Notizie dalla Diaconia valdese IN QUESTO NUMERO: EDITORIALE: pag. 3 Disabilità e annuncio dell’evangelo: pag. 4 L’Uliveto e il fare con le persone: pag.6 Il centro diurno “C.I.A.O.” di Torre Pellice: pag. 8 L’area minori della DVF: pag.10 La coop Sociale “Barberi”: pag.12 La coop Sociale “La Riforma”: pag.14 Il “Caffè empatia”: pag.17 22° CONVEGNO DELLA DIACONIA Circolare della CSD Diaconia valdese. Numero 10 del 2 marzo 2012 Supplemento al nº 9 del 02/03/2012 di Riforma. reg. Trib. Pinerolo n. 176/51 Resp. Piera Egidi Spedizione in a. p. 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 – Filiale di Torino Editoriale È difficile dire handicap. Si cercano spesso dei “sinonimi”, delle parole che esprimano il concetto in modo “diverso”. L‟elenco di questi tentativi è presto fatto: diversamente abili; disabili lievi o gravi; portatori di handicap… In realtà tutti questi “tentativi di dire” non sono sinonimi, evidenziano semmai alcuni aspetti di una condizione o la “paura” di esprimere una realtà. Spesso soprattutto queste parole non rendono conto di quanto si vuole dire e in ultima analisi sono l‟espressione materiale di quanto sia «difficile dire handicap» e descrivere una realtà che è complessa, varia e ricca come lo sono tutte le condizioni umane. Una realtà cioè fatta di persone con diritti e dignità come tutte le altre. La diaconia valdese da anni “pratica” la realtà dell‟handicap. La pratica nelle proprie strutture, all‟Uliveto in val Pellice per esempio, e collaborando con le realtà che si occupano di questo tema sui territori, alle valli valdesi in Piemonte come a Firenze o in Sicilia. L‟idea in questo numero della nostra Circolare è quello di provare “a fare il punto”, di tentare, anche in vista dell‟incontro che la Diaconia valdese organizza sul tema a Firenze per il 10 marzo (si veda il programma in questa stessa Circolare), di dire qualcosa sui vari aspetti che l‟incontro con la disabilità pone in evidenza ma soprattutto cosa vuol dire vivere l‟handicap e lavorare con la persone disabili nel quotidiano. Gli interventi che riportiamo in questo numero della Circolare sono innanzitutto delle testimonianze, certo delle “ schede” di interventi fatti e di progetti che si continuano a fare, ma anche in molti casi delle descrizioni di azioni che parlano anche di pensieri e dinamiche che si instaurano. Le “schede” sono testimonianze di persone che si incontrano, si mettono in gioco e provano a costruire dei percorsi di vita “dove nel mondo di oggi a volte non è scontato costruirli”. Dei percorsi dove esistono pari diritti e pari dignità. Abbiamo cioè provato in questa Circolare a riportare racconti di riflessioni e di azioni che non sono separati gli uni dagli altri ma che procedono di pari passo tutti nella stessa direzione: quella di vedere tutte le persone come tali. Sullo sfondo, o meglio sempre in evidenza, il rispetto per la persona, il darle dignità, e farlo sapendo che occorre conoscere e confrontarsi con l‟altro per considerarlo in maniera completa. “Prendersi cura del prossimo è „fare qualcosa insieme a lui‟ non „fare qualcosa per lui‟”. Se la diaconia vuole “servire con le persone" deve percorrere delle strade in cui le persone si incontrino e non si evitino né vengano incasellate e quindi giudicate o stigmatizzate in base a delle classifiche astratte e solo superficialmente scientifiche. Ma per fare questo occorre condividere la strada, provare a conoscere l‟altro e a farsi conoscere dall‟altro. Significa dare dignità e possibilità a tutti i soggetti presenti sulla strada, ciascuno ovviamente con le proprie possibilità e soprattutto con le proprie diversità e differenze. Davide Rosso Vicepresidente della CSD Diaconia Valdese 2 DISABILITÀ E ANNUNCIO DELL’EVANGELO Racconta l‟evangelo di Giovanni (5,1-9) che un giorno Gesù si trovava a Gerusalemme, presso una vasca utilizzata per la raccolta delle acque. Questa vasca era ritenuta miracolosa, perché di tanto in tanto le sue acque si agitavano, e si diceva che il primo che fosse riuscito a tuffarvisi in quel momento sarebbe guarito da ogni malattia. Lì Gesù vide un uomo, paralitico da 38 anni, e lo interpellò chiedendogli se desiderasse guarire. La sconsolata risposta fu: Io non ho nessuno che mi aiuti a tuffarmi nella vasca al momento buono, e quindi c‟è sempre qualcuno che arriva prima di me. Gesù pronunciò una parola e lo guarì, dalla sua paralisi come dalla sua frustrazione. Questo racconto mi colpisce sempre, non solo e non tanto per la guarigione operata da Gesù, quanto per la menomazione sofferta da quell‟uomo per un tempo così lungo e per la sua desolata situazione di eterno perdente: Non ho nessuno che mi possa mettere nella vasca… Non ho nessuno: questa è l‟esperienza più deprimente che una persona debole e sofferente possa fare. E quel che trovo notevole, più che la guarigione operata, è che per quell‟uomo Gesù sia stato qualcuno. Noi non siamo Gesù, e non siamo capaci di operare guarigioni prodigiose. Ma, come suoi discepoli, possiamo essere qualcuno. Possiamo farci prossimo. Possiamo essere una presenza per chi soffre: una presenza non paternalistica, ma fraterna, partecipe, da creatura a creatura. Una presenza che non sostituisca le istituzioni e il loro operato, ma