«CHI CI SEPARERÀ DALL’AMOREDI CRISTO?» VACANZE: IL TEMPO DELLA LIBERTA’ 2 INDICE Vacanze: il tempo delle libertà ..........3 Programma ........................................5 Spunti per la Scuola di Comunità......6 Piazza Armerina ................................8 Le Chiese di Piazza Armerina ...........9 La Villa del Casale ............................13 Morgantina ........................................19 La Dea di Morgantina........................21 Gli argenti di Morgantina ..................22 Il Parco Ronza ...................................23 Canti ..................................................25 3 4 PROGRAMMA GIOVEDI’ 25 LUGLIO Ore 18,00 -19,30 Ore 20,30 Ore 21,45 Arrivi, sistemazioni e saldo quota. Cena Introduzione e Santa Messa VENERDI’ 26 LUGLIO Ore 7,30 – 8,30 Ore 9,00 Ore 9,30 Ore 10,00 Ore 12,30 Ore 13,30 Ore 14,30 - 16,30 Ore 16,30 - 18,00 Ore 18,30 Ore 20,00 Ore 21,15 Colazione Recita delle lodi Partenza in auto per area attrezzata Parco Ronza. Presentazione e inizio giocone. Canti e recita dell'Angelus Pranzo in albergo Riposo Tempo libero Santa Messa nella Chiesa di sant’Andrea Cena Visione di un film SABATO 27 LUGLIO Ore 7,30 - 8,30 Ore 9,00 Ore 9,30 Ore 12,30 Ore 13,30 Ore 14,30 - 16,30 Ore 17,00 Ore 19,00 Ore 20,00 Colazione Lodi Partenza in auto per visita guidata a Piazza Armerina Santa Messa Pranzo in albergo Riposo Testimonianza Cena Visita in notturna alla Villa romana del Casale DOMENICA 28 LUGLIO Ore 7,30 – 8,30 Ore 9,00 Ore 9,30 -10,30 Ore 11,00 Ore 12,00 Ore 13,00 Ore 14,30 -15,30 Colazione Recita delle lodi Preparazione valigie e liberazione delle camere. Assemblea finale Santa Messa Pranzo Frizzi e lazzi. Premiazione giocone 5 SPUNTI DI RIFLESSIONE DAL LIBRETTO DEGLI ESERCIZI DI QUEST’ANNO Giovedì 25 luglio «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»1. Mi sembra che questa frase esprima meglio di qualsiasi altra la vera questione davanti alla quale si trova ciascuno di noi, in questi tempi in modo particolare. E siccome l’abbiamo sentita tante volte, il rischio è che soprassediamo subito, considerandola un po’ esagerata, una frase di Gesù che, tutto sommato, non ci riguarda, come a dire: «Ma cosa c’entra propriamente con noi? Potrà valere per gli altri, miscredenti o agnostici. Ma per noi?». E in questo modo archiviamo la questione prima ancora di cominciare. Ma due richiami ci indicano che non ci conviene compiere una mossa come questa. Il primo è stato il gesto compiuto da Benedetto XVI di indire l’Anno della fede: «Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, [...] oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone».2 Questa crisi sta provocando effetti sempre più palesi anche in terre feconde – diceva sempre Benedetto XVI ai vescovi italiani – che rischiano così di diventare «deserto inospitale».3 (Pag. 5) Venerdì 26 luglio «Il cristianesimo è un avvenimento»:1 è un’espressione a noi molto familiare. Ma tutti sappiamo bene che non basta possedere la definizione giusta per vivere il cristianesimo secondo la sua natura. Che cosa vuol dire che il cristianesimo è un avvenimento? Qual è il contenuto di esperienza di esso? Il cristianesimo si rivela nella sua natura come risposta a un bisogno presente. E quindi ci interesserà oggi se risponde al bisogno che caratterizza l’uomo che siamo, se risponde a quella «fatica interminabile» del «vivere che taglia le gambe».2 (Pag.14) 6 Sabato 27 luglio Gesù è tornato. Vivente. Se c’è un momento in cui prevale di nuovo la Sua presenza viva è la Risurrezione. Che impressione vedere i discepoli stupiti dell’imporsi della Sua presenza viva e inesorabile! Ma vediamo anche Gesù lottare con la loro incapacità di vedere: «I discepoli non si erano accorti che era Gesù».1 Provando una volta dopo l’altra a farli uscire dalla propria misura, attraverso un certo modo di dire: «Maria», oppure attraverso un miracolo: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete»,2 Gesù vuole far venire fuori la fede, la certezza dei suoi discepoli: «È il Signore».3 Si può ripartire sempre perché Lui è vivo. Il Vivente. Per far loro riprendere vita non si accontenta di restare una presenza inattiva. È una presenza che prende iniziativa per rispondere al loro bisogno. Per rispondere allo sconcerto della Sua morte, spiega loro la Scrittura: «“Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui».4 Per rispondere al tradimento di Pietro, gli domanda: «Pietro, mi ami?».5 E poi: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».6 Oppure si fa riconoscere da loro nella frazione del pane, nell’Eucarestia. (Pagg. 32-33) Domenica 28 luglio Occorre rendersi conto che la fede cristiana ha la sua sorgente fuori di noi. Non è qualcosa che possiamo creare noi. Quante volte ci piacerebbe essere noi a creare la corrispondenza che desideriamo possedere! Ma se l’origine della fede è qualcosa fuori di noi, allora essa non ha niente a che vedere con un’introspezione, con qualcosa che riusciamo a ottenere scavando dentro di noi. La fede non è dunque un sentimento o un’etica, perché non è nelle nostre mani, non è nelle nostre capacità generare la presenza che ci corrisponde. La fede cristiana è talmente determinata dall’oggetto, che senza questa Presenza semplicemente non ci sarebbe. Come l’innamoramento: senza la presenza amata, semplicemente non ci sarebbe. È inutile pensare di poterlo generare con qualche strategia, con qualche tentativo, con qualche sforzo, con qualche impeto di sentimento, con qualche ragionamento (usate tutte le parole che volete): tutto questo è inutile per generare anche solo un istante di esperienza di innamoramento. Insomma, fa parte dell’innamoramento una presenza che lo faccia scattare, che lo faccia sorgere, che lo sostenga. (Pag.45) 7 PIAZZA ARMERINA Dai ritrovamenti numismatici presenti sul Monte Naone non lungi dall’abitato si può presumere che qui esistesse un abitato di età greca, forse una sub-colonia di Gela e più precisamente la Hybla Geleatis, di cui fa menzione Tucidide in seguito chiamata Stiela. Sulla storia poi di Piazza dove si conosce con certezza solo dalla dominazione normanna in poi, in riferimento alla ricostruzione della città nel 1163 ad opera di Guglielmo II. Per il periodo precedente alla fondazione diverse sono le ipotesi. Alcuni autori del Seicento favoleggiarono di un villaggio chiamato Plutia di origine romana, ma nessuna fonte classica ha mai riportato tale località. Tuttavia secondo fonti musulmane riportate da Michele Amari nella sua Storia dei Musulmani di Sicilia, esisteva una città che gli arabofoni pronunciavano Iblâtasa o Iblâtana, abitata da comunità islamiche, che dovette sorgere su un villaggio preesistente che le cronache medievali indicavano più tardi come Casalis Saracenorum. La città islamica venne ribattezzata Placia o Platsa dai Normanni che la conquistarono e la affidarono agli Aleramici. Re Guglielmo I di Sicilia, per punirla della sua ribellione capeggiata da Ruggero Sclavo, figlio illegittimo dell’aleramico Simone, conte di Policastro, che in pratica aveva trucidato la popolazione araba, la fece incendiare e distruggere nel 1161. Venne dunque ricostruita, nel 1163 più in alto da Guglielmo II sul colle Armerino e ripopolata con genti provenienti dalle aree “longobarde” settentrionali. Scavi recenti, condotti dall’università La Sapienza di Roma hanno messo in luce, nei dintorni della Villa Romana del Casale l’impianto di un villaggio di epoca medievale, presumibilmente riferibile alla città distrutta da Guglielmo il Malo. Piazza diviene sede di tribunali nel periodo federiciano e nel 1459. Nel 1517 Carlo V la fregia del titolo di Città, chiamandola sovente Opulentissima. In questo periodo Piazza è capitale di una Comarca che riunisce a sé i diversi paesi lombardi, accomunati da un linguaggio e una storia comuni. Dal 1689 fino al 1817 è sede della quarta Università del Regno. Dal 1817 è anche sede di vescovato, mentre ottiene il titolo di Armerina nel 1863. Persa la sua egemonia sul territorio venne accorpata al Vallo di Caltanissetta e dal 1926 passò alla Provincia di Enna. (tratto da wikipedia.org). 8 LE ChIESE DI PIAZZA ARMERINA Il Duomo Costruito sulla parte più elevata della città, con la sua imponente mole secentesca il Duomo domina tutto l’abitato cittadino. Costruito tra il 1604 e il 1719 si innalza sul luogo stesso su cui sorgeva una primitiva chiesa trecentesca, eretta dopo il miracoloso rinvenimento dell’immagine sacra della Madonna delle Vittorie, avvenuta in occasione della tremenda peste del 1348. La chiesa attuale fu realizzata con il lascito del Barone Marco Trigona, il quale morendo nel 1598, fra le sue volontà testamentarie aveva ordinato che la Maggiore Chiesa di Piazza, sua erede universale, dovesse con le rendite essere ampliata ed allargata nella fabbrica. L’incarico di redigere il progetto fu affidato all’architetto Orazio Torriani, il quale decise di inglobare nella nuova costruzione il vecchio campanile e l’arco gaginesco della Cappella Trigona. Quest’ultima era stata eretta in due tempi. La parte inferiore, che si accordava nello stile ogivale catalano alla vecchia costruzione trecentesca della chiesa, era stata costruita quale testimonianza di fede della cittadinanza per la liberazione ottenuta dalla peste, nel 1517, mentre la parte superiore, in stile cinquecentesco, era stata aggiunta quale completamento dell’opera, dal maestro Nicola Calderaro da Petralia Sottana nell’anno 1578. L’interno a croce latina, in unica ampia navata e cappelle laterali intercomunicanti, è ritmato da superbi pilastri a lesene accoppiate e si dilata nel transetto per la luce che piove dalla grande cupola e dalle vetrate dipinte del presbiterio. Appeso alla volta dell’arco che divide il transetto dalla navata centrale, il magnifico «Crocifisso» su tavola dipinto su tutti e due lati nel 1485 da un ignoto pittore, convenzionalmente detto «Maestro della croce di Piazza Armerina». Il presbiterio contiene un neoclassico altare maggiore, in lapislazzuli, marmi pregiati e pietre dure, opera dell’architetto Venanzio Marvuglia, dominato da una grande custodia seicentesca in argento sbalzato che custodisce sotto un’immagine moderna una «Madonna» bizantineggiante, detta Maria SS. delle Vittorie, e identificata dalla tradizione locale con il Vessillo che il conte Ruggero ricevette dal Papa Alessandro II perché lo spiegasse contro i Saraceni di Sicilia. 