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22- 23 Agosto 2009 - Escursione sul Carso
Dal Monte San Michele al Monte Sei Busi
Regio decreto-legge 29 ottobre 1922, che dichiara
monumenti alcune fra le più cospicue per fasti di gloria del teatro di
guerra 1915-1918.
(convertito nella legge 26 giugno 1927, n.985)
VITTORIO EMANUELE III
RE D’ITALIA
Udito il Consiglio dei ministri;
Sulla proposta del presidente del Consiglio dei ministri, di concerto coi ministri della
guerra e del tesoro:
Abbiamo decretato e decretiamo:
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CENNI STORICI
SUI CAMPI DI BATTAGLIA
DEL MEDIO E BASSO ISONZO
Sezione di
GRADISCA
D’ISONZO
e
Sezione di
CIVIDALE
DEL FRIULI
N. 1386
In memoria del Sacrificio, dei mitici Fanti ed eroici
combattenti, che per gli ideali Risorgimentali si
resero protagonisti della IV guerra d’Indipendenza
per l’Unità d’Italia
1915 – 1918.
Art. 1
A consacrazione nei secoli della gratitudine della Patria verso i Figli che per la sua
grandezza vi combatterono epiche lotte nella guerra di redenzione 1915-1918, le seguenti
zone, scelte fra quelle più legate ad immortali fasti di gloria, sono dichiarate monumentali:
1. MONTE PASUBIO
2. MONTE GRAPPA
3. MONTE SABOTINO
4. MONTE SAN MICHELE
Art. 2
Le zone monumentali sono così delimitate:
PASUBIO, sommità del monte elevatesi sulla curva di livello di 2.200 metri, comprendente
il Dente Italiano, la cima Palòm ed il cocuzzolo immediatamente a Sud di detta cima. […]
GRAPPA, sommità del monte al di sopra della quota di 1.700 metri, con lo sprone della
Nave, la galleria Vittorio Emanuele e la caserma Milano, esclusa la parte meridionale su cui
sorge la Madonnina ed il rifugio del Club alpino. […]
SABOTINO, sommità del monte al di sopra di livello 520 metri dal Sasso Spaccato ad ovest,
ai ruderi della chiesa di San Valentino (esclusi) ad ovest. […]
SAN MICHELE, sommità del Monte al di sopra della curva di livello di 250 metri con le
cime 1, 2, 3 e 4 ed il monumentino commemorativo della Brigata “Ferrara” a sud-est della
cima 4.
Art. 3
Le zone monumentali di cui all’articolo precedente, sono poste sotto l’alta
sorveglianza del Ministero della guerra, che provvederà alla loro delimitazione, custodia e
conservazione, alla intangibilità dei monumenti e delle opere di guerra in esse esistenti ed
alla manutenzione delle strade d’accesso.
Art. 4
Lo stesso Ministro provvederà a far erigere stele romane nelle località della fronte di
guerra sulle quali non sia stato ancora collocato un particolare ricordo […].
Art. 5
[…]
Successivamente, il 17 giugno 1966, anche le zone di Monte Cengio e Monte
Ortigara hanno avuto il riconoscimento di Zona Monumentale
2
Il Monte San Michele
SABATO 22 AGOSTO 2009
ROMANS D’ISONZO
Il monte (m. 275) rappresenta una importantissima posizione dominante,
la più elevata dell’altopiano carsico, fu ferocemente conteso tra italiani ed austroungarici fin dai primi giorni della Grande Guerra; venne poi sanguinosamente
conquistato nel 1916 e tenuto dalla fanteria italiana nonostante i reiterati e
furibondi
attacchi
dell'avversario. Tra morti, feriti
e dispersi, nel carso, nella sei
battaglie sul San Michele, la
fanteria ebbe un totale di
111.963 perdite. Per tale motivo
la sommità del Monte San
Michele è stata riconosciuta con
D.L. del 29 ottobre 1922 “Zona
Monumentale” a consacrazione
nei secoli della gratitudine della
Patria verso i figli che vi
combatterono duramente nella
guerra di redenzione 19151918.
Visse per la famiglia
Morì per la Patria
Omaggio alla Tomba del fante vicentino
Todescato Silvio
Epigrafe dettata dal Duca d’Aosta che rende cavallerescamente
omaggio ai combattenti dell'’opposto fronte
Il piazzale del San Michele
Sul piazzale, al centro della Zona Monumentale, si trova il Museo-Cimeli
e l’accesso alla galleria della Terza Armata. Avanti al Museo, sulla balconata che si
affaccia verso l’Isonzo, sono collocati vari monumenti: un’alta stele, che fa da
basamento al pennone portabandiera
dedicato all’Arma di Fanteria,
elenca
le
21
Brigate
che
parteciparono alle Sei Battaglie del
San Michele e riporta inoltre la
Motivazione della Medaglia d’Oro
conferita al Milite Ignoto; una
colonna ricorda i volontari giuliani e
dalmati caduti sul Carso; nei pressi,
un piccolo cippo ricorda le due
Medaglie d’Oro del 30° Reggimento
della Brigata di Fanteria “PISA”:
capitano Pannilunghi e tenente Capasso, protagonisti nella giornata del lancio dei
gas del 29 giugno 1916.
3
caporal maggiore del
47° Reggimento Fanteria
Brigata Ferrara
Nato a Arcugnano (VI) il 21 ottobre 1882
Morto a Romans d’Isonzo (GO) il 30 dicembre 1915 a seguito delle
ferite riportate in combattimento.
