L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
L’ITALIANA IN ALGERI
Dramma giocoso in due atti
Musica: Gioachino Rossini
Libretto: Angelo Anelli
Prima rappresentazione:
Venezia,Teatro San Benedetto
22 maggio 1813
IN BIBLIOTECA
SPIGOLATURE
TRAMA
L’OPERA NON HA CONFINI
2012 . 2013
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L’ITALIANA IN ALGERI
Oltre al libretto vi proponiamo alcune letture di approfondimento disponibili presso la Biblioteca del CRAL o reperibili presso altre
biblioteche:
SULL’OPERA:
SUL COMPOSITORE:
- Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera, 2011, pagg.
391-394
- Eduardo Rescigno, Una voce poco fa. 550 frasi celebri del
melodramma italiano, 2007, pagg. 138-145 nuovo acquisto
- Michele Porzio (a cura di), Dizionario dell’opera lirica, 1991,
pagg. 187-189
- Piero Mioli, Invito all’ascolto di Rossini, 1986, pagg. 82-88
nuovo acquisto
- Riccardo Bacchelli, Rossini, 1945, pagg. 69-77
- Arnaldo Fraccaroli, Rossini, 1941, pagg. 94-99
- Vittorio Emiliani, Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino
Rossini, 2007
- Damien Colas, Rossini. L’opera e la maschera, 1999
- Alberto Basso (diretto da), Dizionario enciclopedico
universale della musica e dei musicisti, Le biografie, vol.
VI, 1988, pagg. 446-465
- Piero Mioli, Invito all’ascolto di Rossini, 1986 nuovo
acquisto
- René Leibowitz, L’opera romantica in Italia - Gioacchino
Rossini e L’opera buffa nel XIX secolo – Rossini e Donizetti
in Storia dell’opera, 1966, pagg. 119-124 e pagg. 155-162
- Riccardo Bacchelli, Rossini, 1945
- Arnaldo Fraccaroli, Rossini, 1941
- Giuseppe Radiciotti, Gioacchino Rossini, 1927
- Gioachino Rossini, L’Italiana in Algeri, Torino : Teatro Regio,
stampa 2000 e 2009
- Stendhal, Vita di Rossini, Mariolina Bongiovanni Bertini (a cura
di), Bruno Cagli (introduzione di), 1992, pagg. 45-55
http://sbam.erasmo.it
http://bct.comperio.it/
- Stendhal, Vita di Rossini, Mariolina Bongiovanni Bertini
(a cura di), Bruno Cagli (introduzione di), 1992
http://sbam.erasmo.it
http://bct.comperio.it/
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NUOVI ACQUISTI
Piero Mioli, Invito all’ascolto di Rossini
La collana propone a tutti coloro che intendono accostarsi alla musica di tutti i tempi un «invito» allo studio e all'analisi dei
vari autori, fornendo gli strumenti necessari per penetrare nel mondo espressivo dei musicisti e coglierne i rapporti con la loro
epoca. Ogni volume, dedicato a un singolo artista, è così articolato: le cronologie parallele, che danno risalto alle
corrispondenze significative tra la biografia dell'artista e i fatti della storia politica, musicale e culturale; il profilo della vita del
musicista e della sua personalità artistica e intellettuale; la produzione musicale, analizzata opera per opera in un panorama
completo e inquadrata criticamente; gli orientamenti della critica; la bibliografia essenziale; il catalogo dell'opera dell'artista;
la discografia essenziale; l'indice dei nomi; l'indice delle opere.
Eduardo Rescigno, Una voce poco fa. 550 frasi celebri del melodramma italiano
Le parole dei libretti d'opera sono state in Italia, dal Seicento fino al primo Novecento, un insostituibile patrimonio di cultura e
un'inesauribile fonte di modi di dire, di immagini verbali e visive. Per la prima volta sono raccolte in un solo volume le citazioni
tratte dal grande patrimonio del melodramma italiano. Frasi celebri rimaste nella nostra memoria ma di cui fatichiamo a
ritrovare l'autore o il contesto in cui sono state pronunciate. Attraverso le molte citazioni l'autore ne rintraccia la consistenza
e nello stesso tempo rivela quanti riflessi di quel mondo sono ancora presenti nella letteratura, nel teatro e anche nel cinema
d'oggi.
