMIO SPECIALE intitolato a MEMO BORTOLOZZI Alberto Rigoni (Desenzano) PREMIO SPECIALE intitolato a DINO MARINO TOGNALI Giancarlo Sembinelli (Vione) NÓM CHE L’È ÙRA LA FOMNA CUL SARCLO L’è grèa l’aria stamatina, l’è zà ciar; nóm che l’è ura! Tacat el piò, la ponta del gói l’ha anviat el nà d’i bò; i va fin là ‘n dó finiss i piò dré a i termegn del nà. I ara piò e fadiga e ‘n del nà zö ‘n del teré a recalcà ‘l fred le giurnade n’udùr de bù ‘l vé sö a engarbiass col fià d’i bò. El silènsio el fa cumpagnìa al sò pàs gréf de speranse söl sentér amò fósc, tra i càmp sgracià ‘ntan che la òlta del ciél la se ‘ndòra cun penelàde de lüs. La va cun le sue gnàrgne spèse cuma le gósse de rüsaza sö i brügnöi ghèrp e ‘l péso di sò pensiér garabòcc che i se smòrsa ‘n de ‘l sólc de ‘n terè ganós che ‘l ghe làsa gnanche el fià per campà. Al santilì del cruzàl la se badènta cu le mà sulènghe tacàde sö a la feràda a sfarfuià quàtro Gloria al sò Signor. I so öcc e se ‘ncrósa colém de cumpasiù. Lü cun la sua crós sö le spàle gaiàrde per sumnà la sumènsa de la ìta ‘n de nà tèra sbìndada. Lé cul sò sarclo che ‘l bàt sö i òs del la schèna scaèsa per culmà le sue patate che de la ìta le ghe darà la sumènsa. “Te sè mìga de per te fómna” sembra che la brìsia leséra la cincischiés tra le föe ularìne de le bedóle. ANDIAMO CHE È ORA È greve l’aria stamattina/e già chiaro; andiamo che è ora./Attaccato l’aratro, la punta de pungolo/ ha avviato l’andare dei buoi;/vanno fin là dove finiscono i campi/dietro ai paracarri dell’andare. // Arano campi e fatica, / e nell’andare giù nel terreno/a ricalcare il freddo delle giornate /un buon odore viene su/ ad ingarbugliarsi con fiato dei buoi. // La carrucola dei giorni nel suo girare/ tira su gli oggi dal terreno/verso un domani di andare/ fino a che la fatica/ arrivi alla fine,/ là in fondo dei campi delle giornate. // Nel giorno che va, /verso il silenzio della sera /una campana suona,/la carrucola gira fin sopra l’arato,/marca il tempo /che si lega e si slega/nell’arare in mezzo ai giorni/ che continuano a rincorrersi. // Una occhiata oramai stanca/cerca uno scalino:/ da sedersi/ e riposare fino a domani. La sirèla dei dè ‘n del sò girà la tirà sö i ancö del teré envers a ‘n dumà de nà fin che la fadiga la ries a có là ‘n fond d’i camp de le giurnade. ‘N del dé che ‘l va ‘n vers el tàser de la sera na campana la suna, la sirèla la gira fin sura l’arat, la marca ‘l temp che ‘l se liga e ‘l se desliga ‘n del arà en mès a i dé che i seita a curiss dré. N’öciada oramai straca la serca en tapù: de sentass e polsà fin dumà. 8 Adès la va slaidìna e la bacìla pö, ‘l sò càmp el sarà la sua cumpagnìa tüt el dé, tèra petacada col sudör, pólver ‘n de le frisàde del sól, fadìghe che diènta urasiù. Adès ‘l sò sarclo l’è ‘l bastù per la ìta. 9 LA DONNA CON LA ZAPPA Il silenzio fa compagnia al suo passo greve di speranze / sul sentiero ancora buio, tra i campi incolti / intanto che la volta del cielo / si riveste di pennellate di luce. / Cammina con le sue inquietudini spesse / come le gocce di rugiada sui prugnoli acerbi / e il peso dei suoi pensieri traballanti che si spengono / nel solco di un terreno pietroso che / non le lascia nemmeno il fiato per campare. / Alla santella sull’incrocio