Indice
7
Introduzione
19
TRAINING 1 Le fantastiche e musicali avventure di Leonardo
73
TRAINING 2 Un fiume di avventure: la strana storia di Bea, Marco e Giò
143
TRAINING 3 Dialoghi tra funzioni (matematiche) e chiavi (di violino)
205
Biografie sintetiche
217
Schede di approfondimento sugli strumenti musicali
225
Brani utilizzati nei training
229
Glossario
tivo: in questo caso l’individuo, durante la ricerca della soluzione, ha una specie di
illuminazione improvvisa, un’intuizione (insight), che gli permette di percepire il
problema in modo diverso, sotto una nuova luce. Diventa allora evidente che uno
specifico elemento, che prima non era stato notato, assume un’importanza centrale
e indica la direzione da seguire per il raggiungimento della soluzione. Mentre il
pensiero riproduttivo si limita quindi ad annoverare i vari aspetti della questione
senza considerare il problema in modo globale, il pensiero produttivo tende a
cogliere la struttura complessiva e il rapporto funzionale tra i singoli elementi.
L’insight ipotizzato dai gestaltisti è strettamente collegato alla ristrutturazione.
Essa si raggiunge attraverso operazioni di raggruppamento, centratura e decentratura degli elementi che costituiscono la situazione problemica.
Gli esponenti della corrente gestaltista ipotizzano che la ristrutturazione
possa essere ostacolata dalla fissità, che tende a far considerare alcuni aspetti del
problema come immutabili, non suscettibili di trasformazione. Duncker (1969)
ne individua tre diversi tipi:
– la fissità di impostazione si ha quando un tipo di soluzione, dimostratosi efficace
in una data situazione, viene rigidamente collegato a un certo genere di problemi;
– la fissità di contesto si riferisce a un elemento che, associato solitamente a un
certo contesto, non sembra applicabile a una situazione differente;
– la fissità di struttura, infine, rappresenta la rigidità di un elemento e la sua tendenza a contrastare il processo di ristrutturazione.
Le persone in grado di superare queste fissità sarebbero quindi nelle condizioni
migliori per riorganizzare i campi problemici in maniera creativa e individuare le
strutture meno evidenti che possono condurre alle soluzioni migliori.
Nei training contenuti in questo volume si è cercato di proporre attività volte a
forzare cambiamenti di punti di vista e ristrutturazioni originali degli elementi presentati dalla narrazione in modo da indebolire i diversi tipi di fissità cognitiva.
Musica: i tre registri
Come mai legare lo sviluppo del pensiero creativo proprio alla musica?
Una prima, immediata, ragione è che la musica è quotidianamente attorno a
noi, sia che si decida volontariamente di ascoltarla oppure no (come sottofondo
in macchina o al supermercato, nella suoneria dei cellulari, nei jingle pubblicitari,
in un momento di relax, per creare atmosfera, come compagnia durante qualche
compito noioso, per distrarci o per darci il ritmo giusto). Usarla vuol dire avere
a disposizione un «facilitatore cognitivo» familiare a tutti, che potrà rendere più
semplici e motivanti gli esercizi cognitivi che altrimenti potrebbero apparire ripetitivi o poco allettanti.
Un secondo, e non certo meno valido, motivo è dato dalle caratteristiche
proprie della musica, intesa in questo caso come linguaggio o addirittura come
pensiero. Si è già accennato in apertura agli studi condotti utilizzando la musica
come possibile catalizzatore per uno sviluppo di specifiche abilità cognitive. Nel
Introduzione ◆ 11
nostro caso però l’impiego che si intende fare del codice musicale non è passivo ma
attivo. Nei training proposti si richiederà quindi ai lettori di utilizzare attivamente
gli stimoli musicali, e mai ci si fermerà a un semplice ascolto. Il perché di questa
scelta operativa sarà più chiaro esaminando i meccanismi cognitivi che si ritiene
il codice musicale possa attivare.