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L’ITALIANA IN ALGERI
SPIGOLATURE
1/6
Sulle fonti del libretto
“Il libretto dell’Italiana in Algeri fu scritto da Angelo Anelli non per Rossini, ma per Luigi Mosca, la cui opera era andata in scena,
con l'identico titolo, nel 1808. Per la trama, sembra che l'Anelli si ispirasse a una leggenda araba, quella di Roxelane, favorita di
Solimano Il, ma l'avventura di Isabella potrebbe anche essere messa in raffronto con i casi di Antonietta Frapolli Suini, una
gentildonna milanese catturata dai corsari algerini nel 1805 e successivamente rimessa in libertà.” (1)
Rossini salva la stagione di primavera del San Benedetto
“Al San Benedetto doveva […] debuttare nella stagione di primavera un'opera nuova di Carlo Coccia, Arrighetto , anch'essa su
libretto di Anelli […]. Ma i giorni passavano e della partitura di Coccia non si vedeva neppure il frontespizio. Allora, in gran
fretta, l'impresario Gallo si vide costretto a rincorrere Rossini a colpi di dispacci imploranti tra Ferrara e Bologna dove aveva
ancora casa coi genitori. Gioachino, appena raggiunto, rispose a stretto giro di posta e di corriere a cavallo: era disposto a
subentrare all'inadempiente Coccia e però, per non rischiare troppo, chiedeva di poter utilizzare un libretto bell'e pronto, anzi
già ben collaudato. Per l'appunto, quello dell'Italiana in Algeri di autore anonimo (in realtà, il solito Angelo Anelli mascherato)
che, con la musica di Luigi Mosca, aveva colto[…] un bel successo nel 1808 alla Scala di Milano.” (2)
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(1) Rodolfo Celletti, L’Italiana in Algeri, in Gioacchino Lanza Tomasi (a cura di), Guida all’opera, Volume secondo, Mondadori, 1971
(2) Vittorio Emiliani, Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino Rossini, Il Mulino, 2007
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SPIGOLATURE
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Giudizi sul libretto
“Sulla validità del libretto la critica è sempre stata discorde. Ovviamente, chi, da un libretto d'opera di quel genere,
pretenderebbe una trama plausibile e autentici personaggi, non può che giungere alle conclusioni più drastiche sul conto
dell'Anelli. Ma questo è, in sostanza, l'equivoco in cui son soliti cadere coloro che giudicano il melodramma preromantico,
giocoso o serio che sia, con il metro del dramma o della commedia musicale. Questa tendenza fu bollata sin dal 1823 da
Stendhal, il quale osservò, nella Vie de Rossini, che i seriosi letterati che giudicavano assurda e folle la trama dell'Italiana in
AIgeri, non si avvedevano «que si elle n'était pas folle, elle ne conviendrait plus à ce genre de musique, qui n'est elle-même
qu'une folie organisée et complète». […]
La.«folie organisée et complète» definita da Stendhal coglie il tratto più caratteristico dell'Italiana in Algeri.” (1)
“[…] parlo sempre e solo della musica, mai delle parole, che non conosco. Ricostruisco sempre, per conto mio, le parole di
un'opera. Partendo dalla situazione scelta dal poeta gli chiedo soltanto una parola, una sola, per definirmi il sentimento […].
Forse l'aggiunta delle parole mi rovinerebbe tutto. Che farci? […] Non bisogna far l'imprudenza di leggere il libretto. A Vicenza
ho visto che lo si sfogliava la prima serata per avere un'idea dell'azione. Di ogni brano si leggeva il primo verso che definisce la
passione o la sfumatura del sentimento che la musica deve interpretare. Ma nel corso delle quaranta recite successive non
venne mai in mente ad alcuno di aprire quel volumetto rilegato in carta dorata.
