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Teatro Municipale Valli - 27 Febbraio 2009, ore 11 - Reggio Emilia
Teatro Comunale - 3 Marzo 2009, ore 20.30 - Modena
Teatro Comunale - 27 Marzo 2009, ore 11 - Ferrara
Teatro Comunale - 6 Aprile 2009, ore 20.30 - Bologna
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dell’Opera Italiana, vogliono formare in maniera completa e
innovativa i giovani artisti del teatro lirico.
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Teatro Municipale Valli - 27 Febbraio 2009, ore 11 - Reggio Emilia
Teatro Comunale - 3 Marzo 2009, ore 20.30 - Modena
Teatro Comunale - 27 Marzo 2009, ore 11 - Ferrara
Teatro Comunale - 6 Aprile 2009, ore 20.30 - Bologna
FIDELIO OFF
Ovvero
QUADERNI DAL CARCERE
Dall’opera di Ludwig Van Beethoven
Trascrizioni e Musiche originali Mauro Montalbetti
Testi originali e Drammaturgia Paola Ponti
Personaggi ed Interpreti:
Leonore/Fidelio Valentina Corradetti*
Florestan Paolo Cauteruccio*
Don Pizarro Elia Campolo*
Don Pizarro anziano (in video/audio): Michele De Marchi
Rocco Alexey Yakimov*
Marzelline Anna Maria Sarra*
Jaquino Paulo Augusto Lopes Paolillo*
Con la partecipazione in video di alcuni detenuti della Casa Circondariale di Reggio
Emilia partecipanti al Laboratorio Teatrale “Stare Dentro”
ICARUS ENSEMBLE:
flauto Giovanni Mareggini, clarinetto Mirco Ghirardini, fagotto Francesca Sacco, corno
Francesco Bossaglia, violino Paolo Ghidoni, viola Luciano Cavalli, violoncelli Andrea
Cavuoto e Deborah Walker, fisarmonica Mirko Ferrarini.
Direttore Salvatore Percacciolo*
Regia Francesco Micheli
Scene Federica Parolini
Costumi Monica Salsi
Luci Andrea Oliva
Regia video Maria Mauti
Elaborazione elettronica Mauro Montalbetti e Davide Tiso
Maestro di sala e alle luci Fausto Di Benedetto*
Assistente alla regia Stefania Panighini*
Assistente alle scene Andrea De Micheli*
Assistente ai costumi Vera Pierantoni Giua*
* Allievi della Scuola dell’Opera Italiana – Teatro Comunale di Bologna
Scene e costumi realizzati da I Teatri di Reggio Emilia
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Si ringraziano i responsabili e il personale tutto della Casa Circondariale di Reggio
Emilia per la preziosa collaborazione
Si ringrazia Sky Classica per la partecipazione al progetto
Operatore di ripresa Bruno Pappalettera, Post produzione video a cura di
Andrea Cerabolini
Coordinatore di produzione Lorella Govi, Direttore tecnico Andrea Gabbi, Assistenti
alla direzione tecnica Brunella Spaggiari e Mauro Farina, Capo Macchinisti Giuseppe
Botosso, Capo elettricisti Luciano Togninelli, Responsabile sartoria Monica Salsi,
Cabina luci Guido Prampolini, Fonica Luca Cattini e Fabio Festinese, Video Roberto
Predieri, Responsabile attrezzeria Massimo Foroni, Truccatore Luca Oblach
Coproduzione I Teatri di Reggio Emilia, Teatro Comunale di Bologna,
Teatro Comunale di Modena, Teatro Comunale di Ferrara
PROGETTO OPERAFUTURA
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Note di regia
Di Francesco Micheli
I.
C’è una terra. Una nazione isolata. La politica viene gestita dai potenti in
maniera “casalinga”: i diritti fondamentali non hanno accesso.
Vige una monarchia assoluta, quasi una dittatura.
Questa terra è la Francia prima della Rivoluzione francese, pensa Beethoven.
C’è un magistrato con la passione per la scrittura, Jean-Nicolas Bouilly, che
si mette a scrivere una storia di potere e abuso del potere (avete presente
Giancarlo de Cataldo, l’autore di Romanzo Criminale sulla Banda della
Magliana?). Peccato che gli oppressori siano proprio alcuni protagonisti
della Rivoluzione Francese, e gli oppressi alcuni nobili realisti della Vandéa
antirivoluzionaria.
Immaginiamo ora il nostro caro amico Ludwig Van. Immaginiamo che
questo genio musicale abbia una voglia pazza di fare opera ma che abbia
bisogno di una storia alta, potente come le sue creature strumentali.
Degna delle vette altissime che con la musica vuole toccare.
La vicenda di un uomo incarcerato ingiustamente che si salva, dopo mille
peripezie, grazie all’intervento insperato della moglie: ecco ciò che fa al
caso suo.
Ma come poter lanciare un messaggio inequivocabile alla comunità umana
presente e postuma con una vicenda così complicata e romanzesca? Come
poter entrare nel cuore della Storia quando si è ancora nella cronaca?
Immaginiamo perciò un’altra storia. Lo stesso pasticciaccio brutto, ma
altrove.
Una terra lontana, remota nel tempo e nello spazio. Una nazione dove c’è
una moratoria dei diritti fondamentali, dove le scoperte dell’Illuminismo
non possono giungere, anzi non sono nemmeno state intuite.
È la Spagna nel XVII secolo.
Tale travestimento era l’unico modo per rendere meno urgente la versione
musicale di tali fatti ancora così brucianti, tanto più che la prima
rappresentazione a Vienna aveva come pubblico proprio i soldati francesi!
Il problema nostro è forse quello contrario… tutto ciò rischia di apparire
come una lontana ed elegante rappresentazione di un tempo che fu…
Che ha da dire a noi la Spagna del Sei - Settecento?
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Cosa è per noi la terra di Florestano? Dittatura… lingua ispanica… terra
lontana, esotica.
Forse…
Beethoven : Spagna = Noi : America Latina
Del resto Florestano è un vero e proprio desaparecido.
Il Fidelio di Beethoven è un’opera che ci parla dell’importanza della politica
e del pericolo insito a una mala gestione della politica; continua a farlo
perché non si smette di usare la politica come mezzo di oppressione e di
inganno.
Siamo arrivati? No, siamo solo agli inizi. Ma la nostra immaginazione ora
ha degli oggetti su cui poggiare il proprio sguardo e con cui poter iniziare
a costruire un luogo. Il teatro.
II.
Come va a finire il Fidelio di Beethoven?
L’opera di Florestano e Leonora come si conclude?
Facile. La moglie libera il marito che viene premiato per l’eroica resistenza:
i due vivono il resto della loro vita di coppia felici e contenti.
Tutto qui? Beh… no. Marcellina, dopo un po’ di smarrimento, non è difficile
figurarcela tra le confortanti braccia di Jaquino, tornando perciò a ben più
miti consigli.
Rocco - non possiamo giurarci - confidiamo che torni al proprio triste lavoro
meno cinico di prima, più consapevole del peso delle proprie azioni.
E Pizarro? Il carnefice bieco e spietato? Condannato a morte? Torturato?
Ghigliottinato?
Speriamo di no. Ci piacerebbe che gli strumenti della giustizia non siano
rancorosi e violenti come quelli usati da lui. Tenuto conto delle tante
persone cui egli ha inflitto supplizi feroci (non dimentichiamo che, senza
l’intervento di Leonora, lo sposo sarebbe morto similmente a chissà quanti
altri malcapitati), è facile prevedere una pena pesante, la più pesante
immaginabile in un paese civile: l’ergastolo.
Pizarro chiuso in carcere a vita.
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Che esistenza conduce un uomo che ha lastricato la propria esistenza di
morti?
Noi abbiamo provato a immaginarcelo.
Paola Ponti, drammaturga, ha ricostruito i diari che Pizarro ha tenuto durante
la sua eterna prigionia.
Quali i pensieri, quali le considerazioni 10, 20, 30 anni dopo gli accadimenti
raccontati da Beethoven?
Benvenuti all’inferno.
Passai l’esistenza a servire il potere. E il potere mi ricompensò chiudendomi
in questa cella. … Se solo si potesse ricominciare da capo. Di fronte alla
morte…
Pizarro, per riempire il vuoto del tempo, ricostruisce il processo che ha
portato alla propria condanna, rilegge gli atti, interroga virtualmente i
testimoni d’allora, edifica un teatro della memoria dove si rievocano i tragici
accadimenti che Beethoven ha musicato. Federica Parolini e Monica Salsi,
scenografa e costumista, hanno dato spazio a questa requisitoria clandestina,
dilatando le pagine anguste di un diario del carcere per invadere il teatro.
Ne vieni fuori uno spettacolo che riprende le fila del discorso lasciato aperto
dal Fidelio.
Una sorta di sequel che non risparmia niente e nessuno, nemmeno la musica
di Beethoven. Mauro Montalbetti ha affrontato la partitura di Beethoven
come un mondo di suoni lontano che giunge alla memoria zoppicante e
distorta di Pizarro in un flusso continuo benché frammentario, incoerente,
surreale.
Fidelio Off è un anello, l’ultimo, l’ennesimo che si lega alla lunga catena
che cerca di spezzare le catene dell’arbitrio e dell’abuso di potere.
Da secoli si canta alla libertà e alla sua preziosa bellezza: da Shakespeare
a Kubrick, da Euripide a Beethoven, un testamento giunge a noi.
È tempo di leggerlo. È tempo di attuarlo.
Francesco Micheli
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LIBRETTO
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FIDELIO OFF
Prologo
Appare in video Don Pizarro. Sta scrivendo il suo diario:
Passai l’esistenza a servire il potere. E il potere mi ricompensò chiudendomi
in questa cella. … Se solo si potesse ricominciare da capo. Di fronte alla
morte…
Conobbi un uomo più bello di me. Più forte di me. Più coraggioso e quindi
più amato.
