Indice 7 Introduzione 19 TRAINING 1 Le fantastiche e musicali avventure di Leonardo 73 TRAINING 2 Un fiume di avventure: la strana storia di Bea, Marco e Giò 143 TRAINING 3 Dialoghi tra funzioni (matematiche) e chiavi (di violino) 205 Biografie sintetiche 217 Schede di approfondimento sugli strumenti musicali 225 Brani utilizzati nei training 229 Glossario tivo: in questo caso l’individuo, durante la ricerca della soluzione, ha una specie di illuminazione improvvisa, un’intuizione (insight), che gli permette di percepire il problema in modo diverso, sotto una nuova luce. Diventa allora evidente che uno specifico elemento, che prima non era stato notato, assume un’importanza centrale e indica la direzione da seguire per il raggiungimento della soluzione. Mentre il pensiero riproduttivo si limita quindi ad annoverare i vari aspetti della questione senza considerare il problema in modo globale, il pensiero produttivo tende a cogliere la struttura complessiva e il rapporto funzionale tra i singoli elementi. L’insight ipotizzato dai gestaltisti è strettamente collegato alla ristrutturazione. Essa si raggiunge attraverso operazioni di raggruppamento, centratura e decentratura degli elementi che costituiscono la situazione problemica. Gli esponenti della corrente gestaltista ipotizzano che la ristrutturazione possa essere ostacolata dalla fissità, che tende a far considerare alcuni aspetti del problema come immutabili, non suscettibili di trasformazione. Duncker (1969) ne individua tre diversi tipi: – la fissità di impostazione si ha quando un tipo di soluzione, dimostratosi efficace in una data situazione, viene rigidamente collegato a un certo genere di problemi; – la fissità di contesto si riferisce a un elemento che, associato solitamente a un certo contesto, non sembra applicabile a una situazione differente; – la fissità di struttura, infine, rappresenta la rigidità di un elemento e la sua tendenza a contrastare il processo di ristrutturazione. Le persone in grado di superare queste fissità sarebbero quindi nelle condizioni migliori per riorganizzare i campi problemici in maniera creativa e individuare le strutture meno evidenti che possono condurre alle soluzioni migliori. Nei training contenuti in questo volume si è cercato di proporre attività volte a forzare cambiamenti di punti di vista e ristrutturazioni originali degli elementi presentati dalla narrazione in modo da indebolire i diversi tipi di fissità cognitiva. Musica: i tre registri Come mai legare lo sviluppo del pensiero creativo proprio alla musica? Una prima, immediata, ragione è che la musica è quotidianamente attorno a noi, sia che si decida volontariamente di ascoltarla oppure no (come sottofondo in macchina o al supermercato, nella suoneria dei cellulari, nei jingle pubblicitari, in un momento di relax, per creare atmosfera, come compagnia durante qualche compito noioso, per distrarci o per darci il ritmo giusto). Usarla vuol dire avere a disposizione un «facilitatore cognitivo» familiare a tutti, che potrà rendere più semplici e motivanti gli esercizi cognitivi che altrimenti potrebbero apparire ripetitivi o poco allettanti. Un secondo, e non certo meno valido, motivo è dato dalle caratteristiche proprie della musica, intesa in questo caso come linguaggio o addirittura come pensiero. Si è già accennato in apertura agli studi condotti utilizzando la musica come possibile catalizzatore per uno sviluppo di specifiche abilità cognitive. Nel Introduzione ◆ 11 nostro caso però l’impiego che si intende fare del codice musicale non è passivo ma attivo. Nei training proposti si richiederà quindi ai lettori di utilizzare attivamente gli stimoli musicali, e mai ci si fermerà a un semplice ascolto. Il perché di questa scelta operativa sarà più chiaro