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SABATO 9 FEBBRAIO 2013
il Cittadino
Primo Piano
INSEDIAMENTI RURALI DEL LODIGIANO ­ 274
LE VICENDE, LE MEMORIE, LE FIGURE DI UN MONDO CONTADINO SCOMPARSO
A Caselle Landi la corte del Capitano
La cascina Nuova è “dedicata” all’ufficiale Giuseppe Dordoni
E’
una mattinata incerta,
con l’opacità del cielo che
si adagia pigramente in
ogni possibile orizzonte.
Tutto sembra uniforme eccetto
che per l’aggrovigliato profilarsi
di una foresta di pianura che si
staglia ai margini di Caselle Lan­
di. Il mio amico Siro Montanari, la
barba perennemente ispida e il
sorriso di ampie cordialità, mi sta
accompagnando alla cascina Nuo­
va, dove sono atteso dalla signora
Chiara Dordoni.
Siro, però, la prende larga: ogni
angolo è una fermata, scende dal­
l’auto e mi mostra i luoghi più sug­
gestivi del paese, quelli della sua
memoria, dei suoi ricordi: s’inte­
nerisce a ripassare la propria in­
fanzia, è un uomo nel cui cuore
ogni cosa s’annida, trova posto pe­
renne.
La signora Chiara è donna ospita­
le e agricoltrice di rinnovati pro­
positi: accettata anni fa la sfida ­
condurre con la sorella Maria Te­
resa la cascina lasciata loro dal pa­
dre ­, prova a cogliere ogni nuova
opportunità che riveli un’agricol­
tura naturale e profondamente bu­
colica. Ma sa anche essere obietti­
va ed umile: non avesse avuto
l’aiuto del marito, il professor Gra­
ziano Chiusa, questa realtà avreb­
be chiuso già da anni i propri bat­
tenti. Fondamentale, inoltre, il
ruolo della sorella Maria Teresa: a
lei sono lasciate tutte le incomben­
ze amministrative e burocratiche,
che spesso nell’universo agricolo
costituiscono
motivo di ansia
e di arrabbiatu­
re.
n UNA FAMIGLIA
CREMONESE
La famiglia Dor­
doni è origina­
ria del Cremone­
se. Il capostipite
che memoria ri­
cordi si chiama­
va Giuseppe, na­
tivo di Vicolo Re­
degatti, nel cuo­
re di Cremona.
Giuseppe Dor­
doni era ragio­
niere e occupava
un buon posto in
un’azienda pri­
vata. I suoi conti
erano così per­
fetti da suscitare
l’invidia di colle­
ghi più approssi­
mativi. Poiché
era uno sportivo
appassionato,
non appena ter­
minava il pro­
prio orario di la­
voro, si precipi­
tava al Po per
ampie nuotate e
lunghi percorsi
di canottaggio.
Qualche suo col­
lega, temerario
ed invidioso, fe­
ce giungere una
soffiata al prin­
cipale del­
l’azienda: il
buon Dordoni ­
fu malevolmente
spifferato ­ an­
che durante
l’orario d’ufficio
era solito dare di
bracciate lungo
il corso del fiu­
me. Il datore di
lavoro ne inorridì e convocò il ra­
gionier Dordoni, chiedendogli
spiegazioni. Giuseppe mostrò i
propri registri, frutto di un lavoro
così meticoloso che non bastava il
normale orario contrattuale per
riuscire a realizzarlo: più che ore
di nuotate, lì si supponevano sup­
plementi di straordinari non rico­
nosciuti. Inoltre, quei conti erano
precisi e moderni, basati su validi
principi di programmazione. In­
somma, il principale più che am­
monirlo, gli propose una promo­
zione, chiedendogli di assumere
nella sua ditta un ruolo di coordi­
namento. Ma il ragioniere Giusep­
pe Dordoni era un uomo orgoglio­
so e approfittò di quell’occasione
per comunicare al suo capo le pro­
prie dimissioni, chiarendogli che
lui, da quel momento, avrebbe la­
vorato solo in luoghi aperti, che
privilegiassero il suo ampio senso
di libertà.
n UN’OCCASIONE UNICA
L’occasione, quando si era ai primi
del Novecento, gliela diede la ven­
dita della cascina Nuova a Caselle
Landi. Ma per quanto amasse gli
spazi aperti, il ragionier Dordoni
sto tradusse il libretto d’istruzioni
rigorosamente scritto in inglese.
Negli anni la cultura americana si
rafforzò in lui: nel 1968 importò
dal Canada un toro, Houckhall Ci­
tation Charmer, ed una vacca, e
oggi, quarantaquattro anni dopo,
molte delle bovine presenti sono le
eredi di quella storica coppia.