una presenza che, anche solo con una vicinanza silenziosa e con un gesto d‟affetto, possa costituire una testimonianza dell‟evangelo al(la) disabile che abbiamo accanto. Una cosa che mi sembra necessaria, è distinguere fra disabilità e disabilità. Ci sono disabilità fisiche, che indubbiamente comportano risvolti di tipo psicologico, e ci sono disabilità mentali, che svuotano una persona del suo essere più vero e profondo. È su queste ultime che dovremmo particolarmente riflettere. Essere qualcuno per persone mentalmente disabili significa non sentirsi disturbati per i loro movimenti incontrollati e scomposti, non provare sconcerto per espressioni che non vanno oltre l‟emissione di suoni gutturali, non provare ribrezzo per la bava che cola dalla loro bocca. Significa sapere che anche il disabile più disabile è parte della creazione di Dio, e che anche per lui (o per lei) “Dio ha dato suo Figlio perché la sua vita scomposta possa avere qualche senso, e che anche della sua vita il Signore ha cura” (M. Sinclair). Significa aiutarli a non sentirsi soli, a comunicare. L‟attività di “Comunicazione alternativa aumentativa” della CSD si propone di facilitare le possibilità di comunicazione di questa persone, e di incrementare le loro possibilità comunicative. Ammesso che riusciamo in questi intenti, resta aperto un altro problema: come portare loro l‟evangelo? come annunciare loro l‟amore di Dio? Temo che questo discorso, né la CSD né le nostre chiese lo abbiano ancora affrontato. Non è colpa di nessuno… e in ogni caso non sono io quello che potrebbe scagliare la prima pietra. Ma il dato rimane. 3 Per inciso, posso raccontare quel che mi è capitato una volta, appena arrivato in una delle chiese nelle quali sono stato pastore. Mi fu presentato un ragazzo di 14 o 15 anni, perfettamente sano di mente, ma afflitto da una sordità pressoché totale, cui si accompagnava un parlare il più delle volte incomprensibile. La domanda dei genitori, evangelici, era se io avessi voglia di guidare il ragazzo in un percorso di catechismo e di accompagnarlo alla confermazione. Accolsi quella richiesta, alla quale non era pensabile sottrarsi, col timore, ma anche con la speranza con cui si accetta una sfida, e dedicai parecchio tempo a pensare che cosa avrei potuto fare. Contro il mio convincimento che il catechismo debba essere un fatto condiviso perché i catecumeni si avviino a diventare comunità, esclusi l‟idea di inserirlo nel gruppo dei catecumeni, per ragioni che credo non abbia bisogno di spiegare, e avviai con lui un percorso individuale. Cominciai con lo stabilire un rapporto di amicizia e con l‟allenarmi a capire quello che mi diceva scrutando attentamente il movimento delle sue labbra; poi passai al catechismo, servendomi molto di disegni e di schizzi che improvvisavo, e che dopo un po‟ cominciammo a fare insieme. La cosa funzionò, sia perché lui era, appunto, sano di mente, sia perché il Signore ci diede una mano. Ma non ho la più piccola idea di quello che avrei fatto se mi fossi trovato davanti a un disabile mentale. In un‟assemblea ecumenica incontrai, non so più quanti anni fa, un pastore della Chiesa Riformata di Francia, il quale si era trovato ad avere nella sua chiesa un disabile mentale grave, e da quella circostanza aveva preso spunto per operare una forma di predicazione ai disabili. Non ricordo con precisione quello che ci descrisse della sua attività, nella quale del resto dichiarava di procedere per tentativi, e per tentativi il più possibile personalizzati. Ricordo però che i suoi “strumenti di lavoro” erano i colori e i suoni. Egli cercava di capire quale colore (fra i vari che mostrava) e quali suoni (fra quelli che faceva udire) facesse apparire un‟espressione di gioia o almeno di serenità sul volto di ciascuno o di ciascuna; e che intorno a quelli lavorava, mettendo insieme coloro che mostravano di gradire gli stessi suoni e gli stessi colori per farne una piccola comunità. Utilizzava poi i suoni e i colori più graditi per associarli a Gesù, di cui parlava mostrando alcuni disegni, ma non ricordo bene come. Ricordo però che diceva di farlo nei termini più elementari possibile. Io non so se le nostre chiese avranno mai la forza, la capacità, la voglia, la possibilità, l‟occasione di cimentarsi in imprese di questo genere. So però che il problema della testimonianza evangelica agli “ultimi” comprende anche un impegno di questo genere. Nella prefazione al libretto “Quando la vita cambia. Vivere con le proprie menomazioni” di Max Sinclair (Claudiana, Torino 1990), Alberto Taccia scrive che la nostra testimonianza di fede non può considerare Dio “un amuleto portafortuna contro tutte le disgrazie”, ma deve partire dall‟amore di Dio “non come realtà riconoscibile solo in condizioni di benessere, ma come forza operante all‟interno stesso di una situazione di sofferenza. Si tratta di riscoprire in termini di concretezza un annunzio di grazia che aiuti a restituire senso e dignità a una vita spezzata, considerata inutilizzabile dalla cultura dominante del profitto, della produzione e del successo”. Se questa è una sfida (e lo è), studiamoci di raccoglierla, perchè racchiude un dono di Dio e una possibilità. Salvatore Ricciardi 4 L’ULIVETO E IL “FARE