Capitolo 12 RF/MO – EPIDEMIOLOGIA TUMORI TELEFONI MOBILI : DATI POSITIVI PREMESSA (dalla relazione 2003) • Gli studi con risultati positivi, tutti finanziati da Enti statali, fanno capo in gran parte al gruppo di epidemiologi svedesi guidati da L. HARDELL. Questi, in un primo articolo (119), riportava i risultati di una indagine caso-controllo sui tumori cerebrali nelle regioni di Uppsala-Orebro (1994-96) e di Stoccolma (1995-96).L’esposizione a telefoni cellulari è stata stabilita sulla base di questionari, ai quali hanno risposto 209 casi (90% dei questionari distribuiti) e 425 controlli (91%). Complessivamente non risulta alcun aumento dei tumori cerebrali: OR=0,98 (IC 95%: 0,69 – 1.41), e lo stesso risultato si ottiene separando i dati ottenuti sugli utilizzatori di GSM digitali (OR=0,97; IC 95%: 0,61 – 1,56) da quelli sugli utilizzatori di telefoni analogici, almeno tre volte più potenti dei digitali (OR = 0,94; IC 95%: 0,62 – 1,44). Tuttavia, se si elaborano i dati per i tumori temporali e occipitali, separandoli in base al lato destro o sinistro del capo che gli utilizzatori hanno dichiarato di avere usato abitualmente per le telefonate, si hanno aumenti dei tumori (definiti “ipsilaterali”), anche se statisticamente non significativi, sia per il lato destro (OR = 2,45; IC 95%: 0,78 – 7,76) che per il sinistro (OR = 2,40; IC 95%: 0,52 – 10,90). Questo risultato si ottiene solo relativamente all’uso del telefono analogico, e gli autori ritengono che per il digitale il periodo di osservazione sia troppo breve per delle conclusioni definitive. • • Dopo questa prima indagine orientativa, il gruppo di Hardell ha pubblicato un secondo articolo (28) nel quale, oltre a re-includere i dati precedenti ne vengono aggiunti altri, compresi quelli relativi a controlli positivi e negativi. Tra i controlli positivi l’incidenza di tumori cerebrali risulta significativamente aumentata negli esposti a raggi X a scopo diagnostico (OR = 2,10; IC 95% = 1,25 – 3,53), negli addetti a un’industria chimica esposti ad aspartame (OR = 4,1; IC 95%: 1,25 – 13,4), e soprattutto nei laboratoristi che fanno uso di fluoroscopia (OR = 3,21; IC 95%: 1,16 – 8,85), mentre per i controlli negativi (altri servizi sanitari, altre industrie chimiche) l’aumento non è significativo (OR = 6,00; IC 95%: 0,62 – 57,7). Per quanto riguarda l’uso di telefoni cellulari l’incidenza di tumori ipsilaterali nelle regioni temporali, tempoparietali e occipitali risulta aumentata in maniera statisticamente non significativa (OR = 2,42; IC 95%: 0,97 – 6,05), il che conferma i dati già descritti. Tuttavia, utilizzando un sistema di analisi multivariata l’incremento diventa statisticamente significativo (OR = 2,62; IC 95%: 1,02 – 6,71), ma va detto che in questo studio, metodologicamente corretto, questo risultato è basato solo su 13 casi di soggetti esposti. In uno studio successivo (122) il gruppo di Hardell ha selezionato, sulla base di questionari, 1429 soggetti colpiti da tumore cerebrale e 1470 controlli, che sono stati appaiati per età, sesso e collocazione geografica in modo da formare 1303 coppie, che sono state quindi esaminate. Dai dati risulta che l’uso di cellulari analogici aumenta comunque del 30% il rischio di sviluppare tumori cerebrali, e che l’incremento di rischio arriva all’80% per chi ha usato l’analogico per 10 anni o più. Invece i dati relativi all’uso di cellulari digitali e di cordless non sono significativi perché, secondo gli autori, i tempi di esposizione sono tuttora troppo brevi perché un eventuale effetto cancerogenetico abbia potuto manifestarsi (si calcola che in Svezia gli analogici siano stati introdotti nel 1986, i cordless analogici nel 1988, mentre i cordless e i cellulari digitali sarebbero in uso solo dal 1991). • • Nel 1999 Hardell (123.) aveva anche descritto un caso di angiosarcoma cutaneo sul lato sinistro della testa in una donna che dichiarava di avere utilizzato un cordless a partire dal 1988, usando sempre l’orecchio sinistro, inoltre, a partire dal 1994, anche un cellulare digitale. L’angiosarcoma è un tipo molto raro di sarcoma dei tessuti molli (STS), e Hardell ricorda che, su 434 casi di STS da lui esaminati, solo 8 (1,8%) erano angiosarcomi. L’Autore fa anche notare che, per qualsiasi tipo di telefono, l’assorbimento massimo di energia emessa avviene sulla pelle e che la penetrazione in profondità per le frequenze usate per questi apparecchi è dell’ordine di pochi centimetri. Ricordando i casi sopra documentati di tumori cerebrali ipsilaterali, Hardell formula l’ipotesi che anche questo caso di angiosarcoma cutaneo ipsilaterale possa essere messo in relazione con l’uso del cordless. Ovviamente, questa è solo una ipotesi di lavoro, tutta da verificare. Una indagine caso-controllo particolarmente interessante e ben condotta (STANG, 124) riguarda la possibile correlazione tra MO emesse dai telefoni cellulari e un raro tipo di tumore, il melanoma uveale dell’occhio. L’Autore ha separato i soggetti esaminati a seconda che a questi potesse essere attribuita una “possibile” esposizione a MO, “nessuna” esposizione, oppure una “probabile e sicura” esposizione, ed ha trovato un rischio elevato e statisticamente significativo sia in radiooperatori esposti professionalmente ad emissioni a RF (OR = 3,0; IC 95%: 1,4 – 6,3) che in soggetti con “probabile o sicura” esposizione a MO da telefoni cellulari (OR = 4,2; IC 95%: 1,2 – 14,5). L’Autore sostiene che l’effetto osservato non è di natura termica, e ipotizza che le MO emesse dai cellulari possano avere un’azione cancerogenetica non diretta (iniziazione), bensì di promozione tumorale: infatti in letteratura è documentato un effetto inibitorio della melatonina, che è un ormone sintetizzato nella retina e nei corpi ciliari oltre che nell’ipofisi, sulla crescita in vitro di linee cellulari derivate da melanoma uveale. • • Infine, un recente studio finlandese (AUVINEN, 125) ha cercato di mettere in relazione il rischio di tumore al cervello e alle ghiandole salivari con l’utilizzazione di telefoni cellulari, sulla base dei dati di esposizione forniti nel 1996 dalle compagnie telefoniche. In questo caso non è risultata alcuna associazione significativa tra l’uso dei cellulari e i tumori al cervello e alle ghiandole salivari, bensì una debole associazione tra gliomi e cellulari analogici. La difficoltà delle indagini epidemiologiche sui possibili rischi sanitari derivanti dall’uso personale dei telefoni portatili deriva, oltre che dai fattori già ampiamente discussi, anche dal fatto che l’esposizione a MO dovuta a tale uso varia considerevolmente sulla base della durata dell’utilizzo del portatile, del numero e della lunghezza delle telefonate, del luogo dove avviene la chiamata, ecc. Ci sono, per esempio, differenze di esposizione legate al fatto che la telefonata avvenga in luogo chiuso, e al numero, densità e distanza delle antenne (ripetitori) riceventi. L’utilizzo preferenziale di un arto (destro o sinistro o entrambi) è, come si è visto dai dati di Hardell, un altro elemento da considerare. In aggiunta, i sistemi analogici ad 800 MHz di frequenza danno origine ad esposizioni differenti da quelle causate dai sistemi digitali (GSM), che sono modulati secondo schemi complessi che danno luogo, come si è più volte sottolineato, anche a frequenze estremamente basse (ELF). In generale, poi, il sistema GSM a 1.800 MHz utilizza potenze molto più basse rispetto al sistema analogico. • In ogni caso, studi specifici sulla quantità di radiazione assorbita dai tessuti a contatto con o comunque esposti alla sorgente di MO da telefoni palmari indicano che il tessuto gliale e meningeo, qualsiasi tessuto ematopoietico attivo contenuto nelle ossa della zona parietale, la parte vestibolare del nervo acustico, la parotide e la parte superficiale del lobo parietale anteriore dal lato di utilizzo del portatile sono le parti più esposte, e su queste andrà concentrata l’attenzione delle indagini circa il possibile sviluppo di neoplasie indotte da questo tipo di emissioni. • • • A conclusione di questo paragrafo si può dire che, mentre per le esposizioni occupazionali e residenziali a RF l’insieme dei dati epidemiologici depone a favore dell’ipotesi di una associazione con un aumento del rischio di cancro, in particolare di leucemie, per le esposizioni personali a MO, derivanti dall’uso di telefoni portatili, nulla di conclusivo è stato raggiunto, anche se i pochi dati a favore dell’associazione con tumori cerebrali ipsilaterali e con tumori all’occhio destano sospetti e preoccupazioni, che le prossime ricerche dovranno chiarire. Certo non può essere oggi condivisa la posizione di quegli autori i quali, a conclusione di rassegne sostenute o comunque commissionate dai gestori della telefonia mobile, affermano che “né i diversi studi sulle esposizioni occupazionali a RF né i pochi studi sugli utilizzatori di telefoni cellulari offrono alcuna chiara evidenza di una associazione con tumori al cervello o con altre neoplasie” e che “se anche gli studi in corso dovessero dimostrare una forte incidenza di tumori (per questo tipo di esposizioni), l’aumento assoluto di rischio sarebbe probabilmente molto più piccolo di quello connesso agli incidenti automobilistici dovuti all’uso del cellulare durante la guida” (ROTHMAN: Wireless Technology Research – Cellular Telephone Industry Association, 128); o addirittura che “l’evidenza epidemiologica di una associazione tra esposizioni a RF/MO e cancro è debole e inconsistente” e che “una connessione tra l’irradiazione derivante dall’uso dei telefoni cellulari e l’induzione di cancro non è plausibile dal punto di vista fisico” (MOULDER: Federation of the Electronic Industry, 129). 119 Hardell L. et al., Intern. Jour. Of Oncology, 15: 113-116, 1999. 120 Frey A.H., Environ. Health Perspect., 109: A200, 2001. 121 Ahlbom A. and Feychting M., Int. J. Oncol., 15: 10451047, 1999. 122 Hardell L. et al., Europ. J. Cancer Prevention, 11: 377386, 2002. 123 Hardell L. et al., Epidemiology, 10: 785-786, 1999. 124 Stang A. et al., Epidemiology, 12: 7-12, 2001. 125 Auvinen A. et al., Epidemiology, 13: 356-359, 2002. 128 Rothman K.J., The Lancet, 356: 1837-1840, 2000. 129 Moulder J.E. et al., Radiation Research, 151: 513-531, 1999. Moulder J.E., Cellular phone antennas (base stations) and human health, 14.9.2000. (http://www.mcw.edu/gcrc/cop/cell-phone-healthFAQ/toc.html) Tabella II Rischio Relativo (OR) di ammalarsi di tumori da uso di telefoni mobili: dati positivi (finanziamenti statali) 1. TUMORI CEREBRALI OR Hardell et al 2000, tutti NB. Non è specificata la durata dell’uso Hardell et al 2002, tutti NB. Esposizioni fino a più di 10 anni Hardell et al 2003, solo astrocitomi NB. Esposizioni fino a più di 10 anni Hardell et al 2005, solo aree rurali NB. Esposizioni fino a più di 10 anni IC 95% TUMORI ED ESPOSIZIONI 2.62 ( 1.02 ÷ 6.71 ) tumori ipsilaterali 1.3 ( 1.02 ÷ 1.6 ) cellulari analogici 1.8 ( 1.1 ÷ 2.9 ) cellulari analogici; > 10 anni 2.5 ( 1.3 ÷ 4.9 ) cellulari analogici; tumori ipsilaterali 1.8 ( 1.1 ÷ 3.2 ) astrocitomi - analogici 2.3 ( 1.2 ÷ 4.1 ) astrocitomi - analogici; ipsilaterali 1.8 ( 1.1 ÷ 2.8 ) astrocitomi - digitali 1.8 ( 1.1 ÷ 2.9 ) astrocitomi - cordless 4.2 ( 1.1 ÷ 16 ) tutti - digitali 8.4 ( 1.02 ÷ 69 ) solo astrocitomi - digitali 2.2 ( 1.1 ÷ 4.4 ) solo benigni - analogici Continua Tabella II 2. NEURINOMI ACUSTICI 3.5 ( 1.8 ÷ 6.8 ) Hardell et al 2003 NB. Esposizioni fino a più di 10 anni NB. In Svezia , nel periodo 1960 – 1998, I neurinomi sono aumentati del 2.53% per anno (1.71 - 3.35), mentre tutti gli altri tumori cerebrali sono aumentati dello 0.80% per anno (0.59 - 1.02). 