9 Gran Priorato di Sant’Andrea La chiesa del Gran Priorato di Sant’Andrea è uno dei più antichi esempi di architettura del periodo normanno e contiene nei suoi affreschi alcuni tra i pochissimi, e forse più interessanti, esempi della pittura siciliana del XII e XIII secolo. Essa appare ancora nella sua compatta struttura medievale dominata da una piccola torre campanaria addossata all’abside centrale, incisa nel prospetto da un grande portale archiacuto a ghiere multiple, ornate originariamente da due colonnine (di cui resta solo un capitello a foglioline) e da una finestra ad occhio. L ‘interno è caratterizzato da una pianta a croce commissa rialzata da quattro gradini nel santuario, da una lunga navata coperta da tetto a capriate, da un transetto su cui si aprono due absidiole laterali incassate nel muro e una grande abside centrale, da quattro arconi acuti che immettono nel santuario e nell’abside centrale e scandiscono il tetto del transetto. Fondata molto probabilmente nei primi decenni del 1100 da Simone Aleramico, conte di Butera e nipote del conte Ruggero, nel 1148 fu dallo stesso e dalla moglie Thomasia donata all’ordine militare del Santo Sepolcro con l’annesso cenobio e con una cospicua rendita, che servì per partecipare alle spese per la difesa di Gerusalemme fino a quando essa non fu conquistata dai turchi (1244); dopo di che finì per diventare uno dei più ricchi benefici ecclesiastici della Sicilia. Mentre il culto religioso veniva esercitato inizialmente dai Canonici regolari di S. Agostino, poi da quattro Cappellani e infine dai preti secolari di S. Filippo Neri, il Priorato, che diventò Gran Priorato quando passarono alle sue dipendenze i Priorati di S. Elia di Adrano e di S. Andrea di Lentini, era un incarico feudale che veniva assegnato dai re di Sicilia a membri delle più potenti famiglie italiane, dagli Aragona agli Alliata, ai Ventimiglia, agli Uzeda, ai Filangeri, ai Pallavicini, ai Trivulzio, ai quali competeva soltanto l’esazione delle imposte e dei proventi, l’esercizio della giustizia minore e la nomina dei Priori dei conventi suffraganei. Sono miracolosamente sopravvissuti e, riscoperti e restaurati negli anni 1958- 62 dal Professore Giovanni Nicolosi, ornano dal 1981 di nuovo le pareti della chiesa, i resti degli affreschi medievali dovuti certamente agli Agostiniani. Si tratta in tutto di circa 90 metri quadrati di superficie dipinta, divisa in venti frammenti, tra cui alcuni di notevoli dimensioni, che testimoniano della ricchezza decorativa che tre secoli di attività artistica avevano accumulato sul 10 monumento, e costituiscono la maggiore concentrazione di pittura medievale siciliana conservata nel luogo d’origine, a parte i mosaici della Cappella Palatina di Palermo, del Duomo di Monreale e di quello di Cefalù. L’ “Anonimo meridionale del XII - XIII secolo” cui sono stati attribuiti questi affreschi è un pittore di impronta romanica, “collegato in qualche modo alla pittura cosiddetta benedettina dell’Italia meridionale” (R. Delogu), che “se fu un siciliano dovette rifarsi a una cultura pugliese, se fu un pugliese si trasferì in Sicilia, portando con sè i ricordi della cultura figurativa della sua terra” (P. Santucci). Gli affreschi a lui attribuiti comprendono alcune figure di «Santi» ed «Angeli», un «Martirio di Sant’Andrea», una «Dormitio Virginis», una «Deposizione dalla Croce», una «Strage degli Innocenti». Tra le altre opere presenti nella chiesa notevoli la «Crocifissione» del XIII sec. tra Santa Caterina ed altra Santa, una «Madonna col Bambino» del XIV sec., una «Messa di San Gregorio» e una «Resurrezione» del XV sec. Chiesa di Sant’Anna La chiesa di S. Anna è sita in via Vittorio Emanuele, di fronte alla chiesa di S. Ignazio. Una delle peculiarità della chiesa è la sua pianta ottagonale. La facciata principale semicircolare è collegata alla struttura dell’edificio con contrafforti diagonali. La fine tronca dei pinnacoli dei suddetti contrafforti lascia pensare ad una diversa copertura originaria (probabilmente una cupola). Chiesa di Sant’Ignazio Fondata nel 1500, la chiesa di S. Ignazio fu la prima dedicata al Santo dopo la sua beatificazione.Essa sorge nella discesa di via Vittorio Emanuele accanto la biblioteca comunale e di fronte la chiesa di S. Anna. La facciata è caratterizzata da piatte lesene, capitelli di ordine dorico e dal movimento curvilineo delle scalinate a doppio gomito. Chiesa di Santo Stefano Il culto di S. Stefano ebbe inizio a Piazza Armerina alla fine del 1500 appena al di fuori delle mura; più precisamente nelle vicinanze della Porta S. Giovanni che si trovava nella parte sommitale dell’attuale Salita Santo Stefano. Vicino l’attuale chiesa vi era un oratorio, dedicato a S. Stefano, dove si trovava il simulacro del suddetto santo. L’edificio attuale fu costruito nel periodo a cavallo tra il 1500 e il 1600. Nel 1660 la chiesa fu ingrandita e arricchita da una coreografica facciata; fu inoltre costruito un ricercato campanile costituito da pietra finemente lavorata e un attico traforato. Chiesa di San Pietro La chiesa di S. Pietro all’epoca della sua edificazione si trovava fuori dalle mura di Piazza Armerina e dipendeva dal Gran Priore di S. Andrea. L’edificio attuale è il 11 frutto del lavoro di ampliamento dei frati Francescani ai quali nei primi anni del 1500 fu affidato. L’inaugurazione del complesso avvenne nel 1562. Parte dei lavori come la costruzione della cappella principale, delle cappelle a sud e del chiostro quadrato vennero eseguiti grazie al nobile Fra Girolamo Cagno di Piazza e per questo motivo furono scolpiti nell’arco del presbiterio i simboli del suo casato. Nel 1624 il convento di S. Pietro, tramite concessione del vicerè Emanuele Filiberto di Savoia, fu dichiarato di regio patronato con il conseguente innalzamento dello stemma reale nella chiesa. Fu così che le famiglie nobili di quel periodo fecero costruire all’interno della chiesa cappelle di gran pregio al fine di utilizzarle come mausolei.La facciata è molto semplice, impreziosita esclusivamente dal portale manieristico in pietra arenaria. La semplicità dell’esterno contrasta con i numerosi e ricercati elementi decorativi e architettonici che troviamo al suo interno. Una volta entrati possiamo infatti osservare il magnifico soffitto ligneo a cassettoni perfettamente conservato; non sono da meno le cappelle nobiliari già citate, in particolare quella della famiglia Trigona di Cimia che presenta dei pregevolissimi bassorilievi realizzati da Antonio Gagini. Dietro l’altare centrale si trova un tabernacolo ligneo sormontato da un grande dipinto raffigurante i santi Pietro e Paolo. Chiesa di San Giovanni Battista La Chiesa di S. Giovanni Battista fu dal 1380 Commenda dell’Ordine cavalleresco degli Ospitalieri di S. Giovanni di Gerusalemme e poi di Malta. I suoi Commendatori ebbero larghissima parte nella storia medioevale della Sicilia; forniti di larghissime rendite, essi ebbero sotto le loro dipendenze le Commende di Lentini, Castrogiovanni, Licata e Caltagirone. Fu costruita in conci squadrati e in asciutte forme gotiche tra la fine del 1100 e l’inizio del 1200 dai Cavalieri di Gerusalemme, con il prospetto rivolto a ponente, dirimpetto alla città che allora si trovava solo sul Monte, e solo più tardi fu rinchiusa entro la cinta muraria tardo-medioevale. Nel prospetto la porta principale, chiusa da un portale ad arco incassato, è sormontato da una finestra-feritoia a forma di croce greca; il lato destro, ornato da sei lunghe feritoie, presenta un altro elegante portaletto lineare con archivolto, che ornava una volta la porta laterale, oggi divenuta grande finestra; disadorna e compatta l’abside nel fondo, è scarsamente illuminato dalle finestre-feritoie laterali; la copertura è di legno a cassettoni con capriata. 12 LA VILLA DEL CASALE Nelle campagne del cuore della Sicilia si trova una villa romana di eccezionale importanza. La grandiosità della costruzione e lo sviluppo degli ambienti in cui si dispiega - su una superficie di circa 3500 mq - con una decorazione musiva di straordinaria complessità e bellezza, fanno pensare che sia stata costruita per un alto esponente dell’aristocrazia senatoria romana, probabilmente addirittura lo stesso imperatore. In età romana la villa era concepita come residenza di campagna destinata al riposo (otium) dall’attività politica e dagli affari, e sorgeva come residenza padronale al centro di un complesso di edifici e di terreni destinati alla produzione agricola. Dotate di ogni comodità, le ville si articolavano intorno ad ampi cortili, con porticati che collegavano i diversi ambienti – stanze di ri- cevimento e appartamenti privati – ed erano circondate da parchi e giardini molto curati. Potevano avere al loro interno anche dei veri e propri impianti termali. Questo è il caso della villa di Piazza Armerina, costruita all’inizio del IV secolo d.C. Proprio nel IV secolo i patrizi cominciarono ad abbandonare la vita urbana per occuparsi personalmente della gestione delle proprie terre, costruendo nuove sontuose ville in diversi territori dell’impero. La scelta di una località così lontana da Roma ha fatto ipotizzare che il committente dell’opera fosse un patrizio che aveva legami particolari con l’isola e che vi possedeva delle terre. La villa è formata da quattro nuclei distinti, ma strettamente connessi tra loro.Un ingresso monumentale a tre arcate da cui si accede a un cortile a ferro di cavallo. 