Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918
L
a grande Guerra combattuta tra il 1914 ed il
1918 su innumerevoli fronti, fu il primo conflitto nella storia umana a raggiungere dimensioni veramente mondiali. Per moltissimi italiani, e
soprattutto per ogni alpino, qualunque breve riflessione sulla prima guerra mondiale richiama alla memoria nomi luoghi ormai indissolubilmente legati
alla storia Nazionale, scritti con il sangue di innumerevoli soldati: monti come il Grappa, il Pasubio, l’
Ortigara, le Tofane, l’Adamello o il monte Nero; fiumi
come il Piave e l’Isonzo, o altipiani come quello dei
Sette Comuni o il Carso. Ma altri luoghi, forse meno
noti e tuttavia non meno importanti per le schiere di
Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918
uomini che per essi combatterono uccisero e morirono testimoniarono muti alle alterne vicende della
“inutile strage” e di essa recano ancora le indelebili cicatrici. A questa categoria di campi di battaglia
semiscosciuti apparteneva fino a qualche anno fa
la catena montuosa del Lagorai: le Fassaner Alpen”
dell’imperialregia cartografia austroungarica.
Il risveglio di interesse registrato negli ultimi dieci
anni per le vicende della Grande Guerra in montagna
ha determinato anche nel piccolo paese di Caoria la
nascita di un’iniziativa tesa a documentare obiettivamente, sia pure con mezzi limitati, questo avvenimento di portata mondiale. Con la realizzazione del
Museo Storico della Grande Guerra di cui trattiamo,
il Gruppo alpini di Caoria non poteva certamente
permettersi di spaziare sull’intero vastissimo arco
del fronte dal Passo dello Stelvio al mare Adriatico. Ci
si è quindi limitati a raccogliere svariate testimonianze materiali, iconografiche e bibliografiche dell’immane conflitto in un settore di “guerra dimenticata”
Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918
se non proprio misconosciuta, con l’intendimento di
aggiungere una tessera al mosaico che eminenti storiografi stanno ancora faticosamente ricostruendo. È
una proposta di meditazione che ci si augura giovi a
questa e alle future generazioni affinchè si tengano
lontane da tremende tentazioni e, ragionando, sappiano prepararsi a vivere con quella onestà che non
può dimenticare le tremende esperienze dei padri;
una meditazione che non rinneghi con soluzioni facili il passato eroico del quale il “Dovere” è stato il
principio di vita e coscienza, perchè anche oggi come
in futuro ci sarà sempre un “Dovere “ da compiere.
Per i non addetti ai lavori e per i giovani in particolare
la Grande Guerra 1914-1918 viene subito alla mente
come una doppia e lunga linea di trincee dal Tonale
Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918
al mare dove i due eserciti si sono affrontati per anni,
con tutte le armi allora esistenti, avanzando o ripiegando per qualche centinaio di metri. In molte zone,
tuttavia, particolarmente dalla Valsugana alla Carnia,
quelle “due trincee” proprio non esistevano, almeno
come sistema difensivo “senza soluzione di continuità”: quest’ultimo non poteva esistere perchè l’asperità del terreno non ne avrebbe comunque permessa
la realizzazione. Per circa 200 chilometri il fronte
presentava un aspetto a fisarmonica, unito talvolta
solo da precari capisaldi arroccati su vette proibitive,
da caverne scavate sotto una tempesta di granate,
da postazioni in
bilico su baratri
cupi. e, ironia dell a
sorte, quei picchi
a strapiombo,
quelle
vette
profilate sul
cielo di guer-
Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918
ra, quelle punte di grigi ghiacciai erano “nelle mani
dei nemici”. Bastava un cecchino, cioè un tiratore
scelto con il fucile munito di cannocchiale, a difendere un chilometro di linea. Una sola mitragliatrice Schwarzlose bastava a dominare una vallata, un
cannoncino da 37 millimetri era sufficiente a fare da
controbatteria ai possenti obici italiani da 149 mm.
Il fronte della catena del Lagorai era all’epoca impropriamente definito come “Alpe di Fassa” sui rari bollettini di guerra dei due eserciti perchè si faceva iniziare il settore da Cima Bocche e dal Monte Lusia, che
guardavano Moena, arrivando alla Valle dell’Avisio ed
alla Valsugana. Si trattava di circa cinquantacinque
chilometri di creste rocciose; un’emblematica fila
di vette strampiombanti sul Vanoi, una muraglia di
porfido tecnicamente quasi impredibile con i mezzi
di allora. E non va dimenticato che “i mezzi di allora” comprendevano già velivoli da guerra, sia pure
di legno e tela, i cannoni più potenti ed anche i gas
tossici, dei quali si fece ampio uso specie nel 1917.
