«CHI CI SEPARERÀ
DALL’AMOREDI CRISTO?»
VACANZE: IL TEMPO DELLA LIBERTA’
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INDICE Vacanze: il tempo delle libertà ..........3
Programma ........................................5
Spunti per la Scuola di Comunità......6
Piazza Armerina ................................8
Le Chiese di Piazza Armerina ...........9
La Villa del Casale ............................13
Morgantina ........................................19
La Dea di Morgantina........................21
Gli argenti di Morgantina ..................22
Il Parco Ronza ...................................23
Canti ..................................................25
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PROGRAMMA
GIOVEDI’ 25 LUGLIO
Ore 18,00 -19,30
Ore 20,30
Ore 21,45
Arrivi, sistemazioni e saldo quota.
Cena
Introduzione e Santa Messa
VENERDI’ 26 LUGLIO
Ore 7,30 – 8,30
Ore 9,00
Ore 9,30
Ore 10,00
Ore 12,30
Ore 13,30
Ore 14,30 - 16,30
Ore 16,30 - 18,00
Ore 18,30
Ore 20,00
Ore 21,15
Colazione
Recita delle lodi
Partenza in auto per area attrezzata Parco Ronza.
Presentazione e inizio giocone.
Canti e recita dell'Angelus
Pranzo in albergo
Riposo
Tempo libero
Santa Messa nella Chiesa di sant’Andrea
Cena
Visione di un film
SABATO 27 LUGLIO
Ore 7,30 - 8,30
Ore 9,00
Ore 9,30
Ore 12,30
Ore 13,30
Ore 14,30 - 16,30
Ore 17,00
Ore 19,00
Ore 20,00
Colazione
Lodi
Partenza in auto per visita guidata a Piazza Armerina
Santa Messa
Pranzo in albergo
Riposo
Testimonianza
Cena
Visita in notturna alla Villa romana del Casale
DOMENICA 28 LUGLIO
Ore 7,30 – 8,30
Ore 9,00
Ore 9,30 -10,30
Ore 11,00
Ore 12,00
Ore 13,00
Ore 14,30 -15,30
Colazione
Recita delle lodi
Preparazione valigie e liberazione delle camere.
Assemblea finale
Santa Messa
Pranzo
Frizzi e lazzi. Premiazione giocone
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SPUNTI DI RIFLESSIONE DAL LIBRETTO
DEGLI ESERCIZI DI QUEST’ANNO
Giovedì 25 luglio
«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»1.
Mi sembra che questa frase esprima meglio di qualsiasi altra la vera questione davanti alla quale si trova ciascuno di noi, in questi tempi in modo particolare. E siccome l’abbiamo sentita tante volte, il rischio è che soprassediamo subito,
considerandola un po’ esagerata, una frase di Gesù che, tutto sommato, non ci riguarda, come a dire: «Ma cosa c’entra propriamente con noi? Potrà valere per gli
altri, miscredenti o agnostici. Ma per noi?». E in questo modo archiviamo la questione prima ancora di cominciare.
Ma due richiami ci indicano che non ci conviene compiere una mossa come questa.
Il primo è stato il gesto compiuto da Benedetto XVI di indire l’Anno della fede: «Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla
fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto
non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, [...] oggi non sembra più essere così
in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato
molte persone».2 Questa crisi sta provocando effetti sempre più palesi anche in terre
feconde – diceva sempre Benedetto XVI ai vescovi italiani – che rischiano così di
diventare «deserto inospitale».3 (Pag. 5)
Venerdì 26 luglio
«Il cristianesimo è un avvenimento»:1 è un’espressione a noi molto familiare. Ma
tutti sappiamo bene che non basta possedere la definizione giusta per vivere il cristianesimo secondo la sua natura. Che cosa vuol dire che il cristianesimo è un avvenimento? Qual è il contenuto di esperienza di esso? Il cristianesimo si rivela
nella sua natura come risposta a un bisogno presente. E quindi ci interesserà oggi
se risponde al bisogno che caratterizza l’uomo che siamo, se risponde a quella «fatica interminabile» del «vivere che taglia le gambe».2 (Pag.14)
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Sabato 27 luglio
Gesù è tornato. Vivente. Se c’è un momento in cui prevale di nuovo la Sua presenza
viva è la Risurrezione. Che impressione vedere i discepoli stupiti dell’imporsi della
Sua presenza viva e inesorabile! Ma vediamo anche Gesù lottare con la loro incapacità di vedere: «I discepoli non si erano accorti che era Gesù».1 Provando una volta
dopo l’altra a farli uscire dalla propria misura, attraverso un certo modo di dire:
«Maria», oppure attraverso un miracolo: «Gettate la rete dalla parte destra della barca
e troverete»,2 Gesù vuole far venire fuori la fede, la certezza dei suoi discepoli: «È il
Signore».3 Si può ripartire sempre perché Lui è vivo. Il Vivente. Per far loro riprendere vita non si accontenta di restare una presenza inattiva. È una presenza che prende
iniziativa per rispondere al loro bisogno. Per rispondere allo sconcerto della Sua morte,
spiega loro la Scrittura: «“Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto
i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua
gloria?”. E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture
ciò che si riferiva a lui».4 Per rispondere al tradimento di Pietro, gli domanda: «Pietro, mi ami?».5 E poi: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati, saranno
rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».6 Oppure si fa riconoscere
da loro nella frazione del pane, nell’Eucarestia. (Pagg. 32-33)
Domenica 28 luglio
Occorre rendersi conto che la fede cristiana ha la sua sorgente fuori di noi. Non è qualcosa che possiamo creare noi. Quante volte ci piacerebbe essere noi a creare la corrispondenza che desideriamo possedere! Ma se l’origine della fede è qualcosa fuori di
noi, allora essa non ha niente a che vedere con un’introspezione, con qualcosa che riusciamo a ottenere scavando dentro di noi. La fede non è dunque un sentimento o
un’etica, perché non è nelle nostre mani, non è nelle nostre capacità generare la presenza che ci corrisponde. La fede cristiana è talmente determinata dall’oggetto, che
senza questa Presenza semplicemente non ci sarebbe. Come l’innamoramento: senza
la presenza amata, semplicemente non ci sarebbe. È inutile pensare di poterlo generare
con qualche strategia, con qualche tentativo, con qualche sforzo, con qualche impeto
di sentimento, con qualche ragionamento (usate tutte le parole che volete): tutto questo è inutile per generare anche solo un istante di esperienza di innamoramento. Insomma, fa parte dell’innamoramento una presenza che lo faccia scattare, che lo faccia
sorgere, che lo sostenga. (Pag.45)
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PIAZZA ARMERINA
Dai ritrovamenti numismatici presenti sul Monte Naone non lungi dall’abitato si
può presumere che qui esistesse un abitato di età greca, forse una sub-colonia di Gela
e più precisamente la Hybla Geleatis, di cui fa menzione Tucidide in seguito chiamata
Stiela. Sulla storia poi di Piazza dove si conosce con certezza solo dalla dominazione
normanna in poi, in riferimento alla ricostruzione della città nel 1163 ad opera di
Guglielmo II.
Per il periodo precedente alla fondazione diverse sono le ipotesi. Alcuni autori del
Seicento favoleggiarono di un villaggio chiamato Plutia di origine romana, ma nessuna
fonte classica ha mai riportato tale località. Tuttavia secondo fonti musulmane riportate da Michele Amari nella sua Storia dei Musulmani di Sicilia, esisteva una città che
gli arabofoni pronunciavano Iblâtasa o Iblâtana, abitata da comunità islamiche, che
dovette sorgere su un villaggio preesistente che le cronache medievali indicavano più
tardi come Casalis Saracenorum.
La città islamica venne ribattezzata Placia o Platsa dai Normanni che la conquistarono e la affidarono agli Aleramici. Re Guglielmo I di Sicilia, per punirla della sua
ribellione capeggiata da Ruggero Sclavo, figlio illegittimo dell’aleramico Simone,
conte di Policastro, che in pratica aveva trucidato la popolazione araba, la fece incendiare e distruggere nel 1161. Venne dunque ricostruita, nel 1163 più in alto da
Guglielmo II sul colle Armerino e ripopolata con genti provenienti dalle aree “longobarde” settentrionali. Scavi recenti, condotti dall’università La Sapienza di Roma hanno
messo in luce, nei dintorni della Villa Romana del Casale l’impianto di un villaggio di
epoca medievale, presumibilmente riferibile alla città distrutta da Guglielmo il Malo.
Piazza diviene sede di tribunali nel periodo federiciano e nel 1459. Nel 1517 Carlo
V la fregia del titolo di Città, chiamandola sovente Opulentissima. In questo periodo
Piazza è capitale di una Comarca che riunisce a sé i diversi paesi lombardi, accomunati da un linguaggio e una storia comuni. Dal 1689 fino al 1817 è sede della quarta
Università del Regno. Dal 1817 è anche sede di vescovato, mentre ottiene il titolo di
Armerina nel 1863. Persa la sua egemonia sul territorio venne accorpata al Vallo di Caltanissetta e dal 1926 passò alla Provincia di Enna.
(tratto da wikipedia.org).
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LE ChIESE DI PIAZZA ARMERINA
Il Duomo
Costruito sulla parte più elevata della città, con la
sua imponente mole secentesca il Duomo domina
tutto l’abitato cittadino.
Costruito tra il 1604 e il 1719 si innalza sul luogo
stesso su cui sorgeva una primitiva chiesa trecentesca, eretta dopo il miracoloso rinvenimento dell’immagine sacra della Madonna delle Vittorie, avvenuta
in occasione della tremenda peste del 1348.
La chiesa attuale fu realizzata con il lascito del Barone Marco Trigona, il quale morendo nel 1598, fra le sue volontà testamentarie aveva
ordinato che la Maggiore Chiesa di Piazza, sua erede universale, dovesse con le rendite essere ampliata ed allargata nella fabbrica. L’incarico di redigere il progetto fu affidato all’architetto Orazio Torriani, il quale decise di inglobare nella nuova costruzione
il vecchio campanile e l’arco gaginesco della Cappella Trigona. Quest’ultima era stata eretta in due
tempi. La parte inferiore, che si accordava nello stile
ogivale catalano alla vecchia costruzione trecentesca della chiesa, era stata costruita quale testimonianza di fede della cittadinanza per la liberazione
ottenuta dalla peste, nel 1517, mentre la parte superiore, in stile cinquecentesco, era stata aggiunta
quale completamento dell’opera, dal maestro Nicola Calderaro da Petralia Sottana nell’anno 1578. L’interno a croce latina, in unica ampia navata e cappelle laterali intercomunicanti, è ritmato da superbi pilastri a lesene accoppiate e si dilata nel transetto
per la luce che piove dalla grande cupola e dalle vetrate dipinte del presbiterio.
Appeso alla volta dell’arco che divide il transetto dalla navata centrale, il magnifico «Crocifisso» su tavola dipinto su tutti e due lati nel 1485
da un ignoto pittore, convenzionalmente detto
«Maestro della croce di Piazza Armerina».
Il presbiterio contiene un neoclassico altare
maggiore, in lapislazzuli, marmi pregiati e pietre
dure, opera dell’architetto Venanzio Marvuglia,
dominato da una grande custodia seicentesca in
argento sbalzato che custodisce sotto un’immagine moderna una «Madonna» bizantineggiante, detta Maria SS. delle Vittorie, e identificata dalla tradizione locale con il Vessillo che il conte Ruggero ricevette dal Papa
Alessandro II perché lo spiegasse contro i Saraceni di Sicilia.
