Raccolta pubblica di poesia di strada
Prima Edizione
L' Associazione familiari e amici di Fausto e Iaio, opera da anni sul territorio
milanese un intervento culturale e sociale, promuovendo iniziative che favoriscano
una educazione alla pace, al diritto di cittadinanza, al recupero di valori quali la
solidarietà e l’impegno civile, agendo in collaborazione con alcuni istituti scolastici
Superiori di Milano.
L'associazione, nata per mantenere viva la memoria di Lorenzo Iannucci e Fausto
Tinelli, uccisi a Milano il 18 marzo 1978, da mano fascista, nel corso degli anni ha
individuato l'importanza reale di parlare ai giovani, di dare loro spunti di riflessione,
ma anche la possibilità di attivare espressioni artistiche, culturali, organizzando
momenti di socializzazione.
Con il progetto “Memoria ad alta voce” abbiamo realizzato 10 iniziative aperte alla
cittadinanza, quali incontri letterari, reading teatrali, sessioni di poesia , incontri
musicali che hanno toccato differenti aspetti e risvolti culturali, coinvolgendo di volta
in volta artisti emergenti o personaggi affermati. Il filo conduttore del progetto
"Memoria ad alta voce" è senza dubbio l'impegno civile e una memoria che non sia
del passato, ma quella trasmessa dalle vecchie alle nuove generazioni, che resiste alle
ingiurie del tempo e dell'oblio. La memoria orale e scritta, la memoria raccontata, la
memoria suonata, la memoria recitata, quella composta da mille storie spesso
dimenticate.
Il progetto “Memoria ad alta voce” ha significato per l'associazione un concreto
impegno per la realizzazione degli obiettivi comuni agli eventi proposti, quali lo
stimolo allo scambio intergenerazionale, l'approfondimento di tematiche di attualità
sociale e politica, la riflessione sul passato e sul presente, la condivisione dei luoghi
di aggregazione.
La progettazione grafica originale , la pubblicità nelle scuole o nei luoghi di
aggregazione giovanile, ha portato molti giovani a partecipare agli eventi.
Si ringrazia la Regione Lombardia, Il Comune di Milano, il Consiglio di zona 3, che
ha concesso il patrocinio per tutta la rassegna “Memoria ad alta voce”, il Consiglio
di Zona 1, il Consiglio di Zona 2.
Milano, ottobre 2013
Associazione amici e familiari di Fausto e Iaio
Tempi diVersi
raccolta pubblica di poesia di strada
Ci muoviamo a tempo di lancette , ma dovremmo fermarci a leggere versi.
L’orologio trova la sua attendibilità in una società che intende il tempo
esclusivamente come durata, determinando un’ansia che la poesia non conosce, ed è
capace di stemperare.
Quest’iniziativa non voleva essere il solito concorso di poesia con vinti e vincitori,
pubblicazioni e letture dal palco, bensì una raccolta di testi da diffondere per la città,
di modo da rendere la poesia viva e fruibile, come spesso non è sulle antologie
scolastiche o negli elitari circoli poetici: in tal senso abbiamo coinvolto Ivan Tresoldi,
artista e poeta di strada attivo da un decennio a Milano.
Dopo alcuni mesi di volantinaggio e pubblicità del bando tra scuole, università e
luoghi di aggregazione giovanile, abbiamo raccolto una sessantina di poesie di una
ventina di giovani poeti, presentate in occasione della festa conclusiva della I
Edizione tenutasi il 24 Maggio 2013 alla Ex-Chiesetta del Parco Trotter.
Durante gli assalti poetici abbiamo disseminato versi per la città: il Comune ha
successivamente concesso un Totem, normalmente a contenuto pubblicitario, per
affiggere per un mese e mezzo le poesie raccolte.
Il resto è una storia da scrivere insieme a chiunque voglia aderire al progetto;
Tempi diVersi è un collettivo poetico e artistico che abbraccia chi voglia valorizzare
la parola e apprezzi l’interferenza di una poesia che sa far dimenticare lo scorrere del
tempo; vogliamo strappare spazi ai non luoghi e momenti al non tempo di
quest’epoca; vogliamo condividere, animare e creare nuove aspettative per ciò che
riguarda la poesia e l’arte di strada come veicoli basilari per la sopravvivenza
culturale della città, confidando in tempi diversi.