Una catena montuosa tra i 2.000 ed i 2.500 metri
Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918
di quota dove si è strenuamente, quotidianamente
combattuto , con il sole che bruciava l’erba dei prati
d’estate e “dentro” 5-6 metri di neve in inverno (che
qui dura da ottobre a maggio), senza strade, senza
servizi, senza copertura, con soli due “centri logistici” sugli opposti versanti: Caoria per l’esercito italiano e Ziano di Fiemme per quello austroungarico.
Dieci battaglioni alpini (Feltre, Monrosa, Val Brenta,
Val Brenta, Val Cismon, Monte Pavione, Cividale,
Monte Matajur, Val Natisone, Monte Arvenis e Val Ta-
Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918
gliamento) e la 5a Batteria da Montagna, 2 reggimenti
di fanteria (23° e 49°), il 13° Reggimento Bersaglieri
e svariati reparti del Genio vi combatterono; a mano
a mano ricostituiti, essi continuarono a bruciarsi per
poi, dopo Caporetto, ripiegare a fare barriera invalicabile sul Grappa dove il fuoco continuò a mietere
giovani vite. Sul Lagorai le ferite di quella guerra, se
pur rimarginate, sono, come si è detto, ancora visibili ai nostri giorni. Sul Col San Giovanni, sul Col del
Latte, sulle vette del Cauriol e del Cardinal, a forcella
Valmaggiore e sul Cece, sui Paradisi, sulla Ceremana
e al Colbricon: trincee profonde tagliate nella nuda
roccia, camminamenti interminabili, muretti a secco
semicrollati, baracchini abbarbicati sugli strapiombi,
lamiere contorte ovunque, resti aggrovigliati di reticolati, solide e strette mulattiere lastricate di granito
dove i muli, pur con i ramponi di ferro, spesso scivolavano nel burrone portandosi rancio e posta, vino e
cartucce, basto e conducente.
Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918
In questi luoghi, per anni abbiamo religiosamente
raccolto le relique ed i documenti e, dopo tanti anni,
ne abbiamo restaurate molte, con amore di Alpini,
per poterle offrire all’appassionato ed al neofita, allo
studioso ed al turista frettoloso ed ignaro.. Abbiamo
così imparato a leggere la storia vissuta quando il
cercametalli ci ha fatto ritrovare 4 bossoli di ‘91 e, a
pochi passi, 5 bossoli di fucile Steyr, testimoniandoci,
fuori da ogni dubbio, che all’alba di un giorno di luglio del 1916 in quell’abetaia si erano scontrate due
pattuglie e che sicuramente qualcuno era rimasto
ucciso; forse un ragazzo di vent’anni orgoglioso della
sua penna nera d’alpino o della sua piuma di gallo
cedrone da Kaiserschütze.
È il Lagorai che ci ha insegnato come le armi più efficaci fossero le “petriere”, o “Steinlawinen”, cumuli
di sassi predisposti su piattaforme lignee in precario
equilibrio e destinate a precipitare rovinosamente
Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918
sugli assalitori al semplice strappo di una funicella;
ed efficaci erano i “ricci”, grovigli di aste d’acciaio
appuntite intrecciate assieme e destinate ad essere
fatte rotolare dai trampolini di porfido. E sempre il
Lagorai ci suggeriva che dove a migliaia si ritrovano
le schegge delle bombe a mano Sipe, proprio lì si è
combattuto “corpo a corpo”, che dove da decenni
giacciono baionette arrugginite non è frutto di fanta-
Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918
sia immaginare l’assalto “all’arma bianca”, che lungo tutto questo impressionante Calvario, sono stati
crocefissi Alpini e Alpenjäger.
Dove tanti eroi non si sono mai potuti chiedere perchè andavano a morire, nè quali limiti potesse avere
la parola “Dovere”, noi oggi ritorniamo, pellegrini
in umiltà, a cercare briciole di storia per prendere
coscienza dei loro sacrifici e per dare solide basi alla
Pace cui tutti aneliamo.