Per dare una prima definizione di questi meccanismi, partendo da una base
cognitiva e non puramente musicale, è possibile avvicinarli alla categorizzazione
di Bruner (1990), intendendoli come fasi della rappresentazione mentale e, più
precisamente, come fasi esecutiva, iconica e simbolica. La prima, come si può intuire dal nome, rimanda ad azioni abituali, che mettono in luce precise strategie di
azione legate alla coordinazione sequenziale dei movimenti; la seconda si basa sulla
rappresentazione attraverso immagini, per mezzo delle quali si possono compiere
anticipazioni e trasformazioni sia di oggetti che di schemi di azione; la terza prevede
una traduzione dei risultati delle altre due fasi (azioni e immagini) in linguaggio,
arrivando a elaborare lo stimolo a livello di concetti, categorie e gerarchie. In altre
parole: dal concreto/operativo all’astratto, dall’azione al pensiero.
A prima vista tutto ciò può apparire molto lontano dall’azione della musica,
ma in realtà è possibile avvicinare queste tre fasi al codice musicale. Esso infatti
può essere inteso come collegato a precisi meccanismi cognitivi che permettono
di analizzare ed elaborare uno stimolo seguendo modalità diverse, che si integrano
vicendevolmente. Per mantenere il parallelismo con la categorizzazione di Bruner,
la suddivisione degli effetti cognitivo-espressivi della musica può essere avvicinata
a quella attuata da Antonietti (2006), che divide tali effetti in tre macroregistri:
motorio, iconico e verbale.
Tali registri — che ora analizzeremo nel dettaglio — proprio perché universali e naturalmente collegati al codice musicale, sono stati presi come spunto per
la creazione e organizzazione dei nostri training volti a promuovere un «pensiero
musicale» che sia funzionale allo sviluppo di più trasversali abilità cognitive ed
emotive.
Il registro motorio
Se ripensiamo alle nostre esperienze di fruizione o produzione musicale, apparirà evidente come la musica sia naturalmente collegata al movimento corporeo,
che la si voglia eseguire o anche solo ascoltare.
Sempre ripensando alla nostra esperienza musicale, sarà anche semplice
cogliere come i tipi di movimento a cui si può collegare la musica sono differenti
e possono essere immaginati come disposti su un continuum di livelli.
Innanzitutto la musica può attivare variazioni a livello propriamente fisiologico, in primo luogo nei ritmi cardiovascolari e respiratori (pensiamo a come
può «caricarci» una musica particolarmente movimentata o tranquillizzarci una
ninnananna), che a loro volta influenzano altri cambiamenti fisiologici (Scherer e
Zentner, 2001). Ma il movimento elicitato dagli stimoli musicali può anche essere
di tipo interiore e quindi legato al versante emotivo. Infatti, come sottolineato anche da Sloboda e Justin (2001), i cambiamenti fisiologici prima ricordati risultano
correlati a specifiche esperienze emotive.
12 ◆ Storie per pensare – Vol. 1
LE
FANTAST
LE
ICH E E M U SI C
A
L
FAN
TASTI
CHE
E M U S I CA
LI AVVENTURE
DI LEONA
RDO
LI AV
VENTURE
DI
EONARDO
BARBARA COLOMBO, M
ARIA
ASCOLTO 1
p. 38
ATTIVITà 1
p. 39
ASCOLTO 2
p. 40
CHIARA M
AZZI
E
CRISTINA GAMBOLI*
C
’era una volta, in una terra molto lontana, una principes-
sa di nome Viola. Aveva i capelli marroni come una castagna e gli occhi verdi che scintillavano come uno smeraldo.
Amava stare nel giardino del suo palazzo, dove incontrava
molti amici animali con cui giocare e stare in compagnia.
Dato che, come principessa, non le era concesso di andare
alla scuola del paese, non aveva i compiti da fare, e questa era
anche una gran fortuna!
Però non aveva nemmeno dei compagni di classe con cui
giocare, chiacchierare o fare merenda.