Un uomo libero.
(pausa) Non potei che odiarlo.
Siamo uomini delle caverne, noi.
Oscuridad. Silence e solitudine.
Die Angst regiert hier. Die Angst, la paura, el timòr:
“La Corte d’Assise dell’’Impero Creatore’ ha emesso la seguente sentenza
definitiva: visti gli articoli del codice di procedura ‘reale’, ritenuto l’imputato
Don Pizarro, responsabile delle imputazioni ascrittegli - quali abuso d’ufficio
‘carcerario’, sequestro di persona e tentato omicidio - questa Corte lo
condanna alla pena di anni 30 di reclusione solitaria.”
Ricordo appena come tutto questo cominciò.
Da quale luogo, da quale lingua.
Le parole e le persone si mescolano, qui, nel Sud del mondo.
L’enfer, die Hoelle. Io non dovevo stare qui. Non io. Io non dovevo stare
qui.
Questo buio. Il silenzio. Nulla vive oltre a me. Quale dura prova, Dio!
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Florestano
Gott! welch’ Dunkel hier!
O grauenvolle Stille!
Öd’ ist es um mich her:
Nichts lebet außer mir.
O schwere Prüfung!
Dio! Qual buio qui!
O orribile silenzio!
Deserto è tutt’intorno a me:
nulla vive oltre a me
O severa prova!
Pizarro (video)
Welche schwere Prüfung…
Una sola cella e due uomini. Florestano, il giornalista al servizio della verità
e Pizarro, il funzionario al servizio dello Stato.
In der Mitte, un processo.
Il primo a testimoniare fu lui. Florestano:
“Sento la porta chiudersi alle mie spalle. Fredda. Mi siedo a terra o svengo,
non ricordo. Se allungo il corpo, posso toccare le pareti attorno a me. Niente
luce, niente cibo, niente parole.
Non vedevo mia moglie da poche ore e già tanti anni di lavoro mi sembravano
cosa futile e vana.
Pensavo solo a lei, Leonore, corpo e sangue.
La nostra casa…
Se solo avessi potuto tornare indietro, di qualche centimetro, al di là di
quella cella, non credo che avrei sacrificato tanto…
L’unica mia speranza era la sua forza, il coraggio che armava la sua vita.
Leonore non rinuncerà tanto presto. Mi cercherà ovunque! Leonore sono
qui!
(pausa) Già. Ma fino a dove può arrivare una donna, sola, offuscata dal
dolore? Fino a dove può, una nazione intera, offuscata dal regime?”
Ouverture
Pizarro (video)
Deposizione di Marzelline, figlia di Rocco: “Sono nata dentro a un
penitenziario. Mio padre era il carceriere all’epoca. Tutto cominciò quando…
Mi scusi, Vostro Onore, … ma che fatica ricordare come a un certo punto
non ami più. No no, volevo dire… Io lo amavo tanto Jaquino. L’ho amato
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sempre. Eppure un giorno… Non so, la notte mi sdraiavo nel letto, da sola,
spegnevo la luce, e accanto a me c’era un altro uomo. Mi vergogno tanto…
Posso soffiarmi il naso? Grazie. Insomma, Signor giudice, io non volevo
vedere né sentire. Ero una ragazzina che viveva dentro a un carcere. Andavo
a dormire e sognavo. Dormivo e sognavo. Dormivo e sognavo.”
Duetto
Jaquino
Jaquino
Jetzt, Schätzchen, jetzt sind wir
allein,
wir können vertraulich nun
plaudern.
Ora, tesoro, ora siam
soli,
possiamo chiacchierare in
confidenza.
Marzelline
Marzelline
Es wird ja nichts Wichtiges sein,
ich darf bei der Arbeit nicht zaudern.
Niente d’importante, spero,
non voglio perder tempo nel lavoro.
Jaquino
Jaquino
Ein Wörtchen, du Trotzige, du!
Una parolina, dispettosa!
Marzelline
Marzelline
So sprich nur, ich höre ja zu.
E parla allora, t’ascolto.
Jaquino
Jaquino
Wenn du mir nicht freundlicher
blickest,
so bring’ ich kein Wörtchen hervor.
Se non mi guardi più
amichevolmente,
non tiro fuori neanche una parolina.
Marzelline
Marzelline
Wenn du dich nicht in mich
schickest,
verstopf’ ich mir vollends das Ohr.
Se non fai a modo
mio,
mi tappo ben bene le orecchie.
Jaquino
Jaquino
Ein Weilchen nur höre mir zu,
dann laß’ ich dich wieder in Ruh’.
Ma ascoltami un momento,
poi ti lascio ancora in pace.
Marzelline
Marzelline
So hab’ ich denn nimmermehr Ruh’,
so rede, so rede nur zu.
Non avrò dunque più pace;
parla, allora parla.
Jaquino
Jaquino
Ich habe zum Weib dich gewählet,
verstehst du?
Io t’ho scelta in moglie,
comprendi?
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Marzelline
Marzelline
Das ist ja doch klar.
È chiaro, in verità.
Jaquino
Jaquino
Und wenn mir dein Jawort nicht
fehlet,
was meinst du?
E se non mi manca il tuo
consenso,
che pensi?
Marzelline
Marzelline
So sind wir ein Paar.
Allora siamo una coppia.
Jaquino
Jaquino
Wir könnten in wenigen Wochen,
Zum Henker, das ewige Pochen!
Potremmo in poche settimane,
al diavolo questo eterno bussare!
Marzelline
Marzelline
Recht schön, du bestimmst schon
die Zeit.
So bin ich doch endlich befreit!
Ma bene, decidi già
il tempo.
Così son libera alfine!
Jaquino
Jaquino
Da war ich so herrlich im Gang,
und immer entwischt mir der Fang!
Mi andavan sì bene le cose,
e ancora mi sfugge la preda!
Marzelline
Marzelline
Wie macht seine Liebe mir bang’,
wie werden die Stunden mir lang!
Ich weiß, daß der Arme sich quälet,
es tut mir so leid auch um ihn!
Fidelio hab’ ich gewählet,
ihn lieben ist süsser Gewinn.
Come m’inquieta il suo amore,
come mi diventan lunghe le ore!
So che il poverino si tormenta,
mi spiace tanto per lui!
Io ho scelto Fidelio,
amarlo è dolce conquista.
Leonore
Leonore
Komm, Hoffnung, laß den letzten
Stern
der Müden nicht erbleichen!
O komm, erhell’ mein Ziel, sei’s
noch so fern,
die Liebe, sie wird’s erreichen.
Vieni, speranza, non far
impallidire
l’ultima stella a me affranta!
O vieni, illumina la mia meta, pur
sì lontana,
l’amore la raggiungerà.
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Florestano
Florestano
In des Lebens Frühlingstagen
ist das Glück von mir gefloh’n;
Wahrheit wagt’ ich kühn zu sagen,
und die Ketten sind mein Lohn.
Willig duld’ ich alle Schmerzen,
ende schmählich meine Bahn;
süsser Trost in meinem Herzen:
meine Pflicht hab’ ich getan!
Nei giorni di primavera della vita
la felicità è volata via da me;
Osai dire con coraggio la verità,
e le catene son la mia ricompensa.
Docile sopporto ogni dolore,
finisco misero il mio cammino;
dolce conforto nel mio cuore:
ho fatto il mio dovere!
Leonore
Leonore
O du, für den ich alles trug,
könnt’ ich zur Stelle dringen,
Ich folg’ dem innern Triebe,
ich wanke nicht,
mich stärkt die Pflicht
der treuen Gattenliebe.
O tu, per cui tutto sopportai,
possa io penetrare là,
seguo l’impulso interiore,
io non vacillo,
mi dà forza il dovere
d’un fedele amore di sposa!
Pizarro (video)
Bravo Fidelio! Un vero affare! Sono bastate catene nuove a buon mercato
per incantare tutti quanti! Nessuno escluso. (pausa) Jaquino… Come hai
fatto a non capire, almeno tu?
Deposizione di Jaquino, custode del carcere.
“Vostro Onore, io sono una persona onesta. Io sono uno… che vigila le
guardie. Che a loro volta vigilano i detenuti. E ho imparato… Cosa ho
imparato? Che ci sono persone oneste e persone che non lo sono più.
(sorride) Io l’avevo capito benissimo che Fidelio nascondeva qualcosa e
sono stato chiaro fin da subito con Marzelline. Va beh, magari all’inizio…
Oh, signore, pensavo pure di essermi invaghito… che imbarazzo. Era un
uomo, santo cielo! Infatti poi, si è saputo quello che si è saputo! Infatti.
Io non sono un mago: non potevo certo immaginare che c’era qualcuno
che, appena qualche centimetro sotto di noi, rischiava una morte infame.
E poi… Marzelline… Sempre più lontana. Non ci parlavamo quasi più.
Che casino. E dire che siamo cresciuti insieme… Di colpo è arrivato uno,
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che non si sapeva neanche chi fosse, e lei… lì, a scodinzolare tutto il tempo.
Non è bello, per un uomo, eh. (sorride) Ma… Chi l’avrebbe mai detto che
sarebbe andata come è andata! Che Fidelio non era Fidelio, che Fidelio
era… ! Sì, scusi, Vostro Onore.
Comunque, è stata proprio dura. Stavo così male… E non fa bene a nessuno
stare così male. La sofferenza non serve a niente. Se non a farci più cattivi.
Io volevo semplicemente essere amato.”
Quartetto
Marzelline
Marzelline
Mir ist so wunderbar,
es engt das Herz mir ein;
er liebt mich, es ist klar,
ich werde glücklich sein!
Mi sento sì strana,
mi si stringe il cuore;
egli m’ama,
è chiaro, sarò felice.
Leonore
Leonore
Wie groß ist die Gefahr,
wie schwach der Hoffnung Schein!
Sie liebt mich, es ist klar,
o namenlose Pein!
