Club dei 27
Gruppo Appassionati Verdiani
Giuseppe Verdi
Il trovatore
Dramma in quattro atti e otto quadri, su libretto di Salvatore Cammarano,
tratto dalla tragedia El Trovador di Antonio García Gutiérrez
Prima rappresentazione:
Roma, Teatro Apollo, 19 gennaio 1853
Il Trovatore
PERSONAGGI
IL CONTE DI LUNA
LEONORA
AZUCENA
MANRICO
FERRANDO
INES
RUIZ
UN VECCHIO ZINGARO
UN MESSO
Baritono
Soprano
Mezzosoprano
Tenore
Basso
Soprano
Tenore
Basso
Tenore
Compagne di Leonora e religiose, familiari del conte,
uomini d’arme, zingari e zingare
L’avvenimento ha luogo parte in Biscaglia, parte in Aragona
Epoca dell’azione: il principio del secolo XV
PARTE PRIMA
Il Duello
SCENA I
Atrio nel palazzo dell’Aliaferia.
Da un lato, porta che mette agli appartamenti
del Conte di Luna.
Ferrando e molti Familiari del Conte che
giacciono presso la porta; alcuni Uomini
d’arme passeggiano in fondo.
FERRANDO
(ai Familiari vicini ad assopirsi)
All’erta, all’erta! Il Conte
N’è d’uopo attender vigilando; ed egli
Talor presso i veroni
Della sua cara, intere
Passa le notti.
FAMILIARI
Gelosia le fiere
Serpi gli avventa in petto!
FERRANDO
Nel Trovator, che dai giardini move
Notturno il canto, d’un rivale a dritto
Ei teme.
FAMILIARI
Dalle gravi
Palpebre il sonno a discacciar, la vera
Storia ci narra di Garzia, germano
Al nostro Conte.
FERRANDO
La dirò: venite intorno a me.
(I Familiari eseguiscono)
ARMIGERI (accostandosi pur essi)
Noi pure...
FAMILIARI
Udite, udite.
(Tutti accerchiano Ferrando)
FERRANDO
Di due figli vivea padre beato
Il buon Conte di Luna:
Fida nutrice del secondo nato
Dormia presso la cuna.
Sul romper dell’aurora un bel mattino
Ella dischiude i rai;
E chi trova d’accanto a quel bambino?
CORO
Chi?... Favella... Chi? Chi mai?
FERRANDO
Abbietta zingara, fosca vegliarda!
Cingeva i simboli di una maliarda!
E sul fanciullo, con viso arcigno,
L’occhio affiggeva torvo, sanguigno!...
D’orror compresa è la nutrice...
Acuto un grido all’aura scioglie;
Ed ecco, in meno che il labbro il dice,
I servi accorrono in quelle soglie;
E fra minacce, urli e percosse
La rea discacciano ch’entrarvi osò.
CORO
Giusto quei petti sdegno commosse;
L’insana vecchia lo provocò.
FERRANDO (raccontando)
Asserì che tirar del fanciullino
L’oroscopo volea...
Bugiarda! Lenta febbre del meschino
La salute struggea!
Coverto di pallor, languido, affranto
Ei tremava la sera.
Il dì traeva in lamentevol pianto...
Ammaliato egli era!
(Familiari ed Armigeri inorridiscono)
La fattucchiera perseguitata
Fu presa, e al rogo fu condannata;
Ma rimaneva la maledetta
Figlia, ministra di ria vendetta!...
Compì quest’empia nefando eccesso!...
Sparve il fanciullo e si rinvenne
Mal spenta brace nel sito istesso
Ov’arsa un giorno la strega venne!...
E d’un bambino... ahimè!... l’ossame
Bruciato a mezzo, fumante ancor!
CORO (con terrore)
E vero!
CORO
Ah scellerata!... oh donna infame!
Del par m’investe odio ed orror!
ALCUNI
Su l’orlo dei tetti alcun l’ha veduta!
In upupa o strige talora si muta!
ALCUNI
E il padre?
ALTRI
In corvo tal’altra; più spesso in civetta!
Sull’alba fuggente al par di saetta.
FERRANDO
Brevi e tristi giorni visse:
Pure ignoto del cor presentimento
Gli diceva che spento
Non era il figlio; ed, a morir vicino,
Bramò che il signor nostro a lui giurasse
Di non cessar le indagini... ah! fûr vane!...
ARMIGERI
E di colei non s’ebbe
Contezza mai?
FERRANDO
Nulla contezza...
Oh, dato mi fosse
Rintracciarla
Un dì!...
FAMILIARI
Ma ravvisarla potresti?
FERRANDO
Morì di paura un servo del conte,
Che avea della zingara percossa la fronte!
(Tutti si pingono di superstizioso terrore)
Apparve a costui d’un gufo in sembianza
Nell’alta quiete di tacita stanza!...
Con l’occhio lucente guardava... guardava,
Il cielo attristando d’un urlo feral!
Allor mezzanotte appunto suonava...
(Una campana suona improvvisamente a
distesa mezzanotte)
TUTTI
Ah! sia maledetta la strega infernal!
(Odonsi alcuni tocchi di tamburo. Gli
uomini d’arme accorrono in fondo; i
Familiari vanno verso la porta)
FERRANDO
Calcolando
Gli anni trascorsi... lo potrei.
SCENA II
ARMIGERI
Sarebbe
Tempo presso la madre
All’inferno spedirla.
FERRANDO
All’inferno? È credenza che dimori
Ancor nel mondo l’anima perduta
Dell’empia strega, e quando il cielo è nero
In varie forme altrui si mostri.
Giardini del palazzo.
Sulla destra marmorea scalinata che mette
agli appartamenti. La notte è inoltrata;
dense nubi coprono la luna.
Leonora ed Ines
INES
Che più t’arresti?... l’ora è tarda: vieni.
Di te la regal donna
Chiese, l’udisti.
LEONORA
Un’altra notte ancora
Senza vederlo...
INES
Quanto narrasti di turbamento
M’ha piena l’alma!... Io temo...
INES
Perigliosa fiamma
Tu nutri!... Oh! come, dove
La primiera favilla
In te s’apprese?
LEONORA
Invano!