A Venezia la signora B***, temendo lo spiacevole effetto del libretto, non lo voleva nel suo palco nemmeno alla prima
rappresentazione. Le si sunteggiava l'azione in una quarantina di righe poi, seguendo la numerazione 1, 2, 3, 4 ecc., le si
esponeva in quattro o cinque parole l'argomento di ogni aria, duetto o pezzo d'assieme, per esempio: gelosia di messer Taddeo,
amore appassionato di Lindoro, civetteria di Isabella nei confronti del bey, e questo breve estratto era seguito dal primo verso
dell'aria o del duetto. Ho notato che tutti apprezzavano quest'idea.“ (2)
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(1) Rodolfo Celletti, L’Italiana in Algeri, in Gioacchino Lanza Tomasi (a cura di), Guida all’opera, Volume secondo, Mondadori, 1971
(2) Stendhal, Vita di Rossini, EDT, 1983
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L’ITALIANA IN ALGERI
SPIGOLATURE
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Sempre sul libretto
“A guardare il libretto, in confronto degli altri precedenti non si nota di certo più d'arte e di gusto, ma di bizzarra strampaleria,
di trivialità ridanciana, che sarebbe arrischiata se non fosse dovuta ad ignara zoticaggine marchiana dell'autore, e di colorito
caricaturale, tutt'altro che nuovo e originale, ma più sgargiante del solito in grazia delle vesti esotiche e della messa in scena
turchesca: ciarpame insomma, anzi pezzenteria librettistica, farsesca, vestiaristica teatrale, e d'un teatro veramente in stracci.
Con tutto questo, una certa matta allegria c'è dentro, una lepidezza simile a quella di certe persone che riescono facete non si
sa neanche perché.” (1)
L’opera più buffa che c’è
“Rispetto all'altre farse, e all'opera buffa tradizionale, e a quante son opere buffe, almeno per quante ne conosco, la novità
consiste nell'esser questa la farsa più farsa, la più buffa delle buffe, s'intende per virtù della musica in cui il brio diventa foga, la
disinvoltura ardimento, lo spirito, la spigliatezza, 'la destrezza, diventano estro, eleganza, sicurezza tanto più certa quanto più
spinta, non solo forza ma violenza comica e grottesca: fantasia, in conclusione, e stile; finalmente bellezza d'una armonia
ritrovata per miracolo di là da tutti gli spregi e gli sberleffi ad ogni idea di garbo, di dignità, e di ragionevolezza e d'estetica.” (1)
I primi Isabella e Mustafà
“La parte di Isabella era affidata alla cara Marietta Marcolini, che nel genere comico come cantante e come attrice non
conosceva rivali. La buona la dolce Marietta a ogni ritrovarsi con Gioachino gli si mostrava sempre più appassionata, anche se
qualche indiscreto le susurrava di capricci del suo « amato bene» per altre cantanti. Era la quarta opera che Rossini scriveva per
lei […]. Impossibile trovare interprete più deliziosa e di più alto valore. Mustafà era il basso comico Filippo Galli, portentoso
artista pieno di brio, di voce, di talento, di autorità sul pubblico. Veramente Rossini trovava che la Marcolini e il Galli stavano
troppo bene insieme, ma la Maria lo assicurava che stavan bene soltanto come artisti, sulla scena, perché il cuore di lei era
tutto per il celebre maestro.” (2)
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(1) Riccardo Bacchelli, Rossini, UTET 1945
(2) Arnaldo Fraccaroli, Rossini, A. Mondadori, 1941
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Inaspettata componente patriottica ne «L’Italiana in Algeri»
“[…] nel meccanismo di questo perfetto gioco teatrale, trascinato da una musica di un'allegria contagiosa, si insinuava e poi si
appalesava una inaspettata componente patriottica, espressa al suono di epiche trombe evocanti in alcuni accordi persino la
Marseillaise. Come nella marcia «Quanto vaglian gli Italiani / al cimento si vedrà». Subito dopo, la bella e scaltra Isabella, prima
invitava lo spasimante Lindoro «a mostrarsi Italiano» e poi prorompeva nell'acuto vigoroso e imperioso di «Pensa alla patria,
intrepido /il tuo dover adempi». Al fine di cantargli, e prescrivergli, con autentica passione amorosa, tre regole: Amor, Dovere,
