SENTIRE: COLORI, SUONI, ODORI, E ALTRO Nella nostra società, troppo spesso ci lasciamo trascinare dalle seduzioni della tecnologia, e in primo luogo da quelle dell’informazione. Radio, televisione, Internet riescono a occupare gran parte del nostro tempo libero e sembra che riescano a farci dimenticare le sensazioni primarie e immediate. I nostri cinque sensi – perché non ricordarli con i loro nomi: vista, udito, olfatto, gusto e tatto – ci permettono di conoscere il mondo senza la mediazione delle macchine. Anche in montagna. Nel costruire la nostra memoria, abbiamo bisogno di quelle sensazioni elementari che edificano il grande castello dei ricordi: perciò la montagna e l’acqua, che sono il tema del nostro cercare, necessitano di questi elementi per elaborare una memoria consapevole. Per trasmetterli ai nostri simili, per comunicare le nostre esigenze, abbiamo bisogno di parole, di Storie antiche 9 Le montagne e l’acqua Realtà agresti note musicali, di tanti segni o segnali. È però ancora necessario un supporto materiale che permetta alla memoria di rimanere fissata e di non svanire nell’arco di pochi minuti. Come fissare i rumori e i suoni dell’acqua, ma anche i silenzi assoluti delle vette o il fischiare del vento? Si potrebbe rispondere che ci sono i registratori: di certo possono risolvere il problema, ma solo in parte. Alcuni poeti sono riusciti a cantare il silenzio, ma ognuno di noi sarà capace di trasferire le proprie sensazioni con gli strumenti e con i mezzi che ha, anche i più semplici. Proprio di tali “esperienze” abbiamo bisogno perché ogni ricerca è coralità e deve portare al confronto tra molti individui. I ragazzi lo sanno molto bene, anche se ciò non è materia di studio. E poi cosa dire dei colori: sembrerebbe facile catalogare i colori con un Pantone, ma proviamo a catalogare il colore del cielo o la trasparenza dell’acqua. Forse sono altrettanto utili le parole perché i colori cambiano con la luce, ma anche con l’umore di chi osserva. Non diciamo infatti che questa è una giornata nera oppure che il futuro che ci attende è roseo? Se ora passiamo a catalogare gli odori, le cose si fanno ancora più complicate: non tutti possono contare su un “naso clinico”, mentre l’infallibilità del “naso elettronico” è ancora da verificare. Ciò 10 Vittorio Marchis Pietre al servizio dell’acqua non toglie che proprio per queste difficoltà non si debba provare con un po’ di entusiasmo e fantasia. Per il gusto, molto vicino all’odorato, si potrebbe trovare un valido aiuto cercando analogie con ciò che è conosciuto. Sempre ritornando all’acqua (di cui tutti sappiamo che dovrebbe essere inodore, insapore e incolore) infinite sono le sensazioni che ci offre. Per il tatto infine forse l’unica soluzione è provare a individuare dei “campioni” di riferimento. O no? L’acqua rende viscide le rive dei torrenti, scava le pietre, scortica gli alberi, fa marcire le foglie. Solamente toccando un ciottolo di fiume si può tracciare la sua storia. Ma non si dimentichi che il ghiaccio… Il catalogo dei colori, dei suoni, degli odori, dei sapori e di tutto ciò che arriva ai nostri sensi aspetta solo di essere scritto. Francesco Petrarca soggiornò per qualche tempo a Vaucluse, sulle alture intorno ad Avignone. Il paese era già allora famoso per le sue cartiere che erano mosse dall’acqua del torrente che scorreva in quella valle. Ma le acque ricordano al poeta l’amo-re per Laura, la donna amata. Il ricordo, come spes-so accade, ha bisogno di un richiamo fisico: la sensualità della memoria rimane più viva e più duratura. L’acqua, nelle sue forme, diventa così il materia-le di supporto per una memoria così intima, che la spiritualità non potrebbe essere raccontata altrimenti, se non per mezzo di una metafora naturale. Chiare, fresche e dolci acque di Francesco Petrarca Chiare, fresche e