si sofferma / con le mani assorte posate all’inferriata / a balbettare quattro Gloria al suo Signore. / I loro occhi si incrociano ricolmi di compassione. / Lui con la sua croce sulle spalle forti / per seminare il seme della vita / in una terra lacerata. / Lei con la sua zappa che batte / sulle ossa di una schiena a pezzi / per dissodare le sue patate / che della vita gli daranno il seme. / “Non sei da sola donna” / sembra che la brezza leggera / sussurri tra le foglie ballerine delle betulle. // Adesso cammina veloce e non vacilla più, / il suo campo le farà compagnia tutto il giorno, / terra rammendata col sudore, / polvere nelle frustate del sole, / fatiche che diventano preghiera. / Adesso la sua zappa è il bastone per la vita. PREMIO SPECIALE intitolato a SERGIO GIANANI Adriano Zordan (Brescia) PREMIO SPECIALE intitolato a VITTORIO SOREGAROLI Resy Pescatori (Zanano) SCARFOJÀ EL MÉ PAÉS Ger sera ‘ndel sènter l’Ave Maria che biöscàa zó col fosch dal campanìl, m’è nit ‘na gnàgna, ‘na malincunia, entàt che dal pozöl stae lé a idil. G’hó d’ ìga lasàt en qualc cantù ma me ricorde mia gna ‘ndoe gna quando, ‘na picola promèsa fada al me paesèl a le stradine de la mé contrada. M’è nit en mènt quand nàem a scarfojà. Forse l’ó lasàda amò quand sére picinì scundida de drè a qualc anta d’òn armade sóta ‘l lensöl, forse sóta ‘l me cusì ‘ndoe ghia custodìt le mé speranse, j-ensòme. Ma l’è sücès tant e tant temp fa quand spetàe amò de dientà grand e dré a le strade ghia amò udùr de bu, sentùr d’erba frèsca de masenc, mögià de ache. Madóne de contadì che tacàa i bò al car preghiere de ècie che nàa a Mèsa Prima udùr de móst che buìa nel tì bestèmie dei veci quand nàa de sura el vì. Adès che só ‘nveciat g’hó ‘n gram de nostalgìa fó finta de gnent e mande zó ‘l bucù za tanto el mé paés l’è mia piö chel; però quanto me piasìa, quanto ghia bel andà per ni’ de April, sèrte matine perder el fiat a corìga dré a le galine robàga j-öf a la mé nóna per nà a comprà ‘na braca de biline! 10 IL MIO PAESE Devo aver lasciato in qualche angolo / ma non ricordo dove né quando / una piccola promessa fatta al mio paese / alle vecchie strade della mia contrada. // Forse l’ho lasciata ancora quand’ero piccolino / nascosta dietro a qualche anta dell’armadio / sotto al lenzuolo, forse sotto al mio cuscino / dov’erano custodite le mie speranze i sogni. // Ma è successo tanto e tanto tempo fa / quando aspettavo ancora di diventare grande / e lungo le strade c’era ancora odore di buono / sentore d’erba fresca e di maggengo, muggiti di mucche. // Bestemmie di contadini che attaccavano i buoi al carro / preghiere di vecchie che andavano a Messa Prima / odore di mosto che bolliva nel tino / bestemmia di vecchie quando traboccava il vino. // Adesso che sono invecchiato ho un grammo di nostalgia / faccio finta di niente e mando giù il boccone / tanto il mio paese non è più quello! / Però quanto mi piaceva, quanto era bello // andar per nidi d’Aprile certe mattine / perdere il fiato a correr dietro alle galline / rubare le uova alla nonna / per comprare una manciata di castagne secche. Utùer en bèla mostra söl lönàre, melgàs nei ciós che i paria giupì, fòje dei ràm che cambiàa culùr prim de mörer a tèra o dré ai tumbì. Là, sota ‘l pórtech de me zia Palmira, gran méde de canù spetàa la séra, nóter en sércol, sö le scàgne en mira, döpràem el scarfuì de buna lena. Prima vergù i tacàa a dì ‘l Rozare, Pàter e Gloria che nàa a scunfundìs ai cülmartèi dei gnari ‘ndei scarfòi, entat che l’otra zia, de nòm Maria, la sirvia móndoi e biceròc de vì. Isé pasàa dò ure tra Rozàre e cansù, ciàcole che mürìa ensèma al fosch, entat che dor polsàa ‘l furmintù al ciàr de lüna ciòca co’ l’udùr de most. 11 SPANNOCCHIARE Ieri sera, nell’ascoltare l’Ave Maria / che all’imbrunire scendeva dal campanile, / ho provato un malessere, una malinconia, / intanto che lo osservavo dal mio balcone. // Ho ricordato quando si andava a spannocchiare. // Ottobre in bella mostra sul calendario, / fusti di granoturco nei campi parevano burattini, / le foglie dei rami che cambiavano colore / prima di morire a terra o nei chiusini. // Là, sotto il porticato di mia zia Palmira, / grandi cataste di granoturco aspettavano la sera, / noi, seduti in circolo e / con l’apposito ferro, toglievamo il cartoccio dalle pannocchie. // Prima qualcuno recitava il Rosario, / Pater e Gloria che andavano a confondersi / ai ruzzoloni dei ragazzi nei cartocci ammucchiati, / mentre l’altra zia, zia Maria, / offriva castagne lesse e bicchieri di vino. // Così passavano un paio d’ore tra preghiere e canzoni, / chiacchiere che morivano insieme al buio, / intanto che dorato riposava il granoturco / al chiaro di una luna ubriaca di profumo di mosto. MENZIONE D’ONORE Ugo Pasqui (Brescia) MENZIONE D’ONORE Loredana Jole Scarpellini (Cazzago s.M.) I DÙ FILOSOFI ÙZE ÈN VÈRS PÈR MÌA DESMENTIGÀ Ài, àrdèl le chèl piò, che dür e dret èl ga scaàt le me sguànze, chèl cànchèr! Èl sta le pustàt èn d’èn cantù dè l’éra, ma ‘na ólta a l’an èl tìra fò la làma e ‘l ve a taià la tùrta, a ‘ncülam tùrna èn tòch dè tep. Isé, de per de, èl piò èl slónga la mè büza; ga rìe piö a scundìda èn chèl piò dè ciós èndù narò pò a me a fa ledàm. Èn piò dè tèra ènsurnàt, che nühü ghè piö turnàt ‘ndré a regóèr. Alùra lahìm uzà amò ‘na ólta, che rèstè àlmanch chèsto vers hufiàt tra le àlbere che fa umbréa ai nòm scaàcc nèla prèda, pèr mìa desmentigà! 12 GRIDO UN VERSO PER NON DIMENTICARE Ai, / guardalo lì quell’aratro, / che duro e dritto ha scavato le mie guance, / quel canchero! / Rimane lì poggiato in un angolo dèl cortile, / ma una volta all’anno tira fuori la lama / e viene a tagliare la torta, / a incularmi di nuovo un pezzo di tempo. / Così, giorno per giorno, / l’aratro allungata la mia buca; / non riesco più a nasconderla / in quel piò di campo / dove andrò anche io a fare letame. / Un piò di terra seminato, / che nessuno è più tornato indietro / a mietere. / Allora lasciatemi gridare ancora una volta, / che resti almeno questo verso soffiato tra i pioppi che fanno ombra / ai nomi scavati nella pietra, / per non dimenticare! Sùra i plòc rioltàcc che amò i fömèga i sta l’òm e la bestia, i bófa mìga; con le schéne postàde e streacàcc i par el monumènt de la “Fadìga”. Apéna ‘l gömer, löster come ‘n spècc, èl vàrda ‘l ciél celèst, che ‘l sföma ‘n ròza. Èl pènsa l’òm: “ Pòer caàlì, issé vècc, ormài el na pöl piö de laurà; g’ho sügàt con la pàia chèsta pèl che la té ‘nsèma i òss con i dulùr, ma che prèst la