Così negli anni Viola aveva stretto amicizia con gli animali
del giardino, e per lei era normale prendere il tè con il gatto, ma
solo se accompagnato dalle buonissime lingue di gatto cucinate
apposta dal cuoco del palazzo (ovviamente!), giocare a briscola
con il cane (che era il più sveglio di tutti, anche se sbavava sempre
sulle carte, cosa che a Viola faceva un po’ schifo), mentre con
gli uccellini organizzava tornei di karaoke, dove vinceva sempre
Viola perché gli uccellini sbagliavano puntualmente le parole
delle canzoni, mentre lei aveva una gran memoria.
V
iola era molto felice della sua vita a palazzo fatta di
giochi, idee e tanti amici. Ma un giorno accadde qualcosa che cambiò drasticamente la sua vita.
Un mercoledì, dalla stradina dietro il cancello del giardino
di Viola, passò un contadino di nome Leonardo, che portava
dei secchi pieni d’acqua per innaffiare le begonie preferite della
regina. Aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri e, anche se non
* Cristina Gamboli: laureata in Scienze della Formazione Primaria, ha sviluppato nell’elaborazione del suo progetto di tesi la tematica del potenziamento cognitivo tramite l’impiego del codice
musicale. È insegnante di scuola primaria.
© 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson
19
LE
FANTAST
ICH E E M U SI C
A
ATTIVITà 2
p. 41
ASCOLTO 3
p. 42
20
LI AV
VENTURE
DI
LEONARDO
poteva andare a scuola, studiava sui libri dei suoi parenti ed era
talmente sveglio e bravo che, se fosse venuto a scuola con te,
avresti pensato che era un genio.
Mentre trasportava i secchi pesanti, Leonardo sentì dei
passi leggeri e una donna cantare dolcemente (era il giorno del
torneo di karaoke).
Si sporse attraverso un cespuglio e vide Viola.
Rimase incantato dalla sua bellezza e lasciò cadere per terra i
due secchi facendo un tale baccano da interrompere il torneo.
La principessa udì il rumore e vide il contadino mortificato
che cercava di raccogliere il più velocemente possibile i secchi,
facendoli però cadere di nuovo ogni tre secondi per la vergogna
e l’agitazione.
Si diedero un’occhiata al di sopra dei secchi e si innamorarono immediatamente.
Si sedettero su una panchina di marmo bianco e iniziarono
a parlare della loro vita.
«Sei luminosa come una lampadina, o mia principessa!»
disse Leonardo, che era molto innamorato, ma non certo originale.
Viola storse un po’ il naso a questo complimento poco romantico.
«Come una lampadina?!» esclamò delusa. «Magari brillante
come un’idea geniale, oppure luminosa come il cervello di uno
scienziato… Ma via! Una lampadina! Voi mi deludete messer
contadino!»
D
opo aver ascoltato i meravigliosi complimenti creativi
di Leonardo, Viola sentì crescere ancora di più il suo
amore e i due decisero di sposarsi e scappare via per vivere tante
avventure girando il mondo (del resto due creativi potevano
forse passare la loro vita in un banale castello?!).
Intanto, nel palazzo, anche il cugino di Viola, Diradon, si
era innamorato follemente della principessa e, con un tempismo
incredibile, non appena ella fece ritorno a palazzo le chiese di
sposarlo.
La principessa ovviamente non accettò, perché non lo amava
e perché, vittima del colpo di fulmine del pomeriggio, tra secchi
rovesciati, panchine e complimenti, ormai sapeva che il suo vero
amore era il contadino Leonardo.
© 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson
LE
FANTAST
ICH E E M U SI C
A
LI AV
VENTURE
DI
LEONARDO
Ascolto 5
Verdi: Sinfonia dalla «Forza del destino»
Perché qui
Prima in tensione, poi narrativa e infine dolcemente melodica come se sciogliesse
l’ansia.
Qualche notizia
Verdi non ha mai scritto musica sinfonica nel senso stretto della parola, ma alcune
delle ouverture delle sue opere hanno la vastità, l’ampiezza di respiro e la grandiosità
di veri e propri tempi di sinfonia. Un caso è proprio quello dell’ouverture della Forza
del destino, opera presentata per la prima volta nel 1867 a San Pietroburgo e due
anni dopo, con un successo enorme, alla Scala di Milano.
