Club dei 27 Gruppo Appassionati Verdiani Giuseppe Verdi Il trovatore Dramma in quattro atti e otto quadri, su libretto di Salvatore Cammarano, tratto dalla tragedia El Trovador di Antonio García Gutiérrez Prima rappresentazione: Roma, Teatro Apollo, 19 gennaio 1853 Il Trovatore PERSONAGGI IL CONTE DI LUNA LEONORA AZUCENA MANRICO FERRANDO INES RUIZ UN VECCHIO ZINGARO UN MESSO Baritono Soprano Mezzosoprano Tenore Basso Soprano Tenore Basso Tenore Compagne di Leonora e religiose, familiari del conte, uomini d’arme, zingari e zingare L’avvenimento ha luogo parte in Biscaglia, parte in Aragona Epoca dell’azione: il principio del secolo XV PARTE PRIMA Il Duello SCENA I Atrio nel palazzo dell’Aliaferia. Da un lato, porta che mette agli appartamenti del Conte di Luna. Ferrando e molti Familiari del Conte che giacciono presso la porta; alcuni Uomini d’arme passeggiano in fondo. FERRANDO (ai Familiari vicini ad assopirsi) All’erta, all’erta! Il Conte N’è d’uopo attender vigilando; ed egli Talor presso i veroni Della sua cara, intere Passa le notti. FAMILIARI Gelosia le fiere Serpi gli avventa in petto! FERRANDO Nel Trovator, che dai giardini move Notturno il canto, d’un rivale a dritto Ei teme. FAMILIARI Dalle gravi Palpebre il sonno a discacciar, la vera Storia ci narra di Garzia, germano Al nostro Conte. FERRANDO La dirò: venite intorno a me. (I Familiari eseguiscono) ARMIGERI (accostandosi pur essi) Noi pure... FAMILIARI Udite, udite. (Tutti accerchiano Ferrando) FERRANDO Di due figli vivea padre beato Il buon Conte di Luna: Fida nutrice del secondo nato Dormia presso la cuna. Sul romper dell’aurora un bel mattino Ella dischiude i rai; E chi trova d’accanto a quel bambino? CORO Chi?... Favella... Chi? Chi mai? FERRANDO Abbietta zingara, fosca vegliarda! Cingeva i simboli di una maliarda! E sul fanciullo, con viso arcigno, L’occhio affiggeva torvo, sanguigno!... D’orror compresa è la nutrice... Acuto un grido all’aura scioglie; Ed ecco, in meno che il labbro il dice, I servi accorrono in quelle soglie; E fra minacce, urli e percosse La rea discacciano ch’entrarvi osò. CORO Giusto quei petti sdegno commosse; L’insana vecchia lo provocò. FERRANDO (raccontando) Asserì che tirar del fanciullino L’oroscopo volea... Bugiarda! Lenta febbre del meschino La salute struggea! Coverto di pallor, languido, affranto Ei tremava la sera. Il dì traeva in lamentevol pianto... Ammaliato egli era! (Familiari ed Armigeri inorridiscono) La fattucchiera perseguitata Fu presa, e al rogo fu condannata; Ma rimaneva la maledetta Figlia, ministra di ria vendetta!... Compì quest’empia nefando eccesso!... Sparve il fanciullo e si rinvenne Mal spenta brace nel sito istesso Ov’arsa un giorno la strega venne!... E d’un bambino... ahimè!... l’ossame Bruciato a mezzo, fumante ancor! CORO (con terrore) E vero! CORO Ah scellerata!... oh donna infame! Del par m’investe odio ed orror! ALCUNI Su l’orlo dei tetti alcun l’ha veduta! In upupa o strige talora si muta! ALCUNI E il padre? ALTRI In corvo tal’altra; più spesso in civetta! Sull’alba fuggente al par di saetta. FERRANDO Brevi e tristi giorni visse: Pure ignoto del cor presentimento Gli diceva che spento Non era il figlio; ed, a morir vicino, Bramò che il signor nostro a lui giurasse Di non cessar le indagini... ah! fûr vane!... ARMIGERI E di colei non s’ebbe Contezza mai? FERRANDO Nulla contezza... Oh, dato mi fosse Rintracciarla Un dì!... FAMILIARI Ma ravvisarla potresti? FERRANDO Morì di paura un servo del conte, Che avea della zingara percossa la fronte! (Tutti si pingono di superstizioso terrore) Apparve a costui d’un gufo in sembianza Nell’alta quiete di tacita stanza!... Con l’occhio lucente guardava... guardava, Il cielo attristando d’un urlo feral! Allor mezzanotte appunto suonava... (Una campana suona improvvisamente a distesa mezzanotte) TUTTI Ah! sia maledetta la strega infernal! (Odonsi alcuni tocchi di tamburo. Gli uomini d’arme accorrono in fondo; i Familiari vanno verso la porta) FERRANDO Calcolando Gli anni trascorsi... lo potrei. SCENA II ARMIGERI Sarebbe Tempo presso la madre All’inferno spedirla. FERRANDO All’inferno? È credenza che dimori Ancor nel mondo l’anima perduta Dell’empia strega, e quando il cielo è nero In varie forme altrui si mostri. Giardini del palazzo. Sulla destra marmorea scalinata che mette agli appartamenti. La notte è inoltrata; dense nubi coprono la luna. Leonora ed Ines INES Che più t’arresti?... l’ora è tarda: vieni. Di te la regal donna Chiese, l’udisti. LEONORA Un’altra notte ancora Senza vederlo... INES Quanto narrasti di turbamento M’ha piena l’alma!... Io temo... INES Perigliosa fiamma Tu nutri!... Oh! come, dove