Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918 L a grande Guerra combattuta tra il 1914 ed il 1918 su innumerevoli fronti, fu il primo conflitto nella storia umana a raggiungere dimensioni veramente mondiali. Per moltissimi italiani, e soprattutto per ogni alpino, qualunque breve riflessione sulla prima guerra mondiale richiama alla memoria nomi luoghi ormai indissolubilmente legati alla storia Nazionale, scritti con il sangue di innumerevoli soldati: monti come il Grappa, il Pasubio, l’ Ortigara, le Tofane, l’Adamello o il monte Nero; fiumi come il Piave e l’Isonzo, o altipiani come quello dei Sette Comuni o il Carso. Ma altri luoghi, forse meno noti e tuttavia non meno importanti per le schiere di Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918 uomini che per essi combatterono uccisero e morirono testimoniarono muti alle alterne vicende della “inutile strage” e di essa recano ancora le indelebili cicatrici. A questa categoria di campi di battaglia semiscosciuti apparteneva fino a qualche anno fa la catena montuosa del Lagorai: le Fassaner Alpen” dell’imperialregia cartografia austroungarica. Il risveglio di interesse registrato negli ultimi dieci anni per le vicende della Grande Guerra in montagna ha determinato anche nel piccolo paese di Caoria la nascita di un’iniziativa tesa a documentare obiettivamente, sia pure con mezzi limitati, questo avvenimento di portata mondiale. Con la realizzazione del Museo Storico della Grande Guerra di cui trattiamo, il Gruppo alpini di Caoria non poteva certamente permettersi di spaziare sull’intero vastissimo arco del fronte dal Passo dello Stelvio al mare Adriatico. Ci si è quindi limitati a raccogliere svariate testimonianze materiali, iconografiche e bibliografiche dell’immane conflitto in un settore di “guerra dimenticata” Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918 se non proprio misconosciuta, con l’intendimento di aggiungere una tessera al mosaico che eminenti storiografi stanno ancora faticosamente ricostruendo. È una proposta di meditazione che ci si augura giovi a questa e alle future generazioni affinchè si tengano lontane da tremende tentazioni e, ragionando, sappiano prepararsi a vivere con quella onestà che non può dimenticare le tremende esperienze dei padri; una meditazione che non rinneghi con soluzioni facili il passato eroico del quale il “Dovere” è stato il principio di vita e coscienza, perchè anche oggi come in futuro ci sarà sempre un “Dovere “ da compiere. Per i non addetti ai lavori e per i giovani in particolare la Grande Guerra 1914-1918 viene subito alla mente come una doppia e lunga linea di trincee dal Tonale Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918 al mare dove i due eserciti si sono affrontati per anni, con tutte le armi allora esistenti, avanzando o ripiegando per qualche centinaio di metri. In molte zone, tuttavia, particolarmente dalla Valsugana alla Carnia, quelle “due trincee” proprio non esistevano, almeno come sistema difensivo “senza soluzione di continuità”: quest’ultimo non poteva esistere perchè l’asperità del terreno non ne avrebbe comunque permessa la realizzazione. Per circa 200 chilometri il fronte presentava un aspetto a fisarmonica, unito talvolta solo da precari capisaldi arroccati su vette proibitive, da caverne scavate sotto una tempesta di granate, da postazioni in bilico su baratri cupi. e, ironia dell a sorte, quei picchi a strapiombo, quelle vette profilate sul cielo di guer- Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918 ra, quelle punte di grigi ghiacciai erano “nelle mani dei nemici”. Bastava un cecchino, cioè un tiratore scelto con il fucile munito di cannocchiale, a difendere un chilometro di linea. Una sola mitragliatrice Schwarzlose bastava a dominare una vallata, un cannoncino da 37 millimetri era sufficiente a fare da controbatteria ai possenti obici italiani da 149 mm. Il fronte della catena del Lagorai era all’epoca impropriamente definito come “Alpe di Fassa” sui rari