sarà pèl de tambùr.” L’animàl, stralünàt, èl se domanda.. “Perchè g’ho de rioltà sèmper ste piò de ‘na tèra piügiùna, àgra e tignùza che la dà gnànche ‘l fé per la mé séna ?” Töcc du i pènsa a la stàla e a la letéra: caàs el dür crozèt de pignolàt, leà a la bestia stràca el zoàdel e, per en quàch minüt, tirà ‘n pó ‘l fiàt. ‘Èl paezà ‘l mèt en bras ensìma al còl del sò caàl, e ‘l ghe dis dènt ne l’orècia: “Domà l’è ‘n’àlter dé, ‘ncapèlet mìa, ciapóm la vita con filosofìa.” Ma ‘ntàt dai öcc dei vèci cùla lènta ‘na lagrima viscùza e tibiulìna spèssa come la góma trasparente sö la pianta malmèsa de süzìna. 13 I DUE FILOSOFI Sulle zolle voltate, ancora fumanti, / stanno l’uomo e la bestia, non fiatano; / con le schiene accostate e stravaccati / sembrano il monumento della “ Fatica “. / Soltanto il vomere, lucido come uno specchio, / uarda il cielo azzurro, che sfuma in rosa. / Pensa l’uomo: ”Povero cavallino, così vecchio, / ormai non ne può più di lavorare; / gli ho asciugata con la paglia questa pelle / che tiene insieme le ossa con i dolori, / ma che presto sarà pelle da tamburo.” / Il cavallo, stralunato, si domanda / “Perché si devono rivoltare sempre queste zolle / di una terra pidocchiosa, avara, e tignosa / che non da nemmeno il fieno per la mia cena ?” /Entrambi pensano alla stalla e alla lettiera, / togliersi il duro gilèt di fustagno, / levare alla stanca bestia il piccolo giogo / e, per qualche minuto, riprendere fiato. / Il contadino mette un braccio al collo / del suo cavallo e gli dice dentro all’orecchio. / “Domani è un altro giorno, non arrabbiarti, / prendiamo la vita con filosofia.” / Ma intanto dagli occhi dei vecchi cola lenta / una lagrima vischiosa e tiepida. / densa come la gomma trasparente / sulla gracile pianta del susino. MENZIONE D’ONORE Luigi Legrenzi (Passirano) MENZIONE D’ONORE Emanuele Cominelli (Rudiano) EL PIÒ E LA PÈRTEGA “Dumà , ‘l ghera dè éser ‘ l dé pö bèl “ La g’hà dis la Pèrtega al Pio’, Ta mét dit : “ ta regaleró l’anèl E ‘n gir söl lac, ‘n fino a Salò.” ‘Nvece töt g’hè saltat pel’ aria, Ta ‘ndét ‘n piasa a protestà; Farif ‘na marcia solitaria, E dè risultati nient dè fà. EL MÉ CIOS Sentàt zo sö ‘n medol rimire el me cios: quater piò de teré de me pader, me nono e amò piö ‘ndré. Trebülà e contentas i ma semper cöntat i sa curarà dré en po’ come stagiù che ades a belaze le sa mesia e sconfont. Ma la tera per me l’è mia apena regoer ma l’ensema de polver de piante e animai che sa pert en del tep: la mort che sögheta a da eta. Entat varde el furmet che ‘l fa a gara col sul sö chi sterlüs piö de l’or: el par prope en bel quader che ga per curnis ‘na musna con rumelge e rübì e töt enturen piö nient apena sfalt e ciment IL MIO CAMPO Seduto sopra un masso / rimiro il mio campo / quattro piò di terreno / di mio padre, mio nonno / e ancora più indietro. / Tribolare e accontentarsi / mi hanno sempre raccontato / si rincorreranno / un po’ come stagioni / che adesso pian piano / si mescolano e confondono. / Ma la terra per me / non è solo raccolto / ma l’insieme di polvere / di piante e animali / che si perde nel tempo: / la morte che continua a dar vita. / Intanto guardo il frumento / che fa a gara col sole / su chi luccica più dell’oro / sembra proprio un bel