Anna Bolena, la regina prigioniera del marito e del destino - 01-20-2015
di Agnese Maugeri - Sicilia Journal, Giornale online di notizie - http://www.siciliajournal.it
Anna Bolena, la regina prigioniera del marito e del destino
di Agnese Maugeri - 20, gen, 2015
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di Agnese Maugeri
“Ah! segnata è la mia sorte, se mi accusa chi condanna. Ah! di legge sì tiranna
al poter soccomberò?. Ma scolpata dopo morte e assoluta un dì sarò?”.
Catania-
L’Opera
“Anna
Bolena”
di
Donizetti
ha
inaugurato
la
stagione
lirica
del
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Teatro
Massimo
Bellini
e
resterà
gennaio. Durante l’appuntamento “Preludi all’opera” giunto alla sua dodicesima edizione, svoltosi nella
sala della residenza universitaria Museion e promosso dall’E.R.S.U., dall’Università degli studi di
Catania, e dall’A.E.D.E (Association européenne des enseignant), il musicologo Giuseppe Montemagno
ha presentato una delle più importanti opere donizettiane .
Il Professore ha iniziato il suo intervento spiegando il ruolo importante che giocò “Anna Bolena” nella
carriera compositiva di Gaetano Donizetti ad affermare questa tesi nel 1975 durante il convegno
internazionale di Bergamo il musicologo Philp Gosset studioso eccelso dell’opera italiana, comprese che
quest’opera fu il punto di svolta di Donizetti segnandone la sua maturità. Molti elementi dimostrano che
grazie a questa opera Donizetti usci dal limbo dei tanti compositori italiani del tempo affermandosi uno
tra i quattro grandi operisti del periodo.
Donizetti lavorò recuperando materiali di altre opere letterarie, “Anna Bolena” tragedia imponente del
catalogo donizettiano dura più di 3 ore ed è stata concepita in 5 importanti pannelli che fanno da cornice
l’azione dell’opera.
Donizetti,
prosegue
Montemagno,
la
scrisse
nel
1830
per
Milano
ma
non
per
il Teatro La Scala. Nell’estate del 1830 un gruppo di aristocratici e
imprenditori privati attivarono una campagna contro “L’Imperial Regio Teatro La Scala”, perché era il
luogo dove si manifestava il potere dell’impero asburgico.
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in
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Il Marchese Giulio Renato Litta insieme al banchiere Giuseppe Marinetti decisero di animare un altro
teatro milanese il “Carcano” facendo concorrenza alla Scala e sferrarono l’attacco scegliendo ciò che di
meglio c’era all’epoca.
“Anna Bolena” debuttò la sera di santo Stefano del 1830, data scelta perché il 26 dicembre il teatro La
Scala soleva inaugurava la stagione lirica durante tutto l’800; la scelta di cambiarla poi con il 7 dicembre
fu un’intuizione di Arturo Toscanini che ricollegò l’inaugurazione della scala con la festa di
San’Ambrogio patrono di Milano. La scala invece debutto in quella stagione con “Capuleti e Montecchi”
opera di Bellini, ma non era la prima rappresentazione perché l’opera aveva visto luce qualche mese
prima al teatro la Fenice di Venezia.
Montemagno ha continuato esponendo le scelte che il teatro Carcano optò per quella stagione scritturando
Donizetti e Bellini e i tre più importanti cantanti dell’epoca, la soprano Giuditta Pasta che interpretò sia la
Bolena che il 6 marzo del 1931 “La Sonnambula” Belliniana, il tenore Giovanni Battista Rubini
affermato in opere romantiche come “Il Pirata” di Bellini, e infine Filippo Gallo il più importante basso
rossiniano.
Donizetti scrisse per Filippo Gallo il ruolo di Enrico VIII, data l’età avanzata del cantante per tutta
l’opera, noteremo che il re canterà insieme al coro ma non avrà mai un’area da solista proprio per non
esporlo eccessivamente.