13 Il nucleo centrale, organizzato intorno ad un peristilio quadrangolare su cui si aprono diversi ambienti domestici, e da cui si accede al lungo corridoio della “Grande Caccia” e alle sale di rappresentanza. Un altro peristilio ovoidale circondato a sua volta da un altro gruppo di vani con la grande aula tricora. Un complesso termale. L’accesso alla residenza – caso unico nelle ville romane - avveniva attraverso un passaggio a tre archi che richiama da vicino un arco onorario a tre fornici. Da qui si poteva accedere al complesso termale e al complesso residenziale. Il primo mosaico che si offre al nostro sguardo è quello del vestibolo, in cui è raffigurato un gruppo di persone in atto di salutare il dominus che giunge alla villa. Da qui parte un percorso cerimoniale e celebrativo che culmina nella sala absidata in fondo al peristilio quadrangolare. Dal peristilio si sviluppano, quindi, i due itinerari percorribili all’interno dell’edificio: quello privato, che conduceva alle stanze del lato settentrionale, e quello pubblico, verso la sala absidata sul lato est e il triclinio con peristilio ovoidale. Lungo il lato settentrionale del peristilio si aprono ambienti di servizio e camere da letto. Tra queste si evidenziano la camera con Eroti (Amorini) pescatori e la sala con il mosaico della “Piccola caccia”, in cui sono rappresentate vere e proprie scene di caccia che dovevano far parte della vita quotidiana del padrone della villa. Dal lato orientale del peristilio si accede al corridoio sopraelevato detto della “Grande Caccia”. Su questo corridoio, elemento di raccordo e separazione tra parte pubblica e privata, si aprivano la grande sala absidata di rappresentanza (la basilica) e gli appartamenti padronali. Il famosissimo mosaico pavimentale del corridoio rappresenta non tanto la caccia, quanto una grande battuta di cattura di bestie selvatiche destinate ai giochi dell’anfiteatro a Roma. Il mosaico mostra infatti prima la cattura delle belve nei territori delle province, e poi il trasporto a bordo delle navi e l’arrivo in Italia, alla presenza di alcuni importanti personaggi che potrebbero essere i procuratores imperiali preposti alla fornitura di bestie per gli spettacoli circensi. Le due esedre terminali ospitano due personificazioni geografiche: la Mauretania (l’Occidente), caratterizzata da una lancia, un leopardo e un orso; l’India (l’Oriente), affiancata dall’elefante indiano, la tigre e la fenice. La terra centrale si configura come l’Italia, terra tra i due mari. Ai lati della basilica, pavimentata di marmi policromi con un disco di porfido nell’abside (considerato segno della 14 dignità imperiale), si aprono i due appartamenti padronali: nel primo il pavimento è decorato con l’episodio di Ulisse che ubriaca Polifemo, il secondo comprende un ingresso monumentale costituito da un peristilio a ferro di cavallo pavimentato con un mosaico raffigurante la veduta di un porto ed Eroti pescatori, e porta a tre vani che per l’ampiezza e la complessità della decorazione musiva si pensa fossero l’appartamento del dominus della Villa. L’ultimo complesso è costituito da un peristilio a pianta ovale tagliato ad una estremità da una sala con tre absidi (aula trichora). Si trattava probabilmente di un triclinio monumentale adibito ai banchetti di rappresentanza. Direttamente dall’ingresso monumentale della villa si accedeva ad un complesso termale, che poteva dunque essere frequentato anche da estranei, e che segue la tradizionale sequenza di ambienti termali romani, con frigidarium, tepidarium e calidarium. I mosaici rappresentano la padrona di casa con i due figli fiancheggiata da ancelle, il Circo Massimo di Roma con in corso una gara di quadrighe, una scena di Eroti pescatori con Nereidi e Tritoni. Il complesso dei mosaici fu realizzato certamente da almeno due diverse botteghe di mosaicisti provenienti dal Nord Africa, dove numerosissime testimonianze ci sono rimaste di domus e ville di età romana. Sicuramente unitario è comunque il programma iconografico che lega fra loro le figurazioni delle varie stanze, e che ci restituisce la cultura raffinata e densa di rimandi filosofici della migliore aristocrazia romana. Dai soggetti scelti per i mosaici, inoltre, gli studiosi sono partiti per proporre le ipotesi di identificazione del proprietario della Villa. Troviamo mosaici che narrano episodi mitologici, altri che raffigurano la vita quotidiana dei padroni e le attività che si svolgevano nella villa, altri ancora con raffigurazioni bucoliche (scene di pesca e vendemmia), mosaici che raffigurano gli spettacoli del circo e le gare atletiche dello stadio, figurazioni allegoriche, scene in cui i protagonisti sono bambini che ripetono nei giochi infantili altrettanti temi presenti nella villa. Nel complesso residenziale le sale principali sono decorate con soggetti mitologici, incentrati attorno ad alcune figure particolarmente significative che vanno lette in una chiave sia narrativa che allegorica. Due soggetti affini sono Orfeo che incanta gli animali terrestri con la musica, e Arione che con la bellezza del suo canto doma gli animali marini. Poiché la conoscenza mu15 sicale era associata alla sapienza in genere, questi temi mostrano la cultura che assoggetta la forza bruta. Ai lati dell’aula absidata troviamo altri due soggetti collegati: Ulisse che ubriaca Polifemo, vincendo con l’astuzia la forza bruta del Ciclope, e la Lotta fra Eros e Pan, in cui il piccolo Eros vince sulla forza ferina di Pan. Legate a queste stanze sono il corridoio della “Grande caccia” e la stanza della “Piccola caccia”. La caccia o la cattura di animali è un soggetto perfettamente adatto al mosaico pavimentale di una villa di campagna in cui l’attività venatoria era il principale svago, ed era comune anche in programmi iconografici celebrativi della virtus di un potente o di un principe, ma quello di Piazza Armerina è l’unico caso in cui le scene di cattura di animali siano disposte su uno sfondo paesistico che descrive uno spazio geografico che copre il mondo dalla Mauretania all’India. Quindi il significato di questo grandioso dispiegamento di animali esotici catturati per l’anfiteatro è un’esaltazione della potenza dell’imperatore e del dominio dei Romani sui popoli più lontani. Le bestie selvagge sono inoltre frequentemente utilizzate nell’arte tardo-antica come metafora delle passioni umane; un famoso passo dello scrittore cristiano Lattanzio paragona le vittorie di Ercole su bestie e mostri alle vittorie dell’uomo sulle proprie passioni. Similmente nei bestiari medievali si ritroverà una identificazione degli animali con i vizi e le virtù che portano l’uomo alla perdizione o alla salvezza. La corsa di quadrighe nel Circo Massimo che decora una sala delle terme è la più elaborata e complessa rappresentazione di questo soggetto che ci abbia lasciato l’arte antica. Un circo è costante elemento di tutte le residenze imperiali di questo periodo, come allegoria della perpetua vittoria del principe, ed inoltre qui la veduta del Circo è rappresentata con una prospettiva corrispondente al punto di vista di chi guardasse gli spettacoli dalla loggia imperiale. Il peristilio trapezoidale, il passaggio e il peristilio ovoidale hanno un soggetto comune: teste di animali tra corone e motivi vegetali che prefigurano il tema di Ercole, le cui fatiche sono raffigurate nell’abside centrale della grande sala tricora che funge da triclinio; nelle altre due absidi la Vittoria di Bacco su Licurgo, che ne disprezzava il culto, e l’Apoteosi di Ercole che viene incoronato da Giove assurgendo al rango degli dei immortali. Quest’ultima raffigurazione diventerà poi nell’iconografia cristiana il modello dell’“introduzione dell’anima al Paradiso”. Il complesso delle figurazioni si riferisce all’apoteosi eroica del semidio, un motivo spesso ripreso nella propaganda im16 periale come allusione alla divinizzazione dell’imperatore. Nella cultura romana infatti Ercole rappresenta l’uomo che si conquista il cielo non con la forza ma con la virtù, testimoniando che un mortale poteva guadagnare l’immortalità con le sue imprese. Altresì sono ricorrenti in tutta la villa i temi dionisiaci. Diversi ambienti sono decorati con mosaici che rappresentano degli Eroti: gli amorini sono impegnati nella pesca, nel secondo invece è raffigurata una complessa scena di vendemmia, un soggetto utilizzato come celebrazione di una felicità tutta terrena, o – in ambito funerario – come prefigurazione delle beatitudini dell’aldilà. È interessante notare che questi soggetti bucolici e idilliaci vengono recepiti negli stessi anni dall’arte paleocristiana. Il tema marino si ritrova nelle “Storie di Giona”, che troviamo raffigurate nel mosaico pavimentale della basilica di Aquileia, in cui il racconto biblico è arricchito da identiche figure di amorini pescatori, pesci e animali marini, mentre il mosaico degli amorini vendemmianti nella villa ricorda molto da vicino quello con lo stesso soggetto della volta del corridoio anulare del mausoleo di Costantina a Roma (attuale chiesa di Santa Costanza). La vivacità narrativa e descrittiva è la medesima, mentre è cristiano il significato simbolico legato alla resurrezione e alla vita eterna. Il programma decorativo della villa si configura quindi come un panegirico condotto per immagini, dove attraverso l’uso di allegorie si loda il potere di un sovrano su Roma, l’Italia e il mondo, il suo perfetto dominio sulle passioni oltre che sui nemici che lo assimilava alla virtus di Ercole, sotto il segno della felicitas di Dioniso. Un programma iconografico centrato sulla felicitas dionisiaca è comune nell’età a cui appartiene la villa di Piazza Armerina, ma è un unicum avervi incluso, coi tre ambienti oblunghi (Grande Cattura= Anfiteatro, Circo, Stadio), così precisi rimandi ai grandi luoghi di spettacolo di Roma e al palazzo imperiale. Per questi motivi il proprietario della villa potrebbe essere un imperatore, e l’importanza data alla figura di Ercole sembra riferirsi a un imperatore dall’appellativo di “Erculeo”, e cioè Massimiano o Massenzio. Secondo una prima ipotesi il proprietario della villa sarebbe stato il tetrarca Massimiano (285-305), ritiratosi qui dopo la sua abdicazione. Gli studi storici successivi hanno tuttavia dimostrato che Massimiano trascorse in Campania, e non in Sicilia, i suoi ultimi anni. Più di recente il proprietario della villa è stato identificato con Massenzio, figlio di Massimiano (305-312). Un’altra ipotesi identifica invece il proprietario con una prestigiosa figura dell’età costantiniana, Lucio Aradio Valerio Proculo Populonio, governatore della Sicilia tra il 327 e il 331 e console nel 340. I giochi che aveva organizzato a Roma nel 320, mentre rivestiva la carica di pretore, furono così fastosi che la loro fama durò per lungo tempo, e forse le raffigurazioni su alcuni mosaici della villa (la "Grande Caccia" nel corridoio e i "Giochi del circo" nella palestra delle terme) intendono richiamare questo evento. 