Come era ormai prassi nell’Ottocento, l’ouverture propone alcuni dei temi più importanti dell’opera, ma nella sua struttura e nella sua concezione musicale vuole anche
preparare lo spettatore allo svolgimento del successivo dramma. Si inizia con il tema
del destino, pieno di angoscia e di ansia e alternato a forti accordi degli ottoni. Seguono una sezione indicata come Andantino, in cui sono i legni a prevalere e a esporre
quello che sarà il tema del duetto tra tenore e baritono, e quello che viene chiamato
Tema di Leonora (la protagonista), affidato agli archi che ne esprimono la tenerezza.
Una nuova sezione è costruita poi su una dolcissima melodia affidata al clarinetto
accompagnato dall’arpa. Insomma, tutti i sentimenti — anche i più contrastanti — si
affollano e si alternano in questo brano, dove alla fine la conclusione esprime nelle
sue opposizioni tonali e tematiche l’incombere del destino su tutti e su tutto.
46
© 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson
LE
FANTAST
ICH E E M U SI C
A
LI AV
VENTURE
DI
LEONARDO
ATTIVITÀ 5
Facciamo amicizia con gli strumenti
Leonardo è molto confuso da questi strumenti che non conosce.
Prova a dargli una mano, trovando qualche strategia creativa per renderglieli più
familiari.
1. Prova ad associare ogni strumento a un luogo che suggerisca qualcosa di lui e
delle sue caratteristiche: ad esempio, quale potrebbe essere la casa del corno?
_____________________________________________________________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________
2. Quale potrebbe essere il miglior amico del contrabbasso?
_____________________________________________________________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________
3. E la macchina del clarinetto?
_____________________________________________________________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________
4. Oppure la vacanza ideale dello xilofono?
_____________________________________________________________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________
© 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson
47
UN
AVVENTURE
FI U M E D I
: LA ST
RANA ST
ORIA DI
ATTIVITà 14
p. 124
BEA, MARCO
E
GIÒ
«Ma stai scherzando? Osserva bene, perché una sorgente
ha da insegnarti più di tutte le ricerche che potrai mai fare a
scuola!» Giò e Marco si guardarono perplessi. Bea invece sembrava affascinata.
Marco si azzardò a bisbigliare al suo amico: «Che ne dici
Giò? Che c’è da imparare? Qui vedo solo acqua!».
E Giò bisbigliò di rimando: «Acqua e zanzare al massimo.
Sono d’accordo con te. ‘Sto qua con il suo flauto mi sembra parecchio strano!». I due, però, furono subito zittiti dall’occhiata
tagliente di Bea e del signore con il flauto.
«Non è solo acqua!» disse il flautista.
B
eatrice osservava pensierosa il flautista, mentre Giò
pareva sempre più perplesso. A sorpresa fu Marco a
parlare: «Certo! L’acqua è come la vita che noi riceviamo in
continuazione. Dobbiamo però essere capaci di osservare,
di riconoscere le sorgenti che ci circondano…». Sia i suoi
compagni che il signore con il flauto lo guardarono piuttosto
sorpresi.
E lo furono ancora di più quando Marco, un po’ imbarazzato,
aggiunse: «Che c’è? Perché mi fissate? Stavo solo leggendo un
sms che mi è appena arrivato!».
«Hai amici saggi, figliolo» aggiunse il pastore «ma forse,
come nel caso della sorgente, non sai vederli davvero…».
E mentre Marco lo fissava silenzioso, e Beatrice per una
volta non trovava nulla da aggiungere, Giò continuava a dare
gomitate a Marco e a ripetere: «Di chi è l’sms? Di chi è? Daaaai,
confessa!».
Dopo qualche attimo di silenzio Beatrice azzardò: «Per caso
è passata di qui la nostra prof di musica? Forse lei la conosce,
si chiama Barbara…».
«Perché la cercate?»
«È scomparsa» rispose Marco.
«Sì, rapita dai banditi, e noi la vogliamo salvare» aggiunse
pimpante Giò.
«Uhm» disse meditando il flautista «non credo di potervi
aiutare più di tanto, ma se ho capito bene il vostro intento, vi
suggerirei di seguire il corso del fiume».