CON” LE PERSONE L‟Uliveto è una grande casa situata sulla collina di Luserna San Giovanni, un piccolo paese della Val Pellice, in provincia di Torino. Questa grande casa è stata costruita alla fine del 1800: è stata dapprima una villa, poi a metà del „900 una dimora che accolto i profughi provenienti dalla Russia, successivamente è diventata una scuola di economia domestica per giovani donne, in seguito ancora una parte distaccata dell‟Ospedale Evangelico di Torino. Intorno alla metà degli anni ‟80 ha iniziato ad accogliere persone con disabilità per arrivare ad essere oggi una Residenza Assistenziale Flessibile (R.A.F.) per persone con disabilità grave e gravissima. All‟Uliveto vivono attualmente 21 ospiti: uomini e donne che vanno dai 23 ai 60 anni suddivisi in due Comunità, Aria e Terra. Molti di loro sono arrivati all‟Uliveto poco più che ragazzini e stanno ora pian piano invecchiando.Nelle due comunità lavorano operatori socio sanitari, educatori, terapisti della riabilitazione, personale sanitario che accompagnano gli ospiti nella quotidianità curando il loro benessere e la loro salute. Cardine comune in ogni forma di agire all‟Uliveto è il rispetto per la persona. Gli ospiti sono uomini e donne che hanno certamente delle grandi difficoltà ma anche delle enormi risorse e capacità. Il lavoro all‟Uliveto è improntato a favorire e a mantenere queste risorse cercando di promuovere tutte le autonomie possibili. Prendersi cura di loro è “fare insieme”: non tanto “fare per” ma “fare con” gli ospiti. Molta attenzione viene posta ai vari momenti della quotidianità: l‟alzata del mattino, l‟igiene, il momento dei pasti, la condivisione della vita comunitaria, il riposo. Accanto a questo gli operatori pongono attenzione ad offrire attività e stimolazioni che possano arricchire le giornate degli ospiti: attività strutturate all‟interno della casa e attività che prevedono l‟utilizzo di risorse e spazi esterni presenti sul territorio. Il tutto è inserito in Progetti Educativi Individualizzati (PEI) che vengono redatti ogni anno per ciascuno degli ospiti e che tengono conto delle specificità e dei bisogni di ognuno di loro. Gli ambiti di vita e gli obiettivi specifici vengono condivisi e discussi da tutte le figure professionali presenti all‟Uliveto in un‟ottica di globalità. Molta cura è posta anche alla relazione con le famiglie degli ospiti: si cerca il più possibile di rendere partecipi famigliari e tutori riguardo alla vita dei propri cari e della casa in generale. L‟ospite, pur essendo portatore di una grave disabilità, deve comunque essere il protagonista della propria vita: quotidianamente si cerca di rispettare le specificità di ognuno e di dare spazio ai loro pensieri e ai loro desideri. 5 Da circa quindici anni l‟Uliveto ha inserito nel proprio approccio educativo la Comunicazione Aumentativa Alternativa: un insieme di strategie e tecniche che permette a coloro che non hanno la possibilità di esprimersi verbalmente di poter comunque avere la possibilità di far sentire la “propria voce” esprimendo desideri, compiendo scelte, manifestando le proprie emozioni. Sempre in quest‟ottica si va ad inserire l‟utilizzo della Kinaesthetics: approccio alternativo al movimento della persona con disabilità che parte non dalla patologia ma dalle risorse a disposizione. Gli operatori che lavorano all‟Uliveto cercano, attraverso i principi della Kinaesthetics, di sviluppare ed utilizzare in modo efficace le risorse e le competenze degli ospiti in modo tale che essi possano essere co-attori dei movimenti legati alle azioni quotidiane. Sempre in questa direzione si colloca l‟ultimo e nuovo progetto che la struttura sta portando avanti: la promozione di una stanza e di un approccio Snoezelen, spazio e approccio dedicato a stimolazioni sensoriali e rilassamento che ha come obiettivo quello di condurre gli ospiti alla scoperta di un nuovo mondo attraverso tutti i sensi (tatto, vista, olfatto, odorato, gusto). Anche qui il presupposto è quello di creare occasioni di benessere attraverso l‟incontro relazionale nel rispetto dei tempi e delle specificità di ogni singolo ospite. Negli ultimi anni una grande attenzione è stata posta anche nei confronti del territorio: si cerca di far sì che le competenze maturate in molti anni di lavoro e di confronto con la realtà della disabilità possano essere messe al servizio di utenti che risiedono nelle proprie case e con i loro famigliari. A questo proposito è stato attivato il servizio di Comunicazione Aumentativa Alternativa, in convezione con l‟ASL territoriale, che raggiunge i bambini e i ragazzi direttamente nei loro contesti di vita promuovendo percorsi comunicativi mirati e specifici. L‟Uliveto offre un percorso di sostegno psicologico e di espressione emotiva ai genitori di bambini e ragazzi disabili attraverso incontri di sostegno e condivisione guidati da una psicologa e da un‟arteterapeuta. Collabora inoltre con il Servizio di sostegno alla domiciliarità promosso dalla CSD offrendo i propri spazi per un‟accoglienza diurna e per week-end e periodi di sollievo. Uno sguardo attento è anche rivolto alle giovani generazioni: è attivo un servizio denominato “Bufficina” che ha l‟obiettivo di promuovere nei bambini e nei ragazzi del territorio un pensiero di integrazione e di valorizzazione della diversità. Vengono offerti alle Scuole elementari e medie dei programmi strutturati su più incontri, svolti in parte a Scuola e in parte all‟Uliveto, che conducono i bambini a fare un‟esperienza concreta di integrazione, a sviluppare un pensiero critico e una mente aperta all‟incontro e all‟ascolto. Insegnanti e ragazzi hanno modo di avvicinarsi ai concetti di diversità, integrazione, condivisione attraverso il gioco e l‟incontro con gli ospiti dell‟Uliveto. E durante il periodo estivo l‟Uliveto apre il suo giardino ai bambini offrendo una settimana di estate ragazzi: bambini ed ospiti condividono intere giornate giocando e divertendosi. 