L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
L’ELISIR D’AMORE
Melodramma giocoso in due atti
Musica: Gaetano Donizetti
Libretto: Felice Romani
Prima rappresentazione:
Milano,Teatro della Canobbiana
12 maggio 1832
IN BIBLIOTECA
SPIGOLATURE
TRAMA
L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
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L’ELISIR D’AMORE
Oltre al libretto vi proponiamo alcune letture di approfondimento disponibili presso la Biblioteca del CRAL o reperibili pres so altre
biblioteche:
SULL’OPERA:
SUL COMPOSITORE:
- Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera, 2011, pagg.
107-109
- Giovanni Gavazzeni (a cura di), Donizetti. L’elisir d’amore,
Pendragon, 2010 nuovo acquisto
- Eduardo Rescigno, Una voce poco fa. 550 frasi celebri del
melodramma italiano, 2007, pagg. 191-192 nuovo acquisto
- Giorgio Pestelli, Gli immortali, 2004, pag. 162
- Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, 1991,
pagg. 238-240
- Alberto Basso (diretto da), Dizionario enciclopedico
universale della musica e dei musicisti, Le biografie, vol. II,
1985, pagg. 522-537
- René Leibowitz, L’opera romantica in Italia – Gaetano
Donizetti e L’opera buffa nel XIX secolo – Rossini e
Donizetti in Storia dell’opera, 1966, pagg. 124-129 e pagg.
162-169
- Gaetano Donizetti, L’elisir d’amore, Torino: Teatro Regio,
stampa 2007
- Egidio Saracino, Invito all’ascolto di Donizetti, 1984, pagg. 144149
http://sbam.erasmo.it
http://bct.comperio.it/
- Giancarlo Landini, Gaetano Donizetti, in Giuseppe
Barigazzi (a cura di), Grandi operisti italiani, 1996
http://sbam.erasmo.it
- Egidio Saracino, Invito all’ascolto di Donizetti, 1984
http://sbam.erasmo.it
http://bct.comperio.it/
- Gaetano Donizetti, L’elisir d’amore, Teatro alla Scala, 2001
http://bct.comperio.it/
ALL’INIZIO
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NUOVI ACQUISTI
Eduardo Rescigno, Una voce poco fa. 550 frasi celebri del melodramma italiano
Le parole dei libretti d'opera sono state in Italia, dal Seicento fino al primo Novecento, un insostituibile patrimonio di cultura e
un'inesauribile fonte di modi di dire, di immagini verbali e visive. Per la prima volta sono raccolte in un solo volume le citazioni
tratte dal grande patrimonio del melodramma italiano. Frasi celebri rimaste nella nostra memoria ma di cui fatichiamo a
ritrovare l'autore o il contesto in cui sono state pronunciate. Attraverso le molte citazioni l'autore ne rintraccia la consistenza
e nello stesso tempo rivela quanti riflessi di quel mondo sono ancora presenti nella letteratura, nel teatro e anche nel cinema
d'oggi.
Giovanni Gavazzeni (a cura di), Donizetti. L’elisir d’amore
Il programma di sala del Teatro Comunale di Bologna (primavera 2010) presenta interessanti spunti per un approfondimento
dell’opera e della conoscenza del suo compositore. E’ inoltre arricchito da un’antologia letteraria che riporta scritti di
Alexandre Dumas, Giuseppe Gioachino Belli e Ludovico Ariosto intorno ai filtri d’amore e alle pozioni presunte panacee di
molti mali.
