IL SIGNOR BRUSCHINO
ossia Il figlio per azzardo
Libretto di Giuseppe Maria Foppa
Musica di Gioachino Rossini
Pesaro
Rossini Opera
Festival
AUDITORIUM
PEDROTTI
3 settembre 1985
Pesaro
PALAZZETTO
DELLO SPORT
Gaudenzio
Sofia
Bruschino padre
Bruschino figlio
Florville
Commissario
Filiberto
Marianna
Alessandro Corbelli
Daniela Dessì
Claudio Desderi
Vito Gobbi
Raul Gimenez
Michele Farruggia
Bruno Praticò
Francesca Castelli
Maestro concertatore e direttore Gianluigi Gelmetti
Scene e costumi Enrico Job
Regia Roberto De Simone
20 agosto 1988
Florville
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La scena era un’architettura “utopica” del tardo Settecento. Una struttura lignea,
che sorgeva dalla ribalta culminando in una slanciata torretta con al centro un oblò
e ai lati due scalinate curve. Sull’alto praticabile, dov’era la quarta torretta, due gloriette di ferro si ergevano intorno a due botole. Al centro del praticabile scendeva
verso il pubblico una stretta scala a dividere in due lo spazio per l’orchestra,
anch’essa in palcoscenico vestita dei costumi dell’epoca in cui l’opera fu scritta, gli
orchestrali partecipavano all’azione, al gioco dei personaggi, che indossavano invece costumi ancora settecenteschi.Soluzione importante di questa scenografia erano
soprattutto la quantità di entrate e uscite, circa una dozzina, quasi tutte insospettabili a prima vista,che favorivano al massimo la caotica azione farsesca che fece ottenere all’opera, per la prima volta da quando fu composta, il successo (n. d. r.).
“La scena è tutta in legno chiarissimo con appena qualche stucco bianco: non
rappresenta un luogo preciso, ma fornisce una buona dose di scale, scalette,
entrate e uscite, necessarie allo svolgimento della vicenda elementare ma animatissima del Signor Bruschino. L’orchestra stessa prende posto sulla scena, in
due pedane ai lati della scala centrale, e viene coinvolta nell’azione dell’opera
come se fosse un altro personaggio. Per Roberto De Simone e Enrico Job l’azione di questa ‘farsa’ in un atto è insomma creata innanzitutto dalla musica di
Rossini prima ancora che dal libretto di Foppa” (Mauro Mariani, De Simone
rilancia l’opera buffa’, Il Corriere Adriatico, 23 agosto 1988).
“La struttura di Enrico Job,architettata come un oggetto misterioso,pronto a partire per il cosmo, ha una tinta onirica; quasi una ‘macchina del tempo’, che viaggi verso il passato” (Erasmo Valente, Il bello di Rossini, L’Unità, 5 settembre 1985).
“La légèrete de touche del responsabile dell’allestimento, si è evidentemente estesa per
una sorta di fluido magnetismo per una perfetta assonanza di intenti interpretativi, al
pimpante e ben amalgamato team vocale’ ” (Fabio Brisighelli, Per ‘Il Signor Bruschino’
generali consensi. Stasera ‘Mosè in Egitto’, Il Corriere Adriatico, 5 settembre 1985).
“Enrico Job ha immaginato un’ampia scalinata di un parco principesco, con
The setting was a “utopian” architecture of the late eighteenth century. It was a wooden
structure, which rose from the stage, culminating in a slender turret with a port-hole in the
middle and two curved staircases at its sides. On the moveable platform, in the place of
the fourth turret, two wrought-iron pergolas rose around two trap-doors. And from the
centre of the platform a narrow staircase descended towards the audience, dividing the area
of the orchestra, which was also on stage. Dressed in the costumes of the period in which
the opera was written, the musicians of the orchestra participated in the action and the
play of the characters who, for their part, were dressed in eighteenth-century costumes. But
the most important aspect of the set design was the number of exits and entrances, about
a dozen of them, almost all of them initially invisible, which lent themselves most
effectively to the chaotic, farcical action which made the opera a success for the first time
(ed.).
“The scenery is all of very pale wood, with just a little white stucco: it does not
represent any precise location, but it provides a satisfactory number of stairways,
ramps, exits and entrances, necessary for the playing out of the elementary but
extremely animated plot of Il Signor Bruschino.The orchestra itself takes its place
on the stage, on two platforms at either side of the central stairway, and is involved in
the action of the opera as if it were another character. Roberto De Simone and Enrico
Job maintain that the action of this one-act farce is created above all by Rossini’s
music, even more so than by Foppa’s libretto” (Mauro Mariani, De Simone rilancia
l’opera buffa, Il Corriere Adriatico, 23 August 1988).