Il teatro Carcano aveva unito elementi di disturbo infatti, sia il marchese Litta e sia il banchiere Marinetti
furono figure importanti per Milano in quegli anni e intorno a loro si generò anche la Carboneria; la
borghesia illuminata voleva reagire alla dominazione asburgica e la borghesia economica sostenne
quest’attività, proprio per questo i salotti milanesi rivestirono un ruolo fondamentale per il successo di
Anna Bolena.
Donizetti tornato a Milano, fece rappresentare solo due opere una semiseria che si chiama “Chiara e
Serafina”, che fu un fiasco clamoroso e una seconda opera minore “Il Falegname di Livonia” di cui si
erano perse le tracce.
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“Anna Bolena” fu la prima volta in cui Donizetti poté
confrontarsi con il grande pubblico milanese e capitò proprio mentre la città stava diventando negli anni
tra i ‘20 e i ‘30 la capitale della musica in Italia togliendo il primato a Napoli, che fino al 1822, aveva
avuto come direttore dei teatri Giocchino Rossini.
Nel 1827, afferma Montemagno, era accaduto un avvenimento epocale, il compositore Vincenzo Bellini
si trasferì da Napoli a Milano e lì face mette in scena “Il Pirata” e “La Straniera” che contribuirono a far
diventare la Scala il più grande teatro d’opera di quei tempi.
Il libretto dell’opera fu scritto da Felice Romani, il più grande librettista di quegli anni con il quale
Bellini scrisse tutte le sue opere. “Anna Bolena” fu la prima volta in cui Donizetti e Romani lavorarono
insieme.
Il professor Montemagno ha spiegato l’importanza per Donizetti di rappresentare la storia di Anna
Bolena, dovuto al fatto che la regina d’Inghilterra fu una delle grandi donne della storia su di lei sono
corsi fiumi d’inchiostro, in più la sua turbolenta e tragica vita segnò l’inizio di una vicenda epocale lo
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scisma anglicano.
Nella metà degli anni ‘20 del 1500 Enrico VIII Re d’Inghilterra voleva sposare la Regina di Spagna
Caterina D’Aragona precedentemente sposata con il fratello del re, Arturo e rimasta vedova, così da poter
riunire i regni. Giulio II Papa guerriero si oppose a quest’unione impugnando un passaggio del libro
“Levitico” dell’antico testamento che recitava: se alcuno prende la moglie del fratello è cosa brutta.
Caterina e Arturo però non avevano consumato il matrimonio perché Arturo era morto prematuramente in
guerra. Il legato pontificio trovandosi in quel tempo in Inghilterra contrappose alla sentenza del Papa un
passo del “Deuteronomio” e alla fine Enrico e Caterina riuscirono a sposarsi. Da questo matrimonio
nacque solo una figlia femmina, inoltre Caterina entrò precocemente in menopausa ed era gravemente
malata.
Enrico VIII, innamoratosi di Anna Bolena decise di cacciare la moglie e di separarsi da lei.
Il 25 gennaio 1533 Enrico sposo Anna con una cerimonia svolta in gran segreto, a causa di ciò la chiesa
anglicana si stacco da quella cattolica romana.
Il 7 gennaio 1836 Caterina morì in Spagna, dal matrimonio tra il Re e Anna nacque una bambina
Elisabetta I, ma alla fine dello stesso anno Anna Bolena collezionò il terzo aborto di un figlio maschio.
Liberarsi di Anna era la scelta migliore secondo Enrico sia per via del passato oscuro, sia perché il suo
cuore era stato conquistato dalla dama di compagnia Jane Syemour.
La Bolena in gioventù amo Henry Percy che fu il suo fidanzato segreto, nell’opera donizettiana, spiega
Montemagno, questo personaggio diventa il suo amante.
Il 2 maggio 1536 Anna Bolena fu arrestata insieme a suo fratello e a una serie di cortigiani e artisti fedeli.
Le accuse rivoltole furono: adulterio, incesto e stregoneria.