4.4 ( 2.1 ÷ 9.2 ) Lonn et al 2004 NB. Esposizioni fino a più di 10 anni. Niente tumori controlaterali 1.9 ( 0.9 ÷ 4.1 ) 3.9 ( 1.6 ÷ 9.5 ) 4.2 ( 1.2 ÷ 14.5 ) Hardell et al 2002 analogici; ipsilaterali nalogici; ipsilaterali analogici e digitali analogici; ipsilaterali 3. MELANOMI UVEALI DELL'OCCHIO Stang et al 2001 NB. Non è specificato il tipo di telefoni mobili usati, nè la durata della esposizione. Un aumento di melanomi oculari è stato rilevato (Holly, 1996) in esposti a microonde dei radar (OR = 2.1; IC 95%: 1.1 ÷ 4.0). melanomi uveali (occhio) TUMORI DA USO DEL CELLULARE: DATI POSITIVI (Finanziamenti pubblici) 1. HARDELL e coll. (Svezia): • 1) Intern. J. of Oncology, 15:113-116, 1999 • 2) Epidemiology, 10:785-786,1999 • 3) Medscape/General Medicine/journal/2000/v02.n03/mgm0504.hard • 4) Eur.J.Cancer Prev.,10:523-529, 2001 • 5) Europ. J. Cancer Prevention, 11:377-386, 2002 • 6) Intern. J. Radiat. Biol., 78:931-936, 2002 • 7) Intern. J. of Oncology, 22:399-407, 2003 • 8) Neuroepidemiology, 22:124-129, 2003 • 9) Intern.J.Mol.Med.,12:67-72, 2003 • 10) Archiv. Environ. Health, 58:380-382, 2003 • 11) Neuroepidemiology, 25:120-128, 2005 • 12) Eur.J.Cancer Pev., 14:285-288, 2005 • 13) Occup. Environ. Med., 62: 390-394, 2005 (v. scheda, Cap. 13) • 14) Int. Arch. Occup. Environ.Health, 78:625-632, 2005 1 TUMORI DA USO DEL CELLULARE: DATI POSITIVI (Finanziamenti pubblici) 1. HARDELL e coll. (Svezia): Trovano un incremento statisticamente significativo di tumori cerebrali maligni, in particolare astrocitomi (OR fino a 2,3; IC 95%=1,01-5,4) e di tumori benigni del nervo acustico (neurinomi, OR fino a 4,4,; IC 95%=2,19,2) sullo stesso lato della testa sul quale viene appoggiato il cellulare (ipsilaterali), in soggetti che hanno usato cordless o cellulari analogici o digitali da almeno 10 anni. Inoltre il rischio di sviluppare questi tipi di tumore aumenta con la durata dell’uso del cellulare (rapp. dose/effetto)(v. schede). TUMORI DA USO DEL CELLULARE: DATI POSITIVI (Finanziamenti pubblici) 1. HARDELL e coll. (Svezia): Hanno anche descritto un caso di angiosarcoma cutaneo (Epidemiology '99) ed uno di carcinomi delle cellule basali (Archiv. Environ. Health '03) attribuibili all'uso di telefoni mobili ( v. schede). Non hanno trovato, invece, un aumento di rischio significativo di tumori alle ghiandoli salivari, in soggetti con durata d'uso del cellulare troppo breve (Occup. Environ. Med. '04, v. scheda Cap. 10). Hanno anche trovato un aumento statisticamente significativo di casi di linfoma non-Hodgkin a cellule-T correlato con l'uso di cordless da più di 5 anni (OR = 2,47; IC 95% = 1,09 – 5,60) e ancor più dopo 10 anni (OR = 3,15; IC 95% = 1,05-9,48), e una correlazione ancora più forte per le forme cutanee e leucemiche di questi tumori (OR = 8,73; IC 95% = 1,55-49,1 dopo 5 anni d'uso di cellulari digitali; OR = 8,55; IC95% = 1,38-52,8 dopo 10 anni di cordless). Ma questi dati sono preliminari per il numero di casi ancora limitato (Int.Arch. Occup. Environ Health'05, v. scheda). TUMORI DA USO DEL CELLULARE: DATI POSITIVI (Finanziamenti pubblici) 2. STANG e coll. (Germania): Trovano un incremento statisticamente significativo (OR = 4,2; IC 95% = 1,2-14,5) di melanomi uveali dell’occhio in utilizzatori di telefoni cellulari (v. scheda) 3. LONN, AHLBOM, FEYCHTING (Svezia, Ist. Karolinska, Stoccolma): Trovano un incremento (OR = 1,9; IC 95% = 0,9-4,1) di neurinomi del nervo acustico in soggetti che hanno usato cellulari analogici o digitali da almeno 10 anni. L’incremento di rischio è ancora più netto e statisticamente significativo (OR = 3,9; IC 95% = 1,6-9,5) per i tumori ipsilaterali (v. scheda). Non hanno trovato, invece, un aumento di rischio significativo di tumori cerebrali maligni in soggetti con durata d'uso del cellulare troppo breve (Amer.J. Epidemiol. '05, v. scheda Cap.10) VIII 2 INTERN.J. OF ONCOLOGY, 15: 113-116, 1999 VIII Hardell, et al. – Int. J. Oncol., 15: 113-116 (1999) • Prendono in esame 233 casi di tumori al cervello (verificati istopatologicamente) e, per ogni caso, selezionano 2 controlli sani, appaiati per età, sesso e zona di residenza. • Trovano che l’uso di telefoni cellulari non sembra associato ad un aumento del rischio di ammalarsi di tumore (“odds ratio”; OR) per i digitali GSM: OR = 0,97 (IC 95% = 0,61-1,56) né per gli analogici: OR = 0,94 (IC 95% = 0,62-1,44). • Tuttavia, se si correlano separatamente i tumori temporali e occipitali dello stesso lato sul quale il paziente è abituato ad usare il cellulare (tumori ipsilaterali), per gli analogici si trovano incrementi di rischio significativi: OR = 2,45 (IC 95% = 0,78-7,76) sul lato destro; OR = 2,40 (IC 95% = 0,52-10,9) sul lato sinistro. • Ritengono che il periodo d’uso dei cellulari digitali GSM sia ancora troppo breve perché si possano ricavare dati conclusivi su una eventuale correlazione coi tumori alla testa. pp 785 - 786 Hardell, et al. – Epidemiology, 10 : 785-786 (1999) • • • L’angiosarcoma è un tumore maligno molto raro tra i sarcomi del tessuto molle. Descrivono un caso di angiosarcoma dello scalpo craniale diagnosticato nel 1999 in una donna di 57 anni, localizzato sul lato sinistro della testa, due cm. sopra l’orecchio. La paziente ha usato regolarmente, a partire dal 1988, un telefono portatile (cordless), utilizzando sempre l’orecchio sinistro. Dal 1994 ha cominciato ad usare, sempre con lo stesso orecchio, anche un cellulare digitale (GSM a 900 MHz). Dichiara di non aver mai eseguito radiografie al capo o al collo e di non aver mai fatto uso di pesticidi (è noto che i raggi X, i pesticidi e il cloruro di vinile sono fattori eziologici per i sarcomi dei tessuti molli). Ritengono possibile una relazione causa-effetto tra l’uso del cordless e del cellulare e questo caso di angiosarcoma, sulla base della storia clinica della paziente, della particolare localizzazione del tumore e dei casi già riportati di tumori ipsilaterali alla testa (tumori benigni e maligni al cervello e neurinomi acustici) correlati con l’uso di cellulari e di cordless. VIII Hardell, et al. - Medscape/Gen./Med. (2000) • • • Riportano l’incidenza di tumori cerebrali (diagnosticati istopatologicamente) su 209 casi di tumore cerebrale (136 tumori maligni, 46 meningiomi, 13 neurinomi acustici, 3 altri tumori benigni e 12 tumori non tipizzati) e 425 controlli, riferiti a vari tipi di esposizioni (radiologia, fluoroscopia, radioterapia, industria chimica, uso di telefoni cellulari). L’uso di telefoni cellulari (analogici e digitali) comporta un aumento del rischio relativo di ammalarsi di tumore (“odds ratio”, OR) di 2,42 (IC 95% = 0,97-6,05), per i tumori ipsilaterali della regione temporale, occipitale e temporoparietale, cioè delle aree cerebrali a più alta esposizione e.m. durante l’uso del cellulare, a seconda che l’antenna sia estratta oppure no durante la comunicazione. Il dato è reso ancora più significativo (OR = 2,62; IC 95% = 1,02-6,71) elaborando i dati mediante analisi statistica multivariata. Si noti che l’importanza dell’uso dei cellulari come fattore di rischio per i tumori cerebrali è del tutto confrontabile con quella di altri fattori di rischio ben riconosciuti, come la radioterapia nelle regioni del capo e del collo (OR = 3,61; IC 95% = 0,65-19,9) e l’esposizione diagnostica a radiazioni ionizzanti (raggi X : OR = 2,10; IC 95% = 1,25-3,53). European Journal of Cancer Prevention 2001, 10, 523-529 Hardell et al., Eur. J. Cancer Prev., 10 : 523-529 (2001) • Sono gli stessi dati presentati nel 2000 (Medscape-General Medicine). • Interessanti i dati di Tab. 3 con gli incrementi di tumori cerebrali da uso del cellulare nelle diverse aree (ipsilaterali e controlaterali) e di Tab. 4 con i dati sugli incrementi di tumori cerebrali da uso del cellulare nell’area temporale, occipitale e temporoparietale, elaborati mediante analisi statistica univariata o multivariata, e confrontati con gli incrementi da esposizioni occupazionali e da diagnostica con raggi X. Hardell, et al. – Eur. J. Cancer Prev., 11: 377-386 (2002) • • • • • Selezionano 1.429 casi di tumori alla testa (diagnosticati istologicamente) e 1.470 controlli sani. Trovano che l’uso di cellulari analogici aumenta il rischio di sviluppare tumori alla testa (“odds ratio”, OR = 1,3; IC 95% = 1,02-1,60). Se si prendono in esame solo i casi con più di 10 anni di latenza, il rischio aumenta significativamente (OR = 1,8; IC 95% = 1,1-2,9). Se si correlano i tumori dell’area temporale destra o sinistra con i casi in cui c’è stato un regolare uso ipsilaterale del cellulare analogico (cioè sullo stesso lato della testa dove si è sviluppato il tumore), l’incremento del rischio è ancora maggiore (OR = 2,5; IC 95% = 1,3-4,9), mentre non c’è correlazione con i tumori del lato opposto della testa (controlaterali). Tra i vari tipi di tumori, quelli a più forte correlazione con l’uso dei cellulari analogici sono i neurinomi del nervo acustico ipsilaterali (OR = 3,5; IC 95% = 1,8-6,8). Non trovano una significativa associazione tra l’uso di cordless o cellulari digitali e tumori al cervello. HARDELL et al.Int.J. Radiat. Biol., 78:931-936,2002 • Si tratta di uno studio caso-controllo su 649 pazienti tra i 20 e gli 80 anni di età, di entrambi i sessi, affetti da tumori maligni del cervello diagnosticati tra l'1.1.1997 e il 30.6.2000. Tutti i pazienti erano vivi all'epoca dello studio e tutti i tumori erano stati caratterizzati istopatologicamente. Ogni paziente è stato appaiato ad un controllo sano, di eguale sesso, della stessa età, ed abitante nella stessa area geografica della Svezia, comprendente le regioni sanitarie di Uppsala-Orebro, Stoccolma, Linkoping e Goteborg. • L'esposizione alle emissioni dei telefoni cellulari è stata accertata tramite questionario, al quale hanno risposto 588 (91%) casi e 581 (90%) controlli. I soggetti che hanno iniziato ad usare il cellulare da meno di un anno dall'inizio dello studio sono stati scartati. HARDELL et al.Int.J. Radiat. Biol., 78:931-936,2002 • Nell'insieme, i risultati non mostrano un aumento significativo del rischio di ammalarsi di tumore ("odds ratio",OR) in rapporto all'uso dei cellulari: OR=1,13 (IC 95% = 0,82-1,57) per i cellulari digitali; OR=1,13 (IC 95%=0,86-1,48) per i cordless. • Invece il rischio di contrarre tumore sullo stesso lato della testa sul quale è stato usato il telefonino (tumori ipsilaterali) mostra un aumento significativo: OR = 1,85 (IC 95% = 1,16 - 2,96) per l'insieme di tutti i tipi di tumori maligni al cervello dopo uso di cellulari analogici, e OR = 1,95 (IC 95% = 1,12 - 3,39) per gli astrocitomi. Inoltre: OR = 1,59 (IC 95% = 1,05 - 2,41) per tutti i tumori dopo uso di cellulari digitali, e OR = 1,46 (IC 95% = 0,96 2,23) dopo uso di cordless. • Concludono che l'uso ipsilaterale soprattutto di cellulari analogici ma anche di digitali comporta un aumento significativo del rischio di contrarre tumori maligni ipsilaterali al cervello. • HARDELL et al., 2003 38 • • I carcinomi delle cellule basali (CCB) sono tumori cutanei piuttosto comuni, la cui incidenza è in costante aumento; compaiono soprattutto nei soggetti tra i 60 e i 65 anni di età e per l'80% sono localizzati sulla testa e sul collo. Il rischio di sviluppare questo tipo di tumori è aumentato nelle persone di carnagione chiara, soprattutto in seguito ad intensa e prolungata esposizione solare durante l'infanzia. Anche le radiazioni ionizzanti, le irritazioni croniche della pelle ed alcune sostanze chimiche aumentano il rischio di sviluppare questo tipo di tumori. Riportano il caso di un uomo di 50 anni (cioè di 10 - 15 anni più giovane rispetto all'età alla quale normalmente si sviluppano i CCB) che, da un anno circa, ha sviluppato 6 CCB sulla faccia e sul cranio, 5 dei quali localizzati sul lato destro. Il soggetto, che ha sempre usato una grande precauzione nell' esporsi alla luce solare (non ha mai avuto "scottature" o irritazioni cutanee), non è stato esposto a radiazioni ionizzanti né a inquinanti chimici, ha usato per lavoro una unità video - display a partire dal 1973, nel periodo 1987 - 1999 ha utilizzato un cellulare analogico (NMT a 450 MHz) per circa 10 min/g e, nello stesso periodo, un telefono montato sulla autovettura con antenna esterna per 10 - 15 min/g e, inoltre, un analogico sul luogo di lavoro (266 ore di uso cumulativo). A partire dal 1992 ha usato un cellulare digitale (GSM a 900 MHz) per circa 45 min/g (2.737 ore di uso cumulativo), ed inoltre un cordless per 2 min/g, (61 ore di esposizione cumulativa). Ha sempre usato, con tutti i tipi di telefoni mobili, l'orecchio destro, che è il lato sul quale si sono formati 5 dei 6 CCB. • Gli autori ritengono probabile che l'esposizione intensiva alle microonde dei telefoni mobili abbia aumentato il rischio di sviluppare i CCB nel soggetto in esame, probabilmente mediante un effetto di "promozione" tumorale. Ricordano inoltre che l'assorbimento delle microonde dei cellulari è massimo a livello della cute e diminuisce nel cervello: a 2 - 3 cm di profondità, sotto la cute, l'assorbimento è molto ridotto. Poiché hanno già segnalato il caso di un angiosarcoma cutaneo in una donna (Hardell et al 1999, v. scheda), sullo stesso lato sul quale veniva usato il cellulare, ritengono che vada monitorata con particolare attenzione la possibile correlazione tra le esposizioni e.m. a 400 - 2000 MHz e la comparsa di tumori cutanei, soprattutto se ipsilaterali. VIII Hardell, et al. Int. J. Oncol., 22: 399-407 (2003) • • • • Approfondiscono l’analisi dei casi già esaminati e descritti nel 2002 (Eur. J. Cancer Prev., 11: 377-386) confermandone i risultati. Inoltre trovano una correlazione significativa