esaminando i meccanismi cognitivi che si ritiene il codice musicale possa attivare. Per dare una prima definizione di questi meccanismi, partendo da una base cognitiva e non puramente musicale, è possibile avvicinarli alla categorizzazione di Bruner (1990), intendendoli come fasi della rappresentazione mentale e, più precisamente, come fasi esecutiva, iconica e simbolica. La prima, come si può intuire dal nome, rimanda ad azioni abituali, che mettono in luce precise strategie di azione legate alla coordinazione sequenziale dei movimenti; la seconda si basa sulla rappresentazione attraverso immagini, per mezzo delle quali si possono compiere anticipazioni e trasformazioni sia di oggetti che di schemi di azione; la terza prevede una traduzione dei risultati delle altre due fasi (azioni e immagini) in linguaggio, arrivando a elaborare lo stimolo a livello di concetti, categorie e gerarchie. In altre parole: dal concreto/operativo all’astratto, dall’azione al pensiero. A prima vista tutto ciò può apparire molto lontano dall’azione della musica, ma in realtà è possibile avvicinare queste tre fasi al codice musicale. Esso infatti può essere inteso come collegato a precisi meccanismi cognitivi che permettono di analizzare ed elaborare uno stimolo seguendo modalità diverse, che si integrano vicendevolmente. Per mantenere il parallelismo con la categorizzazione di Bruner, la suddivisione degli effetti cognitivo-espressivi della musica può essere avvicinata a quella attuata da Antonietti (2006), che divide tali effetti in tre macroregistri: motorio, iconico e verbale. Tali registri — che ora analizzeremo nel dettaglio — proprio perché universali e naturalmente collegati al codice musicale, sono stati presi come spunto per la creazione e organizzazione dei nostri training volti a promuovere un «pensiero musicale» che sia funzionale allo sviluppo di più trasversali abilità cognitive ed emotive. Il registro motorio Se ripensiamo alle nostre esperienze di fruizione o produzione musicale, apparirà evidente come la musica sia naturalmente collegata al movimento corporeo, che la si voglia eseguire o anche solo ascoltare. Sempre ripensando alla nostra esperienza musicale, sarà anche semplice cogliere come i tipi di movimento a cui si può collegare la musica sono differenti e possono essere immaginati come disposti su un continuum di livelli. Innanzitutto la musica può attivare variazioni a livello propriamente fisiologico, in primo luogo nei ritmi cardiovascolari e respiratori (pensiamo a come può «caricarci» una musica particolarmente movimentata o tranquillizzarci una ninnananna), che a loro volta influenzano altri cambiamenti fisiologici (Scherer e Zentner, 2001). Ma il movimento elicitato dagli stimoli musicali può anche essere di tipo interiore e quindi legato al versante emotivo. Infatti, come sottolineato anche da Sloboda e Justin (2001), i cambiamenti fisiologici prima ricordati risultano correlati a specifiche esperienze emotive. 12 ◆ Storie per pensare – Vol. 1 LE FANTAST LE ICH E E M U SI C A L FAN TASTI CHE E M U S I CA LI AVVENTURE DI LEONA RDO LI AV VENTURE DI EONARDO BARBARA COLOMBO, M ARIA ASCOLTO 1 p. 38 ATTIVITà 1 p. 39 ASCOLTO 2 p. 40 CHIARA M AZZI E CRISTINA GAMBOLI* C ’era una volta, in una terra molto lontana, una principes- sa di nome Viola. Aveva i capelli marroni come una castagna e gli occhi verdi che scintillavano come uno smeraldo. Amava stare nel giardino del suo palazzo, dove incontrava molti amici animali con cui giocare e stare in compagnia. Dato che, come principessa, non le era concesso di andare alla scuola del paese, non aveva i compiti da fare, e questa era anche una gran fortuna! Però non aveva nemmeno dei compagni di classe con cui giocare, chiacchierare o fare merenda. Così negli anni