Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili
CORSO AVANZATO – II LIVELLO
“LA REVISIONE NEGLI ENTI LOCALI”
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili
Tipologia dei controlli interni
(art. 147 del D.Lgs 18 Agosto 2000, n. 267)
1. Gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa ed organizzativa,
individuano strumenti e metodologie adeguati a:
a) garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la
legittimità
regolarità
e
correttezza
dell'azione
amministrativa;
b) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, efficienza ed economicità
dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi
di
correzione,
il
rapporto
tra
costi
e
risultati;
c)
valutare
le
prestazioni
del
personale
con
qualifica
dirigenziale;
d) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani,
programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di
congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.
2. I controlli interni sono ordinati secondo il principio della distinzione tra funzioni di
indirizzo e compiti di gestione, quale risulta dagli articoli 3, comma 1, lettere b) e c), e
14 del decreto legilslativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed
integrazioni.
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Tipologia dei controlli interni
(art. 147 del D.Lgs 18 Agosto 2000, n. 267)
3 L'organizzazione dei controlli interni è effettuata dagli enti locali
anche in deroga agli altri principi di cui all'articolo 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.
2.
4 Per l'effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più enti locali
possono istituire uffici unici, mediante convenzione che ne regoli le
modalità di costituzione e di funzionamento.
3.
5 Nell'ambito
dei
comitati
provinciali
per
la
pubblica
amministrazione, d'intesa con le provincie, sono istituite apposite
strutture di consulenza e supporto, delle quali possono avvalersi gli
enti locali per l'esercizio dei controlli previsti dal decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 286. A tal fine, i predetti comitati possono essere
integrati con esperti nelle materie di pertinenza.
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I controlli interni
La legge di riforma delle autonomie locali ( l. 142/’90) ha
avviato un processo di riforma degli enti locali con numerose
innovazioni, tra le quali vanno ricordate l’abrogazione dei
controlli di merito, la riduzione della tipologia di atti sottoposti
al controllo preventivo di legittimità e la previsione di una
differente composizione dei CORECO (cioè un membro di
emanazione governativa e quattro componenti scelti dal
consiglio regionale).
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I CONTROLLI INTERNI
Successivamente la l. 127/’97 (c.d. Bassanini 2) ha
ridotto ulteriormente l’ambito degli atti sottoposti al
controllo obbligatorio ed ha modificato la disciplina
relativa al controllo eventuale, cioè a richiesta di un
certo numero di consiglieri e facoltativo.
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I CONTROLLI INTERNI
Non va sottaciuta l’importanza che in materia di enti
locali ha avuto il nuovo ordinamento finanziario e
contabile, introdotto dal d.lgs. 77/’95.
Ulteriore svolta si è avuta con la riforma delle funzioni
giurisdizionali e di controllo della Corte dei Conti,
operata dalla l. 20/’94, cui ha fatto seguito il d.lgs.
286/’99, di riforma dei controlli interni nella pubblica
amministrazione.
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I CONTROLLI INTERNI
Non si può non evidenziare l’incidenza che sugli enti
pubblici ha avuto il progressivo affermarsi nella
legislazione degli anni ’90 della distinzione tra attività di
indirizzo, di pertinenza degli organi politici, ed attività di
gestione, riconosciuta di competenza degli organi
burocratici (dirigenza).
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I CONTROLLI INTERNI
Un’evoluzione normativa, quella sopra accennata,
che ha teso a svincolare il ceto dirigente dal
preesistente
rapporto
di
vera
e
propria
subordinazione gerarchica rispetto alla classe
politica, introducendo un rapporto diverso, di
direzione politica e, conseguentemente, ampliando
l’ambito dei poteri e delle responsabilità dirigenziali.
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I CONTROLLI INTERNI
Un’evoluzione che, sul piano concreto, ha sensibilmente
ridotto negli enti locali il ricorso a deliberazioni degli
organi collegiali (consigli e giunte), in passato chiamati
ad esprimere la volontà degli enti attraverso un’enorme
quantità di atti, determinando – anche grazie
all’appesantimento derivante dai controlli preventivi di
legittimità di cui si è accennato – un’azione
amministrativa lentissima e certamente non degna di un
paese civilmente evoluto.
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I CONTROLLI INTERNI
Le innovazioni suddette (riduzione delle tipologie di atti
sottoposti a controllo preventivo di legittimità,
responsabilizzazione del ceto dirigente e modifica
nell’ordinamento finanziario e contabile) sono poi
confluite nel d.lgs. 267/’00, Testo Unico delle Leggi
sull’Ordinamento degli Enti Locali (T.U.E.L.).
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I CONTROLLI INTERNI
Il definitivo declino dei controlli preventivi di legittimità
sugli atti degli enti locali si è avuto con la riforma del
Titolo V della Parte II della Costituzione, sopravvenuta
con la l. cost. 3 del 2001.
Nell’ambito di una riforma che si è incentrata sul
riconoscimento di una pari dignità di Comuni, Province,
Città Metropolitane, Regioni e Stato - tutti elementi
costitutivi della Repubblica, secondo il dettato del nuovo
art. 114 della Costituzione – non potevano più trovare
spazio i controlli esterni di tipo tutorio di cui si è detto.
Logica conseguenza è stata la loro abolizione.
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Il processo di programmazione e controllo:
LA PROGRAMMAZIONE
La
legge
241/90
ha
segnato
la
c.d.
procedimentalizzazione dell’attività amministrativa,
inquadrata non più come insieme di singoli atti slegati,
ma come un susseguirsi di atti tra loro collegati in vista
del perseguimento delle finalità di pubblico interesse
dell’ente.
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Il processo di programmazione e controllo:
LA PROGRAMMAZIONE
Tutto ciò ha comportato il superamento del tradizionale
controllo formalistico afferente la legittimità dei singoli
atti e l’avvento di forme di controllo che hanno per
oggetto i risultati che scaturiscono dall’attività dell’ente.
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Il processo di programmazione e controllo:
LA PROGRAMMAZIONE
La progressiva ispirazione dell’attività degli enti pubblici
a principi aziendalistici già da tempo sperimentati nel
settore privato ha trovato una sua conferma, riguardo agli
enti locali, nella disciplina introdotta dal d.lgs. 267/’00,
dando
luogo
programmazione
all’introduzione
e
controllo
di
procedure
dell’intera
attività
gestionale.
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Il processo di programmazione e controllo:
LA PROGRAMMAZIONE
La programmazione si sviluppa attraverso vari strumenti:
1) il Piano strategico di mandato;
2) l’annuale Piano dettagliato degli obiettivi (P.D.O.);
3)l’annuale Piano esecutivo di gestione (P.E.G.);
4) il Bilancio di previsione annuale e i relativi allegati.
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Il processo di programmazione e controllo:
LA PROGRAMMAZIONE
Tale fase si integra inscindibilmente con le attività di
controllo, ponendo in evidenza l’importanza del ruolo
degli organismi di controllo interno.
Riguardo alla programmazione, va osservato che i
suddetti strumenti evidenziano la sopra accennata
distinzione tra attività di indirizzo e gestione.
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Il processo di programmazione e controllo:
IL CONTROLLO
Il processo di programmazione in
precedenza sinteticamente descritto ha
come naturale complemento il controllo.
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Il processo di programmazione e controllo:
IL CONTROLLO
Come già accennato, l’evoluzione dei controlli negli
enti locali è stata caratterizzata negli ultimi anni dalla
perdita di importanza dei controlli preventivi di
legittimità sui singoli atti, a favore di forme di controllo
sull’attività e sui risultati che ne scaturiscono; decisiva
in tal senso è stata la disciplina dei controlli interni
posta dal già citato d.lgs 267/’00.
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Il processo di programmazione e controllo:
IL CONTROLLO
La suddetta normativa ha previsto quattro tipologie di
controlli interni:
1. la valutazione e il controllo strategico;
2. il controllo di gestione;
3. la valutazione dei dirigenti;
4. il controllo di regolarità amministrativa e contabile.
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Il controllo:
1. Valutazione e controllo strategico
La valutazione e il controllo strategico hanno la
funzione di verifica del rispetto, nell’attività svolta, delle
scelte fondamentali di programmazione dell’ente.
Costituiscono, pertanto, un tipico strumento di controllo
del consiglio nei confronti della giunta, che ha luogo
valutando l’adeguatezza delle scelte operate da
quest’ultima in relazione ai programmi ed ai piani
deliberati dal consiglio.