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Gran Priorato di Sant’Andrea
La chiesa del Gran Priorato di Sant’Andrea è uno dei
più antichi esempi di architettura del periodo normanno
e contiene nei suoi affreschi alcuni tra i pochissimi, e
forse più interessanti, esempi della pittura siciliana del
XII e XIII secolo.
Essa appare ancora nella sua compatta struttura medievale dominata da una
piccola torre campanaria addossata all’abside
centrale, incisa nel prospetto da un grande portale archiacuto a ghiere multiple, ornate originariamente da
due colonnine (di cui resta solo un capitello a foglioline) e da una finestra ad occhio.
L ‘interno è caratterizzato da una pianta a croce
commissa rialzata da quattro gradini nel santuario, da
una lunga navata coperta da tetto a capriate, da un transetto su cui si aprono due absidiole laterali incassate nel muro e una grande abside centrale, da quattro arconi acuti
che immettono nel santuario e nell’abside centrale e scandiscono il tetto del transetto.
Fondata molto probabilmente nei primi decenni del 1100 da Simone Aleramico,
conte di Butera e nipote del conte Ruggero, nel 1148 fu dallo stesso e dalla moglie
Thomasia donata all’ordine militare del Santo Sepolcro con l’annesso cenobio e con
una cospicua rendita, che servì per partecipare alle spese per la difesa di Gerusalemme
fino a quando essa non fu conquistata dai turchi (1244); dopo di che finì per diventare
uno dei più ricchi benefici ecclesiastici della Sicilia. Mentre il culto religioso veniva
esercitato inizialmente dai Canonici regolari di S. Agostino, poi da quattro Cappellani
e infine dai preti secolari di S. Filippo Neri, il Priorato, che diventò Gran Priorato
quando passarono alle sue dipendenze i Priorati di S. Elia di Adrano e di S. Andrea di
Lentini, era un incarico feudale che veniva assegnato dai
re di Sicilia a membri delle più potenti famiglie italiane,
dagli Aragona agli Alliata, ai Ventimiglia, agli Uzeda, ai
Filangeri, ai Pallavicini, ai Trivulzio, ai quali competeva
soltanto l’esazione delle imposte e dei proventi, l’esercizio della giustizia minore e la nomina dei Priori dei conventi suffraganei. Sono miracolosamente sopravvissuti e,
riscoperti e restaurati negli anni 1958- 62 dal Professore
Giovanni Nicolosi, ornano dal 1981 di nuovo le pareti
della chiesa, i resti degli affreschi medievali dovuti certamente agli Agostiniani. Si tratta in tutto di circa 90 metri quadrati di superficie dipinta, divisa in venti frammenti, tra cui alcuni di notevoli dimensioni, che testimoniano
della ricchezza decorativa che tre secoli di attività artistica avevano accumulato sul
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monumento, e costituiscono la maggiore concentrazione di
pittura medievale siciliana conservata nel luogo d’origine,
a parte i mosaici della Cappella Palatina di Palermo, del
Duomo di Monreale e di quello di Cefalù. L’ “Anonimo meridionale del XII - XIII secolo” cui sono stati attribuiti questi affreschi è un pittore di impronta romanica, “collegato in
qualche modo alla pittura cosiddetta benedettina dell’Italia
meridionale” (R. Delogu), che “se fu un siciliano dovette
rifarsi a una cultura pugliese, se fu un pugliese si trasferì in
Sicilia, portando con sè i ricordi della cultura figurativa
della sua terra” (P. Santucci). Gli affreschi a lui attribuiti
comprendono alcune figure di «Santi» ed «Angeli», un «Martirio di Sant’Andrea»,
una «Dormitio Virginis», una «Deposizione dalla Croce», una «Strage degli Innocenti».
Tra le altre opere presenti nella chiesa notevoli la «Crocifissione» del XIII sec. tra
Santa Caterina ed altra Santa, una «Madonna col Bambino» del XIV sec., una «Messa
di San Gregorio» e una «Resurrezione» del XV sec.
Chiesa di Sant’Anna
La chiesa di S. Anna è sita in via Vittorio Emanuele, di fronte alla chiesa di S. Ignazio. Una delle peculiarità della chiesa è la sua pianta ottagonale.
La facciata principale semicircolare è collegata alla struttura dell’edificio con contrafforti diagonali. La fine tronca dei pinnacoli dei suddetti contrafforti lascia pensare
ad una diversa copertura originaria (probabilmente una cupola).
Chiesa di Sant’Ignazio
Fondata nel 1500, la chiesa di S. Ignazio fu la prima dedicata al Santo dopo la sua
beatificazione.Essa sorge nella discesa di via Vittorio Emanuele accanto la biblioteca
comunale e di fronte la chiesa di S. Anna. La facciata è caratterizzata da piatte lesene,
capitelli di ordine dorico e dal movimento curvilineo delle scalinate a doppio gomito.
Chiesa di Santo Stefano
Il culto di S. Stefano ebbe inizio a Piazza Armerina alla fine del 1500 appena al di
fuori delle mura; più precisamente nelle vicinanze della Porta S. Giovanni che si trovava nella parte sommitale dell’attuale Salita Santo Stefano. Vicino l’attuale chiesa vi
era un oratorio, dedicato a S. Stefano, dove si trovava il simulacro del suddetto santo.
L’edificio attuale fu costruito nel periodo a cavallo tra il 1500 e il 1600. Nel 1660
la chiesa fu ingrandita e arricchita da una coreografica facciata; fu inoltre costruito un
ricercato campanile costituito da pietra finemente lavorata e un attico traforato.
Chiesa di San Pietro
La chiesa di S. Pietro all’epoca della sua edificazione si trovava fuori dalle mura
di Piazza Armerina e dipendeva dal Gran Priore di S. Andrea. L’edificio attuale è il
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frutto del lavoro di ampliamento dei frati Francescani ai quali nei primi anni del 1500
fu affidato. L’inaugurazione del complesso avvenne nel 1562. Parte dei lavori come la
costruzione della cappella principale, delle cappelle a sud e del chiostro quadrato vennero eseguiti grazie al nobile Fra Girolamo Cagno di Piazza e per questo motivo furono scolpiti nell’arco del presbiterio i simboli del suo casato.
Nel 1624 il convento di S. Pietro, tramite concessione del vicerè Emanuele Filiberto
di Savoia, fu dichiarato di regio patronato con il conseguente innalzamento dello
stemma reale nella chiesa. Fu così che le famiglie nobili di
quel periodo fecero costruire all’interno della chiesa cappelle
di gran pregio al fine di utilizzarle come mausolei.La facciata
è molto semplice, impreziosita esclusivamente dal portale manieristico in pietra arenaria.
La semplicità dell’esterno contrasta con i numerosi e ricercati elementi decorativi e architettonici che troviamo al suo
interno. Una volta entrati possiamo infatti osservare il magnifico soffitto ligneo a cassettoni perfettamente conservato;
non sono da meno le cappelle nobiliari già citate, in particolare quella della famiglia Trigona di Cimia che presenta dei
pregevolissimi bassorilievi realizzati da Antonio Gagini. Dietro l’altare centrale si trova un tabernacolo ligneo sormontato da un grande dipinto raffigurante i santi Pietro e Paolo.
Chiesa di San Giovanni Battista
La Chiesa di S. Giovanni Battista fu dal 1380 Commenda dell’Ordine cavalleresco
degli Ospitalieri di S. Giovanni di Gerusalemme e poi di Malta.
I suoi Commendatori ebbero larghissima parte nella storia medioevale della Sicilia; forniti di larghissime rendite, essi ebbero sotto le loro dipendenze le Commende di
Lentini, Castrogiovanni, Licata e Caltagirone.
Fu costruita in conci squadrati e in asciutte forme gotiche tra la fine del 1100 e
l’inizio del 1200 dai Cavalieri di Gerusalemme, con il
prospetto rivolto a ponente, dirimpetto alla città che allora si trovava solo sul Monte, e solo più tardi fu rinchiusa entro la cinta muraria tardo-medioevale.
Nel prospetto la porta principale, chiusa da un portale ad arco incassato, è sormontato da una finestra-feritoia a forma di croce greca; il lato destro, ornato da
sei lunghe feritoie, presenta un altro elegante portaletto
lineare con archivolto, che ornava una volta la porta laterale, oggi divenuta grande finestra; disadorna e compatta l’abside nel fondo, è scarsamente illuminato dalle
finestre-feritoie laterali; la copertura è di legno a cassettoni con capriata.
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LA VILLA DEL CASALE
Nelle campagne del cuore della Sicilia si trova
una villa romana di eccezionale importanza. La
grandiosità della costruzione e lo sviluppo degli ambienti in cui si dispiega - su una superficie di circa
3500 mq - con una decorazione musiva di straordinaria complessità e bellezza, fanno pensare che sia
stata costruita per un alto esponente dell’aristocrazia senatoria romana, probabilmente addirittura lo
stesso imperatore. In età romana la villa era concepita come residenza di campagna destinata al riposo (otium) dall’attività politica e dagli
affari, e sorgeva come residenza padronale al centro di un complesso di edifici e di terreni destinati alla produzione agricola. Dotate di ogni comodità, le ville si articolavano
intorno ad ampi cortili, con porticati che collegavano i diversi ambienti – stanze di ri-
cevimento e appartamenti privati – ed erano circondate da parchi e giardini molto curati. Potevano avere al loro interno anche dei veri e propri impianti termali. Questo è il
caso della villa di Piazza Armerina, costruita all’inizio del IV secolo d.C. Proprio nel IV
secolo i patrizi cominciarono ad abbandonare la vita urbana per occuparsi personalmente della gestione delle proprie terre, costruendo nuove sontuose ville in diversi territori dell’impero. La scelta di una località così lontana
da Roma ha fatto ipotizzare che il committente dell’opera fosse un patrizio che aveva legami particolari
con l’isola e che vi possedeva delle terre. La villa è formata da quattro nuclei distinti, ma strettamente connessi tra loro.Un ingresso monumentale a tre arcate da
cui si accede a un cortile a ferro di cavallo.
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Il nucleo centrale, organizzato intorno ad un peristilio quadrangolare su cui si aprono
diversi ambienti domestici, e da cui si accede al lungo corridoio della “Grande Caccia”
e alle sale di rappresentanza.
Un altro peristilio ovoidale circondato a sua volta da un altro gruppo di vani con la
grande aula tricora.
Un complesso termale.
L’accesso alla residenza – caso unico nelle ville romane - avveniva attraverso un
passaggio a tre archi che richiama da vicino un arco onorario a tre fornici. Da qui si poteva accedere al complesso termale e al complesso residenziale. Il primo mosaico che
si offre al nostro sguardo è quello del vestibolo, in cui è raffigurato un gruppo di persone in atto di salutare il dominus che giunge alla villa. Da qui parte un percorso cerimoniale e celebrativo che culmina nella sala absidata in fondo al peristilio
quadrangolare.
Dal peristilio si sviluppano, quindi, i due itinerari percorribili all’interno dell’edificio: quello privato, che conduceva alle stanze del lato settentrionale, e quello
pubblico, verso la sala absidata sul lato est e il triclinio con
peristilio ovoidale.
Lungo il lato settentrionale del peristilio si aprono ambienti di servizio e camere da letto.