LEONORA
Ne’ tornei. V’apparve
Bruno le vesti ed il cimier, lo scudo
Bruno e di stemma ignudo,
Sconosciuto guerrier, che dell’agone
Gli onori ottenne... Al vincitor sul crine
Il serto io posi... Civil guerra intanto
Arse... Nol vidi più! come d’aurato
Sogno fuggente imago! ed era volta
Lunga stagion... ma poi...
INES
Che avvenne?
LEONORA
Ascolta.
Tacea la notte placida
E bella in ciel sereno
La luna il viso argenteo
Mostrava lieto e pieno...
Quando suonar per l’aere,
Infino allor sì muto,
Dolci s’udiro e flebili
Gli accordi d’un liuto,
E versi melanconici
Un Trovator cantò.
Versi di prece ed umile
Qual d’uom che prega Iddio
In quella ripeteasi
Un nome... il nome mio!...
Corsi al veron sollecita...
Egli era! egli era desso!...
Gioia provai che agli angeli
Solo è provar concesso!...
Al core, al guardo estatico
La terra un ciel sembrò.
INES
Dubbio, ma triste presentimento
In me risveglia quest’uomo arcano!
Tenta obliarlo...
LEONORA
Che dici!... oh basti!...
INES
Cedi al consiglio dell’amistà...
Cedi...
LEONORA
Obliarlo! Ah! tu parlasti
Detto, che intendere l’alma non sa.
Di tale amor che dirsi
Mal può dalla parola,
D’amor che intendo io sola,
Il cor s’inebriò! Il mio destino compiersi
Non può che a lui dappresso...
S’io non vivrò per esso,
Per esso io morirò!
INES
(Non debba mai pentirsi
Chi tanto un giomo amò!)
(Ascendono agli appartamenti)
SCENA III
Conte
CONTE
Tace la notte! immersa
Nel sonno, è certo, la regal Signora;
Ma veglia la sua dama... Oh! Leonora,
Tu desta sei; mel dice,
Da quel verone, tremolante un raggio
Della notturna lampa...
Ah! l’amorosa fiamma
M’arde ogni fibra!... Ch’io ti vegga è
[d’uopo,
Che tu m’intenda...Vengo...
[A noi supremo
È tal momento...
(cieco d’amore avviasi verso la gradinata.
Odonsi gli accordi d’un liuto: egli s’arresta)
Il Trovator! Io fremo!
MANRICO (fra le piante)
Deserto sulla terra,
Col rio destino in guerra
E sola speme un cor
Al Trovator!
Ma s’ei quel cor possiede,
Bello di casta fede,
E d’ogni re maggior
Il Trovator!
(La luna mostrasi dai nugoli, e lascia
scorgere una persona, di cui la visiera
nasconde il volto)
SCENA V
Manrico e detti
LEONORA
Qual voce!... Ah, dalle tenebre
Tratta in errore io fui!
(Riconosce entrambi, e gettasi ai piedi di
Manrico, agitatissima)
A te credei rivolgere
L’accento e non a lui...
A te, che l’alma mia
Sol chiede, sol desìa...
Io t’amo, il giuro, io t’amo
D’immenso, eterno amor!
CONTE
Ed osi?
CONTE
Oh detti!... Oh gelosia!...
Non m’inganno... Ella scende!
(S’avvolge nel suo mantello)
MANRICO (sollevando Leonora)
(Ah, più non bramo!)
SCENA IV
CONTE
Avvampo di furor!
Se un vil non sei discovriti.
Leonora e il Conte
LEONORA (correndo verso il Conte)
Anima mia!
CONTE
(Che far?)
LEONORA
Più dell’usato
È tarda l’ora; io ne contai gl’istanti
Co’ palpiti del core!... Alfin ti guida
Pietoso amor tra queste braccia...
MANRICO
Infida!...
LEONORA
(Ohimè!)
CONTE
Palesa il nome...
LEONORA (sommessamente a Manrico)
Deh, per pietà!...
MANRICO (sollevando la visiera dell’elmo)
Ravvisami, Manrico io son.
CONTE:
Tu!... Come!
Insano temerario!
D’Urgel seguace, a morte
Proscritto, ardisci volgerti
A queste regie porte?
MANRICO
Che tardi?... or via, le guardie
Appella, ed il rivale
Al ferro del carnefice
Consegna.
CONTE
Il tuo fatale istante
Assai più prossimo
È, dissennato! Vieni...
LEONORA
Conte!
CONTE
Al mio sdegno vittima
È d’uopo ch’io ti sveni...
LEONORA
Oh ciel! t’arresta...
CONTE
Seguimi...
MANRICO
Andiam...
LEONORA
(Che mai farò?
Un sol mio grido perdere
Lo puote..) M’odi...
CONTE
No!
Di geloso amor sprezzato
Arde in me tremendo il foco!
Il tuo sangue, o sciagurato,
Ad estinguerlo fia poco!
(a Leonora)
Dirgli, o folle, - Io t’amo - ardisti!...
Ei più vivere non può...
Un accento proferisti
Che a morir lo condannò!
LEONORA:
Un istante almen dia loco
Il tuo sdegno alla ragione...
Io, sol io, di tanto foco
Son, pur troppo, la cagione!
Piombi, ah! piombi il tuo furore
Sulla rea che t’oltraggiò...
Vibra il ferro in questo core,
Che te amar non vuol, né può.
MANRICO:
Del superbo vana è l’ira;
Ei cadrà da me trafitto.
Il mortal che amor t’ispira,
Dall’amor fu reso invitto.
(Al Conte)
La tua sorte è già compita...
L’ora ormai per te suonò!
Il suo core e la tua vita
Il destino a me serbò!
(I due rivali si allontanano con le
spade sguainate; Leonora cade, priva di
sentimento)
PARTE SECONDA
La Gitana
SCENA I
Un diruto abituro sulla falda di un monte
della Biscaglia. Nel fondo, quasi tutto
aperto, arde un gran fuoco. I primi albori.
Azucena siede presso il fuoco. Manrico le
sta disteso accanto sopra una coltrice ed
avviluppato nel suo mantello; ha l’elmo ai
piedi e fra le mani la spada, su cui figge
immobilmente lo sguardo. Una banda di
Zingari è sparsa all’interno.
ZINGARI
Vedi! Le fosche notturne spoglie
De’ cieli sveste l’immensa volta;
Sembra una vedova che alfin si toglie
I bruni panni ond’era involta.