Viola aveva stretto amicizia con gli animali del giardino, e per lei era normale prendere il tè con il gatto, ma solo se accompagnato dalle buonissime lingue di gatto cucinate apposta dal cuoco del palazzo (ovviamente!), giocare a briscola con il cane (che era il più sveglio di tutti, anche se sbavava sempre sulle carte, cosa che a Viola faceva un po’ schifo), mentre con gli uccellini organizzava tornei di karaoke, dove vinceva sempre Viola perché gli uccellini sbagliavano puntualmente le parole delle canzoni, mentre lei aveva una gran memoria. V iola era molto felice della sua vita a palazzo fatta di giochi, idee e tanti amici. Ma un giorno accadde qualcosa che cambiò drasticamente la sua vita. Un mercoledì, dalla stradina dietro il cancello del giardino di Viola, passò un contadino di nome Leonardo, che portava dei secchi pieni d’acqua per innaffiare le begonie preferite della regina. Aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri e, anche se non * Cristina Gamboli: laureata in Scienze della Formazione Primaria, ha sviluppato nell’elaborazione del suo progetto di tesi la tematica del potenziamento cognitivo tramite l’impiego del codice musicale. È insegnante di scuola primaria. © 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson 19 LE FANTAST ICH E E M U SI C A ATTIVITà 2 p. 41 ASCOLTO 3 p. 42 20 LI AV VENTURE DI LEONARDO poteva andare a scuola, studiava sui libri dei suoi parenti ed era talmente sveglio e bravo che, se fosse venuto a scuola con te, avresti pensato che era un genio. Mentre trasportava i secchi pesanti, Leonardo sentì dei passi leggeri e una donna cantare dolcemente (era il giorno del torneo di karaoke). Si sporse attraverso un cespuglio e vide Viola. Rimase incantato dalla sua bellezza e lasciò cadere per terra i due secchi facendo un tale baccano da interrompere il torneo. La principessa udì il rumore e vide il contadino mortificato che cercava di raccogliere il più velocemente possibile i secchi, facendoli però cadere di nuovo ogni tre secondi per la vergogna e l’agitazione. Si diedero un’occhiata al di sopra dei secchi e si innamorarono immediatamente. Si sedettero su una panchina di marmo bianco e iniziarono a parlare della loro vita. «Sei luminosa come una lampadina, o mia principessa!» disse Leonardo, che era molto innamorato, ma non certo originale. Viola storse un po’ il naso a questo complimento poco romantico. «Come una lampadina?!» esclamò delusa. «Magari brillante come un’idea geniale, oppure luminosa come il cervello di uno scienziato… Ma via! Una lampadina! Voi mi deludete messer contadino!» D opo aver ascoltato i meravigliosi complimenti creativi di Leonardo, Viola sentì crescere ancora di più il suo amore e i due decisero di sposarsi e scappare via per vivere tante avventure girando il mondo (del resto due creativi potevano forse passare la loro vita in un banale castello?!). Intanto, nel palazzo, anche il cugino di Viola, Diradon, si era innamorato follemente della principessa e, con un tempismo incredibile, non appena ella fece ritorno a palazzo le chiese di sposarlo. La principessa ovviamente non accettò, perché non lo amava e perché, vittima del colpo di fulmine del pomeriggio, tra secchi rovesciati, panchine e complimenti, ormai sapeva che il suo vero amore era il contadino Leonardo. © 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson LE FANTAST ICH E E M U SI C A LI AV VENTURE DI LEONARDO Ascolto 5 Verdi: Sinfonia dalla «Forza del destino» Perché qui Prima in tensione, poi narrativa e infine dolcemente melodica come se sciogliesse l’ansia. Qualche notizia Verdi non ha mai scritto musica sinfonica nel senso stretto della parola, ma alcune delle ouverture delle sue opere hanno la vastità, l’ampiezza di respiro e la grandiosità di veri e propri