4
DOMENICA 23 AGOSTO 2009
Monte San Michele – Monte Sei Busi
ORE 07.30
ORE 08.00
ORE 08.30
ORE 13.00
Ritrovo
Alzabandiera sul Monte San Michele
Onore ai Caduti
deposizione corona d’alloro
Inizio Escursione
Museo Monte San Michele
Cima Tre
Cappella di Ruta – San Martino del Carso
Cippo della Sassari
Trincea delle Frasche
Galleria Borgata Rocca
Termine escursione
In caso di maltempo o eventualmente nel pomeriggio, la possibilità di
visitare i Sacrari di Oslavia e Redipuglia con visione di filmati storici
5
Il Sacrario di Redipuglia
Redipuglia il più grande Sacrario Militare
Italiano, sorge sul versante occidentale del monte Sei Busi che nella Prima guerra mondiale
fu aspramente conteso perché, pur se poco elevato, consentiva dalla sua sommità di
dominare per ampio raggio l’accesso da Ovest ai primi gradini del tavolato carsico. Qui sono
custoditi i resti mortali di 100.187
Caduti: 39.857 noti e 60.330
ignoti.Recinge
simbolicamente
l’ingresso al Sacrario, ai piedi della
monumentale scalea, una grossa catena
d’ancora
che
appartenne
alla
torpediniera “Grado". Subito oltre, si
distende in leggero declivio un ampio
piazzale, lastricato in pietra del Carso,
attraversato sulla sua linea mediana
dalla “Via Eroica”, che corre tra due
file di lastre dì bronzo,19 per lato,di cui ciascuna porta inciso il nome di una località dove
più aspra e sanguinosa fu la lotta. In fondo alla Via Eroica si eleva, solenne e severa, la
gradinata che custodisce, in ordine alfabetico dal basso verso l’alto, le spoglie di 40000
caduti noti ed i cui nomi figurano incisi in singole lapidi di bronzo. La maestosa scalinata,
formata da 22 gradoni su cui sono allineate le tombe dei caduti, sul davanti ed alla base della
quale sorge, isolata quella del Duca d’Aosta comandante della Terza Armata, fiancheggiata
dalle urne dei suoi Generali caduti in combattimento, è simile al poderoso e perfetto
schieramento d’una intera grande Unità di centomila soldati. Il Duca d’Aosta, morto nel
1931, per sua volontà è stato qui portato a riposare in eterno tra i suoi soldati. La tomba è
ricavata in un monolito in porfido del peso di 75 tonnellate. Nell’ultimo gradone, in due
grandi tombe comuni che fiancheggiano ai lati la Cappella votiva, si trovano custodite le
salme di 60000 caduti ignoti e, vicine, quelle, identificate, di 72 marinai e 56 guardie di
finanza. Alla sommità del monumento dominano tre grandi croci di bronzo, simbolo del
sacrificio divino e, nello stesso tempo, speranza di ascesa a Dio: com’è anche nel significato
spirituale che ha ispirato l’architettura del monumento che si eleva, stagliandosi nettamente
nel circostante panorama, verso il cielo. Nei locali dietro la Cappella votiva si trovano i
musei coi cimeli dei caduti, che riposano nel Sacrario.
Sacrario di Oslavia
Il sacrario di Oslavia eretto nel 1938 custodisce in
ordine alfabetico le salme di 57.000 caduti
italiani di cui 36.000 ignoti e 540 austriaci
dei campi dalla Bainsizza al Vipacco, tra
questi caduti vi sono ben tredici decorati con
medaglia d'oro al valor militare. Al centro
della cripta trova posto la tomba del Generale
Achille Papa, il generale bresciano Medaglia
d’Oro, ucciso il 5 ottobre 1917 sulla
Bainsizza, in prima linea, dalla fucilata di un
"cecchino". La campana "Chiara" suona ogni
giorno al Vespro.
6
E’ COMPITO IMPRESCINDIBILE DEL RICERCATORE STORICO, ESSERE
IMPARZIALE NEL PORTARE A CONOSCENZA DELLA COLLETTIVITA’ I
MOMENTI DEL PASSATO, ESCLUDENDO LE ADERENZE IDEOLOGICHE,
PERCHE’ SNATURANO IL RUOLO CHE LA STORIA HA, NEL FARCI
CONOSCERE GLI EVENTI TRASCORSI.
CENNI STORICI
(a cura di Pasquale SINISCALCO)
ANNO 1914
ECCIDIO DI SARAJEVO
… il 28 giugno 1914, Gavrilo Pricips, uno studente serbo-bosniaco, uccide a colpi
di pistola l’arciduca ereditario d’Austria Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia
di HOHENBERG.
IL DOLORE DELL’IMPERATORE
La notizia venne comunicata all’Imperatore nella residenza di Bad Ischl verso
mezzogiorno. Il vecchio Monarca stava facendo colazione quando il suo aiutante il
conte Paar che si era assunto il doloroso incarico, entrò nella stanza. Quando
l’aiutante gli ebbe esposto il contenuto del primo dispaccio ufficiale. Francesco
Giuseppe rimase sbalordito e da principio non seppe rispondere nulla. Poscia
alzandosi si diede a percorrere la stanza in lungo e in largo continuamente,
esclamando:- “E’ orribile ! E’ orribile ! A questo mondo non mi è stato risparmiato
proprio nulla …”.(VII – Corriere della Sera, 29 giugno 1914)
Il Governo serbo s’impegna inoltre:
• a sopprimere ogni pubblicazione che ecciti all’odio e al dispregio della
Monarchia o sia in genere diretta contro l’integrità territoriale di
essa.
In seguito L’Austria – Ungheria respingendo la risposta remissiva della Serbia, che
dava a essa tutte le soddisfazioni che legittimamente poteva chiedere e rifiutando di
dare ascolto alle proposte conciliative che l’Italia presentava insieme con altre
potenze, nell’intendo di preservare l’Europa da un immane conflitto che avrebbe
sparso sangue e accumulato rovine in proporzioni mai vedute e neppure
immaginate.
Il 25 luglio 1914, prima dello scadere delle 48 ore, il ministro austriaco dichiarò
insufficiente la risposta e, rotte le relazioni diplomatiche, lasciò Belgrado.
LA RISPOSTA DELLA SERBIA : MOBILITAZIONE!
Contemporaneamente il Governo serbo, ordina la mobilitazione.
L’ “ULTIMATUM” AUSTRIACO ALLA SERBIA …
… TENTATIVI PER SCONGIURARE LA GUERRA !
E il Ministro austriaco a Belgrado, barone de Giesl, la sera del 22 luglio del 1914
consegnava al Governo serbo , la seguente nota sottoforma di ultimatum:-“L’I. R.