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Il controllo:
1. Valutazione e controllo strategico
Tale tipologia di controllo ha luogo da parte
di organi che rispondono direttamente agli
organi di indirizzo politico, riferendo agli
stessi con periodiche relazioni.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
Il controllo di gestione rappresenta la più
importante forma di controllo interno prevista
dalla vigente normativa e costituisce un momento
essenziale per l’applicazione agli enti locali della
“cultura del risultato”.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
E’ l’elemento centrale dell’apparato dei controlli
interni che – abbandonata la funzione di carattere
repressivo-sanzionatorio – hanno dato luogo ad un
sistema-guida per gli organi istituzionali, in vista del
perseguimento degli obiettivi ultimi dell’azione
degli enti, predeterminati a livello di vertice
politico.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
Il controllo di gestione è la procedura volta alla
verifica dello stato di attuazione degli obiettivi
programmati e consente – attraverso l’analisi delle
risorse dell’ente e il raffronto tra costi sostenuti ed
entità e qualità dei servizi offerti – la valutazione
dell’efficienza, efficacia ed economicità dell’azione
in corso.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
Con tale valutazione, che in un processo bene
impostato ha luogo “in corso d’opera”, cioè durante lo
svolgimento dell’attività programmata, è possibile in
caso di scostamenti rispetto ai risultati attesi la
individuazione delle cause e la realizzazione delle
azioni correttive ritenute opportune.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
Prima della sua introduzione bisogna necessariamente:
- Analizzare la situazione dell’ente locale in termini di
assetto organizzativo, di presenza di norme e regole
amministrative ad ogni livello decisionale, di limitazioni
tariffarie o territoriali, di dipendenza da contribuzioni
esterne o da decisioni d’altri enti, di molteplicita’ di
servizi offerti e della loro forma (grado di
esternalizzazione dell’ente, eventuale intervento di
interlocutori privati..);
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Il controllo:
2. Controllo di gestione

- Coinvolgere i responsabili dei servizi in particolare
per quanto attiene il possibile realizzo dei programmi e
interventi e la loro misurazione;

- Coinvolgere gli Amministratori che devono sentire lo
strumento del controllo come uno strumento proprio;
- Realizzare scelte tecniche relative al sistema
contabile.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
- Analizzare il bilancio dell’ente. L’analisi di bilancio
serve per fotografare la situazione dell’ente locale, ma
anche per pianificare come vorremmo che il nostro ente
fosse. L’analisi del bilancio, la creazione di indici
parametrici, il confronto con altre realta’ simili
permettono non solo di verificare lo stato di salute
dell’ente locale ma di ipotizzare attraverso il “what if”
come vorremmo si presentasse l’ente stesso. L’analisi
del bilancio aiuta in altri termini a scegliere e progettare
il futuro.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
Nell’ente locale dovrebbero essere adottati e svolti tre
diversi tipi di contabilita’:
La contabilita’ finanziaria su base annuale che svolge
la registrazione delle spese e delle entrate. Essa rileva le
spese secondo la loro natura e la loro destinazione;
individua i programmi e progetti; identifica il budget a
disposizione dei centri di spesa.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
o
La contabilita’generale che registra
sempre su base annuale i costi e i ricavi
secondo la loro competenza economico
patrimoniale; essa e’ in grado di fornire dati
solamente a consuntivo; ha funzione
prevalentemente informativa;
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
o
La contabilita’ analitica (controllo di gestione)
che rileva i costi e i ricavi secondo natura e
destinazione, facendo uso di dati stimati, che non
sempre sono precisi, ma hanno il pregio di essere
tempestivi. Essa tiene conto solo di consumi effettivi
di risorse; consente di avere dati anche a scadenze
meno che annuali; elabora i dati per centri di costo,
per progetto, per prodotto, per attivita’; ha funzione
informativa interna.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
La contabilita’ analitica si basa su un piano dei
centri di responsabilita’ consistenti in: centri finali,
ove si erogano servizi e prestazioni al pubblico;
centri ausiliari, che forniscono attivita’ di supporto
ai centri finali; centri generali, ovvero centri di
servizio interni finalizzati al mantenimento della
struttura.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
Gli obiettivi gestionali preventivamente definiti sono
oggetto di scomposizione in azioni, da effettuarsi
secondo un determinato cronoprogramma. L’adozione
in fase di programmazione di tale impostazione
consente la suddetta verifica, il controllo di tipo
concomitante, avvalendosi di appositi indicatori di
attività, indicatori di efficienza ed indicatori di
efficacia.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
indicatori di attività
raffrontano l’entità
dell’attività erogata con le caratteristiche della
specifica unità organizzativa;
indicatori di efficienza
raffrontano i beni e
servizi prodotti con le risorse a tal fine impiegate;
indicatori di efficacia
esprimono il grado di
raggiungimento degli obiettivi ottenuto.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
La misurazione dei risultati, la verifica degli
scostamenti
rispetto
alle
previsioni
e
l’introduzione di azioni correttive (meccanismo di
retroazione o feedback) ha luogo periodicamente
attraverso una serie di rapporti (report) illustrativi
dei dati significativi a tal fine.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
Il T.U.E.L., nel prevedere l’obbligo degli enti locali di
effettuare il controllo di gestione, lascia all’autonomia
degli stessi, esercitabile attraverso il regolamento di
contabilità, la scelta delle modalità concrete di tale tipo di
controllo.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
É opportuno porre in luce alcune analogie e
differenze tra il controllo di gestione ed il controllo
strategico. Come detto, quest’ultimo si riferisce
essenzialmente ai rapporti tra organi di indirizzo
politico e rappresenta un tipico strumento di controllo
dell’operato della giunta da parte del consiglio.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
Viceversa, il controllo di gestione ha per oggetto le scelte
gestionali attuative dell’indirizzo politico e, quindi,
attiene ai rapporti tra la giunta e i dirigenti.
Altra differenza di rilievo riguarda l’aspetto temporale:
mentre il controllo strategico ha luogo con una
periodicità di ampio respiro, il controllo di gestione si
realizza in archi temporali più ristretti.
Inoltre, come accennato, il controllo di gestione finisce per
costituire uno strumento di aiuto, una guida per l’azione
gestionale.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
(Indagine ricognitiva preliminare)
Il controllo di gestione prevede un'indagine
ricognitiva preliminare per fornire una prima serie
di informazioni circa le attività svolte dai diversi
Settori ed Uffici di cui l'Ente si compone, la
dotazione organica e strumentale.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
(Indagine ricognitiva preliminare)
Vengono distribuite in questa fase due schede da
compilare,
di
organizzativi,
cui
una
gestionali
relativa
e
di
ad
aspetti
pianificazione
strategica, l'altra finalizzata invece alla rilevazione
della dotazione di mezzi informatici a disposizione
dei singoli Uffici.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Indagine ricognitiva preliminare)
La prima delle due schede consente di individuare, con riferimento ai singoli
Uffici:
- i diversi servizi erogati;
- la dotazione organica prevista in pianta organica e quella effettiva, con la
rilevazione, per ciascuna unità in dotazione all'Ufficio, della qualifica
funzionale e del profilo professionale;
- le attività svolte, analizzate sia sotto l'aspetto quantitativo che sulla base del
processo e sottoprocesso di riferimento. Per entrambi gli aspetti vengono
effettuate due rilevazioni: una a consuntivo ed una previsionale;
- i progetti che interessano l'Ufficio, con l'indicazione del Responsabile di
ciascun progetto, delle finalità perseguite, delle fonti di finanziamento, delle
eventuali interrelazioni con altri Responsabili, dei costi specifici suddivisi per
tipologia (personale, beni strumentali, costi generali);
- le esigenze di ciascun Ufficio in termini di formazione del personale,
quantificandone il numero di addetti da coinvolgere, suddiviso per qualifica, ed
una stima del numero di giornate di formazione pro-capite.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Indagine ricognitiva preliminare)
La seconda scheda, denominata "Check list dei sistemi informatici",
consente di rilevare:
- il numero di PC in dotazione all'Ufficio e le principali caratteristiche
tecniche dell'hardware;
- la presenza di una rete, la sua estensione ed il numero di PC
collegati;
- le esigenze dell'Ufficio in relazione al livello di informatizzazione
raggiunto, con riferimento tanto all'hardware quanto al software.
Questo step risulta di rilevante importanza poiché il controllo di
gestione presuppone l'esistenza di un valido sistema informativocontabile adeguato alla struttura, ai volumi e alla tipologia delle
attività esercitate dall'ente.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Attività degli uffici)
Il controllo di gestione ha inizio dalla rilevazione
trimestrale delle attività svolte dagli Uffici dell'Ente.
A tal scopo, si procede a distribuire una ulteriore
scheda di rilevazione che dev'essere compilata a cura
dei Responsabili degli Uffici di tutti i Servizi con
cadenza periodica, di solito trimestrale. Man mano che
avviene la restituzione delle schede, i dati vengono
inseriti in un software realizzato per l'Ente e
successivamente rielaborati e sintetizzati in un report.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Attività degli uffici)
La seguente scheda, come d'altronde l'intero sistema
di reporting gestionale già impiantato per il Controllo
di Gestione, integrato e completato dall'analisi di
aspetti peculiari dell'azione dirigenziale, viene
utilizzata per rilevare i dati necessari all'analisi
effettuata dal Nucleo di Valutazione.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Il Nucleo di Valutazione)
Il Nucleo di Valutazione svolge un duplice ruolo:
-
ha il compito di fornire consulenza all'Ente, per quel che
riguarda gli ambiti regolamentari inerenti l'operato del
Nucleo stesso, nonché per ciò che concerne i sistemi di
valutazione delle posizioni e delle prestazioni
dirigenziali;
-
svolge, di concerto con il Direttore Generale, il compito
di determinare, per ogni Dirigente, il valore dei
parametri che individueranno il risultato complessivo
raggiunto dal Dirigente stesso.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Il Nucleo di Valutazione)
Per porre in essere questo secondo compito, in
particolare, il Nucleo predispone ed adotta una
serie di strumenti necessari per la rilevazione dei
dati relativi ai Servizi, in modo da disporre, all'atto
della valutazione, di un quadro chiaro ed esaustivo
dell'azione svolta da ciascun Dirigente nell'anno di
riferimento.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Formazione dei dirigenti)
A latere dell'attività di raccolta informazioni e di avvio
delle procedure di controllo di gestione viene attivato un
progetto
di
formazione
dei
Dirigenti.
Tale progetto si sviluppa attraverso degli incontri volti
sia ad illustrare la metodologia del controllo di gestione
che ad approfondire alcuni aspetti fondamentali, quali:
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Formazione dei dirigenti)




la corretta compilazione delle diverse schede di rilevazione
fornite;
l'individuazione dei centri di responsabilità e di costo;
i principi base della programmazione e controllo (ciclo "plando-check-act");
l'elaborazione della Relazione Previsionale e Programmatica e
l'individuazione di programmi e progetti nel rispetto di una
corretta logica di pianificazione strategica (analisi ambientale,
finanziaria, dei servizi e del grado di attuazione dei
programmi precedenti) e programmazione strategica
(individuazione dei programmi di medio termine dell'Ente,
nel rispetto delle linee guida definite dal Piano Programma
del-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Sindaco);
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Formazione dei dirigenti)

il Piano Esecutivo di Gestione come strumento cardine del
controllo di gestione, analizzato nelle sue due direttrici:
PEG strategico e PEG istituzionale; le fasi di costruzione
del PEG: individuazione di macro-obiettivi, preparazione e
compilazione e consolidamento delle schede PEG,
negoziazione delle schede PEG, contestuale elaborazione
ed approvazione del Bilancio di Previsione, approvazione
del PEG;

fase di verifica: Bilancio Consuntivo, analisi degli
scostamenti, individuazione delle cause, azioni correttive.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
(Monitoraggio delle opere pubbliche)
L'implementazione di un sistema di controllo di
gestione prevede anche il monitoraggio delle opere
pubbliche, con riferimento a diversi aspetti, sia tecnici
che amministrativi, al fine di individuare non soltanto
lo stato delle attività ma anche di evidenziare
eventuali "colli di bottiglia" nell'iter seguito dai Lavori
Pubblici.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione
(Reporting finanziario)
Gli aspetti finanziari del controllo di gestione vengono
evidenziati in una serie di reports che consentiranno
con relativa semplicità, alla luce delle nuove
impostazioni del P.E.G., di conoscere l'evolversi
dell'attività dell'Ente da un punto di vista finanziario.