bollettini di guerra dei due eserciti perchè si faceva iniziare il settore da Cima Bocche e dal Monte Lusia, che guardavano Moena, arrivando alla Valle dell’Avisio ed alla Valsugana. Si trattava di circa cinquantacinque chilometri di creste rocciose; un’emblematica fila di vette strampiombanti sul Vanoi, una muraglia di porfido tecnicamente quasi impredibile con i mezzi di allora. E non va dimenticato che “i mezzi di allora” comprendevano già velivoli da guerra, sia pure di legno e tela, i cannoni più potenti ed anche i gas tossici, dei quali si fece ampio uso specie nel 1917. Una catena montuosa tra i 2.000 ed i 2.500 metri Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918 di quota dove si è strenuamente, quotidianamente combattuto , con il sole che bruciava l’erba dei prati d’estate e “dentro” 5-6 metri di neve in inverno (che qui dura da ottobre a maggio), senza strade, senza servizi, senza copertura, con soli due “centri logistici” sugli opposti versanti: Caoria per l’esercito italiano e Ziano di Fiemme per quello austroungarico. Dieci battaglioni alpini (Feltre, Monrosa, Val Brenta, Val Brenta, Val Cismon, Monte Pavione, Cividale, Monte Matajur, Val Natisone, Monte Arvenis e Val Ta- Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918 gliamento) e la 5a Batteria da Montagna, 2 reggimenti di fanteria (23° e 49°), il 13° Reggimento Bersaglieri e svariati reparti del Genio vi combatterono; a mano a mano ricostituiti, essi continuarono a bruciarsi per poi, dopo Caporetto, ripiegare a fare barriera invalicabile sul Grappa dove il fuoco continuò a mietere giovani vite. Sul Lagorai le ferite di quella guerra, se pur rimarginate, sono, come si è detto, ancora visibili ai nostri giorni. Sul Col San Giovanni, sul Col del Latte, sulle vette del Cauriol e del Cardinal, a forcella Valmaggiore e sul Cece, sui Paradisi, sulla Ceremana e al Colbricon: trincee profonde tagliate nella nuda roccia, camminamenti interminabili, muretti a secco semicrollati, baracchini abbarbicati sugli strapiombi, lamiere contorte ovunque, resti aggrovigliati di reticolati, solide e strette mulattiere lastricate di granito dove i muli, pur con i ramponi di ferro, spesso scivolavano nel burrone portandosi rancio e posta, vino e cartucce, basto e conducente. Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918 In questi luoghi, per anni abbiamo religiosamente raccolto le relique ed i documenti e, dopo tanti anni, ne abbiamo restaurate molte, con amore di Alpini, per poterle offrire all’appassionato ed al neofita, allo studioso ed al turista frettoloso ed ignaro.. Abbiamo così imparato a leggere la storia vissuta quando il cercametalli ci ha fatto ritrovare 4 bossoli di ‘91 e, a pochi passi, 5 bossoli di fucile Steyr, testimoniandoci, fuori da ogni dubbio, che all’alba di un giorno di luglio del 1916 in quell’abetaia si erano scontrate due pattuglie e che sicuramente qualcuno era rimasto ucciso; forse un ragazzo di vent’anni orgoglioso della sua penna nera d’alpino o della sua piuma di gallo cedrone da Kaiserschütze. È il Lagorai che ci ha insegnato come le armi più efficaci fossero le “petriere”, o “Steinlawinen”, cumuli di sassi predisposti su piattaforme lignee in precario equilibrio e destinate a precipitare rovinosamente Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918 sugli assalitori al semplice strappo di una funicella; ed efficaci erano i “ricci”, grovigli di aste d’acciaio appuntite intrecciate assieme e destinate ad essere fatte rotolare dai trampolini di porfido. E sempre il Lagorai ci suggeriva che dove a migliaia si ritrovano le schegge delle bombe a mano Sipe, proprio lì si è combattuto “corpo a corpo”, che dove da decenni giacciono baionette arrugginite non è frutto di fanta- Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918 sia immaginare l’assalto “all’arma bianca”, che lungo tutto questo impressionante Calvario, sono stati crocefissi Alpini e Alpenjäger. Dove tanti eroi non si sono mai potuti chiedere perchè andavano