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Claudio Colaiacomo
e
Valentina Bisti
sposi
Las Vegas,
1 novembre 2002
Romena,
5 luglio 2007
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Ritorno da un matrimonio
non annunciato
di Lorena Fiorini
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“Arriviamo venerdì mattina alle
sette e trenta. Prepara per noi una
bella festa con cena”. Questo il lapidario messaggio via e-mail di mia
figlia Valentina e del suo compagno
Claudio, in viaggio di piacere, si fa
per dire, dall’altra parte dell’oceano. Non li vedevo da un mese e
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mezzo e la voglia di riabbracciarli
era forte. E poi: quale occasione
migliore per riaprire la cucina, mettersi intorno ai fornelli a sfaccendare e riunire la famiglia curiosa di
avere il resoconto di un viaggio che
nessuno dei componenti si era mai
immaginato? Ebbene, qualcuno lo
aveva progettato e messo in atto.
Chi? Ovviamente la più intraprendente: “Core de mamma”. Certe
volte l’avrei strangolata volentieri.
Ma ora non vedevo l’ora di riabbracciarla e di non perdere neppure
una parola delle sue emozioni. E
che emozioni!
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Intanto mi sono presa un giorno
di ferie. Per andarli a prendere
all’aeroporto a loro insaputa, per
fare la spesa e organizzare la serata.
“Il volo proveniente da New
York ha circa mezz’ora di ritardo”,
risponde l’Alitalia alla mamma già
in agitazione alle prime luci dell’alba. Posso prendermela con calma e
andare in aeroporto senza affanni.
Nel frattempo sistemo casa ed indico alla fidata colf Delia le cose da
fare. È ora di spostarsi. Calcolo
mentalmente il tempo per arrivare,
aggiungo il ritardo del volo, il ritiro
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dei bagagli e decido che è ora di
uscire. Li chiamerò strada facendo.
Quando lo faccio mi accorgo, con
stupore, che non solo sono arrivati,
ma hanno già ritirato le valigie e
stanno prendendo un taxi. La mia
sorpresa è andata a farsi benedire!
Evidentemente non era questa
quella vera della giornata. Ce n’era
un’altra che covava trasportata in
aereo dall’altra parte del globo. Mi
viene comunicata di fronte ad un
caffè fumante da due ragazzi che
prendono insieme coraggio, guardandosi prima negli occhi di sfuggita, e poi... candidamente mia
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figlia dice: “Mamma, ci siamo sposati, a Las Vegas”. Capperi! Questa
sì che è la notizia.
Devo confessare che avevo temuto ben altro quando, incontrandoci e
salutandoci affettuosamente, Valentina mi aveva comunicato: “Mamma,
abbiamo una sorpresa”. Pausa.
“Andiamo al bar e sediamoci”.
Velocemente avevo buttato l’occhio
sulla mano sinistra di entrambi ed
avevo intravisto due anelli. Poteva
essere quella la sorpresa? Oppure
qualcos’altro? No, non poteva essere.
Diventare nonna così, nel bel mezzo
della mia seconda gioventù! Io, così
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impegnata nell’autorealizzazione.
No, non poteva essere. Assolutamente no. Il dubbio è durato il
tempo di ordinare la colazione e
sederci al bar. Bene. Volete sapere la
mia risposta? Veloce e senza mezzi
termini: “Pensa che stress ci siamo
risparmiati”! Bell’è fatto. Archiviato.
Rapidi e senza starci a pensare su una
vita! Senza sfinirsi in preparativi di
mesi. Chi invito, chi non invito. Ma
quelli si offendono. Quegli altri ci
restano male. Niente di tutto questo.
Punto e a capo. Facciamo colazione
in santa pace e ridiamoci su.
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Sì, ma chi lo dice al padre? Loro
naturalmente. La figlioletta sua adorata. L’unica luce dei suoi occhi. Soli,
lontani da tutti. Nessuno a condividere l’emozione di un momento speciale. Ma saranno affari loro. Con
questi dilemmi intrufolati nella testa
ci lasciamo con l’impegno di ritrovarci a cena.
In macchina parlo da sola, faccio congetture, rido, ridivento pensierosa, cerco di riorganizzarmi la
giornata alla luce di quanto detto.
Detto un corno! Non potevo dirlo
a nessuno! Accidenti che proble-
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ma. In ordine, il primo a saperlo
doveva essere il padre, poi i nonni,
poi gli zii e i cuginetti. Quindi
meglio distrarsi con la spesa e i preparativi per la cena. Muta. Muta
come un pesce. A proposito: oggi è
venerdì e quindi il pesce mi sembra
d’obbligo. Sarà il coregone, pesce
d’acqua dolce – visto che ci sarà ben
da addolcire la vita a qualcuno –
molto diffuso e apprezzato e che i
ragazzi amano tanto. Una festa ogni
volta che lo faccio! Al forno e
appoggiato sulle patate sistemate
nella teglia rossa. E qui si tratta proprio di una festa! E che festa!