Tali reports avranno la stessa cadenza trimestrale delle
schede di rilevazione.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Caso pratico)
L’introduzione di un sistema di controllo di
gestione in un comune di medie dimensioni (max
15.000 abitanti) in cui si decidesse di usare la sola
contabilita’ finanziaria e di attuare un cosidetto
controllo per eccezioni, cioe’ solo su alcuni servizi
resi, potrebbe essere realizzato attraverso i seguenti
stadi:
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Caso pratico)
1. Individuazione del piano dei servizi;

-
2. Individuazione dei centri di responsabilita’
dell’ente, cioe’ i comparti cui e’ delegata la
responsabilita’ primaria nella produzione di servizi
o nell’effettuazione d’attivita’ fra di loro omogenee
rispetto agli obiettivi perseguiti dall’ente;
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Caso pratico)
3. Analisi dei servizi resi, da sviluppare
all’interno di ciascun centro di responsabilita’,
distinguendo tra gruppi omogenei di servizi e
attivita’ e articolando i fattori produttivi utilizzati
per realizzarli.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Caso pratico)
4. Attribuzione a ciascun servizio della consistenza numerica
dei dipendenti che hanno dedicato il proprio lavoro e di tutti gli
altri costi diretti (rilevabili dal Piano Economico di Gestione e
suscettibili di opportune rettifiche extracontabili), cioe’ quelli che
possono essere direttamente imputati al servizio che li ha generati
(es. costi per acquisto di beni di consumo, materie prime, per
prestazioni di servizi ecc. ecc., che l’ente deve sopportare per lo
svolgimento delle attivita’. I dati necessari sono reperibili
normalmente presso gli uffici di ragioneria, d’economato, del
patrimonio e in , buona parte, gli stessi centri di responsabilita’.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Caso pratico)
5. Attribuzione a ciascun servizio dei costi indiretti. Essi
potranno essere assegnati ai servizi finali con i seguenti
criteri:
- I costi indiretti specifici saranno assegnati in base alla
stima che il responsabile di costo individuera’;
- I rimanenti costi indiretti in base alla risorsa critica (o altro
metodo) che l’Amministrazione decidera’ tempo per tempo
privilegiando gli interventi che rendono rigido il bilancio
comunale;
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Caso pratico)
6. Attribuzione dei ricavi a ciascun servizio. Per essi la
contabilita’ finaziaria e’ articolata in modo tale che il dato
attribuito puo’ e deve essere utilizzato anche per il controllo
di gestione senza rettifiche extra contabili se non quelle
relative ai ratei ed ai risconti attivi. Tale tipo di ricavo
comprende una scrittura contabile di competenza di piu’
esercizi ed e’ quindi necessario attivare analisi aggiuntive per
giungere al foglio di conciliazione (contabilita’ ordinaria) ai
sensi di legge.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Caso pratico)
La suddivisione dei ricavi fra i vari centri di responsabilita’ deve
seguire alcune regole:
- Il ricavo e’ del centro di responsabilita’ che lo ha generato (esempio
le multe competono ai vigili);
- I ricavi non direttamente attribuibili a nessun centro debbono essere
ripartiti tra tutti i centri definendo al riguardo un apposito criterio
(esempio in modo paritario fra tutti i centri, risorsa critica, altri.);
- La corretta imputazione dei ricavi permettera’ la definizione del
punto di pareggio per servizio o attivita’. Elemento fondamentale per
verificare quali dovrebbero essere le tariffe dei vari servizi per
coprire perlomeno i costi diretti.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Caso pratico)
7. Individuazione di indicatori di attivita’ e di risultato che possano
dare un’idea dell’efficenza produttiva, i primi , e dell’efficacia
dell’ente locale stesso, i secondi. Un esempio di indicatore di
attivita’ potrebbe essere quello di carico di lavoro. Indicatori di
questo tipo non rappresentano un’attivita’ effettivamente svolta, ma
misurano grandezze che implicano lo svolgimento di un’attivita’ e
l’erogazione di servizi. Gli indicatori di carico di lavoro si
suddividono in effettivi (es. il n. dei metri quadrati da mantenere
puliti e il n. di allievi da sorvegliare per ciascun bidello delle scuole)
e in potenziali (es. il n. d’anziani indigenti presenti nell’ambito
territoriale amministrati dall’ente, nel settore dell’assistenza).
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Caso pratico)
Gli altri indicatori, quelli di risultato, adottati nella
valutazione delle gestioni pubbliche sono i piu’ difficili
da utilizzare, perche’ l’obiettivo che viene posto come
risultato possibile della gestione e’ sempre un dato con
forti connotazioni qualitative, e’ sempre un obiettivo da
conseguire al meglio, e cioe’ con il massimo grado di
soddisfazione del particolare bisogno pubblico per il
quale la gestione e’ stata svolta.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Caso pratico)
Le stesse connotazioni qualitative debbono quindi
essere presenti nei procedimenti di valutazione del
risultato finale della gestione. Ma la valutazione del
soddisfacimento effettivo del bisogno pubblico non
puo’ essere affidato ai soggetti che hanno operato la
gestione, e tanto meno a soggetti estranei alla
gestione. Deve essere pertanto affidata ai destinatari
del servizio gestito, i quali sono i titolari del bisogno
pubblico che con la gestione si e’ inteso soddisfare.
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Il controllo:
2. Controllo di gestione (Caso pratico)
Una valutazione del risultato della gestione pero’,
che fosse affidata agli utenti finali del servizio
gestito,
richiederebbe
un
minimo
di
organizzazione, e richiederebbe tecniche di
rilevamento che ancora non esistono, se non in
embrione.
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Il controllo:
3. Valutazione dei dirigenti
Altro tipo di controllo interno è rappresentato dalla
valutazione dei dirigenti, la cui funzione è fornire un
giudizio sulle doti manageriali dei soggetti valutati.
L’esito di tale tipo di controllo è il presupposto per la
determinazione di una componente del relativo
trattamento economico: la retribuzione di risultato.
Inoltre, esiti negativi possono essere di base per l’avvio
di procedimenti sanzionatori per responsabilità
dirigenziale.
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Il controllo:
3. Valutazione dei dirigenti
L’impostazione di tale tipo di controllo prende
avvio da una preventiva determinazione di criteri
di valutazione, che forma oggetto di accordo tra
delegazione trattante di parte pubblica ed
organizzazioni sindacali.
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Il controllo:
3. Valutazione dei dirigenti
Oggetto del controllo sono le performances dirigenziali,
sotto i seguenti profili:
1. la prestazione, in stretta relazione agli obiettivi
assegnati;
2. la posizione dirigenziale, riferibile al peso delle
responsabilità poste in capo al dirigente;
3. il potenziale, cioè l’abilità del dirigente in generale, cioè
prescindendo dalla struttura cui è preposto.
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Il controllo:
3. Valutazione dei dirigenti
La valutazione dei dirigenti si avvale di dati desumibile dal
controllo di gestione, cui si aggiungono informazioni ottenute presso
gli stessi soggetti valutati ed i loro collaboratori. Il tutto ha lo scopo
di evidenziare la capacità manageriale del valutato, che non si limita
ad aspetti solo di carattere tecnico (preparazione professionale,
esperienze passate, ecc.) ma include anche una serie di abilità
personali (consapevolezza e padronanza di sé, motivazione, ecc.) e
nei rapporti sociali (rapporto di empatia con i collaboratori e gli altri
interlocutori, assunzione di un ruolo guida, abilità nella
comunicazione, nella gestione dei conflitti, ecc.). La valutazione dei
dirigenti ha luogo da parte di appositi organi, i “nuclei di
valutazione”.
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Il controllo:
4. Controllo di regolarità amministrativa e contabile
Il controllo di regolarità amministrativa e contabile è
finalizzato ad assicurare la legittimità, regolarità e correttezza
dell’azione amministrativa.
Il declino dei controlli preventivi esterni trova il suo contrappeso
nel controllo interno che si inserisce nello stesso processo di
formazione dell’atto amministrativo. Questo ha luogo attraverso
il parere di regolarità amministrativa che viene espresso, con
assunzione di responsabilità, da parte del dirigente del servizio
interessato sulle proposte di deliberazione di giunta e di
consiglio, ovvero direttamente con la sottoscrizione degli atti
monocratici tipici dirigenziali (determinazioni).
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Il controllo:
4. Controllo di regolarità amministrativa e contabile
Il controllo di regolarità contabile è invece di
competenza del responsabile finanziario ed è espresso
con il parere di regolarità contabile sulle proposte
deliberative e con il visto di regolarità contabile,
attestante la copertura finanziaria, per le
determinazioni dirigenziali, che assumono in tal
modo piena efficacia.
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Il controllo:
4. Controllo di regolarità amministrativa e contabile
Il T.U.E.L. lascia ampio spazio alle fonti
normative dell’ente locale (statuto e regolamenti)
circa la disciplina della coerente modalità di
effettuazione dei suddetti controlli. E proprio in
esercizio del potere di autoorganizzazione gli enti
locali possono integrare le suddette tipologie di
controllo di regolarità amministrativa e contabile
con ulteriori procedure.
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Il controllo:
4. Controllo di regolarità amministrativa e contabile
Può, ad esempio, essere previsto in sede di regolamento di
disciplina delle funzioni della dirigenza che il direttore
generale (o il segretario generale negli enti privi di direttore)
ove ravvisi vizi nei singoli atti amministrativi solleciti il
dirigente che li ha emessi ad effettuare interventi correttivi
entro un termine perentorio, decorso il quale potrà essere
designato un dirigente sostituto “ad acta”. Oppure può essere
previsto un controllo periodico a campione degli atti emessi dai
singoli dirigenti dell’ente per una verifica della conformità
legale degli stessi.
