Carlo Volebele Vay
Le streghe di Natale
Questo libro è dedicato ai miei tenaci lettori e
all’incrollabile amicizia con cui accettano le mie ambizioni di
scrittore. Come al solito preciso che nomi, luoghi e fatti sono
unicamente frutto della fantasia e che se proprio uno dovesse
sentirsene offeso, sarebbe davvero un permaloso. Questo vale
soprattutto per gli abitanti delle valli citate nel racconto, luoghi che
in realtà adoro e che, se solo dipendesse da me, eleggerei a mia
dimora.
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Capitolo I
<< Guardate che meraviglia!>>
Milla rivolse soddisfatta lo sguardo verso la cometa dorata
che, nonostante il precario equilibrio sullo sgabello, aveva appena
collocato sulla cima dell’enorme albero di Natale piazzato in mezzo
al salone di Villa Seiffert. A debita distanza di sicurezza, perché con
quella donna non si poteva mai sapere, i nostri due figli applaudirono
convinti la mamma. A loro si unirono subito nell’applauso il
cuginetto Alvise, figlio di mio cognato Giulio e della sua ipertrofica
consorte Nadia e due loro amichetti di scuola materna, figli del
dottor Zoratto, nuovo medico condotto di Sant’Anastasia, che, sia
detto per la cronaca, mi stava cordialmente antipatico per via di una
sua certa supponenza nel prendere in considerazione le innumerevoli
malattie da cui periodicamente mi sentivo afflitto.
L’entusiasmo dei bimbi non impedì ai più attenti come me di
notare come l’albero, sradicato da mio cognato dalle abetaie del
Cesen il giorno prima e in spregio a tutte le leggi, ondeggiasse
ancora paurosamente sul suo supporto per le spinte impressegli da
Milla nello sforzo titanico di innalzarsi fino alla sua cima. Inoltre,
non potei fare a meno di osservare quanto la stella pendesse senza
speranza verso il basso e lo feci notare all’interessata.
<< Si vede che sei architetta! Se fossi stata una geometra ti
saresti accorta subito che la tua stella sembra un bombardiere in
picchiata…>>.
L’interpellata saltò giù agilmente dallo sgabello e sorridendo
si avvicinò per rifilarmi un doloroso pizzicotto sui fianchi e
bisbigliare un: <<Mona! La prossima volta lo fai tu…>> affatto in
sintonia con lo spirito natalizio che avrebbe dovuto pervaderci tutti,
poi ordinò a Nadia di attaccare la spina delle luci e tutto l’albero,
dopo pochi secondi d’attesa, cominciò a risplendere ad intermittenza
di mille colori, invitando tutti ad un nuovo e convinto applauso.
Tutti i marmocchi erano eccitatissimi da ore e in ansiosa
attesa dell’arrivo di Babbo Natale, mentre io ero in ansiosa attesa
dell’arrivo di mia suocera con i primi assaggi del cenone, imitato in
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questo dal nostro amico e compagno di tante avventure Alfonso
Viccaro, nobiluomo siciliano di Noto, produttore di eccellenti vini
per parte di padre nonché comandante del Nucleo Carabinieri di
Vittorio Veneto che continuava a lanciarmi sguardi interrogativi e
dalla sua signora Loredana che gli stava accanto con l’aria
illanguidita dalla fame. Alcune indiscrezioni di mia cognata, una
sapiente attività investigativa e i profumi che provenivano dalla
cucina inducevano, infatti, a pensare che il menu preparato da quella
santa donna per la vigilia e rigorosamente tenuto segreto per una
delle tante ed inspiegabili tradizioni di casa Tramontin, sarebbe stato
assolutamente straordinario, secondo i migliori standard della
signora Lucia. Per questo, sapendo ormai bene che, sempre in
omaggio alle bizzarre tradizioni dei Tramontin, non si sarebbe andati
a tavola prima dell’arrivo di Babbo Natale e dei regali per tutti, mi
premurai di avere da Milla le ultime informazioni sull’evento. Così
la presi da parte cercando di non farmi sentire dai bambini. << Giulio
è partito per cambiarsi?>>.