La primiera favilla In te s’apprese? LEONORA Invano! LEONORA Ne’ tornei. V’apparve Bruno le vesti ed il cimier, lo scudo Bruno e di stemma ignudo, Sconosciuto guerrier, che dell’agone Gli onori ottenne... Al vincitor sul crine Il serto io posi... Civil guerra intanto Arse... Nol vidi più! come d’aurato Sogno fuggente imago! ed era volta Lunga stagion... ma poi... INES Che avvenne? LEONORA Ascolta. Tacea la notte placida E bella in ciel sereno La luna il viso argenteo Mostrava lieto e pieno... Quando suonar per l’aere, Infino allor sì muto, Dolci s’udiro e flebili Gli accordi d’un liuto, E versi melanconici Un Trovator cantò. Versi di prece ed umile Qual d’uom che prega Iddio In quella ripeteasi Un nome... il nome mio!... Corsi al veron sollecita... Egli era! egli era desso!... Gioia provai che agli angeli Solo è provar concesso!... Al core, al guardo estatico La terra un ciel sembrò. INES Dubbio, ma triste presentimento In me risveglia quest’uomo arcano! Tenta obliarlo... LEONORA Che dici!... oh basti!... INES Cedi al consiglio dell’amistà... Cedi... LEONORA Obliarlo! Ah! tu parlasti Detto, che intendere l’alma non sa. Di tale amor che dirsi Mal può dalla parola, D’amor che intendo io sola, Il cor s’inebriò! Il mio destino compiersi Non può che a lui dappresso... S’io non vivrò per esso, Per esso io morirò! INES (Non debba mai pentirsi Chi tanto un giomo amò!) (Ascendono agli appartamenti) SCENA III Conte CONTE Tace la notte! immersa Nel sonno, è certo, la regal Signora; Ma veglia la sua dama... Oh! Leonora, Tu desta sei; mel dice, Da quel verone, tremolante un raggio Della notturna lampa... Ah! l’amorosa fiamma M’arde ogni fibra!... Ch’io ti vegga è [d’uopo, Che tu m’intenda...Vengo... [A noi supremo È tal momento... (cieco d’amore avviasi verso la gradinata. Odonsi gli accordi d’un liuto: egli s’arresta) Il Trovator! Io fremo! MANRICO (fra le piante) Deserto sulla terra, Col rio destino in guerra E sola speme un cor Al Trovator! Ma s’ei quel cor possiede, Bello di casta fede, E d’ogni re maggior Il Trovator! (La luna mostrasi dai nugoli, e lascia scorgere una persona, di cui la visiera nasconde il volto) SCENA V Manrico e detti LEONORA Qual voce!... Ah, dalle tenebre Tratta in errore io fui! (Riconosce entrambi, e gettasi ai piedi di Manrico, agitatissima) A te credei rivolgere L’accento e non a lui... A te, che l’alma mia Sol chiede, sol desìa... Io t’amo, il giuro, io t’amo D’immenso, eterno amor! CONTE Ed osi? CONTE Oh detti!... Oh gelosia!... Non m’inganno... Ella scende! (S’avvolge nel suo mantello) MANRICO (sollevando Leonora) (Ah, più non bramo!) SCENA IV CONTE Avvampo di furor! Se un vil non sei discovriti. Leonora e il Conte LEONORA (correndo verso il Conte) Anima mia! CONTE (Che far?) LEONORA Più dell’usato È tarda l’ora; io ne contai gl’istanti Co’ palpiti del core!... Alfin ti guida Pietoso amor tra queste braccia... MANRICO Infida!... LEONORA (Ohimè!) CONTE Palesa il nome... LEONORA (sommessamente a Manrico) Deh, per pietà!... MANRICO (sollevando la visiera dell’elmo) Ravvisami, Manrico io son. CONTE: Tu!... Come! Insano temerario! D’Urgel seguace, a morte Proscritto, ardisci volgerti A queste regie porte? MANRICO Che tardi?... or via, le guardie Appella, ed il rivale Al ferro del carnefice Consegna. CONTE Il tuo fatale istante Assai più prossimo È, dissennato! Vieni... LEONORA Conte! CONTE Al mio sdegno vittima È d’uopo ch’io ti sveni... LEONORA Oh ciel! t’arresta... CONTE Seguimi... MANRICO Andiam... LEONORA (Che mai farò? Un sol mio grido perdere Lo puote..) M’odi... CONTE No! Di geloso amor sprezzato Arde in me tremendo il foco! Il tuo sangue, o sciagurato, Ad estinguerlo fia poco! (a Leonora) Dirgli, o folle, - Io t’amo - ardisti!... Ei più vivere non può... Un accento proferisti Che a morir lo condannò! LEONORA: Un istante almen dia loco Il tuo sdegno alla ragione... Io, sol io, di tanto foco Son, pur troppo, la cagione! Piombi, ah! piombi il tuo furore Sulla rea che t’oltraggiò... Vibra il ferro in questo core, Che te amar non vuol, né può. MANRICO: Del superbo vana è l’ira; Ei cadrà da me trafitto. Il mortal che amor t’ispira, Dall’amor fu reso invitto. (Al Conte) La tua sorte è già compita... L’ora ormai per te suonò! Il suo core e la tua vita Il destino a me serbò! (I due rivali si allontanano con le spade sguainate; Leonora cade, priva di sentimento) PARTE SECONDA La Gitana SCENA I Un diruto abituro sulla falda di un monte della Biscaglia. Nel fondo, quasi tutto aperto, arde un gran fuoco. I primi albori. Azucena siede presso il fuoco. Manrico le sta disteso accanto sopra una coltrice ed avviluppato nel suo mantello; ha l’elmo ai piedi e fra