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I CONTROLLI DELLA CORTE DEI CONTI
Ai controlli interni sopra descritti si aggiungono quelli
esterni, svolti da organi in posizione di terzietà rispetto
agli enti locali.
Soggetto attivo di tali controlli è la Corte dei Conti,
attraverso il controllo sulla gestione del bilancio delle
amministrazioni pubbliche ed il controllo sul
funzionamento dei controlli interni alle stesse, cui si
aggiungono i controlli di regolarità contabile e finanziaria,
introdotti dalla legge finanziaria 2006 (l. 266/’05).
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I CONTROLLI DELLA CORTE DEI CONTI
Il quadro delle prerogative della Corte dei conti si
completa con i controlli che sono svolti in funzione
del rispetto da parte degli enti pubblici degli
equilibri di bilancio in relazione ai vincoli derivanti
dall’appartenenza all’Unione Europea (c.d. patto di
stabilità).
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I CONTROLLI DELLA CORTE DEI CONTI
Il controllo sulla gestione è svolto rispetto agli
enti locali dalle sezioni regionali della Corte
territorialmente competenti. Si tratta di un tipo di
controllo successivo che riguarda sia gli aspetti
di legittimità e regolarità delle attività svolte che
i profili di efficienza, efficacia ed economicità
della stessa.
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I CONTROLLI DELLA CORTE DEI CONTI
I destinatari ed i contenuti di tali controlli sono individuati in un
apposito programma annuale predisposto da ogni sezione
regionale. Tale tipo di controllo ha carattere globale, nel senso che
scopo dello stesso è la valutazione del buon andamento della
gestione complessiva dell’ente controllato. Inoltre si conclude con
un referto, inoltrato all’organo elettivo dello stesso ente. Ciò
mette in luce la funzione di tale tipo di controllo: non di carattere
repressivo, ma collaborativo, di ausilio per il soggetto controllato,
in quanto dal referto l’organo destinatario dello stesso potrà trarre
impulso per processi di autocorrezione dei principi, delle linee
guida dell’attività dell’ente.
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I CONTROLLI DELLA CORTE DEI CONTI
Non va sottaciuto che le sezioni regionali
trovano in tale tipo di attività un’ampia base
nei risultati dell’operato degli organi di
controllo interno, in primo luogo di quelli
preposti al controllo di gestione.
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I CONTROLLI DELLA CORTE DEI CONTI
Si giunge così ad un’altra importante funzione affidata
alla Corte dei Conti: la verifica del corretto
funzionamento degli organi di controllo interno, senza la
quale lo stesso controllo esterno sulla gestione verrebbe
privato della dovuta attendibilità.
Infine, gli esiti del controllo esterno sulla gestione sono
oggetto di trasmissione annuale al Parlamento per
l’esercizio di poteri di vigilanza e, eventualmente, per
costituire lo spunto per interventi legislativi correttivi.
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I CONTROLLI DELLA CORTE DEI CONTI
S’impone una breve considerazione sulle differenze ed i
rapporti tra controlli interni e controlli esterni sulla gestione.
I primi sono svolti da organi che promanano dal vertice
dell’ente locale e perseguono le finalità illustrate nei
paragrafi precedenti. Il controllo esterno sulla gestione è
svolto, per le finalità appena ricordate, dalla Corte dei Conti,
che agisce in posizione di assoluta neutralità, di equidistanza
tra gli enti locali e le altre componenti della Repubblica, in
perfetta aderenza con la sua collocazione costituzionale tra
gli organi ausiliari della stessa.
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I CONTROLLI DELLA CORTE DEI CONTI
Il controllo di regolarità contabile e finanziaria, introdotto
dalla legge finanziaria 2006 trova il suo fondamento
nell’esigenza – espressa nell’art. 119 della Costituzione – di
coordinamento della finanza pubblica. In particolare, gli
organi interni di revisione economico-finanziaria degli enti
locali sono tenuti a trasmettere alle sezioni regionali di
controllo apposite relazioni sul bilancio di previsione e sul
rendiconto, redatte in conformità a linee guida previamente
deliberate dalle articolazioni territoriali della Corte.
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I CONTROLLI DELLA CORTE DEI CONTI
Sulla base di tali relazioni, ove riscontrino gravi
irregolarità di ordine contabile e gestionale, le
sezioni regionali potranno sollecitare gli organi
consiliari degli enti a porre in essere le necessarie
misure correttive. Emerge, anche in tal caso, una
sinergia tra organo di controllo interno ed esterno ed
il ruolo ausiliario esercitato dalla Corte.
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I CONTROLLI DELLA CORTE DEI CONTI
Infine, la Corte dei Conti esercita il controllo
sugli equilibri di bilancio, in relazione alla
verifica del rispetto del patto di stabilità interno
e dei vincoli derivanti dall’appartenenza
dell’Italia all’Unione Europea, segnatamente
riguardo all’osservanza delle regole stabilite
annualmente in occasione della legge
finanziaria.
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I servizi pubblici locali:
(art. 112 D. Lgs 267/2000)
La definizione di "servizi pubblici locali" è
contenuta nell’art. 112 del D. Lgs 267/2000: sono
tali, infatti,
“i servizi pubblici che abbiano per oggetto
produzione di beni ed attività rivolte a realizzare
fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico
e civile delle comunità locali”
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I servizi pubblici locali:
(art. 112 D. Lgs 267/2000)
Attualmente, i servizi pubblici locali si distinguono in:

“servizi pubblici di rilevanza economica”

“servizi pubblici privi di rilevanza economica”
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I servizi pubblici locali di rilevanza economica:
(modalità di erogazione art. 113 D. Lgs 267/2000)
Ai sensi del comma 5 dell’art. 113 del d.lgs 267/00,
le modalità di erogazione dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica sono le seguenti:
a) affidamento a società di capitali individuate
mediante procedure ad evidenza pubblica;
b) affidamento a società a capitale misto pubblico
privato in cui il socio privato sia scelto mediante
procedure ad evidenza pubblica;
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I servizi pubblici locali di rilevanza economica:
(modalità di erogazione art. 113 D. Lgs 267/2000)
c) affidamento a società a capitale interamente
pubblico a condizione che gli enti titolari del
capitale sociale esercitino sulla società un
controllo analogo a quello sui propri servizi e che
la società realizzi la parte più importante
dell'attività con gli enti che la controllano (c.d. in
house).
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I servizi pubblici locali di rilevanza economica:
(modalità di erogazione art. 113 D. Lgs 267/2000)
Nessun problema pone il caso disciplinato dalla
lett. a del comma 5) nel senso che l’evidenza
pubblica è la regola a cui deve sottostare la P.A.
ogni qual volta voglia garantire il rispetto della
normativa posta a tutela della concorrenza e
quindi procedere in modo del tutto obiettivo alla
scelta del gestore ritenuto più idoneo.
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I servizi pubblici locali di rilevanza economica:
(modalità di erogazione art. 113 D. Lgs 267/2000)
Differente l’ipotesi contemplata alla lettera b)
del comma 5 dell’art. 113 d. lgs 267/00: si
tratta, infatti, delle c.d. società miste, nelle
quali il socio privato deve necessariamente
essere
scelto
attraverso
la
procedura
dell’evidenza pubblica.
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I servizi pubblici locali di rilevanza economica:
(modalità di erogazione art. 113 D. Lgs 267/2000)
E’ opportuno sottolineare le differenti correnti interpretative
concernenti la questione sulla scelta del socio e l’affidamento
del servizio. Infatti:
- vi è chi ritiene che la gara per la scelta del socio non
assorbe la gara per l’affidamento del servizio: si tratta del
c.d. in house spurio (che necessiterebbe pertanto di due gare
che hanno presupposti differenti);
- i sostenitori della tesi opposta, invece, ritengono che la gara
per la scelta del socio renda non necessaria la gara per
l’affidamento del servizio.
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I servizi pubblici locali di rilevanza economica:
(modalità di erogazione art. 113 D. Lgs 267/2000)
Modalità del tutto singolare, invece, quella prevista
dalla lettera c) del comma 5 dell’art. 113 TUEL: si
tratta, infatti, del c.d. modello in house providing,
nel senso che la P.A. per produrre beni e servizi
non si rivolge all’esterno, ma si avvale di società
all’uopo costituite.
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I servizi pubblici locali di rilevanza economica:
(modalità di erogazione art. 113 D. Lgs 267/2000)
In tal caso, in deroga alla procedura dell’evidenza pubblica, la P.A. non
bandisce una gara per l’affidamento del servizio pubblico locale ma lo fa
gestire direttamente alla società che risponde integralmente all’ente stesso.
Il mancato ricorso al mercato può realizzarsi solo qualora, come previsto
dalla lettera c) del comma 5 dell’art 113 TUEL, l’ente pubblico:
- detenga integralmente il capitale della società;
- eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri
servizi;
- e che la società realizzi la parte più importante dell'attività con l’ente o gli
enti che la controllano.
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I servizi pubblici locali privi di rilevanza economica:
(modalità di erogazione art. 113bis D. Lgs 267/2000)
Ai sensi del comma 1 dell’art. 113 bis del d.lgs 267/00, le
modalità di erogazione dei servizi pubblici locali privi di
rilevanza economica avvengono attraverso:
a) istituzioni;
b) aziende speciali, anche consortili;
c) società a capitale interamente pubblico a condizione che
gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla
società un controllo analogo a quello esercitato sui propri
servizi e che la società realizzi la parte più importante della
propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la
controllano.