E, detto questo, in pochi istanti scomparve nel folto del
bosco.
© 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson
87
UN
AVVENTURE
FI U M E D I
: LA ST
RANA ST
ORIA DI
BEA, MARCO
E
GIÒ
CAPITOLO QUARTO – Il cammino del fiume
«C
he facciamo ora ragazzi?» disse Marco.
«Mah… A me questo sembrava parecchio fulminato,
è chiaro che ci ha dato una risposta a caso, tanto per non dire
che non ne sapeva nulla della prof!» commentò Giò.
«E invece ci può stare!» disse Beatrice «Ripensate all’indizio che abbiamo trovato: La Moldava, il poema sinfonico
di Smetana, racconta proprio il corso del fiume, e il tema,
che è la parte più nota, descrive proprio l’andamento del
fiume!».
«Ah bè…» osservò Giò scuotendo le spalle senza troppa
convinzione «Siamo arrivati fino a qui, facciamo quest’altro
sforzo».
«A me va bene!» aggiunse sorridendo Marco, entusiasta sì
della proposta, ma soprattutto contento che l’sms della ragazza
del mistero gli avesse fatto fare una così bella figura, per quanto stupito di come lei fosse riuscita a mandargli un messaggio
tanto mirato.
Dopo un po’ che camminavano, i ragazzi si accorsero che
Bea stava canticchiando qualcosa.
«Che canti?» chiese Giò.
«Nulla, una canzoncina» disse lei arrossendo, perché si vergognava sempre di farsi sentire mentre cantava da sola, senza
la protezione del coro.
«Dai, sembrava carina… Cos’è?» disse Marco, che voleva
fare il gentile.
Bea, arrossendo un po’, spiegò: «È una canzoncina popolare
molto antica. “Fuggi fuggi…” dice all’inverno di andare via in
pratica… Mi è venuta in mente perché è costruita su una melodia
popolare, il ballo di Mantova, che ha usato anche Smetana per
il ritornello della Moldava».
«Vuoi dire che ‘sto compositore famoso Smint… Smet…»
farfugliò Giò.
«SMETANA!»
«Ecco, quello, ha copiato?!»
«Ma no, era normale riprendere temi noti e riadattarli… Del
ballo di Mantova ce ne sono tantissime versioni!»
«Dai! Facci sentire questo “Fuggi inverno”» disse Marco
curioso.
88
© 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson
UN
AVVENTURE
FI U M E D I
: LA ST
RANA ST
ORIA DI
BEA,
MARCO E
GIÒ
ATTIVITÀ 2
Suoni, colori e musica
Se dovessi associare un suono, un colore e un brano musicale a ognuno dei protagonisti di questa storia, quali sarebbero? E perché?
• Bea:
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
• Marco:
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
• Giò:
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
• E a te stesso che suono, che colore e che musica assoceresti? Perché?
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________
104
© 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson
UN
AVVENTURE
FI U M E D I
: LA ST
RANA ST
ORIA DI
BEA,
MARCO E
GIÒ
Ascolto 1
Personaggi in musica
Mozart: Voi che sapete da «Le nozze di Figaro» – Bea
Perché qui
Il carattere di Bea è calmo, riflessivo e senza sbalzi d’umore. Ma solo all’apparenza.
Come questo brano, che Mozart chiama «canzone» per la sua normalità, la metrica
regolare e l’accompagnamento uniforme; ma la melodia è sempre diversa e segue
il senso delle parole, come complessa e intensa, sempre pronta a adattarsi alle situazioni, è Bea.
Qualche notizia
Le nozze di Figaro (1786) è la prima opera che Mozart compone a Vienna su libretto
di Lorenzo Da Ponte, e con essa inizia l’ultima fase della sua avventura nel teatro musicale, che comprende lavori esemplari e riassuntivi di tutti i generi del melodramma
del Settecento. Il libretto si basa su una commedia di Beaumarchais (parte di una
trilogia comprendente anche Il barbiere di Siviglia), che alla vigilia della Rivoluzione
francese era proibito rappresentare in tutta Europa per la sua carica rivoluzionaria
e il senso di ribellione nei confronti dei nobili.