Governo si vede costretto ad esigere dal Governo serbo un’assicurazione ufficiale
che esso condanna la propaganda rivolta contro l’Austria-Ungheria. Al fine di dare
a questi impegni un carattere solenne, il R. Governo serbo pubblicherà sulla prima
pagina del suo organo ufficiale del 26 luglio la seguente dichiarazione: “Il Governo
reale serbo condanna la propaganda diretta contro l’Austria-Ungheria, ossia
l’insieme di quelle tendenze che mirano, in ultimo a distaccare dalla Monarchia
austro-ungarica territori che le appartengono, e deplora sinceramente le
conseguenze funeste di queste azioni delittuose. Il Governo reale serbo è dolente
che ufficiali e funzionari serbi abbiano partecipato a tale propaganda. Il Governo
reale, che disapprova e respinge ogni idea ed ogni tentativo d’ingerenza nel destino
degli abitanti d’ogni parte dell’Austria-Uugheria, considera come suo dovere
avvertire formalmente gli ufficiali e i funzionari e tutta la popolazione del Regno
che, d’ora in poi, procederà col massimo rigore contro le persone che si rendessero
colpevoli di simili azioni. Che esso porrà ogni sforzo nel prevenire e reprimere”.
“A N M E I N E V O L K E R”
Il 28 luglio 1914, S. M. Francesco Giuseppe emanava dalla residenza di Bad Ischl
il manifesto”An Meine Volker” (Ai Miei Popoli) con cui annunciava la sua
intenzione di dichiarare guerra alla Serbia.
Dall’Osservatore Triestino: - “Sulla base di Sovrana risoluzione di Sua Maestà I. e
R. Apostolica del 28 luglio 1914 è stata inviata oggi al regio Governo serbo una
dichiarazione di guerra in lingua francese del seguente tenore:
Non avendo il regio Governo serbo risposto in modo soddisfacente alla nota
presentatagli dall’inviato austro-ungarico a Belgrado il 23 luglio 1914. L’i. e r.
Governo si vede messo nella necessità di provvedere da sé alla salvaguardia dei
suoi diritti ed interessi e di fare, a tal fine appello alla forza delle armi. L’AustriaUngheria si considera quindi da questo momento in stato di guerra con la Serbia. Il
Ministro austro-ungarico degli esteri: Conte Berchtold”.
E’ GUERRA ! (6)
L’Austria – Ungheria il 28 luglio 1914 dichiarando guerra alla Serbia, ha lacerato
con le sue stesse mani il patto di alleanza con l’Italia, il quale fino a che era stato
lealmente interpretato non come strumento d’aggressione, ma unicamente come
difesa contro possibili aggressioni altrui, aveva contribuito ad eliminare le
occasioni o comporre ragioni di conflitti e ad assicurare ai popoli anni di benefici
inestimabili della pace.
L’Austria – Ungheria dunque aggredendo la Serbia, con superbo disdegno di ogni
consuetudine, da qualsiasi pratica diplomatica, e preparato nell’ombra con tanta
cura da tenerlo celato all’Italia che questa ne ebbe notizia insieme al pubblico dai
giornali, prima che per via diplomatica. Ben si disse che se l’Austria avesse avuto Il
proposito deliberato di spezzare il vincolo dell’alleanza con l’Italia, non avrebbe
potuto scegliere né diversa questione né diversi metodi.
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L’ITALIA PROCLAMA LA NEUTRALITA’
il Consiglio dei Ministri, delibera la proclamazione della neutralità dell’Italia.
E se l’Austria, dopo vari mesi dall’inizio della guerra, è costretta dalla necessità
delle cose, dalla ferrea logica degli avvenimenti, ad affrontare i gravi problemi che
la guerra fa rivivere tutti insieme e che implicano le condizioni della sua esistenza
nazionale, non ha certo diritto di dolersene chi tale guerra tenacemente preparò e
volle, senza curarsi affatto della situazione gravissima che nei riguardi dell’Italia
andava a creare. La Francia, rassicurata dalla neutralità italiana, ritira le truppe
schierate sul fronte italo-francese e le impiega nella battaglia della Marna,
arrestando l’avanzata dell’esercito tedesco, certo di poter marciare su Parigi.
Il 12 settembre 1914 il generale Joffre annunciava al mondo: “la battaglia della
Marna è vinta”.
ANNO
1915
I DEPORTATI DELLA VENEZIA GIULIA
tra carceri, campi d’internamento e confino
Nella primavera del 1915, vengono arrestati e deportati in Austria ed Ungheria i
cittadini della Venezia Giulia che militano nelle organizzazioni irredentiste: Lega
Nazionale, Italia Irredente, Dante Alighieri, Società Ginnastica “Forza e Valore”,
Pro Patria, Società Politica Unione, Partito Liberale Nazionale, etc. etc..
Giornalismo Liberale Patriottico: “L’Aurora”, “Il Giornale di Gorizia”, “L’Isonzo”,
“Il Raccoglitore”, “Il Corriere di
Gorizia”, “La Sentinella del Friuli”, “il
Corriere
Friulano”,
“Il
Friuli
Orientale”,”Il
Goriziano”,
“La
Libertà”, o colpevoli di essere fieri
Italiani, o semplicemente sospettati di
simpatizzare per l’Italia.
L’Austria impiegò due anni per
riconoscere
l’assurdo
delle
deportazioni. Per due anni gli Italiani
della Venezia Giulia e del Friuli
avevano rappresentato un pericolo per
la forza armata dello stato, una
minaccia per le sue fortune di guerra.
Dopo due anni rinsavita dalle violente
proteste dei deportati e dalla mutata
opinione pubblica, che oramai aveva smaltito, nel sangue e nelle sciagure, i fumi
della guerra. Oramai anche la buona borghesia austriaca, assillata dallo spettro della
fame e della rovina, era sinistramente impressionata dagli orrori, degli arbitrii
feroci, dagli atti criminosi, denunciati coraggiosamente dai deportati, al mondo
9
civile. E la fame e la miseria avevano schiuso più d’una coscienza a sensi di pietà
per le vittime e d’abominio per i persecutori.