La mia compagna mi guardò sorpresa. << Si, da almeno un
quarto d’ora…>>. Poi soggiunse maliziosa: << Perché lo chiedi?
Non mi dire che hai già fame…>>
<<No, figurati…è che mi preoccupavo per i bambini. Non so
quanto riusciremo ancora a tenerli a bada.>>.
Milla ridacchiò, poi mi diede un buffetto alquanto ruvido
sull’addome. << Che falso! L’unica cosa da tenere a bada qui è il tuo
stomaco!>>.
<<Veramente c’è anche Viccaro che guarda in continuazione
l’orologio…>>.
<<Infatti, non a caso avete fatto amicizia. Si chiamano
affinità elettive, no? Comunque, dì al tuo amico e al tuo stomaco di
stare tranquilli. Giacché il dottor Pedrotti e il signor Brusegan, con le
rispettive consorti, hanno dato disdetta all’ultimo minuto, con una
cafoneria che non resterà impunita, ci sarà da mangiare anche per gli
assenti…>>.
<< Don Fabio lo metti nell’elenco dei buoni o dei cattivi?>>.
<< Lui è giustificato in partenza per il ritardo, perché deve
dire la messa di mezzanotte per le sue quattro beghine, tuttavia ci
raggiungerà subito dopo per un brindisi…>>.
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<<Sono sette, non quattro. Lo sai che lui ci tiene…>>
Milla scosse la testa rassegnata, così ne approfittai per un
altro quesito: <<A proposito: Brusegan è il titolare dell’autofficina
che ripara il trattore di Giulio e fa parte della buona società rurale di
Sant’Anastasia, ma questo Pedrotti, chi diavolo sarebbe? Lasciami
indovinare: coltiva radicchio? Ha un allevamento di pollame? Anzi,
no... è un rappresentante di fertilizzanti! Ci ho preso?>>
Milla scosse la testa in segno di diniego.
<<Acqua! Anzi...oceano! Pedrotti si occupa di cose molto
più elevate…>>
<<Vende polizze antigrandine?>>
<<Sei completamente fuori strada. E’un cardiologo piuttosto
rinomato.>>.
Rimasi sorpreso da quella frequentazione così fuori dagli
standard di casa. <<Ma dai! E com’è che lo conosciamo? Chi lo ha
invitato?>>
<<E’ lui che in ottobre ha operato zia Ginetta per il by-pass.
Lei, che è stata in cura da questo dottore per diversi anni, sostiene di
averci fatto amicizia, che è una persona gentilissima e tanto alla
mano e così abbiamo dovuto invitarlo. Anzi, a dirla tutta, lo ha
invitato direttamente lei. Io l’ho saputo a cose fatte…>>.
<<Davvero? Questo è fantastico! La Ginetta si sogna di
invitare questo tizio che conosce solo lei a casa nostra per il cenone,
poi, però, ci avvisa che non verrà per via della neve...>>.
<<Per forza, poveretta! Lei non ha la patente e lo zio Orio ha
problemi a guidare con il buio, figuriamoci con le strade ghiacciate.
Però, almeno, lei, assieme alla Trevisan, hanno avuto il buon gusto di
rinunciare all’invito fin da ieri sera, prima che la mamma si mettesse
a far le spese e a cucinare, mentre quei cafoni dei Brusegan hanno
disdetto meno di due ore fa…>>.
Interruppi Milla per confermarle come la cosa fosse
perfettamente in linea con gli standard di bon ton del paese e lei
annuì convinta per poi riprendere. << Si, però questo dottor Pedrotti
è stato ancora più maleducato perché quando verso le otto gli ho
telefonato a casa per spiegargli la strada, mi ha risposto la cameriera
dicendomi che i signori erano fuori a cena e, se proprio vuoi ridere,
mi ha dato il numero di telefono e l’indirizzo di casa nostra perché
aveva capito che fossi una paziente e stessi chiamando per qualche
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emergenza. Pensa che me lo ha anche ripetuto, perché lo potessi
scrivere…>>.