a morire, nè quali limiti potesse avere la parola “Dovere”, noi oggi ritorniamo, pellegrini in umiltà, a cercare briciole di storia per prendere coscienza dei loro sacrifici e per dare solide basi alla Pace cui tutti aneliamo. Dobbiamo imparare che anche nella storia, e non solo nella geografia locale, trova degna collocazione Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918 la trascurata Catena del Lagorai: lungo le aspre creste, ripercorrendo le vecchie mulattiere, il silenzio assoluto ed il senso della pace che ne deriva fanno oggi da incantevole contraltare al frastuono di morte di quel periodo. Qui, con animo sereno, si può recitare una preghiera, magari proprio in vetta Monte Cauriol, sacro a due patrie, ara vittoriosa del Battaglione Alpini Feltre. Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai Caoria (Trento) Nel Museo, gestito dal GRUPPO ALPINI locale, sono custodite le memorie storiche della guerra combattuta sui monti del Lagorai. Uniformi, armi, equipaggiamenti, oggetti personali dei combattenti delle due parti e cimeli di ogni genere ritrovati sulle montagne o conservati dai valligiani nelle soffitte delle case, sono raccolti con grande passione ed esposti per ricordare l’immane tragedia consumata su queste giogaie impenetrabili. La consistente raccolta fotografica permette al Visitatore di rendersi conto anche delle difficili condizioni di vita che i soldati, sia Italiani che Austroungarici, dovettero affrontare per due lunghi anni su queste difficili montagne. Il Museo è visitabile gratuitamente nel periodo estivo dal 14 Giugno al 14 Settembre dalle 14.30 alle 18.30 escluso il lunedì e dalle 20 alle 23 il mercoledì Il museo sarà visitabile anche durante i periodi festivi di Natale e di Pasqua. Per scolaresche e gruppi il Museo potrà essere aperto previo preavviso di almeno un giorno prima. Per informazioni potete contattare il GRUPPO ALPINI DI CAORIA Telefono 0439 710139 - 0439 710182 [email protected] - www.alpinicaoria.it I Nostri Libri 1914 - 1918 TRA LE ROCCE, IL VENTO E LA NEVE “CASI DA GUERA” DELL’ 1914-1916 di LUCA GIROTTO di ADONE BETTEGA e LUCA GIROTTO In questo libro si narrano le vicende che si sono susseguite nella Grande Guerra con riferimento agli avvenimenti militari e anche alle vicende burrascose delle genti del Vanoi e del Primiero. Segue una ricerca dettagliata delle operazioni militari attraverso le testimonianze dei protagonisti. Interessanti le numerose cartine e fotografie sulle quali sono evidenziate le fasi delle battaglie e tracciate le posizioni delle trincee e gli itinerari degli assalti dei due eserciti contrapposti. Caratteristiche del volume 304 pagine - 200 fotografie - formato 17 x 24 17 (IVA inclusa) + 1 di spese postali pagamento su c/c postale N. 1603784 Antonio Rattin “Pici” da Ronco di Canal San Bovo, è un contadino del trentino austroungarico. Con la mobilitazione generale dell’agosto viene richiamato nel III regimento landesschützen del Tirolo.Sui campi di battaglia della Galizia, dove l’orrore delle trincee, dei bombardamenti e degli assalti costituisce il pane quotidiano, egli registra appunti e note che gli serviranno per il suo memoriale. Questo scritto ci cala direttamente nei panni del diarista, portandoci sui campi di battaglia facendoci vivere le angosce, la fame e le sofferenze dell’umile soldato nel terribile conflitto sul fronte russo-galiziano. Caratteristiche del Volume: 116 pagine - 56 fotografie - f.to 17x24 13 (IVA inclusa) + 1 di spese postali pagamento su c/c postale N. 1603784 I N o s t r i Li b r i 1915 - 1918 SULL’ASPRE CIME DEL MONTE CAURIOL FAREMO FARE UN GRAN PASSAPORTO di ALDO LOSS di LUCA GIROTTO Nuovo La guerra del Feltre attraverso le immagini ed i ricordi trasmessi dal cappellano del battaglione. Nel novantesimo anniversario dell’epica conquista del Monte Cauriol, il gruppo Alpini di Caoria ha voluto perpetuare il ricordo dell’impresa simbolo della guerra in montagna sul fronte del Trentino orientale attraverso la valorizzazione