le mani la spada, su cui figge immobilmente lo sguardo. Una banda di Zingari è sparsa all’interno. ZINGARI Vedi! Le fosche notturne spoglie De’ cieli sveste l’immensa volta; Sembra una vedova che alfin si toglie I bruni panni ond’era involta. All’opra! all’opra! Dàgli, martella. (Dànno di piglio ai loro ferri del mestiere; al misurato tempestar dei martelli cadenti sulle incudini, or uomini, or donne, e tutti in un tempo infine intonano la cantilena seguente:) Chi del gitano i giorni abbella? La zingarella! UOMINI (alle donne, sostando un poco dal lavoro) Versami un tratto; lena e coraggio Il corpo e l’anima traggon dal bere. (Le donne mescono ad essi in rozze coppe) UOMINI E DONNE Oh guarda, guarda! del sole un raggio Brilla più vivido nel mio/tuo bicchiere! TUTTI All’opra, all’opra... Dàgli, martella... Chi del gitano i giorni abbella? La zingarella! AZUCENA (Canta: gli Zingari le si fanno allato) Stride la vampa! - la folla indomita Corre a quel fuoco - lieta in sembianza; Urli di gioia - intorno echeggiano: Cinta di sgherri - donna s’avanza! Sinistra splende - sui volti orribili La tetra fiamma - che s’alza al ciel! Stride la vampa! - giunge la vittima Nerovestita, - discinta e scalza! Grido feroce - di morte levasi; L’eco il ripete - di balza in balza! Sinistra splende - sui volti orribili La tetra fiamma - che s’alza al ciel! ZINGARI Mesta è la tua canzon! AZUCENA Del pari mesta Che la storia funesta Da cui tragge argomento! (Rivolge il capo dalla parte di Manrico e mormora sommessamente) Mi vendica... Mi vendica! MANRICO (L’arcana parola ognor!) VECCHIO ZINGARO Compagni, avanza il giorno A procacciarci un pan, su, su!... scendiamo Per le propinque ville. UOMINI Andiamo. (Ripongono sollecitamente ne’ sacchi i loro arnesi) DONNE Andiamo. (Tutti scendono alla rinfusa giù per la china; tratto tratto, e sempre a maggior distanza, odesi il loro canto) ZINGARI Chi del gitano i giorni abbella? La zingarella! MANRICO (sorgendo) Soli or siamo; deh, narra Questa storia funesta. AZUCENA E tu la ignori, Tu pur!... Ma, giovinetto, i passi tuoi D’ambizion lo sprone Lungi traea!... Dell’ava il fine acerbo E quell’istoria: la incolpò superbo Conte di malefizio, onde asserìa Colto un bambin suo figlio... Essa bruciata Venne ov’arde quel foco! MANRICO (rifuggendo con raccapriccio dalla fiamma) Ahi! Sciagurata! AZUCENA Condotta ell’era in ceppi al suo destin [tremendo! Col figlio sulle braccia, io la seguìa [piangendo. Infino ad essa un varco tentai, ma [invano, aprirmi, Invan tentò la misera fermarsi e benedirmi! Ché, fra bestemmie oscene, pungendola [coi ferri, Al rogo la cacciavano gli scellerati sgherri! Allor, con tronco accento: - Mi vendica! [- esclamò. Quel detto un’eco eterna in questo cor [lasciò. MANRICO La vendicasti? AZUCENA Il figlio giunsi a rapir del Conte: Lo trascinai qui meco... Le fiamme ardean già pronte. MANRICO (con raccapriccio) Le fiamme!... oh ciel!... tu forse?... AZUCENA Ei distruggeasi in pianto... Io mi sentiva il core dilaniato, infranto!... Quand’ecco agli egri spirti, come in un [sogno, apparve La vision ferale di spaventose larve! Gli sgherri... ed il supplizio!... La madre [smorta in volto, Scalza... discinta!... il grido, il noto grido [ascolto... Mi vendica!... La mano convulsa tendo... [stringo La vittima... nel foco la traggo, la sospingo... Cessa il fatal delirio... L’orrida scena fugge... La fiamma sol divampa, e la sua preda [strugge! Pur volgo intorno il guardo e innanzi a [me vegg’io Dell’empio Conte il figlio... MANRICO Ah! come? AZUCENA Il figlio mio, Mio figlio avea bruciato! MANRICO Che dici! quale orror! AZUCENA Sul capo mio le chiome sento rizzarsi ancor! (Azucena ricade trambasciata sul proprio seggio, Manrico ammutolisce colpito d’orrore e di sorpresa. Momenti di silenzio) MANRICO Non son tuo figlio?... E chi son io, chi [dunque? AZUCENA (con la sollecitudine di chi cerca emendare il proprio fallo) Tu sei mio figlio! MANRICO Eppur dicesti... AZUCENA Ah!... forse... Che vuoi! quando al pensier s’affaccia il [truce Caso, lo spirto intenebrato pone Stolte parole sul mio labbro... Madre, Tenera madre non m’avesti ognora? MANRICO Potrei negarlo? AZUCENA A me, se vivi ancora, Nol dêi? Notturna, nei pugnati campi Di Pelilla, ove spento Fama ti disse, a darti Sepoltura non mossi? La fuggente Aura vital non iscovrì, nel seno Non t’arrestò materno affetto? E quante Cure non spesi a risanar le tante Ferite!... MANRICO (con nobile orgoglio) Che portai nel dì fatale... Ma tutte qui, nel petto!... Io sol, fra mille Già sbandati, al nemico Volgendo ancor la faccia!... Il rio De Luna Su me piombò col suo drappello; io caddi, Però da forte io