Abbiamo voluto concludere questo libretto con delle poesie di Alberto Dubito, poeta
e rapper veneto scomparso ventunenne, inesauribile fonte d’ispirazione creativa nella
nostra poetica e nella nostra vita.
Milano, ottobre 2013
Paolo Cerruto e Francesco Marabotti
Preghiera Nuda
Angelo strafatto santo
schizzato per le vie di Damasco
su per i cieli striati d’azzurro
folle pazzo Zen con occhi di felce
e ventre gravido di stelle al cloro
neon lampeggianti di bagliori tentacolari
come una pioggia elettrica
uno spasimo in ragnatele di grigie pianure
su per strade fumiganti d’oppio
e bianche vesti di velluto
e la grazia riversa di ali piumate
che fendono l’aria, struggono monti
snocciolano api sciamanti nell’oro
e miele sui capelli ricciuti ondulati
modulanti accordi di nuvole e violini
ridendo e bruciando.
Angelo sognante
nella sera che non muore
ma sillabe di cancro e rullo di tamburi
sul filo di orizzonti sincopati.
Mistico eremita, profeta di silenzi e disperazione
proselite di assemblee celesti
parlamenti ebbri di candore
spirito che volteggia in fragorose orge
dispensatore di alcoliche visioni.
Angelo strafatto santo
schizzato per la beatitudine di campi ariosi
destami dal torpore- immacolato
miscela ombre e luci
il sapere e la coscienza
va come un guitto formicolante d’estasi
ridendo e bruciando.
Andrea Agosta
Vie penzolanti armoniche vibranti di solitudine
Dalle ultime costole del giorno ammantato di seta
Fiancheggiano colline brune alba tossicodipendente
Turbinante nel lungo e atomico bagliore del Nuovo Mondo.
Andrea Agosta
Sono io
figlio di atomi.
Morto.
Figlio di autopsia
sono io
e siete voi.
Nati da un ventre che non riconoscete
ed è chiunque non abbia un sogno
che muore su uno scalino
la notte.
Quando la luce è lì con te
e lui guarda per terra.
Era ieri
come ogni altro giorno,
che io aspettavo l’istante
nel quale ti saresti avvicinato
all’attimo di ogni momento.
Rocco Trevis Merlo
Il sospetto vaga
nella nebbia
e fugge sfugge
allo scatto.
Vive nella merda
e si confonde coi
graffiti.
Confuso fra i graffiti
è poco più di un’ombra
fra le ombre.
Il sospetto quasi non è,
si sospetta solo che esista.
Damon Arabsolgar
vorrei che questa pioggia la smettesse
di cadere sull'asfalto che tanto con l'acqua non fiorisce
vorrei che questa pioggia finisse
di innaffiare i miei pensieri vorrei il sole come ieri
non vorrei questa sensazione:
che vorrei, dire e fare ...
e poi mai succede
e perdo tempo, passa il vento
allora arriva il sole
la pioggia
il rumore mi cullava
vorrei imparare ad accontentarmi
della pioggia
poi del sole
Benedetta Balestri
Farfalle
squarcia la crisalide
bruciore grande d’ali
e polvere di battiti
trasforma
potere al sole
un solo giorno
vivere
Bianca Bernardinello
Obelischi di fumo sorreggono il cielo
Marghera è il primo abbraccio di terra
per il viandante che abbandona Venezia
I riverberi rossi della laguna
come scaglie sulla sua pelle verde
ci accecavano nei pomeriggi primaverili
Scavate negli occhi ho tredici lentiggini
un odore inalterabile e il cipiglio
del volto del gondoliere
Note di sax ci accompagnano
a questo saluto
Stasera ti lascio disillusa, Venezia
l'oscurità svela i fari di Marghera,
che noi pensammo fosser stelle
Benedetta Casagrande
Proesia d’oggi
Il centro di Milano è deserto,
ma non ci sono bombardamenti in corso;
qualche pattuglia sorveglia
i sonni tranquilli dei contribuenti.
Uomini soli si aggirano mesti;
eppure la solitudine urbana tonifica più di altre;
o forse le metropoli sono solo trappole
dello sviluppo che avrebbero voluto sostenere.
Come pensare, senza un orizzonte in cui perdersi?
