GUIDA ALLA LIBRERIA DEI SOGNI LE PRIME PAGINE DEI LIBRI PIÙ BELLI PER RAGAZZI LIBREMIA.LAFELTRINELLI.IT Ciao! Ecco qui la Guida alla libreria dei sogni, una piccola ma preziosa raccolta degli inizi di libri per ragazzi più belli di sempre. Leggila, scoprirai avventure meravigliose e mondi fantastici. Ma non solo! Oltre a fantasticare in tutta libertà, leggendo questo libretto potrai partecipare al concorso promosso da la Feltrinelli e vincere tantissimi buoni regalo tutti per te! Prova a immaginare la libreria dei tuoi sogni e raccontaci com’è fatta! COME SI FA? È FACILISSIMO! Per prima cosa, stacca la Scheda di partecipazione da questa Guida o scaricala dal sito libremia.lafeltrinelli.it Leggi i 10 inizi dei più bei libri per ragazzi della Guida alla libreria dei sogni. Poi scrivi il titolo di quello che ti è piaciuto di più nella Scheda di partecipazione. PROVA A IMMAGINARE LA LIBRERIA DEI TUOI SOGNI! SCEGLI LA TUA STORIA PREFERITA Libera la fantasia e comincia a immaginare! Raccontaci la tua libreria in uno scritto o in un disegno, oppure in un video o una canzone. HAI FATTO TUTTO? Grande! Puoi consegnare il tuo lavoro nelle urne Libremia che trovi nelle librerie la Feltrinelli oppure caricarlo come file sul sito Libremia. HAI TEMPO FINO AL 31 MARZO 2016! PREMIEREMO I 3 LAVORI PIÙ FANTASIOSI CON… 1° classificato: una Carta Regalo la Feltrinelli del valore di 150€ 2° classificato: una Carta Regalo la Feltrinelli del valore di 100€ 3° classificato: una Carta Regalo la Feltrinelli del valore di 50€ CI VEDIAMO IN LIBRERIA! IN FELTRINELLI I SOGNI POSSONO DIVENTARE REALTÀ! LE IDEE PIÙ BELLE ISPIRERANNO LE FUTURE SEZIONI “RAGAZZI” DELLE LIBRERIE LA FELTRINELLI. POTRESTI VEDERE REALIZZATE DAVVERO LE TUE IDEE! L. Frank Baum IL MERAVIGLIOSO MAGO DI OZ D orothy abitava in mezzo alle grandi praterie del Kansas, con lo Zio Henry, che faceva il fattore, e la Zia Em, che faceva la moglie del fattore. La casa era piccola, perché la legna per costruirla l’avevano dovuta portare col carro, da molto lontano. C’erano quattro pareti, un pavimento e un tetto, dal che risultava una stanza; e questa conteneva un fornello arrugginito, un armadio per i piatti, un tavolo, 4 tre o quattro sedie, e i letti. Lo Zio Henry e la Zia Em avevano un letto grande in un angolo, e Dorothy un letto piccolo in un altro angolo. Non c’erano soffitta né cantina, c’era soltanto una piccola buca scavata nella terra e chiamata “cantina da ciclone”, per dare rifugio alla famiglia nel caso arrivasse una di quelle grandi bufere di vento, tanto forti da schiantare qualsiasi edificio. Era una buca stretta e buia, e ci si arrivava attraverso una botola in mezzo al pavimento, e una scala a pioli. Quando Dorothy si fermava sulla soglia di casa e si guardava intorno da ogni lato, non vedeva altro che la grande prateria grigia. Né un albero né una casa interrompevano la vasta pianura che arrivava in ogni direzione fino al limite del cielo. Il sole aveva arrostito la terra rimossa dall’aratro fino a farne una massa grigia, percorsa da piccole spaccature. Nemmeno l’erba era verde, perché il sole aveva bruciato le punte dei lunghi fili fino a renderle dello stesso color grigio che si vedeva dappertutto. Una volta la casa era stata verniciata, ma poi il sole aveva disseccato il colore, e la pioggia lo aveva lavato, e ora anche la casa era smorta e grigia come tutto il resto. Quando era venuta ad abitare lì, la Zia Em era una sposa giovane e carina. Sole e vento avevano cambiato anche lei. 5 Lewis Carroll nel A ALICE paese m delle eraviglie lice cominciava ad averne abbastanza di starsene seduta presso sua sorella sull’argine erboso, senza aver nulla da fare. Una o due volte aveva sbirciato nel libro che la sorella stava leggendo, ma in esso non c’erano né illustrazioni, né dialoghi e ‘a che servono poi dei libri’ pensava Alice ‘senza illustrazioni e dialoghi?’ Aveva preso allora a considerare nella sua testolina (che ragionava come poteva, giacché per la 6 giornata afosa era completamente istupidita e insonnolita) se il piacere di farsi una corona di margherite valeva la fatica di alzarsi e di cogliere i fiori, quando improvvisamente, vicinissimo a lei, sbucò correndo un Coniglio Bianco con gli occhietti rossi. In questo non c’era niente di tanto strano, e Alice pensò che non era nemmeno tanto fuori del comune che il Coniglio borbottasse fra sé: «Povero me! Povero me! Arriverò in ritardo!» (quando ci ripensò più tardi, si meravigliò di non essersi meravigliata, ma in quel momento la cosa le parve più che naturale). Quando però il Coniglio trasse nientemeno che un orologio dal taschino del panciotto, e lo guardò allungando poi il passo, Alice balzò in piedi, essendole balenato alla mente che mai fino a quel momento aveva visto un coniglio che avesse sia una tasca di panciotto, sia un orologio da estrarne e, ardendo di curiosità, corse attraverso il prato dietro a esso, giungendo appena in tempo per vederlo scomparire in una profonda tana, sotto una siepe. Subito dopo anche Alice vi si infilava, senza nemmeno considerare come avrebbe potuto uscirne. 7 Carlo Collodi LE AVVENTURE DI PINOCCHIO 8 C’ era una volta.... – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze. Non so come andasse, ma il fatto gli è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome mastr’Antonio, se non che tutti lo chiamavano maestro Ciliegia, per via della punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura. Appena maestro Ciliegia ebbe visto quel pezzo di legno, si rallegrò tutto; e dandosi una fregatina di mani per la contentezza, borbottò a mezza voce: – Questo legno è capitato a tempo: voglio servirmene per fare una gamba di tavolino. – Detto fatto, prese subito l’ascia arrotata per cominciare a levargli la scorza e a disgrossarlo, ma quando fu lì per lasciare andare la prima asciata, rimase col braccio sospeso in aria, perchè sentì una vocina sottile sottile, che disse raccomandandosi: – Non mi picchiar tanto forte! – Figuratevi come rimase quel buon vecchio di maestro Ciliegia! 9 Roald Dahl LA FABBRICA DI CIOCCOLATO 10 Q ueste due persone molto anziane sono il padre e la madre del signor Bucket. Si chiamano Nonno Joe e Nonna Josephine. Invece queste altre due persone molto anziane sono il padre e la madre della signora Bucket. Si chiamano Nonno George e Nonna Georgina. Questo è il signor Bucket. E questa è la signora Bucket. Il signor Bucket e sua moglie hanno un figlio che si chiama Charlie Bucket. Questo qui è Charlie. Piacere. Molto piacere. Molto, molto piacere. È molto lieto di conoscervi. 11 Antoine de Saint-Exupéry IL PICCOLO PRINCIPE U n tempo lontano, quando avevo sei anni, in un libro sulle foreste primordiali, intitolato «Storie vissute della natura», vidi un magnifico disegno. Rappresentava un serpente boa nell’atto di inghiottire un animale. Eccovi la copia del disegno. C’era scritto: «I boa ingoiano la loro preda tutta intera, senza masticarla. Dopo di che non riescono più a muoversi e dormono durante i sei mesi che la digestione richiede». 12 Meditai a lungo sulle avventure della jungla. E a mia volta riuscii a tracciare il mio primo disegno. Il mio disegno numero uno. Era così: Mostrai il mio capolavoro alle persone grandi, domandando se il disegno li spaventava. Ma mi risposero: «Spaventare? Perché mai, uno dovrebbe essere spaventato da un cappello?» Il mio disegno non era il disegno di un cappello. Era il disegno di un boa che digeriva un elefante. Affinché vedessero chiaramente che cos’era, disegnai l’interno del boa. Bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi. Il mio disegno numero due si presentava così: Questa volta mi risposero di lasciare da parte i boa, sia di fuori che di dentro, e di applicarmi invece alla geografia, alla storia, all’aritmetica e alla grammatica. Fu così che a sei anni io rinunziai a quella che avrebbe potuto essere la mia gloriosa carriera di pittore. 