caddi! AZUCENA Ecco mercede Ai giorni, che l’infame Nel singolar certame Ebbe salvi da te!... Qual t’acciecava Strana pietà per esso? MANRICO Oh madre!... Non saprei dirlo a me stesso! AZUCENA Strana pietà… MANRICO Mal reggendo all’aspro assalto, Ei già tocco il suolo avea: Balenava il colpo in alto Che trafiggerlo dovea... Quando arresta un moto arcano, Nel discender, questa mano... Le mie fibre acuto gelo Fa repente abbrividir! Mentre un grido vien dal cielo, Che mi dice: - Non ferir! AZUCENA Ma nell’alma dell’ingrato Non parlò del cielo un detto! Oh! se ancor ti spinge il fato A pugnar col maledetto, Compi, o figlio, qual d’un Dio, Compi allora il cenno mio! Sino all’elsa questa lama Vibra, immergi all’empio in cor. MANRICO Sì, lo giuro, questa lama Scenderà dell’empio in cor. (Odesi un prolungato suono di corno) L’usato messo Ruiz invia! Forse... (Dà fiato anch’esso al corno che tien sospeso ad armacollo) AZUCENA Mi vendica! (Resta concentrata quasi inconsapevole di ciò che succede) SCENA II Messo e detti MANRICO (al Messo) Inoltra il piè. Guerresco evento, dimmi, seguìa? MESSO (porgendo il foglio che Manrico legge) Risponda il foglio che reco a te. MANRICO «In nostra possa è Castellor; ne dêi Tu, per cenno del prence, Vigilar le difese; ove ti è dato, Affrettati a venir... Giunta la sera, Tratta in inganno di tua morte al grido, Nel vicin Chiostro della croce il velo Cingerà Leonora». (Con dolorosa esclamazione) Oh giusto cielo! AZUCENA (scuotendosi) (Che fia!) MANRICO (al Messo) Veloce scendi la balza, E d’un cavallo a me provvedi... MESSO Corro... AZUCENA (frapponendosi) Manrico! MANRICO Mi lascia... AZUCENA (autorevole) Ferma... Son io che parlo a te! Perigliarti ancor languente Per cammin selvaggio ed ermo! Le ferite vuoi, demente, Rïaprir del petto infermo? No, soffrirlo non poss’io... Il tuo sangue è sangue mio!... Ogni stilla che ne versi Tu la spremi dal mio cor! MANRICO Un momento può involarmi Il mio ben, la mia speranza!... No, che basti ad arrestarmi Terra e ciel non han possanza... Ah!... mi sgombra, o madre, i passi... Guai per te s’io qui restassi! ... Tu vedresti ai piedi tuoi Spento il figlio dal dolor! MANRICO Il tempo incalza... Vola, m’aspetta del colle a’ piedi. (S’allontana, indarno trattenuto da Azucena) (Il Messo parte frettolosamente) SCENA III AZUCENA E speri, e vuoi?... Atrio interno di un luogo di ritiro in vicinanza di Castellor. Alberi nel fondo. È notte. Il Conte, Ferrando ed alcuni Seguaci inoltrandosi cautamente avviluppati nei loro mantelli. MANRICO (Perderla?... Oh ambascia!... Perder quell’angelo?..) AZUCENA (È fuor di sé!) MANRICO (postosi l’elmo sul capo ed afferrando il mantello) Addio... AZUCENA No... ferma... odi... CONTE Tutto è deserto, né per l’aura ancora Suona l’usato carme... In tempo io giungo! FERRANDO Ardita opra, o Signore, Imprendi. CONTE Ardita, e qual furente amore Ed irritato orgoglio Chiesero a me. Spento il rival, caduto Ogni ostacol sembrava a’ miei desiri; Novello e più possente ella ne appresta... L’altare! Ah no, non fia D’altri Leonora!... Leonora è mia! Il balen del suo sorriso D’una stella vince il raggio! Il fulgor del suo bel viso Novo infonde in me coraggio!... Ah! l’amor, l’amore ond’ardo Le favelli in mio favor! Sperda il sole d’un suo sguardo La tempesta del mio cor. (Odesi il rintocco de’ sacri bronzi) Qual suono!... oh ciel... FERRANDO La squilla Vicino il rito annunzia! CONTE Ah! pria che giunga All’altar... si rapisca!... CONTE (nell’eccesso del furore) Per me, ora fatale, I tuoi momenti affretta… La gioia che m’aspetta Gioia mortal non è!... Invano un Dio rivale S’oppone nemmeno un Dio, Donna, rapirti a me! (S’allontana a poco a poco e si nasconde col Coro fra gli alberi) CORO INTERNO DI RELIGIOSE Ah!... se l’error t’ingombra, O figlia d’Eva, i rai, Presso a morir, vedrai Che un’ombra, un sogno fu, Anzi del sogno un’ombra La speme di quaggiù! Vieni e t’asconda il velo Ad ogni sguardo umano: Aura o pensier mondano Qui vivo più non è. Al ciel ti volgi e il cielo Si schiuderà per te. FERRANDO Oh bada! CONTE Taci!... Non odo... andate... di quei faggi all’ombra Celatevi... (Ferrando e gli altri seguaci si allontanano) Ah! fra poco Mia diverrà... Tutto m’investe un foco! (Ansioso, guardingo osserva dalla parte donde deve giungere Leonora, mentre Ferrando e i seguaci dicono sottovoce:) FERRANDO, SEGUACI Ardire!... Andiam!... celiamoci Fra l’ombre... nel mister! Ardire! Andiam! silenzio! Si compia il suo voler. SCENA IV Leonora con seguito muliebre. Ines, poi il Conte, Ferrando, Seguaci, indi Manrico. LEONORA Perché piangete? DONNE Ah!... dunque Tu per sempre ne lasci! LEONORA O dolci amiche, Un riso, una