17 18 MORGANTINA Il sito di Morgantina offre al visitatore il quadro di oltre mille anni di storia, dalla fondazione della città in età preistorica fino al suo declino, avvenuto nell’età imperiale romana. Un complesso di monumenti di grande interesse, in un paesaggio di straordinaria bellezza, fanno del sito uno dei più suggestivi e significativi dell’Isola. Le campagne di scavo hanno portato alla luce quasi la totalità del centro urbano, oltre che una parte dei quartieri residenziali. In base agli scavi archeologici, sappiamo che Morgantina possedeva una delle piante ortogonali più antiche della Sicilia interna e che, nel momento di maggiore splendore nel sec. III a.C., la città fu uno dei grandi centri extracostieri dell’Isola. Il sito di Morgantina fu abitato fin dalla preistoria. I resti più antichi finora noti di un abitato sono stati ritrovati sul colle della Cittadella e risalgono al XIII secolo a. C., periodo in cui la zona centrale della Sicilia fu occupata dai Morgeti, popolazione proveniente dalla penisola italica. Sempre sullo stesso colle, i coloni calcidesi arrivati dalla piana di Leontinoi fondarono il loro insediamento urbano. Nel 459 a. C. l’abitato venne assediato e distrutto dai Siculi di Ducezio. Intorno alla metà del V secolo a.C. il centro urbano fu ricostruito, e a partire dal IV secolo a.C. si ha la fase più conosciuta e meglio documentata della città. Nel III secolo la città crebbe in floridezza, come si evince dai resti degli edifici monumentali di quell’epoca. La città ebbe comunque vita breve: nel 211 venne distrutta dalle milizie romane, e dai romani fu abitata sino al I secolo d.C., quando scomparve a causa di un progressivo abbandono. 19 Gli scavi hanno rivelato l’interessante planimetria dell’agorà. Il vasto rettangolo della piazza è strutturato su due livelli: la parte superiore è chiusa su tre lati da lunghi portici; quella inferiore è unita all’altra da una scalinata trapezoidale che doveva servire anche come luogo di riunione per le assemblee pubbliche, data l’esistenza di una piattaforma per l’oratore. Nella porzione superiore della piazza si trovano i resti del bouleuterion e del ginnasio romano, e nella parte centrale si trova il macellum, con botteghe di età romana. Alle spalle del portico si trova il quartiere residenziale di levante, con abitazioni signorili con raffinate decorazioni parietali e mosaici pavimentali (III sec a.C,), come la Casa del capitello dorico e la Casa del Ganimede. Nell’agorà inferiore il lato ovest è occupato dal teatro (IV sec a.c.), che si appoggia con la cavea al pendio della collina. Le strutture murarie al centro della piazza sono state interpretate come un santuario dedicato alle divinità sotterranee, quelle a est come un lungo granaio; oltre il granaio si trovano alcune fornaci per la produzione ceramica. 20 LA DEA DI MORGANTINA A Morgantina, tra la fine degli anni ’70 e gli anni ’80, numerosi scavi clandestini portarono in luce reperti di eccezionale valore, non solo artistico ma anche economico. Tra questi il più importante è certamente la statua a grandezza maggiore del naturale raffigurante una donna drappeggiata in un ricco abito, tradizionalmente identificata con Afrodite, e definita oggi la “Dea di Morgantina”. Tramite i canali del traffico clandestino di opere d’arte la statua fu venduta negli anni ’80 al Paul Getty Museum di Malibu, dove è rimasta fino al 2007, quando si è conclusa una lunga e complessa vicenda giudiziaria e diplomatica, che ha portato alla restituzione del reperto al territorio di provenienza. Dal 17 marzo 2011 è esposta nel Museo Archeologico di Aidone. La statua, alta m. 2,20, è realizzata con il calcare locale, mentre per le parti nude del corpo - viso e braccia - è stato utilizzato marmo bianco dell’isola di Paro. La tecnica di lavorazione che abbina materiali di diversa consistenza e provenienza era già stata sperimentata in Magna Grecia e soprattutto in Sicilia, ad esempio per la realizzazione delle metope del tempio E di Selinunte. La grazia del corpo e la resa del panneggio, con il caratteristico “effetto bagnato”, fa pensare ad un artista della cerchia di Fidia, chiamato per la sua fama in Sicilia per scolpire Dee nei santuari di maggiore rinomanza. Gli studiosi, dopo l’iniziale identificazione degli esperti del Getty Museum, individuano oggi nella statua la dea Demetra, protettrice delle messi, o la vergine Kore, il cui culto era radicato nelle zone centrali dell’isola dove la tradizione mitologica ambientava il rapimento di Proserpina (Kore) da parte di Ade. 21 GLI ARGENTI DI MORGANTINA Dopo essere stati a lungo esposti in giro per il mondo, da New York a Roma, da Palermo a Shanghai, gli straordinari argenti di Morgantina sono tornati a casa e si possono ammirare nella nuova sezione espositiva del museo archeologico di Aidone, in provincia di Enna. I 16 eccezionali pezzi di argenteria, conosciuti anche come il «Tesoro di Eupolemos», sono raffinate opere d’argento e lamina d’oro di epoca ellenistica (III secolo a. C.): piatti, contenitori votivi, coppe e vasi. Gli argenti furono trafugati dall’antica città di Morgantina (oggi Aidone) dai tombaroli, venduti a collezionisti ed esposti per anni nei musei statunitensi. Fu poi il ministro della Cultura Francesco Rutelli che, nel 2007, siglò l’accordo bilaterale fra Italia e Stati Uniti per la restituzione di una serie di opere sottratte illegalmente dal nostro Paese. L’allestimento prevede, insieme ai sedici pezzi d’argento dorato, l’esposizione di una raccolta di reperti inediti provenienti dall’abitazione di Eupolemos (III secolo a.C.), recuperati durante le campagne di scavo degli anni novanta dirette da Malcolm Bell. In mostra, accanto agli argenti, sono infatti una grande arula (altare domestico), vasellame da mensa, anelli, spatole e stiletti in bronzo, vasetti miniaturistici e due “singolari” monete separate da duemila anni di storia. Si tratta di una sikeliotan, la moneta coniata proprio a Morgantina intorno al 212 a.C. con l’effige di una dea, Persefone o Demetra, e una moneta da cento lire del 1978 con la dea Atena e l’ulivo. Un prezioso indizio per gli archeologi-investigatori che, in un colpo solo, hanno potuto datare gli argenti di Eupolemos e gli ultimi scavi clandestini che per trent’anni hanno sottratto preziosi tesori alla Sicilia. 22 IL PARCO RONZA Tra Enna e Piazza Armerina troviamo una delle più grandi aree verdi attrezzate della Sicilia “Il Parco Ronza”. Da un ampio parcheggio attraverso un cancello forestale si accede al Parco Ronza. Il Parco Ronza è suddiviso in varie zone: vi sono le aree attrezzate con barbecue tavoli e panche in legno o pietra dove è possibile arrostire carni carciofi o altro e consumare pasti, vi sono delle aree attrezzate per i più piccoli con scivoli altalene dondoli e giochi ottici, il tutto immerso tra alberi di Pino ed Eucalipti. All’interno del parco troviamo anche una grande voliera al cui interno vi sono diverse specie di volatili, vi sono anche delle recinzioni dove sono ospitati caprette tibetane, cinghiali, daini, e altre specie di animali, poi vi è un laghetto artificiale e una vasca con all’interno delle tartarughe, il tutto in sintonia ed armonia con l’ambiente circostante. Il Parco Ronza offre ai frequentatori la possibilità di trascorrere una spensierata giornata all’aria aperta a contatto con la natura ed ai bambini la possibilità di scorazzare e giocare in tutta tranquillità. In pochi anni il Parco Ronza gestito diligentemente dal Dipartimento Aziende Regionali Foreste Demaniali della Sicilia è diventato un punto di riferimento per molti siciliani che intendono trascorrere una giornata lontano dal caos e dai rumori cittadini. 23 NUMERI UTILI ALBERGO 0935.688041 SEGRETERIA 327.3639841 FRANCESCO INGUANTI 338.9991137 MEDICI REPERIBILI Tommaso Azzarello 339.5452166 Giacomo Rondello 338.5625882 24 INDICE CANTI A crozza .............................................27 A pampina..........................................28 Ave Maria ..........................................28 Alla fiera di Mastro Andre’ ...............29 Ave Maria splendore del mattino ......30 Ballata del potere...............................31 Beato l’uomo .....................................32 Cantico dei redenti.............................33 Canzone degli occhi del cuore...........34 Caramba.............................................35 Come è grande...................................35 Errore di Prospettiva..........................36 E vui durmiti ancora ..........................37 Favola ................................................38 Freedom.............................................39 Grazie Signore ...................................39 Ho un amico ......................................40 Hombres nuevos ................................41 Hoy arriesgarè ...................................42 I cieli..................................................43 Il disegno ...........................................44 Il mio volto ........................................45 Il mistero............................................46 Il nostro cuore....................................47 Il seme ...............................................48 Inno dei sommergibilisti....................49 Io ti offro............................................50 L’Opera..............................................50 La nave nera ......................................51 La pietra.............................................52 La strada ............................................53 Lasciati fare .......................................53 Le stoppie aride .................................54 25 L'uomo cattivo...................................55 Luntane, cchiù luntane ......................56 Ma non avere paura ...........................57 Mare nostre........................................58 Mi votu e mi rivotu............................59 Nella tua pace ....................................59 Noi non sappiamo chi era ..................60 Oh! Doux pays de Chanaan...............61 Ojos de cielo ......................................62 Perdonami mio Signore .....................63 Povera voce .......................................64 Quando uno ha il cuore buono ..........64 Quant’è