<<Divertente…e poi cosa è successo?>>
<<Ho pensato, ovviamente, che fosse già per la strada e che
magari la Ginetta gli avesse dato le istruzioni per venire da noi,
invece, dieci minuti fa, ha telefonato lui di persona dicendo come se
niente fosse che si scusavano tanto, ma non potevano più venire per
impegni di famiglia presi in precedenza …>>.
<<Bel cafone anche lui! Non poteva dirlo subito? Capisco
benissimo che uno possa pentirsi di aver scelto avventatamente di
passare il cenone della vigilia da una sua paziente, in compagnia di
gente a lui sconosciuta e gli venga voglia di disdire, ma lo deve fare
almeno il giorno prima, non all'ultimo minuto.>>
<<Infatti! Per sua fortuna ha risposto Nadia che è timida,
altrimenti se avessi risposto io….>>.
Immaginando benissimo quale sarebbe stato il tono della
risposta lasciai correre e passai ad un altro tema che mi stava a cuore.
<<Ma perché Giulio ha deciso proprio quest’anno di vestirsi da
Babbo Natale e di portare la cesta dei doni? Non capisco il motivo di
tutta questa messa in scena che nessuno gli ha richiesto e che fa
ritardare il cenone…>>.
<< Per prima cosa, perché era l'unico tra noi ad avere il
fisico adatto al ruolo, poi perché ora suo figlio Alvise ha l’età giusta
per apprezzarlo, lo scorso anno era ancora troppo piccolo>>.
<< Ma i nostri figli erano già abbastanza grandi…>>.
Milla scrollò le spalle. << Allora lo dovevi fare tu…>>
<< Comunque, mi confermi che tuo fratello si vestirà proprio
con il vestito rosso bordato di bianco, il berrettino e la barba bianca?
Se è così, quell’uomo è in una fase di declino impressionante…>>.
La mia signora, come sempre quando ironizzavo su suo
fratello, ignorò la cosa, dandomi la sensazione che la pensasse allo
stesso modo. <<Si, Giulio sarà un Babbo Natale assolutamente
regolamentare. La mamma ha cucito il costume in gran segreto e per
fare la barba abbiamo utilizzato quella delle pannocchie, rinsecchita
e dipinta con la tempera bianca.>>.
<< Ah! Un omaggio alle tradizioni contadine, immagino…e
per la slitta e le renne che devo temere?>>.
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<< La slitta è il vecchio calesse del nonno della Trevisan,
che ce l’ha imprestato con mille raccomandazioni perché è un pezzo
d’antiquariato, mentre le due renne sono il mulo Beppino e il mulo
Romeo che vengono in prestito da parte degli Speranzon e sono stati
premiati alla mostra dell’agricoltura di montagna di Longarone >>.
<<Sarò lietissimo di fare la conoscenza dei due prestigiosi
quadrupedi, ma considerando che i muli vanno a passo lento, che
fuori c’è un mezzo metro di neve lungo il viottolo che porta qui alla
villa e che le strade sono una lastra di ghiaccio, temo che Babbo
Natale non sarà qui prima di capodanno…>>.
<< Guarda che dalla casa di Giulio a qui sono solo trecento
metri, mica deve fare la mille miglia…>>.
La guardai dubbioso. <<Sempre che Babbo Natale non
decida di fare una deviazione all’osteria “da Celio” per riscaldarsi le
orecchie con un paio di bicchieri…>>. Non feci a tempo a ricevere
l’occhiataccia ampiamente prevista, che il telefono nel salone fece
due brevi trilli a cui nessuno diede risposta.
Milla si voltò verso di me con lo sguardo eccitato.