“Enrico Job’s structure, construed as a mysterious object, ready to take off into the
cosmos, has a dream-like substance. It is almost a time machine, traveling towards the
past” (Erasmo Valente, Il bello di Rossini, l’Unità, 5 September 1985).
“The ‘légèreté de touche’ of the person responsible for the production has
evidently been extended, by a kind of fluid magnetism and by a perfect assonance of
interpretational intentions, to the striking and well blended vocal team” (Fabio
Brisighelli, Per ‘Il Signor Bruschino’ generali consensi. Stasera ‘Mosè in
botole e gloriette, ha collocato sui gradini l’orchestra in abbaglianti abiti ottocenteschi, il direttore, Gianluigi Gelmetti, arriva sul podio in marsina di raso marrone e pare, con la sua sferica mole, una caricatura o una silhouette di Rossini, o
uno stregato maestro di musica hoffmanniano. Dalle botole, dalle gloriette, dalla
lunga torre cilindrica, sbucano i personaggi, si infilano in mezzo tra i due settori
dell’orchestra. E comincia il gioco degli equivoci e degli inganni, tra il candore
dei legni della scena e degli abiti, tra la finzione di statuine di porcellana, un po’
marionette e un po’ maschere dell’arte. Scene e costumi, bellissimi” (Dino
Villatico, Ingannerei chiunque per amore di Sofia, la Repubblica, 5 settembre 1985).
Nell’edizione del 1988, al Palazzetto dello Sport di Pesaro, “a tre anni dalla
prima messa in scena al ‘Pedrotti’, per il Bruschino si imponeva uno spazio più
ampio, che accogliesse un maggior numero di spettatori. Enrico Job propose
addirittura un giardino, ma lo spazio all’aperto non fu trovato; e si dovette
ripiegare sul palazzetto dello sport trasformato in un bosco con palazzina d’epoca. Dice Job: ‘È un’esperienza gradevolissima. A questa idea di scenografia
mi ha spinto la freschissima genialità giovanile di Rossini, l’ironia del suo
mondo giocoso. L’aver messo l’orchestra in scena come usava allora e fatto
indossare ai cantanti i costumi del Settecento e ai musicisti i costumi del 1813,
è stato il gioco suggerito dall’epoca in cui Rossini scrisse quest’opera, questa
farsa decisamente settecentesca, già ottocentesca e romantica’” (Armando
Caruso, In questo ‘Bruschino’ recita pure l’orchestra, La Stampa, 20 agosto 1988).
“Ariosa e bellissima la scena unica di Enrico Job, autore anche dei costumi, e
misuratamente movimentata e vivace la regia di Roberto De Simone, che stavolta ha giustamente frenato la sua verve popolaresca napoletana. Successo
meritato e caloroso per tutti” (Ennio Melchiorre, Rossini torna con tutta la sua
‘verve’, Avanti!, 21 agosto 1988).
“Su quel solarissimo spazio teatrale inventato da Job, la fantasia di Rossini e
l’abile teatralità di De Simone giocano, ancora una volta, senza remore, tornando a stuzzicarsi, a occhieggiarsi, a scrutarsi. Il musicista sembra offrire al
teatrante lo spunto utile perché ricavi dalla partitura azioni, movimenti, lazzi.
E insieme, a tempo di orologeria, con somma precisione, esplodono nel gioco
del teatro, della finzione scenica” (Osvaldo Scorrano, Ben tornato Sor bruschino!,
Il Corriere del Giorno, 21 agosto 1988).
“Il gran caldo sofferto all’interno… ha creato una corrente di solidarietà e di
ampio feeling tra il pubblico presente in sala, i cantanti e gli orchestrali, quest’ultimi bardati anch’essi in costumi d’epoca secondo l’azzeccatissima scelta di
questo allestimento del duo De Simone-Job, dilatando altresì il divertimento
per l’accentuata utilizzazione dell’afa a fini scenici operata dagli interpreti del
comico intreccio. E se è vero che questa disposizione accidentale si sposava al
meglio con alcune sapidissime trovate, quale il sincronico agitar di ventagli in
uno dei momenti di maggior confusione delle spassose complicazioni sentimentali intessute dai protagonisti della vicenda, c’è anche da dire però che i
meccanismi della farsa, quali si sono sviluppati in questa riproposta dell’operina a tre anni di distanza nell’identica realizzazione del tandem di autori testé
ricordato, ci sono sembrati, per così dire, fin troppo ‘oliati’… De Simone, con
la preziosa complicità di Enrico Job, utilizza, come si sa per l’operina, un
impianto scenico di aerea leggerezza e di raffinata semplicità, visualizzabile in
uno spaccato di dimora settecentesca incorniciata da una scalea lignea, posta a
semicerchio a coronare le evoluzioni dei protagonisti… la ‘salottiera’ orchestra
rigorosamente paludata in abiti di scena a suggerire di volta in volta il più idoneo contrappunto musicale alla ‘pièce’ ” (Fabio Brisighelli, Troppo ‘spinto’ questo Bruschino, Il Corriere Adriatico, 22 agosto 1988).