Ridotta a melodramma essa perdeva il senso realistico e faceva meno paura, perciò
ne fu consentita la rappresentazione. Pur non ottenendo grande successo a Vienna,
divenne famosissima a Praga, dove solleticava le voglie di ribellione della nobiltà
locale. Con acutezza l’opera coglie infatti le inquietudini della società borghese prerivoluzionaria grazie a una musica che sorprende e commuove.
Debussy: «Arabesque» – Marco
Perché qui
Marco è bello, affascinante, forse un po’ uguale a se stesso. Ma anche qui si rivela
un tratto inatteso, se pure eccezione rispetto a quella che è la norma. Come l’avvolgente arabesco di questa pagina, che si ferma «a riflettere» solo un attimo prima di
tornare affascinante ma uguale fino alla fine.
Qualche notizia
La musica per pianoforte di Debussy è la più rappresentativa delle poetiche simboliste che dominavano Parigi tra Ottocento e Novecento e che avevano dato vita a
nuove suggestioni nella letteratura e nella pittura. Negli anni in cui la società industriale stravolge la vita quotidiana, mentre gli scrittori naturalisti narrano il disagio
dell’umanità abbrutita da una vita di stenti, la musica (come le altre arti) cerca di
creare un mondo raffinato e irreale in cui rifugiarsi, utilizzando strumenti particolari
nell’orchestra (come flauti e arpe) ma trovando anche nuove timbriche nel pianoforte.
Debussy ne dà un esempio in raccolte come i Préludes, Images, Estampes e in brani
come Arabesque (del 1891) dove, dimenticate le tensioni dell’armonia tardoromantica, ritmo e melodia indipendenti e liberi da ogni legge costruiscono un’atmosfera
indeterminata e il suono è come un magico ricciolo liberty, luccicante polvere d’oro
che avvolge con un velo tutte le cose.
(continua)
© 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson
105
DIALOG
H I T R A F U N Z I O NI
ATTIVITà 10
p. 183
(MATEM
ATICHE) E CHIAVI
(DI
O)
VIOLIN
Tra un gioco e l’altro la serata proseguiva allegramente:
chiacchiere, risate, tutti sembravano divertirsi molto...
T
utto procedeva a meraviglia quando, proprio sul più
bello, fece il suo ingresso zio Cisco insieme al suo quartetto. Camicia viola, pantaloni arancioni di velluto e calzini rossi
lo rendevano difficile da ignorare.
Dopo aver salutato frettolosamente gli invitati, si mise a
chiacchierare con Nicola.
«Nic, tua mamma mi ha mandato delle registrazioni dei tuoi
brani: sei davvero bravo! Che ne diresti di venire a fare qualche
prova con noi? Potresti anche darmi una mano ad arrangiare
i brani… Se ti trovassi bene, potresti venire in tournée con noi
durante l’estate… E una volta finito il conservatorio… Bè… Si
potrebbero fare grandi progetti!»
Nicola si sentiva come se avesse appena vinto alla lotteria:
«Wow zio, è fantastico, grazie! Non potevi farmi regalo migliore!».
Roberto, che ovviamente stava ascoltando la conversazione
pur facendo finta di nulla, nell’udire le ultime parole si sentì
prossimo a uno svenimento; non riusciva a credere alle proprie
orecchie! Quello che più temeva stava per succedere davvero e
lui si sentiva impotente.
Decise perciò di mettere da parte per una volta il suo rigore
e i suoi principi.
Così slacciò ben due bottoni della camicia, allentò la cravatta
e buttò giù almeno due bicchieri di prosecco di seguito.
Quando si rese conto che (essendo astemio) tutto attorno
a lui girava, stabilì che era arrivato il momento di andarsene a
dormire.
Magari — e qui era il vino che ragionava — svegliandosi
avrebbe scoperto che era stato solo un altro incubo.
Dormì male.
Era veramente preoccupato per Nicola: quella sera aveva
assistito a ciò che per lui era l’inizio della distruzione di tutti i
sogni e i progetti che aveva fatto per il suo bambino.