speranza, un fior la terra Non ha per me! Degg’io Volgermi a Quei che degli afflitti è solo Sostegno e dopo i penitenti giorni Può fra gli eletti al mio perduto bene Ricongiungermi un dì!... (incamminandosi) Tergete i rai E guidatemi all’ara! CONTE (irrompendo ad un tratto) No, giammai!... DONNE Il Conte! LEONORA Giusto ciel! CONTE Per te non havvi Che l’ara d’imeneo. DONNE Cotanto ardìa!... LEONORA Insano!... E qui venisti?... A danno mio rinunzia Le prede sue l’inferno! Ma se non mai si fransero De’ giorni tuoi gli stami, Se vivi e viver brami, Fuggi da lei, da me. Manrico MANRICO Né m’ebbe il ciel, né l’orrido Varco infernal sentiero... Infami sgherri vibrano Mortali colpi, è vero! Potenza irresistibile Hanno de’ fiumi l’onde! Ma gli empi un Dio confonde! Quel Dio soccorse a me. DONNE (a Leonora) Il cielo in cui fidasti Pietade avea di te. FERRANDO, SEGUACI (al Conte) Tu col destin contrasti: Suo difensore egli è. CONTE A farti mia. (E sì dicendo scagliasi verso Leonora, onde impadronirsi di lei; ma fra esso e la preda trovasi, qual fantasma sorto di sotterra, Manrico. Un grido universale irrompe) LEONORA E deggio... e posso crederlo? Ti veggo a me d’accanto! È questo un sogno, un’estasi, Un sovrumano incanto! Non regge a tanto giubilo Rapito, il cor sospeso! Sei tu dal ciel disceso, O in ciel son io cor te? CONTE Dunque gli estinti lasciano Di morte il regno eterno; SCENA V Ruiz seguito da una lunga tratta di Armati, e detti. RUIZ Urgel viva! MANRICO Miei prodi guerrieri! RUIZ: Vieni... MANRICO (a Leonora) Donna, mi segui. CONTE (opponendosi) E tu speri? LEONORA Ah! LEONORA (M’atterrisce...) MANRICO (al Conte) T’arresta... CONTE Ho le furie nel cor! CONTE (sguainando la spada) Involarmi costei! No! INES E DONNE Ah, sì! il ciel pietade avea di te! RUIZ, ARMATI (accerchiando il Conte) Vaneggi! FERRANDO, SEGUACI Che tenti, Signor? (Il Conte è disarmato da quei di Ruiz) CONTE (con gesti ed accenti di maniaco furore) Di ragione ogni lume perdei! RUIZ, ARMATI (a Manrico) Vien: la sorte sorride per te! FERRANDO, SEGUACI (al Conte) Cedi; or ceder viltade non è! (Manrico tragge seco Leonora, il Conte è respinto; le donne rifuggono al cenobio. Scende subito la tela) PARTE TERZA Il figlio della Zingara SCENA I Accampamento. A destra il padiglione del Conte di Luna, su cui sventola la bandiera in segno di supremo comando; da lungi torreggia Castellor. Scolte di Uomini d’arme dappertutto; alcuni giuocano, altri puliscono le armi, altri passeggiano, poi Ferrando dal padiglione del Conte. ALCUNI ARMIGERI Or co’ dadi, ma fra poco Giocherem ben altro gioco. ALTRI Quest’acciar, dal sangue or terso, Fia di sangue in breve asperso! (Odonsi strumenti guerrieri; tutti si volgono là onde il suono si avanza. Un grosso drappello di balestrieri, in completa armatura, traversa il campo) TUTTI Tu c’inviti a danza! Squilli, echeggi la tromba guerriera, Chiami all’armi, alla pugna, all’assalto; Fia domani la nostra bandiera Di quei merli piantata sull’alto. No, giammai non sorrise vittoria Di più liete speranze finor!... Ivi l’util ci aspetta e la gloria, Ivi opimi la preda e l’onor. (Si disperdono) SCENA II CONTE (uscito dalla tenda volge uno sguardo bieco a Castellor) In braccio al mio rival! Questo pensiero Come persecutor demone ovunque M’insegue!... In braccio al mio rival!... [Ma corro, Surta appena l’aurora, Io corro a separarvi... Oh Leonora! (Odesi tumulto) ALCUNI Il soccorso dimandato! SCENA III ALTRI Han l’aspetto del valor! TUTTI Più l’assalto ritardato Or non fia di Castellor. No, no, non fia più! FERRANDO (dal padiglione del Conte) Sì, prodi amici; al dì novello è mente Del capitan la rocca Investir d’ogni parte. Colà pingue bottino Certezza è rinvenir più che speranza. Si vinca; è nostro. Ferrando e detto. CONTE Che fu? FERRANDO Dappresso il campo S’aggirava una zingara: sorpresa Da’ nostri esploratori, Si volse in fuga; essi, a ragion temendo Una spia nella trista, L’inseguir... CONTE Fu raggiunta? FERRANDO È presa. CONTE Che? CONTE Vista L’hai tu? AZUCENA D’una zingara è costume Mover senza disegno Il passo vagabondo, Ed è suo tetto il ciel, sua patria il mondo. FERRANDO No; della scorta Il condottier m’apprese L’evento. CONTE Eccola. CONTE E vieni? AZUCENA Da Biscaglia, ove finora Le sterili montagne ebbi a ricetto! (Tumulto più vicino) CONTE (Da Biscaglia!) SCENA IV Azucena, con le mani avvinte, trascinata dagli Esploratori, un codazzo d’altri Soldati, e detti. ESPLORATORI Innanzi, o strega, innanzi!... AZUCENA Aita!... Mi lasciate... Ah furibondi! Che mal fec’io? CONTE S’appressi. (Azucena è tratta innanzi al Conte) A me rispondi E trema dal mentir! AZUCENA Chiedi! CONTE