delle memorie di Don Luigi Agostini. Caratteristiche del volume 176 pagine - 164 fotografie - formato 17 x 24 Un racconto carico di emozioni e sentimenti, spiegati con una semplicità disarmante, proprio perché raccontati dai sopravvissuti e dalle testimonianza autentiche di chi purtroppo a quegli eventi non è sopravissuto; Dal diario di Loss Francesco “Checchin” internato politico in Italia Caratteristiche del volume 151 pagine - 40 fotografie - formato 17 x 24 L’arte della Tassidermia Animali Selvatici delle valli del Vanoi e Primiero e tecniche di impagliatura. L’arte della Tassidermia Animali Selvatici delle valli del Vanoi e Primiero e tecniche di impagliatura. Dopo tre anni di silenzioso e impegnativo lavoro il Gruppo Alpini Caoria e orgoglioso di presentare, al piano terra di casa Tretti (sotto il Museo della Guerra), la nuova Mostra Permanente dedicata agli animali e alle tecniche della loro conservazione ed esposizione. La mostra è realizzata dal Gruppo Alpini Caoria grazie all’impegno dei volontari e della collaborazione di Giacomo Gaio che ha fornito gran parte del materiale esposto. Tassidermia - La Tecnica del Montaggio - Cenni Storici Tassidermia (greco taxis 'disposizione' e derma, 'pelle'), tecnica che consente di conservare animali morti mantenendone l'aspetto e le dimensioni naturali. Sebbene anch'esso sia volto a evitare la decomposizione dell'organismo, il metodo seguito è molto diverso dai procedimenti di imbalsamazione usati, per esempio, dagli antichi egizi. La Tecnica del Montaggio Dopo aver eseguito accurate misurazioni e osservazioni sul colore e sulle fattezze dell'esemplare, il tassidermista spella l'animale e ne costruisce un manichino di gesso o argilla, che appoggia sullo scheletro o su una copia di quest'ultimo. La tecnica, inventata all'inizio del XX secolo dal naturalista americano Carl Akeley (1864-1926), prevede poi che la pelle venga trattata con soluzioni chimiche, applicata sul manichino e infine ricucita. Il risultato è ancora più realistico se il lavoro viene completato con l'applicazione di occhi di vetro e se si colorano le eventuali parti sbiadite e si spazzola il mantello dell'animale. Per gli uccelli il tassidermista usa solitamente manichini di legno o trucioli pressati ai quali fissa la testa, le zampe e le ali mediante filo metallico. Rettili e anfibi vengono invece riprodotti in gesso, cera o plastica e poi colorati. La realizzazione di copie in materiale sintetico viene preferita anche per i pesci, sebbene al calco vengano talvolta applicate parti vere dell'animale, di solito la coda e le pinne. Cenni Storici L'arte della tassidermia ha origini abbastanza recenti: è infatti legata all'interesse per le scienze naturali che caratterizzò l'Illuminismo. Le rudimentali tecniche del XVIII secolo, basate sull'impagliatura, evolvettero fino a consentire riproduzioni sempre più realistiche: nacque infine la figura del tassidermista, un esperto spesso al servizio dei musei. Il primo importante laboratorio tassidermico fu il Rowland Ward's Ltd., fondato a Londra attorno al 1850. Altri nomi celebri sono la Maison Verreaux di Parigi e il Ward's Natural Science Establishment di Rochester, nello stato di New York. Fu qui che Akeley e altri studiosi misero a punto le tecniche che portarono alla moderna tassidermia. IL cimitero militare italiano di Caoria Il Cimitero Militare di Caoria Cenni storici D urante la Grande Guerra, il conflitto che tra il 1915 ed il 1918 oppose il regno d’Italia all’immenso impero d’Austria-Ungheria si sviluppò lungo un fronte che per centinaia di chilometri correva tra aspre catene montuose e profonde valli. Il Tirolo italiano, l’odiernoTrentino, fu uno dei punti focali dell’immane scontro e nella sua parte orientale la valle del torrente Vanoi, con la circostante catena del Lagorai-Cima d’Asta, fu direttamente coinvolta nei combattimenti. Il Cimitero Militare di Caoria Al momento dell’entrata in guerra dell’Italia, 24 maggio 1915, l’impero austroungarico