dolce, o Salvatore ................65 Romaria .............................................66 Salve Rociera.....................................67 Samba degli animali ..........................68 Se Tu non ci fossi ..............................69 Sou feliz Senhor ................................70 The lion sleeps tonight ......................70 Tu sei un Dio fedele...........................71 U sciccareddu ....................................72 Vent fin ..............................................72 Viva la compani’................................73 Vuestra Soy........................................74 When the saints .................................75 Zachée ...............................................77 26 A crozza Vitti na crozza supra nu cannuni Fui curiusu e ci vosi spiari Idda m’arrispunnio ccu gran duluri: “Murivi senza ‘ n toccu di campani” Si nni eru si nni eru li me anni, si nni eru si nn eru un sacciu dunni; ora ca su arrivata a l’uttant’anni chiamu la vita e morti m’arrispunni Cunzatimi cunzatimi lu lettu Ca da li vermi su mangiatu tuttu; si nun lu scuntu ccà lu me piccatu lu scuntu all’autra vita a chiantu ruttu C’è nu giardinu ammenzu di lu mari Tuttu ‘ntissutu di aranci e ciuri; tutti l’aceddi cci vannu a cantari puru i sireni cci fannu all’amuri La lallallero… Suli ca spacchi i petri d’a chianura suli ca bruci l’ossa p’a calura; sulu lu chiantu di la donna amata po’ cunsulari st’alma scunsulata”. La lallallero… 27 A pampina E la pampina di l’aliva di l’aliva la pampina veni lu ventu la cutulia la cimiddia cascari la fa Ave Maria Ave Maria, stella del mattino, tu che hai vegliato questa notte per noi prega per noi che cominciamo questo giorno prega per noi per tutti i giorni della vita. Ave Maria. Madre di tutti, mostraci tuo figlio che tu hai portato nel tuo seno per noi, nato per noi per liberarci dalla morte, morto per noi per ricondurci nella vita. Ave Maria. Piena di grazia Segnaci la via, dov’è la vita preparata per noi chiedi per noi misericordia dal Signore, chiedi per noi che ci sia data la sua pace. Amen. 28 Alla fiera di Mastro Andre’ Alla Fiera di Mastro Andrè Aggio cumbrat’ ‘ nu piffariello Piri, pi-pi lu piffariello Alla mirè, alla mirè , alla fiera di Mastro Andrè Alla Fiera di Mastro Andrè Aggio cumbrat’ ‘ nu tamburello Tiri, ti-ti lu tamburello Piri, pi-pi lu piffariello Alla mirè, alla mirè , alla fiera di Mastro Andrè Alla Fiera di Mastro Andrè Aggio cumbrat’ ‘ nu viulino Ziu-ziu lu viulinu Tiri, ti-ti lu tamburello Piri, pi-pi lu piffariello Alla Fiera di Mastro Andrè Aggio cumbrat’ ‘ na viola Za-za la viola Alla Fiera di Mastro Andrè Aggio cumbrat’ ‘ na trumbetta Perepepè, fa la trumbetta Alla Fiera di Mastro Andrè Aggio cumbrat’ ‘ na pistola Ta-ta fa la pistola Alla Fiera di Mastro Andrè Aggio cumbrat’ ‘ nu fucile Pum-pum fa lu fucile Alla Fiera di Mastro Andrè Aggio cumbrat’ ‘ nu cannone Bum-bum fa lu cannone 29 Ave Maria splendore del mattino Ave Maria, splendore del mattino, puro è il tuo sguardo ed umile il tuo cuore; protegga il nostro popolo in cammino la tenerezza del tuo vero amore. Madre, non sono degno di guardarti! Però fammi sentire la tua voce; fa’che io porti a tutti la tua pace e possano conoscerti ed amarti. Madre, tu che soccorri i figli tuoi, fa’ in modo che nessuno se ne vada; sostieni la sua croce e la sua strada, fa’ che cammini sempre in mezzo a noi. Madre, non sono degno.... Ave Maria, splendore del mattino, puro è il tuo sguardo ed umile il tuo cuore; protegga il nostro popolo in cammino la tenerezza del tuo vero amore. Protegga il nostro popolo in cammino la tenerezza del tuo vero amore. 30 Ballata del potere Lo dicevo tutto il giorno: questo mondo non è giusto! E pensavo anche di notte: questa vita non dà gusto! E dicevo: è colpa vostra, o borghesi maledetti, tutta colpa dei padroni e noialtri poveretti... E noialtri a lavorare sempre lì nell’officina, senza tempo per pensare dalla sera alla mattina… Forza compagni, rovesciamo tutto e costruiamo un mondo meno brutto! Per un mondo meno brutto quanti giorni e quanti mesi, per cacciare alla malora le carogne dei borghesi, ma i compagni furon forti e si presero il potere e i miei amici furon morti e li vidi io cadere... Ora tu dimmi come può sperare un uomo che ha in mano tutto, ma non ha il perdono! Come può sperare un uomo quando il sangue è già versato, quando l’odio in tutto il mondo nuovamente ha trionfato: c’è bisogno di Qualcuno che ci liberi dal male perché il mondo tutto intero è rimasto tale e quale... La la la la... 31 Beato l’uomo Rit. Beato l’uomo che retto procede e non entra a consiglio con gli empi e non va per la via dei peccatori; nel convegno dei tristi non siede. Nella legge del Signore ha riposto la sua gioia. Se l’è scritta sulle porte e la medita di giorno e di notte. Rit. E sarà come l’albero che è piantato sulla riva del fiume che dà frutto alla sua stagione, né una foglia a terra cade. Rit. Non sarà così per chi ama il male, la sua vita andrà in rovina; il giudizio del Signore è già fatto su di lui. Rit. Ma i tuoi occhi, o Signore stanno sopra il mio cammino, me l’hai detto, sono sicuro, non potrai scordarti di me. Rit 32 Cantico dei redenti Il Signore è la mia salvezza e con lui non temo più, perché ho nel cuore la certezza: la salvezza è qui con me. Ti lodo Signore perché un giorno eri lontano da me, ora invece sei tornato e mi hai preso con te. Berrete con gioia alle fonti, alle fonti della salvezza e quel giorno voi direte: lodate il Signore, invocate il suo nome. Fate conoscere ai popoli tutto quello che lui ha compiuto e ricordino per sempre, ricordino sempre che il suo nome è grande. Cantate a chi ha fatto grandezze e sia fatto sapere nel mondo; grida forte la tua gioia, abitante di Sion, perché grande con te è il Signore. 33 Canzone degli occhi del cuore Claudio Chieffo Anche se un giorno, amico mio, dimenticassi le parole, dimenticassi il posto e l’ora o se era notte o c’era il sole, non potrò mai dimenticare cosa dicevano i tuoi occhi. E così volando volando anche un piccolo cuore se ne andava attraversando il cielo verso il Grande Cuore un cuore piccolo e meschino come un paese inospitale volava dritto in alto verso il suo destino... E non riuscirono a fermarlo neanche i bilanci della vita quegli inventari fatti sempre senza amore. Così parlavo in fretta io per non lasciare indietro niente per non lasciare indietro il male e i meccanismi della mente e mi dicevano i tuoi occhi che ero già stato perdonato... E così volando volando... Adesso torna da chi sai da chi divide con te tutto abbraccia forte i figli tuoi e non nascondere il tuo volto, perché dagli occhi si capisce quando la vita ricomincia. E così volando volando... 34 Caramba E lassù sul monte nero c’è una piccola caverna Ci son dodici briganti al chiaror di una lanterna Caramba beviamo del wisky Caramba beviamo del gin E tu non dar retta al cuore, che tutto passerà Ma dei docidi briganti uno solo resta muto Ha il bicchiere ancora pieno, perché mai non ha bevuto? Ma non può dimenticare il brigante la sua bella Gli occhi suoi color del mare, la sua bocca tanto bella Come è grande Come è grande la tua bontà che conservi per chi ti teme! E fai grandi cose per chi ha rifugio in te, e fai grandi cose per chi ama solo te! Come un vento silenzioso ci hai raccolto dai monti c dal mare; come un alba nuova sei venuto a me, la forza del tuo braccio mi ha voluto qui con sé. Come è chiara l’acqua alla tua fonte per chi ha sete cd è stanco di cercare: sicuro ha ritrovato i segni del tuo amore che si erano perduti nell’ora del dolore Come un fiore nato fra le pietre va a cercare il cielo su di lui, così la tua Grazia, il tuo Spirito per noi nasce per vedere il mondo che tu vuoi. 35 Errore di Prospettiva Quando noi vedremo tutto, quando tutto sarà chiaro pensa un po' che risate, che paure sfatate. Con la musica dentro, con il cuore più pieno della gioia di un tempo, di un mattino sereno. Ma di una cosa lo sai non saprò ridere mai: è di tutto il male che ho voluto fare a te. Se c’è una cosa che voglio, se c’è una cosa che vale è abitare la tua casa, tutto il resto è banale. E parlare con te di quand'ero piccino e vedevo le cose con gli occhi di un bambino. Ti ricordi quella volta e la rabbia che avevo e credevo fosse amore, esser giusto volevo. Ma di una cosa lo sai non saprò ridere mai: è di tutto il male che ho voluto fare a te. Se c’è una cosa che voglio, se c’è una cosa che vale è abitare la tua casa, tutto il resto è banale. E parlare con te di quand’ero piccino e vedevo le cose con gli occhi di un bambino, con gli occhi di un bambino... 36 E vui durmiti ancora Lu suli è già spuntatu ‘ntra lu mari e vui bidduzza mia durmiti ancora, l’aceddi sunnu stanchi di cantari e affriddati v’aspettanu cca fora, supra ‘ssu balcuneddu su pusati e aspettunu quann’è cca v’affacciati ! Li ciuri senza vui non ponu stari su tutti ccu li testi a pinnuluni, ognunu d’iddi non voli sbucciari su prima non si grapi ‘ssu balcuni, dintra lu buttuneddu su ammucciati e aspettunu quann’è cca v’affacciati ! Lassati stari, non durmiti cchiui, ca ‘mmenzu ad iddi dintra sta vanedda cci sugnu puri iù c’aspettu a vui pri vidiri ssa facci accussi bedda passu ccà fora tutti li nuttati e aspettu sulu quannu v’affacciati. 