tempi di sinfonia. Un caso è proprio quello dell’ouverture della Forza del destino, opera presentata per la prima volta nel 1867 a San Pietroburgo e due anni dopo, con un successo enorme, alla Scala di Milano. Come era ormai prassi nell’Ottocento, l’ouverture propone alcuni dei temi più importanti dell’opera, ma nella sua struttura e nella sua concezione musicale vuole anche preparare lo spettatore allo svolgimento del successivo dramma. Si inizia con il tema del destino, pieno di angoscia e di ansia e alternato a forti accordi degli ottoni. Seguono una sezione indicata come Andantino, in cui sono i legni a prevalere e a esporre quello che sarà il tema del duetto tra tenore e baritono, e quello che viene chiamato Tema di Leonora (la protagonista), affidato agli archi che ne esprimono la tenerezza. Una nuova sezione è costruita poi su una dolcissima melodia affidata al clarinetto accompagnato dall’arpa. Insomma, tutti i sentimenti — anche i più contrastanti — si affollano e si alternano in questo brano, dove alla fine la conclusione esprime nelle sue opposizioni tonali e tematiche l’incombere del destino su tutti e su tutto. 46 © 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson LE FANTAST ICH E E M U SI C A LI AV VENTURE DI LEONARDO ATTIVITÀ 5 Facciamo amicizia con gli strumenti Leonardo è molto confuso da questi strumenti che non conosce. Prova a dargli una mano, trovando qualche strategia creativa per renderglieli più familiari. 1. Prova ad associare ogni strumento a un luogo che suggerisca qualcosa di lui e delle sue caratteristiche: ad esempio, quale potrebbe essere la casa del corno? _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ 2. Quale potrebbe essere il miglior amico del contrabbasso? _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ 3. E la macchina del clarinetto? _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ 4. Oppure la vacanza ideale dello xilofono? _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ © 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson 47 UN AVVENTURE FI U M E D I : LA ST RANA ST ORIA DI ATTIVITà 14 p. 124 BEA, MARCO E GIÒ «Ma stai scherzando? Osserva bene, perché una sorgente ha da insegnarti più di tutte le ricerche che potrai mai fare a scuola!» Giò e Marco si guardarono perplessi. Bea invece sembrava affascinata. Marco si azzardò a bisbigliare al suo amico: «Che ne dici Giò? Che c’è da imparare? Qui vedo solo acqua!». E Giò bisbigliò di rimando: «Acqua e zanzare al massimo. Sono d’accordo con te. ‘Sto qua con il suo flauto mi sembra parecchio strano!». I due, però, furono subito zittiti dall’occhiata tagliente di Bea e del signore con il flauto. «Non è solo acqua!» disse il flautista. B eatrice osservava pensierosa il flautista, mentre Giò pareva sempre più perplesso. A sorpresa fu Marco a parlare: «Certo! L’acqua è come la vita che noi riceviamo in continuazione. Dobbiamo però essere capaci di osservare, di riconoscere le sorgenti che ci circondano…». Sia i suoi compagni che il signore con il flauto lo guardarono piuttosto sorpresi. E lo furono ancora di più quando Marco, un po’ imbarazzato, aggiunse: «Che c’è? Perché mi fissate? Stavo solo leggendo un sms che mi è appena arrivato!». «Hai amici saggi, figliolo» aggiunse il pastore «ma forse, come nel caso della sorgente, non sai vederli davvero…». E mentre Marco lo fissava silenzioso, e Beatrice per una volta non trovava nulla da aggiungere, Giò continuava a dare gomitate a Marco e a ripetere: «Di chi è l’sms? Di chi è? Daaaai, confessa!». Dopo qualche attimo di silenzio Beatrice azzardò: «Per caso è passata di qui la nostra prof di musica? Forse lei la conosce, si chiama Barbara…». «Perché la cercate?» «È scomparsa» rispose Marco. «Sì, rapita dai banditi, e noi la vogliamo