Tra queste si evidenziano la camera con Eroti (Amorini) pescatori e la sala con il mosaico della “Piccola caccia”, in cui sono rappresentate vere e proprie scene di caccia
che dovevano far parte della vita quotidiana del padrone della villa.
Dal lato orientale del peristilio si accede al corridoio sopraelevato detto della
“Grande Caccia”. Su questo corridoio, elemento di raccordo e separazione tra parte
pubblica e privata, si aprivano la grande sala absidata di rappresentanza (la basilica) e
gli appartamenti padronali.
Il famosissimo mosaico pavimentale del corridoio rappresenta non tanto la caccia,
quanto una grande battuta di cattura di bestie selvatiche destinate ai giochi dell’anfiteatro
a Roma. Il mosaico mostra infatti prima la cattura delle belve nei territori delle province, e poi il trasporto a bordo delle navi e l’arrivo in Italia, alla presenza di alcuni importanti personaggi che potrebbero essere i procuratores
imperiali preposti alla fornitura di bestie per gli spettacoli
circensi. Le due esedre terminali ospitano due personificazioni geografiche: la Mauretania (l’Occidente), caratterizzata da una lancia, un leopardo e un orso; l’India (l’Oriente),
affiancata dall’elefante indiano, la tigre e la fenice. La terra
centrale si configura come l’Italia, terra tra i due mari.
Ai lati della basilica, pavimentata di marmi policromi
con un disco di porfido nell’abside (considerato segno della
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dignità imperiale), si aprono i due appartamenti padronali: nel primo il pavimento è decorato con l’episodio di Ulisse che ubriaca Polifemo, il secondo
comprende un ingresso monumentale costituito da un
peristilio a ferro di cavallo pavimentato con un mosaico raffigurante la veduta di un porto ed Eroti pescatori, e porta a tre vani che per l’ampiezza e la
complessità della decorazione musiva si pensa fossero
l’appartamento del dominus della Villa.
L’ultimo complesso è costituito da un peristilio a
pianta ovale tagliato ad una estremità da una sala con tre
absidi (aula trichora). Si trattava probabilmente di un
triclinio monumentale adibito ai banchetti di rappresentanza.
Direttamente dall’ingresso monumentale della villa
si accedeva ad un complesso termale, che poteva dunque essere frequentato anche da estranei, e che segue la
tradizionale sequenza di ambienti termali romani, con
frigidarium, tepidarium e calidarium. I mosaici rappresentano la padrona di casa con i
due figli fiancheggiata da ancelle, il Circo Massimo di Roma con in corso una gara di
quadrighe, una scena di Eroti pescatori con Nereidi e Tritoni.
Il complesso dei mosaici fu realizzato certamente da almeno due diverse botteghe
di mosaicisti provenienti dal Nord Africa, dove numerosissime testimonianze ci sono rimaste di domus e ville di età romana.
Sicuramente unitario è comunque il programma iconografico che lega fra loro le figurazioni delle varie stanze, e che ci restituisce la cultura raffinata e densa di rimandi
filosofici della migliore aristocrazia romana. Dai soggetti scelti per i mosaici, inoltre, gli
studiosi sono partiti per proporre le ipotesi di identificazione del proprietario della Villa.
Troviamo mosaici che narrano episodi mitologici, altri che raffigurano la vita quotidiana dei padroni e le attività che si svolgevano nella villa, altri ancora con raffigurazioni bucoliche (scene di pesca e vendemmia), mosaici che raffigurano gli spettacoli del
circo e le gare atletiche dello stadio, figurazioni allegoriche, scene in cui i protagonisti
sono bambini che ripetono nei giochi infantili altrettanti
temi presenti nella villa.
Nel complesso residenziale le sale principali sono decorate con soggetti mitologici, incentrati attorno ad alcune
figure particolarmente significative che vanno lette in una
chiave sia narrativa che allegorica.
Due soggetti affini sono Orfeo che incanta gli animali
terrestri con la musica, e Arione che con la bellezza del suo
canto doma gli animali marini. Poiché la conoscenza mu15
sicale era associata alla sapienza in genere, questi temi mostrano la cultura che assoggetta la forza bruta.
Ai lati dell’aula absidata troviamo altri due soggetti collegati: Ulisse che ubriaca
Polifemo, vincendo con l’astuzia la forza bruta del Ciclope, e la Lotta fra Eros e Pan, in cui il piccolo Eros
vince sulla forza ferina di Pan.
Legate a queste stanze sono il corridoio della
“Grande caccia” e la stanza della “Piccola caccia”. La
caccia o la cattura di animali è un soggetto perfettamente
adatto al mosaico pavimentale di una villa di campagna
in cui l’attività venatoria era il principale svago, ed era comune anche in programmi
iconografici celebrativi della virtus di un potente o di un principe, ma quello di Piazza
Armerina è l’unico caso in cui le scene di cattura di animali siano disposte su uno sfondo
paesistico che descrive uno spazio geografico che copre il mondo dalla Mauretania all’India. Quindi il significato di questo grandioso dispiegamento di animali esotici catturati per l’anfiteatro è un’esaltazione della potenza dell’imperatore e del dominio dei
Romani sui popoli più lontani.
Le bestie selvagge sono inoltre frequentemente utilizzate nell’arte tardo-antica come metafora delle passioni umane; un famoso passo dello scrittore cristiano
Lattanzio paragona le vittorie di Ercole su bestie e mostri alle vittorie dell’uomo sulle proprie passioni. Similmente nei bestiari medievali si ritroverà una
identificazione degli animali con i vizi e le virtù che portano l’uomo alla perdizione o
alla salvezza.
La corsa di quadrighe nel Circo Massimo che decora una sala delle terme è la più
elaborata e complessa rappresentazione di questo soggetto che ci abbia lasciato l’arte antica. Un circo è costante elemento di tutte le residenze imperiali di questo periodo, come
allegoria della perpetua vittoria del principe, ed inoltre qui la veduta del Circo è rappresentata con una prospettiva corrispondente al punto di vista di chi guardasse gli spettacoli dalla loggia imperiale.
Il peristilio trapezoidale, il passaggio e il peristilio ovoidale hanno un soggetto comune: teste di animali tra corone e motivi vegetali che prefigurano il tema di Ercole, le
cui fatiche sono raffigurate nell’abside centrale della grande sala tricora che funge da
triclinio; nelle altre due absidi la Vittoria di Bacco su Licurgo, che ne disprezzava il
culto, e l’Apoteosi di Ercole che viene incoronato da Giove assurgendo al rango degli
dei immortali. Quest’ultima raffigurazione diventerà poi nell’iconografia cristiana il
modello dell’“introduzione dell’anima al Paradiso”. Il complesso delle figurazioni si
riferisce all’apoteosi eroica del semidio, un motivo spesso ripreso nella propaganda im16
periale come allusione alla divinizzazione dell’imperatore. Nella cultura romana infatti
Ercole rappresenta l’uomo che si conquista il cielo non con la forza ma con la virtù, testimoniando che un mortale poteva guadagnare l’immortalità con le sue imprese.
Altresì sono ricorrenti in tutta la villa i temi dionisiaci. Diversi ambienti sono decorati con mosaici che rappresentano degli Eroti: gli amorini sono impegnati nella pesca,
nel secondo invece è raffigurata una complessa scena di vendemmia, un soggetto utilizzato come celebrazione di una felicità tutta terrena, o – in ambito funerario – come
prefigurazione delle beatitudini dell’aldilà.
È interessante notare che questi soggetti bucolici e idilliaci vengono recepiti negli
stessi anni dall’arte paleocristiana. Il tema marino si ritrova nelle “Storie di Giona”, che
troviamo raffigurate nel mosaico pavimentale della basilica di Aquileia, in cui il racconto
biblico è arricchito da identiche figure di amorini pescatori, pesci e animali marini, mentre il mosaico degli amorini vendemmianti nella villa ricorda molto da vicino quello
con lo stesso soggetto della volta del corridoio anulare del mausoleo di Costantina a
Roma (attuale chiesa di Santa Costanza). La vivacità narrativa e descrittiva è la medesima, mentre è cristiano il significato simbolico legato alla resurrezione e alla vita eterna.
Il programma decorativo della villa si configura quindi come un panegirico condotto per immagini, dove attraverso l’uso di allegorie si loda il potere di un sovrano su
Roma, l’Italia e il mondo, il suo perfetto dominio sulle passioni oltre che sui nemici
che lo assimilava alla virtus di Ercole, sotto il segno della felicitas di Dioniso.
Un programma iconografico centrato sulla felicitas dionisiaca è comune nell’età a
cui appartiene la villa di Piazza Armerina, ma è un unicum avervi incluso, coi tre ambienti oblunghi (Grande Cattura= Anfiteatro, Circo, Stadio), così precisi rimandi ai
grandi luoghi di spettacolo di Roma e al palazzo imperiale.
Per questi motivi il proprietario della villa potrebbe essere un imperatore, e l’importanza data alla figura di Ercole sembra riferirsi a un imperatore dall’appellativo di
“Erculeo”, e cioè Massimiano o Massenzio.
Secondo una prima ipotesi il proprietario della villa sarebbe stato il tetrarca Massimiano (285-305), ritiratosi qui dopo la sua abdicazione. Gli studi storici successivi
hanno tuttavia dimostrato che Massimiano trascorse in Campania, e non in Sicilia, i
suoi ultimi anni. Più di recente il proprietario della villa è stato identificato con Massenzio, figlio di Massimiano (305-312).
Un’altra ipotesi identifica invece il proprietario con una prestigiosa figura dell’età
costantiniana, Lucio Aradio Valerio Proculo Populonio, governatore della Sicilia tra il
327 e il 331 e console nel 340. I giochi che aveva organizzato a Roma nel 320, mentre
rivestiva la carica di pretore, furono così fastosi che la loro fama durò per lungo tempo,
e forse le raffigurazioni su alcuni mosaici della villa (la "Grande Caccia" nel corridoio
e i "Giochi del circo" nella palestra delle terme) intendono richiamare questo evento.
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18
MORGANTINA
Il sito di Morgantina offre al visitatore il quadro di oltre mille anni di storia, dalla
fondazione della città in età preistorica fino al suo declino, avvenuto nell’età imperiale romana. Un complesso di monumenti di grande interesse, in un paesaggio di straordinaria bellezza, fanno del sito uno dei più suggestivi e significativi dell’Isola.
Le campagne di scavo hanno portato alla luce quasi la totalità del centro urbano,
oltre che una parte dei quartieri residenziali. In base agli scavi archeologici, sappiamo
che Morgantina possedeva una delle piante ortogonali più antiche della Sicilia interna
e che, nel momento di maggiore splendore nel sec. III a.C., la città fu uno dei grandi
centri extracostieri dell’Isola.
Il sito di Morgantina fu abitato fin dalla preistoria. I resti più antichi finora noti di
un abitato sono stati ritrovati sul colle della Cittadella e risalgono al XIII secolo a. C.,
periodo in cui la zona centrale della Sicilia fu occupata dai Morgeti, popolazione proveniente dalla penisola italica.
Sempre sullo stesso colle, i coloni calcidesi arrivati dalla piana di Leontinoi fondarono il loro insediamento urbano. Nel 459 a. C. l’abitato venne assediato e distrutto
dai Siculi di Ducezio.