L’ITALIA DICHIARA GUERRA ALL’AUSTRIAALL’AUSTRIA-UNGHERIA
Il 23 maggio 1915, il Governo italiano, tenuto conto di quanto andava delineandosi,
confortato dal voto del Parlamento e dalle solenni manifestazioni del Paese,
delibera di rompere gli indugi e dichiarare nella stessa giornata all’ambasciatore
austro-ungarico a Roma di considerarsi all’indomani , 24 maggio 1915, in stato di
guerra con l’Austria – Ungheria.
Ordini analoghi furono telegrafati al duca d’Avarna nostro ambasciatore a Vienna,
si recava per l’ultima volta dal barone Burian, ministro degli affari esteri della
Monarchia danubiana. Atteso da due giorni ormai, il Duca si recava a compiere una
semplice formalità. Così, senza manifestare una commozione molto viva, lesse:
- Secondo le istruzioni ricevute da S. M. il Re suo augusto Sovrano il sottoscritto ha
l’onore di presentare a S. E. il Ministro degli Esteri di Austria-Ungheria la seguente
motivazione:
- Già il 4 del mese di maggio vennero comunicati al Governo imperiale e reale i
motivi per i quali l’Italia, fiduciosa del suo buon diritto, ha considerato decaduto
il trattato di Alleanza con l’Austria-Ungheria, che fù violato dal governo imperiale
e reale: lo ha dichiarato per l’avvenire nullo e senza effetto ed ha ripresa la sua
libertà d’azione. Il Governo del Re, fermamente deciso di assicurare con tutti i
mezzi a sua disposizione la difesa dei diritti e degli interessi Italiani, non trascurerà
il suo dovere di prendere contro qualunque minaccia presente o futura quelle
misure che vengano imposte dagli avvenimenti per realizzare le aspirazioni
nazionali. S. M. il Re dichiara che l’Italia si considera in stato di guerra con
l’Austria-Ungheria da domani.
Il sottoscritto ha l’onore di comunicare nello stesso tempo a S. E. il Ministro degli
Esteri austro-ungarico che i passaporti vengono oggi consegnati all’ambasciatore
imperiale e reale a Roma. Sarà grato alla E. V. se vorrà provvedere a fargli
consegnare i suoi. Firmato Duca d’Avarna.
Alla mezzanotte sul 24 maggio 1915, la FANTERIA ITALIANA varca tutta la
frontiera friulana.
GLI OSTAGGI GORIZIANI
La mattina del 19 giugno 1915, al campo di deportazione di Hainburg località
presso il confine ungherese, giunse l’ordine di partenza immediata per cinque
deportati: dottore Giuseppe BRAMO, Cesare DEPERIS, Giuseppe FURLANI,
Giovanni ORTALI e Carlo VOUCH, tutti goriziani. Scortati da gendarmi i cinque
partirono alla volta di Gorizia.
Il 21 alle ore 17,00 giunsero alla stazione di Gorizia, condotti al comando della
58.ma divisione di Fanteria e da li avviati alle carceri militari. Dove prima che si
assegnasse loro una cella, dovettero attendere per qualche ora nel cortile. In un
canto di questo, piantata nel terreno s’ergeva una trave con in alto un’asta trasver-
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sale di ferro, poco discosti due rozzi sgabelli di legno a gradini. Era questo un
lugubre ordigno di morte, la forca. Un sergente, che stava a custodirli, fosse sciocca
vanteria o bisogno di sincerità pietosa, raccontava loro come pochi giorni prima
s’era impiccato li un tale, e come al supplizio, quasi a gran festa, si fossero dati
convegno molti ufficiali con le loro gentili signore. Allora soltanto i deportati
compresero, in un terribile risveglio, quale destino li attendesse, e perché la forca
fosse la costantemente pronta a ghermire nuove vittime. Erano divenuti ostaggi.
Infatti il 9 giugno, il comando della 58.ma divisione di Fanteria s’era rivolto al
Capitanato distrettuale di Gorizia con l’ordine perentorio di consegnare in ostaggio
alle autorità militari, cinque goriziani. L’ordine diceva testualmente:
“Giudizio della 58.ma divisione di Fanteria. Numero d’evidenza 275.
All’onorevole Signore, Consigliere di Luogotenenza Rebek, Capitanato distrettuale
di Gorizia.
Ufficio postale di campo 320, il 9 giugno 1915.
Da alcuni giorni accade che vengono distrutte sistematicamente delle linee
telefoniche e che si facciano segnalazioni al nemico, al quale scopo i malfattori
impiegano ragazzi impuberi delle scuole medie.
Per porre fine a questo infame tradimento, che viene a pregiudicare notevolmente
l’attività delle operazioni, favorisca prendere, quali ostaggi, cinque abitanti di sesso
maschile, noti per i loro sentimenti italiani (possibilmente delle persone che
abbiano particolare influenza nel locale Municipio) e consegnarli al comando della
58.ma divisione.
Favorisca inoltre notificare un tanto, mediante manifesti, agli abitanti, aggiungendo che, rinnovandosi le menzionate segnalazioni, rispettivamente il taglio dei fili
telefonici, verranno messi a morte, (nel testo tedesco: “niedergemacht”) alcuni
degli ostaggi, e al loro posto se ne prenderanno degli altri, ciò che sarà ripetuto ogni
qualvolta accadranno di questi atti d’alto tradimento.
Szabò m.p., relatore giudiziario.
I. e R. Comando della 58.ma divisione di Fanteria.
Visto, il 9 giugno 1915, Ufficio pstale di campo 320,
Zeidoler m.p., generale
IL PRIMO BALZO
(24 maggio – 16 giugno 1915)
Il 24 maggio 1915, l’Esercito Italiano varca tutta la frontiera friulana. I reparti
dell’XI Corpo d’Armata, tra il 5 e 6 giugno, prendono posizione sul territorio:
-la Brigata di Fanteria “Regina” (9° e 10° Reggimento) occupa il Monte Fortin a
Farra d’Isonzo e il 30° Reggimento Fanteria “PISA” entra in Gradisca d’Isonzo.