salvare» aggiunse pimpante Giò. «Uhm» disse meditando il flautista «non credo di potervi aiutare più di tanto, ma se ho capito bene il vostro intento, vi suggerirei di seguire il corso del fiume». E, detto questo, in pochi istanti scomparve nel folto del bosco. © 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson 87 UN AVVENTURE FI U M E D I : LA ST RANA ST ORIA DI BEA, MARCO E GIÒ CAPITOLO QUARTO – Il cammino del fiume «C he facciamo ora ragazzi?» disse Marco. «Mah… A me questo sembrava parecchio fulminato, è chiaro che ci ha dato una risposta a caso, tanto per non dire che non ne sapeva nulla della prof!» commentò Giò. «E invece ci può stare!» disse Beatrice «Ripensate all’indizio che abbiamo trovato: La Moldava, il poema sinfonico di Smetana, racconta proprio il corso del fiume, e il tema, che è la parte più nota, descrive proprio l’andamento del fiume!». «Ah bè…» osservò Giò scuotendo le spalle senza troppa convinzione «Siamo arrivati fino a qui, facciamo quest’altro sforzo». «A me va bene!» aggiunse sorridendo Marco, entusiasta sì della proposta, ma soprattutto contento che l’sms della ragazza del mistero gli avesse fatto fare una così bella figura, per quanto stupito di come lei fosse riuscita a mandargli un messaggio tanto mirato. Dopo un po’ che camminavano, i ragazzi si accorsero che Bea stava canticchiando qualcosa. «Che canti?» chiese Giò. «Nulla, una canzoncina» disse lei arrossendo, perché si vergognava sempre di farsi sentire mentre cantava da sola, senza la protezione del coro. «Dai, sembrava carina… Cos’è?» disse Marco, che voleva fare il gentile. Bea, arrossendo un po’, spiegò: «È una canzoncina popolare molto antica. “Fuggi fuggi…” dice all’inverno di andare via in pratica… Mi è venuta in mente perché è costruita su una melodia popolare, il ballo di Mantova, che ha usato anche Smetana per il ritornello della Moldava». «Vuoi dire che ‘sto compositore famoso Smint… Smet…» farfugliò Giò. «SMETANA!» «Ecco, quello, ha copiato?!» «Ma no, era normale riprendere temi noti e riadattarli… Del ballo di Mantova ce ne sono tantissime versioni!» «Dai! Facci sentire questo “Fuggi inverno”» disse Marco curioso. 88 © 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson UN AVVENTURE FI U M E D I : LA ST RANA ST ORIA DI BEA, MARCO E GIÒ ATTIVITÀ 2 Suoni, colori e musica Se dovessi associare un suono, un colore e un brano musicale a ognuno dei protagonisti di questa storia, quali sarebbero? E perché? • Bea: _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ • Marco: _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ • Giò: _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ • E a te stesso che suono, che colore e che musica assoceresti? Perché? _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________________________________________________ 104 © 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson UN AVVENTURE FI U M E D I : LA ST RANA ST ORIA DI BEA, MARCO E GIÒ Ascolto 1 Personaggi in musica Mozart: Voi che sapete da «Le nozze di Figaro» – Bea Perché qui Il carattere di Bea è calmo, riflessivo e senza sbalzi d’umore. Ma solo all’apparenza. Come questo brano, che Mozart chiama «canzone» per la sua normalità, la metrica regolare e l’accompagnamento uniforme; ma la melodia è sempre diversa e segue il senso delle parole, come complessa e intensa, sempre pronta a adattarsi alle situazioni, è Bea. Qualche notizia Le nozze di Figaro (1786) è la prima opera che Mozart compone a Vienna su libretto di Lorenzo Da Ponte, e con essa inizia l’ultima fase della sua avventura nel teatro musicale, che comprende lavori esemplari e riassuntivi di tutti i generi del melodramma del Settecento. Il libretto si basa su una commedia di Beaumarchais (parte di una trilogia comprendente anche Il barbiere di