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Cerco di immaginarmi le facce. E
ancora mi viene da ridere. I nonni.
Come tutti i nonni sono un po’
all’antica. Per loro l’abito bianco
con lo strascico e l’organo che
suona sono d’obbligo. E perché
non aggiungere il canto dell’Ave
Maria di Schubert? Qualcuno mi
avrà preso per scema mentre guidavo e sempre ad alta voce mi dicevo:
“La vita è tutta un gioco, acchiappiamola con allegria, tanto poi la
frittata è fatta. Che ce la prendiamo a fá. Tanto vale riderci sopra”. E
giù un’altra risata. Come se non
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bastasse mi sono accorta che
accompagnavo il blaterare con il
movimento della mano sinistra.
Dunque i nonni. Poi la zia. Da ex
“terribile” non solo avrebbe capito,
ma avrebbe senz’altro gioito con
loro. Mio cognato Enzo, ragazzo
con il cuore a Roma e in Casentino,
avrebbe condiviso e apprezzato.
Mio marito… l’enigma era proprio
lui. Non riuscivo a capire quale
sarebbe stata la sua reazione di
fronte all’evento. E che evento. Va
bé, stasera lo sapremo.
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La tragedia era che fino all’ora di
cena dovevo tenermelo per me.
Dovevo tenermi la cicca. L’unica
cosa che potevo fare era avvisarli
che, oltre alla cena, avrebbero
avuto una sorpresa. Una bella sorpresa. Per il resto, tutt’al più potevo continuare a fare congetture. In
ultimo rimanevano Claudia e
Lorenzo, i miei nipotini. Mi immaginavo le facce. Certo sarebbe tutto
dipeso dalle nostre reazioni, secondo me, e questo rafforzava il mio
modo di vedere la cosa. Sarebbe
stato bello e auspicabile che tutti
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partecipassero con gioia e felicità
all’avvenimento. Ne avrebbero tratto l’insegnamento che la vita va vissuta accogliendo le novità con allegria e spensieratezza cercando di
vedere il lato giocoso, ma anche
comico, la serietà di certe decisioni,
ma anche l’ironia condita da tanta,
tanta voglia di vivere. Ma soprattutto mai fare una tragedia per
nulla. Dio quanto mi sentivo saggia
e ben disposta nei confronti del
mondo. Dio, ti prego, fa che tutti,
almeno la maggioranza, la pensino
come me.
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Con la testa che non abbandona
l’argomento da apertura di telegiornale, mi ritrovo in cucina alle
prese con la cottura del pesce. Avrei
voluto farlo al forno con le patate, è
vero, ma questo avrebbe richiesto
tempo per pulirlo e sistemarlo nel
vassoio al momento dell’arrivo
degli ospiti visto che va servito
caldo. Ci vuole una ricetta facile e
che si possa preparare in anticipo.
Ecco, ho trovato: Coregone in salsa
verde. In questo caso il pesce va lessato, spinato e condito con una
salsa ottenuta frullando aglio, olio
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extra vergine d’oliva, una manciata
di prezzemolo, un pizzico di capperi, alici, aceto, peperoncino. Un
piatto eccezionale. Velocissimo.
È giusto fare il coregone. Anche
lui viene dall’estero. Dalla Svizzera.
Fin dalla fine dell’800. Migliore e tra
i più richiesti pesci d’acqua dolce, ha
un corpo affusolato, color argenteo e
buone caratteristiche organolettiche. L’avrete capito. Sto cercando di
distrarmi pensando al pesce e poi
agli altri piatti da preparare.
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Una telefonata a metà pomeriggio mi informa di come sono andate
le cose a casa Colaiacomo. Mariella
ed Enrico, i genitori di Claudio,
chiamano per commentare l’evento.
Nel bel mezzo del pranzo i due
colombi si lanciano un’occhiata d’intesa e poi Claudio comunica, tutto
d’un fiato: “Ci siamo sposati”. Silenzio, sguardi increduli, nessuno si
muove. Una vera e propria doccia
fredda! Non sarebbe stata una novità un matrimonio, lo si aspettava
certo, ma da organizzare con tutti i
crismi. E invece… Bell’e fatto! Si
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guardano le foto. Le prime riguardano gli sposi a mezzo busto. Valentina
ha un abito bianco con ampia scollatura e volant, un fiore fra i capelli e il
classico bouquet; lo sposo indossa
una camicia bianca. Un vero matrimonio, anche negli abiti! No: Sorpresa! Le foto che li ritraggono a
figura intera mostrano, a completamento, jeans e scarpe da ginnastica.
Dunque, qualche speranza di vederli
sposi in chiesa e con l’organo rimaneva in piedi. I festeggiamenti, quelli veri e da parte di tutti, sorelle comprese, rimanevano in attesa, erano
solo rimandati.