quadro / che ha per cornice / una pietraia con romiglie e robinie / e tutto intorno più niente / solo asfalto e cemento. I völ tirat bià la tèra sota i pè E sübit dopo faga ‘na discarica, Senza dif né come né perchè E sensa capì, neanche la dinamica. Ma la T A V , tal sét mia L’importansa che la g’hà ! Te Piò … ta ölèt fa famìa, Fam mia ridèr póèr Bressà! Và pör ‘ n turèn coi cartèi, Digha a töcc...” me regòe furmintù Chel giöst per la polenta, cari mièi, E mia chèl d’importasiù!” E mé ché spérae dè spuzàt, Dé e nòt con té a fa l’amùr, ‘L vistit bianch ,l’ere bèla a preparàt E come ‘l vènt, mé riae söl tratùr. Lè ‘na éta dè tristèse, I ta mèt semper ‘n zenöcc, Ma l’è ach ‘na éta dè speranse.! Quate góse...... ma é zó dei öcc ! 14 15 IL PIÒ E LA PERTICA “Domani doveva essere il giorno più bello” / Dice la pertica al piò, / Mi hai detto: “ ti regalerò l’anello E un giro sul lago, fino a Salò “. // Invece tutto è saltato in aria, / Tu vai in piazza a protestare; / farete una marcia solitaria, / E di risultati niente da fare. // Vogliono toglierti la terra sotto i piedi / E subito dopo fare una discarica, / Senza dirti ne come ne perché / E senza capirne nemmeno la dinamica. // Ma la T A V , non lo sai / L’importanza che ha! / E tu Piò.... vorresti far famiglia, / Non farmi ridere... povero bresciano! // Vai pure in giro coi cartelli / Dì a tutti.... “Io raccolgo granoturco, / Quello giusto per la polenta, cari miei, / E non quello di importazione!” // E Io che speravo di sposarti, / Giorno e notte con Te a far l’amore, / Il vestito bianco l’avevo già preparato. / E come il vento, Io arrivavo sul trattore. // È una vita di tristezze, / Ti mettono sempre in ginocchio, / Ma è anche una vita di speranze.! / Quante lacrime.... mi scendono dagli occhi ! AGGIUNGIAMO VALORE AL VALORE Albo d’oro COLDIRETTI 1ª - 2ª - 3ª edizione premio poesia dialettale bresciana - “El Vì enVèrs” PRIMO PREMIO ASSOLUTO 2001: Dario Tornago 2003: Clelia M. Inzerillo Premio “Botticino” 2001: Giacomo Scalvini 2003: Dario Tornago Premio “Capriano del Colle” 2001: Gigi Dainesi 2003: Massimo Pintossi Premio “Cellatica” 2001: Alberto Jottini 2003: Ugo Pasqui Premio “Franciacorta” 2001: Angelo Giovanni Trotti 2003: Giuliana Bernasconi Premio “Garda Classico” 2001: Fabrizio Galvagni 2003: Claudio Ascolti Premio “Lugana” 2001: Ugo Pasqui 2003: Giancarlo Sembinelli Premio “San Martino d. B.” 2001: Massimo Pintossi 2003: Antonio Alessi Premio “Valle Camonica” 2001: - 2003: - 2005: Angelo Giovanni Trotti 2005: Lino Marconi 2005: Dario Tornago 2005: Daniele Andreis 2005: Mario Santi 2005: Antonio Alessi 2005: Angelo Facchi 4ª-5ª-6ª edizione premio poesia dialettale bresciana - “El pa enVèrs” PRIMO PREMIO 2015: Armando Azzini 2° Premio 2015: Anna M. Marsegaglia 3° Premio 2015: Velise Bonfante Iscrizioni, variazioni e cancellazioni posizioni contributive Finalità e compiti Accredito contributi figurativi Assegni e pensioni invalidi civili Indennità di accompagnamento Indennità di disoccupazione, sussidio straordinario disoccupazione Il Patronato Epaca in questo campo particolare assiste i lavoratori per il risarcimento e la riabilitazione a seguito degli infortuni avvenuti in conseguenza dell’attività lavorativa e domestica, aiutando