dolci acque, ove le belle membra pose colei che sola a me par donna; gentil ramo, ove piacque (con sospir mi rimembra) a lei di fare, al bel fianco, colonna; erba e fior, che la gonna leggiadra riconverse 11 Le montagne e l’acqua co l’angelico seno; aer sacro, sereno, ove Amor co’ begli occhi i cor m’aperse; date udienzia insieme a le dolenti mie parole estreme S’egli è pur mio destino (e ‘l cielo in ciò s’adopra) ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda, qualche grazia il meschino corpo fra voi ricopra, e torni l’alma al proprio albergo ignuda. I versi del Petrarca continuano e certamente si possono trovare facilmente sulle pagine di un’antologia della letteratura italiana e, di certo, anche su Internet. Ma vale ancora la pena ricordare che Francesco Petrarca durante il suo soggiorno nel sud della Francia, nella regione di Avignone, compì anche 12 Vittorio Marchis escursioni in montagna di cui la salita al Monte Ventoso è rimasta descritta in una sua famosa lettera (Familiares IV, 1) indirizzata a Dionigi da Borgo San Sepolcro nel 1351. Siamo nel 1336 e Francesco, accompagnato dal fratello Gherardo sale sulla cima del monte che permette di scorgere i confini tra la Gallia e l’Ispania, le terre intorno a Marsiglia e a Agues Mortes: verto me in tergum, ad occidentem respiciens. Limes ille Galliarum et Hispaniae, Pireneus vertex, inde non cernitur; Lugdunensis autem provinciae montes ad dexteram, ad levam vero Massiliae fretum et quod Aquas Mortuas verberat, aliquot dierum spatio distante, preclarissime videbantur; Rodanus ipse sub oculis nostris. La strada è faticosa e Gherardo procede più velocemente del fratello, distratto invece dalla bellezza dei luoghi e dai panorami che riesce a scorgere e che gli fa galoppare la mente ai suoi studi. Francesco apre a caso il libretto delle Confessioni di Agostino e subito legge: eunt homines admirari alta montium et ingentes fluctus maris et latissimos lapsus fluminum et oceani ambitus et giros siderum, et relinquunt se ipsos («E gli uomini se ne vanno ad ammirare le alte cime delle montagne, i flutti smisurati del mare, i corsi lunghissimi dei fiumi, l’immensità dell’oceano e il moto degli astri, e abbandonano se stessi»). La montagna è anche un tramite per spaziare verso orizzonti più ampi, non solo in senso geografico, in un mondo dove acqua, terra e aria si confondono. Ma lasciando Petrarca alla sua escursione, e usando ancora la lirica come strumento capace di esternare nel modo più immediato le sensazioni e i sentimenti che da essi derivano, passiamo a un poeta indiano, Premio Nobel per la letteratura nell’anno 1913: ecco che la pioggia e l’acqua diventano i protagonisti di una natura, violenta ma al tempo stesso portatrice di vita. E le montagne sono baciate dalle nuvole, e la vegetazione è carica di pianto. Non è altro che il ciclo dell’acqua, ma quale diversità rispetto al rigido schema di un libro di scienze! 13 Le montagne e l’acqua Acque di R. Tagore Venite, o nubi, piene d’acqua e cariche di pioggia, portate il vostro cupo amore sulla terra. Venite a baciare le cime dei monti, a coprire d’ombre i giardini; con grande frastuono venite a coprire il cielo. Geme la foresta e trema il fiore, cariche di pianto traboccano le sponde del fiume. Le sensazioni trovano così nelle liriche e nelle canzoni, assieme alla pittura e alla musica, una forma oggettiva e al tempo stesso personale, tale da poter uscire dall’esperienza intima e potersi così comunicare agli altri. Anche se ormai appartiene a un passato, se pure prossimo e quindi probabilmente ancora oggetto della esperienza dei giovani d’oggi, Lucio Battisti ha lasciato una sua canzone intitolata Acqua azzurra, acqua chiara: il suo messaggio ci giunge immediato proprio perché va a toccare il primo livello delle nostre sensazioni e non ha bisogno d’altro. 14