Siviglia), che alla vigilia della Rivoluzione francese era proibito rappresentare in tutta Europa per la sua carica rivoluzionaria e il senso di ribellione nei confronti dei nobili. Ridotta a melodramma essa perdeva il senso realistico e faceva meno paura, perciò ne fu consentita la rappresentazione. Pur non ottenendo grande successo a Vienna, divenne famosissima a Praga, dove solleticava le voglie di ribellione della nobiltà locale. Con acutezza l’opera coglie infatti le inquietudini della società borghese prerivoluzionaria grazie a una musica che sorprende e commuove. Debussy: «Arabesque» – Marco Perché qui Marco è bello, affascinante, forse un po’ uguale a se stesso. Ma anche qui si rivela un tratto inatteso, se pure eccezione rispetto a quella che è la norma. Come l’avvolgente arabesco di questa pagina, che si ferma «a riflettere» solo un attimo prima di tornare affascinante ma uguale fino alla fine. Qualche notizia La musica per pianoforte di Debussy è la più rappresentativa delle poetiche simboliste che dominavano Parigi tra Ottocento e Novecento e che avevano dato vita a nuove suggestioni nella letteratura e nella pittura. Negli anni in cui la società industriale stravolge la vita quotidiana, mentre gli scrittori naturalisti narrano il disagio dell’umanità abbrutita da una vita di stenti, la musica (come le altre arti) cerca di creare un mondo raffinato e irreale in cui rifugiarsi, utilizzando strumenti particolari nell’orchestra (come flauti e arpe) ma trovando anche nuove timbriche nel pianoforte. Debussy ne dà un esempio in raccolte come i Préludes, Images, Estampes e in brani come Arabesque (del 1891) dove, dimenticate le tensioni dell’armonia tardoromantica, ritmo e melodia indipendenti e liberi da ogni legge costruiscono un’atmosfera indeterminata e il suono è come un magico ricciolo liberty, luccicante polvere d’oro che avvolge con un velo tutte le cose. (continua) © 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson 105 DIALOG H I T R A F U N Z I O NI ATTIVITà 10 p. 183 (MATEM ATICHE) E CHIAVI (DI O) VIOLIN Tra un gioco e l’altro la serata proseguiva allegramente: chiacchiere, risate, tutti sembravano divertirsi molto... T utto procedeva a meraviglia quando, proprio sul più bello, fece il suo ingresso zio Cisco insieme al suo quartetto. Camicia viola, pantaloni arancioni di velluto e calzini rossi lo rendevano difficile da ignorare. Dopo aver salutato frettolosamente gli invitati, si mise a chiacchierare con Nicola. «Nic, tua mamma mi ha mandato delle registrazioni dei tuoi brani: sei davvero bravo! Che ne diresti di venire a fare qualche prova con noi? Potresti anche darmi una mano ad arrangiare i brani… Se ti trovassi bene, potresti venire in tournée con noi durante l’estate… E una volta finito il conservatorio… Bè… Si potrebbero fare grandi progetti!» Nicola si sentiva come se avesse appena vinto alla lotteria: «Wow zio, è fantastico, grazie! Non potevi farmi regalo migliore!». Roberto, che ovviamente stava ascoltando la conversazione pur facendo finta di nulla, nell’udire le ultime parole si sentì prossimo a uno svenimento; non riusciva a credere alle proprie orecchie! Quello che più temeva stava per succedere davvero e lui si sentiva impotente. Decise perciò di mettere da parte per una volta il suo rigore e i suoi principi. Così slacciò ben due bottoni della camicia, allentò la cravatta e buttò giù almeno due bicchieri di prosecco di seguito. Quando si rese conto che (essendo astemio) tutto attorno a lui girava, stabilì che era arrivato il momento di andarsene a dormire. Magari — e qui era il vino che ragionava — svegliandosi avrebbe scoperto che era stato solo un altro incubo. Dormì male. Era veramente preoccupato per Nicola: quella sera aveva assistito a ciò che per lui era l’inizio della distruzione di tutti i sogni e i progetti che aveva fatto per il suo bambino. Venne svegliato da schiamazzi che provenivano dalla cucina. Stordito guardò l’orologio, accorgendosi che era mattina presto. Ma Nicola era già sveglio, ancora su di giri per la «fantastica notizia». 