Ove vai? AZUCENA No ’l so. FERRANDO (Che intesi!... O qual sospetto!) AZUCENA Giorni poveri vivea, Pur contenta del mio stato; Sola speme un figlio avea! Mi lasciò!... m’oblìa, l’ingrato! Io deserta, vado errando Di quel figlio ricercando, Di quel figlio che al mio core Pene orribili costò!... Qual per esso provo amore Madre in terra non provò! FERRANDO (Il suo volto!) CONTE Di’, traesti Lunga etade tra quei monti? AZUCENA Lunga, sì. CONTE Rammenteresti Un fanciul, prole di conti, Involato al suo castello, Son tre lustri, e tratto quivi? AZUCENA E tu, parla... sei?... CONTE Fratello del rapito. AZUCENA (Ah!) FERRANDO (notando il mal nascosto terrore di Azucena) (Sì!) CONTE Ne udivi Mai novella? AZUCENA Io?... No... Concedi Che del figlio l’orme io scopra. FERRANDO Resta, iniqua... AZUCENA (Ohimè!..) FERRANDO È dessa che il bambino Arse! CONTE Ah! perfida! CORO Ella stessa! AZUCENA Ei mentisce... CONTE Al tuo destino Or non fuggi. AZUCENA Deh!... CONTE Quei nodi Più stringete. (I soldati eseguiscono) AZUCENA Oh! Dio!... Oh Dio!... CORO Urla pure. FERRANDO Tu vedi Chi l’infame, orribil opra Commettea... AZUCENA (con disperazione) E tu non m’odi, O Manrico, o figlio mio?... Non soccorri all’infelice Madre tua? CONTE Finisci. CONTE Di Manrico genitrice? FERRANDO È dessa. FERRANDO Trema!... AZUCENA (piano a Ferrando) (Taci) CONTE Oh sorte!... in mio poter! AZUCENA Deh, rallentate, o barbari, Le acerbe mie ritorte... Questo crudel supplizio È prolungata morte! D’iniquo genitore Empio figliuol peggiore, Trema!... v’è Dio pe’ miseri, E Dio ti punirà! CONTE Tua prole, o turpe zingara, Colui, quel traditore?... Potrò col tuo supplizio Ferirlo in mezzo al core! Gioia m’innonda il petto, Cui non esprime il detto!... Meco il fraterno cenere Piena vendetta avrà! MANRICO Alto è il periglio! vano Dissimularlo fora! Alla novella aurora Assaliti saremo!... LEONORA Ahimè!... che dici!... MANRICO Ma de’ nostri nemici Avrem vittoria... Pari Abbiam al loro ardir, brando e coraggio!... (a Ruiz) Tu va’; le belliche opre, Nell’assenza mia breve, a te commetto. Che nulla manchi!... (Ruiz parte) FERRANDO, ZINGARI Infame pira sorgere, Ah, sì, vedrai tra poco... Né solo tuo supplizio Sarà terreno foco!... Le vampe dell’inferno A te fina rogo eterno; Ivi penare ed ardere L’anima tua dovrà! (Al cenno del Conte i Soldati traggon seco Azucena. Egli entra nella sua tenda, seguito da Ferrando) SCENA VI Manrico e Leonora. LEONORA Di qual tetra luce Il nostro imen risplende! MANRICO Il presagio funesto, Deh, sperdi, o cara!... LEONORA E il posso? SCENA V Sala adiacente alla Cappella in Castellor, con il verone nel fondo. Manrico, Leonora e Ruiz. LEONORA Quale d’armi fragor Poc’anzi intesi? MANRICO Amor... sublime amore, In tale istante ti favelli al core. Ah! sì, ben mio, coll’essere Io tuo, tu mia consorte, Avrò più l’alma intrepida, Il braccio avrò più forte; Ma pur se nella pagina De’ miei destini è scritto Ch’io resti fra le vittime Dal ferro ostil trafitto, Fra quegli estremi aneliti A te il pensier verrà E solo in ciel precederti La morte a me parrà! LEONORA Tu fremi! (Odesi il suono dell’organo della vicina cappella) MANRICO Suo figlio!... Ah! vili!... il rio spettacolo Quasi il respir m’invola!... Raduna i nostri, affrettati... Ruiz... va... torna... vola... (Ruiz parte) Di quella pira l’orrendo foco Tutte le fibre m’arse. avvampò!... Empi, spegnetela, o ch’io fra poco Col sangue vostro la spegnerò... Era già figlio prima d’amarti… Non può frenarmi il tuo martir! Madre infelice, corro a salvarti, O teco almeno corro a morir! LEONORA E MANRICO L’onda de’ suoni mistici Pura discende al cor! Vieni; ci schiude il tempio Gioie di casto amor! (Mentre s’avviano giubilanti al tempio, Ruiz sopraggiunge frettoloso) RUIZ Manrico? MANRICO Che? RUIZ La zingara, Vieni… tra ceppi mira... MANRICO E il deggio!... Sappilo. Io son... LEONORA Chi mai? LEONORA Non reggo a colpi tanto funesti... Oh, quanto meglio sarìa morir! (Ruiz torna con Armati) MANRICO Oh Dio! RUIZ, ARMATI All’armi, all’armi! eccone presti A pugnar teco, o teco a morir. RUIZ Per man de’ barbari Accesa è già la pira... (Manrico parte frettoloso seguito da Ruiz e dagli Armati, mentre odesi dall’interno fragor d’armi e di bellici strumenti) MANRICO (accostandosi al verone) Oh ciel! mie membra oscillano... Nube mi copre il ciglio!