All’opra! all’opra! Dàgli, martella.
(Dànno di piglio ai loro ferri del mestiere; al
misurato tempestar dei martelli cadenti sulle
incudini, or uomini, or donne, e tutti in un
tempo infine intonano la cantilena seguente:)
Chi del gitano i giorni abbella?
La zingarella!
UOMINI
(alle donne, sostando un poco dal lavoro)
Versami un tratto; lena e coraggio
Il corpo e l’anima traggon dal bere.
(Le donne mescono ad essi in rozze coppe)
UOMINI E DONNE
Oh guarda, guarda! del sole un raggio
Brilla più vivido nel mio/tuo bicchiere!
TUTTI
All’opra, all’opra... Dàgli, martella...
Chi del gitano i giorni abbella?
La zingarella!
AZUCENA
(Canta: gli Zingari le si fanno allato)
Stride la vampa! - la folla indomita
Corre a quel fuoco - lieta in sembianza;
Urli di gioia - intorno echeggiano:
Cinta di sgherri - donna s’avanza!
Sinistra splende - sui volti orribili
La tetra fiamma - che s’alza al ciel!
Stride la vampa! - giunge la vittima
Nerovestita, - discinta e scalza!
Grido feroce - di morte levasi;
L’eco il ripete - di balza in balza!
Sinistra splende - sui volti orribili
La tetra fiamma - che s’alza al ciel!
ZINGARI
Mesta è la tua canzon!
AZUCENA
Del pari mesta
Che la storia funesta
Da cui tragge argomento!
(Rivolge il capo dalla parte di Manrico e
mormora sommessamente)
Mi vendica... Mi vendica!
MANRICO
(L’arcana parola ognor!)
VECCHIO ZINGARO
Compagni, avanza il giorno
A procacciarci un pan, su, su!... scendiamo
Per le propinque ville.
UOMINI
Andiamo.
(Ripongono sollecitamente ne’ sacchi i loro
arnesi)
DONNE
Andiamo.
(Tutti scendono alla rinfusa giù per la china;
tratto tratto, e sempre a maggior distanza,
odesi il loro canto)
ZINGARI
Chi del gitano i giorni abbella?
La zingarella!
MANRICO (sorgendo)
Soli or siamo; deh, narra
Questa storia funesta.
AZUCENA
E tu la ignori,
Tu pur!... Ma, giovinetto, i passi tuoi
D’ambizion lo sprone
Lungi traea!... Dell’ava il fine acerbo
E quell’istoria: la incolpò superbo
Conte di malefizio, onde asserìa
Colto un bambin suo figlio... Essa bruciata
Venne ov’arde quel foco!
MANRICO
(rifuggendo con raccapriccio dalla fiamma)
Ahi! Sciagurata!
AZUCENA
Condotta ell’era in ceppi al suo destin
[tremendo!
Col figlio sulle braccia, io la seguìa
[piangendo.
Infino ad essa un varco tentai, ma
[invano, aprirmi,
Invan tentò la misera fermarsi e benedirmi!
Ché, fra bestemmie oscene, pungendola
[coi ferri,
Al rogo la cacciavano gli scellerati sgherri!
Allor, con tronco accento: - Mi vendica!
[- esclamò.
Quel detto un’eco eterna in questo cor
[lasciò.
MANRICO
La vendicasti?
AZUCENA
Il figlio giunsi a rapir del Conte:
Lo trascinai qui meco...
Le fiamme ardean già pronte.
MANRICO (con raccapriccio)
Le fiamme!... oh ciel!... tu forse?...
AZUCENA
Ei distruggeasi in pianto...
Io mi sentiva il core dilaniato, infranto!...
Quand’ecco agli egri spirti, come in un
[sogno, apparve
La vision ferale di spaventose larve!
Gli sgherri... ed il supplizio!... La madre
[smorta in volto,
Scalza... discinta!... il grido, il noto grido
[ascolto...
Mi vendica!... La mano convulsa tendo...
[stringo
La vittima... nel foco la traggo, la sospingo...
Cessa il fatal delirio... L’orrida scena fugge...
La fiamma sol divampa, e la sua preda
[strugge!
Pur volgo intorno il guardo e innanzi a
[me vegg’io
Dell’empio Conte il figlio...
MANRICO
Ah! come?
AZUCENA
Il figlio mio,
Mio figlio avea bruciato!
MANRICO
Che dici! quale orror!
AZUCENA
Sul capo mio le chiome sento rizzarsi ancor!
(Azucena ricade trambasciata sul proprio
seggio, Manrico ammutolisce colpito d’orrore e
di sorpresa. Momenti di silenzio)
MANRICO
Non son tuo figlio?... E chi son io, chi
[dunque?
AZUCENA (con la sollecitudine di chi
cerca emendare il proprio fallo)
Tu sei mio figlio!
MANRICO
Eppur dicesti...
AZUCENA
Ah!... forse...
Che vuoi! quando al pensier s’affaccia il
[truce
Caso, lo spirto intenebrato pone
Stolte parole sul mio labbro... Madre,
Tenera madre non m’avesti ognora?
MANRICO
Potrei negarlo?
AZUCENA
A me, se vivi ancora,
Nol dêi? Notturna, nei pugnati campi
Di Pelilla, ove spento
Fama ti disse, a darti
Sepoltura non mossi? La fuggente
Aura vital non iscovrì, nel seno
Non t’arrestò materno affetto? E quante
Cure non spesi a risanar le tante
Ferite!...
MANRICO (con nobile orgoglio)
Che portai nel dì fatale...
Ma tutte qui, nel petto!... Io sol, fra mille
Già sbandati, al nemico
Volgendo ancor la faccia!... Il rio De Luna
Su me piombò col suo drappello; io caddi,
Però da forte io caddi!
AZUCENA
Ecco mercede
Ai giorni, che l’infame
Nel singolar certame
Ebbe salvi da te!... Qual t’acciecava
Strana pietà per esso?
MANRICO
Oh madre!... Non saprei dirlo a me stesso!
AZUCENA
Strana pietà…
MANRICO
Mal reggendo all’aspro assalto,
Ei già tocco il suolo avea:
Balenava il colpo in alto
Che trafiggerlo dovea...