Dobbiamo imparare che anche nella storia, e non
solo nella geografia locale, trova degna collocazione
Museo Storico della Grande Guerra sul Lagorai 1914-1918
la trascurata Catena del Lagorai: lungo le aspre creste, ripercorrendo le vecchie mulattiere, il silenzio
assoluto ed il senso della pace che ne deriva fanno
oggi da incantevole contraltare al frastuono di morte
di quel periodo. Qui, con animo sereno, si può recitare una preghiera, magari proprio in vetta Monte
Cauriol, sacro a due patrie, ara vittoriosa del Battaglione Alpini Feltre.
Museo Storico della Grande Guerra
sul Lagorai Caoria (Trento)
Nel Museo, gestito dal GRUPPO ALPINI locale, sono custodite
le memorie storiche della guerra combattuta sui monti del
Lagorai. Uniformi, armi, equipaggiamenti, oggetti personali dei
combattenti delle due parti e cimeli di ogni genere ritrovati sulle
montagne o conservati dai valligiani nelle soffitte delle case, sono
raccolti con grande passione ed esposti per ricordare l’immane tragedia consumata
su queste giogaie impenetrabili.
La consistente raccolta fotografica permette al Visitatore di rendersi conto anche
delle difficili condizioni di vita che i soldati, sia Italiani che Austroungarici, dovettero affrontare per due lunghi anni su queste difficili montagne.
Il Museo è visitabile gratuitamente nel periodo estivo dal 14 Giugno al 14 Settembre
dalle 14.30 alle 18.30 escluso il lunedì e dalle 20 alle 23 il mercoledì
Il museo sarà visitabile anche durante i periodi festivi di Natale e di Pasqua. Per
scolaresche e gruppi il Museo potrà essere aperto previo preavviso di almeno un
giorno prima.
Per informazioni potete contattare il GRUPPO ALPINI DI CAORIA
Telefono 0439 710139 - 0439 710182
[email protected] - www.alpinicaoria.it
I Nostri Libri
1914 - 1918
TRA LE ROCCE,
IL VENTO E LA NEVE
“CASI DA GUERA”
DELL’ 1914-1916
di LUCA GIROTTO
di ADONE BETTEGA
e LUCA GIROTTO
In questo libro si narrano le vicende
che si sono susseguite nella Grande Guerra con riferimento agli avvenimenti militari e anche alle vicende
burrascose delle genti del Vanoi e
del Primiero. Segue una ricerca
dettagliata delle operazioni militari
attraverso le testimonianze dei protagonisti. Interessanti le numerose
cartine e fotografie sulle quali sono
evidenziate le fasi delle battaglie e
tracciate le posizioni delle trincee
e gli itinerari degli assalti dei due
eserciti contrapposti.
Caratteristiche del volume
304 pagine - 200 fotografie - formato 17 x 24
 17 (IVA inclusa) +  1 di spese postali
pagamento su c/c postale N. 1603784
Antonio Rattin “Pici” da Ronco di
Canal San Bovo, è un contadino
del trentino austroungarico. Con la
mobilitazione generale dell’agosto
viene richiamato nel III regimento
landesschützen del Tirolo.Sui campi di battaglia della Galizia, dove
l’orrore delle trincee, dei bombardamenti e degli assalti costituisce
il pane quotidiano, egli registra
appunti e note che gli serviranno
per il suo memoriale. Questo scritto
ci cala direttamente nei panni del
diarista, portandoci sui campi di
battaglia facendoci vivere le angosce, la fame e le sofferenze dell’umile soldato nel terribile conflitto
sul fronte russo-galiziano.
Caratteristiche del Volume:
116 pagine - 56 fotografie - f.to 17x24
 13 (IVA inclusa) +  1 di spese postali
pagamento su c/c postale N. 1603784
I N o s t r i Li b r i
1915 - 1918
SULL’ASPRE CIME
DEL MONTE CAURIOL
FAREMO FARE UN
GRAN PASSAPORTO
di ALDO LOSS
di LUCA GIROTTO
Nuovo
La guerra del Feltre attraverso
le immagini ed i ricordi trasmessi
dal cappellano del battaglione.
Nel novantesimo anniversario
dell’epica conquista del Monte
Cauriol, il gruppo Alpini di Caoria
ha voluto perpetuare il ricordo
dell’impresa simbolo della guerra in montagna sul fronte del
Trentino orientale attraverso la
valorizzazione delle memorie di
Don Luigi Agostini.