… PARTE QUARTA Il supplizio SCENA I Un’ala del palazzo dell’Aliaferia. All’angolo una torre con finestre assicurate da spranghe di ferro. Notte oscurissima. Si avanzano due persone ammantellate: Ruiz e Leonora. RUIZ (sommessamente) Siam giunti; ecco la torre, ove di Stato Gemono i prigionieri... ah, l’infelice Ivi fu tratto! LEONORA Vanne, Lasciami, né timor di me ti prenda... Salvarlo io potrò forse. (Ruiz si allontana) Timor di me?... sicura, Presta è la mia difesa. (I suoi occhi figgonsi ad una gemma che le fregia la mano destra) In quest’oscura Notte ravvolta, presso a te son io, E tu nol sai... Gemente Aura che intorno spiri, Deh, pietosa gli arreca i miei sospiri... D’amor sull’ali rosee Vanne, sospir dolente: Del prigioniero misero Conforta l’egra mente... Com’aura di speranza Aleggia in quella stanza: Lo desta alle memorie, Ai sogni dell’amor!… Ma deh! non dirgli, improvvido, Le pene del mio cor! (Suona la campana dei morti) VOCI INTERNE Miserere d’un’alma già vicina Alla partenza che non ha ritomo! Miserere di lei. Bontà divina, Preda non sia dell’infernal soggiorno! LEONORA Quel suon, quelle preci solenni, funeste, Empiron quest’aere di cupo terror! Contende l’ambascia, che tutta m’investe, Al labbro il respiro, i palpiti al cor! (Rimane assorta; dopo qualche momento scuotesi, ed è in procinto di partire, allorché viene dalla torre un gemito e quindi un mesto suono: ella si ferma) MANRICO (dalla torre) Ah, che la morte ognora È tarda nel venir A chi desia morir!... Addio, Leonora! LEONORA Oh ciel!... sento mancarmi! VOCI INTERNE Miserere d’un’alma già vicina Alla partenza che non ha ritorno! Miserere di lei. Bontà divina Preda non sia dell’infernal soggiorno! LEONORA Sull’orrida torre, ah! par che la morte Con ali di tenebre librando si va!… Ahi! forse dischiuse gli fian queste porte Sol quando cadaver già freddo sarà! MANRICO (dalla torre) Sconto col sangue mio L’amor che posi in te!... Non ti scordar di me!… Leonora, addio! LEONORA Di te, di te scordarmi!!... Tu vedrai che amore in terra Mai del mio non fu più forte; Vinse il fato in aspra guerra, Vincerà la stessa morte. O col prezzo di mia vita La tua vita io salverò, O con te per sempre unita Nella tomba io scenderò. LEONORA Ah sì, per esso Pietà dimando... CONTE Che! tu deliri! Io del rival sentir pietà? LEONORA Clemente nume a te l’ispiri... SCENA II S’apre una porta; n’escono il Conte ed alcuni Seguaci. Leonora si pone in disparte. CONTE Udite? Come albeggi, La scure al figlio ed alla madre il rogo. (i Seguaci entrano nella torre) Abuso io forse del poter che pieno In me trasmise il prence! A tal mi traggi, Donna per me funesta!... Ov’ella è mai? Ripreso Castellor, di lei contezza Non ebbi, e furo ondarne Tante ricerche e tante! Ah! dove sei, crudele? LEONORA (avanzandosi) A te davante. CONTE Qual voce!... come!... tu, donna? LEONORA Il vedi. CONTE A che venisti? CONTE È sol vendetta mio nume...Va. LEONORA (si getta disperatamente a’ suoi piedi) Mira, di acerbe lagrime Spargo al tuo piede un rio: Non basta il pianto? Svenami, Ti bevi il sangue mio... Calpesta il mio cadavere, Ma salva il Trovator! CONTE Ah! dell’indegno rendere Vorrei peggior la sorte: Fra mille atroci spasimi Centuplicar sua morte; Più l’ami, e più terribile Divampa il mio furor! LEONORA Calpesta il mio cadavere, Ma salva il Trovator! CONTE Più l’ami e più terribile Divampa il mio furor! (Vuol partire, Leonora si avvinghia ad esso) LEONORA Egli è già presso All’ora estrema; e tu lo chiedi? LEONORA Conte... CONTE Osar potresti?... CONTE Né cessi? LEONORA Grazia!... LEONORA (M’avrai, ma fredda esanime spoglia!) CONTE Prezzo non avvi alcuno Ad ottenerla... scòstati!... CONTE (a Leonora) Colui vivrà. LEONORA Uno ve n’ha!... sol uno!... Ed io te l’offro. CONTE Spiegati, Qual prezzo, di’. LEONORA (stendendo la destra con dolore) Me stessa! CONTE Ciel!... tu dicesti?... LEONORA E compiere Saprò la mia promessa. CONTE È sogno il mio? LEONORA (alzando gli occhi, cui fanno velo lagrime di gioia) (Vivrà!... contende il giubilo I detti a me, Signore... Ma coi frequenti palpiti Merce’ ti rende il core! Ora il mio fine impavida, Piena di gioia attendo... Potrò dirgli morendo: Salvo tu sei per me!) CONTE Fra te che parli?... volgimi, Volgimi il detto ancora, O mi parrà delirio Quanto ascoltai finora... Tu mia!... tu mia!... ripetilo. Il dubbio cor serena... Ah!... ch’io lo credo appena Udendolo da te! LEONORA Dischiudimi La via fra quelle mura... Ch’ei m’oda... Che la vittima Fugga, e son tua. LEONORA Andiam... CONTE Lo giura. LEONORA È sacra la mia fe’! LEONORA Lo giuro a Dio che l’anima Tutta mi vede! (Entrano nella torre) CONTE Olà! (correndo all’uscio della torre. Si presenta un custode; mentre il Conte gli parla all’orecchio, Leonora sugge il veleno chiuso nell’anello) CONTE Giurasti... pensaci! SCENA III Orrido carcere. In un canto finestra con inferriata. Porta nel fondo. Smorto fanale pendente dalla volta. Azucena giacente sopra una specie di rozza coltre, Manrico