6 IL CENTRO DIURNO “C.I.A.O.” DI TORRE PELLICE Il Centro Diurno “C.I.A.O.” (Centro Integrato Attività Opportunità) per disabili di Torre Pellice è stato costruito dalla Provincia di Torino nel 1986 su un terreno del Comune di Torre Pellice e dato in gestione alla Comunità Montana Val Pellice. La struttura è stata edificata su un solo piano, è priva di barriere architettoniche, occupa un‟area di circa 500 mq. con uno spazio esterno ampio, ma poco utilizzabile perché non pianeggiante. Il Centro è suddiviso in diversi locali adibiti alle varie attività: atrio, cucina e sala da pranzo adiacente, salone centrale, salotto, stanza di pittura, stanza video, sala per attività motorie, ufficio, stanza da bagno e tre servizi igienici; altri due locali sono stati dati in uso al servizio di educativa territoriale che si occupa di minori a rischio e in situazione di disagio. La parte interrata è adibita a garage e deposito materiali dei diversi settori e uffici della Comunità Montana. Gli orari del servizio, di norma, sono i seguenti: il lunedì dalle 8.30 alle 12.00; al pomeriggio si svolge la riunione di servizio dell‟équipe; dal martedì al venerdì dalle ore 8.30 alle ore 16.00. Per particolari e motivate esigenze familiari l‟orario di frequenza può essere sia anticipato che posticipato ad es. per consentire l‟accesso o il rientro dal lavoro dei genitori. E‟ prevista una settimana di chiusura per la programmazione annuale e per il periodo delle festività natalizie. Il Centro è utilizzato nelle ore diurne dalle persone disabili che lo frequentano con orari differenziati in base ai progetti individuali (attualmente 26 iscritti), dai bambini e ragazzi dell‟educativa territoriale: dalle 14.00 alle 19.00 (circa 30) e da gruppi esterni per attività varie in orari preserali e serali. La scelta di concedere l‟utilizzo del Centro Diurno anche a gruppi esterni per attività quali: teatro, musica, danza, corsi di formazione, ecc. è stata fatta e mantenuta negli anni per non connotarlo come “speciale”, per evitare la ghettizzazione degli utenti e perché i cittadini della Valle lo percepissero come una struttura del territorio. Si è sempre cercato di rendere il C.I.A.O. più aperto possibile, assottigliando il confine tra il dentro e il fuori secondo una logica dell‟integrazione come scelta metodologica che attraversa tutte le attività del servizio. L’équipe del C.I.A.O. è costituita da 7 operatori: 4 educatori professionali, 2 Operatori Socio Sanitari, 1 autista; è presente, inoltre, un‟educatrice professionale di cooperativa che segue i progetti di educativa territoriale in stretta collaborazione operativa con l‟équipe, che utilizza i locali del centro per attività specifiche e partecipa alla riunione di servizio per coordinare i suoi interventi e confrontarsi con altri operatori. Il Centro accoglie volontari del servizio civile nazionale, volontari che vogliono sperimentare attività con le persone disabili per periodi più o meno lunghi. Negli anni sono stati inseriti numerosi tirocinanti educatori, O.S.S. e studenti di scuole per operatori di comunità. L‟équipe è supportata nel suo lavoro da un supervisore con incontri a cadenza mensile; gli operatori inoltre partecipano a seminari di aggiornamento nel corso dell‟anno. Negli anni le richieste di inserimento si sono diversificate per le mutate esigenze delle famiglie anche in considerazione delle esperienze di integrazione scolastica che ormai riguardano i ragazzi disabili fino alla fine della scuola media superiore. 7 Il Centro Diurno non è l‟unica risposta possibile per i ragazzi disabili al termine del loro percorso scolastico: la formazione professionale, i tirocini lavorativi, i percorsi di educativa territoriale hanno l‟obiettivo di aprire percorsi il più possibile integrati negli ambiti di vita normale, attraverso l‟attivazione di tutti i possibili supporti. All‟utenza “storica” del Servizio, per la quale la progettualità è comunque costante e condivisa con le figure professionali coinvolte: assistenti sociali, psicologi, psichiatri, fisioterapisti, ecc. si è aggiunta un‟utenza più giovane che utilizza il C.I.A.O. prevalentemente per lo svolgimento di attività finalizzate ad un percorso evolutivo e che sono inseriti anche in attività territoriali in contesti normali. ATTIVITA’ SVOLTE Lo strumento principale dell‟educatore e dell‟operatore socio sanitario che operano all‟interno del C.I.A.O. é la “relazione” che si esprime attraverso la gestione di attività diverse finalizzate al raggiungimento della massima