Caratteristiche del volume
176 pagine - 164 fotografie - formato 17 x 24
Un racconto carico di emozioni e
sentimenti, spiegati con una semplicità disarmante, proprio perché
raccontati dai sopravvissuti e
dalle testimonianza autentiche
di chi purtroppo a quegli eventi
non è sopravissuto;
Dal diario
di Loss Francesco “Checchin”
internato politico in Italia
Caratteristiche del volume
151 pagine - 40 fotografie - formato 17 x 24
L’arte della Tassidermia
Animali Selvatici
delle valli del Vanoi
e Primiero
e tecniche di impagliatura.
L’arte della Tassidermia
Animali Selvatici
delle valli del Vanoi e Primiero
e tecniche di impagliatura.
Dopo tre anni di silenzioso e impegnativo lavoro il
Gruppo Alpini Caoria e orgoglioso di presentare, al piano terra di casa Tretti (sotto il Museo della Guerra), la
nuova Mostra Permanente dedicata agli animali e alle
tecniche della loro conservazione ed esposizione.
La mostra è realizzata
dal Gruppo Alpini Caoria
grazie all’impegno dei volontari
e della collaborazione di Giacomo Gaio
che ha fornito gran parte del materiale esposto.
Tassidermia - La Tecnica del Montaggio - Cenni Storici
Tassidermia
(greco taxis 'disposizione' e derma, 'pelle'), tecnica che consente di conservare animali morti mantenendone l'aspetto e le
dimensioni naturali. Sebbene anch'esso sia volto a evitare la
decomposizione dell'organismo, il metodo seguito è molto diverso dai procedimenti di imbalsamazione usati, per esempio,
dagli antichi egizi.
La Tecnica del Montaggio
Dopo aver eseguito accurate misurazioni e osservazioni sul
colore e sulle fattezze dell'esemplare, il tassidermista spella
l'animale e ne costruisce un manichino di gesso o argilla, che
appoggia sullo scheletro o su una copia di quest'ultimo.
La tecnica, inventata all'inizio del XX secolo dal naturalista americano Carl Akeley (1864-1926), prevede poi che la pelle venga
trattata con soluzioni chimiche, applicata sul manichino e infine ricucita. Il risultato è ancora più realistico se il lavoro viene
completato con l'applicazione di occhi di vetro e se si colorano
le eventuali parti sbiadite e si spazzola il mantello dell'animale.
Per gli uccelli il tassidermista usa solitamente manichini di legno o trucioli pressati ai quali fissa la testa, le zampe e le ali mediante filo metallico. Rettili e anfibi vengono invece riprodotti in
gesso, cera o plastica e poi colorati. La realizzazione di copie in
materiale sintetico viene preferita anche per i pesci, sebbene al
calco vengano talvolta applicate parti vere dell'animale, di solito
la coda e le pinne.
Cenni Storici
L'arte della tassidermia ha origini abbastanza recenti: è infatti
legata all'interesse per le scienze naturali che caratterizzò l'Illuminismo. Le rudimentali tecniche del XVIII secolo, basate
sull'impagliatura, evolvettero fino a consentire riproduzioni
sempre più realistiche: nacque infine la figura del tassidermista, un esperto spesso al servizio dei musei. Il primo importante laboratorio tassidermico fu il Rowland Ward's Ltd., fondato
a Londra attorno al 1850. Altri nomi celebri sono la Maison
Verreaux di Parigi e il Ward's Natural Science Establishment di
Rochester, nello stato di New York. Fu qui che Akeley e altri studiosi misero a punto le tecniche che portarono alla moderna
tassidermia.
IL cimitero militare italiano
di Caoria
Il Cimitero Militare di Caoria
Cenni storici
D
urante la Grande Guerra, il conflitto che tra il 1915
ed il 1918 oppose il regno d’Italia all’immenso
impero d’Austria-Ungheria si sviluppò lungo un fronte
che per centinaia di chilometri correva tra aspre catene
montuose e profonde valli. Il Tirolo italiano, l’odiernoTrentino, fu uno dei punti focali dell’immane scontro
e nella sua parte orientale la valle del torrente Vanoi,
con la circostante catena del Lagorai-Cima d’Asta, fu
direttamente coinvolta nei combattimenti.
