SPAZIO LIBERO Numero 41 – ottobre 2007 Anno IV RUBRICHE: Editoriale Mondo filiali Attualità C’era una volta Cinema e cultura Flash EDITORIALE RINASCE IL BANCO DI NAPOLI: CHE COSA NE PENSA IL SINDACATO Il 22 ottobre del 2007 il nome Banco di Napoli, per volontà del vertice del Gruppo a cui appartiene - Intesa Sanpaolo perde il carattere di citazione storica, posto in seconda battuta dopo Sanpaolo dal luglio del 2003, e viene restituito nella sua singolarità alla realtà bancaria che opera nelle regioni meridionali peninsulari. Naturalmente ogni enfatizzazione di questa decisione sarebbe pura retorica, una cosa che non serve a niente, tuttavia essa ci sembra una scelta intelligente se anticipatrice dell’intenzione del Gruppo di riconoscere al Banco una più forte identità e una più marcata e significativa autonomia operativa, nell’ambito di una migliorata strategia della Banca dei Territori che vada oltre la semplice valenza commerciale, cioè di pura valorizzazione del brand locale mirata alla raccolta finanziaria e alla vendita di prodotti bancari. Le specificità del territorio meridionale, intessuto di microimprese, di imprese familiari e artigiane, di medie imprese di successo bisognose di crescere, necessitano di risposte non standardizzate e di centri e intelligenze locali adatti a interloquire efficacemente con gli operatori e i clienti e a interpretare velocemente le esigenze del mercato di riferimento, abilitati al meglio anche a gestire progetti di finanza agevolata, investimenti pubblici, servizi di investiment banking, e programmi finanziari per ricerca e sviluppo a supporto dell’economia meridionale. Un istituto come il Banco che, col beneficio di far parte di un Gruppo di valore europeo, assolva a questo compito nel nostro scenario con proprie strutture delocalizzate e specializzate e proprie professionalità è quanto occorre per contribuire, anche dal punto di vista della responsabilità sociale, a risollevare il Sud dell’Italia da quella condizione di zavorra per il Paese che il Governatore della Banca d’Italia ha schiettamente evidenziato di recente. Di fronte all’enfasi esagerata degli ultimi tempi su un malessere imprenditoriale del Nord, egli ha riportato all’attenzione di tutti la questione meridionale, che molti tentano di rimuovere tacendola, come vuole la prassi di chi nasconde la polvere sotto il tappeto. La realtà è invece quella della condizione generale di un Paese che continua a mantenere un carattere duale, con una rilevante disomogeneità economica e sociale tra i suoi territori e i suoi stessi cittadini. E “solo dal decollo del Sud”, ha ripetuto il Governatore al Convegno di Brescia del settembre scorso, echeggiando concetti più volte espressi anche dal Presidente della Repubblica Napolitano “può derivare una crescita sostenuta e duratura della nostra economia”, quindi questo è il tema che va posto al centro dell’analisi e della politica economica, perché al Sud è più ampio il divario tra le risorse disponibili, soprattutto umane, e risultati conseguiti, ed è più elevato il potenziale di crescita”. % EDITORIALE segue:RINASCE IL BANCO DI NAPOLI:CHE COSA NE PENSA IL SINDACATO Sono concetti drammaticamente confermati dai numeri. Attraverso i dati Istat e Svimez, nei loro ultimi rapporti, si scopre che nel 2006 il Sud è cresciuto dell’1,5%, con un incremento pari a oltre quattro volte quello realizzato dal 2002 al 2005, ma con una dinamica che per il quarto anno consecutivo risulta inferiore al Centro-Nord. Il PIL per abitante, infatti, è rimasto a 16.919 euro, pari al 57,4% del Centro-Nord (29.459 euro) e il 43% delle imprese che non producono reddito ha sede al Sud. A livello Unione Europea le cose vanno anche peggio: dal 2000 al 2006 nei nuovi Stati membri il Pil è cresciuto di oltre il 5%, a fronte di un modesto 0,4% nel Mezzogiorno. Il tasso di crescita dell’economia meridionale è stato inferiore di 3 volte a quello della Spagna, di 4 volte a quello dell’Irlanda, di 5 volte a quello della Grecia. Tra i nuovi paesi membri, nel 2006, Slovenia, Ungheria, Estonia e Repubblica Ceca hanno già raggiunto il livello di sviluppo del Mezzogiorno d’Italia che è poi fanalino di coda per vitalità economica del sistema produttivo, con un valore di appena il 54,1% della media, mentre il Centro-Nord mantiene il 16°posto in graduatoria, pur essendo in flessione rispetto allo scorso anno di 2,1 punti percentuali. Gli investimenti diretti esteri (IDE) nel 2006 (che in Italia rappresentano appena l’1,2% del PIL contro valori medi nell’Ue del 5%) sono stati