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Limiti a costituzione e partecipazione in società
degli Enti Locali
Il decreto Bersani, all’art. 13 prevede che, con esclusione
dei servizi pubblici locali, le società a capitale interamente
pubblico o misto aventi per oggetto:
- la produzione di beni e servizi strumentali alla attivita’
degli enti e funzionali agli stessi
- lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative
di competenza degli enti locali consentite dalla legge
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Limiti a costituzione e partecipazione in società degli
Enti Locali
Devono:
- operare esclusivamente con gli enti costituenti o
partecipanti o affidanti
Non possono:
- svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o
privati, ne’ in affidamento diretto ne’ con gara
- partecipare ad altre societa’ o enti
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Limiti a costituzione e partecipazione in società degli
Enti Locali
Lo stesso articolo prevede che l’Organo di
Revisione dell’Ente Locale debba procedere:
- alla ricognizione delle societa’ partecipate dall’ente
locale e loro qualificazione;
- alla verifica delle condizioni di ammissibilita’
delle attivita’ svolte;
- alla segnalazione delle societa’ o attivita’ da
dismettere.
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Limiti a costituzione e partecipazione in società degli
Enti Locali
La Finanziaria 2007 ai comma da 725 a 735
prevede:
la riduzione del numero degli amministratori
delle partecipate dagli enti locali
- il tetto massimo ai compensi degli amministratori
delle societa’ pubbliche
- societa’ a totale partecipazione pubblica
- societa’ a partecipazione mista
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Limiti a costituzione e partecipazione in società degli
Enti Locali
Di conseguenza, l’Organo di Revisione dell’Ente Locale
deve procedere alla verifica:
- dell’avvenuta riduzione del n.ro degli amministratori
della societa’ nei nuovi limiti massimi;
- dell’applicazione del divieto di erogazione dei compensi
agli amministratori pubblici che rivestono cariche nelle
societa’ partecipate;
- dell’ effettiva riduzione dei compensi agli amministratori
nominati dagli enti locali nei limiti disposti dai commi da
725 a 728.
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Limiti a costituzione e partecipazione in società degli
Enti Locali
La Finanziaria 2008 all’art. 3 comma da 27
VIETA:
- la costituzione e il mantenimento di partecipazioni
in societa’ aventi per oggetto produzione di beni e
servizi “non strettamente” necessari per il
perseguimento delle proprie finalita’ istituzionali;
CONSENTE:
- societa’ che producono servizi di interesse generale
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Limiti a costituzione e partecipazione in società degli
Enti Locali: Finanziaria 2008 art. 3 comma 29
PROCEDURA DI DISMISSIONE DELLE
PARTECIPAZIONI:
- cessioni di partecipazioni;
- cessione di ramo aziendale ( per scorporo delle attività non
ammesse)
Le procedure di dismissione devono essere :
-
trasparenti;
-
non discriminatorie;
-
finalizzate alla diffusione dell’azionariato.
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Limiti a costituzione e partecipazione in società degli
Enti Locali: Finanziaria 2008 art. 3 comma 30 e 31
INTRODUCONO I PROCESSI DI :
- RIORGANIZZAZIONE;
- TRASFORMAZIONE;
- DECENTRAMENTO;
- ESTERNALIZZAZIONE.
Tali processi vengono attuati tramite la costituzione o
assunzione di partecipazione in società totalmente
pubbliche o miste.
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Limiti a costituzione e partecipazione in società degli
Enti Locali: Finanziaria 2008 art. 3 comma 30 e 31
L’Ente è obbligato a trasferire:
RISORSE
UMANE
RISORSE
FINANZIARIE
RISORSE
STRUMENTALI
In misura adeguata alle funzioni esternalizzate provvedendo
alla riduzione della propria dotazione organica.
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Limiti a costituzione e partecipazione in società degli
Enti Locali: Finanziaria 2008
SINTESI DEI CONTROLLI ED ADEMPIMENTI DEI REVISORI
VERIFICA
se le previsioni di business plan sono conciliabili
con le previsioni annuali e pluriennali dell’Ente
VERIFICA
nel contratto di servizio il corretto e puntuale
inquadramento dei rapporti finanziari e fiscali tra le
parti
VERIFICA
l’adeguatezza delle risorse umane da trasferire sulla base
del piano di fattibilità economico-finanziario allegato ai
documenti di costituzione del nuovo organismo o di
acquisto di partecipazione in organismo esistente
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Limiti a costituzione e partecipazione in società degli
Enti Locali: Finanziaria 2008
SINTESI DEI CONTROLLI ED ADEMPIMENTI DEI REVISORI
VERIFICA
VERIFICA
l’adeguatezza e compatibilità di bilancio delle risorse
finanziarie e strumentali da trasferire sulla base del piano
di fattibilità economico-finanziario allegato ai documenti
di costituzione del nuovo organismo o di acquisto di
partecipazione in organismo esistente
l’effettivo trasferimento del personale all’organismo partecipato
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Limiti a costituzione e partecipazione in società degli
Enti Locali: Finanziaria 2008
SINTESI DEI CONTROLLI ED ADEMPIMENTI DEI REVISORI
VERIFICA
la corretta provvisoria rideterminazione della dotazione
organica sulla base del personale trasferito
VERIFICA
la rideterminazione definitiva della dotazione organica
VERIFICA
il trasferimento delle risorse finanziarie in misura non superiore
a quelle individuate nell’atto di costituzione del nuovo
organismo o di acquisto della partecipazione
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Limiti a costituzione e partecipazione in società degli
Enti Locali: Finanziaria 2008
SINTESI DEI CONTROLLI ED ADEMPIMENTI DEI REVISORI
SEGNALA
eventuali inadempimenti alle norme esaminate
alla competente sezione regionale della Corte
dei Conti
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Inquadramento normativo
L'art. 194 del Tuel disciplina l'ambito e le procedure
di riconoscibilità dei debiti fuori bilancio, ossia
delle obbligazioni maturate senza che sia stato
adottato il dovuto adempimento per l’assunzione
dell’impegno di spesa previsto dall’art.191, commi
1-3, del D.Lgs.267/2000.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Inquadramento normativo
La nozione di debito fuori bilancio attiene alla patologia delle
fasi del perfezionamento del procedimento di spesa degli enti
locali, potendo essere riferito sia ad obbligazioni sorte
nell'esercizio in corso sia a rapporti giuridici risalenti ad esercizi
precedenti. Il Ministero dell’Interno, con Circolare 20 settembre
1993 n. F.L. 21/1993 ha definito il debito fuori bilancio come
“un’obbligazione verso terzi per il pagamento di una determinata
somma di danaro che grava sull’ente (…..) assunta in violazione
delle norme giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa
degli Enti Locali”.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Inquadramento normativo
Con riferimento ai requisiti generali che il debito deve avere ai
fini del riconoscimento, il Ministero dell’Interno ha indicato
questi caratteri:
- certezza, cioè effettiva esistenza dell’obbligazione di dare;
- liquidità, nel senso che deve essere individuato il soggetto
creditore, il debito sia definito nel suo ammontare e l’importo sia
determinato o determinabile mediante una semplice operazione
di calcolo aritmetico;
- esigibilità, nel senso che il pagamento non sia dilazionato da
termine
o
subordinato
a
condizione.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Inquadramento normativo
Già la Corte dei Conti, con deliberazione n. 30 del
24/11/1986 aveva disegnato un primo profilo concettuale
della
materia,
rilevando,
innanzitutto
che
alla
determinazione dell’effettivo avanzo di amministrazione
devono concorrere non solo i residui passivi risultanti dalle
scritture contabili, ma
anche gli altri eventuali residui passivi (definibili “di fatto”)
ricollegati in nesso causale con il mancato rispetto in passato
delle regole giuscontabili proprie della gestione degli enti
locali.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Inquadramento normativo
Il debito fuori bilancio viene così definito dal giudice
contabile come un’obbligazione assunta al di là degli
stanziamenti del bilancio di previsione, ovvero che si
sarebbe potuta assumere a termini di autorizzazione del
bilancio preventivo, e che tuttavia non è stata assunta
ritualmente sotto il profilo del diritto amministrativo e
dell’ordinamento giuscontabile in particolare. In altri termini
è l’ipotesi delle obbligazioni assunte o comunque sorte senza
far luogo a regolare impegno e senza tramutarsi
successivamente in residuo passivo.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Inquadramento normativo
La citata deliberazione della Corte si conclude con l’indicazione della
necessità che “la bozza di conto consuntivo sia portata all’esame del
consiglio comunale accompagnata da un elenco dei debiti fuori
bilancio, a firma del sindaco e del segretario”. L’elencazione deve
inoltre contenere la certificazione che non esistono altri debiti fuori
bilancio. Stante la evidente difficoltà per sindaci e segretari di
rilasciare una certificazione di tale genere, si rende quindi necessario
che il testo della certificazione sia tale da ricomprendere “oltre che lo
stato degli atti di ufficio e la conoscenza personale dei fatti di
gestione, anche l’acquisita dichiarazione di tutti coloro i quali possano
o debbano essere a conoscenza di debiti fuori bilancio”.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Riconoscimento
Il debito fuori bilancio, dunque, è un debito perfezionatosi
giuridicamente ma non contabilmente: ne consegue che l'atto
di riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio
da parte del consiglio dell'ente fa coincidere i due aspetti
giuridico e contabile in capo al soggetto che l'ha
riconosciuto; cosicchè il mancato riconoscimento da parte del
consiglio non soltanto non consente a quel debito di entrare
nella sfera patrimoniale dell'ente, ma sposta l'obbligazione
giuridicamente
perfezionatasi
in
capo
all'autore
dell'indebitamento.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Riconoscimento
L'attribuzione al consiglio dell'ente di riconoscerne la
legittimità risponde alla duplice esigenza di dotare tale
organo della piena conoscenza, conferendogli l'assoluta
responsabilità della decisione, ma anche di permettere al
medesimo la valutazione sul fine pubblico conseguito
(utilitas) e sulla condotta dell'amministratore che quel
debito ha originato con un atto, un provvedimento, un
fatto, un comportamento, anche omissivo.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Riconoscimento
I requisiti di riconoscibilità dei debiti fuori bilancio
individuati nelle circolari Ministero interni n. F.L.
22/89 e F.L. 21/93 consistono nel fine pubblico
conseguito, nella regolarità della fornitura e nella
congruità dei prezzi. Il debito assunto a carico del
bilancio andrebbe, quindi, formalizzato e verrebbe
posto in pagamento anche ratealmente, nel qual caso
gli interessi di dilazione, se richiesti dal creditore,
andrebbero opportunamente riconosciuti.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Riconoscimento
La delibera di riconoscimento deve essere adottata ogni
qualvolta si rendesse necessario e con la periodicità
stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale.