Intorno alla metà del V secolo a.C. il centro urbano fu ricostruito, e a partire dal
IV secolo a.C. si ha la fase più conosciuta e meglio documentata della città. Nel III secolo la città crebbe in floridezza, come si evince dai resti degli edifici monumentali di
quell’epoca. La città ebbe comunque vita breve: nel 211 venne distrutta dalle milizie
romane, e dai romani fu abitata sino al I secolo d.C., quando scomparve a causa di un
progressivo abbandono.
19
Gli scavi hanno rivelato l’interessante planimetria dell’agorà. Il vasto rettangolo
della piazza è strutturato su due livelli: la parte superiore è chiusa su tre lati da lunghi
portici; quella inferiore è unita all’altra da una scalinata trapezoidale che doveva servire anche come luogo di riunione per le assemblee pubbliche, data l’esistenza di una
piattaforma per l’oratore.
Nella porzione superiore della piazza si trovano i resti del bouleuterion e del ginnasio romano, e nella parte centrale si trova il macellum, con botteghe di età romana.
Alle spalle del portico si trova il quartiere residenziale di levante, con abitazioni signorili con raffinate decorazioni parietali e mosaici pavimentali (III sec a.C,), come la
Casa del capitello dorico e la Casa del Ganimede.
Nell’agorà inferiore il lato ovest è occupato dal teatro (IV sec a.c.), che si appoggia con la cavea al pendio della collina. Le strutture murarie al centro della piazza sono
state interpretate come un santuario dedicato alle divinità sotterranee, quelle a est come
un lungo granaio; oltre il granaio si trovano alcune fornaci per la produzione ceramica.
20
LA DEA DI MORGANTINA
A Morgantina, tra la fine
degli anni ’70 e gli anni ’80,
numerosi scavi clandestini
portarono in luce reperti di eccezionale valore, non solo artistico ma anche economico.
Tra questi il più importante è
certamente la statua a grandezza maggiore del naturale
raffigurante una donna drappeggiata in un ricco abito, tradizionalmente identificata con
Afrodite, e definita oggi la
“Dea di Morgantina”.
Tramite i canali del traffico clandestino di opere
d’arte la statua fu venduta
negli anni ’80 al Paul Getty
Museum di Malibu, dove è rimasta fino al 2007, quando si
è conclusa una lunga e complessa vicenda giudiziaria e
diplomatica, che ha portato
alla restituzione del reperto al
territorio di provenienza. Dal
17 marzo 2011 è esposta nel
Museo Archeologico di Aidone.
La statua, alta m. 2,20, è realizzata con il calcare locale, mentre per le parti nude del
corpo - viso e braccia - è stato utilizzato marmo bianco dell’isola di Paro. La tecnica di
lavorazione che abbina materiali di diversa consistenza e provenienza era già stata sperimentata in Magna Grecia e soprattutto in Sicilia, ad esempio per la realizzazione delle
metope del tempio E di Selinunte. La grazia del corpo e la resa del panneggio, con il caratteristico “effetto bagnato”, fa pensare ad un artista della cerchia di Fidia, chiamato
per la sua fama in Sicilia per scolpire Dee nei santuari di maggiore rinomanza.
Gli studiosi, dopo l’iniziale identificazione degli esperti del Getty Museum, individuano oggi nella statua la dea Demetra, protettrice delle messi, o la vergine Kore, il cui
culto era radicato nelle zone centrali dell’isola dove la tradizione mitologica ambientava
il rapimento di Proserpina (Kore) da parte di Ade.
21
GLI ARGENTI DI MORGANTINA
Dopo essere stati a lungo esposti in giro per il mondo, da New York a Roma, da Palermo a Shanghai, gli straordinari argenti di Morgantina sono tornati a casa e si
possono ammirare nella nuova sezione espositiva del museo archeologico di Aidone,
in provincia di Enna.
I 16 eccezionali pezzi di argenteria, conosciuti anche come il «Tesoro di Eupolemos», sono raffinate opere d’argento e lamina d’oro di epoca ellenistica (III secolo a.
C.): piatti, contenitori votivi, coppe e vasi.
Gli argenti furono trafugati dall’antica città di Morgantina (oggi Aidone) dai tombaroli, venduti a collezionisti ed esposti per anni nei musei statunitensi.
Fu poi il ministro della Cultura Francesco Rutelli che, nel 2007, siglò l’accordo bilaterale fra Italia e Stati Uniti per la restituzione di una serie di opere sottratte illegalmente dal nostro Paese.
L’allestimento prevede, insieme ai sedici pezzi d’argento dorato, l’esposizione di
una raccolta di reperti inediti provenienti dall’abitazione di Eupolemos (III secolo a.C.),
recuperati durante le campagne di scavo degli anni novanta dirette da Malcolm Bell.
In mostra, accanto agli argenti, sono infatti una grande arula (altare domestico), vasellame da mensa, anelli, spatole e stiletti in bronzo, vasetti miniaturistici e due “singolari” monete separate da duemila anni di storia.
Si tratta di una sikeliotan, la moneta coniata proprio a Morgantina intorno al 212
a.C. con l’effige di una dea, Persefone o Demetra, e una moneta da cento lire del 1978
con la dea Atena e l’ulivo. Un prezioso indizio per gli archeologi-investigatori che, in
un colpo solo, hanno potuto datare gli argenti di Eupolemos e gli ultimi scavi clandestini che per trent’anni hanno sottratto preziosi tesori alla Sicilia.
22
IL PARCO RONZA
Tra Enna e Piazza Armerina troviamo una
delle più grandi aree verdi attrezzate della Sicilia “Il
Parco Ronza”. Da un ampio parcheggio attraverso un
cancello forestale si accede al Parco Ronza.
Il Parco Ronza è suddiviso in varie zone: vi sono le
aree attrezzate con barbecue tavoli e panche in legno o
pietra dove è possibile arrostire carni carciofi o altro e
consumare pasti, vi sono delle aree attrezzate per i più
piccoli con scivoli altalene dondoli e giochi ottici, il tutto
immerso tra alberi di Pino ed Eucalipti.
All’interno del parco troviamo anche una grande voliera al cui interno vi sono diverse specie di volatili, vi
sono anche delle recinzioni dove sono ospitati caprette tibetane, cinghiali, daini, e altre specie di animali, poi vi è
un laghetto artificiale e una vasca con all’interno delle
tartarughe, il tutto in sintonia ed armonia con l’ambiente
circostante.
Il Parco Ronza offre ai frequentatori la possibilità di
trascorrere una spensierata giornata all’aria aperta a contatto con la natura ed ai bambini la possibilità di scorazzare e giocare in tutta tranquillità.
In pochi anni il Parco Ronza gestito diligentemente dal
Dipartimento Aziende Regionali Foreste Demaniali della
Sicilia è diventato un punto di riferimento per molti siciliani che intendono trascorrere una giornata lontano dal
caos e dai rumori cittadini.
23
NUMERI UTILI
ALBERGO
0935.688041
SEGRETERIA
327.3639841
FRANCESCO INGUANTI
338.9991137
MEDICI REPERIBILI
Tommaso Azzarello
339.5452166
Giacomo Rondello
338.5625882
24
INDICE CANTI
A crozza .............................................27
A pampina..........................................28
Ave Maria ..........................................28
Alla fiera di Mastro Andre’ ...............29
Ave Maria splendore del mattino ......30
Ballata del potere...............................31
Beato l’uomo .....................................32
Cantico dei redenti.............................33
Canzone degli occhi del cuore...........34
Caramba.............................................35
Come è grande...................................35
Errore di Prospettiva..........................36
E vui durmiti ancora ..........................37
Favola ................................................38
Freedom.............................................39
Grazie Signore ...................................39
Ho un amico ......................................40
Hombres nuevos ................................41
Hoy arriesgarè ...................................42
I cieli..................................................43
Il disegno ...........................................44
Il mio volto ........................................45
Il mistero............................................46
Il nostro cuore....................................47
Il seme ...............................................48
Inno dei sommergibilisti....................49
Io ti offro............................................50
L’Opera..............................................50
La nave nera ......................................51
La pietra.............................................52
La strada ............................................53
Lasciati fare .......................................53
Le stoppie aride .................................54
25
L'uomo cattivo...................................55
Luntane, cchiù luntane ......................56
Ma non avere paura ...........................57
Mare nostre........................................58
Mi votu e mi rivotu............................59
Nella tua pace ....................................59
Noi non sappiamo chi era ..................60
Oh! Doux pays de Chanaan...............61
Ojos de cielo ......................................62
Perdonami mio Signore .....................63
Povera voce .......................................64
Quando uno ha il cuore buono ..........64
Quant’è dolce, o Salvatore ................65
Romaria .............................................66
Salve Rociera.....................................67
Samba degli animali ..........................68
Se Tu non ci fossi ..............................69
Sou feliz Senhor ................................70
The lion sleeps tonight ......................70
Tu sei un Dio fedele...........................71
U sciccareddu ....................................72
Vent fin ..............................................72
Viva la compani’................................73
Vuestra Soy........................................74
When the saints .................................75
Zachée ...............................................77
26
A crozza
Vitti na crozza supra nu cannuni
Fui curiusu e ci vosi spiari
Idda m’arrispunnio ccu gran duluri:
“Murivi senza ‘ n toccu di campani”
Si nni eru si nni eru li me anni,
si nni eru si nn eru un sacciu dunni;
ora ca su arrivata a l’uttant’anni
chiamu la vita e morti m’arrispunni
Cunzatimi cunzatimi lu lettu
Ca da li vermi su mangiatu tuttu;
si nun lu scuntu ccà lu me piccatu
lu scuntu all’autra vita a chiantu ruttu
C’è nu giardinu ammenzu di lu mari
Tuttu ‘ntissutu di aranci e ciuri;
tutti l’aceddi cci vannu a cantari
puru i sireni cci fannu all’amuri
La lallallero…
Suli ca spacchi i petri d’a chianura
suli ca bruci l’ossa p’a calura;
sulu lu chiantu di la donna amata
po’ cunsulari st’alma scunsulata”.
La lallallero…
27
A pampina
E la pampina di l’aliva
di l’aliva la pampina
veni lu ventu la cutulia
la cimiddia cascari la fa
Ave Maria
Ave Maria,
stella del mattino,
tu che hai vegliato questa notte per noi
prega per noi
che cominciamo questo giorno
prega per noi
per tutti i giorni della vita.
Ave Maria.
Madre di tutti,
mostraci tuo figlio
che tu hai portato nel tuo seno per noi,
nato per noi
per liberarci dalla morte,
morto per noi
per ricondurci nella vita.
Ave Maria.
Piena di grazia
Segnaci la via,
dov’è la vita preparata per noi
chiedi per noi
misericordia dal Signore,
chiedi per noi
che ci sia data la sua pace.
Amen.