Quando arresta un moto arcano,
Nel discender, questa mano...
Le mie fibre acuto gelo
Fa repente abbrividir!
Mentre un grido vien dal cielo,
Che mi dice: - Non ferir! AZUCENA
Ma nell’alma dell’ingrato
Non parlò del cielo un detto!
Oh! se ancor ti spinge il fato
A pugnar col maledetto,
Compi, o figlio, qual d’un Dio,
Compi allora il cenno mio!
Sino all’elsa questa lama
Vibra, immergi all’empio in cor.
MANRICO
Sì, lo giuro, questa lama
Scenderà dell’empio in cor.
(Odesi un prolungato suono di corno)
L’usato messo Ruiz invia!
Forse...
(Dà fiato anch’esso al corno che tien sospeso
ad armacollo)
AZUCENA
Mi vendica!
(Resta concentrata quasi inconsapevole di
ciò che succede)
SCENA II
Messo e detti
MANRICO (al Messo)
Inoltra il piè.
Guerresco evento, dimmi, seguìa?
MESSO
(porgendo il foglio che Manrico legge)
Risponda il foglio che reco a te.
MANRICO
«In nostra possa è Castellor; ne dêi
Tu, per cenno del prence,
Vigilar le difese; ove ti è dato,
Affrettati a venir... Giunta la sera,
Tratta in inganno di tua morte al grido,
Nel vicin Chiostro della croce il velo
Cingerà Leonora».
(Con dolorosa esclamazione)
Oh giusto cielo!
AZUCENA (scuotendosi)
(Che fia!)
MANRICO (al Messo)
Veloce scendi la balza,
E d’un cavallo a me provvedi...
MESSO
Corro...
AZUCENA (frapponendosi)
Manrico!
MANRICO
Mi lascia...
AZUCENA (autorevole)
Ferma... Son io che parlo a te!
Perigliarti ancor languente
Per cammin selvaggio ed ermo!
Le ferite vuoi, demente,
Rïaprir del petto infermo?
No, soffrirlo non poss’io...
Il tuo sangue è sangue mio!...
Ogni stilla che ne versi
Tu la spremi dal mio cor!
MANRICO
Un momento può involarmi
Il mio ben, la mia speranza!...
No, che basti ad arrestarmi
Terra e ciel non han possanza...
Ah!... mi sgombra, o madre, i passi...
Guai per te s’io qui restassi! ...
Tu vedresti ai piedi tuoi
Spento il figlio dal dolor!
MANRICO
Il tempo incalza...
Vola, m’aspetta del colle a’ piedi.
(S’allontana, indarno trattenuto da Azucena)
(Il Messo parte frettolosamente)
SCENA III
AZUCENA
E speri, e vuoi?...
Atrio interno di un luogo di ritiro in vicinanza
di Castellor. Alberi nel fondo. È notte. Il Conte,
Ferrando ed alcuni Seguaci inoltrandosi
cautamente avviluppati nei loro mantelli.
MANRICO
(Perderla?... Oh ambascia!...
Perder quell’angelo?..)
AZUCENA
(È fuor di sé!)
MANRICO (postosi l’elmo sul capo ed
afferrando il mantello)
Addio...
AZUCENA
No... ferma... odi...
CONTE
Tutto è deserto, né per l’aura ancora
Suona l’usato carme...
In tempo io giungo!
FERRANDO
Ardita opra, o Signore,
Imprendi.
CONTE
Ardita, e qual furente amore
Ed irritato orgoglio
Chiesero a me. Spento il rival, caduto
Ogni ostacol sembrava a’ miei desiri;
Novello e più possente ella ne appresta...
L’altare! Ah no, non fia
D’altri Leonora!... Leonora è mia!
Il balen del suo sorriso
D’una stella vince il raggio!
Il fulgor del suo bel viso
Novo infonde in me coraggio!...
Ah! l’amor, l’amore ond’ardo
Le favelli in mio favor!
Sperda il sole d’un suo sguardo
La tempesta del mio cor.
(Odesi il rintocco de’ sacri bronzi)
Qual suono!... oh ciel...
FERRANDO
La squilla
Vicino il rito annunzia!
CONTE
Ah! pria che giunga
All’altar... si rapisca!...
CONTE (nell’eccesso del furore)
Per me, ora fatale,
I tuoi momenti affretta…
La gioia che m’aspetta
Gioia mortal non è!...
Invano un Dio rivale
S’oppone nemmeno un Dio,
Donna, rapirti a me!
(S’allontana a poco a poco e si nasconde col
Coro fra gli alberi)
CORO INTERNO DI RELIGIOSE
Ah!... se l’error t’ingombra,
O figlia d’Eva, i rai,
Presso a morir, vedrai
Che un’ombra, un sogno fu,
Anzi del sogno un’ombra
La speme di quaggiù!
Vieni e t’asconda il velo
Ad ogni sguardo umano:
Aura o pensier mondano
Qui vivo più non è.
Al ciel ti volgi e il cielo
Si schiuderà per te.
FERRANDO
Oh bada!
CONTE
Taci!...
Non odo... andate... di quei faggi all’ombra
Celatevi...
(Ferrando e gli altri seguaci si allontanano)
Ah! fra poco
Mia diverrà... Tutto m’investe un foco!
(Ansioso, guardingo osserva dalla parte
donde deve giungere Leonora, mentre
Ferrando e i seguaci dicono sottovoce:)
FERRANDO, SEGUACI
Ardire!... Andiam!... celiamoci
Fra l’ombre... nel mister!
Ardire! Andiam! silenzio!
Si compia il suo voler.
SCENA IV
Leonora con seguito muliebre. Ines, poi il
Conte, Ferrando, Seguaci, indi Manrico.
LEONORA
Perché piangete?
DONNE
Ah!... dunque
Tu per sempre ne lasci!
LEONORA
O dolci amiche,
Un riso, una speranza, un fior la terra
Non ha per me! Degg’io
Volgermi a Quei che degli afflitti è solo
Sostegno e dopo i penitenti giorni
Può fra gli eletti al mio perduto bene
Ricongiungermi un dì!...
(incamminandosi)
Tergete i rai
E guidatemi all’ara!
CONTE (irrompendo ad un tratto)
No, giammai!...
DONNE
Il Conte!
LEONORA
Giusto ciel!