Ove l'indagine conoscitiva desse esiti negativi, perché
ad esempio non si fosse realizzata alcuna utilità
pubblica dalla condotta amministrativa che diede
origine alla sentenza, il consiglio potrebbe dichiararsi
estraneo
a
quel
debito.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Riconoscimento
I debiti fuori bilancio di cui il consiglio è competente a
riconoscerne la legittimità sono quelli elencati dalla legge e
rispondono ad una delle seguenti fattispecie:
a) le sentenze passate in giudicato o immediatamente esecutive.
Per sentenze passate in giudicato si intendono quelle nei cui
confronti non è più ammesso alcun mezzo di impugnazione e
pertanto divengono esecutive nei loro effetti. Le sentenze
immediatamente esecutive sono quelle per le quali il giudice, in
pendenza dell'ulteriore grado di giudizio, dichiara la
provvisoria esecutorietà tra le parti.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Riconoscimento
b) La copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di
istituzioni. La legge autorizza il riconoscimento dei debiti fuori
bilancio relativi a disavanzi degli enti strumentali a cui è affidata la
gestione
di
specifici
servizi.
Il disavanzo è ripianabile secondo quanto previsto dagli statuti,
convenzioni o atti costitutivi dei predetti enti strumentali a
condizione che il loro bilancio sia stato deliberato in pareggio e che
il disavanzo sia derivato esclusivamente da fatti di gestione, ossia
da minori accertamenti di entrate, o da maggiori spese impreviste o
straordinarie.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Riconoscimento
c) La ricapitalizzazione di società di capitali costituite
per l'esercizio di servizi pubblici locali.
Il richiamo è alla sola ricapitalizzazione che
costituisce l'unica forma, specificamente disciplinata
dalle norme civilistiche, di ripiano delle perdite delle
società miste strumentali per l'esercizio di servizi
dell'ente.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Riconoscimento
d) Le procedure espropriative o occupazioni di urgenza.
Le procedure espropriative per opere di pubblica utilità
hanno un iter procedimentale abbastanza complesso sia per
quanto riguarda la definizione del provvedimento ablatorio
sia per quanto riguarda la determinazione dell'indennità di
esproprio e di occupazione. All'atto dell'emissione del
decreto di esproprio viene altresì fissata l'indennità da
corrispondere all'espropriato che, se l'accetta, si limiterà a
sottoscrivere l'atto di cessione volontaria.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Riconoscimento
Se, però, non dovesse accettare l'indennità determinata dall'ente
espropriante, quest'ultimo è tenuto ad effettuarne il deposito presso
la Cassa depositi e prestiti in attesa dell'esito del giudizio che
l'espropriato solitamente instaura in caso di mancata accettazione.
Nei casi in cui la misura della indennità determinata dalla sentenza
o dall'accordo stragiudiziale dovesse risultare maggiore
dell'indennità prevista al momento del provvedimento di
espropriazione o di occupazione, la parte della indennità eccedente
la somma a suo tempo impegnata costituirà un debito fuori bilancio
in quanto non prevista e non impegnata nel bilancio dell'anno
finanziario in cui sono stati adottati i predetti provvedimenti.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Riconoscimento
e) L'acquisizione di beni e servizi in violazione delle regole
sull'impegno.
Questa possibilità è ammessa per le sole spese disposte
nell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di
competenza dell'ente, a condizione che siano accertati e
dimostrati:
a) l'utilità pubblica;
b) l'arricchimento senza giusta causa.
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I DEBITI FUORI BILANCIO: Riconoscimento
L'elemento che caratterizza l'utilità pubblica è l'individuazione
dell'apprezzamento del requisito della vantaggiosità pubblica,
apprezzamento effettuato in via generale dal legislatore. In ogni caso si
deve ammettere che sono da qualificarsi di per sé utili e vantaggiose le
spese specificatamente previste per legge, nonché quelle strettamente
connesse a funzioni pubbliche obbligatorie per legge da attuarsi
secondo scelte discrezionali dell'amministrazione locale.
L'arricchimento corrisponde alla diminuzione patrimoniale sofferta senza
giusta causa dal soggetto che ha fornito beni e servizi, da indennizzare
nei limiti dell'arricchimento ottenuto dall'ente. Ciò comporta che il
quantum del debito riconoscibile da parte dell'ente dovrà essere pari alla
minor somma tra l'arricchimento dell'ente e la diminuzione patrimoniale
subita dal terzo. L'arricchimento coincide con il prezzo di mercato nel
caso di beni e servizi, o con quanto previsto dalle tariffe dei vari ordini
nel caso di prestazioni professionali.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Riconoscimento
Nel caso di incarichi professionali, la diminuzione
patrimoniale coincide con il mancato guadagno, da
determinarsi eventualmente anche ex art. 1226 c.c..
La parte residua di debito che rimane al di fuori del
riconoscimento operato dall'ente va posta a carico del
funzionario che ha concorso alla formazione del debito
fuori bilancio e solo a quest'ultimo il terzo potrà
rivolgersi per la completa soddisfazione del proprio
credito.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Copertura
Spetta al regolamento di contabilità stabilire la periodicità delle
sedute consiliari convocate al fine di procedere al riconoscimento
della legittimità dei debiti fuori bilancio ed alla loro copertura, ma
la legge impone, comunque, che una sessione debba tenersi
almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno. In
presenza di disavanzo di amministrazione o di debiti fuori
bilancio emergenti dall'ultimo rendiconto deliberato è fatto
divieto, fino all'adozione dei provvedimenti di riequilibrio, di
assumere impegni o pagare spese per servizi non espressamente
previsti per legge.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Copertura
Il riconoscimento di un debito promanante da una
sentenza, è atto obbligatoriamente assumibile entro e non
oltre l'esercizio nel quale quella sentenza è divenuta nota
all'ente. La presenza di debiti fuori bilancio ai quali non
sia stato fatto fronte validamente con i mezzi di
copertura previsti dalla legge obbliga il consiglio
dell'ente a dichiarare lo stato di dissesto, pena lo
scioglimento del consiglio.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Copertura
Con la delibera di riconoscimento dei debiti fuori bilancio
si deve provvedere ad indicare i mezzi finanziari destinati
alla loro copertura, completandosi in questo modo il
procedimento che ha per fine quello di far rientrare nella
corretta gestione di bilancio quelle spese che ne erano del
tutto
fuori.
La legge disciplina le modalità di pagamento ed il
reperimento dei mezzi finanziari a copertura dei debiti
fuori bilancio.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Copertura
È consentito di farvi fronte con ogni mezzo finanziario a
disposizione dell'ente, ad eccezione delle entrate provenienti
dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica
destinazione per legge, nonché con i proventi derivanti da
alienazione di beni patrimoniali disponibili. Inoltre, l'ente
locale può convenire con i creditori un piano di rateizzazione
del pagamento del debito di durata non superiore a tre anni,
compreso quello in corso.
E’ ammesso anche il ricorso a mutui, ai sensi degli artt. 202 e
seg. del T.U., salvo quanto disposto dal comma 4 dell’art. 41
della legge finanziaria per il 2002.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Copertura
Quest’ultimo aspetto merita particolare attenzione. A seguito
della legge costituzionale n. 3/2001, che ha consentito agli enti
locali di indebitarsi esclusivamente per le spese di investimento
(art. 119 Cost.), l’art. 41, comma 4, legge n. 448/2001 ha
chiarito che il ricorso ai mutui per la copertura dei debiti fuori
bilancio è ammesso solo per quei debiti maturati anteriormente
alla data di entrata in vigore della legge costituzionale n.
3/2001. Fa eccezione a tale principio la disciplina prevista per il
risanamento degli enti locali dissestati.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Copertura
In particolare, si fa presente che il comma 15 dell’art. 31 della
legge 289/2002 (legge finanziaria per il 2003), nell’abrogare le
disposizioni del T.U.E.L. relative al risanamento degli stessi, fa
salva l’applicazione delle medesime disposizioni a favore di quegli
enti che hanno adottato la deliberazione di dissesto prima
dell’entrata in vigore della legge cost. n. 3/2001.
Pertanto, gli enti dissestati, rientrando nelle fattispecie previste
dalla citata disposizione, possono assumere mutui per il ripiano
dell’intero indebitamento pregresso, compreso quello di parte
corrente.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Competenza
Il riconoscimento dei debiti fuori bilancio spetta all'organo
consiliare, che deve non solo e non tanto sanare una o più
spese assunte senza impegno, quanto verificare che ciò
non pregiudichi gli equilibri di bilancio.
E' stata avanzata in dottrina l'ipotesi che tale compito,
qualora non comporti variazioni di bilancio, spetti
all'organo gestionale (responsabile di servizio o settore) in
conformità al normale regime delle competenze di spesa.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Competenza
In realtà, anche in tal caso l'insorgenza di debiti si
riflette in qualche modo sui programmi approvati
a inizio esercizio (sul Peg, se non addirittura sulla
relazione previsionale). Occorre pertanto un
provvedimento di natura programmatica e quindi
politica: si potrebbe procedere mediante delibera
di giunta, se lo stanziamento è capiente, o di
consiglio, se occorre modificare il bilancio.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Competenza
L’esclusiva competenza all’organo consiliare si giustifica
agevolmente tenuto conto della eccezionalità della
procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio
(che importa la sostanziale modifica delle decisioni di
bilancio precedentemente adottate e comunque una
valutazione
di
alcuni
episodi
profondamente
disfunzionali per l’organizzazione amministrativa) e
della necessità di escludere possibili conflitti di interessi
nelle decisioni in materia di riconoscimento.
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Competenza
E’ controversa la natura della deliberazione da
adottare da parte del consiglio per il
riconoscimento del debito fuori bilancio. Che
l’atto di riconoscimento del consiglio sia un atto
dovuto e vincolato è indicato da una recente
pronuncia della Cassazione (Cass. Civ., Sez. I,
16/6/2000 n. 8223).