Venne svegliato da schiamazzi che provenivano dalla cucina. Stordito guardò l’orologio, accorgendosi che era mattina
presto.
Ma Nicola era già sveglio, ancora su di giri per la «fantastica
notizia».
154
© 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson
DIALOG
H I T R A F U N Z I O NI
ASCOLTO 7
p. 184
ATTIVITà 11
p. 185
(MATEM
ATICHE) E CHIAVI
(DI
O)
VIOLIN
E stava animatamente dialogando con la madre, la quale
ne condivideva in pieno l’eccitazione.
A sentirla ridere, Roberto avvertì che il suo mal di testa da
sbronza aumentava.
Proprio non ce la faceva a stare lì senza far nulla per impedire il disastro. Scese in cucina senza preoccuparsi di seguire il
suo rituale di vestizione, entrò scarmigliato, in pantofole e con
la vestaglia tutta storta, e con aria truce si rivolse al figlio: «L’ho
sempre detto io che questa è una famiglia di pazzi! Sei per caso
ammattito? Pensi veramente che io ti lasci seguire le orme di
quel fuori di testa di tuo zio?».
Sofia intervenne subito per cercare di calmare le acque:
«Roberto! Per favore! Non cominciare con le tue solite storie.
Rilassati un…».
«E tu! Tu sei peggio di lui!» la interruppe Roberto. «Gli dai
anche corda! Incredibile! Impensabile! A tutti e due! A questo
“ragazzino” e a quello squilibrato di tuo fratello!»
© 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson
155
DIALOG
H I T R A F U N Z I O NI
(MATEM
ATICHE)
LINO)
E CHIAVI (DI VIO
ATTIVITÀ 7
Il menu di Sofia
Vuoi provare ad aiutare Sofia suggerendo che piatti potrebbe inserire?
Overture (o preludio) ______________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________
Atto primo ______________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________
Atto secondo ______________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________
INTERMEZZO _______________________________________________
______________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________
Atto terzo ______________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________
Chiusura ______________________________________________________________________________________
______________________________________________________________________________________
ACCORDO _______________________________________________
180
© 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson
DIALOG
H I T R A F U N Z I O NI
(MATEM
ATICHE)
LINO)
E CHIAVI (DI VIO
ATTIVITÀ 8
Foto musicali
Sei invitato alla cena della famiglia Meneghini! Contento?
Per l’occasione dovrai scegliere l’immagine che meglio rappresenta il tuo rapporto
con la musica e che verrà poi utilizzata durante la festa come segnaposto.
Scegli tra quelle che ti vengono proposte e poi motiva la tua scelta.
La mia foto…
_________________________________________________________________________________________________________________
_________________________________________________________________________________________________________________
© 2010, B. Colombo e M.C. Mazzi, Storie per pensare – Vol. 1, Trento, Erickson
181
FIATI
Gli strumenti a fiato sono così chiamati perché il suono viene prodotto soffiando
aria al loro interno. Di origine antichissima, hanno subìto continue trasformazioni
nel corso dei secoli. La famiglia dei fiati si suddivide in legni e in ottoni, a seconda
del materiale di cui sono fatti gli strumenti. I legni comprendono il flauto (diritto
e traverso, oggi in metallo), l’oboe (e il corno inglese), il clarinetto, il fagotto e
il sassofono, che appartiene a questa famiglia pur essendo in metallo. Gli ottoni
comprendono il corno, la tromba e il trombone. Nei legni le note sono prodotte
dall’apertura e chiusura dei fori per mezzo delle dita o per mezzo di chiavi e anelli;
negli ottoni sono prodotte dall’azione delle valvole (corno), dei pistoni (tromba) o
della coulisse (trombone), che allungano o accorciano la lunghezza del percorso
dell’aria all’interno dello strumento.
Flauto
Il flauto è diffusissimo sin dall’antichità. Fino a metà Settecento ne esistevano
due tipi (diritto o dolce e traverso, entrambi in legno), ma a metà del secolo fu il
secondo a prevalere. L’aggiunta delle chiavi al semplice tubo di legno forato favoriva
l’esecuzione anche da parte dei dilettanti: così lo strumento diventò popolarissimo
e grandi autori, come Händel e Vivaldi, vi si dedicarono.