tra l’incidenza di tumori alla testa e l’uso ipsilaterale di cellulari analogici (OR = 1,7; IC 95% = 1,2-2,3), digitali (OR = 1,3; IC 95% = 1,02-1,8) e cordless (OR = 1,2; IC 95% = 0,91,6). L’aumento di rischio è particolarmente significativo per gli astrocitomi (tumori maligni) dopo uso di analogici (OR = 1,8; IC 95% = 1,1-2,9). L’aumento di rischio è ancora maggiore per i tumori ipsilaterali localizzati nella zona temporale dopo uso di analogici (OR = 2,3; IC 95% = 1,2-4,1), e ancora maggiore per i neurinomi del nervo acustico dopo uso di analogici (OR = 4,4; IC 95% = 2,1-9,2). Interessante il fatto che anche i neurinomi controlaterali risultano aumentati (OR = 3,7; IC 95% = 1,4-9,8) probabilmente per il fatto che, come spiegato in altri lavori (Hansson Mild et al., 2003, v. scheda), i disturbi dell’udito nel corso dello sviluppo del tumore inducono il paziente ad usare l’orecchio dell’altro lato per le telefonate e, all’anamnesi postoperatoria, questo orecchio viene erroneamente identificato come quello usato abitualmente. VIII Hardell, et al. – Neuroepidemiology, 22 : 124-129 (2003) • Il neurinoma del nervo acustico (o schwannoma vestibolare) rappresenta l’8-10% dei tumori intracranici. E’ un tumore benigno a sviluppo lento, nel corso del quale si manifesta uno squilibrio progressivo della capacità auditiva con disturbi particolari (tinnitus) all’orecchio colpito. Un aumento di incidenza di neurinomi acustici durante il periodo 1977-1995 è già stato segnalato in Danimarca. • Basandosi sui dati del RegistroTumori della Svezia, trovano un aumento annuo significativo dell’incidenza del neurinoma acustico (+ 2,53% per anno; IC 95% = 1,71-3,35) nel periodo 1960-1998, mentre l’incremento annuo di tutti gli altri tumori intracranici, nello stesso periodo, è dello 0,80% (IC 95% = 0,58-1.02). • Inoltre confermano l’esistenza di una correlazione statisticamente significativa tra l’incidenza di neurinomi acustici e l’uso di cellulari analogici (OR = 3,45; IC 95% = 1,77-6,76). Hansson Mild, et al. – Intern. J. Mol. Med., 12: 67-72 (2003) • • Articolo molto importante nel quale il gruppo di ricercatori che fa capo a L. Hardell, assieme a M. Kundi (v. schede), eseguono una analisi critica molto puntuale di alcuni lavori finanziati in prevalenza dai gestori della telefonia mobile, che sostengono l’inesistenza di una correlazione tra l’uso di cellulari e il rischio di sviluppare tumori al cervello e/o all’orecchio. Prendono lo spunto dalla pubblicazione di una rassegna di studi epidemiologici, commissionata dall’Autorità Svedese per la Protezione dalle Radiazioni (SSI) a due ricercatori americani che fanno capo a una compagnia privata. Questi (J. D. Boice e J. K. Mc Laughlin) hanno concluso che “non c’è alcuna consistente evidenza di un aumento di rischio di cancri al cervello, meningiomi, neurinomi acustici, melanomi oculari e cancri alle ghiandole salivari, dovuto all’uso di telefoni mobili”. I due sono coautori di alcune delle ricerche (Inskip 2001, Johansen 2002), sulle quali basano le loro conclusioni, ricerche entrambe finanziate dai gestori (v. schede). Naturalmente, nessuno di questi autori dichiara di essere esente da conflitti di interesse!. Hansson Mild, et al. – Intern. J. Mol. Med., 12: 67-72 (2003) • • • Il rapporto conclusivo dell’SSI, che si propone di fornire “una presentazione equilibrata delle evidenze sperimentali” considera “non-informativi” i lavori del gruppo di Hardell (v. schede) e, basandosi sulla revisione fatta da Boice e Mc Laughlin degli studi di Muscat 2000, Inskip 2001, Muscat 2001, Auvinen 2002 e Johansen 2002 (v. schede) conclude che, su questa base, “può essere scartata, con un grado ragionevole di certezza, l’ipotesi di una associazione causale tra uso di telefoni mobili e cancro”, che “non c’è alcun meccanismo biologico plausibile che possa spiegare un effetto cancerogeno delle radiazioni non ionizzanti a radiofrequenza” e che “lo stato attuale delle conoscenze scientifiche è tranquillizzante”. Hanson e coll., a questo punto, analizzano criticamente i dati sui quali l’SSI ha basato le conclusioni di cui sopra. Johansen (2002) ha preso in esame 700.000 utilizzatori di telefoni mobili in Danimarca (dal 1982 al 1995), scartandone 200.000 che hanno usato telefoni pagati dalle compagnie telefoniche. Il 93% dei possessori di un GSM ha utilizzato il cellulare da meno di 3 anni e, tenuto conto della latenza media (5 anni) dei tumori presi in esame, la potenza di questo studio è del tutto trascurabile. “Possiamo chiederci, concludono gli autori, se questo studio sarebbe stato in grado di evidenziare anche un elevato rischio cancerogenetico, se questo ci fosse stato”. Hansson Mild, et al. – Intern. J. Mol. Med., 12: 67-72 (2003) • • • Muscat (2000) ha esaminato 469 casi e 422 controlli dei quali, rispettivamente, solo 66 e 76 avevano usato telefoni mobili, con l’antenna estratta nell’85% dei casi, e quindi con un’esposizione ridotta e per di più deviata verso la regione parietale e occipitale, per un periodo, in media, di 2,8 anni. Perciò anche il potere di questo studio è del tutto trascurabile. Inskip (2001) ha esaminato 782 casi, 489 dei quali con tumori primari maligni al cervello (gliomi e neuroepiteliomi), 197 con meningiomi e 96 con neurinomi acustici. Anche in questo caso solo il 2,6% dei casi e il 3,3% dei controlli hanno usato il telefono mobile per più di 5 anni, che è il tempo di latenza minimo perché i tumori di questo tipo possano essere diagnosticati. Muscat (2002) ha descritto addirittura un effetto opposto a quello che ci si può aspettare da una relazione causa-effetto, cioè un aumento dei neurinomi acustici sul lato opposto a quello in cui veniva usato il telefono (controlaterale), il che può essere spiegato supponendo che i pazienti, in seguito ai disturbi auditivi provocati dallo sviluppo del neurinoma, abbiano usato l’altro orecchio per telefonare. Infatti, nella maggior parte dei casi, il questionario sull’uso del cellulare è stato compilato dopo l’intervento chirurgico e, pertanto, l’indicazione circa l’orecchio utilizzato per le telefonate si riferisce, con ogni probabilità, al periodo immediatamente precedente l’intervento, quando il neurinoma impediva l’uso dell’orecchio già colpito dal tumore. Hansson Mild, et al. – Intern. J. Mol. Med., 12: 67-72 (2003) • • Auvinen (2002) ha esaminato 398 casi, solo il 13% dei quali avevano utilizzato un qualsiasi tipo di cellulare, per di più per periodi estremamente ridotti: 2-3 anni per gli analogici, meno di 1 anno per i digitali! Nonostante questo, trova un aumento di glomi (RR = 2,1; IC 95% = 1,3-3,4) per gli utilizzatori di analogici (ma non per i digitali), e un aumento annuo di gliomi del 20% (RR = 1,2; IC 95% = 1,1-1,5). In conclusione, tutti e 5 gli studi sui quali si basa il rapporto SSI per sostenere la mancanza di associazione tra cellulari e cancro hanno in comune il fatto che riportano un numero molto limitato di casi e con tempi d’uso dei cellulari molto ridotti. Inoltre, visto che il momento in cui sono stati rilevati i dati cade quasi sempre a metà degli anni ’90, quando i cellulari digitali (GSM) erano stati introdotti da poco, nulla possono dire circa i rischi di tumore da uso di cellulari digitali. Perciò la conclusione dell’SSI, tenuto conto dei dati di Hardell e coll. e di Lonn e coll. (v. schede), avrebbe dovuto essere che “lo stato delle conoscenze su questo tema non è per niente rassicurante e un’associazione tra cellulari e cancro non può affatto essere esclusa, anzi sembra molto probabile”. Hardell, et al. – Neuroepidemiology, 25 : 120-128 (2005) • • In Svezia i primi cellulari analogici (a 450 MHz) sono stati introdotti nel 1981, ed erano usati molto spesso in macchina con l’antenna fissata all’esterno. Dal 1984 sono entrati in uso gli analogici mobili. Tra il 1986 e il 2000 è stato in uso un particolare GSM (NMT a 900 MHz) mentre nel 1991 è stato introdotto il classico GSM ( a 900 MHz e, alla fine degli anni ’90, anche a 1.800 MHz), che è diventato il cellulare più diffuso. I cordless sono entrati in uso dal 1988: i primi erano di tipo analogico (800-900 MHz), ma ora i più diffusi sono quelli digitali (a 1.900 MHz). Esaminano 413 casi di tumori benigni alla testa (305 meningiomi, 84 neurinomi acustici e 24 altri tipi di tumori) e 692 controlli sani e trovano che, per i meningiomi, l’uso di cellulari analogici comporta un rischio relativo di ammalarsi di tumore (“odds ratio”, OR) = 1,7 (IC 95% = 0,97-3,00), che aumenta per gli esposti con più di 10 anni di latenza (OR = 2,1; IC 95% = 1,1-4,3). Anche l’uso di cellulari digitali e di cordless comporta aumenti significativi di rischio relativo (per entrambi: OR = 1,7; IC 95% = 1,1-26) che arriva a OR = 2,3; (IC 95% = 1,1-49) per gli esposti a cordless con più di 10 anni di latenza. Hardell, et al. – Neuroepidemiology, 25 : 120-128 (2005) • Per i casi di neurinoma acustico l’uso di cellulari analogici comporta un OR = 4,2 (IC 95% = 1,8-10,0), che aumenta a OR = 8,4 (IC 95% = 1,6-45,0) per gli esposti con più di 15 anni di latenza, ma quest’ultimo dato si basa su un numero ancora limitato di casi (da qui l’ampiezza dell’IC 95%). L’uso di cellulari digitali comporta un OR = 2,5 (IC 95% = 1,2-5,2) e l’uso di cordless un OR = 1,7 (IC 95% = 0,8-3,5). Utilizzando un’analisi statistica multivariata si conferma che l’uso di cellulari analogici rappresenta un fattore di rischio significativo per il neurinoma acustico. • Molto interessante la valutazione del rischio relativo nei casi di esposizione multipla (a due o più diversi tipi di telefoni mobili): p. es. per i neurinomi acustici l’esposizione a digitale + cordless (33 casi su 196) dà un OR = 2,0 (IC 95% = 0,98-43), ad analogico+digitale (17 casi su 66) un OR = 5,0 (IC 95% = 1,9-13,0), ad analogico+cordless (14 casi su 42) un OR = 7,0 (IC 95% = 2,4-20,0) ed infine per un uso multiplo di analogici+digitali+cordless un OR = 8,4 (IC 95% = 2,7-27,0). Hardell, et al. – Neuroepidemiology, 25 : 120-128 (2005) • • Interessante anche una tabella con un riepilogo del numero di casi di tumori alla testa e del relativo tempo di latenza riportati da vari autori, suddivisi per le diverse tipologie di telefoni usati. Hardell e coll. hanno esaminato finora 1659 casi con almeno 5 anni di latenza, dei quali 308 in utilizzatori di analogici (138 con latenza superiore a 10 anni), 365 di digitali (32 con più di 10 anni), 420 di cordless (61 con più di 10 anni), 566 di cellulari senza distinzione se analogici o digitali (159 con più di 10 anni). Lonn e coll. (v. schede) sono l’unico altro gruppo di ricercatori che hanno esaminato un numero significativo di esposti con almeno 10 anni di latenza (100 ad analogici, dei quali 51 con più di 10 anni; 155 a digitali, dei quali nessuno con più di 10 anni; 196 a cellulari senza distinzione, dei quali 51 con almeno 10 anni; nessuno a cordless). Inoltre 192 dei casi di Hardell arrivano a più di 2.000 ore di esposizione, mentre quelli di Lonn si fermano a 500 ore. Nessuno dei casi riportati da altri autori (Inskip, Muscat, Johansen, Christensen, Auvinen; v. schede) ha più di 5 anni di latenza e, comunque, si tratta di un n. molto limitato di casi (93 in tutto nei 5 studi citati). Gli Autori annunciano che presenteranno in un prossimo articolo i risultati relativi ai tumori maligni alla testa. Hansson Mild et al., Eur. J. Cancer Prev., 14: 285-288 (2005) • • Negli studi epidemiologici su gruppi di utilizzatori di telefoni mobili la maggior parte dei soggetti hanno quasi sempre usato diversi modelli e anche diversi sistemi (analogici e digitali). Finora non si è tenuto conto di ciò nella valutazione dei possibili effetti sulla salute, a breve o a lungo termine, soprattutto perché non si conoscono i possibili meccanismi di interazione tra i vari modelli e i vari sistemi di telefonia mobile e l’organismo umano, e quindi non è stato possibile integrare le diverse esposizioni in un unico sistema dosimetrico. In questo articolo viene proposto un primo tentativo di risolvere questo problema, con riferimento ai risultati già pubblicati dal gruppo che fa capo ad Hardell nel 2002 (Eur. J. Cancer prev.) e nel 2003 (Int. J. Oncol.) (v. schede). In questi studi 1617 casi di tumore alla testa e altrettanti controlli sani sono stati appaiati a due a due per sesso, età, indice socio-economico e area geografica di residenza. L’analisi statistica condizionata (“matched”) ha messo in evidenza un aumento del rischio di ammalarsi di tumore al cervello dopo 1 anno di latenza (OR = 1,3; IC 95% = 1,02-1,6), dopo 5 anni (OR = 1,4; IC 95% = 1,04-1,8) e dopo 10 anni (OR = 1,8; IC 95% = 1,1-2,9), con un chiaro rapporto