È grande davvero il pericolo,
sì debole appare la speranza!
Ella m’ama, è chiaro,
o indicibile tormento!
Rocco
Rocco
Sie liebt ihn, es ist klar,
ja, Mädchen, er wird dein!
Ein gutes junges Paar,
sie werden glücklich sein!
Ella l’ama, è chiaro,
sì, fanciulla, sarà tuo!
Una bella, giovane coppia,
saranno felici!
Jaquino
Jaquino
Mir sträubt sich schon das Haar,
der Vater willigt ein,
mir wird so wunderbar,
mir fällt kein Mittel ein!
Mi si rizzano i capelli,
il padre è d’accordo.
Mi sento sì strano,
non trovo più rimedio!
Pizarro (video)
Romanticherie!
Deposizione di Rocco, capo delle guardie.
“Dare in sposa la figlia è una faccenda seria.
Fidelio era un ragazzo scaltro e intelligente. Ma chi era? Da dove veniva?
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Jaquino era come un figlio per me, Vostro Onore. Conoscevo bene la sua
famiglia, suo padre aveva un lavoro di tutto rispetto. E fino a qui tutto
andava come doveva andare. Io volevo costruire un futuro per mia figlia,
Marzelline.
Questo è il mestiere dei padri. Questo l’insegnamento che mi ha tramandato
il mio.”
Rocco
Rocco
Hat man nicht auch Gold beineben,
kann man nicht ganz glücklich sein;
traurig schleppt sich fort das Leben,
mancher Kummer stellt sich ein.
Doch wenn’s in der Taschen fein
klingelt und rollt,
da hält man das Schicksal gefangen;
und Macht und Liebe verschafft dir
das Gold
und stillet das klühnste Verlangen.
Das Glück dient wie ein Knecht für
Sold,
es ist ein schönes Ding, das Gold.
Wenn sich Nichts mit Nichts
verbindet,
ist und bleibt die Summe klein;
wer bei Tisch nur Liebe findet,
wird nach Tische hungrig sein.
Drum lächle der Zufall euch gnädig
und hold,
und segne und lenk’ euer
Streben,
das Liebchen im Arme, im Beutel
das Gold,
so mögt ihr viel Jahre durchleben.
Se non s’ha dell’oro appresso,
non si può esser davvero felici;
triste si trascina la vita,
sopravvengono gli affanni.
Ma se qualcosa suona
e gira in tasca,
si tien prigioniero il destino;
e potenza e amore ti procaccia
l’oro
e placa il più ardito desiderio.
La felicità è tua schiava per
danaro,
è una bella cosa, l’oro, preziosa.
Se s’unisce niente
con niente,
la somma è e resta misera;
chi in tavola trova solo amore,
dopo pranzo avrà fame ancora.
Dunque il fato vi sorrida propizio e
benigno
e benedica e accompagni la vostra
aspirazione;
in braccio l’amata,
l’oro in saccoccia,
potete trascorrere molti anni.
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Pizarro (video) continua a leggere la deposizione di Rocco
“Florestano, è una pagina molto triste del nostro Paese.
Florestano era una vittima del sistema.
Come tutti noi. Ma lui l’aveva scritto.”
Ultimo articolo di Florestano, prima del sequestro: “Si comincia con la
mancanza di lavoro, la disoccupazione. Poi le ingiustizie sociali e la recessione.
Si continua con la fiducia in un padre, che decida ogni cosa al posto nostro.
Poi ci si veste tutti allo stesso modo, ci si dà un nome, si sceglie un logo e
si inventa un saluto comune. Poi si cominciano le ronde. E si sfasciano le
scuole perché il sapere è un’arma molto pericolosa. Si controlla l’informazione
e… senza nemmeno accorgersi, anche senza carri armati, fuori dalla porta,
è già nata la dittatura”.
Marcia
Pizarro (video)
Et finalment, la belle Léonore ! Un nombre asì dulce. Et Fidelio, un
nombre asì fuerte.
Deposizione di Leonore, moglie di Florestano:
“Quando mio marito sparì, c’era un nome che compariva troppo spesso
nelle sue carte. Don Pizarro. Cominciai ad indagare.
Andai dal Primo Ministro, ma era troppo indaffarato: “Signora, devo lavorare,
mi scusi, signora. Cose da uomini, signora”, mi disse. Tornai a casa e capii
che era proprio così. Nel Sud del Mondo, erano davvero cose da uomini.
Aprii l’armadio di Florestano e mi vestii.
… Travestita da uomo, passai mesi a fare lo sguattero di un carceriere
schiavista, fidanzata con sua figlia, già promessa in sposa ad un altro, che
mi detestava sopra a ogni cosa. Una sera, sfinita, mi sdraiai nel letto e sentii
che anche i miei pensieri avevano voce di uomo. Mi alzai di scatto, per
guardarmi allo specchio. Tremavo. Mi portavo le mani al seno. Non mi
riconoscevo più. E se stessi facendo tutto questo per nulla? Magari è il
carcere sbagliato o Florestano è già morto.
Se stessi perdendo me stessa inutilmente…?
Decisi che il giorno dopo sarei tornata a casa. Sì, era finita.
Quando invece… sentii parlare di un prigioniero speciale. Di un prigioniero
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segregato sotto terra.
Da due anni.
E anche Florestano era scomparso da due anni.
E lui era un uomo… Era un uomo speciale.”
Duetto
Pizarro
Pizarro
Jetzt, Alter, jetzt hat es Eile!
Dir wird ein Gluück zu Teile,
du wirst ein reicher Mann,
das geb’ ich nur daran.
Adesso, vecchio, v’è premura!
Avrai una fortuna,
sarai un uomo ricco,
eccoti intanto questa.
Rocco
Rocco
So sagt doch nur in Eile,
womit ich dienen kann.
Ma ditemi soltanto
in che posso servirvi.
Pizarro
Pizarro
Du bist von kaltem Blute,
von unverzagtem Mute
durch langen Dienst geworden.
Tu possiedi sangue freddo,
coraggio impavido,
dopo sì lungo servizio.
Rocco
Rocco
Was soll ich? Redet, redet!
Che devo fare? Dite, dite!
Pizarro
Pizarro
Morden!
Uccidere!
Rocco
Rocco
Wie?
Che?
Pizarro
Pizarro
Höre mich nur an!
Du bebst? bist du ein Mann? –
Wir dürfen gar nicht säumen,
dem Staate liegt daran,
den bösen Untertan
schnell aus dem Weg zu räumen.
Ascoltami bene!
Tu tremi? Sei un uomo?
Non dobbiamo indugiare,
importa allo Stato
toglier di mezzo
il suddito malvagio.
Rocco
Rocco
O Herr!
Oh signore!
Pizarro
Pizarro
Du stehst noch an?
Er darf nicht länger leben,
Esiti ancora?
Non deve più vivere,
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sonst ist’s um mich gescheh’n.
Pizarro sollte beben?
Du fällst, ich werde steh’n.
altrimenti per me è finita.
Pizarro dovrebbe tremare?
Tu soccombi, io resterò.
Rocco
Rocco
Die Glieder fühl’ ich beben,
wie könnt’ ich das besteh’n?
Ich nehm’ ihm nicht das Leben,
mag, was da will, gescheh’n.
Nein, Herr, das Leben nehmen,
das ist nicht meine Pflicht.
Mi sento tremare le membra,
come potrei reggere?
Io non gli tolgo la vita,
accada quel che accada.
No, signore, togliere la vita
non è il mio dovere.
Pizarro
Pizarro
Ich will mich selbst bequemen,
wenn dir’s an Mut gebricht.
Nun eile rasch und munter
zu jenem Mann hinunter,
du weißt, du weißt...
M’adatterò io stesso,
se a te manca il coraggio.
Ora affrèttati rapido e con animo
laggiù da quell’uomo,
tu sai, tu sai...
Rocco
Rocco
Der kaum mehr lebt,
und wie ein Schatten schwebt?
Che appena vive,
e s’agita come un’ombra?
Pizarro
Pizarro
Zu dem, zu dem hinab!
Ich wart’ in kleiner Ferne,
du gräbst in der Cisterne
sehr schnell ein Grab.
Da lui, da lui laggiù!
Io aspetto lì vicino,
tu scavi nella cisterna
rapido una fossa.
Rocco
Rocco
Und dann? und dann?
E poi? e poi?
Pizarro
Pizarro
Dann werd’ ich selbst vermummt
mich in den Kerker schleichen:
ein Stoß, und er verstummt!
Poi io stesso mascherato
penetrerò nel carcere:
un colpo, ed è spacciato!
Leonore
Leonore
Abscheulicher! wo eilst du hin?
Was hast du vor - in wildem
Grimme?
Des Mitleids Ruf, der Menschheit
Scellerato! Dove t’affretti?
Che mediti con - selvaggio
furore?
Il richiamo della pietà, la voce
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Stimme, –
ruührt nichts mehr deinen
Tigersinn?
Doch toben auch wie Meereswogen
dir in der Seele Zorn und Wut,
so leuchtet mir ein Farbenbogen,
der hell auf dunkeln Wolken ruht;
Der blickt so still, so friedlich nieder,
der spiegelt alte Zeiten wieder,
und neu besänftigt wallt mein Blut.
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dell’umanità, –
non toccano più il tuo cuore
di tigre?
Ma se, come i marosi, imperversano
nella tua anima rabbia e furore,
per me riluce un’iride
che posa luminosa su cupe nubi;
riluce così serena e pacifica,
specchio di tempi antichi,
e ancora il mio sangue fluisce placato.
Pizarro (video)
“Gesetz ist mächtig, mächtiger ist die Not.” La legge è potente ma più
potente è il bisogno. Un bisogno… animale, che muove la frenetica
scacchiera. La regina sovrasta altezzosa e intorno a lei, scattano pedoni,
alfieri, cavalli. Alle wissen esattamente quale è il posto giusto delle cose.