Fausto Dordoni fu un agricoltore
innovativo, e appunto per questo
testardo: sulle cose voleva sbatter­
vi la testa ed era sempre il primo a
sostenere che ogni novità potesse
realmente migliorare il mondo
agricolo: così nel 1962 fu tra i pri­
mi ad iscrivere le bovine della pro­
pria stalla nell’albero genealogico
della razza; solo negli ultimi tem­
pi, preferiva tirare i remi in barca,
dicendosi disilluso.
Nel 1941 Fausto sposò Emma Cer­
vi, originaria della provincia cre­
monese, cugina dell’indimenticato
attore Gino Cervi, che da queste
parti veniva spesso non solo per
trovare i parenti, ma per memora­
bili battute di caccia. La signora
Emma era una donna moderna:
amava leggere, discutere di politi­
ca, possedendo un forte senso etico
della giustizia; inoltre non disprez­
zava l’arte della cucina, oltre ad es­
sere un’ottima agricoltrice.
La cascina
Nuova
di Caselle Landi
è da un secolo
proprietà
della famiglia
Dordoni
che oggi
vi ospita
130 bovine
di cui una
settantina
in lattazione.
Chiara
Dordoni
e la sorella
Maria Teresa
hanno saputo
continuare
nel tempo
l’attività
impiantata
dagli avi
agli inizi
del Novecento
nella corte
a due passi
dal Po
non seppe immediatamente inven­
tarsi agricoltore e in un primo mo­
mento diede in affitto l’azienda
agricola alla famiglia Zangrandi,
che era originaria di Piacenza,
mentre lui rimase a Cavatigozzi,
nella campagna cremonese.
Nel 1914 ­ ma poteva essere anche
un anno prima ­, assimilati interi
libri d’agricoltura, si disse pronto
al grande salto: congedò gli affit­
tuari, e prese direttamente la con­
duzione, affiancato dalla moglie
Teresa, che invece di terra e di be­
stiame era assolutamente digiuna.
La sua permanenza agricola durò
poco perché fu arruolato per il pri­
mo conflitto mondiale. Egli, col
grado d’ufficiale, si fece tutta la
guerra, tanto che la cascina prese
una nuova denominazione e diven­
ne per tutti la corte del Capitano.
Molti pensarono che quella realtà
agricola, nelle mani di chi non era
nato agricoltore e da anni si trova­
va sul fronte senza più dare noti­
zie, non sarebbe durata a lungo.
La signora Teresa rivelò in quel
periodo il suo carattere di polso: in
cascina era tenuto prigioniero, su
disposizione delle autorità milita­
ri, un manipolo di soldati unghere­
si. Come vitto, a questi era riserva­
to soltanto pane ed acqua. Una not­
te i reclusi riuscirono a disarmare
i carcerieri ma, invece di ucciderli
e di fuggire, chiesero solo condi­
zioni più dignitose e maggiore ci­
bo: a mediare fra le parti fu la si­
gnora Teresa, che si offrì anche di
fare da cuoca per tutti.
n UN PREDESTINATO
Il ragioniere e capitano Giuseppe
Dordoni e sua moglie Teresa ebbe­
ro due figli: Mario, nato nel 1905; e
Fausto, che era del 1912. Il primo si
mantenne distante dall’agricoltu­
ra: andò a Milano dove fondò una
ditta per la realizzazione di stampe
d’arte ed ebbe un’ampia e rinoma­
ta cerchia di clienti, che apprezza­
vano quelle incantevoli riprodu­
zioni. Pur appassionato di cavalli,
grazie ai quali vinse alcuni con­
corsi ippici, rimase assolutamente
distante dal lavoro di campagna.
A Fausto, invece, toccò proseguire
l’impegno agricolo di famiglia. In
un certo senso, egli fu un predesti­
nato: era stato mandato a studiare
agraria all’Istituto Pastori di Bre­
scia; quegli anni furono per lui for­
mativi ma anche particolari; nel
convitto dove alloggiava, ne acca­
devano di tutti i colori: una volta
due montoni si azzuffarono tra di
loro, e quello che ebbe la peggio fu
servito a tavola, suscitando le ire
ed il disgusto degli allievi. La men­
sa divenne una meta da evitare, co­
sì quando la mamma gli fece avere
un grande barattolo di marmellata
se lo divorò tutto, tanto da dover
scappare in astanteria!