<< Hai sentito? E’ il segnale convenuto. Vuol dire che Giulio
sta per partire e che tra due minuti al massimo sarà qui…>>.
Detto questo, Milla tornò verso il centro del salonee, dopo
aver battuto le mani per ottenere l’attenzione, gridò: <<Bambini! Ho
sentito un rumore di campanellini in giardino, forse Babbo Natale sta
arrivando con le sue renne. Spegniamo la luce, nascondiamoci e
stiamo in silenzio, che non si deve accorgere di noi…>>.
Quindi, raccolte le sue pecorelle come un cane da pastore e
tolta di bocca brutalmente la sigaretta appena accesa al povero
Viccaro con la scusa che Babbo Natale poteva scorgere la brace,
spense tutte le luci e nella sala piombò il buio, rischiarato a tratti solo
dalle lucine colorate dell’albero. Dopo vari rumori sinistri provocati
dai bambini che si nascondevano e principalmente dai miei figli che
cercavano di strisciare sotto il divano, nella sala sopraggiunse anche
il silenzio. Tutti trattenevano il fiato nell’attesa di udire nella quiete
della notte un qualche rumore che confermasse l’arrivo del
vecchietto carico di doni e questa pace assoluta tra esseri immersi nel
buio assunse un tale fascino mistico che alla fine cercai la mano di
Milla e la strinsi nella mia per farle capire che apprezzavo.
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Di minuti, però, ne trascorsero almeno cinque o sei, tanto che
qualche adulto cominciava già a parlottare impaziente subito zittito
dai bambini.
<< Te l’avevo detto che Giulio andava prima a portare i
regali al bar “da Celio”. Conosco bene il nostro uomo. Sei tu che te
ne fidi troppo per amor fraterno…>>
<< Ma figurati se ha il coraggio di entrare nel locale vestito
così… e poi il bar questa notte è chiuso. E’ vigilia anche per loro,
non credi? Non vorrei che avesse avuto dei problemi con i muli o
con la strada ghiacciata…>>.
<< Non era meglio se usava il trattore? Anche Babbo Natale
può avere degli sviluppi tecnologici, no?>>.
Milla mi sibilò di star zitto una buona volta e mi rimisi
tranquillo ad aspettare, intanto che dalla porta della cucina filtrava un
delizioso profumo di carni al forno che invitava alla comprensione.
Trascorsero così circa altri due o tre interminabili minuti d’attesa,
poi, finalmente, un rumore di zoccoli e un cigolio di ruote nel
giardino ci fecero trasalire. Subito dopo, un possente vocione
assieme ad un colpo sulla porta a vetri dell’entrata ci fecero trasalire
ancora di più.
<< Porca vacca, dème una man!>>
Cercai nella penombra gli occhi della mia compagna in cui
coglievo il mio stesso stupore. <<Sei proprio sicura che sia Babbo
Natale? Questo mi sembra più un Babbo Portuale…>>
Un tonfo e una nuova imprecazione confermarono i miei
sospetti. << Porca di quella vacca porca! Vegnì a darme una man si
o no?>>.
Feci appena in tempo a dirle: << O Babbo Natale è riuscito a
trovare un bar aperto, oppure non gli hai spiegato bene la parte...>>
che la mia compagna corse ad illuminare il salone mentre la porta
d’ingresso, sotto la spinta vigorosa di una pedata, si spalancava
fragorosamente portandoci un refolo di aria gelida. Le luci accese ci
rimandarono l’immagine tragicomica di un uomo massiccio, vestito
di rosso, con un buffo cappellino afflosciato fin sul naso e la barba
bianca messa di traverso, ma, soprattutto, che reggeva tra le braccia
una ragazza di gradevole aspetto, ancorché esanime. I bambini
gridarono delusi e spaventati assieme.