28
Alla fiera di Mastro Andre’
Alla Fiera di Mastro Andrè
Aggio cumbrat’ ‘ nu piffariello
Piri, pi-pi lu piffariello
Alla mirè, alla mirè , alla fiera di Mastro Andrè
Alla Fiera di Mastro Andrè
Aggio cumbrat’ ‘ nu tamburello
Tiri, ti-ti lu tamburello
Piri, pi-pi lu piffariello
Alla mirè, alla mirè , alla fiera di Mastro Andrè
Alla Fiera di Mastro Andrè
Aggio cumbrat’ ‘ nu viulino
Ziu-ziu lu viulinu
Tiri, ti-ti lu tamburello
Piri, pi-pi lu piffariello
Alla Fiera di Mastro Andrè
Aggio cumbrat’ ‘ na viola
Za-za la viola
Alla Fiera di Mastro Andrè
Aggio cumbrat’ ‘ na trumbetta
Perepepè, fa la trumbetta
Alla Fiera di Mastro Andrè
Aggio cumbrat’ ‘ na pistola
Ta-ta fa la pistola
Alla Fiera di Mastro Andrè
Aggio cumbrat’ ‘ nu fucile
Pum-pum fa lu fucile
Alla Fiera di Mastro Andrè
Aggio cumbrat’ ‘ nu cannone
Bum-bum fa lu cannone
29
Ave Maria splendore del mattino
Ave Maria, splendore del mattino,
puro è il tuo sguardo ed umile il tuo cuore;
protegga il nostro popolo in cammino
la tenerezza del tuo vero amore.
Madre, non sono degno di guardarti!
Però fammi sentire la tua voce;
fa’che io porti a tutti la tua pace
e possano conoscerti ed amarti.
Madre, tu che soccorri i figli tuoi,
fa’ in modo che nessuno se ne vada;
sostieni la sua croce e la sua strada,
fa’ che cammini sempre in mezzo a noi.
Madre, non sono degno....
Ave Maria, splendore del mattino,
puro è il tuo sguardo ed umile il tuo cuore;
protegga il nostro popolo in cammino
la tenerezza del tuo vero amore.
Protegga il nostro popolo in cammino
la tenerezza del tuo vero amore.
30
Ballata del potere
Lo dicevo tutto il giorno: questo mondo non è giusto!
E pensavo anche di notte: questa vita non dà gusto!
E dicevo: è colpa vostra, o borghesi maledetti,
tutta colpa dei padroni e noialtri poveretti...
E noialtri a lavorare sempre lì nell’officina,
senza tempo per pensare dalla sera alla mattina…
Forza compagni, rovesciamo tutto
e costruiamo un mondo meno brutto!
Per un mondo meno brutto quanti giorni e quanti mesi,
per cacciare alla malora le carogne dei borghesi,
ma i compagni furon forti e si presero il potere
e i miei amici furon morti e li vidi io cadere...
Ora tu dimmi come può sperare un uomo che ha in mano tutto,
ma non ha il perdono!
Come può sperare un uomo quando il sangue è già versato,
quando l’odio in tutto il mondo nuovamente ha trionfato:
c’è bisogno di Qualcuno che ci liberi dal male
perché il mondo tutto intero è rimasto tale e quale...
La la la la...
31
Beato l’uomo
Rit. Beato l’uomo che retto procede
e non entra a consiglio con gli empi
e non va per la via dei peccatori;
nel convegno dei tristi non siede.
Nella legge del Signore
ha riposto la sua gioia.
Se l’è scritta sulle porte
e la medita di giorno e di notte. Rit.
E sarà come l’albero
che è piantato sulla riva del fiume
che dà frutto alla sua stagione,
né una foglia a terra cade. Rit.
Non sarà così per chi ama il male,
la sua vita andrà in rovina;
il giudizio del Signore
è già fatto su di lui. Rit.
Ma i tuoi occhi, o Signore
stanno sopra il mio cammino,
me l’hai detto, sono sicuro,
non potrai scordarti di me. Rit
32
Cantico dei redenti
Il Signore è la mia salvezza
e con lui non temo più,
perché ho nel cuore la certezza:
la salvezza è qui con me.
Ti lodo Signore perché
un giorno eri lontano da me,
ora invece sei tornato
e mi hai preso con te.
Berrete con gioia alle fonti,
alle fonti della salvezza
e quel giorno voi direte:
lodate il Signore, invocate il suo nome.
Fate conoscere ai popoli
tutto quello che lui ha compiuto
e ricordino per sempre,
ricordino sempre che il suo nome è grande.
Cantate a chi ha fatto grandezze
e sia fatto sapere nel mondo;
grida forte la tua gioia,
abitante di Sion, perché grande
con te è il Signore.
33
Canzone degli occhi del cuore
Claudio Chieffo
Anche se un giorno, amico mio,
dimenticassi le parole,
dimenticassi il posto e l’ora
o se era notte o c’era il sole,
non potrò mai dimenticare
cosa dicevano i tuoi occhi.
E così volando volando
anche un piccolo cuore se ne andava
attraversando il cielo verso il Grande Cuore
un cuore piccolo e meschino
come un paese inospitale
volava dritto in alto verso il suo destino...
E non riuscirono a fermarlo
neanche i bilanci della vita
quegli inventari fatti sempre senza amore.
Così parlavo in fretta io
per non lasciare indietro niente
per non lasciare indietro il male
e i meccanismi della mente
e mi dicevano i tuoi occhi
che ero già stato perdonato...
E così volando volando...
Adesso torna da chi sai
da chi divide con te tutto
abbraccia forte i figli tuoi
e non nascondere il tuo volto,
perché dagli occhi si capisce
quando la vita ricomincia.
E così volando volando...
34
Caramba
E lassù sul monte nero c’è una piccola caverna
Ci son dodici briganti al chiaror di una lanterna
Caramba beviamo del wisky
Caramba beviamo del gin
E tu non dar retta al cuore, che tutto passerà
Ma dei docidi briganti uno solo resta muto
Ha il bicchiere ancora pieno, perché mai non ha bevuto?
Ma non può dimenticare il brigante la sua bella
Gli occhi suoi color del mare, la sua bocca tanto bella
Come è grande
Come è grande la tua bontà
che conservi per chi ti teme!
E fai grandi cose per chi ha rifugio in te,
e fai grandi cose per chi ama solo te!
Come un vento silenzioso
ci hai raccolto dai monti c dal mare;
come un alba nuova sei venuto a me,
la forza del tuo braccio mi ha voluto qui con sé.
Come è chiara l’acqua alla tua fonte
per chi ha sete cd è stanco di cercare:
sicuro ha ritrovato i segni del tuo amore
che si erano perduti nell’ora del dolore
Come un fiore nato fra le pietre
va a cercare il cielo su di lui,
così la tua Grazia, il tuo Spirito per noi
nasce per vedere il mondo che tu vuoi.
35
Errore di Prospettiva
Quando noi vedremo tutto, quando tutto sarà chiaro
pensa un po' che risate, che paure sfatate.
Con la musica dentro, con il cuore più pieno
della gioia di un tempo, di un mattino sereno.
Ma di una cosa lo sai non saprò ridere mai:
è di tutto il male che ho voluto fare a te.
Se c’è una cosa che voglio, se c’è una cosa che vale
è abitare la tua casa, tutto il resto è banale.
E parlare con te
di quand'ero piccino
e vedevo le cose
con gli occhi di un bambino.
Ti ricordi quella volta e la rabbia che avevo
e credevo fosse amore, esser giusto volevo.
Ma di una cosa lo sai non saprò ridere mai:
è di tutto il male che ho voluto fare a te.
Se c’è una cosa che voglio, se c’è una cosa che vale
è abitare la tua casa, tutto il resto è banale.
E parlare con te
di quand’ero piccino
e vedevo le cose
con gli occhi di un bambino,
con gli occhi di un bambino...
36
E vui durmiti ancora
Lu suli è già spuntatu ‘ntra lu mari
e vui bidduzza mia durmiti ancora,
l’aceddi sunnu stanchi di cantari
e affriddati v’aspettanu cca fora,
supra ‘ssu balcuneddu su pusati
e aspettunu quann’è cca v’affacciati !
Li ciuri senza vui non ponu stari
su tutti ccu li testi a pinnuluni,
ognunu d’iddi non voli sbucciari
su prima non si grapi ‘ssu balcuni,
dintra lu buttuneddu su ammucciati
e aspettunu quann’è cca v’affacciati !
Lassati stari, non durmiti cchiui,
ca ‘mmenzu ad iddi dintra sta vanedda
cci sugnu puri iù c’aspettu a vui
pri vidiri ssa facci accussi bedda
passu ccà fora tutti li nuttati
e aspettu sulu quannu v’affacciati.
37
Favola
Non avere paura piccolo figlio mio,
ma è la strada più dura che ti porterà là;
lascia dunque il sentiero, prendi i campi e va’
attraversa quel bosco non temere perché
c’è Qualcuno con te.
C’è Qualcuno con te non ti lascerà mai
non avere paura prendi i campi e vai...
Quando incontrerai il lupo o la volpe e il leone
non restare impaurito e non far confusione
son di un altro racconto che finisce male
non potranno toccarti non voltarti perché
c'è Qualcuno con te.
C’è Qualcuno con te non ti lascerà mai
non avere paura non voltarti e vai...
Non arrenderti al buio che le cose divora
ora è notte, ma il giorno verrà ancora.
Così, quando sarai a quell’ultimo ponte
con il tempo alle spalle e la vita di fronte,
una mano più grande ti solleverà
abbandonati a quella non temere perché
c’è Qualcuno con te.
C’è Qualcuno con te, non ti lascerà mai
non avere paura non fermarti e vai...
38
Freedom
Oh, freedom, Oh, freedom,
Oh freedom over me.
RIT. And before I'll be a slave
I'll be buried in my grave
And go home to my Lord
and be free, and be free.
No more mourning, No more moaning No more moaning' over me.
No more shouting, No more shouting No more shouting over me.
No more crying, No more crying No more crying over me
Grazie Signore
Grazie, Signore,
che m’hai dato in tuo nome
tanti fratelli, per venire fino a te.
Grazie, Signore,
perchè hai dato il sorriso
al nostro volto, per parlarci del tuo amor.
La, la ...
Grazie, Signore,
perché hai fatto del mondo
la tua casa, il tuo Regno divino,
perché potessimo
amarti ed amarci,
ovunque andremo, ovunque saremo.
La, la ... Amen.
39
Ho un amico
Ho un amico grande, grande;
di più giusti non ce n’è:
mi ha donato tutto il mondo,
è più forte anche di un re.
Se io tremo lui è sicuro
e non ha paura mai;
è l’amico più sincero, sai,
e ti segue ovunque vai.
Però talvolta lo sfuggo
e voglio fare da me,
ma crolla presto il mio mondo
perché lui è più forte di me.
Una volta io credevo
di potere amare da me;
non pensavo e non sapevo
che non può nemmeno un re.
Però talvolta lo sfuggo
e voglio fare da me,
ma crolla presto il mio mondo
perché lui è più forte di me.
40
Hombres nuevos
Danos un corazón grande para amar.
Danos un corazón fuerte para luchar.
Hombres nuevos, creadores de la historia,
constructores de nueva humanidad.
Hombres nuevos que viven la existencia
como riesgo de un largo caminar.
Danos un corazón...
Hombres nuevos, luchadores de esperanza,
caminantes, sedientos de verdad.
Hombres nuevos sin frenos ni cadenas,
hombres libres que exigen libertad.
Danos un corazón...
Hombres nuevos, amando sin fronteras,
per encima de razas y lugar.
Hombres nuevos, al lado de los pobres,
compartiendo con ellos techo y pan.
danos un corazón
Dacci un cuore grande per amare. Dacci un cuore forte per lottare. Uomini nuovi creatori della storia, costruttori di nuova umanità. Uomini nuovi che vivono l’esistenza come rischio di un lungo
cammino. Uomini nuovi che lottano con speranza, che camminano assetati di verità. Uomini nuovi,
senza freni né catene, uomini liberi che esigono libertà. Uomini nuovi che amano senza confini, al
di là di ogni razza e luogo. Uomini nuovi a fianco dei poveri, che condividono con loro la casa e il
pane.