dose (tempo di esposizione)/effetto. Hansson Mild et al., Eur. J. Cancer Prev., 14: 285-288 (2005) • Un risultato simile è stato ottenuto con una analisi statistica non condizionata (“unmatched”), dividendo i due gruppi (casi e controlli) in esposti e non esposti (all’uso del cellulare): OR = 1,3; IC 95% = 1,04-1,6 per 1 anno di latenza; OR = 1,4; IC 95% = 1,03-1,8 per 5 anni; OR = 1,6; IC 95% = 1,1-2,5 per 10 anni. • Un passo ulteriore è stato fatto per cercare di tenere conto del diverso contributo dei telefoni mobili utilizzati dai soggetti in esame: 1) sommando i tempi di utilizzo di ciascun modello (o sistema) senza attribuire un diverso peso (in termini di energia irradiata) a ciascuno di questi; 2) considerando che gli analogici (NMT = Nordic Mobile Telephones) operano con una potenza massima di 1 Watt, i GSM a 900 MHz di 0,25 W, ma con variazioni che dipendono dalla distanza dalla stazione radio-base, per cui si può considerare abbiano una potenza media di 0,1 W, mentre i cordless operano a circa 0,01 W. Perciò applicano un rapporto pari a 1 NMT = 10 GSM = 100 cordless. Hansson Mild et al., Eur. J. Cancer Prev., 14: 285-288 (2005) • Applicando i due metodi si ottengono risultati molto simili che evidenziano ancora una volta un rapporto dose/effetto. Infatti, usando la somma delle ore di utilizzo si ottiene rispettivamente, per durate di meno o più di 152 ore: OR = 1,02/1,13 per 1 anno di latenza; OR = 1,27/1,34 per 5 anni; OR = 0,99/1,69 per 10 anni. Usando il rapporto basato sulla diversa potenza di emissione si ottiene rispettivamente, per potenze di meno o più di 11 W: OR = 1,04/1,10 per 1 anno di latenza; OR = 1,34/1,29 per 5 anni; OR = 1,24/1,92 per 10 anni. • Sottolineano la limitatezza di questo primo approccio, che non tiene conto della variazione di potenza e di area di irradiazione sulla testa a seconda che, durante la telefonata, l’antenna sia estratta o no, né dell’incidenza che può avere il diverso modo di tenere il telefonino, in rapporto anche alle diverse dimensioni che questo può avere • • • • HARDELL et al., 2005 Articolo molto interessante anche se con dati da considerare ancora preliminari per i motivi sotto indicati. In breve, trovano una correlazione tra uso di telefoni mobili (in particolare cordless, ma anche cellulari digitali) e incremento dei casi di linfoma non Hodkin (NHL) a cellule T, ma non dei casi di NHL a cellule B. I NHL comprendono un gruppo eterogeneo di tumori linfoidi la cui classificazione si basa sull'immunoistochimica, la citogenetica e l'evoluzione clinica. L'interesse per l'eziologia dei NHL è nato dall'osservazione di un consistente aumento di questi tumori tra il 1960 e il 1990: i fattori di rischio accertati comprendono diverse condizioni immunosoppressive (per esempio HIV), malattie autoimmuni, uso di immunodepressori dopo trapianti d'organo, e alcuni fattori ereditari. Anche l'esposizione a certi inquinanti e solventi organici e a pesticidi persistenti, così come l'interazione tra pesticidi e il virus di Epstein - Barr, sono stati considerati fattori eziologici di rischio. A partire dall'inizio degli anni '90, in molte nazioni l'incidenza dei NHL si è livellata, probabilmente in seguito alla riduzione dell'inquinamento da pesticidi quali diossina e bifenili - policlorurati (PCB). Qui identificano tutti i soggetti, maschi e femmine, tra i 18 e i 74 anni di età, colpiti da NHL tra il 1/12/99 e il 30/04/2002 negli ospedali di 4 delle 7 regioni sanitarie della Svezia (Umea, Orebro, Linkoping, Lund), mentre uno studio parallelo ha avviato una ricerca, non ancora pubblicata, nell'intera Svezia e in Danimarca. Le diagnosi dei pazienti identificati come affetti da NHL sono state scrutinate da 5 specialisti esperti di questo tipo di tumori, che hanno suddiviso i casi secondo la classificazione adottata dall'OMS. Dai registri della popolazione svedese sono stati selezionati i controlli, di sesso ed età corrispondenti, e abitanti nelle stesse regioni dei casi. • • • A tutti i partecipanti (casi e controlli) sono stati inviati dei questionari comprendenti quesiti sull'ambiente lavorativo, sulle esposizioni chimiche e sull'uso di telefoni mobili (senza alcun cenno alle finalità dell'indagine per non influenzare le risposte), e sono state fatte poi, tramite un gruppo di ricercatori diversi da quelli che hanno esaminato i questionari, interviste telefoniche in cieco (cioè senza che gli intervistatori conoscessero se l'intervistato era un caso o un controllo). Per quanto riguarda i telefoni mobili, è stato rilevato il tempo di latenza (in base all'anno in cui ne è iniziato l'uso), il numero e la durata delle telefonate giornaliere, il tipo di telefono usato (la distinzione tra analogici e digitali è stata ricavata sulla base del diverso prefisso che caratterizza le due tipologie di cellulari). I soggetti che hanno iniziato ad usare i telefoni cellulari da meno di 1 anno sono stati considerati non esposti. Da una identificazione iniziale di 1.163 casi e 1.108 controlli sono stati selezionati, avendo scartato soggetti non idonei per ragioni diverse, 910 casi (dei quali 819 con NHL a cellule B, 53 con NHL a cellule T e 38 NHL non specificati) e 1.016 controlli. I NHL - B sono caratterizzati dalla proliferazione clonale di cellule B a vari stadi di differenziazione, a partire da cellule B mature fino a cellule plasmatiche mature. Il loro sito anatomico varia nei diversi stadi, dal midollo osseo al circolo sanguigno ai centri germinali. I NHL - T derivano da cellule post - timiche mature, e hanno un decorso molto più sfavorevole dei NHL - B. Sono anche molto più rari: in questo studio rappresentano il 5,8% dei casi di NHL identificati. • • • Nessuna correlazione viene trovata tra i NHL - B e neppure tra i NHL non specificati e l'uso di telefoni mobili, indipendentemente dal tempo di latenza (fino a più di 10 anni), dalla tipologia del telefono, dall'intensità dell'uso. Per i NHL - T, invece, risulta una correlazione evidente, anche se basata su un numero limitato di casi, con l'uso dei digitali e soprattutto dei cordless, e una correlazione significativa con la durata dell'uso (tempo di latenza). Per i digitali, a più di 1 anno di latenza (31 casi/559): OR = 1,41 (IC 95% = 0,68 - 2,92); a più di 5 anni (14/184): OR = 1,92 (IC 95% = 0,77 - 4,80); a più di 10 anni (1/8): OR = 3,00 (IC 95% = 0,24 - 34,1). Per i cordless, a più di 1 anno (25/420): OR = 1,36 (IC 95% = 0,65 - 2,86); a più di 5 anni (17/157): OR = 2,47 (IC 95% = 1,09 - 5,60); a più di 10 anni (6/39): OR = 3,15 (IC 95% = 1,05 - 9,48). Risulta anche statisticamente significativo (p=0,01) l'aumento dei tumori col tempo di latenza. Particolarmente interessante l'analisi di un sottotipo di NHL - T, a localizzazione cutanea o di tipo leucemico. I dati sulla correlazione con l'uso dei digitali e dei cordless, basati su numeri ancora minori di casi, evidenziano per questo tipo di tumori una correlazione ancora più forte, anche in funzione del tempo di latenza. Per i digitali, a più di un anno di latenza (14/559): OR = 3,21 (IC 95% = 0,84 - 12,3); a più di 5 anni (7/184): OR = 6,21 (IC 95% = 1,26 - 29,7); nessun caso a più di 10 anni. Per gli analogici, a 1 anno (12/420): OR = 3,40 (IC 95% = 0,88 - 13,1); a più di 5 anni (7/157): OR = 5,48 (IC 95% = 1,26 - 23,9); a piu di 10 anni (3/39): OR = 8,55 (IC 95% = 1,38 - 52,8). • • • Interessanti, ma basate su numeri ancora inferiori, le correlazioni con le diverse combinazioni d'uso dei telefoni mobili, che confermano comunque l'influenza soprattutto dei cordless e della combinazione cordless + digitale sull'incidenza di NHL-T e, in particolare delle forme NHL-T a localizzazione cutanea e di tipo leucemico, che può portare l'aumento di rischio fino a OR= 10,7 (IC 95% = 1,61 70,1), per più di 10 anni di latenza. Nella discussione analizzano ed escludono vari tipi di fattori confondenti, sottolineano il carattere assolutamente preliminare di questo studio, comunque importante per ulteriori analisi, e ricordano una serie di dati riguardanti gli effetti citogenetici (aberrazioni e instabilità cromosomiche), la stimolazione della proliferazione cellulare, l'induzione sperimentale di tumori emopoietici e di linfomi ad opera delle emissioni e.m. dei cellulari, a supporto dei dati rilevati. N.B: Vale la pena ricordare che alterazioni di parametri immunitari (tra i quali la produzione di alcuni anticorpi secreti dai linfociti B) e delle popolazioni linfocitarie (tra le quali i linfociti T citotossici), coinvolte nei meccanismi di immunosorveglianza della cancerogenesi, sono indicate tra i parametri possibilmente correlati con l'aumento di leucemie infantili nelle esposizioni ELF a 50 Hz. E che, più in generale, "gli studi sull'argomento suggeriscono un legame tra l'esposizione ai c.e.m. e la risposta immunologica, probabilmente mediato dal sistema neuroendocrino e da fattori neuroimmuni solubili" (Vanacore et al. 2004, v. scheda). VIII Stang, et al. – Epidemiology, 12 : 7-12 (2001) • Si tratta di uno studio caso-controllo sull’incidenza del melanoma uveale, un tumore maligno intraoculare molto raro dell’adulto (1 caso ogni 100.000 persone/anno in Europa), dovuto a fattori di rischio endogeni predisponenti ma soprattutto ad alcuni fattori ambientali occupazionali, comprese le radiazioni e.m., sia a bassa frequenza (ELF) che a microonde. • Qui trovano una correlazione statisticamente significativa tra i casi di melanoma uveale (confrontando circa 100 casi e 700 controlli) e la esposizione professionale ad emissioni a radiofrequenza (OR = 3,0; IC 95% = 1,46,3) o a telefoni cellulari (OR = 4,2; IC 95% = 1,2-14,5; non specificato il tipo di cellulari usati). PRINCIPALI RISULTATI • Melanoma oculare VIII Holly 1996, USA, caso-controlllo ospedaliero 221 casi, gen 78-feb 87 Questionario telefonico OR 2.1 (IC 95% = 1.1-4.0) (microonde, radar) Stang 2001, Germania, caso-controllo su popolazione e ospedaliero 118 casi, gen-mar 98 Questionario con intervistatore addestrato OR 3.0 (IC 95% = 1.4-6.3) (apparati radioemittenti); OR= 4,2 (IC 95% = 1,2 – 14,5) (telefoni mobili) VIII Lonn, et al. – Epidemiology, 15 : 653-659 (2004) • Identificano tutti i casi di neurinoma acustico diagnosticati tra il 1999 e il 2002 su soggetti tra i 20 e i 69 anni di età, residenti in tre aree geografiche della Svezia (Stoccolma, Goteborg, Lund), su una popolazione di oltre 3 milioni di abitanti. Tra questi, selezionano 148 casi, per i quali sono disponibili informazioni dettagliate circa l’uso di telefoni mobili e/o altre esposizioni ambientali, e 604 controlli, simili per età, sesso ed area di residenza. • Complessivamente non si evidenzia alcun incremento del rischio di ammalarsi di neurinoma con l’uso dei cellulari (OR = 1,0; IC 95% = 0,6-1,5) ma, se si limita l’analisi a coloro che hanno usato il cellulare da almeno 10 anni, il rischio risulta aumentato (OR = 1,9; IC 95% = 0,9-4,1), e l’aumento è ancora maggiore e statisticamente significativo per i neurinomi ipsilaterali (OR = 3,9; IC 95% = 1,6-9,5), ma non per quelli controlaterali (OR = 0,9; IC 95% = 0,2-3,1). “The Times” – 12 gennaio 2005 1 “The Times” – 12 gennaio 2005 2 SAVITZ (U.S.A.): Editoriale su Epidemiology, 15:651-652, 2004 1 SOSTIENE CHE: • I dati sui rischi di cancro da uso dei cellulari sono negativi e rassicuranti: gli unici rischi accertati sono quelli provocati dall’uso del cellulare quando si guida l’auto. • A parte “pochi studi condotti con metodologie criticabili” (?) (Hardell e coll. ’99 e ’02), l’unica evidenza positiva è quella pubblicata in coda a questo editoriale (!) da Lonn e coll., che conferma i dati di Christensen e coll. • Lonn e coll. hanno trovato un aumento di neuromi acustici in soggetti che hanno usato cellulari analogici per almeno 10 anni, ma nessun aumento in chi li usa da meno di 10 anni, nemmeno se sono cellulari digitali. Inoltre l’aumento di rischi è “totalmente limitato all’orecchio ipsilaterale” (?!) e ciò potrebbe dipendere, non tanto dall’energia e.m. che questo riceve in quantità maggiore rispetto all’orecchio opposto, bensì dal fatto che l’orecchio usato per telefonare è quello “nel quale l’udito è più fine, perciò è quello più sensibile a danni di varia origine ed è quello sul quale viene attirata l’attenzione del medico” (!). Pertanto anche i dati di Lonn e coll., apparentemente positivi, potrebbero essere inficiati VIIIda alcuni “fattori di confusione”. SAVITZ (U.S.A). Editoriale su Epidemiology, 15:651-652, 2004 SOSTIENE CHE: • Infine il fatto che i tumori compaiono solo dopo un uso prolungato del cellulare (almeno 10 anni), urta contro l’ipotesi di un gradiente dose/effetto (cioè tempo di esposizione/cancro)!! • CONCLUDE SUGGERENDO CHE, sulla base dei dati finora disponibili, i ricercatori trasmettano al pubblico un messaggio “simultaneamente scettico e allarmistico” (!), che includa la sottile sfumatura del passaggio da un’evidenza di rischio di cancro da cellulare finora “molto improbabile e molto incerto”, a quella di un rischio ora “un po’ più probabile ma ancora molto incerto”!! VIII 2 2 CELLULARI E NEURINOMI ACUSTICI • Questo lavoro recentissimo (pubblicato nel settembre 2005) è il risultato della collaborazione tra ricercatori indipendenti, che avevano già messo in evidenza la relazione tra uso del cellulare e rischio di NEURINOMI ACUSTICI (Ahlbom, Feychting, Lonn), e altri, finanziati dalle industrie di telefonia mobile (Auvinen, Christensen, Johansen, Thomsen), che invece non avevano trovato alcuna correlazione. 