Anna Bolena venne decapitata da un boia francese, non venne ghigliottinata ma le fu tagliata la testa con
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un colpo di spada e affrontò la morte in piedi in segno di dignità perché stava soccombendo sotto il
terrore di Enrico VIII.
Il mito di Anna Bolena, racconta Montemagno, nasce negli anni della rivoluzione francese proprio nel
1791 durante le sommosse parigine debutta alla Comédie Francaise “Enrico VIII o la tirannide”.
Anna Bolena divenne una sorta di monito, la figura di questa donna ingiustamente uccisa a causa di una
pena eccessiva per una regina innocente.
Nell’opera di Donizetti, sottolinea il professore, appare un ulteriore personaggio Smeton, un musico,
cherubino mozartiano tragico, fedelissimo della regina, lui è l’anello debole della costruzione perché nel
tentativo di difendere la sua regina, non regge la pressione della tortura e confessa di aver amato Anna,
questa rivelazione si tramuterà in un elemento in più per accusarla.
Le scene dell’opera furono concepite da Alessandro
Sanquirico il più grande scenografo italiano dell’800. L’opera italiana di primo ottocento, afferma
Montemagno, era sempre caratterizzata dall’alternanza tra interni ed esterni, Anna Bolena si svolge tutta
in interni tranne un’ unica scena, essa è stata strutturata con una serie di quinte e alla fine un fondale, la
prima quinta rappresentava il bosco, la seconda era una grata, inferriata del parco di Windsor ma allo
stesso tempo fa riecheggiare l’idea che l’unica scena in esterni dell’opera prefiguri la fine della regina.
Anna Bolena era interpretata da Giuditta Pasta, Donizetti poggiandosi sulle doti oratorie di questa grande
soprano comprese la possibilità di esplorare il canto e immaginare delle frasi di sicura presa sull’uditorio.
Ciò si nota all’inizio del secondo atto quando Jane Syemour va da Anna dicendole che Enrico VIII
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qualora lei acconsentisse a dichiararsi adultera la grazierebbe
mandandola in esilio, in più le fa comprendere che c’è già un’altra donna pronta a prendere il suo posto.
Anna rifiuta e invoca con veemenza, come voleva Donizetti, la giustizia del cielo contro la sua rivale,
Syemour crolla davanti queste forti parole e ammette di essere lei la donna di Enrico VIII.
Il personaggio di Anna Bolena, spiega il professore, manifesta una gamma di affetti in quest’opera,
tenerezza e amore per Piercy, ira e perdono per Syemour e infine la pazzia che si rivela quando è
prossima la sua esecuzione.
La follia di Anna non è illuminista, alla fine del 700 quando si iniziano a studiare le follie delle donne si
capisce che la maggior parte di loro impazzisce solo per amore dunque il ricongiungimento con l’amato
rende la follia reversibile.
La pazzia di Donizetti e Romani è romantica e quindi irreversibile.
L’ultima scena dell’opera pone questa follia sotto due dimensioni che corrodono il personaggio, Anna
non vive nel presente ma nel passato e nel futuro, il primo viene utilizzato nel tempo lento della follia
quando ripensa al suo luogo natio ai suoi ricordi felici e in questi momenti manifesta il suo dolore e
desiderio di ritornare al passato scomparso. Questa è una delle più belle aree scritte da Donizetti,
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Montemagno la segnala alla platea poiché essa
rappresentò l’origine
dell’opera del 900 quando, nel 1957, quasi un secolo dopo, l’opera della Bolena ritorno sulle scene alla
Scala in una memorabile esecuzione della Callas.
L’opera “Anna Bolena” si conclude con la regina condotta al patibolo mentre risuonano le campane per
il matrimonio di Enrico VIII e Syemour; la sua ultima follia punta verso il futuro ed è più dura e possente,
consiste nel concedere cristianamente il suo perdono alla coppia così da poter affrontare la ingiusta
sentenza e la morte.
Agnese Maugeri
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