13 Rudyard Kipling IL LIBRO DELLA GIUNGLA E rano le sette di una sera molto calda, sulle colline di Seeonee, quando Padre Lupo si destò dal suo riposo quotidiano. Si grattò, sbadigliò e stirò una dopo l’altra le zampe per scioglierle dal torpore. Mamma Lupa se ne stava distesa col grosso muso grigio abbandonato sui suoi quattro cuccioli che ruzzolavano squittendo, e la luna entrava dalla bocca della tana dove la famigliola viveva. «Augrh» disse Padre Lupo. «È ora di rimettersi in caccia.» Stava per balzare giù per il pendio quando una piccola ombra dalla coda folta varcò la soglia. «Buona fortuna a te, Capo dei Lupi» piagnucolò. «E buona fortuna e forti denti bianchi ai tuoi nobili 14 figli, ché possano non dimenticare mai gli affamati di questo mondo.» Era lo sciacallo, Tabaqui il Leccapiatti. I lupi dell’India lo disprezzano perché va attorno a combinare tiri maligni, a raccontare fandonie e a mangiare gli stracci e i brandelli di pelle che trova negli immondezzai dei villaggi. Ma lo temono, anche, perché più di ogni altro animale della giungla Tabaqui va soggetto alla pazzia, e allora dimentica di aver sempre avuto paura di tutti e vaga per la foresta mordendo chiunque incontri sul suo cammino. Anche la tigre corre a nascondersi quando il piccolo Tabaqui impazzisce, perché la pazzia è la cosa più terribile che possa colpire un animale selvaggio. Noi la chiamiamo idrofobia, ma loro la chiamano dewanee – la follia – e fuggono. «Entra, allora, e guarda» disse Padre Lupo con freddezza «ma qui non c’è niente da mangiare.» «Per un lupo, forse» replicò Tabaqui «ma per una creatura meschina come me un osso spolpato è già un banchetto. Chi siamo noi, i Gidur-log (il popolo degli sciacalli) per fare gli schizzinosi?» Si affrettò verso il fondo della tana, dove trovò un osso di capriolo con ancora un po’ di carne attaccata e si mise a sedere, rosicchiandolo allegramente. 15 Bianca Pitzorno ASCOLTA IL MIO CUORE Q uando era piccola, Prisca si era sempre rifiutata di imparare a nuotare con la testa sott’acqua, come pretendevano suo padre e suo nonno. Era convinta che il mare, attraverso i buchi delle orecchie, potesse entrarle nel cervello. 16 E un cervello annacquato, si sa, funziona male. Forse che il nonno, quando lei non capiva al volo qualcosa, non le diceva spazientito: – Ma ti è andato in brodo il cervello? Per lo stesso motivo Prisca non voleva mai tuffarsi dalla barca o dal molo, come facevano suo fratello Gabriele e gli altri bambini. E, naturalmente, c’era sempre qualche dispettoso che mentre lei nuotava tranquilla con il mento sollevato, le arrivava zitto zitto alle spalle, le metteva una mano sulla testa e la cacciava sotto. Quanti pianti si era fatta! Di paura, ma soprattutto di rabbia impotente. Tanto più che quando andava a protestare dalla madre sotto l’ombrellone, quella, invece di difenderla o consolarla, la sgridava: – Non sai stare agli scherzi. Sei troppo permalosa. In fondo cosa ti hanno fatto? Finirai per diventare lo zimbello della spiaggia. Poi era cresciuta e aveva capito che l’acqua non può assolutamente entrare nel cervello. Né attraverso le orecchie, né attraverso gli altri buchi che abbiamo in faccia. Glielo aveva spiegato, mostrandole anche un disegno scientifico su un libro di medicina, il dottor Maffei, zio della sua amica Elisa. – Dalla bocca e dal naso l’acqua potrebbe entrarti semmai nei polmoni, oppure nello stomaco – le aveva spiegato – ma nel cervello assolutamente no. Era un pensiero rassicurante. 