seduto a lei dappresso. (con gioia feroce) Uno scheletro! MANRICO Cessa! MANRICO Madre?... non dormi? AZUCENA Non odi?... gente appressa... I carnefici son... vogliono al rogo Trarmi!... Difendi la tua madre! AZUCENA L’invocai più volte, Ma fugge il sonno a queste luci... Prego... MANRICO Alcuno, Ti rassicura, qui non volge... MANRICO L’aura fredda è molesta Alle tue membra forse? AZUCENA (senza badare a Manrico, con ispavento) Il rogo! Parola orrenda! AZUCENA No; da questa Tomba di vivi sol fuggir vorrei, Perché sento il respiro soffocarmi!... MANRICO (torcendosi le mani) Fuggir! AZUCENA (sorgendo) Non attristarti: Far di me strazio non potranno i crudi! MANRICO Ah! come? AZUCENA Vedi?... Le sue fosche impronte M’ha già stampato in fronte Il dito della morte! MANRICO Ahi! AZUCENA Troveranno Un cadavere muto, gelido!... anzi MANRICO Oh madre!... oh madre! AZUCENA Un giorno, turba feroce l’ava tua condusse Al rogo... Mira la terribil vampa! Ella n’è tocca già! già l’arso crine Al ciel manda faville!... Osserva le pupille Fuor dell’orbita lor!... ahi... chi mi toglie A spettacol sì atroce? (cadendo tutta convulsa fra le braccia di Manrico) MANRICO Se m’ami ancor, se voce Di figlio ha possa d’una madre in seno, Ai terrori dell’alma Oblìo cerca nel sonno, e posa e calma. (la conduce presso alla coltre) AZUCENA Sì, la stanchezza m’opprime, o figlio... Alla quïete io chiudo il ciglio... Ma se del rogo arder si veda L’orrida fiamma, destami allor. MANRICO Riposa, o madre: Iddio conceda Men tristi immagini al tuo sopor. AZUCENA (tra il sonno e la veglia) Ai nostri monti... ritorneremo... L’antica pace... ivi godremo.. Tu canterai... sul tuo lîuto... In sonno placido... io dormirò! MANRICO Riposa, o madre: io prono e muto La mente al cielo rivolgerò. (Azucena si addormenta. Manrico resta genuflesso accanto a lei) SCENA ULTIMA Si apre la porta, entra Leonora: gli anzidetti, in ultimo il Conte con séguito di Armati. MANRICO Ciel!... non m’inganna quel fioco lume?... LEONORA Son io, Manrico... MANRICO Oh, mia Leonora! Ah, mi concedi, pietoso Nume, Gioia sì grande, anzi ch’io mora? LEONORA Tu non morrai... vengo a salvarti... MANRICO Come!... a salvarmi?, fia vero! LEONORA Addio... Tronca ogni indugio... t’affretta... parti... (accennandogli la porta) MANRICO E tu non vieni? LEONORA Restar degg’io!... MANRICO Restar!... LEONORA Deh! fuggi!... MANRICO No. LEONORA (cercando di trarlo verso l’uscio) Guai se tardi! MANRICO No... LEONORA La tua vita!... MANRICO Io la disprezzo... Pur figgi, o donna, in me gli sguardi!... Da chi l’avesti?... ed a qual prezzo?... Parlar non vuoi?... Balen tremendo!... Dal mio rivale!... intendo... intendo!... Ha quest’infame l’amor venduto... Venduto un core che mi giurò! LEONORA Oh, come l’ira ti rende cieco! Oh, quanto ingiusto, crudel sei meco! T’arrendi... fuggi, o sei perduto! Nemmeno il cielo salvar ti può! (Si getta ai piedi di Manrico) AZUCENA (dormendo) Ai nostri monti... ritorneremo... L’antica pace... ivi godremo... Tu canterai... sul tuo liuto... In sonno placido... io dormirò... MANRICO Ti scosta... Ma qui... qui foco orribile Arde... LEONORA Non respingermi... Vedi?... languente, oppressa, io manco... MANRICO Che festi!... o cielo! MANRICO Va’... ti abbomino... Ti maledico... LEONORA Ah, cessa! Non d’imprecar, di volgere Per me la prece a Dio È questa l’ora! MANRICO Un brivido Corse nel petto mio! LEONORA Prima che d’altri vivere... Io volli tua morir!... MANRICO Insano!... ed io quest’angelo Osava maledir! LEONORA Più non resisto! MANRICO Ahi misera!... (Entra il Conte, arrestandosi sulla soglia) LEONORA (cade bocconi) Manrico! MANRICO (accorrendo a sollevarla) Donna, svelami... Narra. LEONORA Ho la morte in seno... MANRICO La morte!... LEONORA Ah, fu più rapida La forza del veleno Ch’io non pensava!... LEONORA Ecco l’istante... io moro... (stringendogli la destra in segno d’addio) Manrico! Or la tua grazia... Padre del cielo... imploro... Prima... che... d’altri vivere... Io volli... tua morir! MANRICO Insano!… ed io quest’angelo Osava maledir! CONTE (Ah! volle me deludere, E per costui morir!) (Leonora spira) MANRICO Oh fulmine! LEONORA Senti! la mano è gelo... (toccandosi il petto) CONTE (additando agli armati Manrico) Sia tratto al ceppo! MANRICO (partendo tra gli armati) Madre... oh madre, addio! AZUCENA (destandosi) Manrico!... Ov’è mio figlio? CONTE È spento! CONTE A morte corre!... AZUCENA Egli era tuo fratello!.. AZUCENA Ah ferma!... m’odi... CONTE Ei!... quale orror!... CONTE (trascinando Azucena verso la finestra) Vedi?... AZUCENA Sei vendicata, o madre! (cade a piè della finestra) AZUCENA Cielo! CONTE (inorridito) E vivo ancor!