Il Cimitero Militare di Caoria
Al momento dell’entrata in guerra dell’Italia, 24 maggio 1915, l’impero austroungarico non disponeva più
di forze sufficienti a difendere l’intero Trentino.
Questo a causa dell’immane sforzo militare richiesto
dai combattimenti sul fronte orientale, ove trovavansi
impegnate tutte le pur vaste risorse belliche della duplice monarchia. Gli strateghi asburgici avevano perciò
già messo in conto l’immediato abbandono d’ampie
zone di confine allo scoppio delle ostilità: la conca di
Primiero e la valle del Vanoi erano fra queste. Le scarse
truppe austriache disponibili nel Trentino orientale, in
tutto circa tremila uomini, sin dalla fine di maggio si
trincerarono su una linea che coincideva esattamente
con il crinale principale della catena del Lagorai, una
successione d’aspre creste, strette forcelle e rocciose
cime che si estende per circa 55 chilometri da sudovest a nord-est tra il monte Panarotta e il passo Rolle,
e che per caratteristiche orografiche offriva le migliori
possibilità di una difesa efficace e durevole.
Ultimo insediamento stabile alla testata del torrente
Vanoi, dopo l’abbandono austriaco (maggio-giugno
1915) il villaggio di Caoria si trovò per lungo tempo in
Il Cimitero Militare di Caoria
terra di nessuno. La guerra di pattuglie, con agguati ed
imboscate reciproci, si protrasse fino al febbraio 1916,
quando gli italiani occuparono stabilmente l’abitato.
Nel maggio del ’16 la popolazione, già in parte evacuata
forzatamente dagli austriaci, venne allontanata dalle
truppe italiane in previsione di un’offensiva nemica
che poi non si materializzò in quest’area. Successivamente il fronte si spostò più in quota, verso le creste
del Cauriòl, del Gardinàl e della Busa Alta e lì rimase
fino alla ritirata italiana conseguente all’offensiva austro-germanica di Caporetto. Per tutto il 1918 Caoria,
tornata sotto amministrazione austroungarica e parzialmente rioccupata da una parte della popolazione
in precedenza sfollata verso l’Austria, rimase in piena
retrovia asburgica e ridiventò, definitivamente, italiana solo alla fine della guerra. Per chi arrivi a Caoria
lungo l’odierna strada provinciale da Canal San Bovo,
il biglietto da visita del piccolo villaggio è costituito
dall’ameno panorama dell’ex-cimitero militare stagliantesi sullo sfondo dell’imponente guglia di monte
Cauriol. Collocata in pendenza, a lato della strada,
sull’erta scarpata del versante idrografico sinistro del
Vanoi, l’area cimiteriale si estende su una superficie
di circa 73x27 metri, delimitata da una bassa cinta
muraria perimetrale ed articolata su gradoni erbosi
successivi sui quali trovavano posto le sepolture individuali. Una cappella in muratura, raggiunta ed aggirata
da una scalinata in
pietra, ne completa la parte superiore, ma l’elemento
più appariscente
è senza dubbio
l’imponente croce
marmorea poggiata su una pirami-
Il Cimitero Militare di Caoria
de di granito bene in
vista della piramide
sommitale del Cauriol.
Intento evidente del
monumento è quello
di evocare un paragone con la Santa Croce
del monte Calvario e
di conseguenza proporre un’analogia tra Cauriòl e
Calvario, ovvero tra il sacrificio dei soldati caduti e
quello del Cristo crocifisso. Due massicci tumuli in
terra e pietra locale, eretti nel dopoguerra, affiancano
a destra ed a sinistra la croce/Calvario e conservano
tutt’oggi parte dei resti di 92 militari austroungarici
ignoti e di 78 ignoti italiani.
Il primo nucleo del cimitero militare di Caoria risale
all’estate-autunno 1916, successivamente alle grandi
battaglie che infuriarono dall’agosto all’ottobre di
quell’anno nel corso delle offensive italiane per strappare all’avversario il crinale principale delle “Fassaner
Alpen”. Fino ad allora, le regie truppe avevano provveduto a seppellire i loro caduti presso i cimiteri civili
di Primiero e di Canal San Bovo; alcune inumazioni
erano poi avvenute, e
continuavano ad avvenire, anche in piccoli
cimiteri occasionali
realizzati in quota,
appena dietro le prime linee (vedasi il
cimitero di Refavaie) o
addirittura su di esse.