17 Gianni Rodari FAVOLE AL TELEFONO 18 C’ era una volta... il ragionier Bianchi, di Varese. Era un rappresentante di commercio e sei giorni su sette girava l’Italia intera, a Est, a Ovest, a Sud, a Nord e in mezzo, vendendo medicinali. La domenica tornava a casa sua, e il lunedì mattina ripartiva. Ma prima che partisse la sua bambina gli diceva: – Mi raccomando, papà: tutte le sere una storia. Perché quella bambina non poteva dormire senza una storia, e la mamma, quelle che sapeva, gliele aveva già raccontate tutte anche tre volte. Così ogni sera, dovunque si trovasse, alle nove in punto il ragionier Bianchi chiamava al telefono Varese e raccontava una storia alla sua bambina. Questo libro contiene appunto le storie del ragionier Bianchi. Vedrete che sono tutte un po’ corte: per forza, il ragioniere pagava il telefono di tasca sua, non poteva mica fare telefonate troppo lunghe. Solo qualche volta, se aveva concluso buoni affari, si permetteva qualche «unità» in più. Mi hanno detto che quando il signor Bianchi chiamava Varese le signorine del centralino sospendevano tutte le telefonate per ascoltare le sue storie. Sfido: alcune sono proprio belline. 19 Geronimo Stilton NEL REGNO DELLA FANTASIA ... AUFF, MA PERCHÉ PROPRIO OGGI? Era la mattina del 21 giugno... ... ma appena entrai in ufficio, capii al volo che sarebbe stata anche una giornata TREMENDA. – Geronimo, si è rotta l’aria condizionata! – Geronimo, si è allagata la cantina! – Geronimo, è finito il caffè! – Geronimo, sono andati in tilt i computer! 20 – Geronimo, un giornalista ti vuole intervistare! – Geronimo, la nuova copertina è orrenda! – Geronimo, ma quando finisci il nuovo libro? – Geronimo, devi firmare trecentotré contratti! – Geronimo, hai preso una multa! – Geronimo, vorrei un aumento! – Geronimo, lo sai che hai un brufolo sul naso? Corsi a controllare se davvero avevo un brufolo sul naso (purtroppo sì)! – Aufffff! Per mille mozzarelle, ma perché deve succedere tutto proprio oggi? In qualche modo quella TREMENDA giornata passò (non chiedetemi come). Verso sera decisi di tornare a casa, ma scoprii che c’era lo sciopero del metrò! Io strillai: – Proprio oggi? Mi incamminai, ma iniziò a piovere! lo sospirai – Proprio oggi che ho dimenticato l’ombrello! Un TREMENDO fulmine cadde mooolto mooolto mooolto vicino a me. Un TREMENDO fracasso mi fece vibrare i baffi. Mi ritrovai TREMENDAMENTE inzuppato. A LUCI SPENTE IN SOFFITTA Entrai in casa, ma la luce non funzionava! – Per mille mozzarelle, proprio oggi! 21 Vamba IL GIORNALINO DI GIAN BURRASCA SETTEMBRE 20, MERCOLEDì Ecco fatto. Ho voluto ricopiare qui in questo mio giornalino il foglietto del calendario d’oggi, che segna l’entrata delle truppe italiane in Roma e che è anche il giorno che son nato io, come ci ho scritto 22 sotto, perchè gli amici che vengono in casa si ricordino di farmi il regalo. Ecco intanto la nota dei regali avuti finora: 1° Una bella pistola da tirare al bersaglio che mi ha dato il babbo; 2° Un vestito a quadrettini che mi ha dato mia sorella Ada, ma di questo non me ne importa nulla, perché non è un balocco; 3° Una stupenda canna da pescare con la lenza e tutto l’occorrente e che si smonta e diventa un bastone, che mi ha dato mia sorella Virginia, e questo è il regalo che mi ci voleva, perché io vado matto per la pesca; 4° Un astuccio con tutto l’occorrente per scrivere, e con un magnifico lapis rosso e blù, regalatomi da mia sorella Luisa; 5° Questo giornalino che mi ha regalato la mamma e che è il migliore di tutti. Ah sì ! La mia buona mamma me ne ha fatto uno proprio bello, dandomi questo giornalino perché ci scriva i miei pensieri e quello che mi succede. Che bel libro, con la rilegatura di tela verde e tutte le pagine bianche che non so davvero come farò a riempire! Ed era tanto che mi struggevo di avere un giornalino mio, dove scriverci le mie memorie... 23 STUDIO DISPARI L. FRANK BAUM IL MAGO DI OZ R. KIPLING IL LIBRO DELLA GIUNGLA L. CARROLL ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE B. PITZORNO ASCOLTA IL MIO CUORE C. COLLODI PINOCCHIO R. DAHL LA FABBRICA DI CIOCCOLATO A. DE SAINT-EXUPÉRY IL PICCOLO PRINCIPE G. RODARI FAVOLE AL TELEFONO GERONIMO STILTON NEL REGNO DELLA FANTASIA VAMBA IL GIORNALINO DI GIAN BURRASCA LIBREMIA.LAFELTRINELLI.IT [email protected] 800.587.921