“Enrico Job inventa scena e costumi, proponendo un impianto ligneo chiaro
fisso raffigurante l’interno di un giardino con al centro, in alto, la torretta a
cupola di una costruzione utopica… Ancor prima della rappresentazione, inizia una recita a soggetto. Inservienti in costume accendono le candeline poste
sui leggii, ai lati della scalinata, quindi sul palcoscenico, dove vi depongono le
partiture, e appoggiano cuscini sulle sedie” (Walter Baldasso, Un peccato di gioventù recuperato, Stampa Sera, 22 agosto 1988).
“Il fascino di questo spettacolo poggia soprattutto sulla regia di Roberto De
Simone e anche, lo riconosciamo volentieri, sulle scene di Enrico Job… C’è
Egitto’, Il Corriere Adriatico, 5 September 1985).
“Enrico Job has invented a broad stairway in a princely park, with trap-doors and
pergolas, and has placed the orchestra on its steps in dazzling nineteenth-century
clothing. The conductor, Gianluigi Gelmetti, arrives on the podium in a brown silk
dress-coat and, with his spherical proportions, looks like a caricature or silhouette of
Rossini, or a mad musical maestro out of Hoffmann.The characters pop up out of the
trap-doors, the pergolas and the long, cylindrical tower, and introduce themselves
between the two sectors of the orchestra.And so begins the game of misunderstandings
and tricks, in the brightness of the scenery’s woodwork and of the clothing, amid the
fiction of porcelain statues, which are a cross between marionettes and theatrical masks.
The scenery and costumes are beautiful” (Dino Villatico, Ingannerei chiunque per
amore di Sofia, la Repubblica, 5 September 1985).
In the 1988 production at the Palazzetto dello Sport in Pesaro,“three years on from
the first staging at the Auditorium Pedrotti, a greater space was made available for Il
Bruschino, with room for a bigger audience. Enrico Job had wanted a garden, but an
open space was not found. So the Palazzetto dello Sport was transformed into a
wood, with a period building. Job says:‘It is a most pleasant experience. I was inspired
by this idea for the set by Rossini’s fresh, youthful genius, the irony of his playful
world. To have placed the orchestra on stage, making the singers wear eighteenthcentury costumes and the musicians those of 1813, was a trick suggested by the period
in which Rossini wrote this opera, a decidedly eighteenth-century farce, which already
has nineteenth-century, romantic overtones’” (Armando Caruso, In questo
‘Bruschino’ recita pure l’orchestra, La Stampa, 20 August 1988).
“The single set of Enrico Job, who has also designed the costumes, is airy and
beautiful, and the direction of Roberto De Simone, who has this time put a discreet
brake on his popular Neapolitan verve, is animated and lively in due moderation. A
well-deserved warm reception for all” (Ennio Melchiorre, Rossini torna con tutta
la sua ‘verve’, Avanti, 21 August 1988).
“Upon this sunniest of theatrical spaces created by Job, who also designed the
costumes, Rossini’s imagination and De Simone’s able theatricality play once again,
without a hitch, returning to tease, flirt and measure each other.The musician seems
to offer useful cues to the director, allowing him to derive actions, movements and jests
from the score. And together, with clockwork timing, with consummate precision, they
explode in the game of theatre, of stage fiction” (Osvaldo Scorrano, Ben tornato Sor
bruschino!, Il Corriere del Giorno, 21 August 1988).
“The sweltering heat in the venue... created a further current of solidarity and
considerable feeling between the audience present, the singers and the musicians of the
orchestra, the latter also in period trappings in line with the De Simone-Job duo’s
highly effective choice for this production. Our amusement was likewise heightened by
the accentuated utilization for theatrical purposes of this heat on the part of the
players of this comic intrigue. And while it is true that this accidental circumstance
combined perfectly with some extremely keen ideas, like the synchronized waving of
fans at the moment of greatest confusion of the amusing sentimental complications
woven by the characters of the story, it must also be said that the mechanisms of the
farce, as developed in this repeated offering of the opera - three years on from the
above-mentioned pair’s identical production - seemed almost too well-oiled...With the
precious collaboration of Enrico Job, De Simone, as we know, utilizes for the opera a
set of airy lightness and refined simplicity, which may be visualized as the cross section
of an eighteenth-century dwelling, framed by a wooden stairway placed in a semi-circle
to crown the characters’ evolution... The ‘chamber’ orchestra, rigorously done up in
stage costume, from time to time suggests the most suitable musical counterpoint for
the piece” (Fabio Brisighelli, Troppo ‘spinto’ questo Bruschino, Il Corriere
Adriatico, 22 August 1988).