3 CELLULARI E NEURINOMI ACUSTICI • Gli autori riportano i risultati della metaanalisi di sei studi epidemiologici condotti nei Paesi Nordici (Finlandia, Norvegia, Svezia, Danimarca e in Inghilterra) e finanziati, oltre che da enti pubblici, da : • Mobile Manufacturers’Forum • GSM Association • UK Network Oparators (O2, Orange, T-Mobile, Vodafone, “3”) • Tuttavia viene specificato che i contratti con gli operatori telefonici garantiscono una completa indipendenza scientifica. VIII CELLULARI E NEURINOMI ACUSTICI RISULTATI • Esaminano 678 casi di tumore e 3553 controlli: il rischio di neurinoma acustico non risulta aumentato (OR=0,9; I.C. 95%= 0,7 – 1,1), né vi è associazione tra rischio e durata dell’uso del cellulare (ore complessive o numero delle chiamate), né per gli analogici né per i digitali. • TUTTAVIA IL RISCHIO RISULTA SIGNIFICATIVAMENTE AUMENTATO (O.R.= 1,8; I.C. 95% = 1,1 – 3,1) NEL CASO DI USO ISPILATERALE DEL CELLULARE PER 10 ANNI O PIU’. VIII 4 4 CELLULARI E NEURINOMI ACUSTICI CONCLUSIONI • “Questo studio suggerisce che non vi sia un rischio sostanziale di neurinoma acustico nei primi 10 anni di uso del cellulare. • Tuttavia un aumento del rischio nel caso di uso superiore a 10 anni, o dopo un intervallo (“lag period”) più lungo dall’inizio dell’uso, non può essere escluso”. VIII VIII • VAN LEEUWEN et al., 1999 WAINWRIGHT, 2000 23 • In questi due lavori vengono messi a punto modelli teorico sperimentali per determinare l'aumento di temperatura provocato dall'uso di un telefono cellulare nel cervello • In entrambi i casi risulta un aumento minimo di circa 0,1°C a livello cerebrale, indipendentemente dalla durata dell'esposizione, dato che il flusso sanguigno rappresenta un efficace sistema di raffreddamento . • L'antenna del cellulare usato ha una potenza di emissione di 0,25 W, che è il massimo nei comuni cellulari. Il valore di SAR calcolato nel cervello è di 1,6 W/Kg, che è maggiore dei limiti fissati dall'ICNIRP. Tuttavia l'aumento minimo di temperatura nel cervello esclude che possano essere indotti effetti duraturi. Journal of Toxicology and Environmental Health, Part.B, 7: 351/384, 2004 MOBILE TELEPHONES AND CANCER – A REVIEW OF EPIDEMIOLOGICAL EVIDENCE Michael Kundi, Kjell Hansson Mild, Lennart Hardell, Mats-Olof Mattsson Tutti gli studi basati su soggetti che hanno usato il cellulare per periodi sufficientemente lunghi hanno messo in evidenza aumenti statisticamente significativi di tumori, soprattutto di neurinomi del nervo acustico (RR fino a 3,9), di melanomi uveali all’occhio (RR fino a 4,2), e di tumori maligni ipsilaterali al cervello (RR fino a 2,6). C’è anche evidenza di un aumento del rischio con l’aumentare dell’esposizione (rapporto dose/effetto). VIII • KUNDI et al., 2004 14 • • Rassegna fondamentale che fa il punto sulle attuali conoscenze circa il possibile ruolo cancerogenetico dei telefoni cellulari, attraverso una disamina obiettiva e meticolosa (più di 30 pg. di analisi critiche!) degli articoli sull'argomento, sia quelli con risultati positivi che quelli negativi. Nella premessa citano le rassegne già pubblicate (Moulder 1999, Rothman 2000, v. schede; Boice e Mc Loughlin 2002, commentata da Hansonn Mild 2003, v. scheda ), secondo le quali "un quadro consistente emerge dagli studi epidemiologici in materia, che sembra escludere, con ragionevole certezza, una associazione causale tra telefoni cellulari e cancro". Ma, prima di verificare questo assunto rianalizzando gli studi in materia, premettono alcune considerazioni fondamentali: 1) il tema in oggetto(telefonini e cancro) è di grande importanza per la salute pubblica perché non c'è mai stata una situazione come quella di oggi, nella quale centinaia di milioni di persone sono esposte in "campo vicino" (praticamente a contatto col cervello e con altri organi vitali della testa) ad un livello così elevato di microonde; 2) la telefonia mobile si è affermata circa 20 anni fa, ma gran parte della popolazione ha cominciato ad usare questa tecnologia solo nel ultimo decennio ed è possibile che un'eventuale effetto cancerogeno abbia cominciato a manifestarsi solo in tempi molto recenti, a causa di un lungo periodo di induzione e di latenza. Perciò la messa in evidenza di una relazione cellulari-cancro può essere ancora molto difficile da realizzare tramite indagini epidemiologiche; 3) le tecnologie sono molto cambiate (dai primi analogici con antenna separata ed estensibile, ai digitali con antenna incorporata e di forma e potenza molto diverse a seconda del modello, ai cordless, per non parlare delle nuove tecnologie di recente introduzione), ed è cambiata la localizzazione sulla testa delle zone irradiate, l'intensità e la qualità (continua, modulata, pulsata) dell'irradiazione; • 4) nonostante i grandi progressi della dosimetria, il calcolo dell'esposizione negli organi interni (p.es. cervello) viene ancora realizzato su modelli artificiali ("phantoms", v. schede ICNIRP) perciò una modificazione termica localizzata, che può interferire con qualche processo cellulare essenziale, non viene identificata; 5) chi nega una possibile relazione cellulari - cancro parte dal presupposto che la radiazione a microonde è troppo debole per rompere i legami intramolecolari e danneggiare il DNA. Si sostiene che, se le radiazioni emesse dai cellulari non sono mutagene (v. però i dati in cap.13), non possono neppure essere cancerogene. Costoro però dimenticano che: a) le radiazioni ionizzanti producono effetti cancerogeni dovuti a danni al DNA per non più del 35%, mentre il meccanismo prevalente è quello che passa attraverso la produzione di radicali liberi; b) la cancerogenesi è un processo a più stadi, dalla "iniziazione" (mutazione spontanea o indotta), alla "fissazione" (moltiplicazione cellulare e relativa stabilizzazione del genoma mutato), alla "sopravvivenza" (le cellule mutate e la loro progenie devono sopravvivere per un tempo sufficiente per manifestare il carattere acquisito), alla "promozione" (la popolazione mutata deve poter crescere e raggiungere lo stadio neoplastico), e alla "progressione" (aumento della tumorigenicità • crescita invasiva, angiogenesi, metastasi ecc). Questo processo è influenzato da più fattori: alcuni aumentano la frequenza di mutazione, inducendo danni nel DNA; altri producono lo stesso risultato riducendo la capacità o l'efficienza dei sistemi di riparazione dei danni al DNA; altri influenzano la moltiplicazione cellulare e/o bloccano l'apoptosi (morte cellulare programmata), alterando la fissazione della mutazione indotta; altri influenzano la "progressione", per esempio riducendo o rafforzando la capacità di reazione dell'organismo attraverso i meccanismi endogeni di difesa; altri, infine, modificano l'efficienza delle cellule trasformate. Pertanto, anche ammesso che le microonde dei cellulari non siano mutagene (ma ci sono molti dati che fanno pensare il contrario), altri meccanismi d'azione potrebbero giustificarne una eventuale azione cancerogena; 5) tutti gli studi epidemiologici finora pubblicati sono destinati a sottostimare un eventuale effetto di "promozione", per il quale devono essere sviluppati protocolli sperimentali appropriati; 6) l'osservazione essenziale riguarda il tempo trascorso tra i primi segni del processo tumorale ("iniziazione", "fissazione", "moltiplicazione") ed il momento in cui viene effettuata la diagnosi clinica. Fin dal 1948, in base a studi sperimentali sull'induzione di tumori cerebrali in animali irradiati con radiazioni ionizzanti, è stato stabilito che il tempo che intercorre tra l'induzione del tumore e la diagnosi clinica è di almeno 5 anni e che, per poter stabilire un rapporto causa - effetto, il tumore deve manifestarsi esattamente nella zona irradiata. Pertanto, per i tumori cerebrali, studi basati su esposizioni di durata inferiore a 5 anni, rispetto al momento della diagnosi, sono da considerare privi di qualsiasi potere informativo. • • • Segue una disamina dettagliata dei seguenti studi, della quale si riassumono le osservazioni più importanti: Rothman 1996; Dreyer 1999 (v. schede) Non forniscono dati attendibili circa l'uso individuale di cellulari: nel 58% dei casi l'uso del cellulare non è accertato, il 19% ha usato cellulari con antenna separata, il 23% cellulari per autovettura. L'esposizione è priva di affidabilità. Nel lavoro di Rothman sono registrati non i casi di tumore al cervello, ma semplicemente l'indice di mortalità negli utilizzatori (presunti!) di cellulari e nei controlli. In quello di Dreyer l'uso (probabile!) del cellulare è estremamente limitato (non più di 5 minuti al giorno). Hardell 1999, 2000, 2001 (v. schede). Questi studi comprendono 209 casi di tumore alla testa (197 dei quali con diagnosi istopatologica) e 425 controlli. Risulta un rischio elevato di tumori ipsilaterali (stessa zona dove è applicata la radiazione), soprattutto a livello temporale (OR = 3,03 a destra; OR = 1,55 a sinistra; OR = 2,62 con IC 95% = 1,02 - 6,71 per i due lati insieme). Non sembra esserci altra spiegazione plausibile di questi risultati, se non l'associazione cellulari - cancro. Il rischio è sottostimato. L'unico limite sembra essere quello segnalato dagli autori stessi, cioè che i dati si basano ancora su un numero piuttosto limitato di casi. Ma, da un punto di vista puramente statistico, un risultato significativo e omogeneo su un campione di dimensioni ridotte rappresenta un indicatore di effetto persino, più forte di quello ottenibile su un campione ampio. • • Muscat 2000 (v. scheda). Riporta 469 casi e 422 controlli, intervistati 24 - 48 ore dopo l'intervento chirurgico. Solo 66 casi (14%) e 76 controlli (18%) hanno usato un cellulare; inoltre l'86% dei casi e l'85% dei controlli hanno usato cellulari con l'antenna estratta. La durata media di uso del cellulare è di 2,8 anni per i casi, di 2,7 anni per i controlli, e solo 17 casi (4%) e 22 controlli (5%) l'hanno usato per almeno 4 anni. Inoltre la durata media di uso giornaliera è solo di 4-5 minuti!. Questi dati, nonchè la presenza di un numero significativo di tumori controlaterali, rendono lo studio del tutto inconcludente. Inskip 2001 (v. scheda). Parte da 782 casi e 799 controlli dei quali, rispettivamente, solo il 12% e il 3% sono stati sottoposti a intervista. Inoltre solo 22 casi e 31 controlli hanno usato un telefono mobile (non si sa di che tipo) per almeno 5 anni, ma non ne è specificata la durata d'uso giornaliera (potrebbero essere 4-5 min/giorno, come nello studio precedente). Non trovano aumenti di rischio di tumore, per cui concludono sostenendo che "non è confermata l'ipotesi che l'irradiazione di bassa intensità provocata dai cellulari analogici possa causare tumori al cervello o al sistema nervoso". Tuttavia, anche se basato su solo 5 casi, risulta un OR = 1,9 per i neurinomi acustici nei soggetti che hanno usato il cellulare per almeno 5 anni. Inoltre, anche per i meningiomi, c'è un'indicazione di un aumento del rischio con l'aumentare dell'esposizione: OR = 0,5 per un'esposizione inferiore a 0,5 anni; OR = 0,8 per 3 anni; OR = 1,1 per più di 3 anni. Comunque, il numero molto limitato di casi, la durata limitata dell'esposizione, la mancanza di una informazione corretta sull'uso e sulla localizzazione dei tumori, rendono insostenibile la conclusione sopra riportata. • Johansen 2001 (v. scheda). Nonostante il n. elevato di soggetti esaminati (circa 400.000 sottoscrittori di abbonamenti telefonici mobili), il 91,1% di questi hanno un periodo di osservazione inferiore ai 5 anni, il 97,9% di quanti hanno sottoscritto per un GSM un periodo inferiore a 3 anni. Inoltre l'età media è troppo bassa (37 anni per i maschi, 38 per le femmine) rispetto a quella della popolazione generale, e l'assimilazione tra durata dell'esposizione e durata delle sottoscrizioni