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I DEBITI FUORI BILANCIO:
Competenza
La deliberazione consiliare di riconoscimento del debito fuori
bilancio va allegata in copia al rendiconto della gestione in corso ai
sensi dell’articolo 193, comma 2, del D.Lgs.267/2000.
L’art. 23, comma 5, della legge 289/2002 (legge finanziaria 2003)
ha infine disposto che i provvedimenti di riconoscimento di debito
posti in essere dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono
trasmessi agli organi di controllo ed alla competente procura della
Corte dei conti. L’organo di revisione deve verificare che i
provvedimenti di riconoscimento di debiti gli siano trasmessi
nonché inviati alla competente procura della Corte dei Conti.
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RENDICONTO DELLA GESTIONE: ART. 227 Tuel
La dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediante
il rendiconto, il quale comprende il conto del bilancio, il
conto economico ed il conto del patrimonio.
Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare dell'ente
entro il 30 Aprile dell'anno successivo, tenuto
motivatamente conto della relazione dell'organo di
revisione. La proposta è messa a disposizione dei
componenti dell'organo consiliare prima dell'inizio della
sessione consiliare in cui viene esaminato il rendiconto
entro un termine, non inferiore a venti giorni, stabilito dal
regolamento.
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RENDICONTO DELLA GESTIONE: ART. 227 Tuel
Sono allegati al rendiconto:
a) la relazione dell'organo esecutivo di cui all'articolo
151, comma 6;
b) la relazione dei revisori dei conti di cui all'articolo
239, comma 1, lettera d);
c) l'elenco dei residui attivi e passivi distinti per anno di
provenienza.
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IL CONTO DEL BILANCIO: ART. 228 Tuel
1. Il conto del bilancio dimostra i risultati finali della gestione
autorizzatoria contenuta nel bilancio annuale rispetto alle
previsioni.
2. Per ciascuna risorsa dell'entrata e per ciascun intervento
della spesa, nonché per ciascun capitolo dei servizi per
conto di terzi, il conto del bilancio comprende,
distintamente per residui e competenza:
a) per l'entrata le somme accertate, con distinzione della
parte riscossa e di quella ancora da riscuotere;
b) per la spesa le somme impegnate, con distinzione della
parte pagata e di quella ancora da pagare.
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IL CONTO DEL BILANCIO: ART. 228 Tuel
3. Prima dell'inserimento nel conto del bilancio dei residui
attivi e passivi l'ente locale provvede all'operazione di
riaccertamento degli stessi, consistente nella revisione delle
ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei residui.
4. Il conto del bilancio si conclude con la dimostrazione del
risultato contabile di gestione e con quello contabile di
amministrazione, in termini di avanzo, pareggio o
disavanzo.
5. Al conto del bilancio sono annesse la tabella dei parametri
di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale e la
tabella dei parametri gestionali con andamento triennale. Le
tabelle sono altresì allegate al certificato del rendiconto.
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IL CONTO DEL BILANCIO: ART. 228 Tuel
6. Ulteriori parametri di efficacia ed efficienza contenenti
indicazioni uniformi possono essere individuati dal
regolamento di contabilità dell'ente locale.
7. Il Ministero dell'interno pubblica un rapporto annuale, con
rilevazione dell'andamento triennale a livello di aggregati,
sui parametri gestionali dei servizi degli enti locali indicati
nella apposita tabella di cui al comma 5. I parametri a
livello aggregato risultanti dal rapporto sono resi
disponibili mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica Italiana.
8. I modelli relativi al conto del bilancio e le tabelle di cui al
comma 5 sono approvati con il regolamento di cui
all'articolo 160.
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CONTO ECONOMICO: ART. 229 Tuel
Definizione e finalità
“Il conto economico evidenzia i componenti positivi e
negativi dell’attività dell’ente secondo criteri di
competenza economica. Comprende gli accertamenti e
gli impegni del Conto del bilancio, rettificati al fine di
costituire la dimensione finanziaria dei valori
economici riferiti alla gestione di competenza, le
insussistenze e sopravvenienze derivanti dalla gestione
dei residui e gli elementi economici non rilevati nel
Conto del patrimonio”.
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CONTO ECONOMICO: ART. 229 Tuel
b) I componenti reddituali positivi:
 TRIBUTARI
PROVENTI
 DA TRASFERIMENTI
 SERVIZI PUBBLICI
 CONCESSIONI
 DIVERSI
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Corso Avanzato - II Livello “LA REVISIONE NEGLI ENTI LOCALI”
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CONTO ECONOMICO: ART. 229 Tuel
b) I componenti reddituali negativi:
 PERSONALE
COSTI
 ACQUISTI
 VARIAZIONI DI RIMANENZE
 PRESTAZIONI DI SERVIZI
 BENI DI TERZI
 TRASFERIMENTI
 IMPOSTE E TASSE
 QUOTE DI AMMORTAMENTO
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CONTO ECONOMICO: ART. 229 Tuel
c) Aspetti formali



Il Conto economico è redatto secondo uno schema a forma
scalare in base al modello n. 17 del D.P.R. 194 del 1996
In tale schema le voci sono classificate secondo la loro
natura e con la qualificazione dei risultati parziali e del
risultato economico finale
La forma scalare è sicuramente più espressiva e più
“leggibile” di quella a sezioni divise e consente di ottenere la
rilevazione dei risultati parziali sicuramente più utili ai fini di
un’analisi della situazione economica dell’ente oltre che, la
comparabilità dei conti economici di diverse amministrazioni
o dello stesso ente nel tempo
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CONTO ECONOMICO: ART. 229 Tuel
d) Contabilità economica e prospetto di conciliazione
 “Gli enti locali, ai fini della predisposizione del rendiconto
della gestione, adottano il sistema di contabilità che più
ritengono idoneo per le proprie esigenze”
 “Al conto economico è accluso un prospetto di conciliazione
che, partendo dai dati finanziari della gestione corrente del
conto del bilancio, con l’aggiunta di elementi economici,
raggiunge il risultato economico. I valori della gestione non
corrente vanno riferiti al patrimonio”
 Strumento per trasformare i valori finanziari in valori
economico-patrimoniali
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PROSPETTO DI CONCILIAZIONE : art. 229 Tuel
comma 9
Al Conto Economico è accluso un prospetto di
conciliazione che, partendo dai dati finanziari
della gestione corrente del conto del bilancio,
con l’aggiunta di elementi economici, raggiunge
il risultato finale economico. I valori della
gestione non corrente vanno riferiti al
patrimonio.
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PROSPETTO DI CONCILIAZIONE: ART. 229 Tuel
d) Integrazioni e rettifiche
INTEGRAZIONI E RETTIFICHE ALLE ENTRATE E SPESE CORRENTI
Dagli accertamenti di
competenza vengono aggiunti i:
 Ratei attivi finali
 Risconti passivi iniziali
Dagli impegni di competenza
vengono aggiunti i:
 Ratei passivi finali
 Risconti attivi iniziali
Dagli accertamenti di
competenza vengono sottratti i:
 Ratei attivi iniziali
 Risconti passivi finali
Dagli impegni di competenza
vengono sottratti i:
 Ratei passivi iniziali
 Risconti attivi finali
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PROSPETTO DI CONCILIAZIONE: ART. 229 Tuel
d) Integrazioni e rettifiche
INTEGRAZIONI E RETTIFICHE ALLE ENTRATE E SPESE NON CORRENTI
Gli accertamenti di competenza
vengono rettificati dalle:
 Plusvalenze
 Insussistenze del passivo
 Sopravvenienze attive
 Incrementi di
immobilizzazioni per lavori
interni
 Variazione delle rimanenze di
prodotti in corso di lavorazione
Gli impegni di competenza
vengono rettificati dalle:
 Minusvalenze
 Insussistenze dell’attivo
 Sopravvenienze passive
 Quote di ammortamento
d’esercizio
 Variazione delle rimanenze di
materie prime e/o beni di consumo
 Accantonamento per
svalutazione crediti
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PROSPETTO CONTO ECONOMICO
A)
PROVENTI DELLA GESTIONE
1) Proventi tributari
2) Proventi da trasferimenti
3) Proventi da servizi pubblici
4) Proventi da gestione patrimoniale
5) Proventi diversi
6) Proventi da concessioni da edificare
7) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni
8) Variazioni nelle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione ecc.