concentrati per appena lo 0,66% al Mezzogiorno, contro il 99,34% del Centro-Nord, in ulteriore calo rispetto al 2005 (0,7%); dell’indice complessivo di potenzialità competitiva, il Mezzogiorno raggiunge soltanto un insignificante 65,9 su una media Ue di 100. Per finire, nel 2006 il tasso di occupazione è cresciuto dell’1% al Centro-Nord e dello 0,7% al Sud (fermo però al 46,6% della popolazione), mentre il 42% della popolazione del Mezzogiorno è caratterizzato da una sottoutilizzazione delle risorse eccezionalmente grave. In questo contesto preoccupante è essenziale inserire strutture che contribuiscano a dare una prospettiva di rilancio e di valorizzazione del territorio e delle persone. E’ vitale creare organismi locali con intelligenze e competenze che comincino a rappresentare occasioni di riscatto e di rinascita e che consentano, soprattutto ai giovani che lo vogliono, di restare nel Sud e di non ricominciare un’emigrazione intellettuale che recherebbe ancora più danno a ogni aspettativa di progresso economico e sociale. Molte di queste strutture, alcuni di questi organismi, nel senso che prima abbiamo richiamato, potrebbero vedere luce nel rinato Banco di Napoli, con una politica del Gruppo Intesa Sanpaolo di diversificazione delle lavorazioni e degli insediamenti di eccellenza, affinché la riconsegna dell’identità a un’istituzione di oltre quattrocento anni di vita, una volta cuore finanziario di Napoli e di tutto il Sud, non sia una semplice operazione pubblicitaria e di facciata. MONDO FILIALI PUBBLICHIAMO UNA LETTERA CHE IL COLLEGA DARIO GIANNOCCARO, RLS INDICATO DALLA FISAC/CGIL PER L’AREA PUGLIA, HA INVIATO AGLI ALTRI RLS, DELLE ARE NAPOLI E CAMPANIA; CREDIAMO SIA UTILE LEGGERLA NON TOCCATE I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA Cari Pasquale e Raffaele, approfitto della mail inviata oggi da Pasquale per condividere con voi alcune riflessioni……. ……Ho notato da diversi mesi un atteggiamento poco collaborativo per non dire indifferente dell'azienda a fronte di tutti i chiarimenti ad essa richiesti ed a fronte di una situazione filiali che appare sempre più problematica e che in alcuni casi rasenta i limiti della decenza umana. In alcune filiali viene mortificata la stessa dignità del lavoratore, il tutto senza che dall‘Azienda si alzi non una voce ma anche solo un sospiro. Il mio auspicio è che finalmente il nostro sindacato decida di intraprendere a breve qualche vertenza, anche se non sono così sicuro che a livello nazionale ci sia la volontà di farlo. A livello territoriale ho il massimo sostegno possibile ma un freno a mano tirato dagli stessi tristi protagonisti, i lavoratori, gli stessi colleghi che da una parte chiedono la linea dura e dall'altra ti pregano di non richiedere neppure una striminzita verifica nei modi d'uso alla Asl competente nel timore di conseguenze al loro status lavorativo o peggio di ritorsioni. La fusione sta già manifestando i propri deleteri effetti: uno di questi è la scomparsa di fatto della figura di garanzia rappresentata dall'Rls, che nell'ambito della nuova azienda non ha alcun tipo di dignità e che secondo me è già superata nei fatti dalla mancanza degli incontri di formazione, dei momenti di approfondimento, degli incontri periodici che in Puglia non si tengono da diversi mesi, il tutto senza che dagli Rls delle altre sigle sindacali si levi una voce (mi auguro che da voi esista un atteggiamento un tantino collaborativo tra Rls che da noi non esiste). % MONDO FILIALI segue:NON TOCCATE I RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA Una vocina mi dice che a regime esisteranno in tutto il Banco di Napoli solo 3 RLs, suddivisi per area secondo il manuale Cencelli: è ovvio che ciò equivarrebbe alla sostanziale abolizione della figura dell'Rls, dal momento che è quantomeno improbabile che una sola persona possa gestire in autonomia territori così complessi quali quelli che noi rappresentiamo. E' una logica che mi rifiuto di accettare: ecco perchè mi auguro che ognuno di noi faccia sentire la propria voce nei confronti del coordinamento per schiacciare l'azienda alle proprie responsabilità: il fatto che in Banca Intesa non esistano gli Rls non significa che si debbano sempre fare compromessi al ribasso, sempre sulla pelle dei lavoratori. Auspicabile che si intraprenda un azione comune ma ancor più auspicabile è che la nostra Organizzazione non pieghi la testa a questioni che non sono di forma ma di sostanza. La nostra comune storia di dipendenti del Sanpaolo e del Banco di Napoli è fatta