non disponeva più di forze sufficienti a difendere l’intero Trentino. Questo a causa dell’immane sforzo militare richiesto dai combattimenti sul fronte orientale, ove trovavansi impegnate tutte le pur vaste risorse belliche della duplice monarchia. Gli strateghi asburgici avevano perciò già messo in conto l’immediato abbandono d’ampie zone di confine allo scoppio delle ostilità: la conca di Primiero e la valle del Vanoi erano fra queste. Le scarse truppe austriache disponibili nel Trentino orientale, in tutto circa tremila uomini, sin dalla fine di maggio si trincerarono su una linea che coincideva esattamente con il crinale principale della catena del Lagorai, una successione d’aspre creste, strette forcelle e rocciose cime che si estende per circa 55 chilometri da sudovest a nord-est tra il monte Panarotta e il passo Rolle, e che per caratteristiche orografiche offriva le migliori possibilità di una difesa efficace e durevole. Ultimo insediamento stabile alla testata del torrente Vanoi, dopo l’abbandono austriaco (maggio-giugno 1915) il villaggio di Caoria si trovò per lungo tempo in Il Cimitero Militare di Caoria terra di nessuno. La guerra di pattuglie, con agguati ed imboscate reciproci, si protrasse fino al febbraio 1916, quando gli italiani occuparono stabilmente l’abitato. Nel maggio del ’16 la popolazione, già in parte evacuata forzatamente dagli austriaci, venne allontanata dalle truppe italiane in previsione di un’offensiva nemica che poi non si materializzò in quest’area. Successivamente il fronte si spostò più in quota, verso le creste del Cauriòl, del Gardinàl e della Busa Alta e lì rimase fino alla ritirata italiana conseguente all’offensiva austro-germanica di Caporetto. Per tutto il 1918 Caoria, tornata sotto amministrazione austroungarica e parzialmente rioccupata da una parte della popolazione in precedenza sfollata verso l’Austria, rimase in piena retrovia asburgica e ridiventò, definitivamente, italiana solo alla fine della guerra. Per chi arrivi a Caoria lungo l’odierna strada provinciale da Canal San Bovo, il biglietto da visita del piccolo villaggio è costituito dall’ameno panorama dell’ex-cimitero militare stagliantesi sullo sfondo dell’imponente guglia di monte Cauriol. Collocata in pendenza, a lato della strada, sull’erta scarpata del versante idrografico sinistro del Vanoi, l’area cimiteriale si estende su una superficie di circa 73x27 metri, delimitata da una bassa cinta muraria perimetrale ed articolata su gradoni erbosi successivi sui quali trovavano posto le sepolture individuali. Una cappella in muratura, raggiunta ed aggirata da una scalinata in pietra, ne completa la parte superiore, ma l’elemento più appariscente è senza dubbio l’imponente croce marmorea poggiata su una pirami- Il Cimitero Militare di Caoria de di granito bene in vista della piramide sommitale del Cauriol. Intento evidente del monumento è quello di evocare un paragone con la Santa Croce del monte Calvario e di conseguenza proporre un’analogia tra Cauriòl e Calvario, ovvero tra il sacrificio dei soldati caduti e quello del Cristo crocifisso. Due massicci tumuli in terra e pietra locale, eretti nel dopoguerra, affiancano a destra ed a sinistra la croce/Calvario e conservano tutt’oggi parte dei resti di 92 militari austroungarici ignoti e di 78 ignoti italiani. Il primo nucleo del cimitero militare di Caoria risale all’estate-autunno 1916, successivamente alle grandi battaglie che infuriarono dall’agosto all’ottobre di quell’anno nel corso delle offensive italiane per strappare all’avversario il crinale principale delle “Fassaner Alpen”. Fino ad allora, le regie truppe avevano provveduto a seppellire i loro caduti presso i cimiteri civili di Primiero e di Canal San Bovo; alcune inumazioni erano poi avvenute, e continuavano ad avvenire, anche in piccoli cimiteri occasionali realizzati in quota, appena dietro le prime linee (vedasi il cimitero di Refavaie) o addirittura su di esse. Quando il numero di caduti iniziò ad essere