è assolutamente fuorviante (c'è chi può avere disdettato l'abbonamento dopo 1 mese, chi può aver usato poco o niente il cellulare, chi può averlo usato assieme ad altri componenti della famiglia, ecc). Inoltre non si capisce perché siano stati scartati gli abbonati impiegati in aziende, che sono sicuramente i più forti utilizzatori e, quasi sicuramente, coloro che usano il cellulare da più tempo. Trascurando i dati (di scarsa o nulla rilevanza) relativi a tumori in varie zone del corpo (polmone, faringe, stomaco, esofago), non esposte significativamente all'emissione e.m. del cellulare, dai 24 tumori cerebrali e del sistema nervoso con tempo di latenza sufficiente (sui 154 diagnosticati) si ricava comunque un aumento di rischio significativo (OR = 1,3; IC 95% = 1,0 - 1,7), con un'incidenza più alta nel lobo occipitale (OR = 1,8; IC 95% = 0,6 - 4,2). Gli autori stessi riconoscono che "il tempo di latenza può essere troppo breve per evidenziare un incremento di tumori cerebrali a sviluppo lento. Inoltre il nostro studio si basa attualmente su un numero troppo limitato di esposti per poter escludere un effetto sul cervello, conseguente ad un uso intensivo e prolungato del cellulare". Considerando i limiti sopraindicati ed il fatto che per il 42% dei casi riportati non c'è alcuna indicazione né della durata né dell'intensità (ore/giorno) dell'uso del cellulare, la prudenza della frase precedente appare persino troppo debole. • Stang 2001 (v. scheda). Nonostante alcuni limiti metodologici (gli utilizzatori di telefoni analogici sono raggruppati con quelli che hanno usato walkietalkies, che emettono frequenze molto diverse; non è specificata l'intensità dell'esposizione né la zona della testa prevalentemente irradiata; non viene considerato il fattore di confusione che potrebbe essere rappresentato da un'esposizione all'UV o a sostanze chimiche), il lavoro ha una sua forza rilevante. Intanto si basa su due studi (uno ospedaliero ed uno sulla popolazione generale), con risultati coincidenti. Inoltre il 25% dei casi hanno avuto una latenza di almeno 5 anni. Infine la critica fatta da Johansen 2002 (v. scheda), basata sul fatto che nella popolazione generale non c'è stato alcun incremento dell'incidenza di melanoma, nonostante il consistente aumento dell'uso dei cellulari, non regge ad un'analisi probabilistica. Questa mostra che un aumento di 4 volte di incidenza del melanoma, in una popolazione limitata ai forti utilizzatori di cellulari, darebbe luogo dopo alcuni anni ad un aumento di soli 9 x 10-6 casi nella popolazione generale e richiederebbe un'osservazione prolungata per almeno 10 anni perché un aumento di rischio potesse essere rilevato, ammesso che il rischio da cellulari digitali (oggi prevalenti) sia lo stesso di quello da analogici (largamente prevalenti nello studio di Stang). Anche l'ipotesi meccanicistica fatta da Stang, basata su una inibizione o una de-regolazione della sintesi della melatonina nell'occhio come fattore facilitante lo sviluppo del melanoma oculare, trova qualche supporto sperimentale. In conclusione, possono essere scartati possibili effetti confondenti, e lo studio ha una buona credibilità anche per quanto riguarda la stima quantitativa del rischio. • Muscat 2002 (v. scheda). 90 casi di neurinoma acustica e 86 controlli, dei quali, rispettivamente, il 20% ed il 27% utilizzatori abituali di cellulari, per altro limitatamente a 6,6 ore-mese (controlli) e 4,6 ore-mese (casi). Aumento significativo del rischio dopo 3 anni di uso (OR = 1,7; IC 95% = 0,5 - 5,1) annullato però se si esaminano solo i tumori ipsilaterali. In sostanza, la localizzazione controlaterale dei neurinomi rilevata in questo lavoro, sulla quale gli Autori si basano per concludere che "i dati non confermano l'ipotesi che l'uso dei cellulari provochi neurinomi acustici", viene facilmente rigettata sulla base delle osservazioni già fatte da Hansson - Mild 2003 (v. scheda), relative al cambio di orecchio usato per le telefonate, a causa dei disturbi nel corso dello sviluppo del neurinoma, per cui la conclusione corretta di questo studio dovrebbe essere che "lo sviluppo di un neurinoma all'orecchio provoca uno spostamento controlaterale dell'uso del cellulare", senza nulla poter dire circa la (probabile) relazione cellulare - tumore. • Auvinen 2002 (v. scheda). 398 casi di tumore cerebrale e 34 di tumore alle ghiandole salivari identificati nel 1996 dal Registro Tumori della Finlandia. Durata media dell'esposizione (dai dati di abbonamento) = 2 - 3 anni per gli utilizzatori di analogici e meno di 1 anno per gli utilizzatori di digitali (questi ultimi scartati, quindi, da ogni valutazione). Rischio elevato di tumori cerebrali (OR = 1,6; IC 95% = 1,1 - 2,3), rischio nullo per i tumori alle ghiandole salivari. Aumento significativo del rischio di tumori cerebrali con l'aumentare dell'esposizione (OR = 1,2 per ogni anno; IC 95% = 1,0 - 1,3). Aumento del rischio soprattutto per i gliomi (OR = 2,1; IC 95% = 1,3 - 3,4). Nonostante il grosso limite dovuto alla breve durata di esposizione (assolutamente insufficiente per quanto riguarda l'uso di digitali), questo studio mette in evidenza un rischio elevato di tumori al cervello associato all'uso di cellulari analogici, anche se il numero limitato di casi ne impedisce una estrapolazione troppo forte. In ogni caso, in contrasto con le intenzioni degli Autori, lo studio non permette certo di concludere che non c'è correlazione tra cellulari e cancro, dato che apparentemente non ci sono fattori di confusione che limitino la significatività dei dati sopra riportati. • Hardell 2002 (v. schede). Dopo aver riassunto i dati esposti da Hardell nei lavori del 2002, sottolineano che si tratta dei primi studi che, almeno per i cellulari analogici, prendono in considerazione tempi di latenza conclusivi per la diagnosi dei tumori cerebrali. Per i digitali i tempi di latenza sembrano ancora troppo brevi, mentre per i cordless sono al limite. Concludono sottolineando due aspetti di grande importanza che sono presenti nei lavori di Hardell: l'aumento del rischio con l'aumentare del tempo di latenza, e la ipsilateralità della localizzazione dei tumori. Sottolineano anche il fatto che il rischio potrebbe essere sottostimato, dato che il cambio d'uso dell'orecchio, in seguito allo sviluppo dei neurinomi, porterebbe ad una riduzione del numero di tumori diagnosticati come "ipsilaterali". • • • N.B. L'analisi si ferma al 2002, perciò non considera i lavori del gruppo di Hardell successivi a tale anno e neppure quello di Lonn 2004 (v. schede), tutti ancora più significativi di quelli presi finora in considerazione. Segue un riepilogo dei lavori relativi alla relazione tra esposizioni e.m. ad alta frequenza (incluse emissioni radio-TV, esposizioni professionali, militari, radar ecc.) e tumori: 10 pagine di tabelle analitiche e circostanziate, comprendenti 20 studi, oltre a quelli sui telefoni mobili. Nella discussione riprendono ed ampliano alcuni punti già anticipati: 1) il meccanismo d'azione basato sulla "promozione" e non sulla "iniziazione", che sembra supportato nel caso delle microonde da diversi dati sperimentali, e che, se confermato, rappresenterebbe un fattore di rischio oncogeno ancora più temibile, essendo in grado di amplificare l'effetto di cancerogeni genotossici ormai ubiquitari , e persino di facilitare lo sviluppo di tumori "spontanei"; 2) il fatto che un eventuale effetto termico, quale potrebbe verificarsi in alcune esposizioni professionali, provocando tossicità e letalità cellulare, finirebbe per ridurre e mascherare un eventuale effetto cancerogeno (come avviene con i cancerogeni chimici, in condizioni di tossicità acuta). Perciò, nella sperimentazione, dovrebbero essere usati livelli e.m. inferiori a quelli che producono un effetto termico di rilievo, livelli che non sono poi molto superiori a quelli presenti nelle esposizioni professionali, e che sono solo 7 volte superiori a quelli ai quali, ormai, è esposta la popolazione generale; 3) la necessità di chiarire la diversa efficienza delle microonde continue, modulate o pulsate (queste ultime, sembra ormai accertato, sono quelle biologicamente più attive); 4) il fatto che la sperimentazione animale è difficile, costosa, lunga e si presta a molti equivoci; pertanto i dati che provengono dalle indagini epidemiologiche sull'uomo non possono essere sottovalutati e dovrebbero comunque servire, se sufficientemente convalidati, per adottare da subito le necessarie misure di precauzione. • AHLBOM et al. exposures. • • Environ. Health Perspect. 112: 1741 - 1754, 2004 Articolo - rassegna importantissimo perché, prima dei nomi degli Autori, porta l'intestazione dell'ICNIRP, che lo ha anche finanziato. Inoltre, per il modo in cui è svolto e per le sue conclusioni, anticipa quella che, con ogni probabilità, sarà la conclusione sull'argomento da parte del IARC di Lione, la cui monografia sulle radiofrequenze è prevista per il 2006 o 2007. In quella sede, sicuramente, l'ex-Presidente dell'ICNIRP (M. Repacholi) e/o l'attuale Presidente (P. Vecchia) e Vice-Presidente (M. Hietanen) avranno un ruolo fondamentale. Per questi motivi il fatto che gli Autori di questa monografia dichiarino di "non avere interessi finanziari conflittuali" è irrilevante dato che il peso dell'ICNIRP e dei suoi massimi rappresentanti, tutti gravati da ben noti conflitti d'interesse (v. schede), non può non essersi fatto sentire. Del resto, la presente monografia è impostata proprio come quelle dell'ICNIRP (v. schede): cita cioè solo alcuni dei lavori, tra quelli più datati, che hanno messo in evidenza effetti a breve o a lungo termine delle esposizioni a radiofrequenze, ma tende a limitarne l'importanza: 1) contrapponendovi altri lavori, spesso privi di rilevanza scientifica e con risultati sistematicamente negativi (v. p. es gli articoli sui tumori alla testa da uso dei cellulari); 2) esagerando l'importanza di alcuni limiti e possibili fattori di confusione che ne annullerebbero l'impatto ai fini della valutazione del rischio; 3) isolando singoli studi dal contesto generale dei dati positivi e ritenendoli quindi di scarso valore, perché non ancora replicati. • Epidemiology of health effects of radiofrequency • • Come dice bene M. Kundi in una nota a commento, pubblicata pochi mesi dopo sulla stessa rivista (E.H.P., 113: pag. A151, 2005) questa impostazione riflette l'obiettivo degli Autori che è dichiaratamente quello di "stabilire un ruolo di causalità sulla base di evidenze epidemiologiche", senza considerare su che cosa si basa il concetto di causalità in epidemiologia: cioè su un aumento correttamente stimato e statisticamente significativo del rischio di contrarre malattia, stabilendo così una possibile/probabile associazione tra esposizione e danno alla salute e non, certo, sull' identificazione del meccanismo d'azione e quindi del ruolo causale dell'esposizione nel produrre un dato effetto. La rassegna, dopo alcune interessanti e utili annotazioni sullo sviluppo e la potenza delle tecnologie a radiofrequenza (in particolare trasmettitori radio-TV e telefoni mobili); sulla difficoltà di determinare l'esatto impatto e.m. nei soggetti in esame (solo oggi cominciano ad essere usati dei "dosatori" personali); sulla totale mancanza di soggetti in giovane età, che sono tra i maggiori utilizzatori di cellulari, negli studi epidemiologici relativi all'impatto sanitario dell'uso dei telefoni mobili; sul peso che hanno tempi di latenza molto diversi delle patologie prese in esame, in particolare dei tumori, ai fini della validità degli studi epidemiologici, che spesso vengono eseguiti prima che il danno sanitario abbia potuto manifestarsi; sui meccanismi d'azione, escludendo la possibilità di effetti genetici (l'unico riferimento è alla rassegna di Moulder 1999, datata e finanziata dai gestori, v. scheda, senza tenere conto dei numerosissimi lavori originali pubblicati sull'argomento, v. cap. 8), di effetti tumorali diretti o di promozione tumorale (anche qui citano solo rassegne di dati negativi, datate e incomplete, e, per quanto riguarda i dati positivi riportati nello "storico" lavoro di Repacholi 1997 (v. scheda), ne limitano l'importanza per l'uso di animali transgenici, che invece è divenuto molto comune vista la loro maggiore sensibilità ai tumori rispetto ai ceppi selvatici); sulle incidenze spontanee di tumori alla testa: per i tumori maligni al cervello circa 10 - 15 casi / anno ogni 100.000 abitanti, per quelli benigni extracerebrali (p. es. meningiomi) circa 3 casi / anno ogni 100.000 abitanti, mentre i tumori benigni ai nervi cranici (p.es. neurinomi