Quando il numero di
caduti iniziò ad essere rilevante, e le
previsioni delle future
Il Cimitero Militare di Caoria
offensive lasciavano poco da sperare circa la possibile
inversione di questa tendenza, si iniziò a pensare ad
un’area cimiteriale apposita presso il villaggio di Caoria
che da mesi era ormai sede di comandi e importanti
strutture logistiche di alpini, fanteria, genio e sussistenza. Stabilito dalla prima sezione di sanità della
Croce Rossa, operante in zona, che quello di Caoria
sarebbe stato il cimitero principale del sottosettore
Vanoi, i lavori procedettero speditamente ad opera
dei militari del Nucleo Ferrari ed il 2 novembre 1916
poteva avvenire l’inaugurazione dell’opera, come
ricorda ancor oggi l’iscrizione incisa sul massiccio
basamento lapideo della croce all’entrata. Da quel
giorno la stragrande maggioranza dei caduti italiani
del fronte compreso tra passo Cinque Croci e cima di
Cece confluì a Caoria per la definitiva inumazione e
parimenti si provvide alla graduale traslazione delle
salme già precedentemente ospitate presso il cimitero
delle Refavaie e nelle numerose sepolture provvisorie
d’alta quota. Trovarono così ospitalità e riposo nel
soffice humus del Vanoi gli eroi della conquista e della
difesa del monte Cauriol, gli espugnatori del Cardinal
e della Busa Alta, caduti tra l’agosto e l’ottobre del
1916, assieme ad alcuni austriaci e perfino qualche
germanico che i combattimenti avevano lasciato esanimi nei boschi o sulle vette cadute in mano italiana.
Erano spesso gli stessi commilitoni a “personalizzare”
Il Cimitero Militare di Caoria
le sepolture con lapidi e piccoli monumenti intagliati
nel granito, che in molti casi hanno potuto giungere
sino a noi. L’occupazione dei terrazzamenti erbosi
compresi all’interno della cinta muraria, che all’epoca
non si estendeva al di sopra della cappella, procedette
lentamente per tutto il 1917, anno durante il quale
mancarono gli accaniti e prolungati combattimenti che
avevano caratterizzato l’estate precedente.
Nel novembre 1917, con l’abbandono del Vanoi da
parte italiana in conseguenza del disastro di Caporetto, il cimitero non venne utilizzato dagli avversari
tornati padroni della valle poiché in posizione troppo
arretrata; la linea del fronte in pochi giorni si era infatti spostata a sud-est, sul massiccio del Grappa. Gli
austriaci provvidero tuttavia, per ragioni oggi ignote,
alla parziale cancellazione (abrasione) dell’iscrizione
originale che ornava la piramide lapidea evocante il
Calvario. Successivamente all’armistizio procedettero
alacremente sia il lavoro di recupero delle salme italiane ed austriache abbandonate insepolte sulle giogaie
del Lagorai (ad opera di apposite sezioni di sanità)
sia il graduale svuotamento dei cimiteri d’alta quota;
queste attività determinarono la saturazione dell’area
cimiteriale, imponendone l’ampliamento: nei primi
anni venti venne
abbattuto il muro
di cinta posteriore,
lateralmente alla
cappella, per realizzare quattro ulteriori gradoni dei
quali solamente tre
vennero in seguito utilizzati per le
Il Cimitero Militare di Caoria
inumazioni. A questa fase appartengono anche i due
tumuli eretti sul primo terrazzamento, ai lati della
croce lapidea, per accogliere i resti di caduti ignoti
distinti solamente dalla nazionalità.
Relativamente poche furono nell’immediato dopoguerra le famiglie che vollero o poterono richiedere
l’esumazione dei loro cari per portarli nei cimiteri dei
paesi d’origine, cosicché al 22 giugno del 1927 presso
il cimitero militare di Caoria si censivano ancora ben
620 salme in fossa singola, 10 in fossa comune e 170
(92 austriaci e 78 italiani) nei tumuli all’ingresso.
Al settembre 1929 risale l’ultima inumazione, un soldato italiano ignoto proveniente dall’alpe Miesnotta.
Con la decisione, presa dal regime fascista, di concentrare il maggior numero possibile di caduti in pochi
grandi ossari monumentali, a scopo celebrativo/
commemorativo sì, ma anche per ovviare all’impossibilità di mantenere decorosamente le centinaia
di cimiterini sparsi per monti e valli, si giunse all’esumazione generale del maggio 1935.