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L’ELISIR D’AMORE
SPIGOLATURE
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Le umili origini di Donizetti
“I Donizetti erano povera gente. Vivevano in uno scantinato nel rione di borgo Canale [a Bergamo]. «Scendevasi per una scala di
cantina, ove ombra mai non penetrò». Così Donizetti, ormai adulto e famoso, ricorda la sua casa natale. Quel buio sembra
anticipare la solitudine che sarà la sua triste compagna all'apice del successo. Anzi, l'ossessione del lavoro, la continua ricerca di
impegni, che caratterizzano tutta la vita del musicista, mettono in luce la sua paura della solitudine, della povertà, di ritornare
nella condizione di suo padre e sua madre.” (1)
Donizetti spiritoso
“Fra le sue doti vi era una straordinaria abilità nello scrivere versi burleschi, che fluivano dalla sua penna in messaggi ad amici e
parenti. Ecco, ad esempio, come egli rivolse al cantante Gilbert Duprez a Parigi la richiesta di mettergli da parte due biglietti per
una rappresentazione all'Opéra:
A te ricorron tutti li cristiani
Per ottener biglietti senza spesa.
Me ne abbisognerebber due domani,
E li vorrei senza seccar l'Impresa ...” (2)
_____
(1) Giancarlo Landini, Gaetano Donizetti, in Giuseppe Barigazzi (a cura di), Grandi operisti italiani, Periodici San Paolo, 1996
(2) Philip Gossett, Un musicista con una straordinaria facilità nel comporre in Gaetano Donizetti, L’elisir d’amore, Edizioni del Teatro alla
Scala, 2001
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SPIGOLATURE
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Povero Donizetti, come ti storpiavano il nome!
“Nell’Italia dell’Ottocento […] il fatto di storpiare i nomi era diffuso e coinvolgeva anche i musicisti italiani; Donizetti, nel corso
della sua carriera, venne appellato «Donzelletti», «Donizzetti», «Donazzetti», «Dorizzetti», «Donnizzetti», «Tonazet», fino al
famoso e intenzionale «Dozzinetti».” (1)
“Uno dei limiti di Gaetano era quello di non sapere dire di no. Non sapeva selezionare. Si buttava e basta. Un simile
comportamento non gli giovava presso la critica più esigente che lo riteneva un facilone. Dozzinetti lo chiamavano, storpiando il
nome, per sottolineare che scrivi oggi, scrivi domani la sua musica era spesso dozzinale.” (2)
Donizetti e Bellini
“All'epoca della loro conoscenza, Bellini stimava Donizetti, anche se forse ne esagerava la fama. Il musicista bergamasco
considerava Bellini con molta simpatia, lo aiutò per quel che poté. Salutò sempre con successo i trionfi di Bellini che, partito da
Napoli, conquistava la Scala. Non vide mai in lui un rivale. Ma anche in questo caso Donizetti non ebbe fortuna. Bellini, sempre
gentile ed educato, si tramutò in un rivale astioso che nelle sue lettere criticava aspramente il povero Donizetti. Il quale invece
restò profondamente colpito dalla prematura morte dell'amico e non esitò a scrivere una messa funebre in suo onore.” (2)
_____
(1) Enrico Stinchelli, Opera, che follia! Spiando dietro le quinte del melodramma dal 1600 ad oggi, Bongiovanni Editore, 1992
(2) Giancarlo Landini, Gaetano Donizetti, in Giuseppe Barigazzi (a cura di), Grandi operisti italiani, Periodici San Paolo, 1996
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SPIGOLATURE
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Romani adatta «Le Philtre» di Scribe e ne fa «L’elisir d’amore»
“L'impresario del Teatro milanese della Cannobiana o Cannobbiana (oggi Teatro Lirico), venuta a mancargli un'opera nuova
promessagli da un altro compositore per la stagione di primavera 1832, scongiurò Donizetti di addossarsi l'incarico. Donizetti
accettò, chiedendo solo quattordici giorni di tempo. Si fece però promettere che Felice Romani avrebbe approntato il libretto in
una settimana.” (1)
“Anche nelle fasi di maggior tranquillità, Romani era notoriamente superimpegnato, e non era alieno dal trovare ‘ispirazione’,
quando necessario, in precedenti lavori teatrali. Quando il tempo a disposizione per la preparazione di un'opera era molto
limitato, sapeva essere ancora più sfacciato nei suoi prestiti. Così il libretto di Romani dell’Elisir d'amore, come fu subito
compreso all'epoca, è un adattamento assai prossimo all'originale dell'opéra-comique di Eugène Scribe Le Philtre,
rappresentato per la prima volta con musiche di Daniel-François Auber all'Opéra di Parigi nel giugno 1831. In molti punti, di
fatto, esso è poco più di una elegante traduzione. […]
Tuttavia, sotto altri punti di vista, il tono del testo di Romani è sostanzialmente diverso dall'originale, e queste differenze
aiutano a spiegare il particolare carattere e fascino dell'Elisir d'amore.” (2)
«Una furtiva lacrima»
Secondo quanto narrato dalla moglie, il librettista Romani avrebbe fatto resistenza all’inserimento di questa romanza ne L’elisir
d’amore.