CONTE
Per te non havvi
Che l’ara d’imeneo.
DONNE
Cotanto ardìa!...
LEONORA
Insano!... E qui venisti?...
A danno mio rinunzia
Le prede sue l’inferno!
Ma se non mai si fransero
De’ giorni tuoi gli stami,
Se vivi e viver brami,
Fuggi da lei, da me. Manrico
MANRICO
Né m’ebbe il ciel, né l’orrido
Varco infernal sentiero...
Infami sgherri vibrano
Mortali colpi, è vero!
Potenza irresistibile
Hanno de’ fiumi l’onde!
Ma gli empi un Dio confonde!
Quel Dio soccorse a me.
DONNE (a Leonora)
Il cielo in cui fidasti
Pietade avea di te.
FERRANDO, SEGUACI (al Conte)
Tu col destin contrasti:
Suo difensore egli è.
CONTE
A farti mia.
(E sì dicendo scagliasi verso Leonora, onde
impadronirsi di lei; ma fra esso e la preda
trovasi, qual fantasma sorto di sotterra,
Manrico. Un grido universale irrompe)
LEONORA
E deggio... e posso crederlo?
Ti veggo a me d’accanto!
È questo un sogno, un’estasi,
Un sovrumano incanto!
Non regge a tanto giubilo
Rapito, il cor sospeso!
Sei tu dal ciel disceso,
O in ciel son io cor te?
CONTE
Dunque gli estinti lasciano
Di morte il regno eterno;
SCENA V
Ruiz seguito da una lunga tratta di Armati,
e detti.
RUIZ
Urgel viva!
MANRICO
Miei prodi guerrieri!
RUIZ:
Vieni...
MANRICO (a Leonora)
Donna, mi segui.
CONTE (opponendosi)
E tu speri?
LEONORA
Ah!
LEONORA
(M’atterrisce...)
MANRICO (al Conte)
T’arresta...
CONTE
Ho le furie nel cor!
CONTE (sguainando la spada)
Involarmi costei!
No!
INES E DONNE
Ah, sì! il ciel pietade avea di te!
RUIZ, ARMATI (accerchiando il Conte)
Vaneggi!
FERRANDO, SEGUACI
Che tenti, Signor?
(Il Conte è disarmato da quei di Ruiz)
CONTE
(con gesti ed accenti di maniaco furore)
Di ragione ogni lume perdei!
RUIZ, ARMATI (a Manrico)
Vien: la sorte sorride per te!
FERRANDO, SEGUACI (al Conte)
Cedi; or ceder viltade non è!
(Manrico tragge seco Leonora, il Conte
è respinto; le donne rifuggono al cenobio.
Scende subito la tela)
PARTE TERZA
Il figlio della Zingara
SCENA I
Accampamento. A destra il padiglione del
Conte di Luna, su cui sventola la bandiera
in segno di supremo comando; da lungi
torreggia Castellor. Scolte di Uomini d’arme
dappertutto; alcuni giuocano, altri puliscono
le armi, altri passeggiano, poi Ferrando dal
padiglione del Conte.
ALCUNI ARMIGERI
Or co’ dadi, ma fra poco
Giocherem ben altro gioco.
ALTRI
Quest’acciar, dal sangue or terso,
Fia di sangue in breve asperso!
(Odonsi strumenti guerrieri; tutti si
volgono là onde il suono si avanza. Un
grosso drappello di balestrieri, in completa
armatura, traversa il campo)
TUTTI
Tu c’inviti a danza!
Squilli, echeggi la tromba guerriera,
Chiami all’armi, alla pugna, all’assalto;
Fia domani la nostra bandiera
Di quei merli piantata sull’alto.
No, giammai non sorrise vittoria
Di più liete speranze finor!...
Ivi l’util ci aspetta e la gloria,
Ivi opimi la preda e l’onor.
(Si disperdono)
SCENA II
CONTE (uscito dalla tenda volge uno
sguardo bieco a Castellor)
In braccio al mio rival! Questo pensiero
Come persecutor demone ovunque
M’insegue!... In braccio al mio rival!...
[Ma corro,
Surta appena l’aurora,
Io corro a separarvi... Oh Leonora!
(Odesi tumulto)
ALCUNI
Il soccorso dimandato!
SCENA III
ALTRI
Han l’aspetto del valor!
TUTTI
Più l’assalto ritardato
Or non fia di Castellor.
No, no, non fia più!
FERRANDO (dal padiglione del Conte)
Sì, prodi amici; al dì novello è mente
Del capitan la rocca
Investir d’ogni parte.
Colà pingue bottino
Certezza è rinvenir più che speranza.
Si vinca; è nostro.
Ferrando e detto.
CONTE
Che fu?
FERRANDO
Dappresso il campo
S’aggirava una zingara: sorpresa
Da’ nostri esploratori,
Si volse in fuga; essi, a ragion temendo
Una spia nella trista,
L’inseguir...
CONTE
Fu raggiunta?
FERRANDO
È presa.
CONTE
Che?
CONTE
Vista
L’hai tu?
AZUCENA
D’una zingara è costume
Mover senza disegno
Il passo vagabondo,
Ed è suo tetto il ciel, sua patria il mondo.
FERRANDO
No; della scorta
Il condottier m’apprese
L’evento.
CONTE
Eccola.
CONTE
E vieni?
AZUCENA
Da Biscaglia, ove finora
Le sterili montagne ebbi a ricetto!
(Tumulto più vicino)
CONTE
(Da Biscaglia!)
SCENA IV
Azucena, con le mani avvinte, trascinata
dagli Esploratori, un codazzo d’altri
Soldati, e detti.
ESPLORATORI
Innanzi, o strega, innanzi!...
AZUCENA
Aita!... Mi lasciate... Ah furibondi!
Che mal fec’io?
CONTE
S’appressi.
(Azucena è tratta innanzi al Conte)
A me rispondi
E trema dal mentir!
AZUCENA
Chiedi!
CONTE
Ove vai?
AZUCENA
No ’l so.
FERRANDO
(Che intesi!... O qual sospetto!)
AZUCENA
Giorni poveri vivea,
Pur contenta del mio stato;
Sola speme un figlio avea!
Mi lasciò!... m’oblìa, l’ingrato!