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È sera. Per prima arriva nonna
Ida, sempre presente con l’insostituibile sostegno morale e materiale
profuso in ogni circostanza. Insieme apparecchiamo la tavola. La
voglio speciale: con la tovaglia ricamata e con le posate d’argento, con
i bicchieri di cristallo e il centrotavola con i fiori. Mia madre: “Non
capisco tutte queste calíe, in fondo
siamo fra noi, che bisogno c’è di
tutto quest’affarío?”.
“Mamma, non vedo Valentina
da tanto tempo, ho voglia di mettere in piedi una bella serata. E poi ha
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detto che ci farà una sorpresa. Ed io
non voglio essere da meno”. Mia
madre si gratta la testa in segno di
scetticismo e butta là un: “Mah,
non ci capisco nulla”!
Arriva mio padre con una pianta di ciclamini rossi. Dolce babbo
Bruno sempre con le piante in
mano e i fiori nel cuore! “Non penserai mica di cavartela con una
pianta questa volta”? Dico andandogli incontro, abbracciandolo e
sorridendo.
È la volta degli sposi. A loro faccio il gesto del silenzio. Il papà deve
essere il primo, cioè il secondo, a
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sapere. Seguono chiacchiere allegre
di chi torna da un lungo viaggio
pieno di magia della grande terra
d’America.
Arriva mio cognato con i due
nipotini. E anche qui saluti, abbracci
festosi, parole distese d’affetto e
curiosità.
Il campanello squilla di nuovo.
“Papà è sempre senza chiavi. Sembra
non averne mai possedute”. Approfittando del telegiornale che tiene
occupati gli altri ci spostiamo nello
studio, ex camera di Valentina e lì
avviene la rivelazione. Con grande
semplicità mia figlia annuncia:
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“Papà ci siamo sposati, a Las
Vegas”.
E lui: “Siete felici”?
Alla risposta affermativa aggiunge: “Se siete felici voi, lo sono
anch’io”.
Agli abbracci di felicitazione
aggiungo che posso alleggerirmi il
cuore e ringraziare mentalmente
Aldo per la naturalezza con cui ha
saputo cogliere l’essenza di un gesto
che poteva sembrare una ribellione
agli schemi e che invece si è rivelato autentico piacere per la felicità
della persona che più gli è cara.
Corro in cucina prima e in sog26
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giorno poi a controllare che tutto
sia in ordine e a dare l’ultimo tocco.
Preparo gli aperitivi, Aldo li serve
ed è il momento di far partecipi gli
altri della sorpresa. E’ancora Valentina a farlo, con la spontaneità che
le è propria.
Alle parole: “Vi devo fare una
sorpresa”, mio padre aggiunge:
“Io la so già, avete deciso di sposarvi”.
Risposta: “No, ci siamo già sposati, a Las Vegas”.
Seguono, dopo i primi veloci
sguardi attenti e un po’ allibiti, congratulazioni, esclamazioni, felicita27
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zioni e auguri per l’avvenire, seguiti
dagli occhi lucidi di tutti. Faccio
appena in tempo a cogliere la bocca
aperta di mio nipote Lorenzo, sorpreso, ma nello stesso tempo con lo
sguardo pieno d’ammirazione per
quello che lui considera, ne sono
certa, il mito della famiglia, il suo
ideale da inseguire e raggiungere.
Bravo, amore mio, hai capito il messaggio. Non è lo sfarzo, non sono i
preparativi ricchi ed elaborati che
fanno la festa, non è solo l’attesa che
rende magico un evento. Lo è anche
un matrimonio che sembrerebbe
quasi un gioco. La vita è fatta di
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momenti. E questo è uno di quelli
autentici da festeggiare e ricordare.
A cose fatte e a cena iniziata
arriva trafelata la quasi sempre in
ritardo zia Raffaella. Questa volta è
giustificata. Il lavoro in aeroporto è
spesso legato ad imprevisti. Si ritrova catapultata in un’atmosfera a dir
poco eccitante per le novità e per le
cose da raccontare e da stringere
preziosamente al cuore di tutti. Il
pesce è meraviglioso. Ma noi quasi
non ce ne accorgiamo.
È ormai tardissimo quando
Aldo ed io rimaniamo da soli in
cucina a caricare la lavastoviglie. “È
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stata una bellissima serata” ci diciamo commentando e ricordando.
Mi rammento che io di matrimoni
a Las Vegas, fino ad ora, ho solo
letto sui giornali o ne ho sentito
parlare al cinema o alla televisione.
Non avrei mai immaginato di
poterne vivere uno così da vicino e
in modo così leggero. Proprio nella
mia famiglia. Proprio a casa mia. È il
fascino delle cose che appaiono lontanissime, ma che possono piombarti, con freschezza ed allegria,
davanti alla porta di casa ed entrare,
creando, sì, un po’ di trambusto, ma
anche tanta, tanta felicità.
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