Tra i palazzi spuntano i grattacieli
e la loro monumentale arroganza,
espressione della bassezza di una società
che necessita mezzi materiali
per arrivare al cielo.
La metropolitana è moderna;
al progresso basta luccicare.
Sale un cantante dai lunghi capelli mossi,
chitarra a tracolla e basi registrate;
uno sguardo fugace
e tutti tornano ai loro schermi.
Quasi nessuno osa più cantare;
eppure il canto è più antico della parola,
così come il linguaggio è poesia dimenticata.
Perso il canto, viviamo la crisi della parola;
assistiamo inermi
alle tappe cronologicamente ordinate
della graduale regressione umana.
Sopravvive la sincerità degli sguardi,
come quella del vecchio che scende di corsa,
quasi dimentico della fermata,
assorto com’era a osservarmi scrivere,
negli occhi il ricordo delle sue pagine
o di analoghi intenti poco più che ventenni.
Paolo Cerruto
Anatomia dell’irrequietezza
Sentite che baccano?
Chissà cos'avranno da dirsi.
Sono partiti anche i ritardatari, tra gli uccelli,
gli ultimi esseri capaci di assecondare l'istinto di migrazione.
Bussola a sud e pochi pensieri.
Noi si rimane qui, mentre le navi salpano dai porti,
solcando il mare e la sua immobile sfuggevolezza.
I marinai sono uccelli, traggono dalla vaghezza
l'attendibilità della loro rotta.
Noi attendiamo ai semafori e paghiamo ai caselli,
seguendo strade che ci limitano, c'ingannano.
Eppure si palesa, anche solo in un giro in bici,
l'ansia di spostarsi, l'irrequietezza,
la sensazione che si possa vivere soltanto di passaggio.
Mi capirete, voialtri che Vi ricercate nei viaggi,
fisici e psichici,
riuscendo a comprendere soltanto
che non sarete mai al vostro posto.
Voi che contemplate il volo degli uccelli
ipotizzando che la felicità
sia la somma di attimi e dei punti
che la loro traiettoria tocca.
Loro sì, sono sempre al posto giusto.
Stacchiamo gli occhi dagli schermi,
andiamo! anche se è inverno,
buona scusa per appartarsi negli appartamenti,
come troppi topi.
Noialtri claustrofobici
preferiamo osservare visi per strada o leggere sulle panchine,
piuttosto che star su feisbùc;
ascoltare gli uccelli cantare, al posto di tuittare stronzate.
non guardate sky uscite a guardare il cielo
Paolo Cerruto
Come amare
nell’epoca del pop
e del porno?
Come desiderare persone
che preferiscono chattare
piuttosto che guardarti negli occhi;
che pensano alle applicazioni,
ignare dell’abisso
nel quale sprofondiamo.
Recuperare i gesti,
la simbiosi con le cose.
Perché
ci ostiniamo
a sfruttare?
Come sempre ci riempivamo la testa di nulla
sdraiati sull’erba umida del parco Lambro
partivamo per viaggi siderei
necessari a noi altri
cresciuti con orizzonti urbani.
Riuscivamo a contare le stelle
vincitrici sui lampioni,
lucenti pretese di una città che ha sonno
ma non vuole dormire.
Ci sono troppe lancette a Milano;
ci vorrebbe una panchina,
al posto di ogni orologio.
Pensavamo a questo, prima di addormentarci
nel parco, souvenir inurbato della natura.
Il mattino dopo
le sveglie indissero uno sciopero.
Ci svegliammo diversi
e diverse erano le mogli di fianco
dimenticammo quegli oggetti
retaggio delle pretese
d’assolutezza
umane.
Paolo Cerruto
Parliamo del futuro, amore mio
e dell’amore, se vuoi, della passione
d’acida presunzione, grande ambizione
ficcata soffocante in fondo al petto.
Parliamo del futuro, qui seduti
sui vecchi pilastri della nostra moribonda infanzia
guardiamo che rovina e crolla, piano
labbra vicine, la malinconia sussurra.
Bellezza diffonde e cala il sole
sugli anni bambini, quelli futuri
pieni d’ombra, sfocati, indefiniti
ci si promette, amore, acute meraviglie.
Ora baciami nella luce che va via
che ne sarà di noi, non chiedere mai
domanda crudele vuole risposta più crudele
solo ora, che è attimo, baciami nel sole.