41
Hoy arriesgarè
El drama de la existencia
busca encontrar su verdad,
quiere ocultar su Presencia
su Encarnación olvidar.
Mi voluntad luchará
por mantener su justicia
mi vida es su pertenencia,
nada me lo impedirá.
Hoy cantaré, cantaré mi vida o mi muerte.
Hoy arriesgaré, arriesgaré toda mi suerte.
Hoy cantaré, cantaré mi vida o mi muerte.
Hoy annunciaré, annunciaré
que El sigue presente.
He conocido la fuente
Que salva al hombre del mal,
en mi carne es grito fuerte
y en mi sangre tempestad.
Mi nueva ley es la historia,
que me ha tocato seguir,
grande es su misericordia
aunque non lo merecí.
Il dramma dell'esistenza cerca la verità. Vuole nascondere la sua presenza, dimenticare la sua incarnazione. La mia volontà lotterà per mantenere la sua giustizia. La mia vita è appartenere a lui.
Niente me lo potrà impedire. Oggi canterò, canterò la mia vita o la mia morte. Oggi rischierò,
rischierò tutto il mio destino. Oggi canterò canterò la mia vita o la mia morte. Oggi annuncerò,
annuncerò che lui continua ad essere presente. Ho conosciuto la fonte che salva l'uomo dal male,
nella mia carne c'è un grido forte e nel mio sangue la tempesta. La mia nuova legge è la storia,
che mi è accaduto di seguire, grande è la sua misericordia anche se non l'ho meritata.
42
I cieli
Non so proprio come far
per ringraziare il mio Signor
m’ ha dati i cieli da guardar
e tanta gioia dentro al cuor.
Lui m’ha dato i cieli da guardar
Lui m’ha dato la bocca per cantar
Lui m’ha dato il mondo per amar
e tanta gioia dentro al cuor. [2V]
Si è curvato su di me
ed è disceso giù dal ciel
per abitare in mezzo a noi
e per salvare tutti noi.
E quando un dì con Lui sarò
nella sua casa abiterò
nella sua casa tutta d’or
con tanta gioia dentro al cuor.
E quando un dì con Lui sarem
nella sua casa abiterem
nella sua casa tutta d’or
con tanta gioia dentro al cuor.
43
Il disegno
Nel mare del silenzio una voce si alzò,
da una notte senza confini una luce brillò
dove non c’era niente, quel giorno.
Avevi scritto già il mio nome lassù nel cielo,
avevi scritto già la mia vita insieme a Te,
avevi scritto già di me.
E quando la Tua mente fece splendere le stelle,
e quando le Tue mani modellarono la terra,
dove non c’era niente, quel giorno.
Avevi scritto già...
E quando hai calcolato la profondità del cielo,
e quando hai colorato ogni fiore della terra,
dove non c’era niente, quel giorno.
Avevi scritto già...
E quando hai disegnato le nubi e le montagne,
e quando hai disegnato il cammino di ogni uomo,
l’avevi fatto anche per me.
Se ieri non sapevo, oggi ho incontrato Te,
e la mia libertà è il tuo disegno su di me,
non cercherò più niente perché tu mi salverai.
44
Il mio volto
Mio Dio, mi guardo ed ecco scopro
che non ho volto;
guardo il mio fondo e vedo il buio
senza fine.
Solo quando mi accorgo che tu sei,
come un’eco risento la mia voce
e rinasco come il tempo dal ricordo.
Perché tremi mio cuore? Tu non sei solo,
tu non sei solo;
amar non sai e sei amato,
e sei amato;
farti non sai e pur sei fatto,
e pur sei fatto.
Come le stelle su nei cieli,
nell’Essere tu fammi camminare,
fammi crescere e mutare, come la luce
che cresci e muti nei giorni e nelle notti.
L’anima mia fai come neve che si colora
come le tenere tue cime, al sole del tuo amor.
45
Il mistero
Chi accoglie nel suo cuore
il volere del Padre Mio
sarà per me fratello,
fratello, sorella e madre.
Con occhi semplici voglio guardare
della mia vita svelarsi il Mistero:
là dove nasce profonda l'aurora
d'una esistenza chiamata al Tuo amore.
M'hai conosciuto da secoli eterni
m'hai costruito in un ventre di donna
ed hai parlato da sempre al mio cuore
perché sapessi ascoltar la Tua voce.
Chi accoglie nel suo cuore...
Guardo la terra e guardo le stelle
e guardo il seme caduto nelcampo,
sento che tutto si agita e freme,
mentre il Tuo regno, Signore, già viene.
Se vedo l'uomo ancora soffrire,
se il mondo intero nell'odio si spezza,
io sò che é solo il travaglio del parto
d'un uomo nuovo che nasce alla vita.
Chi accoglie nel suo cuore...
46
Il nostro cuore
Il nostro cuore non si è perduto
i nostri passi non hanno smarrito
la sua strada.
Nè l’angoscia, nè il dolore,
la paura e la spada...
Mai il tuo sguardo fuggirò
la tua casa lascerò.
Il nostro cuore...
Della morte, della vita,
del presente, del futuro
la tua gente non ha paura,
la tua rocca sta sicura.
Il nostro cuore...
Col mio canto, la mia gioia,
con l’amore e le parole
la tua gloria loderò,
la tua forza griderò.
Il nostro cuore…
47
Il seme
Il Signore ha messo un seme
nella terra del mio giardino.
Il Signore ha messo un seme
nel profondo del mio mattino
Io appena me ne sono accorto
sono sceso dal mio balcone
e volevo guardarci dentro,
e volevo vedere il seme.
Ma il Signore ha messo il seme
nella terra del mio giardino.
Il Signore ha messo il seme
all’inizio del mio cammino.
Io vorrei che fiorisse il seme,
io vorrei che nascesse il fiore,
ma il tempo del germoglio
lo conosce il mio Signore.
Il Signore ha messo un seme
nella terra del mio giardino.
Il Signore ha messo un seme
nel profondo del mio mattino
48
Inno dei sommergibilisti
Sfiòrano l’onde nere nella fitta oscurità,
dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà!
Taciti ed invisibili, partono i sommergibili!
Cuori e motori d’assaltatori
contro l’immensità!
Andar pel vasto mar
ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino!
Colpir e seppelir
Ogni nemico che s’incontra sul cammino
E’ così che vive il marinar
nel profondo cuor del sonante mar!
Del nemico e dell’avversità
se ne infischia perchè sa che vincerà!
Giù sotto l’onda grigia di foschia nell’albeggiar
una torretta bigia spia la preda al suo passar!
Scatta dal sommergibile rapido ed infallibile
diritto e sicuro batte il siluro
schianta, sconvolge il mar!
Rit: Andar pel vasto mar…
Ora sull’onda azzurra nella luce mattinal
ogni motor sussurra come un canto trionfal!
Ai porti inaccessibili tornano i sommergibili:
ogni bandiera che batte fiera
una vittoria val!
Rit: Andar pel vasto mar…
49
Io ti offro
Io ti offro la mia vita, o mio Signore.
Io ti offro tutto di me, tutto di me, tutto di me.
Chiunque in te spera, non resta deluso. (2 volte)
Io ti offro...
Ci hai dato la vita tra i veri viventi. (2 volte)
Io ti offro...
L’Opera
Beati i furbi, beati i ricchi
beati quelli che han denaro in tasca
beati i forti ed i violenti
beati quelli che sono potenti
beati quelli che a questo mondo
giocano sempre al girotondo
beati quelli che sulla terra
vincono sempre la loro guerra.
Ma l’amaro, l’amaro che c’è in me
Sarà mutato in allegria (2 v)
Quel giorno si farà una grande festa
e allora canteremo insieme
Sarà il bel giorno di una grande festa
e allora balleremo insieme
50
La nave nera
Ci siamo persi mamma mia dove andiamo
in questo mare senza rotta navighiam
adesso prendo il mio diario e scrivo che
tra i miei amici di dispersi non ce n'è
c'è il capitano glu glu
sempre più giù sempre più giù
In questa nave nera nera nera
quando c'è vento vento di bufera
Ci siamo persi mamma mia
dove andiamo in questo mare....
c'è il timoniere vira a dritta vira a dritta
c'è il capitano glu glu sempre più giù
In questa nave nera nera nera
quando c'è vento vento di bufera
Ci siamo persi mamma mia
dove andiamo in questo mare...
ci sono i pirati all'arrembaggio
ci sono i pesci ap ap ap ap
c'è un uomo in mare... aiuto aiuto
c'è il marinaio oh issa oh issa
c'è il timoniere vira a dritta vira a dritta
c'è il capitano glu glu sempre più giù
In questa nave nera nera nera
quando c'è vento vento di bufera
51
La pietra
La pietra che i costruttori hanno scartato
ora è pietra angolare. (2 volte)
È meglio rifugiarsi nel Signore
che sperare negli uomini.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che sperare nei prìncipi.
Ti ringrazio, perché mi hai esaudito:
fosti per me la salvezza.
La pietra scartata dai costruttori
ora è pietra angolare.
Benedetto chi viene nel nome del Signore!
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Tu sei il mio Dio, io ti ringrazierò;
mio Dio, ti esalterò.
52
La strada
È bella la strada per chi cammina. È bella la strada per chi va.
È bella la strada che porta a casa e dove ti aspettano già.
È gialla tutta la campagna
ed ho già nostalgia di te
ma dove vado c’è chi aspetta
così vi porto dentro me...
Porto con me le mie canzoni
ed una storia cominciata
è veramente grande Dio
è grande questa nostra vita.
Lasciati fare
Lasciati fare da chi ti conosce,
lasciati fare da chi ama te.
Il Signore sa perfino
quanti capelli hai sulla testa;
il Signore sa perfino
i nomi delle stelle.
Non ti affannare per sapere
cosa mangiare e cosa bere;
il Signore veste
anche i gigli del campo.
53
Le stoppie aride
Guardo nei campi brulli
le stoppie aride
e nel canneto osservo
levarsi un vol.
Mi chiedo che fanno queste cose intorno:
è un sogno, un inganno,
questa vita accanto a me?
Sei tu, Signor, che ti nascondi:
cercano te.
La mia tendina chiara
Spicca tra gli alberi,
nella radura erbosa
declina il dì.
Trattiene il respiro ogni cosa intorno,
il fuoco che miro
mi raccoglie tutto a sé.
Sei tu, Signor, che mi circondi:
che vuoi da me?
Marcio con zaino in spalla
per valli insolite.
Divido il pane e l’acqua
con un fratel.
La gente che vedo mi ridà il saluto,
le cose in cui credo
son concrete accanto a me.
Sei tu, Signor, che mi rispondi:
eccomi a te.
54
L'uomo cattivo
Era un uomo cattivo, ma cattivo cattivo cattivo,
eppure così cattivo, il Signore lo salvò.
Quando si alzava la mattina tutto gli dava fastidio
a cominciare dalla luce perfino il latte col caffè.
Ma un dì si chiese chi era che gli dava la vita
un dì si chiese chi era che gli dava l’amor.
«Chi se ne frega della vita chi se ne frega dell’amore»
lui ripeteva queste cose, ma gli faceva male il cuore.