Onor. E il coro dei nostri connazionali schiavi del Bey le rispondeva: «Quanto vaglian gl'Italiani / al cimento si vedrà». Questa
parte finale, nella quale amore faceva rima con onore (italiano), in cui si riparlava di Italiani pronti al cimento per la patria, come
calava sul pubblico del Teatro San Benedetto in quella Venezia del 1813 ? Con la censura Rossini non ebbe problemi, né qui né,
stranamente, due anni dopo a Modena, dove L'Italiana venne data addirittura per festeggiare la restaurazione austro-estense
nel locale Ducato. Ne avrebbe avuti più tardi, a Roma e ancor più a Napoli.” (1)
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(1) Vittorio Emiliani, Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino Rossini, Il Mulino, 2007
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La prima de «L’Italiana in Algeri»
“La prima rappresentazione, la sera di 'sabato 22 maggio 1813, segnò un trionfo immediato, clamoroso. Poche volte s'eran
sentite in teatro tali esplosioni di buonumore, di sorpresa, di gioia. L'opera prese il pubblico di colpo, lo affascinò lo trascinò nel
turbine della vicenda burlesca, lo deliziò lo esaltò fino all'entusiasmo con la vivacità la novità della musica, tutta
lampeggiamenti e iridescenze e giovanili arditezze. Musica limpida, fresca, senza mai un momento di stanchezza, agile e
trasparente, sgorgata sempre a getto inesauribile da una fantasia miliardaria; ricchissima di risorse, ricchissima di comicità, di
sentimento, di poesia. […]
Fu per ogni replica un succedersi di acclamazioni da non finire. Anche l'incidente toccato alla Marcolini, che subito dopo la
prima rappresentazione venne a trovarsi senza voce, contribuì a rendere più impaziente il pubblico; tanto che alla seconda
rappresentazione, svoltasi soltanto il sabato successivo, l'opera «destò inesprimibile entusiasmo», come scrissero i giornali.” (1)
“«L’Italiana in Algeri di Rossini» profetizzò con piglio sicuro il critico del ’Giornale Dipartimentale dell' Adriatico’ «passerà
ovunque tra i capi d'opera del genio e dell'arte». Difatti, per la gioia del compositore e dell'impresario Gallo, le repliche
durarono sino alla fine della stagione, ben trenta di numero. Rossini - scrisse ancora il giornale - «va di galoppo a premere
l'orme de' più sublimi Maestri dell'arte»”. (2)
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(1) Arnaldo Fraccaroli, Rossini, A. Mondadori, 1941
(2) Vittorio Emiliani, Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino Rossini, Il Mulino, 2007
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Il «buon cantante» secondo Rossini
“[…] il buon cantante per bene adempiere la sua parte non dee essere che un valente interprete dei concetti del Maestro
compositore, cercando di esprimerli con tutta l’efficacia e mettendoli in tutta quella luce di cui sono suscettivi. I suonatori poi
altro non debbono essere che accurati esecutori di ciò che trovano scritto. In fine il Maestro ed il Poeta sono i soli seri creatori.
Qualche abile cantante suole talvolta sfoggiare in ornamenti accessorii; e se ciò vuol dirsi creazione, dicasi pure: ma non di rado
accade che questa creazione riesca infelice, guastando, ben di sovente, i pensieri del Maestro, e togliendo loro quella semplicità
di espressione che dovrebbero avere.” (1)
Rossini «gourmand»
“Egli vinse una volta, per una scommessa riuscitagli favorevole, un tacchino ripieno di tartufi: ma il perditore durò un pezzo a
fare lo smemorato. Un giorno il Rossini gli va incontro e gli dice: «Ebbene? Questo famoso tacchino quando si mangia?».
«Vi dirò, Maestro: non è ancora propizia la stagione per i tartufi di prima qualità».
«Niente, niente! Cotesta è una falsa notizia, che, per non farsi riempire, mettono apposta in giro i tacchini».” (2)
Rossini «falso» modesto?
“Nel parlare di sé e della propria musica, il R[ossini] o se ne usciva in barzellette, o usava espressioni della più grande modestia,
che talvolta rasentava l’affettazione, specialmente se l’interlocutore era un critico.
