PAGINA AUTOGESTITA A CURA DEL PARTITO PIRATA Iscrizione Tribunale di Rovereto (Tn) n. 275 direttore responsabile Mario Cossali L’Associazione Partito Pirata e il forum li trovi in rete su www.partito-pirata. it. Qui invece mettiamo a disposizione il mensile dell’associazione: www. piratpartiet.it Su www. anonet.it si trova il progetto che stiamo sviluppando per una rete anonima o darknet. Per iscriversi alla mailing list è sufficiente inviare dal vostro account di posta una e-mail, anche priva di oggetto e contenuto a: http://ml.partito-pirata. it/cgi-bin/mailman/listinfo/ open Il ritorno del futurismo di Alessandro Bottoni I fucili lombardi di Athos Gualazzi Quando Bossi parlava di fucili padani probabilmente aveva presente l’accordo Regione LombardiaGelmini-La Russa “Allenati per la vita”, corso teorico-pratico, valido come credito formativo scolastico, rivolto agli studenti delle scuole superiori. Comincia così la strada per imbracciare realmente i fucili e procedere sulla strada della secessione? Tagli orizzontali e drastici alla scuola, ricerca e innovazione ma per armare i ragazzi che vivono in Lombardia i fondi si trovano. Studenti, professori, sindacati della scuola e organizzazioni pacifiste hanno protestato tanto vivacemente che ci sono stati dei contusi. L’iniziativa si affianca alla “mini naja” anche se un caro amico m’ha fatto osservare che:”non confondiamo i russi (anzi La Russa) con i padani: qui si tratta di moschetti patriottici e lì di marmaglia secessionista. Concettualmente il risultato è lo stesso, ma vuoi mettere i giovani petti a difesa della patria?” Puro stile fascio anni trenta. Decisamente è un governo da mandare a casa, troppi i danni che provoca pur nelle poche cose che fa. Siamo veramente al ridicolo, il presidente del Consiglio che ipotizza “associazione a delinquere” riferendosi ai Magistrati che lo indagano e al tempo stesso pretende di considerare “private” le sue elucubrazioni senili. Dossieraggi sui “nemici” politici. Ministri che sputano nel piatto dove stanno abbondantemente e spudoratamente razzolando. Giornalisti che subiscono attentati che suscitano qualche perplessità: un uomo solo per attentare alla vita di un giornalista che ha una scorta di due persone armate da almeno otto anni o è molto coraggioso o molto fesso oppure un deficiente visto che si è presentato a viso scoperto ed ha aspettato la vittima sul pianerottolo. Un attentatore che si fa beccare dopo che la sua presunta vittima è già rientrata in casa è per forza un po’ lento di riflessi. Il camuffamento poi: un misto di GdF e palestra di quartiere... nuove frontiere del fashion? Un idiota che spara al primo che passa, forse con una pistola giocattolo o che s’inceppa, quando potrebbe facilmente salutare ed andarsene senza nessun problema. Insomma, se queste sono le nuove-BR, che iddio le protegga da sé stesse, rischiano di spararsi nei piedi mentre puliscono la scacciacani. Fanno il paio con le barzellette del presidente..... davvero c’è da vergognarsi di essere cittadini di una Nazione che vuole annoverarsi fra le più socialmente avanzate. Noi Pirati siamo per la condivisione, questo è vero, ma non certo quella della violenza psicologica, della ipocrisia, della turpitudine politica cui stiamo assistendo.Ci chiediamo quando usciremo da questa bufera e potremo ritornare a navigare in acque pulite, se non tranquille. Stiamo disperando perché non c’è pericolo di annegare – siamo pur sempre pirati – ma stiamo soffocando per il fetore. S ono sicuro che ci avete fatto caso anche voi: quasi tutte le formazioni nate negli ultimi vent’anni hanno la parola “futuro” nel nome. Soprattutto quelle di destra. Basti pensare a “Fare Futuro” di Gianfranco Fini ed a “Italia Futura” di Luca Cordero di Montezemolo. Addirittura, sembra che la destra sia riuscita ad appropriarsi del titolo di “forza progressista” in questo paese lasciando la sinistra al palo. Ma, al di là di questi italianissimi