il lavoratore ad ottenere le prestazioni previste. Il Patronato Epaca in questo campo assiste i cittadini per ottenere le prestazioni previste in campo assistenziale. s e m p r e a l t u o f i a nc o 800-667711 Uffi ci d i z ona Breno Via Ninfea, 44 - 25049 Iseo Tel. 030 2457638 - Fax 030 980634 Recapito venerdì mattina Rovato Via Macina, 1 - 25038 Rovato Tel. 030 2457641 - Fax 030 7709063 Orzinuovi 16 Pensioni: anzianità, vecchiaia, invalidità, inabilità, superstiti La tutela nell’ambito degli infortuni sul lavoro Iseo Ricongiunzioni e riscatti posizioni assicurative Pensioni Enti locali, Pubbliche Amministrazioni e Casse Private Via Tassara, 19/a - 25048 Breno Tel. 030 2457600 - Fax 0364 22417 Prosecuzioni e accredito versamenti volontari Il Patronato Epaca assiste tutti i lavoratori e pensionati per ottenere le prestazioni previdenziali previste, curando tutte le pratiche relative alla posizione previdenziale. La tutela nell’ambito dell’assistenza I nostri servizi principali EPACA (Ente di Patrocinio e Assistenza per i Cittadini e l’Agricoltura) è il Patronato costituito dalla Coldiretti, riconosciuto dallo Stato sin dal 1954. EPACA è persona giuridica di diritto privato, svolge un servizio di pubblica utilità senza scopo di lucro. La tutela nell’ambito della previdenza 2005: Loredana Scarpellini 7ª edizione premio poesia dialettale bresciana - “El piò enVèrs” Il Patronato EPACA Consistono nell’assistenza e nella tutela per il conseguimento di benefici previdenziali, sociali, assistenziali, in sede amministrativa e di contenzioso, dei cittadini italiani, della generalità dei lavoratori, dei pensionati e degli stranieri. 2005: Armando Azzini PRIMO PREMIO 2008: Armando Azzini 2010: Armando Azzini 2012: Vittorio Soregaroli 2° Premio 2008: Dario Tornago 2010: Vittorio Soregaroli 2012: Giuliana Bernasconi 3° Premio 2008: Angelo Giovanni Trotti 2010: Dino Marino Tognali 2012: Gigi Dainesi i l p a t r o na t o a l t u o s e rv i z i o Via Colombo, 11 - 25034 Orzinuovi Tel. 030 2457706 - Fax 030 941941 Chiari Vicolo Pace, 5 - 25032 Chiari Tel. 030 2457674 - Fax 030 7001764 Ricostituzioni pensionistiche e supplementi Prestazioni sociali, maternità, assegni ai nuclei familiari Indennità di malattia Tutela infortuni sul lavoro Riconoscimento postumi indennizzabili Assistenza legale e medico-legale Tutela dei diritti dei lavoratori extracomunitari e delle loro famiglie, regolarmente presenti in Italia, attraverso servizi dedicati Gardone Val Trompia Via Matteotti, 311 25063 Gardone Val Trompia Tel. 030 2457650 - Fax 030 8911810 Salò Via Golgi, 4, 25087 Cunettone di Salò Tel. 030 2457861 - Fax 0365 43733 Brescia Via Cacciamali, 71 - 25125 Brescia Tel. 030 2457521 - Fax 030 3530702 Montichiari Via Paolo VI, 35 - 25018 Montichiari Tel. 030 2457829 - Fax 030 961149 Leno Verolanuova Via Tonolini G.B., 14 int.1 25024 LENO (BS) Tel. 030 2457660 - Fax 030 9038316 Lonato Via IV Novembre, 11/b 25078 Vestone Tel. 030 2457889 - Fax 0365 820560 Recapito martedì mattina Via Semenza, 37 25028 Verolanuova Tel. 030 2457765 - Fax 030 931458 Via M. Cerutti, 11 - 25017 Lonato Tel. 030 2457835 - Fax 030 9913059 Sede Provinciale 15 Via San Zeno, 69 - 25124 Brescia Tel. 030 2457596 - 584 – 598 Fax 030 2457691 Vestone