Lettera di Giacomo
Catechesi XIII
8
Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi.
Peccatori, purificate le vostre mani; uomini
dall'animo indeciso, santificate i vostri cuori.
9
Riconoscete la vostra miseria, fate lutto e
piangete; le vostre risa si cambino in lutto e la
vostra allegria in tristezza.
10
Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.
11
Non dite male gli uni degli altri, fratelli. Chi dice
male del fratello, o giudica il suo fratello, parla
contro la Legge e giudica la Legge.
E se tu giudichi la Legge, non sei uno che osserva la
Legge, ma uno che la giudica.
12
Uno solo è legislatore e giudice, Colui che può
salvare e mandare in rovina; ma chi sei tu, che
giudichi il tuo prossimo?
Premessa
L’amore a Dio e al prossimo, specialmente ai poveri, per l’Autore della lettera è di
vitale importanza per i motivi già sottolineati in passato, e che tuttavia vanno messi
al riparo dall’ovvietà: in amore niente è scontato o ovvio, in Amore il bello deve
ancora avvenire; se così non fosse, precaria sarebbe la speranza e inefficace
parrebbe la Parola che sostiene l’operosa testimonianza della comunità cristiana e
della reale comunione e attenzione dei cuori.
Effetto di una situazione simile: i poveri sarebbero sempre discriminati e tentati al
male per la loro precarietà esistenziale e familiare.
Conclusione
in mancanza della dovuta conversione alle attese celesti e terrene, va rammentato
un pensiero di Helder Camara:
Nell’al di là il libretto degli assegni non serve a nulla. Di fronte all’eternità ha
valore una sola moneta: l’amore concreto.
8
Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Peccatori, purificate le vostre
mani; uomini dall'animo indeciso, santificate i vostri cuori.
C’è una parabola che illustra egregiamente il moto di conversione che in questo
versetto Giacomo, Servo di Dio e del Signore Gesù sottolinea con forza e insistenza
(lo può fare perché non parla del suo, ma perché ha l’onore di sentirsi servo), ed è la
parabola del figliol prodigo (cfr Lc.15,11–32).
Del magistrale racconto lucano, in merito alle nostre riflessioni, vengono
sottolineate due realtà che lo scapestrato figlio del padre misericordioso col suo
ritorno-conversione a casa gratuitamente acquisisce:
a) la precedente appartenenza alla casa paterna con tutto ciò che in beni e
sentimenti comporta;
b) la grazia di scoprire che la sua conversione è preceduta dal moto pieno di affetto
del padre verso di lui.
Avvicinarsi a Dio comporta una comunione superiore a qualsiasi aspettativa; oltre a
ciò l’uomo ricupera un decisa corresponsabilità attraverso la quale può purificare le
proprie mani e santificare i propri cuori con beneficio di tutti; in altri termini il figliol
prodigo coagisce col papà per la sua e altrui salvezza come da solo non potrebbe
mai.
9
Riconoscete la vostra miseria, fate lutto e piangete; le vostre risa si cambino
in lutto e la vostra allegria in tristezza.
Si è affermato che lo scritto si rifà, nella tensione che lo sostiene, ad una predica che
veniva letta durante la liturgia delle comunità destinatarie. Dato come principio
della carità cristiana la parola del Signore;
tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete
fatto a me (Mt 25, 40),
è facile interpretare il versetto in oggetto come a un invito alla purificazione prima
della liturgia, a riconoscersi carenti sul versante della carità e quindi la necessità di
riconciliarsi con chi ha bisogno della nostra effettiva prossimità; così non fosse con
papa Francesco si può affermare che se non ci si sente peccatori è inutile andare a
messa, oppure si può ritenere fortemente negativi il riso e l’allegria camuffati da
gioia evangelica, mentre il povero viene discriminato mettendolo in disparte (2,1-13).
10
Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.
La presa di coscienza del proprio scarso impegno verso i poveri o delle eventuali
discriminazioni che possiamo correre il rischio di manifestare verso coloro che
chiedono pari dignità nella vita e alla mensa della Chiesa, comporta l’assunzione non
tanto di atteggiamenti apparentemente penitenziali, quanto piuttosto vivere
profondamente un atteggiamento di umiltà, vivere quella Parola che afferma:
chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato (Lc14, 11)
come seppe credere la Vergine Maria nel suo sì incondizionato all’Annunciazione.
L’esaltazione che il Signore offre ai propri servi non coincide con l’autoreferenzialità
di tanti contemporanei e nemmeno nel servilismo che a volte si nota verso il
potente (prepotente?) di turno; l’esaltazione che il Signore dona ai propri discepoli è
un riconoscimento in termini d’amore, come lo fu per Abramo.
11
Non dite male gli uni degli altri, fratelli. Chi dice male del fratello, o giudica il
suo fratello, parla contro la Legge e giudica la Legge. E se tu giudichi la Legge,
non sei uno che osserva la Legge, ma uno che la giudica. 12Uno solo è
legislatore e giudice, Colui che può salvare e mandare in rovina; ma chi sei tu,
che giudichi il tuo prossimo?
Giudicare, considerare il valore della Legge e della morale che ne consegue
appartiene alla somiglianza che il Creatore volle porre dentro la mente e il cuore
della sua creatura tanto amata, l’Adam’; tuttavia la morale che discende dalla Legge
divina, morale fatta di scelte e segni che indichino fratellanza verso tutti, potenti o
poveri che siano, non significa la potestà di giudicare o parlare della Legge in termini
presuntuosi o superficiali.
Osservare la Legge implica il riconoscere il primato di Dio, il vero e unico Giudice in
quanto autore della Legge come ampiamente Gesù ha manifestato in parole e
opere.
Una sottolineatura
Gesù manifestò sempre chiarezza e rispetto verso il proprio prossimo e lo fece senza
ricorrere al parlar male dei propri interlocutori o avversari o ricorrendo al parlare
dietro la schiena; quando ricorse a termini forti quali ipocriti, sepolcri imbiancati o
ciechi e guide di ciechi lo fece sempre in spirito di servizio al suo popolo e alla verità
che discende dalla volontà e dal primato di Dio, volontà e primato che solo possono
esprimere salvezza per l’uomo-umanità.
Dio può salvare e mandare in rovina nel rispetto della giustizia più assoluta; l’uomo
temerario che vuole erigersi a giudice di tutto e di tutti, la storia insegna che diviene
rovina per tutti.
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Lettera di San Giacomo XIII venerdì 14 febbraio 2014