Ed il Signore dal cielo tanti regali gli mandava
lui li guardava appena anzi alle volte poi si lamentava.
Ma un dì si chiese chi era che gli dava la vita
un dì si chiese chi era che gli dava l’amor.
Poi un giorno vide un bambino che gli sorrideva
vide il colore dell’uva e la sua nonna che pregava.
E vide ch’era cattivo e tutto sporco di nero
mise una mano sul cuore e pianse quasi tutto il giorno intero.
E Dio lo vide e sorrise gli tolse quel suo dolore
poi gli donò ancor più vita poi gli donò ancor più amor.
Era un uomo cattivo, ma cattivo cattivo cattivo
eppure così cattivo il Signore lo salvò.
55
Luntane, cchiù luntane
Pe cantà sta chiarità ncore me sente tremà!
Tutte stu ciele stellate, tutte stu mare che me fa sugnà.
Ma pe ‘tte sole, pe ‘tte esce dall’anima me,
mezz’a stu ciele, stu mare, nu cantemente che nze po tenè.
Luntane, cchiù luntane de li luntane stelle,
luce la luce cchiù belle
che me fa ncore cantà.
Luntane cchiù…
Marinà, s’ha da vugà tra tutta sta chiarità,
cante la vele a lu vente, nu cante granne che luntane và:
tu la si ddove vò i’ st’aneme pe’ ne’ murì
bella paranze. Luntane ‘nghe sti suspire tu i’ da menì.
Luntane...
Per cantare questo chiarore, in cuore mi sento tremare! Tutto questo cielo stellato, tutto questo
mare che mi fa sognare. Ma per te solo, per te esce dall’anima mia, in mezzo a questo cielo, a
questo mare, un canto che non si può trattenere. Lontano, più lontano delle lontane stelle, riluce
la luce più bella che mi fa ancora cantare. Lontano… Marinaio, si deve remare tra tutto questo
chiarore, canta la vela al vento un canto grande che lontano va. Tu lo sai, bella barca, dove vuole
andare quest’anima per non morire… Lontano con questi sospiri tu devi venire.
56
Ma non avere paura
Ma non avere paura, non ti fermare mai
perché il mio amore è fedele e non finisce mai.
Guardo sempre dentro me
e non vedo te,
c’è rumore nel mio cuor
e non so perché.
Non sapere cosa dir,
non saper che far
«Fai silenzio dentro te
ed ascolta me».
Ogni volta che tu vuoi
tu mi troverai
e l’amore mio, lo sai
non finisce mai.
57
Mare nostre
Mare nostre,
mare che crij stu core
na passione d’amore
e mme fii’ncantà.
Mare bbelle,
sopr’a sta bbella paranze
l’aneme di luntananze
se mett’a ssugnà.
Voga, voghe, marinare,
voga, voghe pe stu mare,
che nen dorme e suspire nghe mmé.
Mare chiare,
mare de latte e d’argente,
ogne ddulore e tturmente
me vuije scurdà.
Mare granne,
come nu ciele stellate
tremà ’ssa luce ’ncantate
lu core me fa.
Voga...
Traduzione: MARE NOSTRO
Mare nostro, mare che crei a questo cuore una passione d’amore e mi fai incantare. Mare bello,
sopra questa bella barca, l’anima da lontano si mette a sognare. Rema, rema, marinaio. Rema, rema
per questo mare che non dorme e sospira con me. Mare chiaro, mare di latte e d’argento, mi voglio
scordare ogni dolore e tormento. Mare grande , come un cielo stellato, quella luce incantata mi fa
tremare il cuore.
58
Mi votu e mi rivotu
Mi votu e mi rivotu suspirannu,
passu li notti ‘nteri senza sonnu,
e li biddizzi tò ju cuntimplannu,
li passu di la notti finu a ghiornu,
Pi tia nun pozzu ora cchiù durmiri,
paci nunn’avi cchiù st'afflittu cori.
U sai quannu ca ju t'aj’a lassari
quannu la vita mia finisci e mori.
Nella tua pace
Signore nella Tua pace non ho paura
anche se la notte è buia (2 volte)
Signore, nella Tua pace non c’è timore
anche se una vita muore. (2 volte)
cosa mai potrà farmi l’uomo?
La mia destra ormai non teme più.
Compirò, secondo la parola
che hai detto, la mia fatica.
Signore…
Me ne andrò come un pellegrino
per il mondo ad annunciare te.
Asciugherò con la Tua parola
le lacrime di chi piange ancora.
Signore….
Quel giorno poi, che vedrò il Tuo volto,
conoscerò come conosci me
e balzerà l’anima nel petto
perché mi prenderai con te.
Signore……
59
Noi non sappiamo chi era
Noi non sappiamo chi era,
noi non sappiamo chi fu,
ma si faceva chiamare Gesù.
Pietro lo incontrò sulla riva del mare,
Paolo lo incontrò sulla via di Damasco.
Vieni, fratello: ci sarà un posto,
posto anche per te.
Noi non sappiamo…
Maria lo incontrò sulla pubblica strada,
Disma lo incontrò in cima alla croce.
Vieni, fratello: ci sarà un posto,
posto anche per te.
Noi non sappiamo…
Noi lo incontrammo all’ultima ora,
io l’ho incontrato all’ultima ora.
Vieni, fratello: ci sarà un posto,
posto anche per te.
Ora sappiamo chi era,
ora sappiamo chi fu:
era colui che cercavi,
si faceva chiamare Gesù
60
Oh! Doux pays de Chanaan
Oh! doux pays de Chanaan,
qu’il est long le chemin vers toi!
Oh! doux pays de Chanaan,
doux pays de notre espoir.
Le temps me semble long et gris
au souvenir de ce doux pays,
mais cette nuit nous partions
vers le pays de la moisson.
Oh! doux...
J’entends le son des tambourins
menant la danse jusqu’au matin,
en souvenir du doux agnesu
dont le sang pur coula à flots.
Oh! doux...
Nous passerons des nuits d’effroi
dans un désert glacé de vents froids;
mais ka Nuée est à l’entour
pour nous brûler d’un feu d’amour.
Oh! doux...
Dans le matin d’un jour radieux
salut enfin ô porte des cieux;
là pour toujours nous chanterons
le grand Hallel de la moisson.
Oh! doux...
Traduzione: O DOLCE PAESE DI CANAAN
O DOLCE PAESE DI CANAAN, com’è lunga la via che porta a te! O dolce paese di Canaan, dolce
paese della nostra speranza . Il tempo mi sembra lungo e grigio al ricordo di quel dolce paese, ma
questa notte partiremo verso il paese del raccolto. Sento il suono dei tamburelli che guidano la danza
fino al mattino, in memoria del dolce agnello, il cui sangue puro è corso a fiotti. Passeremo notti di
angoscia in un deserto ghiacciato da venti freddi, ma la Nuvola è presente per farci ardere d’un
fuoco d’amore. Al mattino di un giorno radioso, salve, finalmente, o porta del cielo! Là per sempre
canteremo il grande Alleluia del raccolto.
61
Ojos de cielo
Si yo miro el fondo de tus ojos tiernos
se me borra el mundo con todo su infierno.
se me borra el mundo y descubro el cielo
cuando me zambullo en tus ojos tiernos.
Rit. Ojos de cielo,ojos de cielo,
No me abandones en pleno vuelo.
Ojos de cielo,ojos de cielo
Toda mi vida por ese sueno.
Ojos de cielo,ojos de cielo
Ojos de cielo,ojos de cielo.
Si yo me olvidara de lo verdadero,
si yo me alejara de lo mas sincero.
Tu ojos de cielo me lo recordaran
Si yo me olvidara de lo verdadero.
Rit. Ojos de cielo…
Si el sol que me alumbrase apagara un dìa
y una noche oscura ganara mi vida,
tus ojos de cielo me iluminarian,
tus ojos sinceros,mi camino y guìa.
Rit. Ojos de cielo…
Se guardo il fondo de tuoi occhi teneri mi si cancella il mondo con tutto il suo inferno.Mi si cancella il mondo e scopro il cielo quando mi tuffo nei tuoi occhi teneri.Occhi di cielo,occhi di cielo,non
abbandonarmi in pieno volo,occhi di cielo,occhi di cielo,tutta la mia vita per questo sogno.
Occhi di cielo,occhi di cielo…
Se io mi dimenticassi di ciò che è vero,se io mi allontanassi da ciò che è sincero i tuoi occhi di cielo
me lo ricorderebbero, se io mi allontanassi dal vero.
Occhi di cielo,occhi di cielo…
Se il sole che mi illumina un giorno si spegnesse e una notte buia vincesse sulla mia vita,i tuoi occhi
di cielo mi illuminerebbero,i tuoi occhi sinceri che sono per me cammino e guida.
Occhi di cielo,occhi di cielo
62
Perdonami mio Signore
Perdonami, mio Signore, di tutto il male mio,
perdonami, mio Signore, perdonami, mio Dio.
Senza di Te si spacca il cuore mio:
bianco come la morte, Ti chiamo, o Dio.
Perdonami, mio Signore……..
Com’è pesante il male, il male che Ti faccio
e com’è duro il cuore: è freddo più del ghiaccio.
Perdonami, mio Signore……….
No, non mi abbandonare e dammi la Tua pace
sia tutta la mia vita solo ciò che Ti piace.
Perdonami, mio Signore………..
63
Povera voce
Povera voce di un uomo che non c’è
la nostra voce, se non ha più un perchè:
deve gridare, deve implorare
che il respiro della vita non abbia fine.
Poi deve cantare perchè la vita c’è,
tutta la vita chiede l’eternità;
non può morire, non può finire
la nostra voce che la vita chiede all’Amor.
Non è povera voce di un uomo che non c’è,
la nostra voce canta con un perchè.
Quando uno ha il cuore buono
Quando uno ha il cuore buono
non ha più paura di niente,
è felice d’ogni cosa,
vuole amare solamente.
Quante volte t’ho chiamato per nome,
quante volte ho cercato di te,
ma tu fuggi e ti nascondi,
vorrei proprio sapere perchè.
Quando...
Poco dopo è calata la notte,
la tua voce ho sentito gridar;
io ti dico: ritorna alla casa,
il mio amore è più grande del mar.
64
Quando...
Tu hai sentito chiamare il tuo nome:
non puoi certo scordarlo mai più.
Su non fingere d’essere sordo,
puoi rispondermi solo tu.
Quando...
Quant’è dolce, o Salvatore
Quant’è dolce o Salvatore, di servire a te!
Ed offrire con amore questo cuore a te.
Prendi pure la mia vita, io la dono a te.
La tua grazia m’hai largita, vivo della fe’.
La tua vita per salvarmi desti con amor!
Fa’ ch’io possa consacrarmi tutto a te, Signor.
Fa’ ch’io fissi il guardo mio sempre e solo in te!
Ch’io ti serva ognora, o Dio, con costante fe’.
65
Romaria
Cantata da ELIS REGINA
É se sonho e de pó
O destino de um só
feito eu, perdido em pensamento
sobre o meu cavalo.
É de laco e de nó
de gibeira o jiló
dessa vida sofrida a sol.
Sou caipira pirapora.
Nossa Senhora de Aparecida
ilumina a mina escura
e funda o trem da minha vida. (2 v.)
O meu pai peão,
minha mãe solidão,
meus irmãos perderam-se na vida
em busca de aventuras.
Descasei, joguei,
investi, desisti,
se hà sorte, eu não sei, nunca vi.