E si procede così, inesorabili, al finale. Scacco.
(Prosegue la lettura della deposizione di Leonore)
Era il momento di liberare Florestano.
Pizarro era rinchiuso nel suo studio. Io, dopo aver nascosto con cura i capelli
sotto al feltro, stavo lì, dinnanzi a Rocco: “Io sono qui per sostenerti.”
Rocco non si voltò nemmeno, dritto per la sua strada.
Io invece sapevo tutto ed ero pronta e glielo urlai. La presenza soave alle
mie spalle sciolse ogni esitazione.
Rocco poteva finalmente fidarsi di me. Da quel momento, io ero suo genero.
“Fidelio”, disse. “Fidelio, sei pronto?”
“Sono pronto, sì. E così saremo felici.”
Scacco.
Terzetto
Marzelline
Marzelline
ja, wir werden glücklich sein!
sì, saremo felici!
Leonore
Leonore
Ja, ich kann noch glücklich sein!
Sì, sarò felice ancora!
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Rocco
Rocco
Ja, ihr werdet glücklich sein!
Der Gouverneur soll heut’ erlauben,
daß du mit mir die Arbeit teilst.
Sì, sarete felici!
Il governatore oggi deve permettere
che tu condivida il mio lavoro.
Leonore
Leonore
Du wirst mir alle Ruhe rauben,
wenn du bis morgen nur verweilst.
Mi toglierai ogni pace,
se indugi fino a domani.
Marzelline
Marzelline
Ja, guter Vater, bitt’ ihn heute,
in Kurzem sind wir dann ein Paar.
Sì, buon padre, pregalo oggi,
in breve saremo una coppia.
Rocco
Rocco
Ich bin ja bald des Grabes Beute;
ich brauche Hülf’, es ist ja wahr!
Ormai son preda della tomba,
mi serve aiuto, è vero!
Leonore
Leonore
Wie lang’ bin ich des Kummers
Beute!
Du, Hoffnung, reichst mir Labung
dar!
Da quanto sono in preda
all’affanno!
Tu, speranza mi doni
conforto!
Marzelline
Marzelline
Ach, lieber Vater! was fällt euch
ein?Lang Freund und Rater müsst
ihr uns sein!
Ah, caro padre, che dite mai?
A lungo sarete nostro amico e
consigliere!
Florestano
Florestano
In des Lebens Frühlingstagen
ist das Glück von mir gefloh’n;
Wahrheit wagt’ ich kühn zu sagen,
und die Ketten sind mein Lohn.
Willig duld’ ich alle Schmerzen,
ende schmählich meine Bahn;
süsser Trost in meinem Herzen:
meine Pflicht hab’ ich getan!
Und spür’ ich nicht linde,
sanft säuselnde Luft?
und ist nicht mein Grab mir erhellet?
Ich seh’, wie ein Engel im rosigen
Nei giorni di primavera della vita
la felicità è volata via da me;
Osai dire con coraggio la verità,
e le catene son la mia ricompensa.
Docile sopporto ogni dolore,
finisco misero il mio cammino;
dolce conforto nel mio cuore:
ho fatto il mio dovere!
Forse non sento un’aria soave,
che sussurra dolcemente?
E non s’illumina la mia tomba?
Vedo come un angelo in rosea
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Duft
sich tröstend zur Seite mir stellet,
ein Engel, Leonoren, der Gattin so
gleich,
der fuührt mich zur Freiheit in’s
himmlische
Reich.
fragranza
posarsi consolatore al mio fianco,
un angelo, così simile
a Leonore,
la sposa che mi guida alla libertà nel
regno dei
cieli.
Marzelline
Marzelline
O wär’ ich schon mit dir vereint,
und dürfte Mann dich nennen!
Ein Mädchen darf ja, was es meint,
zur Hälfte nur bekennen.
Doch wenn ich nicht erröten muß
ob einen warmen Herzenskuß,
wenn nichts uns stört auf Erden.
Die Hoffnung schon erfüllt die Brust
mit unaussprechlich süsser Lust,
wie glücklich will ich werden!
Oh s’io fossi già a te unita
e potessi chiamarti mio sposo!
Ma una ragazza, di quanto pensa,
può confessarne solo metà.
Ma quando non dovrò arrossire
per un caldo bacio d’amore,
quando niente al mondo ci disturberà.
La speranza già colma il petto
di dolce, inesprimibile voluttà,
come sarò felice!
Terzetto
Rocco
Rocco
Nur auf der Hut, dann geht es gut,
gestillt wird euer Sehnen!
Gebt euch die Hand und schließt
das Band in süssen Freudentränen!
E ora attenti, andrà tutto bene,
si placherà il vostro desiderio!
Datevi la mano e stringete il legame
con dolci lacrime di gioia!
Marzelline
Marzelline
O habe Mut! O welche Glut,
o welch ein tiefes Sehnen!
Ein festes Band mit Herz und Hand!
O suüsse, suüsse Tränen!
Oh abbi coraggio! Oh quale ardore!
Oh qual profondo desiderio!
Un saldo legame di cuori e mani!
Oh dolci, dolci lacrime di gioia!
Leonore
Leonore
Ihr seid so gut, ihr macht mir Mut,
gestillt wird bald mein Sehnen!
Siete così buono, mi date coraggio,
presto si placherà il mio desiderio!
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Ich gab die Hand zum süssen Band,
es kostet bitt’re Tränen!
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Ho dato la mia mano per un dolce
legame, che costerà amare lacrime!
Pizarro (video)
C’era una volta, una caverna. E dei prigionieri. Questi prigionieri, fin
dall’infanzia, furono incatenati dinnanzi ad un muro. Non potevano volgere
lo sguardo altrove, se non al muro. Si accese un fuoco alle loro spalle. E tra
il fuoco e i prigionieri, venne costruita una strada rialzata. Lungo questa
strada, alcuni uomini cominciarono a portare degli oggetti, degli animali,
piante e persone. Grazie alla luce del fuoco, le forme di questi oggetti,
proiettavano le proprie ombre sul muro, davanti allo sguardo costretto dei
prigionieri. E i trasportatori parlavano, con i loro oggetti tra le mani. Si
raccontavano la giornata, i figli, le mogli, il male e il bene. Nella caverna,
si formava così un’eco che diventava, per i prigionieri, voce delle ombre.
Coro O Welche Lust, ovvero l’ora d’aria
Testo dell’originale beethoveniano
Die Gefangenen
I Prigionieri
O welche Lust, in freier Luft
den Atem leicht zu heben!
Nur hier, nur hier ist Leben,
der Kerker eine Gruft!
O qual piacere, all’aria aperta
respirare in libertà!
Solo qui, solo qui è vita,
il carcere è una tomba!
Pizarro (video) riprende a raccontare
Sul finire dei giorni, i prigionieri vennero liberati. Erano salvi. La vita li
aspettava fuori dalla caverna oscura.
I prigionieri mossero timorosi i primi passi e finalmente uscirono.
Niente.
Niente di tutto ciò che videro, incontrarono, amarono o soffrirono fu mai,
per i prigionieri, più reale delle ombre di quel luogo oscuro che fu la caverna.
Leonore
Leonore
Wie kalt ist es in diesem
unterirdischen Gewölbe!
Com’è freddo in questa vòlta
sotterranea!
Rocco
Rocco
Das ist natürlich, es ist ja sehr tief.
Naturale, è così profonda!
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Leonore
Leonore
Ich glaubte schon, wir würden den
Eingang gar nicht finden.
Ormai credevo che non ne avremmo
più trovato l’entrata.
Rocco
Rocco
Da ist er.
Eccolo.
Leonore
Leonore
Er scheint ganz ohne Bewegung.
Sembra che non si muova più.
Rocco
Rocco
Vielleicht ist er tot.
Forse è morto.
Leonore
Leonore
Tot?!
Morto?!
Rocco
Rocco
Nein, nein, er schläft. – Das müssen
wir
benützen und gleich ans Werk
gehen. Wir haben
keine Zeit zu verlieren.
No, no, dorme. – Dobbiamo
approfittarne,
e metterci subito all’opera: non
abbiamo
tempo da perdere.
Leonore
Leonore
Es ist unmöglich, seine Züge zu
unterscheiden. – Gott, steh mir bei,
wenn er es ist!
È impossibile distinguere i
suoi lineamenti. – Dio m’assista, se
è lui!
Rocco
Rocco
Hier, unter diesen Trümmern, ist
die Zisterne von der ich dir gesagt
habe. – Wir brauchen nicht viel zu
graben um an die Öffnung zu
kommen. Du gib mir eine Haue und
stelle dich hierher. Du zitterst,
fürchtest du dich?
Qui, sotto queste macerie, c’è la
cisterna di cui t’ho
parlato. – Non ci occorre scavare
molto per giungere
all’apertura. Dammi una pala, e tu
mettiti qui! Tu tremi:
hai paura?
Leonore
Leonore
O nein, es ist nur so kalt.
O no, solo che è tanto freddo.
Rocco
Rocco
So mache fort, beim Arbeiten wird
dir
schon warm werden.
E allora su, ti scalderai
di certo
lavorando.
Rocco
Rocco
Nur hurtig fort, nur frisch gegraben,
Lesti su, or presto scaviamo,
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es währt nicht lang, er kommt herein.
fra non molto egli sarà qui.
Leonore
Leonore
Ihr sollet nicht zu klagen haben,
ihr sollt gewiß zufrieden sein.
Non dovete lamentarvi,
sarete certo soddisfatto di me.
Rocco
Rocco
Komm, hilf doch diesen Stein mir
heben,
hab Acht! hab Acht! – er hat
Gewicht.
Vieni, aiutami a sollevare questa
pietra,
Attento! Attento!
È pesante!
Leonore
Leonore
Ich helfe schon, – sorgt euch nicht;
ich will mir alle Mühe geben.
V’aiuto subito - non vi preoccupate;
ce la metterò tutta.