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Corsi assieme a Viccaro e al dottor Zoratto a strappare quella
poveretta dalle braccia di Giulio e l’adagiammo con cautela sul
divano, mentre Loredana portava i bambini in un'altra stanza e Nadia
scendeva in giardino a legare i muli sotto i portici della barchessa
prima che se ne andassero per conto loro con il prezioso calesse dei
Trevisan. Mentre il dottore e Milla cercavano di rianimare quella
poveretta, che dava in ogni modo segni di risveglio, mi allontanai di
qualche passo per non intralciare i soccorsi e raggiunsi Giulio che
osservava la scena dal lato opposto del salone e a braccia conserte,
come se considerasse esaurito il suo compito.
<< Chi è? Dove l’hai trovata? >>
<< Non so chi sia. E’ finita con la macchina dentro la
canaletta, a cento metri dal nostro cancello. Si è ribaltata e l’ho vista
per sua fortuna solo perché le erano rimasti i fari accesi, altrimenti la
ritrovavamo domani mattina congelata come uno stoccafisso>> .
Guardai quella sventurata: era una ragazza molto giovane,
probabilmente sui vent’anni, con un viso minuto e dai lineamenti
delicati che, pure nel pallore dello svenimento, la faceva sembrare
molto graziosa. I capelli, castano chiari erano portati a coda di
cavallo e tenuti assieme da una specie di spillone di osso. Anche i
vestiti erano molto sobri: un paio di jeans, un maglioncino blu a
losanghe verdi forse più adatto ad un ragazzo e una camicetta
celestina molto tradizionale. Pensai che, vestita in quel modo, non
era sicuramente diretta ad un veglione ed anche che non doveva
essere una tipa freddolosa.
Il dottor Zoratto, che nel frattempo era uscito a prendere
dalla macchina la sua borsa con gli strumenti, dopo aver misurato la
pressione e ascoltato con lo stetoscopio il respiro e il battito cardiaco
della poveretta, ci fece cenno che era meglio chiamare l’ambulanza.
Viccaro corse immediatamente al telefono, mentre io riprendevo il
dialogo con Giulio. << Scommetto che è finita fuori strada perché si
è spaventata a vedere Babbo Natale che le veniva incontro su un
calesse trainato da due muli…>>.
<< Mona! E’ scivolata sul ghiaccio. Deve essere successo
mentre ero a casa a cambiarmi, perché l’ho trovata al ritorno. Meno
male che la canaletta è ghiacciata, se no… >>.
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<< Hai controllato che fosse sola in macchina?>>.
<< Si, era seduta al posto di guida. Non ho visto tracce di
altre persone.>>.
Milla ci raggiunse proprio mentre Viccaro veniva a riferirci
che l’ambulanza sarebbe arrivata nel giro di una quindicina di
minuti. << Che dice il dottore?>>
<< Non gli sembra grave, però la ragazza ha stranamente le
pupille molto dilatate, un battito cardiaco alterato e un bell’ematoma
sul torace, quindi non può escludere che possa avere riportato
qualche lesione interna, per cui è meglio farla ricoverare subito per
sottoporla a tutti gli esami che servono. Inoltre è in un forte stato
confusionale, cosa che lascia intendere un trauma cranico di qualche
entità. Doveva essere senza cintura e al momento dell’urto è stata
sbalzata in avanti picchiando violentemente la testa contro il tetto
dell’abitacolo.>>
<< Ma si sa almeno chi è?>>
<<No! Addosso non ha documenti e quel poco che ha
farfugliato tra un lamento e l’altro non ha molto senso…>>.
<<Allora, prima che arrivi l’ambulanza, sarà il caso che
qualcuno raggiunga la macchina e la ispezioni per vedere se dentro
c’è un libretto di circolazione o magari se ha una borsetta da qualche
parte. Avrà pure una patente, no?>>.