“«Credilo, una romanza in questo posto raffredda la situazione! Che c'entra quel semplicione villano, che viene lì a fare una
piagnucolata patetica, quando tutto deve essere festività e gaiezza?» Ma tuttavia Donizetti insisté tanto finché ebbe la poesia:
Una furtiva lagrima
Negli occhi suoi spuntò ...
[…] La romanza di Nemorino, accompagnata dall'intenso assolo di fagotto, si è invece solidamente delineata come il momento
solistico più apprezzato dell'Elisir d'amore.” (2)
_____
(1) Rodolfo Celletti, L’elisir d’amore, in Gioacchino Lanza Tomasi (a cura di), Guida all’opera, Volume primo, Mondadori, 1971
(2) Philip Gossett, Un musicista con una straordinaria facilità nel comporre in Gaetano Donizetti, L’elisir d’amore, Edizioni del Teatro alla
Scala, 2001
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Il primo ‘cast’ de «L’elisir d’amore»
“Nella lettera al padre del 24 aprile [1832] […] Donizetti commentava a proposito del cast: «il solo tenore è discreto, la donna
ha bella voce ma ciò che dice lo sa lei. Il buffo è canino». Nelle sue memorie Emilia Branca [moglie del librettista Felice Romani,
ndr] riferisce un analogo commento di Donizetti a Romani:
bada bene, amico mio, che abbiamo una prima donna tedesca [Sabine Heinefetter], un tenore che balbetta
[Giambattista Genero], un buffo che ha voce da capretto [Giuseppe Frezzolini], un basso francese, e che val poco
[Henry-Bernard Dabadie], eppure dobbiamo farci onore.
Era un cast interessante, ma inconsueto. […] In particolare la Heinefetter nel ruolo di Adina fu criticata per la sua pronuncia
italiana e per il suo stile eccessivamente fiorito. Dabadie nelle vesti di Belcore fu a sua volta ripreso per la pronuncia, nonché
per la sua presenza scenica. “ (1)
La prima de «L’elisir d’amore»
“Nonostante il breve spazio di tempo in cui L'elisir d'amore fu composto e messo in scena, l'opera ebbe uno straordinario
successo. Il 16 maggio Donizetti scrisse al suo maestro Simone Mayr: «La Gazzetta giudica dell'Elisir d'Amore e dice troppo
bene, troppo, credete a me ... troppo!». Ma né i critici né il pubblico, allora e in seguito, ritennero di sopravvalutare il lavoro. ”
(1)
“Sulla ‘Gazzetta privilegiata di Milano’ del 14 maggio 1832 […] l'articolo iniziava così: «Senza tanta aspettazione, senza tante
promesse, questo spartito bello dal principio alla fine ha meritato il favore generale a chi lo scrisse e a chi lo sostenne». E
concludeva: « Lo stile musicale di questo spartito è vivo [ ...] Una stromentazione sempre ragionata e brillante, adatta sempre
alle situazioni, una stromentazione che si scorge lavoro di gran maestro, accompagna un canto or vivo, or brillante, ora
passionato».” (2)
_____
(1) Philip Gossett, Un musicista con una straordinaria facilità nel comporre in Gaetano Donizetti, L’elisir d’amore, Edizioni del Teatro alla
Scala, 2001
(2) Rodolfo Celletti, L’elisir d’amore, in Gioacchino Lanza Tomasi (a cura di), Guida all’opera, Volume primo, Mondadori, 1971
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«L’elisir d’amore» opera buffa
“Se l'Opera seria rappresenta la vita come dovrebbe essere, con le sue aspirazioni e i suoi slanci ideali, con la bontà trionfatrice
e la netta distinzione fra il bene e il male, l'opera comica italiana ci presenta la vita così com'è, con le disparità sociali, il cinico
realismo e la sua logica economica, ma lo fa senza traumi, quasi come fosse un dato scontato dell'organizzazione sociale e
borghese.