-Il 9 giugno l’11 a e 21 a Divisione di Fanteria si consolidano a Gradisca d’ Is.
tra Borgo Bidischini e Borgo Molamatta, pronte a passare l’Isonzo, tra Sagrado
e Sdraussina. Il Comando dell’XI Corpo d’Armata si posiziona sulle Alture di
Medea.
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I BATTAGLIA DELL’ISONZO, (23 giugno – 7 luglio).
Nella notte sul 24 giugno le truppe dell’ XI Corpo d’Armata, schierate alla
sinistra, della 3a ARMATA, superavano l’Isonzo alle falde del Monte San Michele
e nei giorni 26 e 27 tentavano una avanzata generale tra il Monte San Michele
stesso ed il Monte Sei Busi. La viva reazione dell’avversario, però, favorito
dall’assoluto dominio delle due posizioni, non consentì di compiere che lievi
progressi.
Le truppe dell’ XI Corpo d’Armata, rientrate in linea il 4 luglio,dispiegate tra il
Monte Fortin ed il Monte Sei Busi, conseguivano notevoli progressi, sia sulle
pendici del Sei Busi, sia su quelle del San Michele : su queste ultime si distinsero
le Brigate di Fanteria “Regina” e “Pisa” (29° e 30° Reggimento), impegnate in
attacchi e contrattacchi particolarmente violenti e sanguinosi.
Il complesso di tali azioni prese il nome di “I battaglia dell’Isonzo” e costò anche
alle truppe austriache perdite assai rilevanti, come del resto tutte quelle successive.
I rincalzi sul Monte San Michele
II BATTAGLIA DELL’ISONZO, (23 luglio – 7 agosto 1915).
Per la nuova offensiva, l’attacco principale, quello al Monte San Michele, era
affidato a due delle quattro Divisioni di Fanteria dell’ XI Corpo d’Armata e
precisamente alla 19^ ed alla 21^ .
Accanita e sanguinosa fu la lotta condotta dalla Brigata di Fanteria “Brescia” (19° e
20° Reggimento) sul margine di Bosco Cappuccio e con altrettanto deciso impeto
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combattè la 19 Divisione di Fanteria per impadronirsi dell’intero sistema di trincee
tra Castelnuovo ed il Sei Busi.
Eliminata la minaccia sul fianco destro delle truppe del San Michele, l’ Armata
tentava uno sforzo decisivo per la conquista del San Michele stesso. La sera del 19
i fanti delle Brigate di Fanteria “Bologna” (39° e 40° Reggimento) e “Regina” e
l’VIII battaglione bersaglieri ciclisti, comandato dal Ten. Col. Sante Ceccherini,
riuscivano per la prima volta a raggiungere la vetta. Il mattino del 21 però il nemico
reagiva furiosamente riconquistando le posizioni perdute. Il 22 luglio il bersagliere
Francesco RISMONDO, dalmato, catturato sul San Michele e fucilato dagli
austriaci sulla strada che da Iamiano porta a Brestovizza. Il giorno successivo
riassumeva l’iniziativa su tutta la fronte, dal San Michele a San Martino. Venne
però arrestato da un deciso contrattacco della Brigata di Fanteria “Bari” (139° e
140° Reggimento) che il mattino del 25 perveniva addirittura alla riconquista
dell’agognata vetta.
Ma un contrattacco austriaco costringeva i reparti a ripiegare. Altrettanto accanita
ardeva, intanto, la lotta per la conquista del Sei Busi nella quale Fanti ed Artiglieri
prodigavano ogni energia ed affrontavano impavidi ogni sacrificio. Attacchi e
contrattacchi si susseguirono senza sosta; tutto il complesso di trincee che si
contrapponevano al centro ed alla destra del X Corpo fu tolto all’avversario. Gli
austriaci riuscirono, peraltro, a conservare le posizioni dominanti attorno alla quota
più elevata del monte.
La sera del 3 agosto, dopo ulteriori tentativi di portare avanti la linea da Bosco
Cappuccio al Sei Busi, il Comandante della 3^ Armata impartiva l’ordine di
sospendere le operazioni.
Questa seconda battaglia dell’Isonzo, sostanzialmente impegnata per la conquista
del “San Michele”, costò all’Armata 31.000 uomini, tra morti, feriti e dispersi.
Perdite di poco inferiori subirono gli austriaci.
assalti condotti dalla Brigata di Fanteria “Siena” (31° e 32° Reggimento) contro la
trincea delle “Frasche” cadeva, al canto di un inno patriottico, Filippo Corridoni,
animatore e combattente magnifico).
Nei giorni 22, 23 e 24 la lotta continuò accanita su tutta la fronte e, dopo una breve
interruzione, il 28 si riaccendeva e divampava fino ai primi di novembre.
Nonostante i larghi olocausti di vita, i risultati si limitavano ad irrilevanti conquiste
territoriali in corrispondenza del San Michele.
IV battaglia dell’Isonzo, (10 novembre – 5 dicembre 1915).
Per il giorno 10 novembre il Comando Supremo ordina la ripresa dell’offensiva da
Oslavia a Monte Sei Busi.
Sul Carso l’XI Corpo d’Armata (21^, 22^ e 29^ Divisione di Fanteria) ed il XIII
(25^ e 31^ Divisione di Fanteria) avevano, rispettivamente sostituito il XIV ed il X.
Nei giorni 10, 11 e 12 le truppe della 3^ Armata combatterono con l’alto spirito di
dovere e di sacrificio di sempre, ma ciò nonostante fù possibile conseguire solo
qualche lieve progresso alle ali dell’XI Corpo d’Armata.
ANNO 1916
V battaglia dell’Isonzo, (11 marzo fine marzo 1916).
Il mattino dell’ 11 marzo le artiglierie entravano in azione su tutta la fronte
dell’Armata e il 13 scattavano le Fanterie.