Io deserta, vado errando
Di quel figlio ricercando,
Di quel figlio che al mio core
Pene orribili costò!...
Qual per esso provo amore
Madre in terra non provò!
FERRANDO
(Il suo volto!)
CONTE
Di’, traesti
Lunga etade tra quei monti?
AZUCENA
Lunga, sì.
CONTE
Rammenteresti
Un fanciul, prole di conti,
Involato al suo castello,
Son tre lustri, e tratto quivi?
AZUCENA
E tu, parla... sei?...
CONTE
Fratello del rapito.
AZUCENA
(Ah!)
FERRANDO
(notando il mal nascosto terrore di Azucena)
(Sì!)
CONTE
Ne udivi
Mai novella?
AZUCENA
Io?... No... Concedi
Che del figlio l’orme io scopra.
FERRANDO
Resta, iniqua...
AZUCENA
(Ohimè!..)
FERRANDO
È dessa che il bambino
Arse!
CONTE
Ah! perfida!
CORO
Ella stessa!
AZUCENA
Ei mentisce...
CONTE
Al tuo destino
Or non fuggi.
AZUCENA
Deh!...
CONTE
Quei nodi
Più stringete.
(I soldati eseguiscono)
AZUCENA
Oh! Dio!... Oh Dio!...
CORO
Urla pure.
FERRANDO
Tu vedi
Chi l’infame, orribil opra
Commettea...
AZUCENA (con disperazione)
E tu non m’odi,
O Manrico, o figlio mio?...
Non soccorri all’infelice
Madre tua?
CONTE
Finisci.
CONTE
Di Manrico genitrice?
FERRANDO
È dessa.
FERRANDO
Trema!...
AZUCENA (piano a Ferrando)
(Taci)
CONTE
Oh sorte!... in mio poter!
AZUCENA
Deh, rallentate, o barbari,
Le acerbe mie ritorte...
Questo crudel supplizio
È prolungata morte!
D’iniquo genitore
Empio figliuol peggiore,
Trema!... v’è Dio pe’ miseri,
E Dio ti punirà!
CONTE
Tua prole, o turpe zingara,
Colui, quel traditore?...
Potrò col tuo supplizio
Ferirlo in mezzo al core!
Gioia m’innonda il petto,
Cui non esprime il detto!...
Meco il fraterno cenere
Piena vendetta avrà!
MANRICO
Alto è il periglio! vano
Dissimularlo fora!
Alla novella aurora
Assaliti saremo!...
LEONORA
Ahimè!... che dici!...
MANRICO
Ma de’ nostri nemici
Avrem vittoria... Pari
Abbiam al loro ardir, brando e
coraggio!...
(a Ruiz)
Tu va’; le belliche opre,
Nell’assenza mia breve, a te commetto.
Che nulla manchi!...
(Ruiz parte)
FERRANDO, ZINGARI
Infame pira sorgere,
Ah, sì, vedrai tra poco...
Né solo tuo supplizio
Sarà terreno foco!...
Le vampe dell’inferno
A te fina rogo eterno;
Ivi penare ed ardere
L’anima tua dovrà!
(Al cenno del Conte i Soldati traggon seco
Azucena. Egli entra nella sua tenda, seguito
da Ferrando)
SCENA VI
Manrico e Leonora.
LEONORA
Di qual tetra luce
Il nostro imen risplende!
MANRICO
Il presagio funesto,
Deh, sperdi, o cara!...
LEONORA
E il posso?
SCENA V
Sala adiacente alla Cappella in Castellor,
con il verone nel fondo.
Manrico, Leonora e Ruiz.
LEONORA
Quale d’armi fragor
Poc’anzi intesi?
MANRICO
Amor... sublime amore,
In tale istante ti favelli al core.
Ah! sì, ben mio, coll’essere
Io tuo, tu mia consorte,
Avrò più l’alma intrepida,
Il braccio avrò più forte;
Ma pur se nella pagina
De’ miei destini è scritto
Ch’io resti fra le vittime
Dal ferro ostil trafitto,
Fra quegli estremi aneliti
A te il pensier verrà
E solo in ciel precederti
La morte a me parrà!
LEONORA
Tu fremi!
(Odesi il suono dell’organo della vicina
cappella)
MANRICO
Suo figlio!...
Ah! vili!... il rio spettacolo
Quasi il respir m’invola!...
Raduna i nostri, affrettati...
Ruiz... va... torna... vola...
(Ruiz parte)
Di quella pira l’orrendo foco
Tutte le fibre m’arse. avvampò!...
Empi, spegnetela, o ch’io fra poco
Col sangue vostro la spegnerò...
Era già figlio prima d’amarti…
Non può frenarmi il tuo martir!
Madre infelice, corro a salvarti,
O teco almeno corro a morir!
LEONORA E MANRICO
L’onda de’ suoni mistici
Pura discende al cor!
Vieni; ci schiude il tempio
Gioie di casto amor!
(Mentre s’avviano giubilanti al tempio,
Ruiz sopraggiunge frettoloso)
RUIZ
Manrico?
MANRICO
Che?
RUIZ
La zingara,
Vieni… tra ceppi mira...
MANRICO
E il deggio!... Sappilo. Io son...
LEONORA
Chi mai?
LEONORA
Non reggo a colpi tanto funesti...
Oh, quanto meglio sarìa morir!
(Ruiz torna con Armati)
MANRICO
Oh Dio!
RUIZ, ARMATI
All’armi, all’armi! eccone presti
A pugnar teco, o teco a morir.
RUIZ
Per man de’ barbari
Accesa è già la pira...
(Manrico parte frettoloso seguito da Ruiz
e dagli Armati, mentre odesi dall’interno
fragor d’armi e di bellici strumenti)
MANRICO (accostandosi al verone)
Oh ciel! mie membra oscillano...
Nube mi copre il ciglio!…
PARTE QUARTA
Il supplizio
SCENA I
Un’ala del palazzo dell’Aliaferia.
All’angolo una torre con finestre assicurate
da spranghe di ferro. Notte oscurissima. Si
avanzano due persone ammantellate: Ruiz
e Leonora.
RUIZ (sommessamente)
Siam giunti; ecco la torre, ove di Stato
Gemono i prigionieri... ah, l’infelice
Ivi fu tratto!
LEONORA
Vanne,
Lasciami, né timor di me ti prenda...