Dal 2 al 15 di quel mese si procedette dunque al recupero ed alla traslazione di oltre settecento salme:
tredici giorni non furono però sufficienti per un lavoro
accurato, tanto che sondaggi recenti sui luoghi delle
sepolture individuali hanno rivelato la possibilità che
alcune di quelle spoglie mortali giacciano ancora nella terra sassosa di quell’angolo di Vanoi. Il graduale
abbandono nel quale scivolò l’area cimiteriale nei
decenni successivi alla sua dismissione, nonostante
alcuni sporadici interventi di consolidamento della
cappella e di riduzione della sempre più invadente
vegetazione arborea, si protrasse fino agli inizi degli
anni novanta del secolo appena trascorso. Il risveglio
d’interesse per i lontani avvenimenti bellici e per le
vicende delle popolazioni dell’area, registrato dopo il
1995, ha favorito un ritorno d’attenzione verso questo
Il Cimitero Militare di Caoria
“luogo della memoria” che a partire dal 1997 è stato
al centro dei progetti di recupero elaborati dal Gruppo
Alpini di Caoria in collaborazione con il comune di
Canal San Bovo e con varie articolazioni dell’amministrazione provinciale di Trento.
Il risultato di quest’ultimo quinquennio di attività,
nella quale il volontariato ha avuto un ruolo fondamentale, è la sistemazione dell’impianto cimiteriale
originale con l’individuazione delle sepolture nominative, alle quali è stata nuovamente attribuita, ove
esistente, la lapide originaria restaurata; nei casi, la
maggioranza, in cui non sia stato possibile reperire la
lapide, il cippo o il monumento funebre, la personalizzazione della sepoltura è stata realizzata mediante
una croce metallica sulla quale una targhetta in
materiale ceramico riporta i dati noti del militare ivi
originariamente sepolto.
È stato provveduto pure al ripristino dell’apparato monumentale costituito dal complesso croce/Calvario,
dalla cappella votiva, dalle cancellate metalliche e dalla
recinzione muraria d’epoca, così da esaltare ulteriormente il significato simbolico dell’insieme.
Ma l’attività di recupero e ripristino ha permesso di
appurare che non solamente simbolico è il valore
dell’opera: come tra le zolle dei gradoni erbosi ancora
oggi giacciono numerose le ossa dei sepolti noti ed
individuabili, così anche al di sotto dei due alti tumuli
posti lateralmente alla croce d’ingresso le spoglie dei
soldati ignoti, austriaci ed italiani, riposano serenamente nella rinnovata pace cui fungono da guardie
d’onore i severi pinnacoli del Cauriòl e del Gardinàl.
TALENTINO FERRUCCIO ANTONIO
Il Cimitero Militare di Caoria
da Madrid (Spagna), Sottotenente
alla memoria
“Si offriva, spontaneamente, per
condurre alla conquista di una
formidabile posizione montana un plotone che, nel tentare
quell’impresa quasi fantastica
aveva perduto il proprio comandante e parecchi gregari, rimasti
schiacciati
dai maccigni
fatti rotolare
dall’alto e dalle
mine fatte brillare dal nemico. La perdita di
uomini a lui vicini nella preparazione dell’attacco non affievoliva il suo generoso slancio;
scalata la posizione, superando rocce quasi
a picco con l’aiuto di funi, sotto il tiro incrociato delle mitragliatrici e getto di bombe,
si slanciava eroicamente
all’attacco, alla testa dei
suoi. Balzato per primo
nella trincea avversaria,
difesa da una compagnia
di kaiserjäger, con sommo disprezzo del pericolo e leonino coraggio
impegnava una lotta corpo a corpo, finchè
cadeva colpito a morte. Eroico sacrificio che
valse a condurre il resto delle truppe alla vittoria con la conquista di quelle importanti
posizioni.”
Monte Busa Alta, 5-6 ottobre 1916.
Medaglia d’oro al valore militare
con il patrocinio del
Consiglio Regionale Trentino - Südtirol
INFO
MUSEO STORICO DELLA GRANDE GUERRA
c/o Gruppo ANA Caoria - Via Ghiaie - 38050 CAORIA (TN)
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www.alpinicaoria.it
aperto in stagione (giugno-settembre) tutti i pomeriggi.
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L`arte della Tassidermia - Gruppo Alpini di Caoria