rilevante, e le previsioni delle future Il Cimitero Militare di Caoria offensive lasciavano poco da sperare circa la possibile inversione di questa tendenza, si iniziò a pensare ad un’area cimiteriale apposita presso il villaggio di Caoria che da mesi era ormai sede di comandi e importanti strutture logistiche di alpini, fanteria, genio e sussistenza. Stabilito dalla prima sezione di sanità della Croce Rossa, operante in zona, che quello di Caoria sarebbe stato il cimitero principale del sottosettore Vanoi, i lavori procedettero speditamente ad opera dei militari del Nucleo Ferrari ed il 2 novembre 1916 poteva avvenire l’inaugurazione dell’opera, come ricorda ancor oggi l’iscrizione incisa sul massiccio basamento lapideo della croce all’entrata. Da quel giorno la stragrande maggioranza dei caduti italiani del fronte compreso tra passo Cinque Croci e cima di Cece confluì a Caoria per la definitiva inumazione e parimenti si provvide alla graduale traslazione delle salme già precedentemente ospitate presso il cimitero delle Refavaie e nelle numerose sepolture provvisorie d’alta quota. Trovarono così ospitalità e riposo nel soffice humus del Vanoi gli eroi della conquista e della difesa del monte Cauriol, gli espugnatori del Cardinal e della Busa Alta, caduti tra l’agosto e l’ottobre del 1916, assieme ad alcuni austriaci e perfino qualche germanico che i combattimenti avevano lasciato esanimi nei boschi o sulle vette cadute in mano italiana. Erano spesso gli stessi commilitoni a “personalizzare” Il Cimitero Militare di Caoria le sepolture con lapidi e piccoli monumenti intagliati nel granito, che in molti casi hanno potuto giungere sino a noi. L’occupazione dei terrazzamenti erbosi compresi all’interno della cinta muraria, che all’epoca non si estendeva al di sopra della cappella, procedette lentamente per tutto il 1917, anno durante il quale mancarono gli accaniti e prolungati combattimenti che avevano caratterizzato l’estate precedente. Nel novembre 1917, con l’abbandono del Vanoi da parte italiana in conseguenza del disastro di Caporetto, il cimitero non venne utilizzato dagli avversari tornati padroni della valle poiché in posizione troppo arretrata; la linea del fronte in pochi giorni si era infatti spostata a sud-est, sul massiccio del Grappa. Gli austriaci provvidero tuttavia, per ragioni oggi ignote, alla parziale cancellazione (abrasione) dell’iscrizione originale che ornava la piramide lapidea evocante il Calvario. Successivamente all’armistizio procedettero alacremente sia il lavoro di recupero delle salme italiane ed austriache abbandonate insepolte sulle giogaie del Lagorai (ad opera di apposite sezioni di sanità) sia il graduale svuotamento dei cimiteri d’alta quota; queste attività determinarono la saturazione dell’area cimiteriale, imponendone l’ampliamento: nei primi anni venti venne abbattuto il muro di cinta posteriore, lateralmente alla cappella, per realizzare quattro ulteriori gradoni dei quali solamente tre vennero in seguito utilizzati per le Il Cimitero Militare di Caoria inumazioni. A questa fase appartengono anche i due tumuli eretti sul primo terrazzamento, ai lati della croce lapidea, per accogliere i resti di caduti ignoti distinti solamente dalla nazionalità. Relativamente poche furono nell’immediato dopoguerra le famiglie che vollero o poterono richiedere l’esumazione dei loro cari per portarli nei cimiteri dei paesi d’origine, cosicché al 22 giugno del 1927 presso il cimitero militare di Caoria si censivano ancora ben 620 salme in fossa singola, 10 in fossa comune e 170 (92 austriaci e 78 italiani) nei tumuli all’ingresso. Al settembre 1929 risale l’ultima inumazione, un soldato italiano ignoto proveniente dall’alpe Miesnotta. Con la decisione, presa dal regime fascista, di concentrare il maggior numero possibile di caduti in pochi grandi ossari monumentali, a scopo celebrativo/ commemorativo sì, ma anche per ovviare all’impossibilità di mantenere decorosamente le centinaia di cimiterini sparsi