Salvarlo io potrò forse.
(Ruiz si allontana)
Timor di me?... sicura,
Presta è la mia difesa.
(I suoi occhi figgonsi ad una gemma che le
fregia la mano destra)
In quest’oscura
Notte ravvolta, presso a te son io,
E tu nol sai... Gemente
Aura che intorno spiri,
Deh, pietosa gli arreca i miei sospiri...
D’amor sull’ali rosee
Vanne, sospir dolente:
Del prigioniero misero
Conforta l’egra mente...
Com’aura di speranza
Aleggia in quella stanza:
Lo desta alle memorie,
Ai sogni dell’amor!…
Ma deh! non dirgli, improvvido,
Le pene del mio cor!
(Suona la campana dei morti)
VOCI INTERNE
Miserere d’un’alma già vicina
Alla partenza che non ha ritomo!
Miserere di lei. Bontà divina,
Preda non sia dell’infernal soggiorno!
LEONORA
Quel suon, quelle preci solenni, funeste,
Empiron quest’aere di cupo terror!
Contende l’ambascia, che tutta m’investe,
Al labbro il respiro, i palpiti al cor!
(Rimane assorta; dopo qualche momento
scuotesi, ed è in procinto di partire, allorché
viene dalla torre un gemito e quindi un
mesto suono: ella si ferma)
MANRICO (dalla torre)
Ah, che la morte ognora
È tarda nel venir
A chi desia morir!...
Addio, Leonora!
LEONORA
Oh ciel!... sento mancarmi!
VOCI INTERNE
Miserere d’un’alma già vicina
Alla partenza che non ha ritorno!
Miserere di lei. Bontà divina
Preda non sia dell’infernal soggiorno!
LEONORA
Sull’orrida torre, ah! par che la morte
Con ali di tenebre librando si va!…
Ahi! forse dischiuse gli fian queste porte
Sol quando cadaver già freddo sarà!
MANRICO (dalla torre)
Sconto col sangue mio
L’amor che posi in te!...
Non ti scordar di me!…
Leonora, addio!
LEONORA
Di te, di te scordarmi!!...
Tu vedrai che amore in terra
Mai del mio non fu più forte;
Vinse il fato in aspra guerra,
Vincerà la stessa morte.
O col prezzo di mia vita
La tua vita io salverò,
O con te per sempre unita
Nella tomba io scenderò.
LEONORA
Ah sì, per esso
Pietà dimando...
CONTE
Che! tu deliri!
Io del rival sentir pietà?
LEONORA
Clemente nume a te l’ispiri...
SCENA II
S’apre una porta; n’escono il Conte ed
alcuni Seguaci. Leonora si pone in disparte.
CONTE
Udite? Come albeggi,
La scure al figlio ed alla madre il rogo.
(i Seguaci entrano nella torre)
Abuso io forse del poter che pieno
In me trasmise il prence! A tal mi traggi,
Donna per me funesta!... Ov’ella è mai?
Ripreso Castellor, di lei contezza
Non ebbi, e furo ondarne
Tante ricerche e tante!
Ah! dove sei, crudele?
LEONORA (avanzandosi)
A te davante.
CONTE
Qual voce!... come!... tu, donna?
LEONORA
Il vedi.
CONTE
A che venisti?
CONTE
È sol vendetta mio nume...Va.
LEONORA
(si getta disperatamente a’ suoi piedi)
Mira, di acerbe lagrime
Spargo al tuo piede un rio:
Non basta il pianto? Svenami,
Ti bevi il sangue mio...
Calpesta il mio cadavere,
Ma salva il Trovator!
CONTE
Ah! dell’indegno rendere
Vorrei peggior la sorte:
Fra mille atroci spasimi
Centuplicar sua morte;
Più l’ami, e più terribile
Divampa il mio furor!
LEONORA
Calpesta il mio cadavere,
Ma salva il Trovator!
CONTE
Più l’ami e più terribile
Divampa il mio furor!
(Vuol partire, Leonora si avvinghia ad esso)
LEONORA
Egli è già presso
All’ora estrema; e tu lo chiedi?
LEONORA
Conte...
CONTE
Osar potresti?...
CONTE
Né cessi?
LEONORA
Grazia!...
LEONORA
(M’avrai, ma fredda esanime spoglia!)
CONTE
Prezzo non avvi alcuno
Ad ottenerla... scòstati!...
CONTE (a Leonora)
Colui vivrà.
LEONORA
Uno ve n’ha!... sol uno!...
Ed io te l’offro.
CONTE
Spiegati, Qual prezzo, di’.
LEONORA (stendendo la destra con dolore)
Me stessa!
CONTE
Ciel!... tu dicesti?...
LEONORA
E compiere
Saprò la mia promessa.
CONTE
È sogno il mio?
LEONORA (alzando gli occhi, cui fanno
velo lagrime di gioia)
(Vivrà!... contende il giubilo
I detti a me, Signore...
Ma coi frequenti palpiti
Merce’ ti rende il core!
Ora il mio fine impavida,
Piena di gioia attendo...
Potrò dirgli morendo:
Salvo tu sei per me!)
CONTE
Fra te che parli?... volgimi,
Volgimi il detto ancora,
O mi parrà delirio
Quanto ascoltai finora...
Tu mia!... tu mia!... ripetilo.
Il dubbio cor serena...
Ah!... ch’io lo credo appena
Udendolo da te!
LEONORA
Dischiudimi
La via fra quelle mura...
Ch’ei m’oda... Che la vittima
Fugga, e son tua.
LEONORA
Andiam...
CONTE
Lo giura.
LEONORA
È sacra la mia fe’!
LEONORA
Lo giuro a Dio che l’anima
Tutta mi vede!
(Entrano nella torre)
CONTE
Olà!
(correndo all’uscio della torre. Si presenta
un custode; mentre il Conte gli parla
all’orecchio, Leonora sugge il veleno chiuso
nell’anello)
CONTE
Giurasti... pensaci!
SCENA III
Orrido carcere. In un canto finestra con
inferriata. Porta nel fondo. Smorto fanale
pendente dalla volta.
Azucena giacente sopra una specie di rozza
coltre, Manrico seduto a lei dappresso.
(con gioia feroce)
Uno scheletro!
MANRICO
Cessa!