154 © 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson DIALOG H I T R A F U N Z I O NI ASCOLTO 7 p. 184 ATTIVITà 11 p. 185 (MATEM ATICHE) E CHIAVI (DI O) VIOLIN E stava animatamente dialogando con la madre, la quale ne condivideva in pieno l’eccitazione. A sentirla ridere, Roberto avvertì che il suo mal di testa da sbronza aumentava. Proprio non ce la faceva a stare lì senza far nulla per impedire il disastro. Scese in cucina senza preoccuparsi di seguire il suo rituale di vestizione, entrò scarmigliato, in pantofole e con la vestaglia tutta storta, e con aria truce si rivolse al figlio: «L’ho sempre detto io che questa è una famiglia di pazzi! Sei per caso ammattito? Pensi veramente che io ti lasci seguire le orme di quel fuori di testa di tuo zio?». Sofia intervenne subito per cercare di calmare le acque: «Roberto! Per favore! Non cominciare con le tue solite storie. Rilassati un…». «E tu! Tu sei peggio di lui!» la interruppe Roberto. «Gli dai anche corda! Incredibile! Impensabile! A tutti e due! A questo “ragazzino” e a quello squilibrato di tuo fratello!» © 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson 155 DIALOG H I T R A F U N Z I O NI (MATEM ATICHE) LINO) E CHIAVI (DI VIO ATTIVITÀ 7 Il menu di Sofia Vuoi provare ad aiutare Sofia suggerendo che piatti potrebbe inserire? Overture (o preludio) ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ Atto primo ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ Atto secondo ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ INTERMEZZO _______________________________________________ ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ Atto terzo ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ Chiusura ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ ACCORDO _______________________________________________ 180 © 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson DIALOG H I T R A F U N Z I O NI (MATEM ATICHE) LINO) E CHIAVI (DI VIO ATTIVITÀ 8 Foto musicali Sei invitato alla cena della famiglia Meneghini! Contento? Per l’occasione dovrai scegliere l’immagine che meglio rappresenta il tuo rapporto con la musica e che verrà poi utilizzata durante la festa come segnaposto. Scegli tra quelle che ti vengono proposte e poi motiva la tua scelta. La mia foto… _________________________________________________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________________________________________________ © 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson 181 FIATI Gli strumenti a fiato sono così chiamati perché il suono viene prodotto soffiando aria al loro interno. Di origine antichissima, hanno subìto continue trasformazioni nel corso dei secoli. La famiglia dei fiati si suddivide in legni e in ottoni, a seconda del materiale di cui sono fatti gli strumenti. I legni comprendono il flauto (diritto e traverso, oggi in metallo), l’oboe (e il corno inglese), il clarinetto, il fagotto e il sassofono, che appartiene a questa famiglia pur essendo in metallo. Gli ottoni comprendono il corno, la tromba e il trombone. Nei legni le note sono prodotte dall’apertura e chiusura dei fori per mezzo delle dita o per mezzo di chiavi e anelli; negli ottoni sono prodotte dall’azione delle valvole (corno), dei pistoni (tromba) o della coulisse (trombone), che allungano o accorciano la lunghezza del percorso dell’aria all’interno dello strumento. Flauto Il flauto è diffusissimo sin dall’antichità. Fino a metà Settecento ne esistevano due tipi (diritto o