Dall’Ottocento il flauto traverso (in metallo) è fisso in orchestra e nel Novecento
è stato utilizzato come solista da compositori come Prokofiev, Poulenc e Martin.
Oboe
Strumento ad ancia doppia, già conosciuto dagli antichi Greci, era diffusissimo soprattutto nella tradizione popolare (le pive e le ciaramelle). Usato nel
Rinascimento nelle feste di corte e nelle cerimonie civili, ebbe nel Barocco la sua
età d’oro (per oboe scrissero splendidi concerti gli autori veneziani come Vivaldi
e Marcello) e nel Settecento entrò stabilmente in orchestra perfezionandosi, come
gli altri strumenti a fiato, nell’Ottocento. Da quel momento gli autori, fino al Novecento, ne hanno sfruttato la brillantezza e l’espressività.
Corno inglese
Strumento ad ancia doppia e bocchino angolato, il corno inglese deriva
dall’oboe. Il nome «corno» è dato dal fatto che originariamente aveva una forma
ricurva che ricordava quella del corno da caccia; quanto al termine «inglese»,
si tratta di una errata traduzione: la parola francese «anglé» («angolato») che si
rifaceva alla forma del bocchino fu tradotta con «inglese» solo perché suonava
uguale ad «anglais».
218 ◆ Storie per pensare – Vol. 1
Il corno inglese ha suono più grave rispetto all’oboe e viene usato in particolari contesti suggestivi.
Clarinetto
Il clarinetto è uno strumento recente (è nato infatti a metà Settecento dal
francese chalumeau, cui erano stati aggiunti fori per aumentarne l’estensione) e
si è subito affermato tra gli strumenti ad ancia semplice per il timbro tenero e vellutato e per la facilità con cui si adatta a qualsiasi musica. Valorizzato da Mozart
ha raggiunto la maggiore fortuna nel Romanticismo, quando i compositori (come
Weber e Brahms) ne hanno messo in luce le doti romanticamente espressive, e nel
Novecento è diventato anche una delle voci del jazz.
Fagotto
Il nome «fagotto» appare per la prima volta nel Cinquecento e da metà del
Seicento questo strumento ad ancia doppia entra nella musica per orchestra (a
fianco dell’oboe), da camera e solistica. Dal suono caldo ma anche dal carattere
umoristico, il fagotto ha avuto grande fortuna nel Classicismo viennese, con Mozart e Beethoven, mentre il Romanticismo ne ha sottolineato le doti virtuosistiche.
Nel Novecento autori come Dukas (nell’Apprendista stregone) o Stravinskij (nella
Sagra della Primavera) ne hanno poi scoperto sfumature misteriose.
Corno
I primi corni si trovano già nella preistoria: non erano fatti in metallo ma di
corna animali (in seguito di avorio) e servivano nelle battaglie e nelle cerimonie.
Il corno metallico avvolto a spirale si diffonde nel Cinquecento per la caccia e nel
Sei e Settecento entra nella musica d’arte, ulteriormente modificato per produrre un
maggior numero di note. Nel Romanticismo acquista gran parte del suo repertorio
perché richiama il mondo tanto amato della natura e dei boschi. In questo senso
evocativo viene utilizzato da Weber e da Wagner, che ne sfruttano appieno anche
gli ultimi importanti perfezionamenti tecnici.
Tromba
Anche la tromba ha origini molto lontane. Usata quasi solo in ambito militare,
nel Quattrocento divenne strumento di corte e dai campi di battaglia giunse nelle
sale da concerto o nelle chiese vivendo il suo momento di maggior gloria nel Sei e
Settecento nelle mani di Bach e di Haydn. Proprio le esigenze concertistiche portarono al miglioramento della meccanica, che giunse a perfezione nell’Ottocento. Per
Schede di approfondimento sugli strumenti musicali ◆ 219
Scarica

Storie per pensare Volume 1