acustici) sono molto più rari. • Rivedono poi gli studi sulle esposizioni occupazionali che sono, salvo poche eccezioni, quelli da me elencati e discussi nel Cap. 10, concludendo che "non c'è un solo tipo di tumori per il quale ci sia un'evidenza consistente, o un solo studio che fornisca una prova sostanziale a favore dell'ipotesi che questo tipo di esposizioni aumenti il rischio cancerogeno. La qualità dell'informazione sui livelli di esposizione è generalmente scarsa, e non è chiaro se esposizioni così diverse come quelle studiate possano essere raggruppate in studi eziologici che abbiano una qualche omogeneità. Tutto questo, aggiunto a imprecisioni e limitazioni metodologiche di vario tipo, lascia irrisolta la possibilità di una associazione tra esposizioni professionali e cancro. • Esposizioni residenziali a trasmettitori radio-TV. Esaminano gli stessi lavori da me riportati e commentati nel Cap. 10, concludendo che questi costituiscono "un test molto debole per la possibilità di una relazione col cancro. Sorgenti diverse di esposizione, livelli di esposizione scarsamente stimati, numero modesto di casi e indagini selettive in risposta a "clusters" di tumori, hanno dato luogo ad una letteratura inconcludente". • Esposizioni all'uso di telefoni mobili. Iniziano citando i dati di Hardell 1999-2003, riportandone alcuni dati significativi sull'aumento di tumori al cervello (OR = 1,9; IC 95% = 1,1 - 3,2 e OR = 3,0; IC 95% = 0,6 - 14,9 rispettivamente per gli analogici e i cordless, mentre per i digitali i dati sarebbero negativi; v. schede di Hardell per un confronto con i dati originali), e citano anche l'aumento di tumori ipsilaterali al cervello (OR = 2,5; IC 95% = 1,3 - 4,9) e di neurinomi acustici ipsilaterali (OR = 3,5; IC 95% 1,8 - 6,8). Ma non fanno alcun commento a questi dati, non citano il numero di casi rilevato (più di 2.500), non sottolineano i tempi di latenza (più di 10 anni) e le intensità d'utilizzo dei telefoni mobili (più di 2000 ore cumulative), che solo nei lavori di Hardell raggiungono livelli tali da rendere credibili i risultati ottenuti. Si dilungano invece sui lavori che non hanno evidenziato alcuna correlazione tra tumori alla testa e uso di telefoni mobili, riportando e commentando i dati di Dreyer 1999, Rothman 1999, Muscat 2000 e 2002, Inskip 2001, Auvinen 2002, Johansen 2002 a, b, e Christensen 2004 (per i commenti sull'inconsistenza di tutti questi lavori v. schede Cap. 11). Concludono, ovviamente che "l'attuale evidenza è inconclusiva per quanto riguarda il rischio di cancro dopo intensa esposizione alle radiofrequenze dei telefoni mobili". Si noti che non citano nemmeno il lavoro di Lonn et al 2004, nel quale lo stesso Ahlbom figura quale secondo autore (!), lavoro che tanto scalpore ha suscitato (v. scheda e testata del "Times", Cap 11) per gli incrementi molto significativi di neurinomi ipsilaterali (OR = 3,9; IC 95% = 1,6 - 9,5) tra i soggeti che hanno usato il cellulare da almeno 10 anni! E non citano neppure i dati di Stang 2001 (v. scheda) sui melanomi uveali dell'occhio da uso di telefoni cellulari, pur avendone riportato il lavoro nel paragrafo relativo alle esposizioni professionali (melanomi uveali in radioamatori e in addetti ai radar), naturalmente minimizzandone la portata. • • Sintomatologie soggettive. Riportano in una tabella e commentano soltanto i dati di Oftedal 2000, Sandstrom 2001 e Chia 2000 (v. schede Cap. 17), dimenticando tutti gli altri lavori sull'argomento (Cap. 17, 18, 19) e liquidandoli con 5 parole: "lavori altamente soggetti a fattori di confusione". In un'altra tabella riportano, ma non commentano nel testo, i dati di Hietanen 2002 e di Koivisto 2001(v. schede Cap. 16), entrambi con dati negativi e finanziati dai gestori della telefonia mobile. Del resto, fin dall'introduzione avevano affermato che "l'ansia e i disturbi psicosomatici possono essere causati dal solo fatto di conoscere l'esistenza dell'emissione e.m. dei telefoni mobili e delle loro stazioni radio - base, e poiché questi effetti non sono provocati dalle radiofrequenze, non vengono presi in esame"! Effetti sulla riproduzione. Citano solo due articoli, uno del '90 e uno del '91, che sembrano indicare che l'esposizione a radiofrequenze potrebbe provocare ritardi nella fecondazione, aborti spontanei, mortalità natale, parti precoci, alterato rapporto sessi e malformazioni alla nascita. Ma concludono che "questi dati o non sono confermati da altri studi (ma non ne citano gli autori!), o sono i soli presenti nella letteratura". C'è poi una tabella con molti dati sulla riduzione della fertilità maschile da radiofrequenze a proposito dei quali sottolineano che "è ben noto che la spermatogenesi è molto sensibile a un riscaldamento anche modesto, per cui la possibilità di una ridotta fertilità nell'uomo da esposizioni a radiofrequenze è un effetto che è ragionevole continuare ad indagare". • Disturbi cardiocircolatori. Commentano alcuni studi condotti nell'Unione Sovietica, "metodologicamente deboli", che avrebbero evidenziato effetti acuti sulla fisiologia cardiovascolare (ipotensione, bradicardia, tachicardia ecc.), soprattutto in esposti a radar (fino a 610 V/m !), piloti, radioamatori, lavoratori della industria elettronica e degli impianti radio - TV. Ma la variabilità dei metodi di ricerca, delle tipologie e dei sistemi di misura delle esposizioni rende difficile trarre delle conclusioni. Ci sono rapporti sporadici su alcune sintomatologie, ma per ora non si possono individuare andamenti certi". Anche in terapisti fisici esposti a radiofrequenze negli USA è stato riportato un incremento di 2-3 volte dei disturbi cardiaci. Ma nei veterani della marina esposti a radar e in una coorte di 200.000 impiegati della Motorola (Morgan 2000 v. scheda) il rischio è risultato diminuito (OR < 1,0). Altri studi (Lagorio 1997, Muhm 1992, v. tabella Cap. 10) si baserebbero su un numero troppo limitato di soggetti. • Cataratta. Anche qui alcuni lavori che hanno evidenziato una prevalenza di opacizzazione delle lenti oculari in esposti a radiofrequenze vengono contrapposti ad altri che hanno evidenziato, al contrario, una ridotta incidenza di questo fenomeno e, comunque, ricordano che anche la radiazione solare è un fattore di rischio per la cataratta. • • La conclusione è ovvia: "a tutt'oggi i risultati degli studi epidemiologici non forniscono un'evidenza consistente e convincente di una relazione causale tra radiofrequenze e alcun tipo di effetto dannoso per la salute umana. D'altra parte questi studi hanno troppi difetti per poter escludere tale associazione". Ci si aspetta dunque, ancora una volta, che il giudizio sulla pericolosità delle esposizioni a radiofrequenze venga rinviato: nel frattempo verranno ribaditi i valori-limite dell'ICNIRP che tutelano solo dagli effetti acuti dovuti ad eccessivo riscaldamento, gli unici effetti sicuramente accertati. In questa situazione, non sarà certo il caso di applicare il Principio di Precauzione e di minimizzare le esposizioni ! Kundi, nella nota a commento sopra citata, segnala anche il fatto che, pur avendo Ahlbom sottolineato che molti studi epidemiologici si basano su tempi di latenza troppo brevi per poter evidenziare tumori indotti da radiofrequenze, in particolare da telefoni mobili, poi non ne trae le dovute conseguenze nel commentare studi di questo tipo (v. sopra, a proposito di tutti gli articoli con risultati negativi circa la relazione cellulari - tumori). Kundi ricorda poi che quasi sempre i limiti delle ricerche epidemiologiche portano a sottostimare il rischio, e contrappone a quella di Ahlbom la sua conclusione (Kundi et al 2004, v. scheda): "gli studi epidemiologici basati su tempi di latenza di durata ragionevole hanno concordemente messo in evidenza rischi elevati di sviluppo di tumori da radiofrequenze". Nella replica alla replica di Kundi, Ahlbom ribadisce che "la letteratura che abbiamo rivisto offre solo un debole supporto a favore di una relazione causale tra esposizioni a radiofrequenze e rischi sanitari". Inoltre riconosce che "i tempi di latenza sono un fattore importante per determinare la validità di uno studio epidemiologico e che, di conseguenza, ne abbiamo tenuto conto nei giudizi espressi", il che, come si è visto non è affatto vero ! CONCLUSIONE • Chi conosce i lavori precedenti di Ahlbom e, in particolare, il contributo che questo autore ha dato alla messa in evidenza della relazione tra esposizioni residenziali ad elettrodotti e leucemie infantili (v. monografia IARC 2002) non può che stupirsi di fronte ad un cambiamento così netto della sua metodologia di lavoro. Viene da pensare che "non solo quelle del Signore, ma anche le vie dell'ICNIRP siano infinite"! PEREIRA e EDWARDS, 2000 • • La fascite nodulare è una lesione proliferativa pseudosarcomatosa di carattere benigno che in genere colpisce i miofibroplasti del tessuto sottocutaneo. Alla diagnosi clinica questa lesione viene facilmente confusa con un sarcoma per la sua rapida crescita senza segni di concomitante processo infettivo, e lo stesso avviene anche alla diagnosi microscopica, per la ricchezza di cellule in attiva proliferazione e con caratterizzazione istologica spesso indistinguibile. La fascite nodulare colpisce molto raramente la parotide, tant'è vero che il caso descritto dagli autori è solo il 21° tra quelli descritti dalla letteratura mondiale, ed è anche il solo in cui la lesione riguarda il lobo più profondo di questa ghiandola. L'eziologia della fascite nodulare parotidea è in genere (40% dei casi) collegata ad un trauma fisico, del quale invece non c'è traccia nella storia clinica del caso in oggetto. Descrivono dunque un caso di fascite nodulare al lobo profondo della parotide del lato destro in un ingegnere di 39 anni, impiegato in una agenzia telefonica . Il soggetto ha usato, per almeno un'ora al giorno e per almeno quattro anni, un telefono mobile (analogico nei primi tre anni, e poi digitale). Essendo mancino e dovendo scrivere con la mano sinistra durante le telefonate, ha sempre usato il cellulare sull'orecchio destro, cioè sul lato dove si è formata la fascite parotidea. La parotide sul lato sinistro è risultata normale. Su quella destra è stato inizialmente diagnosticato un adenoma pleomorfico ma, dopo l'asportazione totale della ghiandola e l'esame microscopico (documentato, nel articolo, da riproduzioni fotografiche), è risultato trattarsi di fascite nodulare, probabilmente originata dal tessuto connettivo extra capsulare o dal connettivo del lobo profondo della parotide. • Gli autori ritengono che l'uso prolungato, per almeno un'ora al giorno, di telefoni cellulari, soprattutto di analogici ad emissione e.m. particolarmente elevata, abbia dato luogo sull'area temporale parotidea del paziente ad un "trauma e.m." almeno 20 volte maggiore di quello che si verifica in un utilizzatore medio di cellulari. Il SAR associato ai cellulari è compreso tra 0,6 e 4,2 W/kg. • Ricordano che studi in vitro hanno ripetutamente segnalato, dopo irradiazione e.m. con radiofrequenze (900 - 2450 MHz) come quelle usate nei cellulari, danni ultrastrutturali al collagene, stimolazione della proliferazione cellulare, aumento della trascrizione del DNA, e aumento dell'attività di enzimi come la proteina - chinasi, spesso associati con una maggior capacità mitogenica di agenti cancerogeni. I valori di SAR riportati in questi studi variano da 1,5 a 75 W/kg e sono compatibili con quelli ai quali è stato sottoposto, nel corso del tempo, il soggetto in esame. • Concludono sostenendo la possibile associazione tra un eccessivo uso dei cellulari e l'aumentato rischio di fascite nodulare nelle aree irradiate, e raccomandano ai medici che la storia personale relativa all'uso dei cellulari diventi parte integrante della anamnesi in tutti i casi di lesioni (tumorali o no) alla testa e al collo. Mobile phone use and cancer M Kundi Occup. Environ. Med. 2004;61;560-570 doi:10.1136/oem.2003.007724 KUNDI 2004 • Altra rassegna, estremamente interessante, che prende in esame e valuta criticamente gli stessi lavori epidemiologici già indicati nel precedente articolo (Kundi et al, 2004), con conclusioni analoghe, che possono essere così riassunte. In tutti gli studi con risultati negativi la durata d'uso dei cellulari è stata inferiore a 5 anni nella stragrande maggioranza dei casi esaminati, perciò questi studi, in quanto a durata di esposizione, non si approssimano al tempo di latenza minimo indispensabile perché si possano correttamente diagnosticare tumori cerebrali, nemmeno nel caso di un effetto di "promozione" anziché di "iniziazione". Inoltre la maggior parte di questi