paradossi, che cosa dovrebbe voler dire “fare futuro” al giorno d’oggi? Innanzitutto, “fare futuro” significa competere con gli altri paesi sul piano dell’innovazione tecnologica, cioè della creazione di nuovi prodotti (iPod, iPhone, iPad, etc.) e di nuovi mercati (eBook, MP3, etc.) e non sulla riduzione dei prezzi. In una competizione basata sulla riduzione dei prezzi, infatti, vince chi riesce a sfruttare al massimo una forza lavoro dequalificata e ridotta in schiavitù. Si tratta, a tutti gli effetti, di una degenerazione del sistema produttivo. In secondo luogo, “fare futuro” significa rifornire il proprio sistema produttivo di persone competenti in grado di operare come dipendenti qualificati ma, soprattutto, come nuovi imprenditori. Significa avere una scuola ed una università ben radicate nel XXI secolo ed orgogliose di esserlo. Una scuola ed una università attente allo sviluppo delle co- noscenze scientifiche e tecnologiche ed in grado di fornire l’humus adatto al sistema produttivo. E qui casca l’asino. A dispetto dei buoni propositi, questa destra “futurista” negli ultimi vent’anni ha affossato proprio la scuola e l’università. In particolare, ha cancellato dal panorama educativo italiano proprio gli istituti tecnici e le facoltà scientifiche (fisica, chimica, matematica, ingegneria, etc.). La conseguenza più tragica di questo olocausto culturale non è la carenza di persone qualificate per la nostra industria. In Italia, in realtà, non esiste più un’industria in grado di assorbire i nostri diplomati e laureati. No, la conseguenza più grave è la scomparsa di un’intera generazione di tecnici e scienziati, cioè di quella classe sociale che in altri paesi dà vita a nuovi business, nuove aziende e nuova occupazione. Che fare? Prima di tutto, bisogna re-impossessarsi di quella tradizione progressista che un tempo ci apparteneva. Siamo noi, la “sinistra”, ad aver sempre spinto per l’evoluzione sociale, tecnologica e scientifica, non loro. Ricordiamocelo! In secondo luogo, bisogna avere il coraggio di combattere quel tradizionalismo, apparentemente innocuo, che ci spinge a riconoscere come “degno di rispetto” o come “importante” ogni cosa che si ispiri, a torto od a ragione, alle nostre tradizioni nazionali, cioè la cosiddetta e preziosissima “Cultura” italiana. Questa mia affermazione può sembrare blasfema ma vi invito a riflettere su questo tema. La cultura (letteratura, pittura, teatro, etc.) è un processo produttivo vivo e vitale, fatto di continue nuove produzioni che, inevitabilmente, si alimentano degli sviluppi sociali, tecnologici e scientifici del mondo contemporaneo. Non è e non può essere un museo. Non può essere pura conservazione dell’esistente. “Fare cultura” non può voler dire avere decine di migliaia di laureati in materie umanistiche che non possono sperare in nessun altro sbocco professionale oltre all’insegnamento. Se si vuole “fare futuro” si deve restituire ai nostri ragazzi la possibilità (e l’orgoglio) di avere una formazione tecnica e scientifica di prim’ordine in scuole superiori che non siano ridotte a carceri minorili ed una formazione accademica in grado di competere con quelle straniere. Si deve “rubare” l’idea delle “tre i” a chi ce l’ha rubata vent’anni fa e metterla in pratica. Ci servono più informatica, più inglese e più impresa (ed industria). E, mi dispiace doverlo dire, ci servono molto meno greco, molto meno latino, molto meno Manzoni e molto meno Pascoli. Dobbiamo accettare questa banale verità se vogliamo tornare a vivere nel presente ed a competere con successo per il pane quotidiano. Il cartello delle Major di Angelo Greco R iprendiamo un vecchio discorso. Forse vi sarete chiesti perché i brani acquistati su internet costano ben 0,79 centesimi: che, moltiplicato per tante canzoni presenti in un album, significa pagare complessivamente lo stesso prezzo di un cd in un negozio di musica. Perché allora sborsare la stessa somma per un