MANRICO
Madre?... non dormi?
AZUCENA
Non odi?... gente appressa...
I carnefici son... vogliono al rogo
Trarmi!... Difendi la tua madre!
AZUCENA
L’invocai più volte,
Ma fugge il sonno a queste luci...
Prego...
MANRICO
Alcuno,
Ti rassicura, qui non volge...
MANRICO
L’aura fredda è molesta
Alle tue membra forse?
AZUCENA
(senza badare a Manrico, con ispavento)
Il rogo!
Parola orrenda!
AZUCENA
No; da questa
Tomba di vivi sol fuggir vorrei,
Perché sento il respiro soffocarmi!...
MANRICO (torcendosi le mani)
Fuggir!
AZUCENA (sorgendo)
Non attristarti:
Far di me strazio non potranno i crudi!
MANRICO
Ah! come?
AZUCENA
Vedi?... Le sue fosche impronte
M’ha già stampato in fronte
Il dito della morte!
MANRICO
Ahi!
AZUCENA
Troveranno
Un cadavere muto, gelido!... anzi
MANRICO
Oh madre!... oh madre!
AZUCENA
Un giorno, turba feroce l’ava tua condusse
Al rogo... Mira la terribil vampa!
Ella n’è tocca già! già l’arso crine
Al ciel manda faville!...
Osserva le pupille
Fuor dell’orbita lor!... ahi... chi mi toglie
A spettacol sì atroce?
(cadendo tutta convulsa fra le braccia di
Manrico)
MANRICO
Se m’ami ancor, se voce
Di figlio ha possa d’una madre in seno,
Ai terrori dell’alma
Oblìo cerca nel sonno, e posa e calma.
(la conduce presso alla coltre)
AZUCENA
Sì, la stanchezza m’opprime, o figlio...
Alla quïete io chiudo il ciglio...
Ma se del rogo arder si veda
L’orrida fiamma, destami allor.
MANRICO
Riposa, o madre: Iddio conceda
Men tristi immagini al tuo sopor.
AZUCENA (tra il sonno e la veglia)
Ai nostri monti... ritorneremo...
L’antica pace... ivi godremo..
Tu canterai... sul tuo lîuto...
In sonno placido... io dormirò!
MANRICO
Riposa, o madre: io prono e muto
La mente al cielo rivolgerò.
(Azucena si addormenta. Manrico resta
genuflesso accanto a lei)
SCENA ULTIMA
Si apre la porta, entra Leonora: gli anzidetti,
in ultimo il Conte con séguito di Armati.
MANRICO
Ciel!... non m’inganna quel fioco lume?...
LEONORA
Son io, Manrico...
MANRICO
Oh, mia Leonora!
Ah, mi concedi, pietoso Nume,
Gioia sì grande, anzi ch’io mora?
LEONORA
Tu non morrai... vengo a salvarti...
MANRICO
Come!... a salvarmi?, fia vero!
LEONORA
Addio...
Tronca ogni indugio... t’affretta... parti...
(accennandogli la porta)
MANRICO
E tu non vieni?
LEONORA
Restar degg’io!...
MANRICO
Restar!...
LEONORA
Deh! fuggi!...
MANRICO
No.
LEONORA
(cercando di trarlo verso l’uscio)
Guai se tardi!
MANRICO
No...
LEONORA
La tua vita!...
MANRICO
Io la disprezzo...
Pur figgi, o donna, in me gli sguardi!...
Da chi l’avesti?... ed a qual prezzo?...
Parlar non vuoi?... Balen tremendo!...
Dal mio rivale!... intendo... intendo!...
Ha quest’infame l’amor venduto...
Venduto un core che mi giurò!
LEONORA
Oh, come l’ira ti rende cieco!
Oh, quanto ingiusto, crudel sei meco!
T’arrendi... fuggi, o sei perduto!
Nemmeno il cielo salvar ti può!
(Si getta ai piedi di Manrico)
AZUCENA (dormendo)
Ai nostri monti... ritorneremo...
L’antica pace... ivi godremo...
Tu canterai... sul tuo liuto...
In sonno placido... io dormirò...
MANRICO
Ti scosta...
Ma qui... qui foco orribile
Arde...
LEONORA
Non respingermi...
Vedi?... languente, oppressa, io manco...
MANRICO
Che festi!... o cielo!
MANRICO
Va’... ti abbomino...
Ti maledico...
LEONORA
Ah, cessa!
Non d’imprecar, di volgere
Per me la prece a Dio
È questa l’ora!
MANRICO
Un brivido
Corse nel petto mio!
LEONORA
Prima che d’altri vivere...
Io volli tua morir!...
MANRICO
Insano!... ed io quest’angelo
Osava maledir!
LEONORA
Più non resisto!
MANRICO
Ahi misera!...
(Entra il Conte, arrestandosi sulla soglia)
LEONORA (cade bocconi)
Manrico!
MANRICO (accorrendo a sollevarla)
Donna, svelami...
Narra.
LEONORA
Ho la morte in seno...
MANRICO
La morte!...
LEONORA
Ah, fu più rapida
La forza del veleno
Ch’io non pensava!...
LEONORA
Ecco l’istante... io moro...
(stringendogli la destra in segno d’addio)
Manrico! Or la tua grazia...
Padre del cielo... imploro...
Prima... che... d’altri vivere...
Io volli... tua morir!
MANRICO
Insano!… ed io quest’angelo
Osava maledir!
CONTE
(Ah! volle me deludere,
E per costui morir!)
(Leonora spira)
MANRICO
Oh fulmine!
LEONORA
Senti! la mano è gelo...
(toccandosi il petto)
CONTE (additando agli armati Manrico)
Sia tratto al ceppo!
MANRICO (partendo tra gli armati)
Madre... oh madre, addio!
AZUCENA (destandosi)
Manrico!... Ov’è mio figlio?
CONTE
È spento!
CONTE
A morte corre!...
AZUCENA
Egli era tuo fratello!..
AZUCENA
Ah ferma!... m’odi...
CONTE
Ei!... quale orror!...
CONTE
(trascinando Azucena verso la finestra)
Vedi?...
AZUCENA
Sei vendicata, o madre!
(cade a piè della finestra)
AZUCENA
Cielo!
CONTE (inorridito)
E vivo ancor!
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