Rocco
Rocco
Ein wenig noch!
Ancora un poco!
Leonore
Leonore
Geduld!
Pazienza!
Rocco
Rocco
Er weicht!
Sta cedendo!
Leonore
Leonore
Nur etwas noch!
Un pochino ancora!
Rocco
Rocco
Es ist nicht leicht!
Non è mica facile!
Leonore
Leonore
Laßt mich nur wieder Kräfte haben,
wir werden bald zu Ende sein.
Wer du auch sei’st, ich will dich
retten,
bei Gott! du sollst kein Opfer sein!
Gewiß, ich löse deine Ketten,
ich will, du Armer, dich befrei’n.
Lasciatemi riprendere le forze,
saremo presto alla fine.
Chiunque tu sia, ti voglio
salvare;
per Dio, non sarai una vittima!
Sì, io sciolgo le tue catene misero,
ti voglio liberare.
Rocco
Rocco
Was zauderst du in deiner Pflicht?
Leonore
Mein Vater! nein, ich zaud’re nicht.
Perché indugi durante il lavoro?
Leonore
Padre mio, no, io non indugio.
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Duetto
Jaquino
Jaquino
Wann wirst du das Jawort mir geben?
Es könnte ja heute noch sein.
Quando mi darai il tuo consenso?
Potrebbe essere oggi stesso.
Marzelline
Marzelline
O weh, er verbittert mein Leben!
Jetzt, morgen und immer: nein, nein!
Ohimè! Mi amareggia la vita.
Adesso, domani e sempre: no, no!
Jaquino
Jaquino
Du bist doch wahrhaftig von Stein;
kein Wünschen, kein Bitten geht
ein.
Sei fatta proprio di sasso;
Né richieste né preghiere ti
toccano.
Marzelline
Marzelline
Ich muß ja so hart mit ihm sein.
Jetzt, morgen und immer: nein, nein!
Ich muß ja so hart mit ihm sein,
er hofft bei dem mindesten Schein.
Devo esser dura con lui.
Adesso, domani e sempre: no, no!
Devo essere dura con lui,
egli spera al minimo segno.
Jaquino
Jaquino
So wirst du dich nimmer bekehren?
Was meinst du?
Allora mai più cambierai?
Che pensi?
Marzelline
Marzelline
Du könntest nun gehn!
Ora te ne potresti andare.
Jaquino
Jaquino
Wie? dich anzusehn, willst du mir
wehren?
Auch das noch?
Come? Mi vuoi impedire di
guardarti?
Anche questo?
Marzelline
Marzelline
So bleibe hier stehn!
E allora resta qui!
Jaquino
Jaquino
Du hast mir so oft doch versprochen.
Pure, m’hai sì sovente promesso...
Marzelline
Marzelline
Versprochen? Nein, das geht zu weit!
Promesso? No, si va troppo oltre!
Jaquino
Jaquino
Zum Henker, das ewige Pochen,
zum Henker!
Al diavolo questo eterno bussare,
al diavolo!
Marzelline
Marzelline
So bin ich doch endlich befreit!
Così son libera alfine!
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Das ist ein willkommener Klang,
es wurde zu Tode mir bang.
Che bussare benedetto,
ero inquieta da morire.
Jaquino
Jaquino
Es ward ihr im Ernste schon bang:
wer weiß, ob es mir nicht gelang?
Sul serio ormai s’inquietava,
forse m’è andata bene.
Terzetto
Florestan
Florestano
Euch werde Lohn in bessern
Welten,
der Himmel hat euch mir geschickt.
O Dank! Ihr habt mich süss
erquickt;
ich kann die Wohltat nicht vergelten.
Abbiate ricompensa in mondi
migliori,
il cielo vi ha mandati a me.
O grazie! M’avete dolcemente
ristorato;
non posso ricambiare la buona azione.
Rocco
Rocco
Ich labt’ ihn gern, den armen Mann,
es ist ja bald um ihn getan.
Volentieri ristorai il misero,
ormai è finita per lui.
Leonore
Leonore
Wie heftig pochet dieses Herz,
es wogt in Freud’ und scharfem
Schmerz!
Con qual forza batte questo cuore,
ondeggia fra gioia e acuto
dolore!
Florestan
Florestano
Bewegt seh’ ich den Jüngling hier,
und Rührung zeigt auch dieser
Mann.
O Gott, du sendest Hoffnung mir,
daß ich sie noch gewinnen kann.
Vedo turbato questo giovinetto,
e anche quest’uomo si mostra
commosso.
O Dio, tu mi mandi la speranza
di poter vincere ancora.
Leonore
Leonore
Die hehre, bange Stunde winkt,
die Tod mir oder Rettung bringt.
Ci attende l’ora suprema, tremenda,
che mi reca morte o salvezza.
Rocco
Rocco
Ich tu’, was meine Pflicht gebeut,
doch hass’ ich alle Grausamkeit.
Faccio quel che impone il mio
dovere, ma odio ogni crudeltà.
Leonore
Leonore
Dies Stückchen Brot, – ja, seit zwei
Tagen
Questo pezzo di pane - sì, da due
giorni
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trag’ ich es immer schon bei mir.
lo porto sempre con me.
Rocco
Rocco
Ich möchte gern, doch sag’ ich dir,
das hieße wirklich zu viel wagen.
Davvero vorrei, ma ti dico,
in verità, sarebbe osare troppo.
Leonore
Leonore
Ach! Ihr labtet gern den armen
Mann.
Ah! Volentieri voi confortaste il
misero.
Rocco
Rocco
Das geht nicht an, das geht nicht an
Non è permesso, non è permesso.
Leonore
Leonore
Es ist ja bald um ihn getan.
Ormai è finita per lui.
Rocco
Rocco
So sei es, ja, so sei’s! du kannst es
wagen.
E sia – sì, e sia – ti puoi
arrischiare.
Leonore
Leonore
Da nimm das Brot, du armer Mann!
Ecco, prendi il pane, o misero!
Florestan
Florestano
O dank dir, Dank, o Dank!
Euch werde Lohn in bessern
Welten,
der Himmel hat euch mir geschickt.
O Dank, ihr habt mich süss erquickt!
Bewegt seh’ ich den Jüngling hier,
und Rührung zeigt auch dieser
Mann,
o wenn ich sie gewinnen kann!
O grazie a te, grazie, grazie!
Abbiate ricompensa in mondi
migliori,
il cielo vi ha mandati a me.
O grazie, il cielo vi ha mandati a me!
Vedo turbato il giovinetto,
e anche quest’uomo si mostra
commosso,
o s’io potessi vincere!
Leonore
Leonore
Der Himmel schicke Rettung dir,
dann wird mir hoher Lohn gewährt.
Ihr labt’ ihn gern, den armen Mann!
Il cielo ti mandi salvezza, allora mi
toccherà suprema ricompensa,
volentieri avete confortato il misero.
Rocco
Rocco
Mich rührte oft dein Leiden hier,
doch Hilfe war mir streng verwehrt.
Ich labt’ ihn gern, den armen Mann,
es ist ja bald um ihn
getan!
Sovente mi commosse la tua
sofferenza ma mi fu vietato
severamente di aiutarti,
Volentieri ho ristorato il misero,
ormai è finita per lui!
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Leonore
Leonore
O mehr, als ich ertragen kann!
Oh, è più di quanto posso sopportare!
Florestan
Florestano
O daß ich euch nicht lohnen kann!
O potessi ricompensarvi!
Marzelline
Marzelline
In Ruhe stiller Häuslichkeit
erwach’ ich jeden Morgen,
wir grüssen uns mit Zärtlichkeit,
der Fleiß verscheucht die Sorgen.
Und ist die Arbeit abgetan,
dann schleicht die holde Nacht
heran,
dann ruh’n wir von Beschwerden.
Die Hoffnung schon erfüllt die Brust
mit unaussprechlich süsser Lust,
wie glücklich will ich werden!
Nella serena pace domestica
mi sveglio ogni giorno,
ci salutiamo con tenerezza,
l’attività scaccia gli affanni.
E quando il lavoro è finito,
s’appressa la soave
notte
e posiamo dalle fatiche.
La speranza già colma il petto
di dolce, inesprimibile voluttà,
come sarò felice!
Quartetto
Pizarro
Pizarro
Er sterbe!
Doch er soll erst wissen,
wer ihm sein stolzes Herz zerfleischt.
Der Rache Dunkel sei zerrissen!
Sieh’ her, du hast mich nicht
getäuscht!
Pizarro, den du stürzen wolltest,
Pizarro, den du fürchten solltest,
steht nun als Rächer hier.
Muoia!
Ma prima deve sapere
chi gli dilania il superbo cuore.
Si squarcino le tenebre della
vendetta!
Guarda, tu non m’hai ingannato!
Pizarro, che volevi rovinare,
Pizarro, che dovevi temere,
ora è qui vendicatore.
Florestan
Florestano
Ein Mörder steht vor mir.
Un assassino sta dinanzi a me!
Pizarro
Pizarro
Noch einmal ruf’ ich dir,
was du getan, zurück.
Nur noch ein Augenblick, und dieser
Ancora una volta ti rinfaccio
quel che tu facesti.
Solo un attimo ancora, e questo
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Dolch –
pugnale –
Leonore
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Zurück!
Indietro!
Florestan
Florestano
O Gott!
O Dio!
Rocco
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Was soll?
Che succede?
Leonore
Leonore
Durchbohren mußt du erst diese
Brust! Der Tod sei dir geschworen
für deine Mörderlust.
Trafiggere devi prima questo petto!
La morte ti tocchi per la tua sete di
sangue.
Pizarro
Pizarro
Wahnsinniger!
Pazzo!
Rocco
Rocco
Halt’ ein! halt’ ein!
Fèrmati, fèrmati!
Florestan
Florestano
O Gott! o mein Gott!
O mio Dio!