La lotta fu particolarmente accanita la cima “quattro” del San Michele e San
Martino dove le truppe della 21^ e 22^ Divisione di Fanteria dell’XI Corpo
d’Armata, dopo aver espugnato la trincea del “Groviglio”, dovettero
successivamente ripiegare in seguito a violenti contrattacchi dove gli austriaci
fecero largo uso di gas lacrimogeni ed asfissianti.
III battaglia dell’Isonzo, (21 ottobre – 4 novembre 1915).
Ancora una volta le quattro “gobbe” del San Michele, gli squallidi pendii di San
Martino e la brulla dorsale del Sei Busi si presentavano con il loro fitto e rossiccio
intrico di reticolati e di trincee.
Iniziato l’attacco, la Brigata di Fanteria “Verona” (85° e 86° Reggimento)
conquistava Peteano spingendosi verso Boschini, la Brigata di Fanteria “Piacenza”
(111° e 112° Reggimento), travolgeva il nemico sulla cima “quattro” del San
Michele ma, contrattaccata, doveva ripiegare; la Brigata di Fanteria “Alessandria”
(155° e 156° Reggimento) assaltava un forte (il cosiddetto “pulpito”) tra il San
Michele e San Martino; le Brigate di Fanteria “Catanzaro” (141° e 142°
Reggimento) e “Bari” (139° e 140° Reggimento), nel settore di Bosco Cappuccio,
subivano gravi perdite davanti alla poderosa ridotta del “Groviglio”.
(Il X Corpo d’Armata, tra San Martino e Monte Sei Busi, si accaniva, a sua volta,
in un alternarsi di attacchi e contrattacchi contro le trincee denominate delle
“Celle”, delle “Frasche”, dei “Razzi” e dai molti altri nomi. In uno dei reiterati
… erano le 05,30 del 29 GIUGNO 1916,
preceduto da una lunga emissione di GAS ASFISSIANTI, il nemico sferrava
un attacco nella zona del San Michele, tendente a scacciare i fanti dell’ XI
Corpo d’Armata oltre l’Isonzo.
(2) L’impianto per i gas asfissianti era stato realizzato dal Battaglione Specialisti
della Scuola di Krems lungo l’intera prima linea della 20^ e 17^ Divisione A. U..
All’alba, la nube giallo-verdastra di gas cloro e fosgene, sprigionata da 3000
bombole disposte lungo una dozzina di chilometri, spinta da un leggero vento
favorevole, investì la prima e seconda linea italiana lungo le falde del Monte San
Michele tenuta dalla 21° e 22° Divisione di Fanteria (XI Corpo d’Armata).
L’effetto del gas fu particolarmente nocivo nel settore più a sud, difeso dalle
Brigate “Regina “e “Pisa”. La fanteria nemica potè così penetrare facilmente nelle
trincee di prima e seconda linea e massacrare barbaramente con mazze ferrate i
fanti morenti per l’effetto dei gas, in particolare il fosgene, contro il quale le
rudimentali maschere antigas in dotazione all’esercito italiano erano inefficaci.
Subito però i superstiti di quelle stesse Brigate, con in testa i generali Sailer
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(Comandante la Brigata “Regina”), e Briganti (della Brigata “Pisa”) ed i colonnelli
Gandolfo (Comandante del 10° fanteria), Faccini (del 29° ) e Ronchi (del 30° ) con
un furioso contrattacco appoggiato dal fuoco di sbarramento dell’artiglieria italiana,
ripreso le posizioni raggiunte dagli austriaci e catturarono 380 prigionieri avevano
al polso ancora la mazza ferrata . L’immediatezza della riconquista consentì ai
Grigio-verdi di constatare senza indugio gli orrori della tragica giornata. Si videro
ufficiali e soldati nemici sghignazzare frammezzo ai cadaveri degli asfissiati. Altri,
legati i fanti morenti col filo telefonico, li trascinavano sulla roccia. Dovunque, poi,
si scorgevano le mazze ferrate gettate dai fuggiaschi o dai prigionieri. Sia ricordato
ad onore dell’Esercito – scrisse il colonnello medico Alessandro Lustig nella sua
relazione sull’impiego dei gas asfissianti da parte del nemico che i nostri non
uccisero alcuno dei prigionieri catturati, nemmeno quelli che si trovarono armati
della mazza ferrata.
Al contrattacco parteciparono anche le rigate “Brescia” e “Ferrara”. Le perdite
italiane ammontarono a circa 200 ufficiali e 6.500 uomini di truppa, di cui la metà
uccisi dai gas. Questi furono sepolti nel “Cimitero degli Asfissiati”, nei pressi del
paese di Sdraussina (attuale Poggio Terza Armata), vicino all’Isonzo. Degli altri
4.000 fanti rimasti gassati, molti morirono dopo lunghi e dolorosi ricoveri in
ospedale.
VI battaglia dell’Isonzo, (4 agosto 17 agosto 1916).
Il concetto d’azione prevedeva due attacchi principali ai lati del campo trincerato di
Gorizia: dalle alture del Sabotino al Podgora e del San Michele a Doberdò;
un’azione diversiva doveva essere sferrata con adeguato anticipo nel settore di
Monfalcone.
Per la prima volta sulla nostra fronte si affiancava al cannone la bombarda, nata per
infrangere la tenacia dei reticolati, tanto leggeri nella forma quanto sfuggenti alla
presa delle armi consuete e dei vecchi metodi di guerra.
Erano schierati – da nord a sud- i Corpi d’Armata VI, XI, XIII e VII, con
complessive 13 divisioni di Fanteria, una di Cavalleria appiedata e 1188 bocche da
fuoco, oltre le bombarde. Il mattino del 4 agosto, (il VII Corpo d’Armata iniziava la
prevista azione diversiva a sud del Sei Busi ed il mattino del 6 si levò poderoso il
coro delle artiglierie del VI Corpo d’Armata).
Fu nel pomeriggio del giorno 6, durante un attacco della 14^ Divisione alla q. 85
che l’eroico bersagliere Enrico TOTI, ferito due volte, esausto, moribondo,
raccoglieva le estreme forze e lanciava al nemico, ultima sfida, la sua stampella .