di conquiste che non si possono sacrificare sull'altare di operazioni pianificate a tavolino e che vanno come sempre a beneficio solo ed esclusivamente degli azionisti. Un fraterno abbraccio Dario REPUBBLICA ITALIANA REFERENDUM DI INIZIATIVA POPOLARE: CHI HA ROTTO DI PIU’? MASTELLA DI PIETRO Diceva Luciano Lama:”Abbiamo sempre cercato di parlare ai lavoratori, come a degli uomini, di parlare al loro cervello e al loro cuore. Alla loro coscienza …..” Ebbene al ritorno del marchio storico del Banco di Napoli, siamo andati a ripescare un documento che– parlando al cervello, al cuore e alla coscienzza – i colleghi di Livorno dell’allora Banco Napoli elaborarono in occasione del passaggio al San Paolo; il documento è del 2003. E’ curioso come, a soli quattro anni di distanza, il documento assuma carattere già di “testimonianza storica”, di…”C’era una volta” e crediamo sia anche un’esemplare “elaborazione del lutto” per quanto non c’è più, che possa valere anche per coloro i quali si sentano oggi “orfani”. Un addio. Un grande impegno I grandi fenomeni di ristrutturazione che hanno interessato il sistema bancario italiano non hanno risparmiato il territorio livornese. Abbiamo assistito, spesso con un senso di indifferenza, all’ingresso di nuove banche ed alla scomparsa di altre che da qualche tempo erano radicate sul territorio. Nuove insegne sostituiscono quelle che ormai c’erano diventate familiari. Succederà ancora una volta. Toccherà al Banco di Napoli, che dopo l’acquisto da parte del Sanpaolo IMI SpA di Torino ha perso la sua dimensione nazionale chiudendosi in quello che possiamo definire "il ridotto del meridione" comprendente le regioni Campania, Calabria, Basilicata e Puglia. Stranezza della storia: sembra quasi che la logica di mercato che sottostà ai fenomeni di ristrutturazione lo abbia voluto confinare lì dove era nato quando quelle terre facevano parte del Regno di Napoli. A Livorno, con il cambio di insegna da Banco di Napoli a Sanpaolo IMI si chiude una storia ultra centenaria: il Banco di Napoli è stata la prima banca ad aprire, intorno al 1890, una sua filiale in questa città. Molti sono gli elementi che c’inducono ad affermare che esso ha acquisito, con il trascorrere del tempo, un ruolo importante nel tessuto economico e sociale livornese. Tra la fine degli anni venti e l’inizio degli anni trenta, durante la creazione di quella che sarà chiamata la "via delle banche" - l’attuale via Cairoli - fu costruita la sua maestosa sede che resta uno dei palazzi più belli della città. Si può affermare che esprimesse un ruolo prestigioso nei rapporti fra le istituzioni cittadine, se la presentazione di un suo direttore era elemento indicativo per l’ingresso dei cadetti nell’Accademia Navale. Se la sede provvisoria di Via del Mare fu il luogo dove si tenne, il 12 settembre 1944, la prima riunione dei lavoratori delle banche livornesi per il rilancio del sindacato bancario è da pensare che una cellula sindacale operasse in clandestinità durante il ventennio fascista. Una presenza, quella sindacale della Fisac/CGIL che si è ampliata nel tempo ed ha forgiato quadri che hanno contribuito a costruire la storia del sindacato bancario livornese e non solo. % segue: UN ADDIO. UN GRANDE IMPEGNO Nell’economia cittadina ha avuto, da sempre, una dimensione importante confermata dalla sua opera di supporto creditizio alle più significative attività produttive e dalla presenza tra i suoi clienti dei più quotati operatori economici della piazza. La Direzione Generale di Napoli, con l’attribuzione della dimensione di Filiale e non di agenzia periferica, con una competenza territoriale comprendente anche le Provincie di Pisa e Grosseto, gli ha assegnato un ruolo strategico lungo la costa tirrenica. Una Filiale che ha raggiunto, tra gli anni settanta ed ottanta, una grande dimensione con i suoi sessanta dipendenti Dal 14 aprile 2003, data effettiva del nuovo assetto tecnico - organizzativo, storie diverse si incontreranno e questa storia non potrà essere dimenticata. Essa dovrà diventare un patrimonio capace di integrarsi con quello del Sanpaolo IMI e nessuno potrà pensare di essere in presenza di un processo di annessione di una piccola realtà da parte di un impero. I lavoratori del Banco di Napoli di Livorno si portano dietro una dote importante composta da molti fattori quali la loro professionalità, l’attaccamento alla loro filiale ed al suo territorio, la loro storia sindacale, la volontà e la capacità di inserirsi in un nuovo mondo. Un processo, quest’ultimo, che