Pizarro
Pizarro
Er soll bestrafet sein!
Dev’essere punito!
Leonore
Leonore
Töt’erst sein Weib!
Uccidi prima sua moglie!
Pizarro
Pizarro
Sein Weib?
Sua moglie?
Rocco
Rocco
Sein Weib?
Sua moglie?
Florestan
Florestano
Mein Weib?
Mia moglie?
Leonore
Leonore
Ja, sieh’ hier Leonore!
Sì, ecco Leonore!
Florestan
Florestano
Leonore!
Leonore!
Leonore
Leonore
Ich bin sein Weib, geschworen
hab’ ich ihm Trost, Verderben dir!
Sono sua moglie, ho giurato
a lui conforto, a te rovina!
Pizarro
Pizarro
Welch’ unerhörter Mut!
Che inaudito coraggio!
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Florestan
Florestano
Vor Freude starrt mein Blut!
Per la gioia mi si gela il sangue!
Rocco
Rocco
Mir starrt vor Angst mein Blut!
Per l’angoscia mi si gela il sangue!
Leonore
Leonore
Ich trotze seiner Wut!
Der Tod sei dir geschworen!
Io sfido il suo furore!
La morte ti è dovuta!
Pizarro
Pizarro
Soll ich vor einem Weibe beben?
So opfr’ ich beide meinem Grimm.
Geteilt hast du mit ihm das Leben,
so teile nun den Tod mit ihm!
Devo tremare davanti a una donna?
Li sacrifico entrambi alla mia ira.
Hai diviso con lui la vita,
ora dividi con lui la morte!
Leonore
Leonore
Durchbohren mußt du erst diese
Brust!
Noch einen Laut – und du bist tot!
Trafiggere devi prima questo
petto!
Ancora una parola - e sei morto!
Leonore
Leonore
Ach! du bist gerettet! großer Gott!
Ah! Tu sei salvo! Gran Dio!
Florestan
Florestano
Ach! ich bin gerettet! großer Gott!
Pizarro
Ha! der Minister! Höll’ und Tod!
Ah! Son salvo! Gran Dio!
Rocco
Rocco
O was ist das? gerechter Gott!
Oh che avviene? Giusto Dio!
Pizarro
Ah! Il ministro! Inferno e morte!
Duetto
Leonore und Florestan
Leonore, Florestano
O namenlose Freude!
Mein Mann an meiner Brust! / An
Leonorens Brust!
Nach unnennbaren Leiden
so übergrosse Lust!
Oh gioia indicibile!
Il mio sposo al mio petto! / Al petto
di Leonora!
Dopo dolore inenarrabile
una così immensa gioia!
Leonore
Leonore
Du wieder nun in meinen Armen!
Tu ancora fra le mie braccia!
Florestan
Florestano
O Gott! wie groß ist dein Erbarmen!
O Dio, grande è la tua pietà!
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Leonore und Florestan
Leonore, Florestano
O dank dir, Gott, für diese Lust!
Mein Mann / Weib an meiner
Brust!
O grazie a te, Dio, per questa gioia!
Il mio sposo / La mia sposa al mio
petto!
Florestan
Florestano
Du bist’s!
Sei tu!
Leonore
Leonore
Ich bin’s!
Son io!
Florestan
Florestano
O himmlisches Entzücken!
O piacere celeste!
Leonore
Leonore
Du bist’s!
Sei tu!
Florestan
Florestano
Ich bin’s!
Son io!
Leonore
Leonore
O himmlisches Entzücken!
O piacere celeste!
Florestan
Florestano
Leonore!
Leonore!
Leonore
Leonore
Florestan!
Florestan!
Pizarro (video)
Passai l’esistenza a servire il potere.
Ciecamente.
Ho sempre creduto che fosse la cosa giusta.
Ma un giorno un giudice mi ha condannato e rinchiuso in questa cella.
E’ da trent’anni che rimetto in scena questo processo.
E’ da trent’anni che spero, invano, in un finale diverso.
Ma adesso che sono io al gran finale, ho capito… che non serve.
Ho avuto sempre dentro di me luci e ombre e mi sono consumato nel
tentare di scoprire in che cosa fossi uguale all’ombra. Mentre oggi, che
sto per lasciare questa vita, capisco che conta solo scoprire in che cosa si è
diversi.
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Pizarro
Ha! welch ein Augenblick!
Die Rache werd’ ich kühlen!
Dich rufet dein Geschick!
In seinem Herzen wühlen,
o Wonne, großes Glück!
Schon war ich nah’, im Staube,
dem lauten Spott zum Raube,
dahingestreckt zu sein.
Nun ist es mir geworden,
den Mörder selbst zu morden,
in seiner letzen Stunde,
den Stahl in seiner Wunde,
ihm noch ins Ohr zu schrein:
Triumph! Der Sieg ist mein!
Ah! Quale istante!
Placherò la mia vendetta!
Ti chiama il tuo destino!
Frugare nel suo cuore,
o voluttà, o gran piacere!
In preda allo scherno,
già ero quasi
disteso nella polvere.
Ora tocca a me
assassinare l’assassino,
nella sua ultima ora,
col ferro nella sua ferita,
gridargli ancora all’orecchio:
Trionfo! La vittoria è mia!
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Laboratorio Fidelio in Carcere
STARE DENTRO
In collaborazione con la Casa Circondariale di Reggio Emilia
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Fidelio è un’opera che parla
di libertà.
L’amore, il desiderio, la tenace difesa della
libertà.
Forse è per questo che si svolge in carcere.
L’intera vicenda musicata da Beethoven è rinchiusa in una prigione; ci
siamo immaginati che sempre dal carcere la nostra storia ci venga raccontata,
30 anni dopo, da un protagonista di allora: l’allora feroce, oggi ormai un
innocuo anziano, Pizarro, condannato all’ergastolo proprio per le malefatte
compiute contro Florestano e chissà quanti altri innocenti.
Pizarro passa le sue giornate in cella a scrivere, scrivere, leggere e scrivere
senza pausa.
Perché?
Ci siamo posti di fronte a lui e ai suoi diari.
Ne è venuto fuori uno spettacolo.
Una ricostruzione a posteriori, un documentario, un reportage in cui diamo
un ultimo appello a questo “malfattore”.
Pizarro si sente maledettamente innocente: perché allora tanti anni addietro
fu condannato alla pena più severa?
Un processo immaginario che può abitare degnamente la realtà tutta virtuale
del teatro. Come restituire tutto ciò nello spazio dorato ed elegante del
Teatro all’Italiana?
Ma soprattutto… vale la pena di fare tutto questo sforzo?
Perché smontare il grande Fidelio?
Perché scardinare la struttura di un grande oggetto del passato?
A che pro?
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Per entrarci dentro.
Per farla uscire da se stessa.
Per farla incontrare a chi non è solito avvicinarla.
Per suscitare domande.
Per raccogliere l’eredità di questa opera testamento.
Vorremo dare senso a tale lavoro mettendo in comunicazione il teatro e il
carcere.
Fidelio è un’opera che dà spazio e tempo a chi è stato tolto: tale desiderio
diventa un imperativo qui, nel progetto Opera futura.
Al carcere di Ferrara porteremo i laboratori che abbiamo concepito per le
scuole.
Per il carcere di Reggio, città da cui parte il progetto, abbiamo pensato a
un’attività laboratorio da svolgere con gli utenti della Casa Circondariale.
Portarli fuori. Portarli a teatro, e mostrare fattivamente alcuni degli strumenti
che noi usiamo per comunicare. La comunicazione… forse il primo modo,
il mezzo più nobile per “uscire da sé”.
Abbiamo progettato un’attività che unisce teatro, narrazione e video: il
tema centrale è il diario, il mezzo che consente al prigioniero Pizarro di
ricostruire, ritrovare, riproporre un senso alla propria vita.
Negli incontri di lavoro tra dicembre e gennaio abbiamo cercato mezzi e
metodi per riuscire a raccontare sé a se stessi, prima che a chiunque altro.
Il laboratorio punta a un obiettivo finale: dare voce ad alcune pagine del
proprio diario in prima persona e di fronte a una telecamera.
Il materiale video costituirà patrimonio che confluisce nello spettacolo
Fidelio Off, diari dal carcere.
Ma dal laboratorio sono uscite anche pagine importanti, frutto delle
elaborazioni, dei pensieri e delle suggestioni degli utenti del carcere. Quelli
che seguono sono alcuni esempi.
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Il falco e il cane ferito
C’era una volta un falco bello grosso, gli piace volare e guardare il mondo
dall’alto. Un giorno mentre volava ha visto un cane ferito. E’ andato subito
ad aiutarlo, era ridotto male punto. Il povero falco ha fatto più del dovuto
l’ha curato e gli portava da mangiare per un bel po’ di tempo. Il cane quando
si è alzato in piedi, il falco curioso voleva sapere tutto e subito: “Da dove
provieni? Chi ti ha fatto così male?” Il cane disse: “Mi sono perso ho avuto
un litigio con un lupo”. Il falco disse: “Si vede che stai bene, stai messo
bene in forma”. Il cane disse: “Potresti avere la mia stessa possibilità
se sei
disposto a venire con me dal mio padrone, è una brava persona e gli piaccio
no
gli animali”. Il falco disse: ”Mi piacerebbe vivere sotto un tetto copert
o
dalla pioggia e dalla neve”. Il cane disse: ”Dunque seguimi”.
E mentre procedono il falco si accorge che il collo del cane è segnato
dalla
catena: “Amico che significa ciò”.
Il cane: “Niente”.
Il falco: “La verità ti prego”.
Il cane: “Ok mi legano perchè io riposi con la luce e sia vigile al ritorno
della notte, io sto tutto il giorno in piedi e devo difendere la casa dai
ladri,
e la mia ricompensa è che il mio padrone mi riserva qualche ossa dalla
mensa, un pezzo di pane, un po’ di tutto. Insomma così senza fatica il
mio
ventre si riempe”.