La battaglia si accese furiosa su tutta la fronte dell’Armata ed il Monte Sabotino ed
il San Michele, che per più di un anno ci erano stati disperatamente contesi,
caddero il giorno stesso sotto l’irruenza del nuovo assalto dell’eroica Fanteria.
La rapidità della conquista del Sabotino ebbe la consacrazione poetica di Gabriele
d’Annunzio rimasta poi motto della 45^ Divisione di Fanteria:
“Fu come l’ala che non lascia impronte,
il primo grido avea già preso il monte”.
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La battaglia si protrasse dura e cruenta fino al pomeriggio del giorno 8 ed i fanti del
VI Corpo d’Armata, sempre assai validamente appoggiati dal fuoco delle artiglierie
e delle bombarde, conquistano a palmo a palmo l’aspro ed intricato terreno,
espugnando ad una ad una le innumerevoli trincee. Il mattino del 9 agosto le truppe
della 3^ Armata entravano in “Santa Gorizia”, mentre una colonna di cavalleria e di
ciclisti percorreva la pianura attorno alla città e la spazzava dalle ultime resistenze
nemiche. Il giorno successivo le Fanterie si affermavano sulle pendici delle alture
che dominano da oriente la piana goriziana e, più a sud, raggiungevano la linea
della vertoibizza, iniziandone subito il rafforzamento.
Nel frattempo, da ogni parte della fronte, fra il San Michele ed il Debeli, veniva
segnalato che gli austriaci erano in ritirata verso il “Vallone”; Tutte le truppe del
Carso mossero allora in avanti e la sera stessa del 10, il Vallone era raggiunto. Le
truppe dell’XI e del XII Corpo, nella giornata dell’11, lo superavano portandosi a
ridosso della nuova linea nemica che, dall’altura del Nad Logem, per quota 187,
Opacchiasella, Novavilla, quota 208 (nord e sud) si saldava alle alture ad est di
Monfalcone. Il giorno 12 gli austriaci abbandonavano anche le quote del Debeli.
La “3^ Armata”, che dalla sera del giorno 11, su ordine del Comando Supremo,
aveva ceduto la direzione delle operazioni nella conca di Gorizia alla 2^ Armata,
riprese subito l’attacco alle posizioni oltre il “Vallone”, Con un solo balzo la Brigata di Fanteria “Lombardia” (73° e 74° Reggimento) raggiungeva la sommità del
Nad logem, procedendo su S. Grado di Merna; la Brigata di Fanteria “Regina” si
impadroniva del villaggio di Opacchiasella.
(Le unità del XIII Corpo d’Armata erano costrette invece ad arrestarsi dinanzi a
Novavilla ed alle alture di q.208; anche la linea Volkovniak – veliki Hriback –
Pecinica – Loquizza resistette agli attacchi impetuosi delle nostre fanterie).
Si chiudeva così la battaglia vittoriosa che, se pure priva dei grandi risultati
strategici in un primo momento sperati, costituiva tuttavia un grande innegabile
successo da ascrivere a gloria della 3^ Armata.
. La VI battaglia dell’Isonzo aveva lasciato le nostre truppe aggrappate all’arco
collinare immediatamente a ridosso di Gorizia ed agli scaglioni pietrosi del Carso
che, dal “Vallone”, si elevano a successive terrazze verso oriente.
Era necessario pertanto dare maggiore respiro alla occupazione della città e guadagnare terreno sul Carso per poter volgere poi lo sguardo a più lontani orizzonti.
Il compito veniva affidato alla 3^ Armata, schierata con tre Corpi d’Armata (XI,
XIII e VII) da San Grado al Lisert; il tratto da sfondare fu scelto in corrispondenza
dell’ala sinistra dello schieramento (XI Corpo d’ Armata), sia per sfruttare i
progressi più sensibili conseguiti in quella zona nell’agosto, sia perché un’ulteriore
avanzata in quel settore avrebbe potuto agevolare le future operazioni della
contigua 2^ Armata.
Erano in linea sul Carso nove divisioni di Fanteria ed una di Cavalleria appiedata;
altre quattro erano di riserva.
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ANNO 1917
L’Armata austro-ungherese che già alla fine del 1916, per ammissione del Generale
S. Boroevic, suo comandante, era in ginocchio, e non soltanto per ragioni militari:
di fatto, ormai l’impero asburgico nell’insieme era alle ultime energie, politiche ed
economiche. Si ricorda qui che quell’ammissione-denuncia di Boroevic divenne un
estremo grido d’allarme nell’agosto dell’anno successivo (1917), quando quel
comandante, soffocando il suo orgoglio, implorò l’intervento dell’alleato tedesco
per risolvere una situazione divenuta insostenibile per gli austroungarici. Ne
conseguì la XII battaglia dell’Isonzo,
nota fino a pochi anni fà come “la rotta di Caporetto”; mentre illustri storici,
soprattutto stranieri, sono del parere che nei fatti quell’offensiva nemica apportò
gravi danni agli imperi centrali. Essa, non voluta dal Comandante in Capo
dell’Esercito tedesco Gen. Falkenhayn, “lungi dal liquidare l’Italia, ne fece un
nemico assai più temibile”.
Nel 1917 Ludendorff fu promosso Capo di Stato Maggiore Generale, mentre
Hindenburg divenne Comandante in Capo dell’Esercito tedesco. Informato della
grave situazione in cui versava l’impero austro-ungarico e, le varie nazionalità
assoggettate, approfittando della crisi bellica, tentavano di liberarsi dalla
dominazione austriaca, Ludendorff capì che il solo modo per salvare l’alleato era
fargli ottenere una clamorosa, vittoria. Decise così di inviare sul fronte italiano un
corpo di spedizione formato da otto divisioni, scegliendo il punto più debole dello
schieramento italiano. A Caporetto Ludendorff, ripresentò le medesime strategie
belliche, già attuate sul fronte Russo, nell’autunno del 1914, a Tannenberg,
sbaragliando e mettendo fuori combattimento un esercito di 250.000 uomini; nel
1915 attaccò nuovamente nella zona dei laghi Masuri, ottenendo un successo
mirabile e per la XII battaglia dell’Isonzo (24 ottobre – 9 novembre 1917), inoltre
si avvalse di strategie belliche crudeli e audaci, riuscendo ancora una volta nel suo
intento.