autonomia possibile per ciascuna persona disabile, secondo obiettivi definiti nel progetto educativo individuale (P.E.I.). Per il 2012 le attività sono: cucina, piscina, psicomotricità, ginnastica dolce – metodo Rességuier, laboratorio artistico, gruppo sportivo) e vengono gestite interamente dagli operatori sociali adeguatamente formati. ATTIVITA’ ESTERNE e SOGGIORNI ESTIVI In base alla programmazione annuale si prevede, nel corso dell‟anno, di organizzare delle attività ed uscite sul territorio al di fuori dei normali orari di apertura del Centro. Le uscite ad es. per partite di hockey, spettacoli teatrali, cinema, partecipazione a gare sportive non competitive, ecc. si svolgono in orari compatibili con le proposte del territorio (dalle 20 alle 24) e quindi la frequenza alle attività giornaliere viene modificata per garantire la presenza degli operatori e un contenimento delle ore di straordinario. Ogni anno vengono organizzati soggiorni estivi al mare o in montagna in piccoli gruppi di massimo 8 persone, per una settimana. MENSA e TRASPORTO Il trasporto è effettuato da un autista dipendente, mentre l‟accompagnamento sul pullmino è garantito, a turno, dagli operatori del Centro. L‟autista trasporta anche minori disabili per attività della scuola, riabilitative nonché per la partecipazione a gite scolastiche od attività dell‟estate ragazzi. La mensa è strutturata anche attraverso la gestione di un laboratorio di cucina al termine del quale viene consumato il pasto per un piccolo gruppo di ragazzi. Un altro gruppo utilizza bar o ristoranti convenzionati per fruire del pasto in contesti normali. COSTI Il costo pro capite giornaliero del Centro Diurno è di € 97,24. Il 70% del costo viene rimborsato dall‟ASL TO3 – Distretto Val Pellice. La rimanente quota è a carico del Servizio Sociale. Le famiglie contribuiscono attraverso il pagamento del pasto e del trasporto, di alcune attività esterne (es. ingressi in piscina) nonché al pagamento del soggiorno estivo. Carla Comba 8 L’AREA MINORI DELLA DIACONIA VALDESE FIORENTINA A Firenze sono attive due Opere evangeliche che operano nel campo dei servizi ai minori ormai da diversi decenni e che, nell‟ambito dell‟appartenenza CSD, sono collegate nella Diaconia Valdese Fiorentina in un‟unica area “minori”. L‟istituto Evangelico S. Ferretti svolge un servizio di sostegno, di accoglienza e di educazione ai minori in età pre-scolare e scolare ed è attivo nel primo quartiere cittadino (centro storico). Da oltre 30 anni, anche se la sua data di fondazione è ben più remota, offre servizio di centro diurno che accoglie un massimo di 25 minori, nella fascia di età compresa tra i 3 e i 18 anni, con problematiche di disagio socio-sanitario, psichiatrico e di ritardo cognitivo, oltre che minori stranieri con difficoltà di integrazione. Questo servizio viene regolato da una convenzione con il Comune di Firenze e comuni limitrofi grazie alla quale i minori accedono al servizio tramite l‟invio da parte dei Servizi Sociali e/o dell‟ ASL competente. Il lavoro educativo è improntato all‟ attenzione verso la qualità della relazione ed avviene nell‟ambito di piccoli gruppi; questa impostazione garantisce un‟efficace attività, un attento lavoro sulla quotidianità ed un sostegno maggiormente specifico. I gruppi rispettano l‟età anagrafica, le capacità individuali e la ricerca di un equilibrio interpersonale tra i componenti del gruppo stesso. L‟equipe di lavoro dell'Istituto Ferretti si compone di due figure di coordinamento e una decina di educatori. Oltre al lavoro sul sostegno all‟attività scolastica, con sessioni di compiti pomeridiani, il centro lascia un importante spazio alle attività di laboratorio (musicali, artistiche, di cucina) e alla partecipazione ad attività esterne, a partire da quelle sportive. 9 Queste linee organizzativo/educative, sopra accennate, contraddistinguono anche l‟identità dell‟Istituto Gould, un centro di servizi educativi per minori in difficoltà che gestisce, sempre in convenzione con il comune di Firenze e comuni limitrofi, una serie di importanti servizi. Sono infatti attive due comunità residenziali “a dimensione familiare”, denominate “Arco” e “Colonna”; entrambe ospitano minori dai 6 ai 18 anni in situazioni di disagio sociale, con problemi familiari di natura organizzativa, problemi individuali di natura psicologica, relazionale e problemi di apprendimento scolastico. L‟ unica differenza tra le due comunità sono le dimensioni: la Comunità Arco può ospitare fino a 10 minori, in prevalenza maschi, mentre all‟interno della “Colonna” il numero massimo è di 8 minori, in prevalenza femmine. La struttura di autonomia “Progetto Airone” ospita 5 giovani dai 18 ai 21 anni, di ambo i sessi, con accettabili livelli di autonomia nella gestione del quotidiano, dei propri impegni scolastici o lavorativi, con l‟obiettivo di sostenerli nella prosecuzione dei percorsi formativi o di avviamento alle attività professionali. All‟interno del Gould sono inoltre attivi due servizi non residenziali. Il centro diurno “Limonaia” è autorizzato ad accogliere un massimo di 20 minori (maschi e femmine) dai 6 ai 18 anni in situazioni di disagio sociale con problemi familiari di natura organizzativa, problemi individuali