Il falco disse: “Dimmi, ti è permesso andare via?”. Il cane: “In verità
no”.
Il falco disse: “Goditi cane i beni che esalti, non mi va di vendere la
mia
libertà per un pezzo di pane o un tetto, vai vai, io sono un falco mica
sono
un ciwawa”.
Questo fatto mi fa ricordare il mio primo bacio anche se ero ancora ragazzi
no,
avevo 11 anni e ho conosciuto una ragazza, si chiamava Roberta, era la
mia
compagna di banco, ma per avere un bacio ho sofferto molto.
Era il mio 1° anno in Italia, non sapevo parlare bene l’italiano, e questo
era
un gran problema, mi metteva in difficoltà.
Me lo ricordo bene come se fosse ieri, era la vigilia di Natale, eravamo
nelle
scale di casa sua.
Mentre la baciavo c’erano dei nostri amici che facevano gli scemi, urlavan
o.
Suo padre ha sentito le urla, si affacciava dalla porta, ci vide e disse: “Cosa
fate?”.
Io sono rimasto senza parole, l’unica cosa che potevo fare è scappare.
E
quello che è successo? Perchè era bello grosso basta vederlo. Ti scappa
la
pipì.
A.S. Casa Circondariale di Reggio Emilia
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Volare come aquiloni senza fili
Un gabbiano che sfiora le nuvole,
gioca con il vento, segue l’orma dei mari infiniti,
si culla nel celo.
Amo volteggiare nel cielo
muovendomi a passo di danza,
per ballare quello che ho dentro,
vedo sempre un’alba nuova
per godermi un nuovo giorno
che forse sarà diverso o uguale a tanti altri,
ma fatto sempre di libertà.
Ma in un attimo mi sono ritrovato a giocare
con il tempo e con la vita.
Un falco in picchiata mi ha spezzato un’ala.
Sono caduto su una spiaggia deserta,
oramai ai miei occhi non appariva più quel cielo
che avevo sempre amato,
la mia libertà la stavo perdendo per sempre!
Ma delle piccole delicate mani mi hanno raccolto,
ho sentito un forte calore, una carezza sulla mia ala,
un alito di vita ricominciava a vivere dentro me;
quel dolore che avevo sentito prima non c’era più;
quelle piccole mani mi hanno rialzato verso il cielo,
verso il mio caldo sole,
ed io come per magia ho ricominciato a volare,
lasciando entrare il sole dentro di me,
respirando tutta l’aria che potevo...
assaporando questa volta ogni istante della mia libertà,
e portando nel cuore quelle mani...........
Gli occhi vedono solo ciò che è limitato........
guarda con il tuo intelletto e scopri quello che conosci già........
allora imparerai a volare.
S.P. Casa Circondariale di Reggio Emilia
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L’orso e le occasioni perdute
C’era una volta un piccolo orso di nome Dino, che viveva insieme a tutta
la famiglia in una immensa foresta.
Dino, si era innamorato di una piccola cerbiatta che aveva conosciuto nelle
vicinanze della sua tana e assieme trascorrevano delle splendide e felici
giornate.
Mamma cerbiatta preoccupata di quella relazione intensa che i due avevano
e visto che erano ancora dei teneri cuccioli, decise di trasferire la piccola
cerbiatta all’altro capo della foresta.
L’orso Dino non vedendo più in giro la sua piccola “cerbi” - come la
chiamava - iniziò a disperarsi e a piangere per il dolore di quella perdita,
non mangiava più e per svariati giorni rimaneva rintanato e non voleva
parlare con nessuno.
Essendo sempre nervoso rispondeva male ai fratelli orsi e iniziò anche a
ribellarsi a mamma e papà orso. La vita non sembrava più la stessa, qualcosa
era cambiato nel suo animo e decise che era giunto il momento di allontanarsi
dalla sua famiglia e dalla tana in cui era cresciuto; così partì senza una meta
alla ricerca di qualcosa di indefinito.
Durante il girovagare per la foresta conobbe altri orsi sbandati come lui,
che non avevano una meta precisa ed erano delle vere e proprie pesti.
Spesso si recavano presso le abitazioni degli uomini per razziare il miele
in quanto erano dei veri golosi.
Dino, avendo ricevuto una educazione rigida nel rispetto della proprietà
altrui, inizialmente rinunciò ad andarci, ma vedendo i suoi compagni
rimpinzarsi di miele, finì per unirsi alla compagnia, diventando così peggio
di loro, era persino diventato sfrontato e audace, il timore era svanito come
se non l’avesse ma avuto.
Gli uomini, stufi delle continue razzie, decisero di catturare quei lestofanti
che portavano continuamente via il loro miele, ottenuto con tanta fatica,
così li presero e li rinchiusero in una gabbia presso lo zoo della città.
L’orso Dino, ebbe modo di riflettere durante la sua permanenza in gabbia,
spesso si domandava se non avesse fatto meglio ad ascoltare i consigli di
mamma e papà orso, cioè di accontentarsi di una vita semplice e senza
fronzoli o cose superflue, e datosi che il miele non era indispensabile per
la loro dieta, ma era solo golosità che spesso gli procurava tanti problemi
agli orsi golosi come lui.
Dopo tanti anni trascorsi nella gabbia dello zoo, incominciò a sognare una
vita semplice e serena, possibilmente in compagnia di una bella orsacchiotta.
E nel momento in cui riacquistò la libertà: “Grazie ad una ordinanza che
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alla
riteneva disumano tenere rinchiusi in una spazio così angusto in mezzo
ida
splend
città degli orsi”, mise in atto il suo sogno, s’innamorò di una
subito
amò
orsacchiotta che gli diede alla luce due bellissime cucciole che
dal primo istante che le vide.
tana,
Per circa dieci anni la sua vita trascorse felice, caccia e tana, caccia e
do
riuscen
ma sopraggiunse in anticipo un inverno freddissimo e Dino non
a
uare
a procurarsi la scorta di cibo per andare in letargo e anziché contin
un
ad
e
cercarlo, scelse ancora una volta la strada più breve. Decise assiem
degli
altro orso disperato come lui, di recarsi a valle presso le abitazioni
ferito
fu
uomini per razziare il miele, ma furono accolti a fucilate, Dino
in
gravemente, l’altro in modo più lieve aggredì chi aveva fatto fuoco, ma
,
gabbia
in
un lampo accorsero altri uomini e i due orsi si ritrovarono di nuovo
anza
l’ordin
questa volta per lungo, lungo tempo, datosi che era stata revocata
precedente.
aver
Dino rinchiuso e disperato, ripensava con amarezza al fatto di non
il
con
e,
saputo cogliere l’occasione che gli era stata offerta dalla vita
indole
di
o
rimpianto di non aver visto crescere le sue cucciolette. Ma essend
i
positiva e avendo occupato la maggior parte del tempo con degli eserciz
gli
futuro
che gli avrebbero permesso di acquisire delle facoltà che in
tà.
avrebb ero conse ntito di riacqu istare la tanta sospir ata Liber
M.P. Casa Circondariale di Reggio Emilia
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Non ricordare
Talvolta
si decide
che la cosa migliore è :
NON RICORDARE.
Alla fine,
basta poco
affinché nella mente
si presentino i ricordi,
i ricordi del proprio passato.
E’ assolutamente vero :
il passato non si può cancellare,
è il passato che costruisce la storia.
Il passato fa parte della storia,
il passato è indelebile
non si può cancellare.
E’ il futuro
quello che invece
si può costruire e far sì
che sia diverso,
che il cammino si indirizzi
verso determinate direzioni
e si abbandoni la via
percorsa in precedenza.
Guardare una foto,
con attenzione,
sebbene vi fosse raffigurata una immagine
di certo non risalente
al mio “passato”,
non ha potuto
non portare nella mia mente
alcuni episodi che poi,
riflettendoci bene,
mi hanno portato
ad abbandonare la strada maestra
e intraprendere quella sbagliata
che mi ha portato in questo posto.
Mi chiamo….
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e,
un po’ di tempo addietro,
potrebbe essere un anno,
così come un lustro o anche più,
mi spezzavo le reni a lavorare.
Lavoravo onestamente,
come muratore,
come imbianchino,
come idraulico
e anche come elettricista.
A Santo Domingo
basta un poco di buona volontà
e sai fare tutto,
o meglio,
ti fanno fare tutto!
Il guadagno?...
Poco più di cento euro al mese…
Comunque vivevo abbastanza bene.
La cervezita muy helada
in compagnia degli amici
non mancava mai
e la serata passava spensierata
ascoltando salsa e merengue
e naturalmente ballando al suono
della tipica e coinvolgente musica caraibica
quella musica che ti fa dimenticare
le difficoltà
e la durezza del quotidiano.
Un dia,
o meglio una sera,
in una terrazza sul malecon,
al tavolo accanto si sedette un ragazzo
che conoscevo di vista,
e notorio a tutti
per essere assolutamente squattrinato.
Era in compagnia di tre ragazze
tre bellissime donne,
era ben vestito
e fumava sigari di gran marca
che una settimana di duro lavoro
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non bastavano per pagarli.
Gli feci un sorriso
e mi venne d’istinto domandargli
se avesse vinto al lotto
o chissà qual altro.
Mi rispose :
J…
alle volte si ha la fortuna
a portata di mano
e non ci si accorge di averla
a così breve distanza.
Dopo avermi squadrato a lungo
e offerto un sigaro
che ricordo benissimo
profumava di cannella,
mi invita ad andare a casa sua
il giorno seguente,
che di certo mi avrebbe potuto aiutare.
Beh…maldido,
maldido quel giorno.
Sono andato a trovarlo,
mi sono lasciato ammaliare
dai suoi discorsi.
Non mi ha plagiato
perché ritengo di non essere un interdetto.