per monti e valli, si giunse all’esumazione generale del maggio 1935. Dal 2 al 15 di quel mese si procedette dunque al recupero ed alla traslazione di oltre settecento salme: tredici giorni non furono però sufficienti per un lavoro accurato, tanto che sondaggi recenti sui luoghi delle sepolture individuali hanno rivelato la possibilità che alcune di quelle spoglie mortali giacciano ancora nella terra sassosa di quell’angolo di Vanoi. Il graduale abbandono nel quale scivolò l’area cimiteriale nei decenni successivi alla sua dismissione, nonostante alcuni sporadici interventi di consolidamento della cappella e di riduzione della sempre più invadente vegetazione arborea, si protrasse fino agli inizi degli anni novanta del secolo appena trascorso. Il risveglio d’interesse per i lontani avvenimenti bellici e per le vicende delle popolazioni dell’area, registrato dopo il 1995, ha favorito un ritorno d’attenzione verso questo Il Cimitero Militare di Caoria “luogo della memoria” che a partire dal 1997 è stato al centro dei progetti di recupero elaborati dal Gruppo Alpini di Caoria in collaborazione con il comune di Canal San Bovo e con varie articolazioni dell’amministrazione provinciale di Trento. Il risultato di quest’ultimo quinquennio di attività, nella quale il volontariato ha avuto un ruolo fondamentale, è la sistemazione dell’impianto cimiteriale originale con l’individuazione delle sepolture nominative, alle quali è stata nuovamente attribuita, ove esistente, la lapide originaria restaurata; nei casi, la maggioranza, in cui non sia stato possibile reperire la lapide, il cippo o il monumento funebre, la personalizzazione della sepoltura è stata realizzata mediante una croce metallica sulla quale una targhetta in materiale ceramico riporta i dati noti del militare ivi originariamente sepolto. È stato provveduto pure al ripristino dell’apparato monumentale costituito dal complesso croce/Calvario, dalla cappella votiva, dalle cancellate metalliche e dalla recinzione muraria d’epoca, così da esaltare ulteriormente il significato simbolico dell’insieme. Ma l’attività di recupero e ripristino ha permesso di appurare che non solamente simbolico è il valore dell’opera: come tra le zolle dei gradoni erbosi ancora oggi giacciono numerose le ossa dei sepolti noti ed individuabili, così anche al di sotto dei due alti tumuli posti lateralmente alla croce d’ingresso le spoglie dei soldati ignoti, austriaci ed italiani, riposano serenamente nella rinnovata pace cui fungono da guardie d’onore i severi pinnacoli del Cauriòl e del Gardinàl. TALENTINO FERRUCCIO ANTONIO Il Cimitero Militare di Caoria da Madrid (Spagna), Sottotenente alla memoria “Si offriva, spontaneamente, per condurre alla conquista di una formidabile posizione montana un plotone che, nel tentare quell’impresa quasi fantastica aveva perduto il proprio comandante e parecchi gregari, rimasti schiacciati dai maccigni fatti rotolare dall’alto e dalle mine fatte brillare dal nemico. La perdita di uomini a lui vicini nella preparazione dell’attacco non affievoliva il suo generoso slancio; scalata la posizione, superando rocce quasi a picco con l’aiuto di funi, sotto il tiro incrociato delle mitragliatrici e getto di bombe, si slanciava eroicamente all’attacco, alla testa dei suoi. Balzato per primo nella trincea avversaria, difesa da una compagnia di kaiserjäger, con sommo disprezzo del pericolo e leonino coraggio impegnava una lotta corpo a corpo, finchè cadeva colpito a morte. Eroico sacrificio che valse a condurre il resto delle truppe alla vittoria con la conquista di quelle importanti posizioni.” Monte Busa Alta, 5-6 ottobre 1916. Medaglia d’oro al valore militare con il patrocinio del Consiglio Regionale Trentino - Südtirol INFO MUSEO STORICO DELLA GRANDE GUERRA c/o Gruppo ANA Caoria - Via Ghiaie - 38050 CAORIA (TN) [email protected] www.alpinicaoria.it aperto in stagione (giugno-settembre) tutti i pomeriggi. Per aperture straordinarie contattare il 0439 710139 o il 0439 710182