di natura psicologica, relazionale, problemi di apprendimento e scolastici e patologie individuali. Il centro accoglie anche alcuni minori con patologie psichiche e/o sensoriali per i quali sono necessari degli interventi educativi individuali in alcuni particolari momenti della giornata. Infine il servizio “di Incontri Protetti” per genitori e figli, nato per mettere in atto le disposizioni dei tribunali ordinari e minorili nei casi di separazioni familiari conflittuali e di forte difficoltà relazionale: organizza gli incontri tra i minori e le figure parentali non affidatarie in un contesto “protetto”, alla presenza cioè di un educatore. Attualmente il servizio gestisce mensilmente gli incontri per circa 80 minori (maschi e femmine) fino al compimento del 18° anno di età. Uff. comunicazione/sviluppo DVF 10 LA COOPERATIVA SOCIALE GAETANO BARBERI ONLUS La Cooperativa Sociale “G. Barberi”, costituita nel 1990 a Firenze, nasce dall‟impegno di volontariato di alcuni giovani che nei primi anni ‟70, spinti da motivazioni religiose, politiche, sociali, iniziarono ad operare a Firenze nel Quartiere di S. Croce, gestendo gratuitamente corsi scolastici per il conseguimento della Licenza Elementare e Media. Successivamente, il gruppo storico di volontari sentì il bisogno di mettere a disposizione delle fasce più deboli della società professionalità, tempo libero e dedizione e decise di rivolgere la propria competenza, facendo tesoro dell‟esperienza acquisita negli anni, a nuovi settori di marginalità. Fermo restando l‟impegno del volontariato è così nata la realtà della Cooperativa, che con il contributo di nuove professionalità ha allargato il suo intervento ad un lavoro strutturato nel campo dell‟handicap. - - - In base allo scopo fissato dallo Statuto, le finalità principali della Cooperativa sono: - operare senza fini di lucro; - svolgere il servizio sociale, culturale ed educativo rivolto alla società nell‟ambito della prima infanzia, dei minori, degli adolescenti e dei giovani, delle persone diversamente abili, degli stranieri e di tutte le realtà marginali presenti nella nostra società; - offrire alla committenza ed all‟utenza una risposta adeguata alle aspettative espresse con modalità proprie; - utilizzare tutte le risorse a disposizione in termini di capacità professionali, umane ed economiche, in stretta collaborazione con le famiglie, i servizi sociali e sanitari, le forze sociali e politiche del territorio; - anteporre l‟interesse generale della comunità all‟interesse personale dei soci; - riconoscere e valorizzare le diverse capacità, attitudini, sensibilità e specializzazioni professionali dei soci; - porsi come realtà lavorativa dalla quale è imprescindibile l‟adesione al concetto di cooperazione in termini di condivisione dello scopo sociale e di partecipazione attiva alla crescita della Cooperativa. La cooperativa offre numerosi servizi: centri diurni, campi estivi, un servizio di gestione del tempo libero, centri di alfabetizzazione, un servizio di doposcuola, spazi gioco, un asilo nido e un servizio di orientamento al lavoro per persone con disabilità e disagio sociale. Di seguito una breve descrizione di alcune di queste iniziative. Caleidoscopio - Centro diurno polifunzionale per deficit psico-fisici e mentali: questo servizio, attivo dal 1989, collabora con l‟ASL e i Servizi Sociali territoriali locali. Il Centro è orientato all‟osservazione e all‟ampliamento delle abilità di autonomia personale (abilità personali “di base”) ovvero quelle che sollevano la persona diversabile dal bisogno di assistenza (auto-alimentazione, igiene personale, spogliarsi, vestirsi), al recupero delle abilità residue e potenziamento delle abilità legate alla manualità, corporeità, relazione, e dimensione cognitiva. Il servizio offre corsi di cartoon, pittura, telaio, ceramica, mosaico, bricolage, palestra, Judo, giornalismo, educazione all‟affettività e sessualità, attività teatrali e musicali. 11 Cannocchiale – Centro diurno polifunzionale per deficit psico-fisici e mentali: il servizio, attivo dal 1989, collabora con l‟ASL e i Servizi Sociali territoriali locali. Il Centro è orientato a sviluppare e potenziare competenze per favorire una autonomia avanzata ed integrazione sociale, creando i presupposti per il passaggio alle abilità integranti e all‟inserimento nel sociale (gestire la propria vita emotiva, relazionale, affettiva e sessuale). Il servizio offre attività di orto-vivaismo, grafica, computer, giardino di lettura, bricolage, corsi di educazione all‟affettività e sessualità. Il Faro – Centro diurno di autonomia avanzata: il servizio è gestito dal 2003 dalla Cooperativa Barberi in collaborazione con l‟Associazione C.U.I. Ragazzi del Sole e la Cooperativa Sociale “Il Girasole”. Il Centro, attraverso una attenta analisi delle capacità, sviluppa progetti individualizzati volti a favorire una autonomia avanzata ed integrazione sociale, creando i presupposti per il passaggio alle abilità integranti e all‟inserimento nel sociale (gestire la propria vita emotiva, relazionale, affettiva e sessuale) e potenziare le capacità che possono essere utili in un futuro eventuale inserimento lavorativo o socio-terapeutico; l‟orizzonte di riferimento è il