Bianca Giacobone
Petali sparsi
Fra i polmoni catarro del divenire.
La chiusura del tempo
È l’inizio dell’immortalità.
I vostri occhi nel buio
Sono immortali
Ad essi non c’è più tempo,
non più Amore
non più dolcezza del miele
e le stesse foglie che cadevano
battono ora il tempo dell’immortalità.
L’attimo si schiude,
e pacificamente rendi conto,
dell’assurda rigorosa verità:
Dio ha occhi celati nel buio
Francesco Marabotti
L’arrivo dell’idea sopraffina
Mi torna in mente di lontano
che un mio caro amico mi disse:
vivi con coscienza
però mangia sempre con gusto
altrimenti sei infelice.
Allora mi venne la folle idea
di coltivare anni e sapori
di pace interiore
A morte ogni cosa al mondo
Perché ogni cosa al mondo
Mi appartiene
Francesco Marabotti
Milano, al tramonto d’estate
Platani, alberi, verde tramonto
Palazzi come colonne, a cingere la piazza,
Milano,
case bordeaux, bionde, rosse
come al tramonto
auto sulla tangenziale al rientro,
stanco passeggiare di carovane in coda,
al tramonto
Oltre, il Duomo ad aspettare la sera
Ad aspettare un nuovo tramonto
Per farci dimenticare
-il mare-
Marcello Marabotti
Batter d’occhio
Ho mai vissuto un attimo
Che non sia
Questo?
Marcello Marabotti
La partenza dell’araldo
La costa si allontana.
Il blu prevale
ogni cosa è ormai ricordo.
Il dondolio cancella
pensieri, scintille...
Ora solo nausea
e paura.
L’araldo non vuole,
l’araldo ha cambiato idea.
Tornare a casa
da lui, l’unico
da lui, l’amico
da lui, il compagno.
“Cosa sono le grazie di una
moglie
contro le emozioni
del condividere una battaglia,
del salvarsi la vita
scudo contro scudo
ricoprendosi di gloria.
Per la città
per la politica
per l’Uomo.
Cos’è la finezza di una donna
contro la forza, dono degli
dei,
di colui che ha mangiato il tuo
stesso cibo,
di colui che ha passato le tue
stesse notti
nelle spedizioni.
Francesca Motta
Rispettando il tuo stratego
e vedendo cambiare il mondo
sotto la potenza del nostro
pensiero
e della nostra superiorità.”
Queste cose pensava l’araldo
piangendo lacrime amare.
Ma l’assemblea aveva votato
e a lui l’incarico
dell’inizio di questa guerra,
diviso
separato
dall’amato compagno.
Sarebbe morto l’araldo,
mano di barbari,
senza di lui.
“Lo invocherò -dissenella mia fine gloriosa
e lui vincerà
ciò ch’io sto per cominciare.
Per la vera bellezza,
la vera forza.”
In lui
riaffiorò
la speranza
Notte tempo: c'è qualcuno che ha paura.
È lo sguardo di un'ombra calpestata.
Ha paura quel ragazzo, vomita la sua attesa.
È la notte di ogni tempo è la notte di chi spera.
Questa notte, il suo rumore, l'odore grigiastro,
umido sui pensieri.
La nebbia disperde gli sguardi, il buio divora i sorrisi.
Notte tempo: c'è chi ha freddo e quella luna.
La notte più scura, la notte più sincera.
Questa è la notte del ricordare: noi, soli,
in questa notte temporale.
Paolo Tarantini
Sopravviviamo come possiamo
da genitori che non ci hanno voluto
o che non hanno saputo crescerci
Sopravviviamo come possiamo
da amanti che ci hanno lasciato
o che abbiamo lasciato andare
dagli incontri casuali
e per caso svaniti
dalle notti insonni
dalla domenica
Sopravviviamo come possiamo
dalle code in posta
per la mensa
per gli esami del sangue
Sopra-vvivere
ci lascia sulla superficie dell'inconsapevolezza
come foglie secche
nello sterpaio del cortile
nell'intercalare limbico
tra la vita e la morte
Amare rientra nelle potenzialità umane
nel momento in cui optiamo
per vivere
Andrea Viecelli
Dove il mare incontra il cielo
la parola muta dell'aria
non è silenzio
interazione
e i pensieri si spaccano come gocce d'acqua
sullo specchio dei tuoi occhi
nei miei
Dove il mare incontra il cielo
la linea curva dell'orizzonte sfuma
vanifica il senso del limite
e il cielo è mare
e il mare cielo
e l'ansia di non appartenere
e l'incertezza della sospensione
gonfiano il cuore
è un'insostenibile leggerezza
una vertigine che danza
tra cielo
e mare
Andrea Viecelli
Rose
Mi ricordo quando
Nel freddo momento di un mattino
Ti portai le rose
E come tu mi dicesti
Quanto fossero care
Io volevo sentir quanto fossero belle
E la mia volontà appassì in un istante.