dolce e traverso, entrambi in legno), ma a metà del secolo fu il secondo a prevalere. L’aggiunta delle chiavi al semplice tubo di legno forato favoriva l’esecuzione anche da parte dei dilettanti: così lo strumento diventò popolarissimo e grandi autori, come Händel e Vivaldi, vi si dedicarono. Dall’Ottocento il flauto traverso (in metallo) è fisso in orchestra e nel Novecento è stato utilizzato come solista da compositori come Prokofiev, Poulenc e Martin. Oboe Strumento ad ancia doppia, già conosciuto dagli antichi Greci, era diffusissimo soprattutto nella tradizione popolare (le pive e le ciaramelle). Usato nel Rinascimento nelle feste di corte e nelle cerimonie civili, ebbe nel Barocco la sua età d’oro (per oboe scrissero splendidi concerti gli autori veneziani come Vivaldi e Marcello) e nel Settecento entrò stabilmente in orchestra perfezionandosi, come gli altri strumenti a fiato, nell’Ottocento. Da quel momento gli autori, fino al Novecento, ne hanno sfruttato la brillantezza e l’espressività. Corno inglese Strumento ad ancia doppia e bocchino angolato, il corno inglese deriva dall’oboe. Il nome «corno» è dato dal fatto che originariamente aveva una forma ricurva che ricordava quella del corno da caccia; quanto al termine «inglese», si tratta di una errata traduzione: la parola francese «anglé» («angolato») che si rifaceva alla forma del bocchino fu tradotta con «inglese» solo perché suonava uguale ad «anglais». 218 ◆ Storie per pensare – Vol. 1 Il corno inglese ha suono più grave rispetto all’oboe e viene usato in particolari contesti suggestivi. Clarinetto Il clarinetto è uno strumento recente (è nato infatti a metà Settecento dal francese chalumeau, cui erano stati aggiunti fori per aumentarne l’estensione) e si è subito affermato tra gli strumenti ad ancia semplice per il timbro tenero e vellutato e per la facilità con cui si adatta a qualsiasi musica. Valorizzato da Mozart ha raggiunto la maggiore fortuna nel Romanticismo, quando i compositori (come Weber e Brahms) ne hanno messo in luce le doti romanticamente espressive, e nel Novecento è diventato anche una delle voci del jazz. Fagotto Il nome «fagotto» appare per la prima volta nel Cinquecento e da metà del Seicento questo strumento ad ancia doppia entra nella musica per orchestra (a fianco dell’oboe), da camera e solistica. Dal suono caldo ma anche dal carattere umoristico, il fagotto ha avuto grande fortuna nel Classicismo viennese, con Mozart e Beethoven, mentre il Romanticismo ne ha sottolineato le doti virtuosistiche. Nel Novecento autori come Dukas (nell’Apprendista stregone) o Stravinskij (nella Sagra della Primavera) ne hanno poi scoperto sfumature misteriose. Corno I primi corni si trovano già nella preistoria: non erano fatti in metallo ma di corna animali (in seguito di avorio) e servivano nelle battaglie e nelle cerimonie. Il corno metallico avvolto a spirale si diffonde nel Cinquecento per la caccia e nel Sei e Settecento entra nella musica d’arte, ulteriormente modificato per produrre un maggior numero di note. Nel Romanticismo acquista gran parte del suo repertorio perché richiama il mondo tanto amato della natura e dei boschi. In questo senso evocativo viene utilizzato da Weber e da Wagner, che ne sfruttano appieno anche gli ultimi importanti perfezionamenti tecnici. Tromba Anche la tromba ha origini molto lontane. Usata quasi solo in ambito militare, nel Quattrocento divenne strumento di corte e dai campi di battaglia giunse nelle sale da concerto o nelle chiese vivendo il suo momento di maggior gloria nel Sei e Settecento nelle mani di Bach e di Haydn. Proprio le esigenze concertistiche portarono al miglioramento della meccanica, che giunse a perfezione nell’Ottocento. Per Schede di approfondimento sugli strumenti musicali ◆ 219