La mia frase si rivelò subito molto incauta perché tutti gli
sguardi conversero su di me e quindi, dopo essermi fatto spiegare da
Giulio dove fosse avvenuto l’incidente, indossai il cappotto e presa la
pila dal mobiletto dell’ingresso uscii all’esterno dove fui subito
accolto da un vento pungente e carico di neve. Ero certo che in quel
momento la temperatura fosse di almeno cinque o sei gradi sotto
zero, anche perché la neve scricchiolava sotto i piedi come se fosse
stata di vetro. Rialzai il bavero e tirai la sciarpa fino sopra alla bocca
per lenire il freddo che mi toglieva il respiro e m’incamminai lungo
il sentiero, dove ancora scorgevo a malapena i solchi della slitta di
Babbo Natale che andavano ricoprendosi di neve, poi, inatteso,
giunse un rumore di passi leggeri alle mie spalle.
<< Aspettami!>>
La voce di Milla più che un ordine era una supplica, così mi
fermai e le andai incontro per illuminarle la strada con la torcia.
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La mia compagna mi prese sottobraccio. Notai che aveva
indossato la giacca a vento e mi chiesi quanto la potesse proteggere
dal gelo, visto che non era imbottita, così l’abbracciai per
trasmetterle un po’ di calore. La cosa dovette piacerle perché,
proprio come quelle gattacce selvatiche inavvicinabili che prima ti
soffiano e poi, quando meno te l’aspetti, vengono a strusciarsi tra le
tue gambe facendo le fusa, ricambiò la stretta e mi diede anche un
bacio sul collo, cosa che, avendo la punta del naso gelata mi regalò
dei brividi non proprio erotici.
<< Perché vieni anche tu? Non ti basta che i nostri figli
perdano un padre la notte di Natale per assideramento? Vuoi lasciarli
orfani del tutto? Oppure non ti fidi?>>
<< Non è che non mi fido, ma quattro occhi vedono meglio
di due. Soprattutto in mezzo alla tempesta >>
<<.E’questo che devo fingere di credere, vero? Nessuna
sfiducia pregiudiziale nei miei confronti…>>
<<Come puoi pensarlo?>>
Avanzammo abbracciati e non senza fatica lungo la strada
che sotto lo strato di neve fresca nascondeva una lastra di ghiaccio
pericolosissima, tanto che non potei fare a meno di domandarmi
come avrebbero fatto i nostri ospiti a lasciare Villa Seiffert e,
soprattutto, come avrebbe fatto l’ambulanza a raggiungerci. Mi
chiesi anche che fine avrebbe fatto il nostro cenone, cercando di
scacciare dalla mia mente l’ipotesi drammatica che la signora Lucia
avesse incautamente preparato un risotto, ma poi quel pensiero
carico di malinconie fu interrotto dal grido di Milla.
<< Eccola lì!>>
Illuminai il punto. La macchina, una Ford Escort, giaceva su
un fianco giù dalla piccola scarpata che portava alla canaletta.
Nell’impatto la vettura aveva rotto il ghiaccio e ora l’abitacolo era
mezzo sommerso di acqua. Anche i fari che Giulio diceva di aver
visto ancora accesi ora erano spenti, probabilmente perché con il
salire graduale dell’acqua l’impianto elettrico era andato in corto
circuito. << Meno male che tuo fratello ci aveva detto che l’incidente
era avvenuto a mezza strada tra casa sua e la villa. Siamo invece
praticamente davanti al suo cancello…>>.
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<< Già! Il senso dell’orientamento non è il pezzo forte di
Giulio.>> Mentre mi domandavo quale mai potesse essere il pezzo
forte di mio cognato, Milla mi fece cenno di illuminargli la targa
<< E’ targata Belluno 326580. Segnatelo…>>
<< Con cosa? Con il sangue o lo scrivo sulla neve?>>
Pur nel buio intravidi il lampo di sorpresa negli occhi della
mia signora che virò subito sullo sdegno. <<Non hai pensato di
portare una matita?>>
<< No! Perché avrei dovuto?>>
La mia compagna allargò le braccia in segno di impotenza.