(+/-) Totale proventi della gestione (A)
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PROSPETTO CONTO ECONOMICO
B) COSTI DELLA GESTIONE
9) Personale
10) Acquisto materie prime e/o beni di consumo
11) Variazioni nelle rimanenze di mat 1^ e/o beni di consumo (+/-) 12) Prestazioni di servizi
13) Utilizzo beni di terzi
14) Trasferimenti
15) Imposte e tasse
16) Quote di ammortamento d'esercizio
Totale costi di gestione (B)
RISULTATO DELLA GESTIONE (A-B)
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PROSPETTO CONTO ECONOMICO
C) PROVENTI E ONERI DA AZIENDE SPECIALI
PARTECIPATE
17) Utili
18) Interessi su capitale di dotazione
19) Trasferimenti ad aziende speciali e partecipate
Totale (C) (17+18-19)
RISULTATO DELLA GESTIONE OPERATIVA (AB+/-C)
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PROSPETTO CONTO ECONOMICO
D) PROVENTI ED ONERI FINANZIARI
20) Interessi attivi
21) Interessi passivi:
- su mutui e prestiti
- su obbligazioni
- su anticipazioni
- per altre cause
Totale (D) (20-21)
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PROSPETTO CONTO ECONOMICO
E) PROVENTI ED ONERI STRAORDINARI
Proventi
22) Insussistenze del passivo
23) Sopravvenienze attive
24) Plusvalenze patrimoniali
Totale proventi (e.1) (22+23+24)
Oneri
25) Insussistenze dell'attivo
26) Minusvalenze patrimoniali
27) Accantonamento per svalutazione crediti
28) Oneri straordinari
Totale proventi (e.2) (25+26+27+28)
Totale (E) (e.1 - e.2)
RISULTATO ECONOMICO DELL'ESERCIZIO (A-B+/-C+/-D+/-E)
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
a) definizione e finalità
“Il Conto del patrimonio rileva i risultati
della gestione patrimoniale e riassume la
consistenza del patrimonio al termine
dell’esercizio, evidenziando le variazioni
intervenute nel corso dello stesso, rispetto
alla consistenza iniziale”
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
a) definizione e finalità
La sua redazione è generalmente prevista anche dalle norme di
contabilità pubblica. Tuttavia:
 il conto del patrimonio previsto dalle norme di contabilità si
basa su rilevazioni inventariali extracontabili;
 le modifiche normative intervenute negli anni, inoltre, ne
hanno completamente sottovalutato il ruolo e l’importanza;
 le singole aziende pubbliche, di conseguenza, gli hanno
attribuito una rilevanza sempre minore
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
b) Aspetti formali: analogie con lo schema civilistico
Lo schema per gli enti locali presenta forti analogie con lo schema
civilistico di stato patrimoniale, tra cui:
• la struttura a sezioni contrapposte;
• l’articolazione di attività e passività in macroclassi (lettere alfabetiche
maiuscole), classi (numeri romani), voci (numeri arabi) e sottovoci (lettere
alfabetiche maiuscole)
• il criterio generale di classificazione delle attività per «destinazione» o
«funzione economica», anzichè per liquidità
• il criterio generale di classificazione delle passività per natura, anzichè per
esigibilità
• il criterio dell’esposizione di valori netti, in base al quale i fondi
rettificativi dell’attivo (tipicamente fondi ammortamento e fondi
svalutazione) vanno portati a deduzione delle poste attive cui fanno
riferimento
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
b) Aspetti formali: differenze con lo schema civilistico
ATTIVITA’: a livello di macroclassi e classi, l’unica differenza è l’assenza
della macroclasse «crediti verso soci per versamenti ancora dovuti», che
non avrebbe alcun significato per gli Enti Locali
ATTIVITA’: Tra le “immobilizzazioni immateriali” è prevista solo la voce
«costi pluriennali capitalizzati». In tale voce può confluire:
- il software acquistato o sviluppato internamente;
- i costi di manutenzione straordinaria su beni di terzi.
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
b) Aspetti formali: differenze con lo schema civilistico
Le “immobilizzazioni materiali” sono classificate secondo due
criteri: per natura, come nello schema civilistico, ma anche per
destinazione giuridica. Quest’ultima è quella prevalente e
distingue tra:
- beni demaniali
- beni patrimoniali indisponibili
- beni patrimoniali disponibili
N.B.: Questa distinzione è sostanzialmente coerente con
l’impostazione economico-aziendale, che sottolinea le difficoltà di
valutazione delle immobilizzazioni «non alienabili» e ne
suggerisce una «distinta classificazione».
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
Beni demaniali
Sono soltanto quelli tassativamente indicati dagli artt. 822 e
824 del Codice civile e da leggi speciali. Il Cod. Civ. fa
riferimento al demanio dello Stato, ma la stessa tipologia di
beni, se proprietà di Province o Comuni, individua il demanio
provinciale e comunale.
Caratteristiche:
sono inalienabili e imprescrittibili: non possono cioè ne essere
venduti, né essere acquistati in proprietà da altre persone
attraverso l’usucapione, né formare oggetto di diritti a favore di
terzi. In tale categoria vanno evidenziati anche i diritti
demaniali su beni altrui. Sono raggruppati in un’unica voce.
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
Beni demaniali
Il codice civile chiaramente afferma che sono sottoposti al
regime del demanio pubblico, se appartengono agli enti
locali, oltre a strade, autostrade, strade ferrate, aerodromi,
acquedotti, cimiteri e mercati comunali, beni quali:
immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico ed
artistico, la raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli
archivi e delle biblioteche (combinato disposto degli articoli
824 e 823 cod. civ.), in pratica della più ampia porzione dei
beni che compongono il patrimonio culturale.
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
Beni demaniali
Stando alla lettura dell’art. 230 del TUEL, affinché un bene e/o
un rapporto giuridico possano annoverarsi fra gli elementi attivi
e passivi patrimoniali occorre che si verifichino,
contemporaneamente, due condizioni.
Tali elementi devono essere:
a) «di pertinenza» dell’Ente Locale
b) «Suscettibili di valutazione»
Taluni beni demaniali, pur essendo «di pertinenza» dell’ente
locale, rischiano di non essere compresi nel suo Rendiconto
patrimoniale
in quanto non «suscettibili di valutazione»
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
Beni demaniali
Il TUEL impone l’ammortamento dei beni demaniali ed
individua i seguenti coefficienti fissi:
a) edifici, anche demaniali, ivi compresa la manutenzione
straordinaria 3%;
b) Strade, ponti ed altri beni demaniali al 2%.
Il criterio di ammortamento individuato è regolare, a quote
costanti, nell’evidente ipotesi che tali beni cedano le
proprie utilità nella stessa misura in ogni esercizio.
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
Beni patrimoniali
I beni patrimoniali sono definiti dall’art. 826 del Cod. Civ. in modo
residuale, ossia come i beni non demaniali degli Enti Pubblici.
Si distinguono in beni del patrimonio indisponibile e disponibile.
I beni del patrimonio indisponibile, in particolare:
(i) sono elencati nell’art. 826/2 e 826/3 del C.C.. Ad essi si aggiungono i
beni di interesse storico, artistico, scientifico, tecnologico e archivistico,
bibliografico, naturalistico e di valore culturale che devono essere
tutelati, valorizzati e recuperati come previsto da specifiche norme;
(ii) differiscono dai beni del patrimonio disponibile solo perchè sono
destinati a pubblico servizio e non possono essere distratti dall’uso
pubblico loro assegnato se non per volontà dell’amministrazione e nelle
forme stabilite dalla legge.
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
Beni patrimoniali
Per i beni patrimoniali, invece, è prevista una classificazione per natura più
analitica di quella civilistica, con:
• voci distinte (da 2 a 5) per terreni e fabbricati;
• voci distinte per attrezzature e sistemi informatici (7), automezzi e motomezzi
(8), mobili e macchine d’ufficio (9);
• voci specifiche (10 e 11) per l’universalità dei beni, intesa come “la pluralità di
cose che appartengono alla stessa persona e hanno destinazione unitaria” (art.
816 C.C.). Rientra in questa voce l’insieme dei valori relativi a quadri,
sculture, opere d’arte, collezioni di proprietà dell’Ente Locale (non però le
pinacoteche e le biblioteche, che costituiscono beni demaniali);
• una voce specifica (12) per i diritti reali su beni di terzi, ossia i diritti di
superficie, enfiteusi, uso e abitazione, servitù
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
Criteri di valutazione
Il Tuel prevede un doppio sistema di criteri di
valutazione:
- uno per la costruzione dello S.P. iniziale;
- uno da utilizzare a regime.
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VOCE
CRITERIO PER LA REDAZIONE DELLO S.P.
INIZIALE
CRITERIO A
REGIME
Beni demaniali
Ammontare del debito residuo dei mutui contratti per
l’acquisizione di quei beni (*)
Costo
Terreni
Valore catastale rivalutato secondo le norme fiscali. In
subordine, per i terreni ai quali non è possibile attribuire la
rendita catastale: modalità previste per i beni demaniali
Costo
Fabbricati
Valore catastale rivalutato secondo le norme fiscali
Costo
Mobili
Costo (**) (***)
Crediti
Censi, livelli ed enfiteusi
Rimanenze, ratei e risconti
Debiti
Costo (***)
Valore nominale
Capitalizzazione della rendita al tasso legale
Criteri previsti dal codice civile
Valore residuo
(*) Tutti i beni demaniali a cui non corrispondono debiti residui avranno valore “zero”;
(**) In fase di prima applicazione, i beni mobili non registrati acquisiti dall’Ente Locale da oltre un
quinquennio possono essere considerati, con modalità definite dal Regolamento di contabilità, interamente
ammortizzati;
(***) Il Regolamento di Contabilità definisce le categorie di beni mobili non inventariali in ragione della
natura di beni di facile consumo o del modico valore (art. 230/8 del Tuel).
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
Le motivazioni della semplificazione



I criteri per la costruzione dello S.P. iniziale sono volutamente ed
opportunamente semplificati per facilitare l’avvio della CO.GE.
In molti casi, infatti:
la determinazione del costo originario delle immobilizzazioni
sarebbe impossibile e/o poco significativa;
la piena valorizzazione delle immob. avrebbe accresciuto il valore
dell’Attivo, con il conseguente calcolo di un’elevata quota di
ammortamento;
la mancata valorizzazione, in presenza di notevoli debiti per mutui
passivi, avrebbe potuto invece comportare un deficit patrimoniale
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
Le difficoltà di redazione dello S.P. iniziale




gli inventari contengono spesso dati imprecisi e antiquati
la maggior parte dei fabbricati non è ancora stata
accatastata
la provenienza e i meccanismi di acquisizione di molti
immobili sono legati a provvedimenti legislativi di difficile
interpretazione
e
applicazione
(es.:
espropri,
retrocessioni,ecc.)
non sempre è agevole ricostruire il collegamento tra beni e
mutui residui
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CONTO DEL PATRIMONIO: ART. 230 Tuel
Le difficoltà di valutazione a regime
Questi sono sostanzialmente coerenti con le disposizioni
civilistiche. Appare utile far riferimenti nelle norme del C.C.
e ai principi contabili del CNDC. Naturalmente restano
difficoltà di valutazione, connesse alle peculiarità degli Enti
Locali. Ad esempio:
- l’acquisizione gratuita di strade, parcheggi, verde
attrezzato in seguito a convenzionamenti urbanistici;
- aree cedute in diritto di superficie;
- i diritti reali diversi da censi, livelli ed enfiteusi, quali le
servitù.
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PROSPETTO DI CONCILIAZIONE
Schematizzando:
PROSPETTO DI CONCILIAZIONE
CONTO
DEL
BILANCIO
VALORI
FINANZIARI
VALORI
ECONOMICI
CONTO DEL
PATRIMONIO
CONTO
ECONOMICO
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GRAZIE PER L’ATTENZIONE
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