37 Favola Non avere paura piccolo figlio mio, ma è la strada più dura che ti porterà là; lascia dunque il sentiero, prendi i campi e va’ attraversa quel bosco non temere perché c’è Qualcuno con te. C’è Qualcuno con te non ti lascerà mai non avere paura prendi i campi e vai... Quando incontrerai il lupo o la volpe e il leone non restare impaurito e non far confusione son di un altro racconto che finisce male non potranno toccarti non voltarti perché c'è Qualcuno con te. C’è Qualcuno con te non ti lascerà mai non avere paura non voltarti e vai... Non arrenderti al buio che le cose divora ora è notte, ma il giorno verrà ancora. Così, quando sarai a quell’ultimo ponte con il tempo alle spalle e la vita di fronte, una mano più grande ti solleverà abbandonati a quella non temere perché c’è Qualcuno con te. C’è Qualcuno con te, non ti lascerà mai non avere paura non fermarti e vai... 38 Freedom Oh, freedom, Oh, freedom, Oh freedom over me. RIT. And before I'll be a slave I'll be buried in my grave And go home to my Lord and be free, and be free. No more mourning, No more moaning No more moaning' over me. No more shouting, No more shouting No more shouting over me. No more crying, No more crying No more crying over me Grazie Signore Grazie, Signore, che m’hai dato in tuo nome tanti fratelli, per venire fino a te. Grazie, Signore, perchè hai dato il sorriso al nostro volto, per parlarci del tuo amor. La, la ... Grazie, Signore, perché hai fatto del mondo la tua casa, il tuo Regno divino, perché potessimo amarti ed amarci, ovunque andremo, ovunque saremo. La, la ... Amen. 39 Ho un amico Ho un amico grande, grande; di più giusti non ce n’è: mi ha donato tutto il mondo, è più forte anche di un re. Se io tremo lui è sicuro e non ha paura mai; è l’amico più sincero, sai, e ti segue ovunque vai. Però talvolta lo sfuggo e voglio fare da me, ma crolla presto il mio mondo perché lui è più forte di me. Una volta io credevo di potere amare da me; non pensavo e non sapevo che non può nemmeno un re. Però talvolta lo sfuggo e voglio fare da me, ma crolla presto il mio mondo perché lui è più forte di me. 40 Hombres nuevos Danos un corazón grande para amar. Danos un corazón fuerte para luchar. Hombres nuevos, creadores de la historia, constructores de nueva humanidad. Hombres nuevos que viven la existencia como riesgo de un largo caminar. Danos un corazón... Hombres nuevos, luchadores de esperanza, caminantes, sedientos de verdad. Hombres nuevos sin frenos ni cadenas, hombres libres que exigen libertad. Danos un corazón... Hombres nuevos, amando sin fronteras, per encima de razas y lugar. Hombres nuevos, al lado de los pobres, compartiendo con ellos techo y pan. danos un corazón Dacci un cuore grande per amare. Dacci un cuore forte per lottare. Uomini nuovi creatori della storia, costruttori di nuova umanità. Uomini nuovi che vivono l’esistenza come rischio di un lungo cammino. Uomini nuovi che lottano con speranza, che camminano assetati di verità. Uomini nuovi, senza freni né catene, uomini liberi che esigono libertà. Uomini nuovi che amano senza confini, al di là di ogni razza e luogo. Uomini nuovi a fianco dei poveri, che condividono con loro la casa e il pane. 41 Hoy arriesgarè El drama de la existencia busca encontrar su verdad, quiere ocultar su Presencia su Encarnación olvidar. Mi voluntad luchará por mantener su justicia mi vida es su pertenencia, nada me lo impedirá. Hoy cantaré, cantaré mi vida o mi muerte. Hoy arriesgaré, arriesgaré toda mi suerte. Hoy cantaré, cantaré mi vida o mi muerte. Hoy annunciaré, annunciaré que El sigue presente. He conocido la fuente Que salva al hombre del mal, en mi carne es grito fuerte y en mi sangre tempestad. Mi nueva ley es la historia, que me ha tocato seguir, grande es su misericordia aunque non lo merecí. Il dramma dell'esistenza cerca la verità. Vuole nascondere la sua presenza, dimenticare la sua incarnazione. La mia volontà lotterà per mantenere la sua giustizia. La mia vita è appartenere a lui. Niente me lo potrà impedire. Oggi canterò, canterò la mia vita o la mia morte. Oggi rischierò, rischierò tutto il mio destino. Oggi canterò canterò la mia vita o la mia morte. Oggi annuncerò, annuncerò che lui continua ad essere presente. Ho conosciuto la fonte che salva l'uomo dal male, nella mia carne c'è un grido forte e nel mio sangue la tempesta. La mia nuova legge è la storia, che mi è accaduto di seguire, grande è la sua misericordia anche se non l'ho meritata. 42 I cieli Non so proprio come far per ringraziare il mio Signor m’ ha dati i cieli da guardar e tanta gioia dentro al cuor. Lui m’ha dato i cieli da guardar Lui m’ha dato la bocca per cantar Lui m’ha dato il mondo per amar e tanta gioia dentro al cuor. [2V] Si è curvato su di me ed è disceso giù dal ciel per abitare in mezzo a noi e per salvare tutti noi. E quando un dì con Lui sarò nella sua casa abiterò nella sua casa tutta d’or con tanta gioia dentro al cuor. E quando un dì con Lui sarem nella sua casa abiterem nella sua casa tutta d’or con tanta gioia dentro al cuor. 43 Il disegno Nel mare del silenzio una voce si alzò, da una notte senza confini una luce brillò dove non c’era niente, quel giorno. Avevi scritto già il mio nome lassù nel cielo, avevi scritto già la mia vita insieme a Te, avevi scritto già di me. E quando la Tua mente fece splendere le stelle, e quando le Tue mani modellarono la terra, dove non c’era niente, quel giorno. Avevi scritto già... E quando hai calcolato la profondità del cielo, e quando hai colorato ogni fiore della terra, dove non c’era niente, quel giorno. Avevi scritto già... E quando hai disegnato le nubi e le montagne, e quando hai disegnato il cammino di ogni uomo, l’avevi fatto anche per me. Se ieri non sapevo, oggi ho incontrato Te, e la mia libertà è il tuo disegno su di me, non cercherò più niente perché tu mi salverai. 44 Il mio volto Mio Dio, mi guardo ed ecco scopro che non ho volto; guardo il mio fondo e vedo il buio senza fine. Solo quando mi accorgo che tu sei, come un’eco risento la mia voce e rinasco come il tempo dal ricordo. Perché tremi mio cuore? Tu non sei solo, tu non sei solo; amar non sai e sei amato, e sei amato; farti non sai e pur sei fatto, e pur sei fatto. Come le stelle su nei cieli, nell’Essere tu fammi camminare, fammi crescere e mutare, come la luce che cresci e muti nei giorni e nelle notti. L’anima mia fai come neve che si colora come le tenere tue cime, al sole del tuo amor. 45 Il mistero Chi accoglie nel suo cuore il volere del Padre Mio sarà per me fratello, fratello, sorella e madre. Con occhi semplici voglio guardare della mia vita svelarsi il Mistero: là dove nasce profonda l'aurora d'una esistenza chiamata al Tuo amore. M'hai conosciuto da secoli eterni m'hai costruito in un ventre di donna ed hai parlato da sempre al mio cuore perché sapessi ascoltar la Tua voce. Chi accoglie nel suo cuore... Guardo la terra e guardo le stelle e guardo il seme caduto nelcampo, sento che tutto si agita e freme, mentre il Tuo regno, Signore, già viene. Se vedo l'uomo ancora soffrire, se il mondo intero nell'odio si spezza, io sò che é solo il travaglio del parto d'un uomo nuovo che nasce alla vita. Chi accoglie nel suo cuore... 46 Il nostro cuore Il nostro cuore non si è perduto i nostri passi non hanno smarrito la sua strada. Nè l’angoscia, nè il dolore, la paura e la spada... Mai il tuo sguardo fuggirò la tua casa lascerò. Il nostro cuore... Della morte, della vita, del presente, del futuro la tua gente non ha paura, la tua rocca sta sicura. Il nostro cuore... Col mio canto, la mia gioia, con l’amore e le parole la tua gloria loderò, la tua forza griderò. Il nostro cuore… 47 Il seme Il Signore ha messo un seme nella terra del mio giardino. Il Signore ha messo un seme nel profondo del mio mattino Io appena me ne sono accorto sono sceso dal mio balcone e volevo guardarci dentro, e volevo vedere il seme. Ma il Signore ha messo il seme nella terra del mio giardino. Il Signore ha messo il seme all’inizio del mio cammino. Io vorrei che fiorisse il seme, io vorrei che nascesse il fiore, ma il tempo del germoglio lo conosce il mio Signore. Il Signore ha messo un seme nella terra del mio giardino. Il Signore ha messo un seme nel profondo del mio mattino 48 Inno dei sommergibilisti Sfiòrano l’onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d’assaltatori contro l’immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir Ogni nemico che s’incontra sul cammino E’ così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell’avversità se ne infischia perchè sa che vincerà! Giù sotto l’onda grigia di foschia nell’albeggiar una torretta bigia spia la preda al suo passar! Scatta dal sommergibile rapido ed infallibile diritto e sicuro batte il siluro schianta, sconvolge il mar! Rit: Andar pel vasto mar… Ora sull’onda azzurra nella luce mattinal ogni motor sussurra come un canto trionfal! Ai porti inaccessibili tornano i sommergibili: ogni bandiera che batte fiera una vittoria val! Rit: Andar pel vasto mar… 49 Io ti offro Io ti offro la mia vita, o mio Signore. Io ti offro tutto di me, tutto di me, tutto di me. Chiunque in te spera, non resta deluso. (2 volte) Io ti offro... Ci hai dato la vita tra i veri viventi. (2 volte) Io ti offro... L’Opera Beati i furbi, beati i ricchi beati quelli che han denaro in tasca beati i forti ed i violenti beati quelli che sono potenti beati quelli che a questo mondo giocano sempre al girotondo beati quelli che sulla terra vincono sempre la loro guerra. Ma l’amaro, l’amaro che c’è in me Sarà mutato in allegria (2 v) Quel giorno si farà una grande festa e allora canteremo insieme Sarà il bel giorno di una grande festa e allora balleremo insieme 50 La nave nera Ci siamo persi mamma mia dove andiamo in questo mare senza rotta navighiam adesso prendo il mio diario e scrivo che tra i miei amici di dispersi non ce n'è c'è il capitano glu glu sempre più giù sempre più giù In questa nave nera nera nera quando c'è vento vento di bufera Ci siamo persi mamma mia dove andiamo in questo mare.... c'è il timoniere vira a dritta vira a dritta c'è il capitano glu glu sempre più giù In questa nave nera nera nera quando c'è vento vento di bufera Ci siamo persi mamma mia dove andiamo in questo mare... ci sono i pirati all'arrembaggio ci sono i pesci ap ap ap ap c'è un uomo in mare... aiuto aiuto c'è il marinaio oh issa oh issa c'è il timoniere vira a dritta vira a dritta c'è il capitano glu glu sempre più giù In questa nave nera nera nera quando c'è vento vento di bufera 51 La pietra La pietra che i costruttori hanno scartato ora è pietra angolare. (2 volte) È meglio rifugiarsi nel Signore che sperare negli uomini. È meglio rifugiarsi nel Signore che sperare nei prìncipi. Ti ringrazio, perché mi hai esaudito: fosti per me la salvezza. La pietra scartata dai costruttori ora è pietra angolare. Benedetto chi viene nel nome del Signore! Vi benediciamo dalla casa del Signore. Tu sei il mio Dio, io ti ringrazierò; mio Dio, ti esalterò. 