<<Te lo spiego dopo a casa, ora aiutami almeno a cercare il
libretto.>>
<< Non vuoi che vada io?>>
<< No! Sono più agile e più leggera. Tu rischieresti di far
sprofondare del tutto la vettura…>>
L’afferrai per la vita mentre si sporgeva a cercare nelle
tasche della portiera, ma la cosa non ebbe buon esito, tanto che la
mia signora si lasciò sfuggire una imprecazione.
<< Porca malora! Qui c’è solo la pelle di daino, una scatola
di Marlboro e la spugnetta per i vetri. Il libretto deve essere nella
tasca dell’altro sportello o nel cassettino portaoggetti che sono
entrambe sotto acqua >>.
Milla mise in tasca la scatola di sigarette poi si spostò non
senza fatica verso il sedile posteriore e con quel movimento la
macchina si mosse sinistramente come se volesse sprofondare
ulteriormente, tanto che la mia compagna si fermò con il fiato
sospeso incerta se scappare fuori o proseguire. Poi, rassicurata dal
fatto che lo spostamento doveva essersi fermato, frugò tra i sedili e
riportò a galla un giaccone di pelle nera imbottito e neppure troppo
fradicio di acqua. << Intanto il cappotto è salvo…è un po' bagnato in
fondo, ma con una passata in lavanderia torna come nuovo.>>
esclamò soddisfatta mentre cominciava a frugare nei due tasconi
laterali alla ricerca di qualche indizio sull’identità della sconosciuta.
Però la soddisfazione svanì subito. La prima tasca restituì
una confezione di mentine, quel che sembrava il biglietto di un
cinema e un pacchetto di fazzoletti, mentre la seconda, almeno, ci
regalò qualcosa di più sostanzioso: un mazzo di chiavi.
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<< Sono le chiavi di casa?>>
<<Come faccio a saperlo? Penso di si…c’è una targhetta, ma
al buio è illeggibile. Prova tu…>>
Guardai a mia volta facendo luce.
<<Non è illeggibile per il buio, è proprio l’inchiostro che si è
squagliato…>>
<< Già! La cosa curiosa è che c’è anche una grossa chiave
rugginosa di ferro, di quelle usate per aprire le serrature di qualche
secolo fa. Mi chiedo perché una ragazza così giovane abbia una
chiave del genere…>>
<< Magari avrà una vecchia cantina, no?>>
La mia compagna sbuffò sollevando la frangetta come
quando era infastidita da qualcosa, poi sibilò acida: << Tu se non
pensi al vino almeno una volta al giorno non sei contento, vero? >>
Non volendo scendere in polemiche di infimo livello con
quella fustigatrice di costumi altrui, cambiai subito argomento,
mentre mettevo al sicuro i reperti. << Prova con il cassettino che è
quello più facile da raggiungere… >>
Milla si rimboccò la manica della giacca a vento per
denudare il braccio, poi lo infilò nell’acqua gelida, mentre io cercavo
di illuminarle la scena il più possibile. Dopo un frugare subacqueo di
qualche minuto, la mia compagna si lasciò sfuggire una nuova
imprecazione, questa volta irriferibile.
<< Hai trovato il libretto?>>
<< No, ma ho trovato questa….>>
La mano di Milla riemerse violacea e gocciolante dall’acqua
impugnando una pistola automatica di grosso calibro. Rimasi a
fissarla sbalordito.
<< Caspita! Sembra una pistola da killer professionista…>>
La mia compagna annuì mentre infilava non senza fatica
l’arma nella tasca della giacca a vento. << Di certo non è un gingillo
da signora…questa ti buca da parte a parte.>>
<< La farai vedere a Viccaro?>>
<<Mi pare ovvio…credo che a questo punto anche lui voglia
saperne di più di questa nostra ospite inattesa.>>
<<Nel cassettino non c’è altro?>>
Milla immerse ripetutamente le mani nell’acqua, portando a
galla ogni volta dei nuovi oggetti.
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Natale in casa Tramontin