Nel 1930 Fausto Dordoni andò a
Roma, alla Farnesina, per frequen­
tare il corso d’Accademia di Edu­
cazione fisica; conseguito il diplo­
ma, l’intero suo gruppo fu inviato
in America dal Ministero: erano
quaranta allievi, tutti in divisa e
mantella, più soldati all’apparenza
che non sportivi, e vissero una bel­
lissima esperienza, ospitati dal mi­
liardario Bernard Mac Fadden, un
salutista unico nel suo genere, che
aveva pubblicato sul tema della sa­
lute un’intera enciclopedia, aveva
fondato una clinica per le cure di­
magranti, sposato una miss Ame­
rica, da cui prima di divorziare
aveva avuto sei figli; Mac Fadden
era un ottimista per natura: quan­
do vide incendiarsi il proprio eli­
cottero, da cui era sceso solo qual­
che attimo prima, rideva a crepa­
pelle perché pensava che era stato
un uomo fortunato avendo evitato
per un soffio di morirvi.
n DALL’AMERICA ALLA BASSA
Fausto Dordoni aveva scoperto nel
Teneessee un’agricoltura appas­
sionante e all’avanguardia. Una
notte si trovava con gli amici a
passeggiare sui campi quando il
gruppo vide una mandria di bovi­
ne correre verso loro: Fausto, che
era pur sempre figlio di agricolto­
re, urlò agli amici di proteggersi
dietro gli alberi; l’indomani volle
andare a vedere da vicino gli ani­
mali: e scoprì esemplari splendidi
e mastodontici.
Rientrato in Italia, Fausto Dordoni
andò ad insegnare educazione fisi­
ca nella città di Massa Carrara,
ma qualche mese dopo il padre gli
chiese di essere affiancato nella
conduzione dell’azienda agricola.
Una volta tornato, la cascina del
Capitano di Caselle Landi divenne
un avamposto degli Stati Uniti
d’America: Fausto fece infatti arri­
vare la prima mietitrebbia, divisa
in pezzi, imballati su casse di le­
gno; al meccanico del paese, Fau­
n UNA COPPIA SPORTIVA
Fausto ed Emma ebbero due figlie:
Chiara, testimone di questa odier­
na storia, e Maria Teresa, che oggi
vive a Codogno con la propria fa­
miglia, ma che col proprio impe­
gno resta un
per no fonda­
mentale del­
l’azienda agrico­
la.
Chiara ha sposa­
to il professore
Graziano Chiu­
sa, docente del­
l’Itis a Casapu­
sterlengo. I due
si sono cono­
sciuti sui campi
d’atletica: lei
campionessa na­
zionale di giavel­
lotto, lui formi­
dabile atleta del
salto in lungo.
L’impegno im­
prenditoriale in
cascina di Chia­
ra era interval­
lato anche da
una singolare at­
tività: conoscendo le lingue, ha fat­
to spesso da interprete a giudici di
gara per le competizioni riservate
all’esposizione di bovine; per i giu­
rati avere la traduzione di chi, per
lavoro, avesse dimestichezza con il
mondo rurale era un’occasione
più unica che rara, così Chiara fu
invitata, nel suo ruolo di traduttri­
ce, in diverse città europee.
Un’altra passione di Chiara è quel­
la del canto, essendo una delle voci
del coro di Caselle Landi: ha un’at­
titudine come soprano drammati­
co.
Nel 1997 vi fu un anno di svolta per
la famiglia Dordoni: morì Fausto;
la stessa cascina parve risentirne:
vi fu un concatenarsi di coinciden­
ze negative, con un repentino suc­
cedersi di bergamini senza che si
trovasse una presenza stabile e
rassicurante.
Molti erano pronti a rilevare la ca­
scina Nuova perché un’azienda af­
fidata a due donne sembrava avere
il destino segnato: il mondo agri­
colo sa a volte essere maschilista,
ma la meccanizzazione ha tolto im­
portanza alla forza fisica e i ruoli
si sono livellati. Fu in quel perio­
do, nel momento più delicato, che
il professor Chiusa decise di dedi­
carsi, oltre che all’insegnamento,
alle attività di mungitura: per
quattordici mesi, sino all’arrivo di
un bravo e competente mungitore
indiano, il professore e sua moglie
Chiara si dedicarono alla stalla.
Oggi in azienda vi sono 130 bovine,
di cui una settantina in lattazione.
Il latte viene conferito all’indu­
stria Latte Milano di Peschiera
Borromeo.
Chiara ci ha preso sempre più gu­
sto: ha fatto un corso di riforesta­
zione ed un altro di permacultura,
così da produrre cibo in modo in­
tensivo lasciando fare però ai rit­
mi ed al corso della natura. Da una
zolla di terra si arriva a larghi con­
cetti di fratellanza universale at­
traverso i beni prodotti. Così la si­
gnora Chiara rivela in pieno la spi­
rito dei Dordoni: sperimentare
sempre, e non fermarsi mai.
Eugenio Lombardo
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