52 La strada È bella la strada per chi cammina. È bella la strada per chi va. È bella la strada che porta a casa e dove ti aspettano già. È gialla tutta la campagna ed ho già nostalgia di te ma dove vado c’è chi aspetta così vi porto dentro me... Porto con me le mie canzoni ed una storia cominciata è veramente grande Dio è grande questa nostra vita. Lasciati fare Lasciati fare da chi ti conosce, lasciati fare da chi ama te. Il Signore sa perfino quanti capelli hai sulla testa; il Signore sa perfino i nomi delle stelle. Non ti affannare per sapere cosa mangiare e cosa bere; il Signore veste anche i gigli del campo. 53 Le stoppie aride Guardo nei campi brulli le stoppie aride e nel canneto osservo levarsi un vol. Mi chiedo che fanno queste cose intorno: è un sogno, un inganno, questa vita accanto a me? Sei tu, Signor, che ti nascondi: cercano te. La mia tendina chiara Spicca tra gli alberi, nella radura erbosa declina il dì. Trattiene il respiro ogni cosa intorno, il fuoco che miro mi raccoglie tutto a sé. Sei tu, Signor, che mi circondi: che vuoi da me? Marcio con zaino in spalla per valli insolite. Divido il pane e l’acqua con un fratel. La gente che vedo mi ridà il saluto, le cose in cui credo son concrete accanto a me. Sei tu, Signor, che mi rispondi: eccomi a te. 54 L'uomo cattivo Era un uomo cattivo, ma cattivo cattivo cattivo, eppure così cattivo, il Signore lo salvò. Quando si alzava la mattina tutto gli dava fastidio a cominciare dalla luce perfino il latte col caffè. Ma un dì si chiese chi era che gli dava la vita un dì si chiese chi era che gli dava l’amor. «Chi se ne frega della vita chi se ne frega dell’amore» lui ripeteva queste cose, ma gli faceva male il cuore. Ed il Signore dal cielo tanti regali gli mandava lui li guardava appena anzi alle volte poi si lamentava. Ma un dì si chiese chi era che gli dava la vita un dì si chiese chi era che gli dava l’amor. Poi un giorno vide un bambino che gli sorrideva vide il colore dell’uva e la sua nonna che pregava. E vide ch’era cattivo e tutto sporco di nero mise una mano sul cuore e pianse quasi tutto il giorno intero. E Dio lo vide e sorrise gli tolse quel suo dolore poi gli donò ancor più vita poi gli donò ancor più amor. Era un uomo cattivo, ma cattivo cattivo cattivo eppure così cattivo il Signore lo salvò. 55 Luntane, cchiù luntane Pe cantà sta chiarità ncore me sente tremà! Tutte stu ciele stellate, tutte stu mare che me fa sugnà. Ma pe ‘tte sole, pe ‘tte esce dall’anima me, mezz’a stu ciele, stu mare, nu cantemente che nze po tenè. Luntane, cchiù luntane de li luntane stelle, luce la luce cchiù belle che me fa ncore cantà. Luntane cchiù… Marinà, s’ha da vugà tra tutta sta chiarità, cante la vele a lu vente, nu cante granne che luntane và: tu la si ddove vò i’ st’aneme pe’ ne’ murì bella paranze. Luntane ‘nghe sti suspire tu i’ da menì. Luntane... Per cantare questo chiarore, in cuore mi sento tremare! Tutto questo cielo stellato, tutto questo mare che mi fa sognare. Ma per te solo, per te esce dall’anima mia, in mezzo a questo cielo, a questo mare, un canto che non si può trattenere. Lontano, più lontano delle lontane stelle, riluce la luce più bella che mi fa ancora cantare. Lontano… Marinaio, si deve remare tra tutto questo chiarore, canta la vela al vento un canto grande che lontano va. Tu lo sai, bella barca, dove vuole andare quest’anima per non morire… Lontano con questi sospiri tu devi venire. 56 Ma non avere paura Ma non avere paura, non ti fermare mai perché il mio amore è fedele e non finisce mai. Guardo sempre dentro me e non vedo te, c’è rumore nel mio cuor e non so perché. Non sapere cosa dir, non saper che far «Fai silenzio dentro te ed ascolta me». Ogni volta che tu vuoi tu mi troverai e l’amore mio, lo sai non finisce mai. 57 Mare nostre Mare nostre, mare che crij stu core na passione d’amore e mme fii’ncantà. Mare bbelle, sopr’a sta bbella paranze l’aneme di luntananze se mett’a ssugnà. Voga, voghe, marinare, voga, voghe pe stu mare, che nen dorme e suspire nghe mmé. Mare chiare, mare de latte e d’argente, ogne ddulore e tturmente me vuije scurdà. Mare granne, come nu ciele stellate tremà ’ssa luce ’ncantate lu core me fa. Voga... Traduzione: MARE NOSTRO Mare nostro, mare che crei a questo cuore una passione d’amore e mi fai incantare. Mare bello, sopra questa bella barca, l’anima da lontano si mette a sognare. Rema, rema, marinaio. Rema, rema per questo mare che non dorme e sospira con me. Mare chiaro, mare di latte e d’argento, mi voglio scordare ogni dolore e tormento. Mare grande , come un cielo stellato, quella luce incantata mi fa tremare il cuore. 58 Mi votu e mi rivotu Mi votu e mi rivotu suspirannu, passu li notti ‘nteri senza sonnu, e li biddizzi tò ju cuntimplannu, li passu di la notti finu a ghiornu, Pi tia nun pozzu ora cchiù durmiri, paci nunn’avi cchiù st'afflittu cori. U sai quannu ca ju t'aj’a lassari quannu la vita mia finisci e mori. Nella tua pace Signore nella Tua pace non ho paura anche se la notte è buia (2 volte) Signore, nella Tua pace non c’è timore anche se una vita muore. (2 volte) cosa mai potrà farmi l’uomo? La mia destra ormai non teme più. Compirò, secondo la parola che hai detto, la mia fatica. Signore… Me ne andrò come un pellegrino per il mondo ad annunciare te. Asciugherò con la Tua parola le lacrime di chi piange ancora. Signore…. Quel giorno poi, che vedrò il Tuo volto, conoscerò come conosci me e balzerà l’anima nel petto perché mi prenderai con te. Signore…… 59 Noi non sappiamo chi era Noi non sappiamo chi era, noi non sappiamo chi fu, ma si faceva chiamare Gesù. Pietro lo incontrò sulla riva del mare, Paolo lo incontrò sulla via di Damasco. Vieni, fratello: ci sarà un posto, posto anche per te. Noi non sappiamo… Maria lo incontrò sulla pubblica strada, Disma lo incontrò in cima alla croce. Vieni, fratello: ci sarà un posto, posto anche per te. Noi non sappiamo… Noi lo incontrammo all’ultima ora, io l’ho incontrato all’ultima ora. Vieni, fratello: ci sarà un posto, posto anche per te. Ora sappiamo chi era, ora sappiamo chi fu: era colui che cercavi, si faceva chiamare Gesù 60 Oh! Doux pays de Chanaan Oh! doux pays de Chanaan, qu’il est long le chemin vers toi! Oh! doux pays de Chanaan, doux pays de notre espoir. Le temps me semble long et gris au souvenir de ce doux pays, mais cette nuit nous partions vers le pays de la moisson. Oh! doux... J’entends le son des tambourins menant la danse jusqu’au matin, en souvenir du doux agnesu dont le sang pur coula à flots. Oh! doux... Nous passerons des nuits d’effroi dans un désert glacé de vents froids; mais ka Nuée est à l’entour pour nous brûler d’un feu d’amour. Oh! doux... Dans le matin d’un jour radieux salut enfin ô porte des cieux; là pour toujours nous chanterons le grand Hallel de la moisson. Oh! doux... Traduzione: O DOLCE PAESE DI CANAAN O DOLCE PAESE DI CANAAN, com’è lunga la via che porta a te! O dolce paese di Canaan, dolce paese della nostra speranza . Il tempo mi sembra lungo e grigio al ricordo di quel dolce paese, ma questa notte partiremo verso il paese del raccolto. Sento il suono dei tamburelli che guidano la danza fino al mattino, in memoria del dolce agnello, il cui sangue puro è corso a fiotti. Passeremo notti di angoscia in un deserto ghiacciato da venti freddi, ma la Nuvola è presente per farci ardere d’un fuoco d’amore. Al mattino di un giorno radioso, salve, finalmente, o porta del cielo! Là per sempre canteremo il grande Alleluia del raccolto. 61 Ojos de cielo Si yo miro el fondo de tus ojos tiernos se me borra el mundo con todo su infierno. se me borra el mundo y descubro el cielo cuando me zambullo en tus ojos tiernos. Rit. Ojos de cielo,ojos de cielo, No me abandones en pleno vuelo. Ojos de cielo,ojos de cielo Toda mi vida por ese sueno. Ojos de cielo,ojos de cielo Ojos de cielo,ojos de cielo. Si yo me olvidara de lo verdadero, si yo me alejara de lo mas sincero. Tu ojos de cielo me lo recordaran Si yo me olvidara de lo verdadero. Rit. Ojos de cielo… Si el sol que me alumbrase apagara un dìa y una noche oscura ganara mi vida, tus ojos de cielo me iluminarian, tus ojos sinceros,mi camino y guìa. Rit. Ojos de cielo… Se guardo il fondo de tuoi occhi teneri mi si cancella il mondo con tutto il suo inferno.Mi si cancella il mondo e scopro il cielo quando mi tuffo nei tuoi occhi teneri.Occhi di cielo,occhi di cielo,non abbandonarmi in pieno volo,occhi di cielo,occhi di cielo,tutta la mia vita per questo sogno. Occhi di cielo,occhi di cielo… Se io mi dimenticassi di ciò che è vero,se io mi allontanassi da ciò che è sincero i tuoi occhi di cielo me lo ricorderebbero, se io mi allontanassi dal vero. Occhi di cielo,occhi di cielo… Se il sole che mi illumina un giorno si spegnesse e una notte buia vincesse sulla mia vita,i tuoi occhi di cielo mi illuminerebbero,i tuoi occhi sinceri che sono per me cammino e guida. Occhi di cielo,occhi di cielo 62 Perdonami mio Signore Perdonami, mio Signore, di tutto il male mio, perdonami, mio Signore, perdonami, mio Dio. Senza di Te si spacca il cuore mio: bianco come la morte, Ti chiamo, o Dio. Perdonami, mio Signore…….. Com’è pesante il male, il male che Ti faccio e com’è duro il cuore: è freddo più del ghiaccio. Perdonami, mio Signore………. No, non mi abbandonare e dammi la Tua pace sia tutta la mia vita solo ciò che Ti piace. Perdonami, mio Signore……….. 63 Povera voce Povera voce di un uomo che non c’è la nostra voce, se non ha più un perchè: deve gridare, deve implorare che il respiro della vita non abbia fine. Poi deve cantare perchè la vita c’è, tutta la vita chiede l’eternità; non può morire, non può finire la nostra voce che la vita chiede all’Amor. Non è povera voce di un uomo che non c’è, la nostra voce canta con un perchè. Quando uno ha il cuore buono Quando uno ha il cuore buono non ha più paura di niente, è felice d’ogni cosa, vuole amare solamente. Quante volte t’ho chiamato per nome, quante volte ho cercato di te, ma tu fuggi e ti nascondi, vorrei proprio sapere perchè. Quando... Poco dopo è calata la notte, la tua voce ho sentito gridar; io ti dico: ritorna alla casa, il mio amore è più grande del mar. 64 Quando... Tu hai sentito chiamare il tuo nome: non puoi certo scordarlo mai più. Su non fingere d’essere sordo, puoi rispondermi solo tu. Quando... Quant’è dolce, o Salvatore Quant’è dolce o Salvatore, di servire a te! Ed offrire con amore questo cuore a te. Prendi pure la mia vita, io la dono a te. La tua grazia m’hai largita, vivo della fe’. La tua vita per salvarmi desti con amor! Fa’ ch’io possa consacrarmi tutto a te, Signor. Fa’ ch’io fissi il guardo mio sempre e solo in te! Ch’io ti serva ognora, o Dio, con costante fe’. 