Me disseram, porèm
que eu viesse aqui
p’ra pedir, de romaria em prece,
paz nos desalentos.
Como eu não sei rezar,
só queria mostrar
meu olhar, meu olhar, meu olhar.
Traduzione:
È sogno e polvere il destino di un uomo solo come me, perso nei miei pensieri, sul mio cavallo. È
destino di lazzo e nodo, di poveri calzoni da festa e gilet, di questa vita sofferta in solitudine. Sono
un abitante dell’interno (della campagna), Signora di Aparecida (località vicino S. Paolo), illumina
l’oscura miniera e fondi le basi della mia vita. Mio padre era un "peao", mia madre era la solitudine,
i miei fratelli si sono dispersi cercando l’avventura. Sono divorziato, ho giocato, ho investito, poi
ho abbandonato. Se esiste la fortuna, non lo so, non l’ho mai vista. Mi hanno detto però di venire
qui, in pellegrinaggio, in preghiera, per chiedere la pace nelle mie disavventure. Ma dal momento
che so pregare, sono venuto semplicemente a mostrare il mio sguardo.
66
Salve Rociera
Dios te salve Maria,del Rocio Senora
Luna, sol, norte ,y guia,y pastora celestial.
Dios te salve Maria, todo el pùeblo te adora
y repite a porfia,como tu no hay otra igual.
Olè,olè…
Al rocio yo quiero volver,
a cantarle a la Virgen con fè,
con un olè…
Dios te salve Maria, manantial de dulzura
a tus pies noche y dia te venimos a rezar.
Dios te salve Maria, tu rosal de hermosura,
eres tu Madre mia de pureza virginal.
Olè,olè…
Al rocio yo quiero volver,
a cantarle a la Virgen con fè,
con un olè…
67
Samba degli animali
Samba degli animali
cantare altro io non so,
samba degli animali
rinchiusi dentro a uno zoo.
Il coccodrillo Anselmo di notte non prendeva sonno
Che giornata dura fino all’ora di chiusura!
Ma ricordava che all’uscita gli aveva riso la senorita
Poi voltandosi era andata e lui da allora l’ha sognata.
Ahi, ahi, ahi, ahi, ma come è triste la vita
Ahi, ahi, ahi, ahi, senza la senorita.
Anacleto il pappagallo si credeva tanto bello,
sopra il trespolo cantava ma nessuno lo ascoltava.
Al suo canto solamente rispondeva un bimbo lentamente
Ma la mamma l’ha chiamato strizzando l’occhio se ne è andato
Oilà, oilà, ora conto le ore
Oilà oilà, aspettando il mio ammiratore.
La giraffa Clarabella si confidava con le stelle
Guardava il cielo da vicino e piangeva anche un pochino.
Quando soffiava tramontana, sentiva aria africana
E il rumore dei tam tam o quanta voglia di ballar.
Ahime, ahimè, dove saranno i miei amici.
Ahimè ahimè, almeno loro son felici.
Un ruggito possente è il leone Clemente,
nella gabbia arrugginita ha passato già mezza vita
Guarda oltre quelle mura mordo mordi senza paura,
con uno scatto felino sei già in mezzo al giardino.
E va e va corri verso l’uscita
E va e va la prigione e finita.
68
Se Tu non ci fossi
Se tu non ci fossi cosa farei?
Cosa farei d’un mondo senza te?
Cosa farei d’una vita senza Te?
Morirei perché non c’è pane
che possa saziar la mia fame di Te;
non c’è acqua che possa saziar la mia sete di te.
Morirei perché non c’è cosa
che possa guarire l’assenza di Te;
non c’è amor più grande
di chi da la vita per me.
Se Tu non ci fossi perchè vivrei?
E che direi a chi dice d’amarmi?
E che direi a chi dico che l’amo?
Mentirei perché se dicessi
che faremo un mondo nuovo senza di Te,
e faremo un mondo giusto e in pace
anche senza di Te,
mentirei perché
non c’è cosa buona e giusta
che non sia fatta da Te, non c’è pace
in terra se non quella donata da Te:
non c’è amor più grande
di Chi da la vita per me.
69
Sou feliz Senhor
Sou feliz, Senhor, porque tu vais comigo:
vamos lado a lado, es meu melhor amigo. (2 v.)
Quero ter nos meus olhos
a luz do teu olhar,
quero na minha mão
tua mão a me guiar.
Como brilha no ceu
o sol de cada dìa,
quero brilhem meus labios
com sorrisos de alegrìa.
Como vento veloz
o tempo da vida passa,
quero ter sempre em mim
o favor de tua graça.
The lion sleeps tonight
In the jungle, the mighty jungle
The lion sleeps tonight. (2v.)
Auimbaue......
Near the village, the peaceful village
The lion sleeps tonight (2v.)
Auimbaue......
Hush, my darling, don’t’ fear, my darling
The lion sleep tonight (2v.)
Auimbaue.....
70
Tu sei un Dio fedele
Signore a te cantiamo un cantico di lode
o Dio noi ringraziamo l’immensa Tua bontà
Tu sei un Dio fedele per l’eternità.
Signore la Tua luce diriga i nostri passi
risplenda il nostro volto l’eterna Verità
Il dono del Tuo amore rinnovi o Dio la vita
rinfranchi il nostro cuore la vera libertà
Che sia la nostra vita un segno del Tuo amore
fiorisca in tutto il mondo l’eterna Tua bontà.
71
U sciccareddu
Avia nu sciccareddu
davveru sapuritu
ora mi l’ammazzaru
poviru sceccu miu
chi bedda vuci avia
paria nu gran tinuri
sciccareddu di lu me cori
comu ju t’hai a scurdari
e quannu cantava facia:
iha, iha, iha...
sciccareddu di lu me cori
comu ju t’hai a scurdari
Quannu ‘ncuntrava ‘ncumpagnu
subitu lu ciarava
e dopu lu raspava
ccu granni carità
chi bedda vuci avia
paria nu gran tinuri
sciccareddu di lu me cori
comu ju t’hai a scurdari
Vent fin
Vent fin, vent du matin,
vent qui souffles au bout des sapins,
vent qui chantes, vent qui danses,
vent, vent fin.
72
Viva la compani’
Andavo sperduto senz’ombra di amor
viva la companì
Andavo da solo e non c’era color
viva la companì
Viva la viva la viva l’amor (2 v)
Viva l’amor la viva la vì
Viva la companì
Quand’ecco che un giorno io vidi il Signor
viva la companì
In un viso d’amico io vidi il suo cuor
viva la companì
Cambiarono i giorni allora per me
viva la companì
non sono più solo c’è un altro con me
viva la companì
Domani il mio cuore con mille sarà
viva la companì
e Cristo nel mezzo: è la comunità
viva la companì
73
Vuestra Soy
Vuestra soy pues me criasteis
vuestra pues me redimisteis
vuestra pues que me sufristeis
vuestra pues que me llamasteis
vuestra porque me esperasteis
vuestra porque no me perdì :
que mandais hacer de mì?
Que mandais pues, buen Señor,
que haga tan vil criado?
Cual officio le habeis dado
aeste esclavo pecador?
Veis me aqui mi dulce amor,
amor dulce veis me aqui
que mandais hacer de mì?
Veis aqui mi corazòn,
io lo pongo en vuestra palma :
mi cuerpo, mi vida y alma,
mis entrañas y affliccion.
Dulce esposo y Redentor,
pues por vuestra me ofreci
que mandais hacer de mì?
Haga fruto o non lo haga,
estè callando o hablando,
muestrame la ley mi llaga,
goce de Evangelio hablando.
Estè penando o gozando
solo vos en mi vivìs.
Que mandais hacer de mi?
74
When the saints
Oh, when the saints go marching in: (2 volte)
oh, Lord, I want to be in that number,
when the saints go marching in.
Oh, when the sun begins to shine: (2 volte)
oh, Lord, I want to be in that number,
when the sun begins to shine.
Oh, when the moon begins to glow: (2 volte)
oh, Lord, I want to be in that number,
when the moon begins to glow.
Oh, when the horn begins to sound: (2 volte)
oh, Lord, I want to be in that number,
when the horn begins to sound.
Oh, when those harp begin to play: (2 volte)
oh, Lord, I want to be in that number,
when those harp begin to play.
The things that I see
The things that I see
Got me laughin'like a baby
The things that I see
Got me cryin'like a man
The things that I see
I can look at what He gave me!
And He's gonna show me
Even more then I see.
Just the other day
75
I heard a voice in the darkness
Sendin'me away
With mud on my face
I heard the people say
He's crazy and he's hopeless
Til a splash washed the darkness away!
Makin'me esplain
To a lot ot angry faces
Talkin'to'em plain
They don't hear what I say
Tellin'me again
"He's a sinner and He's reckless"
but there's only one thing I can say…
He come to me again
And this time I could see Him
Told me how he'd been
Out lookin'for me
He told me to believe
I said "what should I believe in?"
He said "Keep on believin'in me!"
Le cose che vedo mi fanno ridere come un bambino. Le cose che vedo mi fanno piangere come
un uomo. Le cose che vedo mi fanno guardare a quel che Lui mi ha donato e mi mostrerà ancora di più di quel che vedo. Proprio l'altro giorno ho sentito una voce nel buio, mi ha mandato
via con del fango sul viso. Ho sentito la gente dire “è pazzo e senza speranza” fino a che uno
spruzzo d'acqua ha lavato via l’oscurità. Cerco di spiegarmi a tanti volti pieni di rabbia, cercando di parlare a loro chiaro, ma loro non ascoltano ciò che dico e mi ripetono piuttosto " E’
un peccatore uno sbandato" ma c'è solo una cosa che io posso dire… Tornò da me e questa volta
potevo vederlo; mi disse che mi aveva cercato e mi disse di credere. Io chiesi: "In cosa devo credere?" e Lui rispose: "Continua a credere in me"
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Zachée
AM Cocagnac
Zachée , descend donc, le Seigneur t’ attend,
Zachée, descend donc, il est la:
Zachée , descend donc, le Seigneur t’ attend:
Zachée, ouvre-lui ta maison!
C’etait un petit bonhomme,
il avait nom Zachée;
était haut comme tois pommes
et il était douanier.
Un douanier de trois pommes n’a pas d’autorité,
mais pour voler son monde
on dit qu’il s’y entendait
Zachée...
Mais un jour il entend dire
que Jésus va passer
et il s’en va sans rien dire
un abre escalader.
Un arbre au noirfeuillage
ne peut pas te cacher
car Jésus qui s’avance
s’invite à déjeuner.
Zachée...
Et quand fut finie la fete
Jésus le regarda,
et lui, en baissant la tete,
bientot il se leva.
Pourquoi baisser la tete?
Jésus a tout compris:
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tu rembourses tes dettes
et tous vols aussi.
Zachée...
Et tous pharisiens blemes
épanchaientleur aigreur.
Ils criaient tous au blasphème
d’absoudre un tel pécheur.
La maison d’un pécheur,
quel drole de palais:
oui, mais c’est dans son coeur
que Zachée l’a logé.
Zachée...
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SI RINGRAZIANO
Silvia Cataldo, per l’impaginazione e la copertina
Rita Martorana Tusa per le schede sulla Villa Romana del Casale e Piazza Armerina
Sabrina Crimi, per la scheda sulla scuola di comunità
Enzo Roccaforte, per la scelta dei canti
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