“Enrico Job has invented the scenery and costumes, proposing a fixed set of lightcoloured wood depicting the inside of a garden with a tall domed turret of a utopian
construction in the centre... Before the opera itself, an improvisation begins. Servants
in costume light candles placed on lecterns, at the sides of the stairway, then on the
stage, where they place the scores and lay cushions on the seats” (Walter Baldasso,
Un peccato di gioventù recuperato, Stampa Sera, 22 August 1988).
“The charm of this production lies above all in the direction of Roberto De Simone
and also, we are happy to acknowledge, in the scenery of Enrico Job...This set for Il
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in questa scena del Bruschino un caleidoscopio di idee che assecondano esaltano la musica perché sono inventate e sembrano uscire dalle note. Forse lo spettacolo appare perfino troppo brillante rispetto alla condotta musicale…
Introdotto da Roberto De Simone nel Rossini comico, il pubblico ha seguito con divertimento il gioco del Figlio per azzardo, e ha tributato un successo
caloroso agli interpreti della farsa” (Duilio Courir, Un “Bruschino” ricco di trovate, Corriere della Sera, 22 agosto 1988).
“Le proporzioni esatte della scena che pare nata qui e la precisione eccitante
dei riflettori, è il frutto di un lavoro lento e calibrato e affettuoso che trasforma il pericolo di ospitalità da decentramento in invasione teatrale luminosa”
(Lorenzo Arruga, Sotto la farsetta il capolavoro, Il Giorno, 23 agosto 1988).
“Il Palasport si è alleggerito e illeggiadrito grazie al fondale di un intrigante
boschetto, tipo quelli della Settimana Enigmistica, dove c’è da trovare il personaggio nascosto… Ripresa felicissima, dunque, ma più sul palcoscenico che
nella sottostante orchestra. Abbiamo già detto di quanto siano state convincenti le scene di Job che ha firmato anche gli elegantissimi costumi” (Ivana
Musiani, Un bel Rossini al calor bianco, Paese Sera, 24 agosto 1988).
“La scenografia, una gentile architettura dalle linee elegantemente classiche che
ricorda la ‘Gloriette’ di Schonbrun, i costumi colorati con garbate fantasie di
nuova invenzione ribadivano la dimensione di una comicità del tutto astratta”
(Daniela Iotti, Bruschino o della finzione, La Gazzetta di Reggio, 25 agosto 1987).
Il signor Bruschino. Prospetto della scena
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Bruschino contains a kaleidoscope of ideas which support and enhance the music
because they have been derived from and seem to come out of the notes. Perhaps the
production seems even too sparkling compared to the musical treatment... Introduced
by Roberto De Simone to the comic Rossini, the audience followed the game of
Figlio per azzardo with pleasure and gave a warm reception to the actors of the
farce” (Duilio Courir, Un “Bruschino” ricco di trovate, Corriere della Sera, 22
August 1988).
“The exact proportions of the set, which seems to have been born here, and the
exciting precision of the lighting are the fruit of a long, well-planned and affectionate
effort which has transformed the displacement of this production from its original
venue into a brilliant theatrical invasion” (Lorenzo Arruga, Sotto la farsetta il
capolavoro, Il Giorno, 23 August 1988).
“The sports centre has been brightened up by a backdrop representing a tangled wood
like the ones in those puzzles where you have to find the hidden person... An
extremely successful return, then, though more so on stage than in the orchestra below.
I have already said how convincing is the scenery of Job, who also designed the
extremely elegant costumes” (Ivana Musiani, Un bel Rossini al calor bianco,
Paese Sera, 24 August 1988).
“The set design, a gentle architecture with elegantly classical lines reminiscent of
Schonbrun’s rococo follies and the costumes, coloured with elegant and inventive
imagination, stressed the dimension of a wholly abstract comicality” (Daniela Iotti,
Bruschino o della finzione, La Gazzetta di Reggio, 25 August 1987).
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IL SIGNOR BRUSCHINO ossia Il figlio per azzardo Libretto di