65 Romaria Cantata da ELIS REGINA É se sonho e de pó O destino de um só feito eu, perdido em pensamento sobre o meu cavalo. É de laco e de nó de gibeira o jiló dessa vida sofrida a sol. Sou caipira pirapora. Nossa Senhora de Aparecida ilumina a mina escura e funda o trem da minha vida. (2 v.) O meu pai peão, minha mãe solidão, meus irmãos perderam-se na vida em busca de aventuras. Descasei, joguei, investi, desisti, se hà sorte, eu não sei, nunca vi. Me disseram, porèm que eu viesse aqui p’ra pedir, de romaria em prece, paz nos desalentos. Como eu não sei rezar, só queria mostrar meu olhar, meu olhar, meu olhar. Traduzione: È sogno e polvere il destino di un uomo solo come me, perso nei miei pensieri, sul mio cavallo. È destino di lazzo e nodo, di poveri calzoni da festa e gilet, di questa vita sofferta in solitudine. Sono un abitante dell’interno (della campagna), Signora di Aparecida (località vicino S. Paolo), illumina l’oscura miniera e fondi le basi della mia vita. Mio padre era un "peao", mia madre era la solitudine, i miei fratelli si sono dispersi cercando l’avventura. Sono divorziato, ho giocato, ho investito, poi ho abbandonato. Se esiste la fortuna, non lo so, non l’ho mai vista. Mi hanno detto però di venire qui, in pellegrinaggio, in preghiera, per chiedere la pace nelle mie disavventure. Ma dal momento che so pregare, sono venuto semplicemente a mostrare il mio sguardo. 66 Salve Rociera Dios te salve Maria,del Rocio Senora Luna, sol, norte ,y guia,y pastora celestial. Dios te salve Maria, todo el pùeblo te adora y repite a porfia,como tu no hay otra igual. Olè,olè… Al rocio yo quiero volver, a cantarle a la Virgen con fè, con un olè… Dios te salve Maria, manantial de dulzura a tus pies noche y dia te venimos a rezar. Dios te salve Maria, tu rosal de hermosura, eres tu Madre mia de pureza virginal. Olè,olè… Al rocio yo quiero volver, a cantarle a la Virgen con fè, con un olè… 67 Samba degli animali Samba degli animali cantare altro io non so, samba degli animali rinchiusi dentro a uno zoo. Il coccodrillo Anselmo di notte non prendeva sonno Che giornata dura fino all’ora di chiusura! Ma ricordava che all’uscita gli aveva riso la senorita Poi voltandosi era andata e lui da allora l’ha sognata. Ahi, ahi, ahi, ahi, ma come è triste la vita Ahi, ahi, ahi, ahi, senza la senorita. Anacleto il pappagallo si credeva tanto bello, sopra il trespolo cantava ma nessuno lo ascoltava. Al suo canto solamente rispondeva un bimbo lentamente Ma la mamma l’ha chiamato strizzando l’occhio se ne è andato Oilà, oilà, ora conto le ore Oilà oilà, aspettando il mio ammiratore. La giraffa Clarabella si confidava con le stelle Guardava il cielo da vicino e piangeva anche un pochino. Quando soffiava tramontana, sentiva aria africana E il rumore dei tam tam o quanta voglia di ballar. Ahime, ahimè, dove saranno i miei amici. Ahimè ahimè, almeno loro son felici. Un ruggito possente è il leone Clemente, nella gabbia arrugginita ha passato già mezza vita Guarda oltre quelle mura mordo mordi senza paura, con uno scatto felino sei già in mezzo al giardino. E va e va corri verso l’uscita E va e va la prigione e finita. 68 Se Tu non ci fossi Se tu non ci fossi cosa farei? Cosa farei d’un mondo senza te? Cosa farei d’una vita senza Te? Morirei perché non c’è pane che possa saziar la mia fame di Te; non c’è acqua che possa saziar la mia sete di te. Morirei perché non c’è cosa che possa guarire l’assenza di Te; non c’è amor più grande di chi da la vita per me. Se Tu non ci fossi perchè vivrei? E che direi a chi dice d’amarmi? E che direi a chi dico che l’amo? Mentirei perché se dicessi che faremo un mondo nuovo senza di Te, e faremo un mondo giusto e in pace anche senza di Te, mentirei perché non c’è cosa buona e giusta che non sia fatta da Te, non c’è pace in terra se non quella donata da Te: non c’è amor più grande di Chi da la vita per me. 69 Sou feliz Senhor Sou feliz, Senhor, porque tu vais comigo: vamos lado a lado, es meu melhor amigo. (2 v.) Quero ter nos meus olhos a luz do teu olhar, quero na minha mão tua mão a me guiar. Como brilha no ceu o sol de cada dìa, quero brilhem meus labios com sorrisos de alegrìa. Como vento veloz o tempo da vida passa, quero ter sempre em mim o favor de tua graça. The lion sleeps tonight In the jungle, the mighty jungle The lion sleeps tonight. (2v.) Auimbaue...... Near the village, the peaceful village The lion sleeps tonight (2v.) Auimbaue...... Hush, my darling, don’t’ fear, my darling The lion sleep tonight (2v.) Auimbaue..... 70 Tu sei un Dio fedele Signore a te cantiamo un cantico di lode o Dio noi ringraziamo l’immensa Tua bontà Tu sei un Dio fedele per l’eternità. Signore la Tua luce diriga i nostri passi risplenda il nostro volto l’eterna Verità Il dono del Tuo amore rinnovi o Dio la vita rinfranchi il nostro cuore la vera libertà Che sia la nostra vita un segno del Tuo amore fiorisca in tutto il mondo l’eterna Tua bontà. 71 U sciccareddu Avia nu sciccareddu davveru sapuritu ora mi l’ammazzaru poviru sceccu miu chi bedda vuci avia paria nu gran tinuri sciccareddu di lu me cori comu ju t’hai a scurdari e quannu cantava facia: iha, iha, iha... sciccareddu di lu me cori comu ju t’hai a scurdari Quannu ‘ncuntrava ‘ncumpagnu subitu lu ciarava e dopu lu raspava ccu granni carità chi bedda vuci avia paria nu gran tinuri sciccareddu di lu me cori comu ju t’hai a scurdari Vent fin Vent fin, vent du matin, vent qui souffles au bout des sapins, vent qui chantes, vent qui danses, vent, vent fin. 72 Viva la compani’ Andavo sperduto senz’ombra di amor viva la companì Andavo da solo e non c’era color viva la companì Viva la viva la viva l’amor (2 v) Viva l’amor la viva la vì Viva la companì Quand’ecco che un giorno io vidi il Signor viva la companì In un viso d’amico io vidi il suo cuor viva la companì Cambiarono i giorni allora per me viva la companì non sono più solo c’è un altro con me viva la companì Domani il mio cuore con mille sarà viva la companì e Cristo nel mezzo: è la comunità viva la companì 73 Vuestra Soy Vuestra soy pues me criasteis vuestra pues me redimisteis vuestra pues que me sufristeis vuestra pues que me llamasteis vuestra porque me esperasteis vuestra porque no me perdì : que mandais hacer de mì? Que mandais pues, buen Señor, que haga tan vil criado? Cual officio le habeis dado aeste esclavo pecador? Veis me aqui mi dulce amor, amor dulce veis me aqui que mandais hacer de mì? Veis aqui mi corazòn, io lo pongo en vuestra palma : mi cuerpo, mi vida y alma, mis entrañas y affliccion. Dulce esposo y Redentor, pues por vuestra me ofreci que mandais hacer de mì? Haga fruto o non lo haga, estè callando o hablando, muestrame la ley mi llaga, goce de Evangelio hablando. Estè penando o gozando solo vos en mi vivìs. Que mandais hacer de mi? 74 When the saints Oh, when the saints go marching in: (2 volte) oh, Lord, I want to be in that number, when the saints go marching in. Oh, when the sun begins to shine: (2 volte) oh, Lord, I want to be in that number, when the sun begins to shine. Oh, when the moon begins to glow: (2 volte) oh, Lord, I want to be in that number, when the moon begins to glow. Oh, when the horn begins to sound: (2 volte) oh, Lord, I want to be in that number, when the horn begins to sound. Oh, when those harp begin to play: (2 volte) oh, Lord, I want to be in that number, when those harp begin to play. The things that I see The things that I see Got me laughin'like a baby The things that I see Got me cryin'like a man The things that I see I can look at what He gave me! And He's gonna show me Even more then I see. Just the other day 75 I heard a voice in the darkness Sendin'me away With mud on my face I heard the people say He's crazy and he's hopeless Til a splash washed the darkness away! Makin'me esplain To a lot ot angry faces Talkin'to'em plain They don't hear what I say Tellin'me again "He's a sinner and He's reckless" but there's only one thing I can say… He come to me again And this time I could see Him Told me how he'd been Out lookin'for me He told me to believe I said "what should I believe in?" He said "Keep on believin'in me!" Le cose che vedo mi fanno ridere come un bambino. Le cose che vedo mi fanno piangere come un uomo. Le cose che vedo mi fanno guardare a quel che Lui mi ha donato e mi mostrerà ancora di più di quel che vedo. Proprio l'altro giorno ho sentito una voce nel buio, mi ha mandato via con del fango sul viso. Ho sentito la gente dire “è pazzo e senza speranza” fino a che uno spruzzo d'acqua ha lavato via l’oscurità. Cerco di spiegarmi a tanti volti pieni di rabbia, cercando di parlare a loro chiaro, ma loro non ascoltano ciò che dico e mi ripetono piuttosto " E’ un peccatore uno sbandato" ma c'è solo una cosa che io posso dire… Tornò da me e questa volta potevo vederlo; mi disse che mi aveva cercato e mi disse di credere. Io chiesi: "In cosa devo credere?" e Lui rispose: "Continua a credere in me" 76 Zachée AM Cocagnac Zachée , descend donc, le Seigneur t’ attend, Zachée, descend donc, il est la: Zachée , descend donc, le Seigneur t’ attend: Zachée, ouvre-lui ta maison! C’etait un petit bonhomme, il avait nom Zachée; était haut comme tois pommes et il était douanier. Un douanier de trois pommes n’a pas d’autorité, mais pour voler son monde on dit qu’il s’y entendait Zachée... Mais un jour il entend dire que Jésus va passer et il s’en va sans rien dire un abre escalader. Un arbre au noirfeuillage ne peut pas te cacher car Jésus qui s’avance s’invite à déjeuner. Zachée... Et quand fut finie la fete Jésus le regarda, et lui, en baissant la tete, bientot il se leva. Pourquoi baisser la tete? Jésus a tout compris: 77 tu rembourses tes dettes et tous vols aussi. Zachée... Et tous pharisiens blemes épanchaientleur aigreur. Ils criaient tous au blasphème d’absoudre un tel pécheur. La maison d’un pécheur, quel drole de palais: oui, mais c’est dans son coeur que Zachée l’a logé. Zachée... 78 SI RINGRAZIANO Silvia Cataldo, per l’impaginazione e la copertina Rita Martorana Tusa per le schede sulla Villa Romana del Casale e Piazza Armerina Sabrina Crimi, per la scheda sulla scuola di comunità Enzo Roccaforte, per la scelta dei canti