studi sono inadeguati perché si basano su un numero troppo limitato di casi di tumore e perché non hanno preso in considerazione gli impiegati aziendali che sono i più esposti. Invece tutti gli studi che si sono basati su tempi ragionevoli di latenza (Hardell et al 2000-2001; Stang et al 2001; Hardell et al 2002) hanno meno in evidenza un aumento significativo di tumori (maligni e benigni al cervello; benigni al nervo acustico; maligni all'occhio) associato all'uso di telefoni mobili (cordless, cellulari analogici e digitali). Inoltre questi studi hanno spesso evidenziato una localizzazione ipsilaterale dei tumori associati all'uso dei telefonini, ed un aumento del rischio con l'aumento della durata di utilizzo degli stessi (tempi di latenza), due fattori che rafforzano l'ipotesi di una correlazione cellulari - cancro. • • Questa rassegna si segnala anche per alcune osservazioni aggiuntive di grande interesse, che si ritiene opportuno richiamare In Europa la telefonia mobile è stata avviata nel 1981, negli USA nel 1983. La prima generazione di telefoni mobili sono stati i cosiddetti analogici, che funzionano in modulazione di frequenza, a 450 e a 900 MHz, con picchi di intensità di emissione di 8-15 W per i 450 MHz e di 1W per i 900 MHz. All'inizio degli anni '90 è stata introdotta la seconda generazione di cellulari, i cosiddetti digitali, che funzionano con frequenza di 900 MHz (GSM) o di 1800 MHz (DCS), pulsate con frequenze ELF, la più importante e più comune delle quali a 217 Hz, con ampiezza di intervalli di pulsazione di 577 microsec., e lunghezza del segnale ("frame") di 4.615 milisec. Questo sistema, indicato con l'acronimo TDMA ("time division multiple access") consente l'accesso fino a otto chiamate contemporanee sullo stesso canale di frequenza. Inoltre i sistemi GSM e DCS consentono una regolazione della potenza di emissione e.m. del cellulare in funzione del segnale e.m. di copertura fornito dalla stazione radio - base (SRB) nel punto da cui si effettua o si riceve la chiamata, in modo da assicurare sempre la migliore qualità della comunicazione. I picchi di intensità di emissione dei cellulari con antenna estraibile sono di 2W per i GSM e di 1 W per i DCS. I cordless si basano su tecnologie analoghe (prima analogiche, poi digitali) e, nonostante abbiano potenze di emissione inferiori rispetto ai cellulari, l'esposizione e.m. che producono è confrontabile a quella GSM - DCS, tenendo conto che, in generale, la durata di una telefonata col cordless dura molto di più (per ragioni di costi) di quella fatta con un cellulare. • • La lunghezza d'onda a 450 MHz è di circa 65 cm., a 900 MHz è di 33 cm., a 1800 MHz è di 17 cm. Questo è un parametro importante per la individuazione dell'area interessata all'esposizione e.m. "in campo vicino" (com'è quando si usa il cellulare appoggiato all'orecchio). In queste condizioni la testa rappresenta l'area fortemente coinvolta dall'esposizione e.m. In generale l'esposizione ai c.e.m. nell'ambito di frequenze tra 100 KHz e 10 GHz dà luogo all'assorbimento da parte del corpo umano di parte dell'energia trasportata dalle onde e.m.. La quantità di energia assorbita dipende dall'intensità del c.e.m., dalla lunghezza d'onda, dalla polarizzazione del campo elettrico e di quello magnetico rispetto all'orientamento del corpo, dalle proprietà dielettriche dei diversi tessuti, e da altri fattori. La quantità di energia assorbita (SAR, "specific absorption rate", espressa in W/Kg) è praticamente impossibile da determinare sugli organismi viventi, perciò viene determinata empiricamente su manichini ("phantoms") riempiti con un gel elettrolitico che ha proprietà dielettriche simili a quelle dei tessuti corporei. L'ICNIRP (v. schede) ha fissato, per le esposizioni localizzate alla testa, un SAR = 2W/Kg come valore medio su 10 g. di tessuto; negli USA il limite è più rigoroso (1,6 W/Kg), mentre in Gran Bretagna è molto più permissivo (10 W/Kg). I valori di SAR dovuti all'esposizione a telefoni mobili variano molto a seconda della marca e del modello di telefono. I più vecchi analogici superavano il limite sopra indicato (2W/Kg), mentre i digitali GSM e DCS lo rispettano. Tuttavia, a seconda del tipo d'antenna incorporata nel cellulare e delle condizioni in cui viene effettuata la telefonata (in rapporto al grado di copertura fornito dalla SRB) i valori di SAR possono variare da 1 fino a 10 W/Kg. • Per quanto riguarda la valutazione del rischio cancerogeno eventualmente associato all'uso dei telefoni mobili, considerato che questi sono stati introdotti da non più di 20 anni (10 o poco più nel caso dei digitali), e che il tempo di latenza della maggior parte dei tumori nell'uomo è piuttosto lungo, e che le indagini epidemiologiche, anche dopo che è trascorso il tempo di latenza necessario perché i tumori siano diagnosticabili con sicurezza, richiedono altri anni per la raccolta e l'elaborazione dei dati, è evidente che occorrono vari decenni prima che tale rischio possa essere accertato. Perciò gli studi di cancerogenesi sull'animale e quelli sugli effetti biologici su sistemi in vivo ed in vitro rivestono una grossa importanza, non solo per supportare i risultati delle indagini epidemiologiche, ma anche per fornire modelli di meccanismi d'azione utili per identificare possibili rischi per l'uomo e sufficienti per adottare misure di riduzione del rischio. • Tra gli effetti biologici delle emissioni e.m. dei telefoni cellulari sono di particolare rilevanza (e ne viene fornita una ricca bibliografia) soprattutto l'attivazione delle "proteine da stress", la permeabilizzazione della barriera emato - encefalica, l'induzione di micronuclei e le alterazioni della omeostasi del calcio. E' anche importante ricordare che gli effetti delle frequenze ELF usate per modulare le radiofrequenze della telefonia mobile sono simili se non uguali a quelli prodotti dai sistemi che utilizzano esclusivamente frequenze estremamente basse (ELF), cioè linee elettriche ad alta tensione, elettrodomestici ecc. Ciò significa che i nostri tessuti sono in grado di "demodulare" le emissioni usate nella telefonia mobile, in quanto le frequenze ELF usate per la modulazione di tali emissioni sono simili (o addirittura coincidono, in certi casi) con le frequenze biologiche che, nei nostri tessuti, sono alla base di molte funzioni essenziali. In questo caso, poiché il meccanismo principale dell'interazione tra emissione e.m. e tessuto risiede nella "risonanza" tra frequenze simili, l'intensità della radiazione e.m. perde d'importanza (v. schede di G. Hyland sulle "frequenze biologicamente attive"). Infine, un altro effetto importante dei telefoni cellulari messo in evidenza sia su sistemi in vitro che in esperimenti sull'animale è l'aumento di fosforilazione di alcuni enzimi. Ciò comporta la trasformazione degli enzimi in uno stato attivo che può essere determinante nel fissare eventuali alterazioni sul DNA (dando luogo a mutazioni geniche) o a facilitare la proliferazione di popolazioni cellulari devianti. • Per quanto riguarda gli esperimenti di cancerogenesi sull'animale, bisogna tenere presente che le procedure sperimentali usate negli studi di cancerogenesi chimica sono inadeguate nel caso delle emissioni e.m. Infatti tali studi vengono condotti, anche in laboratori di piccole e medie dimensioni, trattando topi e ratti con dosi di agenti chimici poco al di sotto dei livelli che provocano tossicità acuta e poi con dosi a diminuire, fino ai livelli superiori che si riscontrano nelle esposizioni della popolazione umana. Nella esposizione e.m. bisogna, innanzitutto, evitare livelli troppo elevati che, provocando rialzo termico, darebbe luogo a tossicità che maschererebbe un eventuale effetto cancerogeno. Inoltre, se si studiano tumori, come quelli al cervello, che nei roditori da esperimento hanno una incidenza spontanea molto bassa (intorno all'1%), per evidenziare un aumento significativo (per esempio un raddoppio al 2%) che sia statisticamente significativo (per esempio con una probabilità del 90% di essere vero) è necessario trattare circa 3.000 animali, in doppia serie (per avere una conferma) e, possibilmente, usare più livelli di esposizione (ciascuno con una doppia serie di animali), per verificare l'esistenza di un rapporto dose - effetto • Poiché questo è praticamente proibitivo (a causa degli spazi, dei costi e dei tempi necessari), si usano tre accorgimenti che semplificano la procedura, anche se, per certi versi, ne rendono il risultato più difficilmente estrapolabile all'uomo: 1) si usano ceppi di animali con un'elevata tendenza a sviluppare tumori spontanei (p. es. ceppi portatori di virus oncogenici o ceppi modificati mediante manipolazione genetica; 2) si trattano gli animali, contemporaneamente all'esposizione e.m., con potenti cancerogeni chimici (p. es. nitrosourea o benzo(a)pirene); 3) si innietano negli animali cellule già tumorigene e se ne analizza lo sviluppo, che potrebbe essere accelerato se l'irradiazione e.m. dovesse promuovere la molteplicazione delle cellule cancerose. I risultati degli studi di cancerogenesi animale con radiazioni a microonde, del tipo di quelle usate nei cellulari, sono iniziati negli anni '80, ma sono difficili da confrontare e da riassumere a causa delle grosse differenze metodologiche che presentano (soprattutto per quanto riguarda i livelli e le modalità dell'esposizione e.m.). L'unico esperimento a lungo termine (Repacholi, 1997; v. scheda) ha messo in evidenza un aumento significativo di tumori in un ceppo di roditori manipolati geneticamente (per avere una maggiore incidenza di tumori spontanei), ed è stato fatto irradiando gli animali con un'emissione GSM per mezz'ora due volte al giorno, per sette giorni alla settimana fino a 18 mesi. In questo esperimento i tumori ai quali il ceppo è predisposto (linfomi) compaiono lentamente , a circa 10 mesi d'età, ma nei 10 mesi successivi fino al 20% degli animali trattati si ammalano di tumore, in percentuale doppia rispetto agli animali non irradiati. • In conclusione, nonostante ci siano già significative evidenze epidemiologiche nell'uomo di una correlazione tra esposizioni ai telefoni mobili e aumento dell'incidenza di tumori al cervello (benigni e maligni), all'orecchio (benigni) e all'occhio (maligni), queste evidenze non sono considerate sufficienti da una parte della comunità scientifica e dalle autorità preposte alla regolamentazione ai fini di una azione cautelativa immediata. Poiché la ricerca epidemiologica per un certo tempo presenterà ancora alcune inadeguatezze (in particolare sarà sempre più difficile trovare dei controlli sicuramente "non esposti"), è indispensabile muoversi fin d'ora in due direzioni: 1) da un lato intensificare la ricerca sugli effetti biologici (p.es. suell'attivazione da parte dei cellulari delle "proteine da shock", visto il ruolo che queste hanno nella cancerogenesi anche nell'uomo (v. scheda French et al, 2000), per vincere l'atteggiamento "negativista" delle autorità, forzandole ad adottare misure cautelative e sistemi di protezione che potrebbero essere facilmente sviluppati; 2)d'altro canto bisogna cominciare a scoraggiare l'uso dei cellulari soprattutto da parte dei bambini e degli adolescenti, raccomandando l'uso degli auricolari, la necessità di fare telefonate brevi e solo indispensabili, ed incoraggiando i produttori a progettare modelli di cellulari a bassa emissione e.m., p. es. con antenne il più possibile lontane dalla testa. • N.B. Per quanto riguarda la rassegna epidemiologica, i dati relativi alle nove ricerche già esaminate da Kundi et al 2004 (v. scheda) sono confrontati in 3 tabelle, nelle quali, per ogni studio, sono analizzate le caratteristiche più importanti (n. di casi e di controlli; valutazione dell'esposizione; telefonini usati; tempi di latenza; endpoints presi in esame; risultati; significatività statistica ecc.) e ne viene data una valutazione critica (potenza dello studio; fattori di confondimento; osservazioni sulla selezione dei soggetti esaminati, sull'elaborazione statistica dei dati ecc.). In conclusione si può dire che: • per le esposizioni occupazionali e residenziali a RF l’insieme dei dati epidemiologici depone a favore dell’ipotesi di un’associazione con un aumento del rischio di vari tipi di cancro, in particolare di leucemie; • per le esposizioni personali a MO, derivanti dall’uso di telefoni cellulari, i dati statisticamente significativi a favore dell’associazione con tumori al cervello, all’occhio e all’orecchio (soprattutto sullo stesso lato sul quale viene appoggiato il cellulare) destano molte giustificate preoccupazioni. VIII