Alessandro Zambon
Correva il ricordo
ricordi di Gennaio.
Cade la notte in un singulto.
De la fredda sostanza si accinge ora
ad attendere un riparo.
Mese dal tenero odore di cera.
Coi fuochi su la testa
mi prende nostalgia de la sera,
di un'estate passata fra i campi
a sorseggiare il tempo a me più caro.
Alessandro Zambon
La notte
Non dirò mai buona notte.
Leggera differisce in ogni dove
grezza come mani ruvide
ti lascia con schiaffi
dolci poesie da raccontare
effervescenti bolle sulla punta della lingua
come il più bel bacio
donato di giorno
e ricordato la notte
Alessandro Zambon
Terra mia
Arrivederci Terra mia,
sfruttata e devastata.
Arrivederci Terra amata dagli avi,
vissuta e consumata.
Siamo sempre qua,
su questo granello di miseria,
a prendere e andarcene,
senza restituire.
Ma non lo possiamo fare,
l'amiamo troppo,
ma noi tradiamo ciò che amiamo,
la pigrizia, la debolezza.
E il sole splenderà, Terra mia,
su questa arsa terra,
sull'argilla dura.
Ci condanni, è giusto,
ma io t'amo
con l'amarezza scostante
di un amore che si maltratta
ma che non si riesce ad abbandonare.
Roberto Di Biasi
Inno alla Vita
Lei,
un sogno di pietra, s'insinua, statuaria,
una scultura d'indicibile leggerezza,
si mesce a una bellezza immortale,
nella mia mente.
Trasognato contemplo quell'antica Signora,
seduttrice di innumerevoli genti, come sirena.
Ascolto il vostro soave canto e il fioco vostro sussurrare.
E, in questo sibillino silenzio, sono rapito,
come un Tasso dal genio allucinato, e
un compare di Ulisse, colto da dolce frutto
l'oblio, la dimensione eterna.
M'avvicino al disiderato disio, allo scibile divino,
al sale che insipida non rende la terrena esistenza,
in questo sordido sipario che si chiude celermente.
Vi acclamo, se pur per poco.
Duettate con me Signora mia!
Siate la Sorgiva che trafigge impetuosa
la coltre di dubbi che m'assale!
Innalzatemi da questa assurda mediocrità!
Siete la mia immagine fissa, vi conosco,
sanguinate d'amore per chi v'è devoto;
ma le parole sono umane e ti sviliscono
Immagine sacra.
Mi inchino, vi porgo omaggio Signora Mia,
Signora della Follia.
Roberto Di Biasi
La mia Isola
Milano casa,
casa di tredicimila
panchine mute
Milano
con le stigmati sulle braccia
e le macchine
che in viale Ortles vanno piano piano
alla ricerca di una bocca
che gli succhi il cazzo
Milano
dei visibili
Milano
dei ragazzi animali
con la plastica che risuona dentro.
Milano che viene dopo cinque minuti
Milano che mi azzanna
e mi regala la rabbia.
Milano mentre muore rimane zitta,
rimane la mia isola sorda,
analfabeta.
Milano l'amore mio.
L'amore tuo,
casa.
Tommaso Russi
Tra non troppo
l'arte di lanciare pietre
diventerà il nostro idioma.
Malati di rabbia
ci assalteremo,
le nostre bocche saranno solo armi
per mordere.
Non sapremo più come accarezzare.
Senza casa
bruceremo tutto,
bruceremo di ira,
bruceremo di lacrime,
bruceremo,
ma non di speranza.