(dal bollettino di guerra tedesco, 1 novembre 1917)
“IL NEMICO INDIETREGGIO’ COMBATTENDO ED OPPOSE VIOLENTA
RESISTENZA (leistete Er heftige Widerstand) CON LE SUE TRUPPE DI
COPERTURA A BERTIOLO, POZZUOLO, LAVARIANO, PER
PROTEGGERE LA RITIRATA DELLA SUA TERZA ARMATA”
XII Battaglia dell’Isonzo, (24 ottobre - 9 novembre 1917),
Ebbe inizio alle ore 02,00 del 24 ottobre e quando due giorni dopo, con la caduta di
monte Maggiore, anche l’ultimo bastione difensivo sulla fronte della 2^ Armata fù
scardinato e la via per Cividale aperta alle truppe austro tedesche, il generale
Cadorna si vide costretto ad ordinare alla 3^ Armata di ripiegare verso il
Tagliamento. Con la morte nel cuore i Fanti del Carso si staccarono da quelle zolle
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impregnate di tanto sangue, dai molti cimiteri che raccoglievano i loro morti, dalla
terra riscattata in tanti mesi di passione gloriosa. Durante la ritirata, le truppe
dell’Armata furono “magnifico esempio di compattezza e di forza” come il
generale Cadorna volle sancire sul bollettino di guerra del 1° novembre, additando
ancora una volta l’”INVITTA” all’ammirazione ed alla gratitudine della Patria.
Anche in queste fosche giornate di sventura, brillarono luci di bellezza e di poesia: i
reggimenti “Genova Cavalleria” e “Lancieri di Novara” che unitamente ai
reggimenti 25° e 26° della Brigata di fanteria “Bergamo” , si sacrificarono a
Pozzuolo del Friuli per dar tempo alle truppe che sfilavano lungo la direttrice
Palmanova, Gonars, Talmassons, Codroipo, di sottrarsi alla stretta nemica; il
capitano Alessandro Casali che sul Volkoniak, postesi delle bombe a mano sopra
un braccio ferito sospeso al collo, mosse con i suoi soldati al contrattacco e cadde
fulminato; il Colonnello Emilio Spinucci, caduto alla testa dei suoi granatieri,
presso Flambro, in un disperato impeto d’assalto; e tante e tante altre !.
Il 7 novembre i “grossi” della 3^ Armata erano già schierati sulla riva destra del
Piave, mentre il nemico superava il Livenza e guadagnava terreno nell’alto
Tagliamento e nell’alto Piave. Sulle sponde del fiume intanto le file si rinserravano
e le baionette si risollevavano. Era finita la ritirata; stava per essere ripresa la
battaglia che i soldati della 3^ Armata e quelli di tutto l’Esercito Italiano avrebbero
combattuto con lo stesso animo e lo stesso entusiasmo dei primi giorni di guerra. fu
l’augusto Comandante che, in breve, nervoso ordine scritto di suo pugno, diede
quella che doveva diventare l’eroica parola d’ordine di tutto l’Esercito :
“DI
DI QUI NON SI PASSA”.
PASSA”
E UN ANNO DOPO, IL 24 OTTOBRE 1918 IL GENERALE
A. DIAZ, LANCIA L’OFFENSIVA DI VITTORIO VENETO.
E ALLE ORE 08,00 DEL 29 OTTOBRE, L’ESERCITO AUSTRO-UNGARICO
INNALZA LA BANDIERA BIANCA E CONTESTUALMENTE NEI PAESI INVASI AL
GRIDO DI VIVA L’ITALIA, SVENTOLANO INNUMEREVOLI BANDIERE
TRICOLORI.
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA:
I - Gesta e memorie della “TERZA ARMATA”, 30/05/1965;
II - Manoscritto 6 – 10 agosto 1916, del Ten. Adolfo Zamboni, del 141° Reggimento Fanteria, della Brigata
“CATANZARO”;
III - “storia popolare illustrata della grande guerra 1914 – 1918, l’anno d’angoscia (1916)” di Roberto Mandel, 1931.
IV - I DEPORTATI della Venezia Giulia, di Ettore Kers, Ed. 1923.
V - Nuovi Ricordi e frammenti di diario, di L. Aldrovandi Marescotti Ambasciatore d’Italia, 2^ Ed. 1938
VI- Le cartoline, sono tratte dal vol. “le cartoline delle Brigate e dei Reggimenti di Fanteria nella guerra del 1915 –
1918.” S.M.E. Ufficio Storico, Luigi Amedeo de Biase, Roma 1994.
VII – Corriere della Sera 29 giugno 1914.
VIII- GIORGIO BOMBIG E L’ITALIANITA’ DI GORIZIA di Carlo Luigi Bozzi. Ed. 1927
IX- www.cimeetrincee.it
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Gradisca d’Isonzo “Porta del Soccorso”, una delle posizioni dove nella notte sul 24 giugno
1915 i fanti dell’XI Corpo d’Armata, passarono l’Isonzo per assaltare le fortificazioni A.U.
del Monte San Michele e di San Martino del Carso. (Sullo sfondo, alle spalle della bambina,
si scorge una delle due lapidi di caduti italiani. A Gradisca d’ Isonzo, furono sepolti 5.000
soldati italiani, oggi a ricordo di quegli eroi, resta nel palazzo del Monte di Pietà ex sede
Municipale, una lapide con i versi, del poeta G. d’Annunzio.
STAMPATO IN PROPRIO
Libretto realizzato a cura delle Sezioni di:
Cividale del Friuli – Via della Stua n.11 UDINE – e.mail:[email protected]
Gradisca d’Isonzo – Via Battisti n.39 GRADISCA D’ISONZO
Associazione Nazionale del Fante
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libretto escursione dal M. San Michele al Monte 6 Busi agosto 2009