Se l'Elisir fosse stata opera seria, Adina avrebbe sfidato qualsiasi disparità e convenzione sociale pur di sposare Nemorino. Qui
viceversa dovrà attendere l'eredità di Nemorino per prendere coscienza del suo sentimento, congedando bruscamente il
sergente Belcore.
L'unico personaggio veramente romantico di quest'opera rimane, e fino in fondo, Nemorino, il quale finalmente con i soldi, e
non solo coi buoni sentimenti, riesce ad acquistare quella rispettabilità borghese […], che gli permetterà di compiere il grande
passo.” (1)
Silenzio in teatro!
“E dire che oggi ci lamentiamo se la signora seduta accanto si mette a scartocciare una caramella. Sentite invece che cosa
accadeva un secolo e mezzo fa alla Canobbiana di Milano, durante un Elisir d’amore:
«Trovai la sala zeppa di gente che parlava ad alta voce e girava le spalle alla scena; ciononostante, i cantanti gesticolavano e si
spolmonavano a più non posso, o almeno così mi lasciava credere il fatto che li vedevo spalancare una bocca immensa, poiché a
causa del rumore che facevano gli spettatori, sarebbe stato comunque impossibile udire altro suono che quello della grancassa.
Nei palchi, si giocava, si cenava, ecc., ecc» (H. Berlioz, Memorie, 1802-1865).” (2)
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(1) Francesco Attardi, L’opera comica, in Giampiero Tintori (direttore della ricerca e coordinatore), Gaetano Donizetti, Nuove Edizioni 1983
(2) Enrico Stinchelli, Opera, che follia! Spiando dietro le quinte del melodramma dal 1600 ad oggi, Bongiovanni Editore, 1992
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Il personaggio di “Dulcamara” e la botanica
“Sono i manuali di botanica farmaceutica a darci ancor oggi informazioni sulla dulcamara e le sue proprietà curative.
La specie Solanum dulcamara, molto comune nell'intero territorio italiano, cresce di preferenza in luoghi freschi. È un
arbusto con fusto sdraiato o rampicante […]. Le foglie sono di colore verde intenso a lamina ovale e appuntita; i fiori […]
hanno una piccola corolla violacea; il frutto […] consiste in una bacca ovoidale succosa che diventa rosso lucente quando
matura, e non è commestibile. L'infuso dei fusti giovani risulta efficace come depurativo, facendo aumentare la
sudorazione, ma può essere tossico in dosi elevate; il decotto della corteccia è diuretico.
Chissà se il librettista Felice Romani, nel coniare il nome del protagonista dell'Elisir d'amore, aveva consapevolezza dell'efficacia
medicinale di questa pianta erbacea. Forse, più semplicemente, pensando a un personaggio dal carattere ibrido fra il medico e
il ciarlatano, era stato attratto dall'ossimoro implicito nel nome dulcamara, che prende origine da una particolarità di questo
vegetale: i rametti, masticati, assumono prima un sapore dolciastro e in seguito amarognolo.” (1)
_____
(1) Giulia Vannoni, Dulcamara. Un vegetale dà il nome a uno dei personaggi dell’Elisir d’amore, in Giovanni Gavazzeni (a cura di), Donizetti.