A chi gli chiedeva quale delle sue opere preferisse soleva rispondere:
«Il Don Giovanni».” (2)
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(1) Dalla lettera del 12 febbraio 1851 Al sig, Ferdinando Guidicini, Bologna, in Gioachino Rossini, Lettere, Passigli, 1987
(2) Giuseppe Radiciotti, Aneddoti rossiniani autentici, Formiggini, 1929
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TRAMA
1/2
Atto l
Una sala del palazzo di Mustafà, bey d'Algeri.
Elvira, l'innamoratissima sposa di Mustafà, si lamenta per le continue infedeltà del marito, il quale ha deciso di ripudiarla e di
darla in moglie a Lindoro, suo schiavo preferito. Questi continua invece a sospirare per la sua Isabella, che nella lontana Italia lo
aspetta fedelmente dal giorno in cui egli fu catturato dai corsari algerini.
Mustafà ordina al fido Haly di procurargli immediatamente un'altra donna, se possibile italiana.
La scena si sposta in una spiaggia nelle vicinanze di Algeri, dove un vascello, proveniente dall'Italia, si è infranto sugli scogli, e fra
gli scampati al naufragio si trova Isabella, accompagnata da un maturo spasimante, di nome Taddeo. Sulla donna ha posto gli
occhi Haly, pronto ad assecondare gli ordini del padrone. Intanto Taddeo rimprovera alla compagna la fedeltà a Lindoro e
considera questi responsabile della situazione in cui si sono venuti a trovare, avendo intrapreso il viaggio alla ricerca del
giovane. Isabella preferisce prendere la cosa come un divertimento, anche per affrontare in comune i rischi e le incognite di una
tale avventura.
Nella sala del trono Mustafà attende con impazienza che gli venga condotta la bella forestiera, ed è sufficiente un solo sguardo
perché egli resti incantato dalla sua grazia e dalla sua avvenenza. Frattanto Isabella e Lindoro si riconoscono e concordano di
stare al gioco del bey, e quando questi rivela il proprio progetto di nozze, Isabella, tenendo presente lo scopo che si è prefissa,
convince Mustafà a trattenere per il momento Elvira ed allo stesso tempo sceglie Lindoro come schiavo personale.
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TRAMA
2/2
Atto II
Nella reggia tutti hanno constatato come Mustafà sia completamente in balìa dell'italiana; ma egli non si ritiene sconfitto e si
ripromette una vittoria definitiva con l'aiuto di Taddeo, da lui nominato 'kaimakan', ossia luogotenente, nel corso di una
bizzarra cerimonia; in tal modo Taddeo, giovandosi dell'autorità conferitagli, sarà in grado di convincere, per conto di Mustafà,
la riluttante Isabella. La quale, frattanto, è in attesa di Mustafà, invitato a prendere il caffè insieme però ad Elvira.
Il bey è ormai completamente in potere di Isabella, che riesce con uno stratagemma ad evitare di venire a trovarsi sola con lui.
Lindoro, per assecondare il desiderio di Isabella che vuole in libertà tutti gli schiavi italiani, concorda con Taddeo un piano per
sconfiggere definitivamente Mustafà, cui occorre far credere che la ragazza spasimi d'amore per lui. Così Lindoro informa il bey
che fra poco sarà nominato 'pappataci', carica che gli impone solo di mangiare, bere e dormire senza pronunciare parola.
Il progetto degli Italiani va man mano attuandosi, ma per fuggire da Algeri è necessario prevenire la reazione di Mustafà e dei
suoi uomini; sarà la cerimonia con la quale egli viene nominato 'pappataci' a rendere innocuo il bey che, non potendo parlare,
ascolta senza intervenire le tenere frasi d'amore che si scambiano Isabella e Lindoro.
I due frattanto si avviano verso un battello, accostatosi alla riva, mentre il deluso Taddeo, che aveva assecondato il piano di
Lindoro ritenendo di essere lui il prescelto della ragazza, svela l'inganno a Mustafà. Ma è tardi: la nave va già allontanandosi
dalla riva ed al beffato Mustafà non resta che rifugiarsi fra le accoglienti braccia della sua Elvira, disposta più che mai al
perdono.
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da: Aldo Nicastro (a cura di), Guida al teatro d’opera, Zecchini, 2011
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