raggiungimento di un autonomia professionale tramite un percorso di accompagnamento e di forte mediazione su un possibile posto di lavoro, fino al raggiungimento della piena integrazione. Il servizio offre attività di orto-vivaismo, ceramica, arti manuali, informatica, attività cognitive, laboratorio di cucito, danzaterapia, laboratorio teatrale, piscina, bricolage. Stasera esco: il progetto è stato interamente sviluppato nel 2006 dalla Cooperativa Barberi in collaborazione con l‟Associazione di Volontariato – Centro Sociale Barberi per venire incontro alle esigenze espresse da tutte quelle persone diversamente abili giovani/adulte che, una volta inserite nel mondo del lavoro, non hanno avuto modo di curare relazioni interpersonali al di fuori dell‟ambito familiare. Il Progetto restituisce la consapevolezza del significato e dell‟importanza di “avere del Tempo Libero” in una visione globale della persona come portatrice di bisogni, desideri e aspirazioni. Tempo Libero come spazio di crescita individuale e culturale, come prevenzione di emarginazione, isolamento e invisibilità sociale. Il servizio organizza uscite a teatro, a concerti, gite, cene al ristorante, dopocena a casa, corsi professionali di cucina. Progetto Isola – orientamento al lavoro: il servizio è rivolto a persone con disabilità e disagio sociale in cerca di lavoro e prevede l‟individuazione e l‟offerta di supporto tecnico a realtà economiche e/o soggetti del terzo settore disponibili ad avviare percorsi di integrazione sociale e lavorativa, nonché la valutazione e progettazione di percorsi individualizzati con il servizio sociale e con il gruppo multidisciplinare di competenza. Il progetto ha inoltre come obiettivo la creazione di una rete di soggetti pubblici e privati favorevoli agli inserimenti socio terapeutici. La Ciurma: il Centro Educativo per minori è gestito dal 2007 dalla Cooperativa Barberi in collaborazione con l‟Associazione C.U.I. Ragazzi del Sole e la Cooperativa Sociale “Il Girasole”. Il servizio prevede l‟attuazione di progetti educativi rivolti a minori nell‟ambito di un programma di prevenzione della dispersione scolastica. Offre sostegno individualizzato sui compiti scolastici e sull‟area cognitiva, laboratori di musica, laboratori manuali, attività fisica, spazio giochi, visione di film a sfondo educativo, attività creative, attività esterne (gite, uscite ecc.). 12 COOPERATIVA SOCIALE ONLUS “LA RIFORMA” La Cooperativa Sociale “La Riforma” ONLUS si è costituita nel 1995 e gestisce un Centro di Riabilitazione Psicosociale sorto nel 1980 nel Centro Sociale Evangelico di Firenze, quale risposta al bisogno emerso in seguito all‟entrata in vigore della Legge 180. La Cooperativa si ispira ai principi di liberazione e responsabilizzazione dell‟individuo, attraverso un “progetto culturale” che fa sentire l‟uomo soggetto nella propria vita e non oggetto di cura e pietà. Nel Centro Diurno di Riabilitazione Psicosociale il soggetto è motivato a partecipare ad un progetto riabilitativo che lo guida alla maggiore autonomia possibile e che gli restituisce stima, riconoscimento, gratificazione e dignità. È soggetto che partecipa con altri ad un percorso volto al reinserimento sociale, quando è possibile, e che riscopre oltre ai propri doni quelli altrui. Di qui il valore della collaborazione, della condivisione e della solidarietà. Da questi principi nascono le attività diversificate nel rispetto dell‟individuo e rispetto ai luoghi e ai tempi, nella giornata. Centro di Riabilitazione Psicosociale Il Centro Sociale Evangelico opera in Via Manzoni, 21 ed è rivolto a vari tipi di emarginazione. Utenza: 25 persone adulte, eterogenee per età, sesso e cultura, con problemi di handicap mentale e disagio psichico. Il loro inserimento è concordato con i Servizi territoriali. Programma: personalizzato e concordato con utente, famiglia ed operatori dei Servizi territoriali. Il programma prevede l‟impegno di una frequenza regolare, ed è verificato ogni qualvolta si renda necessario. Orario: Le attività del Centro Diurno si svolgono dal lunedì al sabato dalle 9.00 alle 18.00. I pranzi si tengono presso una trattoria convenzionata mentre le merende sono spesso l‟occasione per festeggiare i compleanni degli ospiti. 13 Le attività: Attività fisiche: Corsi di educazione fisica e nuoto Attività manuali: piccola falegnameria, piccola tappezzeria, restauro mobili, ricamo, cucito, tessitura, decorazione (su stoffa, legno, ceramica, vetro, ecc.) mosaico, ecc. Attività espressive: danze folk, canto, mimo, attività videoamatoriale Musicoterapia: in piccoli gruppi Laboratorio teatrale: rielaborazione e reinterpretazione di brani e testi letterari, improvvisazione e messa in scena di favole, sketches, ecc. Attività socializzanti e culturali: giochi d‟insieme, conversazioni su temi di attualità ed argomenti oggetto del periodico "Noi di Via Manzoni" Visite alla realtà sociale e culturale della città (musei, mostre, artigiani, matinées ai vari Teatri, ecc.) Mostre-vendita dei lavori degli Ospiti Pranzi e Feste comunitarie con esibizioni musicali ed animazione teatrale degli Ospiti in Sede, a Firenze e Provincia I servizi: Consulenza psicologica per utenti e famiglie Biblioteca interna "campo-ferie” di