riconoscono difficile ma per loro non impossibile, avendo superato negli anni, sia all’interno sia all’esterno prove durissime e situazioni difficili che li hanno visti protagonisti e vincenti. La loro è sempre stata una lotta mirata a combattere quel conservatorismo che spesso con una visione burocratica, esprime riottosità o apatia verso il nuovo. Metodologicamente hanno sempre avuto la certezza che i problemi si affrontano, si analizzano e si risolvono se esiste la volontà delle parti e quando ciò non fosse vero, sanno che ci si deve impegnare per creare le condizioni idonee a far sì che le soluzioni siano soddisfacenti per tutti i contraenti. Un metodo questo che ha sviluppato in loro una coscienza critica ed autocritica aperta all’arricchimento professionale nel rispetto e nel miglioramento delle condizioni di lavoro. Si apre una nuova pagina di storia. I lavoratori del Banco di Napoli di Livorno, salutando il loro vecchio Istituto, la vogliono vivere da attori principali come sempre e mai da comparse, perché sanno bene che la storia sa essere impietosa con i suoi mancati protagonisti. La Segreteria Provinciale La Segreteria R.S.A. FISAC/CGIL Livorno, 14/04/2003 RICORDO DI DEBORAH KERR / ESPIAZIONE di John Wright Ricordiamo nel momento in cui ci ha lasciato, l’attrice inglese - appartenente alla storia del cinema americano degli anni ‘40, ’50 e ’60 del secolo scorso - Deborah Kerr che si è caratterizzata in tutta la sua carriera per “glamour”, un misto di fascino, grande eleganza e bellezza. I suoi film più importanti e conosciuti: “DA QUI’ ALL’ETERNITA’ di Fred Zinnemann, con Burt Lancaster e “UN AMORE SPLENDIDO” di Leo Mac Carey con Cary Grant , “TE’ E SIMPATIA” di Vincent Minnelli, “IL RE ED IO” di Walter Lang con Yul Brynner, “L’ANIMA E LA CARNE” di John Huston con Robert Mitchum, “BUONGIORNO TRISTEZZA” di Otto Preminger dal romanzo di Francois Sagan, “ADORABILE INFEDELE” del grande Henry King sulla persona di Sheila Graham, giornalista e compagna negli ultimi travagliati anni di vita dello scrittore Francis Scott Fritzgerald, interpretato da Gregory Peck, “IL GIARDINO DI GESSO” di Roland Neame e, infine, “ IL COMPROMESSO” di Elia Kazan con Kirk Douglas sono tutti film volutamente “melò” nei quali le qualità di glamour (nel senso descritto) della Kerr sono sempre state usate dai registi (e da lei con grande evidenza e bravura) per sottolineare la trasparenza delle passioni che si intendeva raccontare e per trasmettere, in modo particolareggiato e riuscito, la limpidezza morale del personaggio interpretato. Questo contributo dato dalla Kerr al cinema è ciò che ricordiamo con grande affetto ed ammirazione nei confronti di una attrice che ha accompagnato in modo affascinante, elegante ma, contemporaneamente, pieno di “forza espressiva e delicatezza la visione di film unanimemente riconosciuti “capolavori” della storia del cinema. Desideriamo, inoltre, proporre alla visione il film “ESPIAZIONE” di John Wright, regista inglese già conosciuto e segnalato con “Orgoglio e Pregiudizio”. In “Espiazione”, tratto dal romanzo di Ian Mc Ewan, si narra una storia nella quale la visione di accadimenti vari, fatta da diverse prospettive e da diversi personaggi (poi nel tempo rielaborate e rivisitate) produce diversi punti di vista, effetti giudiziari e diversi giudizi morali sui personaggi raccontati. La ricostruzione e la rielaborazione nel tempo che poi scorre, in parte autentica ma in parte re-inventata, è fatta con tipici strumenti cinematografici (quali flashback e piani-sequenza) per ricostruire i fatti e la loro memoria, oltre che il giudizio morale finale, con i quali la storia si dipana su un lieto fine che è solo “cinematografico” ma niente affatto reale. Eppure esso è sentito certamente più autentico e vero in quanto interpreta ciò che la sensibilità ed il senso di verità del narratore (e dello spettatore) desidera per i personaggi raccontati, per ridare, attraverso la finzione cinematografica, giustizia a chi quella stessa giustizia è stata negata da un reale tragico destino. La finzione cinematografica, la scrittura narrativa cinematografica, quindi, più forti e autentici della realtà.“ESPIAZIONE” è dunque un perfetto esempio di cinema “letterario”, adattamento cinematografico riuscito di un famoso romanzo inglese. FLASH La Redazione Giorgio Campo Alfredo Conte Antonio Coppola Mario De Marinis Antonio Forzin Amedeo Frezza Rosalia Lopez Raffaele Meo Italo Nobile Maria Teresa Rimedio Anna Maria Russo puoi leggerci anche su: cgil.it/fisac.sanpaolo/bancodinapoli