L’elisir d’amore, Pendragon, 2010
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1/2
Atto l
Ci troviamo in campagna, all'ingresso della fattoria di Adina, «ricca e capricciosa «fittaiuola».
All'ombra di un grande albero si sta riposando un gruppo di mietitori. Adina, seduta in disparte, legge agli astanti l'infelice
vicenda di Tristano che, innamoratosi di Isotta e da lei respinto, riuscì a veder ricambiato il suo sentimento ricorrendo a un filtro
amoroso.
Nemorino, giovane contadino, è innamorato senza speranza di Adina: la osserva ammirato da lontano e non può nascondere la
sua gelosia nello scorgere che la ragazza sembra gradire le galanterie che le rivolge il sergente Belcore. Prende comunque
coraggio e decide di dichiararsi ad Adina, la quale però respinge le profferte d'amore dello sfortunato spasimante.
Intanto sulla piazza è arrivato il dottor Dulcamara, ciarlatano che viene a dispensare un farmaco miracoloso, efficace per
qualsiasi malanno. Nemorino chiede a Dulcamara se possieda, per caso, anche l'elisir d'amore della regina Isotta. Il ciarlatano
realizza fulmineamente la situazione, e gli spaccia per tale una bottiglietta di vino di Bordeaux, suggerendogli di sperimentarne
l'efficacia almeno ventiquattro ore dopo, il tempo cioè per svignarsela in tutta fretta.
Nemorino, ingenuo, è tanto sicuro dell'effetto del liquore che cambia completamente umore e atteggiamento nei confronti
della ragazza. Ride e scherza in presenza di Adina senza più curarsi eccessivamente di lei, quasi gli fosse divenuta indifferente.
Adina, indispettita dal contegno del suo spasimante, si dispone a creargli una crudele beffa: accetta quindi la proposta di
Belcore, in procinto di trasferirsi in un'altra guarnigione, a sposarlo quella sera stessa. Nemorino si sente perduto e scongiura
Adina di differire le nozze almeno di un giorno. Ma inutilmente: compatito da Adina, maltrattato da Belcore, deriso dai giovani
del villaggio, a Nemorino non resta che invocare ancora l'intervento di Dulcamara.
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TRAMA
2/2
Atto II
Si stanno per celebrare le nozze fra Belcore e Adina; questa, non scorgendo Nemorino fra gli invitati, propone al promesso
sposo di rimandare il contratto di qualche ora.
Nemorino, estraneo alla gioia comune, sta cercando Dulcamara perché gli fornisca un'altra dose del suo elisir, ma non riesce ad
ottenerla per mancanza di denaro.
È Belcore a risolvere le angustie del giovanotto: si arruoli nel suo reggimento e con l'ingaggio ricevuto potrà acquistare la
miracolosa bevanda.
Si va frattanto spargendo nel paese la notizia della morte di un ricchissimo zio di Nemorino, divenuto così erede di un cospicuo
patrimonio; ora egli è un ambitissimo partito per ogni ragazza, ma Nemorino non desidera che Adina, la quale dapprima si
mostra indifferente, ma quando viene a sapere che il suo corteggiatore, pur di averla, non ha esitato ad arruolarsi, viene presa
da un'insolita sensazione. Decide di riscattare dal deluso Belcore il contratto stipulato da Nemorino, poi gli rivela finalmente il
suo amore. Il giovane è al colmo della felicità, ma ancor più felice di lui si sente Dulcamara, al cui portentoso elisir tutti
attribuiscono la lieta conclusione della vicenda.
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da: Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera, Zecchini, 2011
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