prodotto (quello digitale) che, al contrario di quello materiale, non risente di costi di produzione come l’impacchettamento (il cosiddetto packaging), la stampa del libretto e del cd fisico, la distribuzione e la vendita al dettaglio? Semplice: perché c’era un cartello! Se ne sono accorti i consumatori, che hanno notato la stranezza del comportamento di certe major (la EMI Group, Emi Music North america, Universal, BM, Vivendi Universal Music Group, Warner Music Group Corp., Sony Corp., Sony BMG e Bertelsmann) che si erano rifiutate di vendere attraverso eMusic, un rivenditore che praticava prezzi molto piů contenuti. Così sono state riunite presso la Corte Federale di New York ben 28 cause già intentate sul territorio degli U.S.A. tra la fine del 2005 e il luglio 2006, tutte contro le grandi sorelle del disco. In prima istanza, il tribunale di New York aveva rigettato la domanda, ritenendo non sufficienti gli elementi di prova contro le industrie discografiche. La Corte d’Appello, invece, non condividendo il parere del giudice di primo grado, ha formulato un giudizio di ammissibilità dell’azione. Che ora entrerà nel vivo dell’istruttoria vera e propria. Il comportamento contestato alle major sta nell’aver stretto un accordo volto ad impedire il ribasso dei prezzi, gonfiando le cifre richieste ai consumatori, e nell’aver mantenuto licenze particolarmente restrittive, optando per canali online piů profittevoli come iTunes. In altre parole, le case discografiche stavano cercando di far entrare dalla finestra ciò che, legittimamente, era uscito dalla porta. Il mercato del supporto materiale non tira più? Bene, i loro forzieri dovevano rimanere intatti e lucrare sul più moderno mercato on line. Le industrie, vecchi dinosauri del business, proprio non ne volevano sapere di rinnovarsi. Ma questo sempre a discapito dei consumatori. La domenica di un hacker di Paolo Redstar Cocuroccia I l Fusolab sta riaprendo i battenti. Il luogo naturale dove pirati, artisti, cinefili, mediattivisti, teatranti, musicisti e hackers si incontrano e vivono come un valore aggiunto la loro diversità. La programmazione si sviluppa in un intreccio di scelte di qualità e produzioni indipendenti. Verranno confermate le serate di “cinestesia”: il cineforum dove vista, udito e gusto si fondono in un quid di registi d’essai e giovani emergenti, con la collaborazione di TaxiDrivers; anche quest’anno infatti viene confermata la presenza della rivista di settore più interessante del momento. Saranno proposte novità nelle esposizioni: si conferma la massima libertà di espressione e nessuna censura per la pittura, i fumetti e le illustrazioni. La serata hacker verrà spostata a domenica, dalle 17 alle 24: quest’anno insieme a noi Ninux, che si batte per realizzare reti wireless libere in Italia, verranno confermate le presenze dei ragazzi dell’Italian Lockpickers Club, che ci introdurranno nel mondo delle serrature e dei lucchetti, e del linux user group romano. Ci verranno a trovare i ragazzi di Open Street Map, che avendo creato una mappa liberamente modificabile, ci permettono di visualizzare, modificare ed utilizzare dati geografici! E ancora, spazio al teatro, alla musica d’autore, ai documentari, ai reading letterari e al book-crossing: lasci un libro e ne prendi un altro, nel solito spirito di condividisione che contraddistingue il Fusolab. Ovviamente i ragazzi e le ragazze di Fusoradio ci seguiranno con i loro approfondimenti e le loro dirette sulle iniziative e le serate nel corso dell’anno. Il filo conduttore tra tutte queste realtà rimane quello di “sviluppare e diffondere una visione critica, alternativa e antagonista, del modello sociale culturale ed economico vigente attraverso la condivisione di spazi conoscenze e strumenti che si maturi e concretizzi tramite l’analisi la ricerca e l’azione diretta”. I pirati a Roma hanno di nuovo il loro “galeone”. Issiamo il Jolly Roger insieme agli altri e ripartiamo!