La scelta l’ho fatta
di mia spontanea volontà,
scelta che mi ha portato in breve
a ritrovarmi in questo posto
dopo aver rischiato
anche la vita.
Grazie a tante persone
che mi sono state vicine
e che continuano ad esserlo tuttora,
ho compreso
che è tutt’altro
ciò che devo fare.
Ho riscoperto
il piacere per lo studio,
d’apprendere cose nuove
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e essere pronto
a spiccare il salto
che mi porterà sulla giusta sponda
e lontano da quei gorghi
dove ero stato risucchiato.
Tante cose ci sarebbero ancora da dire
e raccontare,
ma,
come detto prima
fanno parte di quel passato immodificabile,
e allora
perché rivangare
sugli errori commessi,
se so d’essere certo
della loro gravità?
J.K. Casa Circondariale di Reggio Emilia
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CONTRIBUTI
Scrittori dal carcere
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“Ho studiato il modo per paragonare
la prigione in cui vivo al mondo”
William Shakespeare, Riccardo II, atto V, scena V
Mi trovo alla soglia di un altro mondo palpitante. Che Dio abbia
misericordia della mia anima. Sono molto triste perché so di aver
spezzato il cuore a mia madre, e la mia famiglia deve sopportare
il peso dell’angoscia più grande. Ma ho considerato ogni possibilità
e ho cercato con ogni mezzo di evitare ciò che è diventato
inevitabile: vi siamo stati costretti, io e i miei compagni, da quattro
anni e mezzo di atroci disumanità.
Bobby Sands, Diario, Prigione di Long Kesh,
Leggo, mangio, dormo e penso. Non posso fare altro. [...] Sono
anche arcisicuro che sarò condannato e chissà a quanti anni. Tu
devi capire che in ciò non c’entra per nulla nè la mia rettitudine,
nè la mia coscienza, nè la mia innocenza o colpevolezza. E’ un
fatto che si chiama politica, appunto perchè tutte queste bellissime
cose non c’entrano per nulla. Tu sai come si fa coi bambini che
fanno la pipì nel letto, è vero? Si minaccia di bruciarli con la
stoppa accesa in cima al forcone. Ebbene: immagina che in Italia
ci sia un bambino molto grosso che minaccia continuamente di
fare la pipì nel letto di questa grande genitrice di biade ed eroi;
io e qualche altro siamo la stoppa (o il cencio) accesa che si mostra
per minacciare l’impertinente e impedirgli di insudiciare le
candide lenzuola. Poichè le cose sono così, non bisogna nè
allarmarsi, nè illudersi; bisogna solo attendere con grande pazienza
e sopportazione.
Antonio Gramsci, Lettere dal carcere
Com’è possibile: una cella e l’amore?
Se mi metto a sedere e a occhi chiusi ripenso a tutte le celle in
cui sono stato trovo difficile contarle. In ciascuna era gente, gente
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e ancora gente... In una due persone, in un’altra centocinquanta.
In una sono rimasto cinque minuti, in un’altra una lunga estate.
Ma fra tutte quante, la prima cella occupa un posto a sè: è la
prima cella in cui hai incontrato i tuoi simili, con lo stesso destino
di condannati. Li ricorderai tutta la vita con un’emozione che
forse dà solo il primo amore.
Prima cella, primo amore da Aleksàndr Solzenicyn, Arcipelago Gulag,
1918-1956. Saggio di inchiesta narrativa, tr. it. Maria Olsùfieva,
Arnoldo Mondadori Editore, 1974
Stagioni e temporali
E’ il 25 novembre 1975 quando mi condannano. Non rivedrò più
le stelle per molti anni. All’inizio non me ne rendo conto, non
mi mancano. Poi, all’improvviso, la loro assenza diventa
importantissima, come il dolore causato da irritazioni nella mente:
una cosa data a lungo per scontata e di cui adesso si sente la
mancanza come si sentirebbe la mancanza di un luogo di sepoltura
se si morisse nello spazio. Non è naturale non vedere mai le
stelle, o la luna, se è per questo: è crudele come privare qualcuno
del suono.
Da Breyten Breytenbach, A Memory of Sky, tr. it. Maria Luisa
Canteralli
Sull’isola
(...)
Di sabato pomeriggio eravamo cristallizzati nel tempo
come esemplari di insetti sottovetro;
eravamo immobili nel pomeriggio di sole
ad aspettare;
l’ora delle visite:
finchè improvvise come lo schiocco di un libro che vien chiuso
ogni opportunità svaniva con il passare dell’ora zero e noi capivamo
che un’altra settimana sarebbe dovuta passare.
Dennis Brutus, Sudafrica, 1964
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Zuppa di erbe
(...)
Le piante che venivano sradicate nei campi e trasportate con un
carro in cucina andavano sottoposte a una cernita prima di finire
in pentola. I detenuti che le raccoglievano spesso consegnavano
al cuoco anche le radici e quanto vi era attaccato. Sapevano che
poi avrebbero mangiato il raccolto, ma non per questo stavano
più attenti. Come per ogni altra cosa era stata stabilita una quota
giornaliera per la quantità di erba che ciascun prigioniero doveva
raccogliere. Le radici e la terra ne aumentavano il peso... “Fare
la cernita” non significava separare le piante commestibili da
quelle non commestibili. Non c’era pianta raccolta e portata in
cucina che non avremmo mangiato. L’espressione non indicava
nemmeno lo scarto delle foglie marce e dei gambi schiacciati: chi
osava gettarli via era considerato inadatto al lavoro e veniva
rimproverato a gran voce dal cuoco. No, “fare la cernita” non
voleva dire altro che scuotere via la terra dalle piante. Ed era un
lavoro magnifico.
Zhang Xianliang, Cina 1960
Uno scambio di prigionieri
Eravamo un pugno di uomini inermi di fronte a uno stato potente
che disponeva della macchina di repressione più mostruosa del
mondo. E avevamo vinto. Questa macchina non era riuscita a
fermarci. Era stata costretta a retrocedere. E persino nelle prigioni
ci eravamo rivelati troppo pericolosi per essa. Infine, dovevo
provare la gioia della liberazione? Mi vergogno a confessarlo, ma
non provavo gioia, soltanto un’incredibile stanchezza. Mi
succedeva sempre così, prima della scarcerazione. Non volevo
nulla, solo quiete e solitudine. Ma non le avevo mai ottenute. E
anche adesso sarebbe stato così.
Vladimir Bukovskij, ex Unione Sovietica 1971 -1976
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Pensava: “Un secolo fa, questo era un monastero: avrebbero mai
le sante e penitenti vergini che lo abitavano, immaginato che le
loro celle sonerebbero oggi, non più di femminei gemiti e d’inni
divoti, ma di bestemmie e di canzoni invereconde, e che
conterrebbero uomini d’ogni fatta, e per lo più destinati agli
ergastoli o alle forche? E fra un secolo, chi respirerà in queste
celle? Oh fugacità del tempo! oh mobilità perpetua delle cose!
Può chi vi considera affliggersi, se fortune cessò di sorridergli, se
vien sepolto in prigione, se gli si minaccia il patibolo? Ieri, io era
uno de’ più felici mortali del mondo: oggi non ho più alcuna delle
dolcezze che confortavano la mia vita; non più libertà, non più
consorzio d’amici, non più speranze! No; il lusingarsi sarebbe
follia. Di qui non uscirò se non per essere gettato ne’ più orribili
covili, o consegnato al carnefice! Ebbene, il giorno dopo la mia
morte, sarà come s’io fossi spirato in un palazzo, e portato alla
sepoltura co’ più grandi onori”.
Silvio Pellico, Le mie prigioni
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Consiglio di amministrazione
Presidente
Graziano Delrio
Vice Presidente Vicario
Giuseppe Gherpelli
Giorgio Allari
Enrico Baraldi
Maria Brini
Annusca Campani
Elena Montecchi
Paola Silvi
Revisori dei conti
Carlo Reverberi presidente
Gianni Boni
Roberto Davoli
Direttore artistico
Daniele Abbado
Consulente musicale
Cesare Mazzonis
Consulente per la Danza e RED
Fabrizio Grifasi
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Segreteria artistica e organizzativa
Costanza Casula
Lorella Govi
Marina Basso
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Roberto Fabbi
Angelo Martini
Lorenzo Parmiggiani
Francesca Severini
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Gianluca Baroni
Maurizio Bellezza
Carmine Festa
Massimo Foroni
Segretario generale
Biglietteria
Daniela Spallanzani
Cinzia Trombini
Luca Cagossi Usai
Amministrazione
Paola Azzimondi
Maurizio Ghirri
Wilma Meglioli
Elisabetta Miselli
Gianluca Foscato
Renzo Grasselli
Alan Monney
Concorso “Premio Paolo Borciani”
Mario Brunello direttore
artistico
Luca Prandini
Andrea Testa
Servizi tecnici di palcoscenico
Personale
G. Paolo Fontana capo settore
Luisa Simonazzi
Andrea Gabbi direttore tecnico
Federico Bianchi
Mauro Farina
Brunella Spaggiari
Sartoria
Monica Salsi
Maria Grazia Landini
Copia e protocollo
Sabrina Burlamacchi
Federica Mantovani
Maria Carla Sassi
Archivio Biblioteca Editoria
Susi Davoli capo settore
Liliana Cappuccino
Stampa, comunicazione e promozione
Mario Vighi capo ufficio stampa
Paola Bagni
Veronica Carobbi
Tecnici elettricisti
Servizi generali
Luciano Togninelli
Gianluca Antolini cabinista
Marino Borghi
Luca Cattini fonico
Ousmane Diawara
Fabio Festinese
Guido Prampolini
Roberto Predieri
Maria Grazia Conforte
Cristina Gabbi
Mariella Gerace
Giuseppina Grillo
Lorena Incerti
Claudio Murgia
Tecnici macchinisti
Sergio Petretich
Giuseppe Botosso
Patrizia Zanon
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disegno in copertina di Federica Parolini
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