una settimana per sperimentare la propria autonomia al di fuori del contesto familiare. I corsi: computer inglese gestione del denaro igiene dell'alimentazione Pronto Soccorso Conferenze di attualità (etico-sociali, sanitarie, ecc.) Educazione alla solidarietà e sostegno a progetti umanitari 14 Considerazioni generali La frequenza regolare al Centro Diurno favorisce: * diminuzione dei ricoveri * diminuzione delle tensioni e conflittualità familiari * contrasto alla regressione * un più facile accesso agli inserimenti lavorativi * il senso di appartenenza ad un gruppo, per la realizzazione di scopi comuni Rapporti con realtà del territorio La Cooperativa opera in convenzione con il Comune di Firenze e limitrofi e la ASL 10. Partecipa a quanto promosso ed organizzato, unitamente ad altre strutture pubbliche e private del territorio. Rapporti con realtà culturali per la formazione La Cooperativa è in convenzione per l‟accoglienza di tirocinanti provenienti da vari Istituti Fiorentini, da Università italiane ed estere e con Associazioni di volontariato in Italia e in Europa. p. Cooperativa Sociale “La Riforma” Violetta Fraterrigo Sonelli 15 IL “CAFFE’ EMPATIA” La Diaconia della Slesia, regione della Repubblica Ceca, è un‟organizzazione non governativa che offre servizi sociali e socio-sanitari a persone bisognose. L‟organizzazione è nata nel 1990 ed è uno dei principali fornitori di servizi sociali e socio-sanitari nella regione della Moravia-Slesia. Offre quasi 1.000 tipologie di servizi che rispettano le indicazioni previste dalle leggi sociali del Paese, raggiungendo più di 8.000 persone. I servizi offerti ricoprono numerosi settori di intervento: persone con disabilità (soprattutto psichiche), senzatetto, bambini e famiglie socialmente esclusi, persone anziane e persone bisognose di aiuto. Il “Caffè empatia” di Frydek-Mistek è un‟impresa sociale avviata dalla Diaconia della Slesia per offrire un posto di lavoro a persone con problemi di handicap, principalmente di tipo psichico e mentale. Il caffè offre due differenti programmi, con attività lavorative e di preparazione al lavoro. In particolare, il programma di preparazione al lavoro permette alle persone con disabilità di sviluppare le proprie capacità, di modo che le possano impiegare concretamente sia in ambito lavorativo che nella vita di tutti i giorni. Lo scopo del “Caffè empatia” è quello di sviluppare e supportare l‟indipendenza e l‟autosufficienza delle persone coinvolte nel progetto, contribuendo in questo modo a promuovere e sostenere la loro inclusione sociale. Il programma di preparazione al lavoro dura circa 6 mesi e la sua intensità e le modalità di svolgimento sono ottimizzati per ciascuno stagista, in base alle sue capacità. Il programma prevede anche una parte di apprendimento teorico, al quale seguono la fase di formazione pratica e l‟attività lavorativa vera e propria. Al tempo stesso, il Caffè vuole essere uno strumento per combattere i pregiudizi spesso esistenti nei confronti delle persone diversamente abili. A tal fine, all‟incirca una volta al mese, la Diaconia della Slesia organizza eventi culturali e sociali. Queste attività contribuiscono a sviluppare la comunicazione tra il pubblico, composto dai frequentatori del Caffè, e il personale, formato da persone con disabilità. Tra le attività proposte ci sono laboratori, mostre di fotografie e di dipinti, attività per i bambini, eventi culturali ecc. 16 Il progetto sostiene anche il volontariato e ogni anno una persona straniera svolge il proprio anno di volontariato europeo presso il “Caffè empatia”. Nel 2011 è stata avviata per la prima volta una speciale iniziativa di raccolta fondi, chiamata VIVA, che ha visto gli studenti delle varie scuole superiori della città di Frydek-Mistek gareggiare tra di loro nella ricerca di fondi. Obiettivo della competizione è stato quello di sostenere la creatività e l‟abilità artistica degli studenti e, al tempo stesso, contribuire a superare le barriere tra giovani e disabili. Il “Caffè empatia” offre ai propri clienti: - Caffè di alta qualità, drinks e bibite - Una capienza di 35 posti - Uno spazio per i bambini - Un angolo PC (gratuito per le persone con disabilità) - Un ambiente climatizzato e nel quale non è permesso fumare - Un Dehors estivo - Giornali e quotidiani - Mostre di prodotti creati durante laboratori socio-terapeutici per persone con disabilità - Piccole gallerie d‟arte con dipinti e fotografie di artisti locali - Attività culturali o educative (presentazioni, attività per bambini, piccoli concerti ecc.) 17 _______________________________________________________________ Per le foto contenute in questo numero si ringrazia il personale de “L‟Uliveto”, della Coop Sociale “La Riforma” e la Diaconia Valdese Fiorentina. Redazione: Gianluca Barbanotti, Lisa Bellion, Silvia Davit, Davide Rosso, Daniele Salati. I destinatari possono chiedere maggiori dettagli sulle notizie pubblicate o possono contribuire alla diffusione di informazioni utili a livello locale o nazionale rivolgendosi all‟indirizzo: [email protected] Chi non volesse più ricevere questa circolare può mandare una e-mail all‟indirizzo: [email protected] Questo bollettino è curato dagli uffici centrali della CSD 18