Tommaso Russi
Vedo
orfani anelli venerati
da sbiaditi tramontanti
vecchi
che implorano la grazia
di un piccolo profumo
o di un temporaneo ricordo.
Vedo uomini
che bramano il miracolo
di scatenanti gloriosi macchiati
denari.
Mi guardo allo specchio
e vedo
ragazzi speranzosi e supplicanti
di vita
venire rincorsi e ricercati
da uno stretto cappio
parente di cravatte di sangue
fieramente esibite
da idoli
mangiatori di futuro.
Vedo ragazzi appassionati
appassire come schiavi.
Vedo
e vorrei essere cieco.
Tommaso Russi
Fuori il mondo scorre alla velocità degli orologi da polso
Tu scappa con me sul notturno questa sera, fuori è quasi primavera
e baciarsi non sarà mai stato così bello e banale, baby.
Beviamo assenzio e silenzio ma Tu non credi che
fuori sta scoppiando un’altra guerra e farà freddo di nuovo.
Andiamo a fumare sotto i tigli verdi in maniche corte,
aggrappati forte a me e poggia lo orecchie al suolo per sentire
il suono del cemento solleticato dalla pioggia
regioni di cuore dimagrite di diversi grammi, abbiamo fatto
di vizi gioventù e di drammi ben di più, sai mi servirebbero
più mani per contarli.
E IO volevo dirci: Vuoti per vuoti proviamo a riempirci
ma pensarci Mai l’arrivederci fu così un addIo
Le sillabe si rincorrono sul foglio come foglie e fogli
trascinate dallo scirocco dei miei sospiri
prima d’addormentarmi
pensavo aprile àprile gl’occhi
come porte nuvole e treni
ma nella poesia mia solo occhi pazzi e palazzi che crollano
come fonemi che decostruisco,
come usare la lingua per parlare della lingua
ma la mia sulla tua è l’unica che capisco
Ero venuto per dirti che sta scoppiando la guerra e la primavera,
così noi scapperemo ancora. Noi scoperemo ancora
noi scapperemo senza fissa dimora,
scoperemo come se gl’orologi non insegnassero più l’ora
Con quegl’occhi non puoi chiedermi di stare calmo
il mondo è nel mio palmo.
Hai già visto quanto rischio quando raschio il fondo.
Alberto Dubito
Vomito concetti già digeriti
acidi, bile
in bilico su blaconi stile liberty
più liberi di come sto io adesso
libero di librarmi solo verso il basso
sono attratto a tratti
dalla forza di gravità
che mi spinge a trovare grave
ogni situazione, pesantezza emotiva, paranoia
piuttosto che, come tutti,
a tenere i piedi per terra
Damon Arabsolgar
La mia mente si focalizzó su un flash:
tante, troppe persone ballavano allo stesso ritmo.
L'utopia della ricchezza interiore
si realizzava nel sentimento di complicitá reciproca,
la musica pervadeva un'atmosfera satura di fratellanza.
30 secondi di movimenti armonici
dove tutti erano una cosa sola.
Unione. Luce. Sinfonico movimento.
Carlo Frulloni
Si riflettono all’infinito
due specchi uno
di fronte all’
altro-all’altro-all’altro..
Riflettiamo all’infinito
le nostre iridi
quando ci fissiamo smettendo
di parlare, riflettendo
sul niente, poi, perché
non serve a niente, noi.
Non che serva rattristarsene
devo scrivere dei semafori rossi
della nebbia della superstrada
dei satelliti persi nell’iperuranio delle
città nuovissime sotto tigli novecenteschi.
Alberto Dubito
e poi dovevamo nascere prima.
o dopo. così per cagare il cazzo fino in fondo.
siamo cresciuti a cavallo di 'sti cazzo di secoli.
abbiamo imparato a contare e sbagliare in lire.
abbiamo pagato in euro le prime sigarette.
abbiamo seguito il tumore espandersi in streaming.
chi ha quindici anni adesso è cresciuto con la parola Crisi.
noi, che siamo partiti come treni sui binari degli anni mille
ora siamo un pò disorientati, tipo dei minotauri.
è essere all'inizio ma avere vent'anni,
essere alla fine ma avere vent'anni.
Alberto Dubito
Il poeta sei tu che leggi, usa questa pagina per scrivere una poesia
Scarica

Raccolta pubblica di poesia di strada